ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 71 di giovedì 5 settembre 2013
INDICE
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Brunetta 2-00195 4525
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazione a risposta orale:
Brunetta 3-00284 4528
Interrogazione a risposta in Commissione:
Pilozzi 5-00944 4530
Interrogazioni a risposta scritta:
Realacci 4-01718 4531
Businarolo 4-01719 4532
Di Lello 4-01723 4533
Beni e attività culturali e turismo.
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Balduzzi 2-00194 4535
Interrogazione a risposta orale:
Brunetta 3-00283 4537
Interrogazione a risposta scritta:
Realacci 4-01708 4538
Economia e finanze.
Interrogazione a risposta scritta:
Molteni 4-01721 4539
Giustizia.
Interrogazioni a risposta scritta:
Polverini 4-01705 4540
Molteni 4-01706 4541
Businarolo 4-01707 4542
Nuti 4-01709 4543
Bonafede 4-01715 4544
Rampelli 4-01724 4545
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazione a risposta orale:
Gitti 3-00282 4546
Interrogazione a risposta in Commissione:
Catalano 5-00940 4547
Interrogazioni a risposta scritta:
Cozzolino 4-01710 4547
Agostinelli 4-01722 4548
Interno.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Venittelli 5-00937 4549
Michele Bordo 5-00942 4549
Interrogazioni a risposta scritta:
Minardo 4-01712 4550
Realacci 4-01713 4551
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazione a risposta orale:
Binetti 3-00281 4552
Interrogazioni a risposta scritta:
Baldelli 4-01711 4553
Buonanno 4-01714 4554
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazione a risposta scritta:
Tinagli 4-01717 4554
Pubblica amministrazione e semplificazione.
Interrogazione a risposta scritta:
Bonomo 4-01704 4556
Salute.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Lattuca 5-00941 4557
Mongiello 5-00943 4559
Interrogazione a risposta scritta:
Dieni 4-01720 4560
Sviluppo economico.
Interpellanza:
Zaccagnini 2-00193 4561
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Peluffo 5-00938 4563
Catalano 5-00939 4564
Interrogazione a risposta scritta:
Nastri 4-01716 4564
Apposizione di firme ad interrogazioni 4565
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo 4565
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo 4566
ERRATA CORRIGE 4566
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato da agenzie di stampa sia il sindaco di Roma Ignazio Marino che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando hanno ribadito che a fine settembre 2013 Malagrotta va chiusa per raggiunti limiti di capienza ed hanno escluso ulteriori proroghe;
a Roma sarebbe stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della Capitale;
secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e Il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
le condizioni della viabilità dell'area interessata da tale eventuale decisione – quadrante Ardeatina-Laurentina di Roma – sono particolarmente critiche poiché la zona è già al collasso ed è inadeguata a sopportare un ulteriore aggravio di traffico pesante; la via Laurentina, a causa dei lavori di ampliamento che sono fermi da un anno e mezzo, è in condizioni disastrate ed è teatro di continui incidenti stradali;
la via Ardeatina, unica senza svincolo a quadrifoglio del Grande raccordo anulare di Roma, è rivestita da un manto stradale pessimo e, da dicembre 2012, è interessata da un divieto di transito ai mezzi pesanti oltre i 3,5 metri di altezza e alle 6,5 tonnellate di peso (ordinanza della provincia di Roma n. 35 del 2012);
la scelta del sito di Falcognana presuppone quindi la definizione di un nuovo ed ulteriore piano di viabilità e il coinvolgimento dei Ministeri competenti per verificare tutti gli aspetti tecnici e logistici per l'accesso al sito;
gran parte del quadrante, inoltre, è stato sottoposto nel gennaio 2010 a vincolo paesaggistico con la «Dichiarazione di Notevole Interesse Pubblico», emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 successive modifiche, con decreto ministeriale del 25 gennaio 2010;
nell'area sono presenti siti di altissimo pregio come l'area monumentale del Santuario del Divino Amore (a circa 1 chilometro di distanza dal sito individuato per la discarica), luogo di culto famoso in tutto il mondo, che attira giornalmente migliaia di pellegrini ed è sottoposto a vincolo monumentale, nonché aree archeologiche e dimore storiche di valore;
gran parte della località Falcognana è inoltre ricompresa all'interno del parco regionale di Decima-Malafede, istituito con la legge regionale n. 29 del 6 ottobre del 1997;
nel sito individuato si è in presenza di una alta permeabilità del terreno testimoniata dal fitto reticolo idrografico secondario dell'affluente fosso dei Radicelli al fiume Tevere;
secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, il Codice ambientale, l'eventuale estensione dei codici europei di rifiuto per il conferimento anche dei rifiuti urbani trattati sarebbe comunque una modifica sostanziale dell'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nell'impianto attuale della Falcognana e, come tale, richiede una nuova domanda;
nella zona interessata da tale prospettata decisione sono attive importanti aziende agricole e vinicole che verrebbero a trovarsi in difficoltà a causa dell'inquinamento che potrebbe essere causato dalla realizzazione di questa enorme discarica di rifiuti;
la vigente normativa europea, recepita dalla legislazione italiana, impone agli Stati membri processi progressivi di riduzione dei rifiuti e la stessa normativa indica come elemento determinante la limitazione al ricorso alle discariche per rifiuti;
tra l'altro, l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori od odori né danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse;
la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale, in particolare nel marzo 2013 l'Italia è stata denunciata alla Corte europea di giustizia dalla Commissione europea, in quanto parte dei rifiuti di Roma non avrebbero subito il trattamento meccanico biologico richiesto dai regolamenti europei per ridurre la consistenza volumetrica dei rifiuti, e facilitare un loro eventuale possibile recupero;
la presenza di numerosi insediamenti abitativi di decine di migliaia di cittadini nelle immediate adiacenze ai siti interessati – Castel di Leva, Divino Amore, Falcognana, Spregamore, Selvotta, Monte Migliore, Colle dei Pini, Santa Palomba, Santa Fumia, Palazzo Morgana, Paglian Casale, determina uno stato di grande agitazione sociale in vari quartieri (in particolare tra la popolazione dei quartieri Selvotta, Schizzanello, Trigoria, Monte Migliore, Spregamore, Falcognana, Santa Fumia, Castel Di Leva, Santa Palomba), che rischia di innescare situazioni di pericolo per l'ordine pubblico;
i cittadini della zona infatti, dopo i blocchi di via Ardeatina e dell'uscita 24 del Grande raccordo anulare di Roma (che hanno creato di fatto problemi anche alla circolazione), hanno avviato, nella serata dell'8 agosto 2013, lo sciopero della fame e della sete contro la realizzazione di tale discarica;
i cittadini della zona hanno nuovamente bloccato la via Ardeatina nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2013 protestando ulteriormente contro una eventuale realizzazione della discarica, dato che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ha mai concesso un incontro ai Comitati dei cittadini;
secondo quanto riportato da organi di stampa sussistono anche gravi preoccupazioni circa la possibile infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti a Roma e nel Lazio;
nel territorio del Municipio Roma IX sono tra l'altro già operanti numerose discariche: due a Porta Medaglia, due in via Ardeatina, una a Fioranello, una a Selvotta, nonché diversi recuperi ambientali tra via Laurentina e Santa Palomba ed una discarica di rifiuti pericolosi a Falcognana;
nei territori limitrofi è presente la discarica di Albano, il previsto inceneritore del Roncigliano e la discarica di amianto di Pomezia;
si rendono quindi assolutamente necessari opportuni approfondimenti e una valutazione della sostenibilità dell'impatto sulla salute pubblica che la presenza della prevista discarica provocherebbe;
il decreto di nomina del Commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio – Opcm (Ordinanza della protezione civile) n. 3963 del 6 settembre 2011 – dispone per i progetti di interventi e di opere per cui è prevista dalla normativa vigente la procedura di valutazione di incidenza o di impatto ambientale statale o regionale, ovvero per progetti relativi ad opere incidenti su beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la procedura medesima deve essere conclusa entro il termine massimo di 30 giorni dalla attivazione;
il medesimo decreto prevede che in caso di mancata espressione del parere o di motivato dissenso espresso, alla valutazione stessa si procede in un'apposita conferenza di servizi, da concludersi entro 15 giorni dalla convocazione. Nei casi di mancata espressione del parere o di motivato dissenso espresso, in ordine a progetti di interventi ed opere di competenza statale in sede di conferenza di servizi dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale o del patrimonio storico-artistico, la decisione è rimessa al Presidente del Consiglio dei ministri;
il commissario, Goffredo Sottile è tenuto, come previsto dal decreto di nomina, a produrre un Piano degli interventi con relativo quadro economico-finanziario e tali interventi non devono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
con decreto ministeriale n. 203 del 27 giugno 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha prorogato l'incarico del commissario delegato con l'obiettivo di superare definitivamente le criticità emerse nella gestione dei rifiuti urbani nella provincia di Roma;
con il medesimo decreto è stato disposto che: a) il commissario individua entro il 31 luglio 2013 una soluzione di discarica alternativa a Malagrotta, idonea ai sensi delle leggi vigenti; b) propone la soluzione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che approva la proposta del commissario dopo aver sentito il presidente della regione Lazio, presidente della provincia di Roma e il sindaco di Roma Capitale; c) provvede all'acquisizione dell'area mediante compravendita; in subordine, se la compravendita non sia possibile o risulti eccessivamente onerosa, mediante espropriazione per pubblica utilità;
secondo quanto riportato da organi di stampa – ad esempio La Repubblica di Roma del 3 settembre 2013 – il Ministro per i beni e le attività culturali non è stato informato né coinvolto nella decisione di localizzare nel quadrante una discarica di rifiuti urbani;
risulta, come riportato anche dal quotidiano Il Messaggero del 27 agosto 2013, che siano in corso da parte della direzione distrettuale antimafia e della Guardia di finanza indagini tese ad accertare la reale proprietà e l'assetto societario dell'area individuata;
il Ministero della difesa con una nota del 6 agosto 2013 ha comunicato che, nell'ambito della tradizionale collaborazione istituzionale con gli altri dicasteri e con il comune di Roma, si rende disponibile a collaborare con tutti gli attori coinvolti, per l'individuazione di soluzioni idonee al problema della discarica di Roma –:
quali siano i limiti ai poteri di deroga alla legislazione vigente in materia di disciplina delle autorizzazioni ambientali e delle valutazioni paesaggistiche del commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio e se non ritenga, con riferimento al sito individuato in località Falcognana, che egli possa averli travalicati;
con riferimento alla decisione adottata il 31 luglio 2013 dal commissario, di cui si chiede di conoscere gli esatti contenuti, si chiede anche di sapere se, in tale decisione, siano stati coinvolti tutti i Ministri competenti;
quali siano le valutazioni espresse dalle diverse amministrazioni coinvolte e se, come previsto dalla ordinanza della protezione civile del 6 settembre 2011, in caso di mancata espressione del parere o di motivato dissenso espresso, si sia proceduto o si intenda procedere con un'apposita conferenza di servizi;
quali azioni il Governo intenda intraprendere affinché il commissario non proceda all'acquisto o all'esproprio delle aree anteriormente al completamento del iter amministrativo e all'acquisizione dei pareri da parte di tutte le amministrazioni competenti;
se tra i poteri attribuiti al commissario per l'emergenza dei rifiuti a Roma rientri la possibilità di procedere all'acquisto o all'esproprio a fini di utilità pubblica di una o più aree da adibire, anche temporaneamente, a discarica per i rifiuti urbani senza che sia completamente esaurito il percorso amministrativo di autorizzazione alla realizzazione e/o alla gestione dell'impianto di smaltimento nell'area individuata;
nel caso in cui eventuali azioni del commissario dovessero impegnare le pubbliche amministrazioni senza tutte le necessarie garanzie di effettivo utilizzo delle aree acquistate o espropriate, di quali strumenti di autotutela dispongono le amministrazioni coinvolte nel caso di decisioni del commissario viziate da eccesso di potere.
(2-00195) «Brunetta».
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta orale:
BRUNETTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori od odori né danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse;
la vigente normativa europea, recepita dalla legislazione italiana, impone agli Stati membri processi progressivi di riduzione dei rifiuti e che la stessa normativa indica come elemento determinante la limitazione al ricorso alle discariche;
la Commissione europea ha avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale;
in particolare la Commissione europea, con nota del 17 giugno 2011, ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora per violazione della direttiva 1999/31/CE e della direttiva 2008/98/CE (procedura n. 2011/4021);
a luglio del 2012 la Commissione europea nello studio «Screening of waste management performance of EU Member States» colloca l'Italia nel gruppo degli Stati membri che presentano i maggiori deficit con carenze quali politiche deboli o inesistenti di prevenzione dei rifiuti, assenza di incentivi alle opzioni di gestione alternative al conferimento in discarica e inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti;
in una nota pubblicata il 6 agosto 2013 sul sito istituzionale del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare viene chiarito che nell'ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la Commissione ha: «fornito dei chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario; ha rilevato la necessità di un trattamento adeguato anche sui rifiuti residuali provenienti da raccolta differenziata; ha precisato che il trattamento dei rifiuti destinati a discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurre il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana»;
nella nota richiamata del 6 agosto del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare viene «definitivamente chiarito quali sono i trattamenti necessari per il conferimento dei rifiuti in discarica dove non potrà arrivare mai più il cosiddetto talquale anche se sottoposto a tritovagliatura»;
è stato annunciato in diverse occasioni, anche dalle autorità competenti e in relazione a tali procedure di infrazione, che, a partire dal mese di aprile 2013, è terminato qualsiasi sversamento fuori norma di rifiuti nel grande invaso romano di Malagrotta;
secondo quanto riportato da organi di stampa – il quotidiano Il Tempo in un articolo del 12 giugno – alcuni cittadini residenti nell'area confinante con la discarica di Malagrotta hanno denunciato la presenza di rifiuti non trattati, pubblicando anche immagini fotografiche e videoregistrazioni, e hanno chiesto alle autorità ulteriori indagini volte a dimostrare che ancora oggi a Malagrotta vengono versati rifiuti non trattati;
il 16 agosto 2013 il sindaco di Roma Ignazio Marino – in una lettera aperta ai cittadini romani, pubblicata anche sul sito istituzionale – interviene sul tema delle discariche e del futuro del settore rifiuti e ribadisce che «Malagrotta chiuderà per sempre il 30 settembre prossimo ed è dall'aprile del 2013 che non si conferiscono più rifiuti indifferenziati. Quindi non è più possibile che una discarica si riempia di immondizia maleodorante, in grado di fermentare, inquinare l'aria e le falde»;
l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ha pubblicato, nel giugno 2013, un Rapporto sui rifiuti urbani in Italia ed ha indicato che nell'anno 2011 le discariche di Roma hanno raccolto oltre 1 milione di tonnellate di rifiuto talquale;
il piano di gestione dei rifiuti del Lazio ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della legge regionale 9 luglio 1998, n. 27, pubblicato nel supplemento ordinario n. 15 al Bollettino Ufficiale n. 10 del 14 marzo 2012 indica la presenza, nel comune di Roma, di quattro impianti per il trattamento meccanico biologico (TMB) con una quantità complessiva autorizzata pari a 935.000 tonnellate all'anno;
l'ISPRA nel citato rapporto sui rifiuti riporta per i medesimi quattro impianti di Roma un totale di rifiuti trattati nel 2011 pari a 436.000 tonnellate;
esistono forti e motivate considerazioni che portano a ritenere estremamente difficile il mantenimento degli impegni presi in merito alla piena rispondenza alle direttive europee nel trattamento dei rifiuti –:
se il Ministro interrogato abbia elementi tali da garantire, con assoluta certezza, che a partire dal mese di aprile 2013 in nessuna discarica che raccolga i rifiuti urbani di Roma sono smaltiti rifiuti indifferenziati;
se intenda predisporre e rendere disponibile alla pubblicazione, una mappa esaustiva degli impianti di trattamento meccanico e biologico per i rifiuti di Roma indicando almeno: ubicazione, proprietà, autorizzazioni rilasciate e richieste, capacità attuale e potenziale, quantità e tipologia di output del trattamento, date e risultati dei controlli effettuati e di indicare, in modo particolare, se ritenga l'attuale sistema di impianti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani della Capitale adeguato a rispondere, oggi e in prospettiva, ai vincoli imposti dalla legislazione nazionale e comunitaria in materia di trattamento dei rifiuti;
se il Ministro intenda adottare iniziative specifiche tese a garantire che gli impianti della città di Roma si mantengano adeguati, per capacità e soluzioni tecnologiche, all'evoluzione delle normative e del fabbisogno di trattamento;
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di garantire la città di Roma che in nessun caso sarà consentito un trattamento dei rifiuti non perfettamente rispondente alle normative europee e nazionali;
se il Ministro sia in costante contatto con i Ministeri dell'interno, della difesa e della salute per prevenire e contrastare ogni possibile rischio derivante dal mancato rispetto delle normative vigenti e delle indicazioni impartite alle amministrazioni regionali e locali in materia di trattamento dei rifiuti urbani;
se intenda acquisire e pubblicare le immagini, attuali e storiche, da satellite e da aerofotorilevazioni del sito di Malagrotta. (3-00284)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PILOZZI, PIAZZONI e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel corso di una intervista rilasciata il 24 agosto 2013 al canale televisivo SKY TG24, ripresa successivamente da diversi media nazionali, il pentito ed ex camorrista Carmine Schiavone, dichiarava o, per meglio dire, confermava quanto già a suo tempo rivelato, e cioè che nel sito della discarica di Borgo Bainsizza in Latina, la camorra ha sversato illecitamente per anni rifiuti tossico nocivi (anche radioattivi) provenienti da diverse regioni e città d'Italia e dall'estero;
secondo le dichiarazioni del pentito, i rifiuti sarebbero stati interrati anche a notevole profondità (16 metri) e in quantità tali da costituire una potenziale minaccia per la salute dei cittadini di tutto il territorio pontino;
Carmine Schiavone ha ricoperto in passato ruoli di primissimo piano all'interno dell'organizzazione criminale e il suo pentimento ha consentito l'arresto e la successiva condanna di numerosi appartenenti alla camorra napoletana;
le dichiarazioni del pentito Schiavone hanno avuto in più occasioni riscontri oggettivi e su di esse la magistratura campana ha fondato l'impianto del processo denominato «Spartacus», conclusosi con la condanna di gran parte degli imputati;
nel corso delle audizioni realizzate dalla commissione regionale sulla sicurezza e la lotta alla criminalità nel corso dell'anno 2012, sono emerse ulteriori conferme sul possibile utilizzo fraudolento dei diversi invasi della discarica;
nei mesi scorsi, a seguito dello stanziamento della somma di euro 850.000 da parte dell'assessorato all'ambiente della regione Lazio, il comune di Latina, di concerto con le autorità di controllo, ha effettuato delle indagini sul sito della discarica di Borgo Bainsizza senza trovare riscontri alle dichiarazioni di Schiavone e cioè non rilevando la presenza di rifiuti tossico nocivi sul sito;
associazioni, comitati e forze politiche locali chiedono da tempo che venga fatta luce su tutta la vicenda, preoccupati dalle eventuali conseguenze sanitarie per la presenza di tale tipologia di rifiuti;
secondo le dichiarazioni di alcuni comitati locali e dei loro tecnici, tali rilevazioni avrebbero riguardato solo una piccola porzione del terreno della discarica e non avrebbero consentito di verificare la presenza di rifiuti nocivi in profondità poiché non effettuate con gli idonei strumenti;
le autorità di pubblica sicurezza, i processi in corso e i recenti fatti di cronaca, confermano tutti che il territorio della provincia di Latina è da molto tempo oggetto di infiltrazioni da parte della camorra napoletana che, utilizzando i copiosi proventi dell'attività criminale, compromette la stabilità del sistema economico e industriale locale con gravi conseguenze per i cittadini e le imprese locali;
è necessario sgomberare ogni dubbio circa l'eventuale presenza di rifiuti tossico nocivi all'interno della discarica di Latina in grado di compromettere la salute dei cittadini del territorio pontino –:
se non ritenga il Ministro opportuno e necessario disporre, anche mediante le istituzioni operanti sul territorio, ulteriori indagini tecniche al fine di verificare l'eventuale illecita presenza di rifiuti tossico nocivi all'interno della discarica di Borgo Bainsizza in Latina, anche attraverso l'utilizzo di strumentazione in grado di svolgere tali verifiche in profondità nel terreno. (5-00944)
Interrogazioni a risposta scritta:
REALACCI e MANFREDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel 2012, secondo il Rapporto Ecomafia 2013 curato da Legambiente, il giro d'affari della «filiera criminale del ciclo dei rifiuti» viene stimato in 16,7 miliardi di euro e risulta essenzialmente in linea con il 2011, quando era stato di 16,6 miliardi. Nonostante i colpi assestati anche recentemente dalle Direzioni Distrettuali Antimafia d'Italia la criminalità organizzata non accenna a mollare la presa sulla gestione dei rifiuti;
sempre nel 2012 sono stati registrati 34.120 reati ambientali, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare per crimini di natura ambientale, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da numerosi clan: di cui 302 tra quelli censiti nel 2012;
dall'entrata in vigore del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (l'attuale articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006), le persone arrestate sono state ben 1.367, oltre 4.000 quelle denunciate e 698 le aziende coinvolte. Significativo è anche il numero relativo ai procedimenti penali aperti presso le Direzioni distrettuali antimafia: 253, iscritti tra l'agosto del 2010 (data in cui è entrata in vigore la norma che assegna la competenza delle indagini alle DDA) e il 31 dicembre 2012;
come emerso poi da vari articoli e campagne di inchiesta su stampa locale e nazionale, internet, proteste di spontanei comitati di cittadini, l'area compresa tra le province di Napoli e Caserta, ovvero la cosiddetta «Terra dei Fuochi» per i nocivi roghi di rifiuti illegali che la interessano, è un vasto territorio della provincia di Napoli e Caserta, compresa tra i comuni di Qualiano, Giugliano, Villaricca, Casal di Principe, Villa Literno, interessato da un fortissimo inquinamento ambientale poiché caratterizzato da sversamento illegale di rifiuti della più varia provenienza e perlopiù fortemente tossici da parte di organizzazioni criminali senza scrupoli. Questo fenomeno illegale interessa una terra di alcuni milioni di abitanti ed è alimentato dal nocivo smaltimento criminale di rifiuti tossici, quasi sempre di natura industriale;
le ultime dichiarazioni rese qualche giorno fa a SkyTG24 e pubblicate anche dal Fatto Quotidiano, lo scorso 31 agosto, dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone tengono ancor più viva l'attenzione sulla drammatica situazione dell'emergenza rifiuti in Campania e suscitano nei territori interessati e in generale nell'opinione pubblica del Paese ancora forte allarme. In particolare Schiavone asserisce nell'intervista di aver precisamente reso edotti i commissari, in sede di audizione tenutasi nel 1997 presso la Commissione bicamerale d'Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti nella XIII Legislatura, circa l'esatta localizzazione degli sversamenti criminali;
ad oggi non risulta peraltro possibile avere accesso allo stenografico e ai materiali depositi in sede di audizione perché a suo tempo «segretati» per tutelare esigenze investigative, ora però completamente esaurite –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e se, anche per tramite degli istituti specializzati del suo dicastero e territorialmente competenti, voglia verificare la veridicità delle dichiarazioni e delle localizzazioni di interramenti tossici del pentito Schiavone;
se non ritenga poi utile porre in essere, per quanto di competenza, immediate azioni di caratterizzazione delle zone indicate al fine di avviare da subito le opportune bonifiche di territori devastati dall'inquinamento. (4-01718)
BUSINAROLO, D'INCÀ, BRUGNEROTTO, D'UVA, MICILLO, NICOLA BIANCHI, CATALANO, CRISTIAN IANNUZZI, COZZOLINO, BENEDETTI, AGOSTINELLI, GALLINELLA, DE ROSA, LOREFICE, DE LORENZIS, D'AMBROSIO e BECHIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
la regione Veneto ha deciso di sostenere la costruzione di impianti a biogas per il trattamento dei reflui zootecnici e contemporaneamente la produzione di energia da fonte rinnovabile, anche al fine di sostenere economicamente le aziende agricole e zootecniche in un periodo di particolare difficoltà del settore, questo in linea con quanto accade già in altri Paesi e regioni;
in questi impianti vengono introdotti, oltre ai reflui zootecnici come detto sopra, anche sottoprodotti e scarti derivanti dalla lavorazione agricola delle colture. Non solo, sempre più frequentemente viene introdotto l'insilato di mais (detto anche ceroso), ovvero il mais, non ancora arrivato a maturazione, il quale viene trinciato e introdotto negli impianti. Questo insilato non è di fatto un sottoprodotto ma bensì un prodotto che viene coltivato appositamente per essere usato come «combustibile» da digerire;
nella Pianura Padana, come altre zone dell'Italia, vengono prodotte diverse colture poi introdotte negli impianti a biogas, con un conseguente vero e proprio stravolgimento dell'agricoltura tradizionale. Com’è noto, le colture di mais richiedono una costante irrigazione e quindi un continuo ed enorme consumo di acqua, risorsa sempre più preziosa e purtroppo sempre più inquinata. Va da sé che togliere derrate alimentari, sia per il consumo umano che per il consumo animale per introdurle nei digestori degli impianti a biogas il tutto per ricavarne energia, è quantomai paradossale e costringe l'approvvigionamento presso altri Paesi i quali, spesso, hanno norme sanitarie e di controllo ben diverse e meno rigide delle nostre;
un altro aspetto, non meno importante, da non sottovalutare è il problema del «digestato», ovvero quello che rimane dopo la digestione. Un esempio su tutti è quello della regione Emilia-Romagna la quale, nelle linee guida per la localizzazione delle aree idonee all'installazione di impianti a biogas (Deliberazione Regionale n. 51 del 26 luglio 2011), ha vietato l'installazione di tali impianti, con conseguente spargimento di digestato, nelle zone di produzione di Parmigiano Reggiano. In Germania il professor Boehnel dell'università di Gottinga ha da tempo messo in relazione il botulismo nei bovini con la diffusione delle centrali a biogas;
nel maggio del 2011 la più importante rivista tedesca di fauna, caccia e cinofilia ha pubblicato un'inchiesta dal titolo: Tod aus der biogasanlage, che tradotto letteralmente significa «Morte da impianto a biogas». Il 18 maggio 2013 il quotidiano online Venezia Today pubblica un articolo dal titolo: Epidemia di botulino tra le mucche, chiuso il distributore di latte a Martellago. Nell'articolo si legge «Strage di vacche da latte nel Veneziano; durante la prima settimana di maggio a Martellago e Trebaseleghe si è verificata una vera e propria morìa di mucche a causa di un avvelenamento da botulino. Cinquanta capi sono rimasti contagiati, alcune rivendite di latte crudo sono state chiuse e un allevamento è finito sotto sequestro da parte dell'Asl 15;
secondo quanto scritto da Michele Corti – docente di sistemi zootecnici presso l'università di Milano nonché Presidente del Coordinamento Nazionale Terre Nostre No biogas e No biomasse – «Nel raggio di 3-4 chilometri dall'azienda vi sono 4 biogas: 3 sul territorio di Trebaseleghe, una su quello di Piombino Dese (...). Va ricordato che il botulismo (malattia legata ad un batterio anaerobico Clostridium botulinum che è stato trovato nei digestori delle centrali a biogas) è mortale anche per l'uomo (...). La tossina che esso produce è la più potente al mondo» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanti siano e dove siano localizzati gli impianti a biogas già autorizzati ed in corso di autorizzazione al 1o gennaio 2013 e quanta biomassa lavoreranno nonché quanta energia produrranno annualmente una volta entrati in esercizio;
se e per quanto si intenda ancora incentivare un'energia, cosiddetta rinnovabile ma che di rinnovabile ha ben poco, visto l'eccessivo consumo di un bene vitale e primario qual è l'acqua;
se si sia a conoscenza del fatto che nelle aree agricole di coltivazione per la produzione del Parmigiano Reggiano è vietata la costruzione e l'attività di impianti di biogas nonché lo spargimento del digestato;
se il Governo non ritenga opportuno prendere a modello la deliberazione regionale n. 51 del 26 luglio 2011 della regione Emilia-Romagna e pertanto assumere iniziative anche normative per vietare l'installazione di impianti in zone di produzioni di prodotti a marchio DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG, STG nonché Produzioni Biologiche su tutto il territorio nazionale;
se non si ritenga utile avviare, per quanto di competenza, con gli istituti di ricerca più accreditati a livello nazionale, una serie di studi ambientali e sanitari nonché qualitativi della materie conferite negli impianti per la produzione di biogas, sul digestato che ne risulta, sui terreni dove questo viene usato come fertilizzante e sugli effetti che questo provoca sulle specie vegetali ed animali, nonché sulle acque superficiali e di falda. (4-01719)
DI LELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella conclusione della «Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Campania» approvata all'unanimità dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ed approvata lo scorso 5 febbraio 2013, si legge, con riferimento alle infiltrazioni della camorra nel settore dei rifiuti, che: «Il quadro campano è quello di un territorio selvaggiamente devastato dai traffici illeciti di rifiuti gestiti dalla camorra sin dalla fine degli anni ottanta. In Campania è stato sequestrato il maggior numero di siti per lo smaltimento illecito di rifiuti; in particolare, nelle province di Napoli e Caserta hanno operato (ed in parte operano tuttora) organizzazioni criminali che hanno fatto del traffico illecito dei rifiuti un'attività di primaria importanza nel processo di accumulazione della ricchezza acquisita attraverso la gestione illegale dello smaltimento di rifiuti di ogni genere»;
sin dalla fine degli anni 80, allorquando la criminalità organizzata di stampo camorristico ha intuito quale fonte di ricchezza si celasse dietro il settore dei rifiuti lo scempio perpetrato ai danni del territorio è stato costante e i danni incalcolabili oltre che, verosimilmente, irreversibili se si tiene conto del trasferimento delle sostanze inquinanti dall'ambiente alla catena alimentare, senza che ad oggi si possano stabilire con certezza gli effetti sulla salute umana;
come si evince sempre dalla Relazione sopra citata: «La capacità di infiltrazione della camorra nel settore dei rifiuti si è sviluppata in una sorta di progressione criminosa nel senso che, da una attività meramente predatoria analoga a quella esercitata dalle organizzazioni medesime nei vari settori economici si è passati ad una infiltrazione nella stessa gestione imprenditoriale nel settore dei rifiuti, creando rapporti di complicità e connivenza con imprenditori del settore. L'ulteriore passo è stato quello della “occupazione” non solo del territorio campano, ma anche di quei settori della politica aventi un ruolo decisionale nella gestione del ciclo dei rifiuti. Ed ancora, l'azione criminale si è snodata attraverso la vera e propria messa a disposizione del territorio campano quale sito di destinazione dei rifiuti tossico nocivi prodotti in varie zone d'Italia, sicché la Campania ha finito con l'essere disseminata di discariche abusive, molte delle quali – a distanza di vent'anni dai fatti – solo oggi vengono scoperte, grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia;
la cronaca degli ultimi giorni, con le dichiarazioni di uno dei protagonisti di questa realtà (il camorrista «collaboratore di giustizia» dal 1993, Carmine Schiavone), ha riacceso i riflettori sul terrificante e torbido scenario di crimini gravissimi, collusioni e complicità che interessano la grave situazione connessa ai rifiuti;
nel corso di un'intervista rilasciata ai microfoni di SkyTG24 Carmine Schiavone afferma che, nelle province di Napoli e Caserta, sono stati seppelliti fanghi termonucleari e tossici di vario tipo, anche con la complicità delle istituzioni, preposte al governo e al controllo del territorio;
le parole del pentito hanno suscitato sdegno e preoccupazione per le rivelazioni che fino ad ora erano rimaste confinate nelle inchieste delle procure e nelle carte processuali. In particolar modo hanno colpito, da un lato, le modalità con cui il clan dei Casalesi ha gestito il traffico illecito di rifiuti fino al 1993 (anno d'inizio della sua collaborazione con la giustizia) e dall'altro l'affermazione che «fanghi termonucleari» sarebbero stati sotterrati nelle cave del casertano;
non è certo la prima volta che Carmine Schiavone fa delle rivelazioni del genere: già vent'anni prima l'ex boss aveva parlato dei potenziali siti di scarico di rifiuti tossici e radioattivi nel corso del processo «Avolio più 8», durante l'udienza del 28 marzo 1995: la relazione parlamentare della Commissione ecomafie dell'epoca riporta per sommi capi quanto detto da Schiavone e svela una serie di passaggi inquietanti che, riletti a distanza di 20 anni, gettano nuove ombre sull'operato degli enti dello Stato e in particolar modo dell'ENEA, l'Agenzia nazionale dell'energia: «[...]per quanto riguarda l'ENEA è stata rappresentata dai magistrati titolari di indagini presso la procura di Napoli la scarsissima collaborazione offerta dai tecnici dell'ente nel caso specifico delle indagini relative ai siti abusivi di smaltimento indicati dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone» e poi continua la Commissione: «A presunti smaltimenti di rifiuti radioattivi in diverse aree del Mezzogiorno hanno, peraltro, fatto esplicito riferimento alcuni collaboratori di giustizia. In particolare, Carmine Schiavone, esponente di spicco del clan dei casalesi operante in provincia di Caserta, ha affermato, in diversi interrogatori resi all'autorità giudiziaria, che il clan cui apparteneva si sarebbe interessato allo smaltimento di rifiuti radioattivi in discariche illegali del casertano. Queste affermazioni, portate all'attenzione della Commissione dal procuratore capo della procura di Napoli, dottor Agostino Cordova, risalgono al mese di luglio del 1994 e sono state ribadite, con esplicita allusione ai rifiuti radioattivi, durante l'udienza dibattimentale del 28 marzo 1995 relativa al procedimento penale Avolio più 8 svoltosi presso la VII sezione penale del Tribunale di Napoli. In quelle stesse dichiarazioni lo Schiavone indicava quali fossero, a sua conoscenza, gli artefici di questi traffici illegali di rifiuti di ogni tipo, ivi compresi quelli radioattivi, e i siti di smaltimento. La Commissione ha notizia che le necessarie verifiche delle dichiarazioni rese dal suddetto collaboratore di giustizia siano iniziate ed auspica che tali verifiche consentano, nel più breve tempo possibile, di evidenziare la realtà dei fatti, sia al fine di perseguire i responsabili di queste attività illegali che al fine di predisporre, da parte degli organismi competenti, gli indispensabili piani di monitoraggio e bonifica ambientale»;
le denunce del collaboratore di giustizia furono raccolte nel 1997 anche dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti, presieduta all'epoca da Massimo Scalia. Secondo il suo racconto, Schiavone consegnò alla commissione appunti e documenti con l'indicazione delle società coinvolte, delle targhe dei mezzi usati e dei luoghi degli smaltimenti. La sua deposizione risulta ancora oggi secretata e non è possibile capire quanto realmente raccontò e pertanto l'interrogante ne auspica la desecretazione;
alle luce di queste nuove rivelazioni il gravissimo disastro ambientale, che interessa oramai l'intera regione, necessita di provvedimenti e soluzioni non più procrastinabili essendo questo anche e soprattutto il risultato di una commistione tra criminalità organizzata, mala imprenditoria e politica –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle rivelazione del pentito Carmine Schiavone e quali iniziative abbiano intenzione di assumere secondo le proprie competenze al fine di verificarne la veridicità in merito soprattutto ai luoghi ove gli sversamenti di «fanghi termonucleari» sarebbero stati effettuati;
nel caso i fatti corrispondano a verità quali iniziative hanno intenzione di assumere al fine di constatare il grado di inquinamento ambientale che interessa le aree contaminate e quali iniziative a scopo precauzionale, al fine di tutelare la salute degli abitanti abbiano intenzione di assumere con riferimento particolare alle falde acquifere, alle coltivazioni e all'allevamento. (4-01723)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
nel 2007 è stata definitivamente dismessa dall'Esercito la Cittadella di Alessandria, complesso monumentale di straordinaria importanza per significato storico, pregio architettonico e paesaggistico, appartenente al Demanio dello Stato e attualmente in attesa di nuova destinazione;
a riprova del valore e dell'assoluta rilevanza internazionale del sito, attestata da Giovanni Spadolini già nel 1991, si ricorda che lo stesso era stato inserito sin dal 2006 nella «tentative list» italiana presso l'UNESCO per una possibile candidatura alla Lista del Patrimonio dell'Umanità, ai sensi della Convenzione di Parigi del 1972;
inoltre lo stesso sito è stato oggetto nel corso degli anni da iniziative di studio, sensibilizzazione e promozione promosse da numerose istituzioni culturali tra cui ICOMOS, Italia Nostra, Legambiente, SIPBC, FAI, nonché dal Politecnico di Torino, dall'Università del Piemonte Orientale «A. Avogadro» e da altre realtà associative locali;
ai fini dell'avvio della progettazione degli interventi di valorizzazione, nel 1997 era stato istituito ed ha operato fino al 2006 un Comitato per la Valorizzazione della Cittadella, composto da comune e provincia di Alessandria, regione Piemonte con la sua società Finpiemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria;
tale comitato ha sempre operato d'intesa e in stretta collaborazione con gli uffici periferici del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con le Forze Armate e con l'Agenzia del demanio;
contestualmente alla complessa fase di progettazione (metaprogetto, studio di fattibilità, progetto di recupero del parco dei bastioni, avvio del concorso internazionale di idee per la destinazione complessiva, studio preliminare per un museo nazionale di storia dell'esercito), finanziata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dagli enti locali, erano state poste le premesse tecniche per la convocazione di una conferenza di servizi e la successiva stipula di un accordo di programma tra tutte le amministrazioni interessate, sulla falsariga di quanto realizzato con successo per il recupero e la valorizzazione dell'omologa realtà della Reggia e del parco della Venaria Reale;
a partire dal 2007 le iniziative per la valorizzazione del complesso sono state invece assunte e direttamente gestite esclusivamente dal comune di Alessandria, che ha chiesto e ottenuto in custodia il complesso monumentale, aprendolo al pubblico in occasione di manifestazioni e iniziative di varia natura e finalità, in collaborazione con diverse associazioni locali;
la situazione di dissesto finanziario del comune rende però impossibile anche la prosecuzione di tale modalità, che peraltro non ha portato a significativi e duraturi risultati in termini di effettivo recupero, restauro e valorizzazione, avendo per contro determinato per alcuni anni la sospensione di ogni iniziativa di concertazione e cooperazione interistituzionale a ciò finalizzata;
in attesa di ulteriori sviluppi e nonostante alcune lodevoli iniziative di consolidamento operate dai vigili del fuoco e dalle istituzioni locali, i numerosi edifici e bastioni del complesso sono a forte rischio di grave e forse irreparabile degrado; inoltre l'assenza di strumenti adeguati e di vigilanza a fini di tutela dell'area di rispetto potrebbe consentire la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi nelle immediate adiacenze dell'area monumentale;
l'articolo 27, comma 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici»), ha modificato il decreto-legge n. 351 del 2001, introducendovi l'articolo 3-bis che prevede la realizzazione di «Programmi unitari di valorizzazione territoriale» per il recupero e la gestione degli immobili e siti storici demaniali a rischio di degrado;
tali programmi si fondano sulla cooperazione istituzionale, la copianificazione e la leale collaborazione, e infatti sono previsti a tal fine accordi di cooperazione con il Ministero per i beni e le attività culturali per supporto alla formazione del programma, ogniqualvolta debba essere verificata la compatibilità con le procedure di tutela dei beni culturali coinvolti, in particolare sotto il profilo dei vincoli posti alle possibilità di riutilizzo e trasformazione, in perfetta coerenza con le norme generali di tutela di cui al Codice dei beni culturali;
è stata anche regolata l'istituzione di «sedi stabili di concertazione» tra i diversi livelli istituzionali, le quali devono assicurare coordinamento, armonizzazione, coerenza e riduzione dei tempi delle procedure di pianificazione, che devono svolgersi in tempi certi. Le modalità operative, intese alla promozione di iniziative di sviluppo economico e coesione sociale, prevedono che, se sono coinvolti immobili dello Stato, il potere d'impulso spetti al Ministero dell'economia e delle finanze (Agenzia del demanio), che ne concorda le modalità con il Ministero utilizzatore;
le disposizioni succitate prevedono altresì la stipula di un accordo di programma, finalizzato alla promozione di iniziative che devono essere di sviluppo economico e coesione sociale, e non solo di mera conservazione –:
se siano a conoscenza della situazione sopra descritta e se ritengano di adottare ogni utile iniziativa di competenza per salvaguardare e valorizzare il complesso monumentale, attivando le nuove procedure sopra richiamate, con il concorso e la partecipazione attiva delle istituzioni regionali e locali, delle associazioni di volontariato culturale e della società civile;
se si ritenga possibile, a fini di promozione e sensibilizzazione, inserire il sito storico della Cittadella e quanto rimane del campo trincerato di Alessandria, con i tre forti minori e la vicina area della Battaglia di Marengo (1800), evento fondamentale per la storia europea, tra i siti candidati all'inserimento nel Patrimonio comune europeo, nonché all'inserimento nella Lista dei beni culturali oggetto di «Protezione rafforzata» (ai sensi del Protocollo aggiuntivo del 1999 alla Convenzione dell'Aja del 1954), recentemente istituita presso l'UNESCO.
(2-00194) «Balduzzi, Dellai».
Interrogazione a risposta orale:
BRUNETTA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
secondo quanto riferito da organi di stampa – Corriere della Sera del 26 agosto 2013 – tale decisione è stata presa dal commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, e condivisa dal presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e dal sindaco di Roma Ignazio Marino;
il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – con il decreto dirigenziale del 25 gennaio 2010, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 141, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio», in prosieguo codice – ha dichiarato il notevole interesse pubblico dell'area sita nel comune di Roma, qualificata «Ambito Meridionale dell'Agro Romano» delimitato tra la via Laurentina e la via Ardeatina;
il decreto dirigenziale richiamato è stato emanato ai sensi del codice nell'esercizio del potere del Ministero di dichiarare il notevole interesse pubblico di beni paesaggistici, potere ad esso attribuito quale potere autonomo rispetto a quello assegnato, all'identico fine, alle regioni;
il Consiglio di Stato – con la sentenza del 30 dicembre 2011 n. 7005 – ha confermato la piena legittimità dell'operato del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in riferimento alla azione di tutela del paesaggio e di governo del territorio in ordine al contenzioso sulla tutela dell'area dell'Agro Romano;
con la medesima sentenza il Consiglio di Stato ha riconosciuto la scelta di fondo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di ritenere meritevole di tutela, nel contesto sociale, urbanistico e culturale attuale, la «campagna romana» e che tale scelta si deve ritenere compiuta nell'esercizio della discrezionalità amministrativa;
nella relazione di sintesi dell'istruttoria predisposta dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma (allegata al decreto) viene riconosciuto che si tratta di «territorio che ancora conserva, nonostante i vari fenomeni sparsi di utilizzazione consolidati e in atto, un'alta qualità paesaggistica, riconducibile ai tratti tipici del paesaggio agrario della Campagna Romana, qui particolarmente caratterizzato dall'ampiezza dei quadri panoramici oltre che dalla ricca e stratificata articolazione del sistema insediativo storico, con notevole diffusione tanto di beni archeologici che architettonici»;
è proprio l'estensione dell'area che costituisce il presupposto per la sua qualificazione in termini di paesaggio, offrendo il contesto identitario dell'ampiezza dei quadri panoramici segnati dal permanente uso agricolo diffuso, nel cui ambito si sono stratificati gli ulteriori caratteri sia storici, archeologici e architettonici, che di vegetazione, con un effetto di insieme qualificante l'intera area nella sua unitaria complessità;
la dichiarazione di interesse pubblico viene inserita in uno strumento che la correla ad un quadro di programmazione dell'uso e della valorizzazione del paesaggio al fine, già individuato nella ratio della previsione dei piani paesistici dell'articolo 5 della legge n. 1497 del 1939, di coordinare la salvaguardia dei valori paesaggistici delle zone dichiarate di particolare interesse in un più ampio contesto;
l'istruttoria, la motivazione ed il contenuto del provvedimento ministeriale risponde ad una moderna e coerente visione del paesaggio e che la natura agricola delle aree costituisce essa stessa fattore identitario del paesaggio e elemento di continuità dell'immagine della campagna romana concorrendo a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura –:
in che modo il Ministro interrogato intenda esercitare le proprie prerogative, garantite tra l'altro dall'articolo 9 della Costituzione, nell'ambito della tutela del paesaggio, in particolare attraverso la direzione regionale del Lazio per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, che esercita in maniera esclusiva ed autonoma la gestione dei vincoli sul territorio della regione;
se le classificazioni di tutela dell'area e la natura di tutti i vincoli che vi insistono siano compatibili con il progetto di una nuova discarica per lo smaltimento di rifiuti urbani in località Falcognana;
se intenda produrre l'intera cartografia paesaggistica della zona di Falcognana, quale porzione di territorio ricadente nella zona vincolata dell'Agro Romano meridionale esprimendo anche un parere sulla legittimità giuridica di un tale progetto ai sensi delle prescrizioni sancite dal Codice;
se intenda ribadire agli uffici del commissario le prescrizioni previste nel decreto dirigenziale del 25 gennaio 2010 al fine di conoscere se non vi siano stati gravi abusi e palesi violazioni nella valutazione dell'impatto paesaggistico;
se, durante la valutazione tecnica e normativa condotta dagli uffici del commissario Goffredo Sottile, sia stata esclusa la partecipazione della direzione regionale del Lazio del Ministero e, in caso positivo e in via cautelativa, quali provvedimenti intenda immediatamente adottare ostativi di qualsiasi procedura amministrativa già avviata dagli uffici del commissario per la realizzazione del nuovo insediamento.
(3-00283)
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
come sta accadendo recentemente per molti settori produttivi, anche per l'industria del cinema è arrivato il momento di accettare la sfida di una nuova consapevolezza nell'ambito della sostenibilità ambientale e nella riduzione delle emissione di CO2;
un approccio che è in atto anche in altre e tra le più importanti industrie cinematografiche del mondo e che possiede un impatto rilevante, vista l'importanza del film come prodotto di un'industria culturale, in termini di comunicazione e di educazione culturale ai nuovi stili di vita rispettosi dell'ambiente, riducendo consumi ed emissioni;
attraverso l'analisi di tutti i reparti tecnici che contribuiscono alla realizzazione di un film, sono stati individuati ambiti su cui è possibile intervenire per ridurre al minimo l'impatto ambientale di cose e persone. Utilizzando, ad esempio, tecnologie più moderne ed efficienti: generatori euro5, kit fotovoltaici, illuminazione a LED; parallelamente grazie ad un razionalizzazione dell'intero processo produttivo possono essere di gran lunga incrementate le performance ambientali dei consumi energetici, del trasporto delle merci e delle maestranze, del consumo di materiali, della gestione dei rifiuti e infine del catering su materiali bio compatibili;
per comprendere la misura degli interventi possibili, secondo dati Edison – Tempesta Film, può essere considerata come base di analisi la produzione media italiana di circa due mesi di riprese. Analizzando i consumi elettrici si è stimato che ottimizzando il numero di gruppi elettrogeni utilizzati si ottiene un risparmio all'incirca del 19 per cento, passando da 19,43 t di CO2eq a 15,78 t di CO2eq. Ipotizzando poi di utilizzare corpi illuminanti più efficienti si può ottenere un'ulteriore riduzione dell'ordine del 10/15 per cento. E i generatori elettrici sono soltanto uno dei 38 indicatori di sostenibilità ambientale del protocollo. Se quindi tutte le produzioni seguissero le indicazioni del protocollo (in Italia si stimano 5.880 giorni di riprese ogni anno) si realizzerebbe una riduzione delle emissioni pari a 1.120 tonnellate di CO2, equivalenti a quelle relative all'illuminazione pubblica annuale di un comune di oltre 10.000 abitanti;
le case di produzione cinematografiche inoltre attraverso una maggiore consapevolezza ambientale e un maggiore risparmio in termini di costi energetici possono essere agevolate anche nella ricerca di nuovi finanziatori dei film stessi –:
se i Ministri interrogati intendano valutare forme di incentivazione fiscale per la produzione di film «sostenibili», il cui processo produttivo sia efficiente dal punto di vista energetico, stanti anche le importanti ricadute nello sviluppo tecnologico, nella riduzione dei consumi e di CO2 e i benefici indiretti in termini di educazione ambientale dello spettatore;
se intendano altresì considerare la costituzione di un tavolo tecnico congiunto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per il beni e le attività culturali per l'elaborazione di «Linee Guida per la produzione di Film Sostenibili» e per l'individuazione dei criteri necessari per la qualifica di film sostenibile. (4-01708)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta scritta:
MOLTENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
a metà agosto 2013 è entrato in vigore l'ennesimo strumento di contrasto all'evasione fiscale messo a punto dall'Agenzia delle entrate, il cosiddetto «redditometro», che incrociando numerose banche dati prenderà di mira tutti i soggetti che evidenzieranno una discrasia tra i redditi dichiarati in Italia e le spese effettuate;
in particolare lo strumento utilizzato dall'Agenzia delle entrate per stanare gli evasori attraverso il monitoraggio del reddito in base ai consumi, prevede che gli accertamenti scattino ogni qual volta verrà misurata una spesa superiore del 20 per cento rispetto alle entrate denunciate;
lo strumento così concepito dimostra ancora una volta la scarsa comprensione e l'assoluto disinteresse dell'apparato burocratico di questo Paese per le realtà territoriali specifiche del nord, in particolare per il fenomeno tipico dell'arco alpino del frontalierato;
si tratta di migliaia di lavoratori che da sempre varcano il confine del Paese quotidianamente per lavorare nei Paesi confinanti, apportando un importante contributo economico alle aree dove ogni sera fanno ritorno. Nell'attuale situazione di gravissima crisi economica ed occupazione, i frontalieri, arrivati a quasi 60.000 nell'ultimo anno, svolgono anche una funzione calmieratrice su un mercato del lavoro nazionale in preda alla disoccupazione e agli ammortizzatori sociali;
per contro, l'Agenzia delle entrate fa finta che il fenomeno non esista, senza nulla avere imparato dalle precedenti negative esperienze connesse alle pratiche burocratiche, citando a titolo esemplificativo quelle più eclatanti relative allo scudo fiscale che avevano vessato assurdamente i frontalieri, benché nulla avessero a che vedere con la movimentazione di ingenti capitali a scopo elusivo;
è insito nel nuovo redditometro il rischio che i frontalieri, che percepiscono redditi all'estero ed effettuano consumi in Italia, con un contributo netto al buon andamento della nostra economia, verranno invece puntualmente vessati come se fossero evasori, chiamati a subire verifiche e a dovere rendere giustificazioni, subendo costi e tempi della burocrazia più degli altri cittadini, con una evidente ed ingiusta disparità di trattamento;
i frontalieri, in particolare quelli che si recano in Svizzera, sono obbligati a percepire i redditi su un conto estero, e sono tassati interamente alla fonte. Non hanno nulla a che fare con gli evasori dunque e non hanno margine di scelta ma sono vincolati dalle leggi del Paese in cui lavorano, leggi certamente note all'Agenzia delle entrate e più volte riportate alla sua attenzione;
l'ottusità dunque dell'Agenzia, che non ha fino ad oggi adottato atti specifici e di buon senso volti a non aggravare di oneri burocratici ingiustamente i lavoratori frontalieri, pare dunque colposa;
la possibilità, prevista dall'Agenzia, di giustificare la provenienza estera dei propri redditi appare comunque subordinata ad una richiesta dell'Agenzia e dunque ad un onere aggiuntivo per i frontalieri, che si concretizzerà come minimo nella predisposizione di appositi moduli o documentazione rafforzata rispetto a tutti gli altri cittadini –:
in che termini il Governo intenda applicare anche ai frontalieri le nuove regole sul redditometro, ovvero se intenda emanare celermente una circolare esplicativa o altro provvedimento di propria competenza atto a chiarire il caso di specie, senza inutili e ingiusti gravami a carico dei lavoratori frontalieri. (4-01721)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con decreto ministeriale del 22 marzo 2013 il Ministro della giustizia ha sostituito le tabelle allegate al decreto ministeriale 8 febbraio 2001, riformando in modo radicale le dotazioni organiche del Corpo di polizia penitenziaria, con riferimento sia alle strutture detentive che ai servizi penitenziari (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, provveditorati regionali, scuole di formazione e altro);
la dotazione organica è composta da personale dei seguenti ruoli:
a) direttivi (ordinario e speciale);
b) ispettori;
c) sovrintendenti;
d) agenti e assistenti;
gli appartenenti al ruolo degli ispettori hanno funzioni di concetto e sono l'anello di congiunzione tra il personale delle qualifiche inferiori ed i ruoli direttivi, svolgendo spesso anche il compito di comandante del reparto o di supplente del comandante;
la dotazione organica del ruolo ispettori prevista è pari a 3960 unità; di fatto sono presenti in forza 2478 unità nel ruolo, per una carenza organica effettiva pari a 1482 unità, ovvero circa il 38 per cento del totale;
a causa della segnalata carenza organica del ruolo ispettori presso tutti gli Istituti penitenziari accade sovente che servizi di notevole rilievo, come quello di coordinatore di unità operative o di coordinatore della sorveglianza generale, siano affidati invece a personale gerarchicamente inferiore, addirittura del ruolo sovrintendenti o agenti e assistenti;
con nota 16 giugno 2008, prot. n. GDAP-0205527-2008, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha bandito un concorso interno per titoli di servizio ed esame, consistente in una prova scritta e in un colloquio, a complessivi 643 posti (608 uomini e 35 donne) per la nomina alla qualifica iniziale del ruolo maschile e femminile degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria, pubblicato nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 11 del 15 giugno 2008;
l'UGL polizia penitenziaria ha segnalato che del predetto concorso sono state espletate nel primo semestre del 2010 solo le prove preliminari, per cui la procedura concorsuale risulta irragionevolmente ferma da oltre tre anni –:
quali iniziative il Ministro della giustizia intenda adottare per rimediare all'incredibile ritardo nello svolgimento del concorso interno per titoli di servizio ed esame per 643 posti da allievo vice ispettore. (4-01705)
MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 19 agosto 2013 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 193 la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto-legge dello scorso 1o luglio, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, approvata dalla Camera dei deputati il 5 agosto e definitivamente dal Senato l'8 agosto;
nel corso dell’iter parlamentare la Lega Nord ha espresso e manifestato apertamente la propria contrarietà in quanto trattasi di un provvedimento volto a premiare i delinquenti anziché i cittadini onesti;
tale decreto, cosiddetto «svuota-carceri», è ora dunque divenuto legge e prevede una serie di benefici a favore anche dei detenuti recidivi, tra cui una serie di misure alternative al carcere, la liberazione anticipata, la detenzione e gli arresti domiciliari;
tale provvedimento è stato voluto dall'attuale Governo e votato dall'attuale maggioranza quale unica soluzione per risolvere il problema del sovraffollamento delle nostre carceri;
il problema del sovraffollamento carcerario non si risolve con provvedimenti come il sopra citato cosiddetto «svuota-carceri» e meno ancora con altri provvedimenti di clemenza, ad esempio l'amnistia, che ciclicamente vengono approvati dal Parlamento, misure che appaiono all'interrogante del tutto inefficaci;
il modo molto più efficiente, l'unica vera soluzione al problema del sovraffollamento dei nostri istituti detentivi sarebbe quella che i detenuti stranieri scontassero la pena nelle carceri dei paesi di origine;
il quadro problematico sopra descritto emerge anche con specifico riferimento alla situazione della casa circondariale di Como, in relazione alla quale appare urgente all'interrogante acquisire ogni informazione utile –:
quanti siano i detenuti della casa circondariale di Como che abbiano beneficiato della legge 9 agosto 2013, n. 94, e che pertanto abbiano lasciato l'istituto, rispetto alla capacità recettiva dello stesso, con indicazione, per ciascuno, della nazionalità e dei reati di cui siano stati imputati o condannati, nonché dei casi di recidiva. (4-01706)
BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1 della legge n. 148 del 2011 delega al Governo l'emanazione di uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari;
in particolare l'articolo 1 del decreto legislativo 155/12 attuativo della predetta delega, ha disposto la soppressione, tra gli altri, della Sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia a decorrere dal 13 settembre 2013;
la sede del tribunale di Chioggia non comporta oneri economici per lo Stato, poiché ubicata in un edificio di proprietà comunale la cui gestione è già a carico del comune di Chioggia, che intende farsi carico di tutte le spese di gestione e manutenzione, dalla data di soppressione e per tutto il suo successivo utilizzo;
la sede del tribunale di Venezia non è in grado di accogliere il carico di lavoro e disporre attualmente di spazi sufficienti e adeguati ad accogliere tutte le sezioni distaccate soppresse;
è previsto nell'arco di alcuni anni un ulteriore trasloco interno nel comune di Venezia degli uffici ora sparsi tra centro storico e terra ferma dovuto al completamento della cittadella della giustizia;
la soppressione dell'ufficio giudiziario di Chioggia comporterà gravi disagi e spese per i cittadini, gli operatori in genere del diritto, rendendo più gravosa l'accesso alla giustizia per la popolazione della seconda città, per grandezza e numero di abitanti, della provincia di Venezia;
l'unica strada che collega Chioggia a Venezia è la S.S.Romea n. 309, già intensamente trafficata e una tra le più pericolose in Italia per incidenti stradali, per cui lo spostamento della sede del Tribunale comporterebbe un ulteriore aggravamento delle condizioni di traffico e dei suoi rischi tale da lasciar presumere altre conseguenze negative per la città;
i tempi di percorrenza da Chioggia a Venezia con i mezzi pubblici sono oltre due ore, per raggiungere le varie sedi giudiziarie;
da non trascurare i rischi di smarrimento dei corpi di reato e dei fascicoli a causa del trasloco e della giacenza in locali del tutto fatiscenti tanto che attualmente risulta all'interrogante che molti fascicoli sono «archiviati» nei pavimenti dei corridoi del Tribunale di Rialto a contatto con il pubblico;
la competenza della sede distaccata di Chioggia ricomprende anche i comuni di Cavarzere e Cona, distanti oltre 70 chilometri dalla sede centrale di Venezia, con ulteriore allargamento del bacino di utenza della sede giudiziaria di Chioggia di altri 25.000 abitanti e giungendo così ad una utenza complessiva di oltre 75.000 cittadini, che nel periodo estivo diventano, a seguito delle presenze turistiche, oltre 200.000;
a Chioggia sono presenti diversi altri uffici periferici dello stato, tra cui l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio, la tenenza terrestre e navale della Guardia di finanza, il commissariato di P.S. con dirigente un vicequestore, il comando compagnia dei carabinieri terrestre e navale, con competenza su buona parte della Riviera del Brenta, gli uffici doganali, la capitaneria di porto, la compagnia dei vigili del fuoco, con diverse funzioni ed impegni di polizia giudiziaria che verrebbero inevitabilmente spostati sulla sede centrale con dispendio di risorse e di tempo –:
quali atti intenda adottare il Ministro interrogato al fine di procedere ad una più attenta e puntuale analisi delle conseguenze negative, in termini di economicità e funzionamento della macchina giudiziaria, che la soppressione della sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia comporterebbe, alla luce delle peculiari caratteristiche legate alla specificità territoriale e alle evidenti criticità di accorpamento;
se intenda, al fine di prevenire una serie di disservizi a catena, che pregiudicherebbero irrimediabilmente il diritto alla giustizia di molti cittadini veneti, in attesa di una riorganizzazione più equa su base nazionale, prevedere la proroga di cinque anni di cui all'articolo 8 decreto legislativo n. 155 del 2012;
quali iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di rivedere la normativa vigente prevedendo l'esclusione della sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia dal procedimento di accorpamento e se non intenda valutare l'opportunità di disporre una proroga del termine di entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012, considerando anche il parere unanime in tal senso espresso dalla Commissione giustizia del Senato. (4-01707)
NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la casa circondariale «Pagliarelli» è un importante istituto penitenziario di Palermo, il quale presenta una preoccupante situazione di sovraffollamento;
nell'ottobre del 2009 alcuni articoli di stampa riportavano notizie secondo le quali il direttore della casa circondariale «Pagliarelli», tale dott.ssa Laura Brancato, spiava i dipendenti della struttura penitenziaria, usava apparecchi telefonici della struttura penitenziaria a fini privati e addirittura fingeva nei referti medici di essere una detenuta per ottenere gratuitamente prestazioni sanitarie;
le indagini erano iniziate a seguito di un esposto da parte di funzionari della Polizia Penitenziaria dipendenti della struttura carceraria palermitana, in particolare appartenenti al Sindacato di categoria «SINAPPE», che in seguito ricevettero provvedimenti disciplinari e di distaccamento;
tramite il decreto n. 0397382/2009 del 9 dicembre 2009, il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria sospese la dott.ssa Brancato in via cautelare. Nel frattempo la Procura di Palermo ottenne nel febbraio del 2010 il suo rinvio a giudizio;
nel giugno del 2012 la dott.ssa Brancato fu condannata in primo grado dai giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo ad un anno per peculato con sospensione della pena;
nel gennaio del 2013, tramite decreto n. 0002814/2013 del 23 gennaio 2013 firmato dal Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, venne revocata la sospensione dal servizio della Brancato che fu poi assegnata alla Direzione della casa circondariale di Contrada Balate, Gela;
nel giugno del 2013, su ricorso della dott.ssa Brancato, l'ordinanza cautelare n. 00611/2013 del 21 giugno 2013 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana sospese in via cautelare il provvedimento del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria sopracitato;
secondo quanto si apprende da organi di informazione, la dott.ssa Brancato «si è presentata in servizio» il giorno 2 luglio 2013 presso la casa circondariale «Pagliarelli», nonostante fosse già in servizio la Dott.ssa Francesca Vazzano, facente le funzioni di Direttore;
se la dott.ssa Brancato fosse nuovamente destinata alla Direzione del «Pagliarelli», vi è il fondato rischio di ritorsioni ai danni dei dipendenti dell'istituto penitenziario, che la denunciarono a suo tempo, oltre alla necessità di valutare le conseguenze di immagine legate alla nomina alla Direzione di una casa circondariale di un soggetto condannato, seppur in primo grado;
tali preoccupazioni sono rese ancor più concrete dal profilo psicologico e comportamentale della Brancato, dal quale emerge, come si può leggere nelle sentenza n. 01202/2011 della Sezione Prima del TAR di Palermo, «una preoccupante inclinazione a ricorrere ad inganni e falsificazioni per ottenere dei profitti privati, un utilizzo di beni pubblici per fini privati ed una gestione assolutamente personalistica dell'istituto» –:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, ritenga opportuna la nomina della Dott.ssa Brancato alla Direzione di una casa circondariale;
dove presti servizio e quale posizione ricopra attualmente la dott.ssa Laura Brancato. (4-01709)
BONAFEDE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la cooperativa «il Forteto», fondata nel 1977 da Rodolfo Fiesoli e da Luigi Goffredi e situata dal 1982 presso l'omonima azienda agricola di 500 ettari a Vicchio (Firenze) – quest'ultima con un fatturato di circa 20 milioni di euro all'anno e 130 collaboratori – è considerata una delle principali comunità toscane di recupero per minori disagiati;
il 20 dicembre 2011 Rodolfo Fiesoli, detto «il Profeta», viene arrestato con l'accusa di presunti atti di violenza sessuale anche ai danni di un minore e, assieme a 22 soci della cooperativa, per maltrattamenti commessi all'interno della comunità;
il 3 aprile 2012 il Consiglio regionale della Toscana istituisce una Commissione d'inchiesta sull'affidamento dei minori. Tale commissione – si legge nell'atto di costituzione – «risponde alla necessità di un'accurata valutazione del fenomeno dell'affidamento dei minori a comunità come Il Forteto, oggetto di indagini della magistratura per maltrattamenti, abusi e violenze.»;
nella relazione finale della Commissione d'inchiesta pubblicata in data 15 gennaio 2013, in cui emerge un quadro mortificante dei raccapriccianti abusi subiti dai minori affidati alla comunità, viene altresì pubblicato un elenco recante decine di nominativi di politici di livello locale e nazionale, nonché di magistrati e professionisti, personalità pubbliche che, a vario titolo e con differenti finalità, hanno visitato la comunità de Il Forteto, fornendo peraltro in tal modo un implicito sostegno e legittimazione alle attività della struttura. Mentre, sotto il profilo economico, vengono quantificati in più di 1 milione e 250.000 euro i contributi pubblici ottenuti da Il Forteto nel periodo 1997 al 2010;
in data 12 aprile 2013 tutti e 23 gli indagati di cui sopra vengono rinviati a giudizio con le accuse di violenze su minori e maltrattamenti;
dal 28 aprile 2013, la trasmissione televisiva «Le Iene» ha dedicato alcune inchieste al caso de «Il Forteto», con interviste alle vittime degli abusi, minorenni all'epoca dei fatti, rendendo la vicenda tristemente nota a livello nazionale;
in data 17 agosto 2013, dopo quattro mesi di indagine, scaturita da una richiesta del Consiglio regionale della Toscana, il Ministero dello sviluppo economico ha redatto una relazione conclusiva sui profili amministrativo gestionali della cooperativa agricola il Forteto, chiedendo il commissariamento della stessa. Commissariamento ritenuto indispensabile a causa della pesante ed invasiva commistione tra la comunità di Rodolfo Fiesoli e la cooperativa Il Forteto laddove – indicano i commissari ministeriali – tra cooperativa e comunità esiste «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa», rilevando altresì che tutto «viene delegato ai capi ed i soci vengono lasciati all'oscuro persino dei propri diritti»; con l’«inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo», concludendo con l'allarmante constatazione secondo la quale, la comunità Il Forteto «non appare dotata di strumenti normativi (...) che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie residenti nella comunità, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc;
in data 23 agosto 2013, la proposta di commissariamento viene bocciata dall'assemblea dei soci della cooperativa agricola Il Forteto con 65 soci contrari, nove favorevoli e tre astenuti su 102;
tale decisione di respingimento della richiesta di commissariamento viene corredata da un comunicato nel quale il presidente afferma che «la cooperativa Il Forteto in questi mesi è stata spesso impropriamente coinvolta su argomenti e fatti come gli affidamenti dei minori per i quali è assolutamente da sempre estranea», considerazione, questa, in apparente contraddizione con una cospicua documentazione ufficiale attestante l'effettiva assegnazione negli anni dei minori da parte del Tribunale alla stessa cooperativa agricola;
nel 1985 la corte di appello di Firenze aveva condannato Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi – la Cassazione respinse il ricorso dei due condannati – a due anni di reclusione il primo e a dieci mesi il secondo per maltrattamenti ed abusi sessuali su persone, anche affette da disabilità, accolte nella comunità;
pur in presenza di tali pesanti condanne, i servizi sociali competenti continuarono a raccomandare al tribunale per i minorenni di Firenze «Il Forteto» quale luogo idoneo per la collocazione di minori allontanati dalle famiglie di origine, ottenendo dal tribunale la destinazione, fino al 2009, di ben sessanta minorenni all'interno della comunità, alcuni dei quali ancora presenti in loco;
il 13 luglio del 2000 la Corte europea per i diritti dell'uomo sanzionò l'Italia al pagamento di 200 milioni di lire per i danni morali subiti da due bambini, figli di italiani emigrati in Belgio, affidati alla comunità Il Forteto da parte del tribunale dei minorenni di Firenze –:
se non ritengano di dover intervenire anche attraverso apposite iniziative ispettive al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per promuovere l'azione disciplinare, considerato che la comunità Il Forteto, pur in presenza di condanne passate in giudicato per abusi e maltrattamenti nei confronti di minori e disabili a carico dei responsabili e fondatori della struttura, ha continuato a ricevere in affido negli anni, pur sussistendo la presenza attiva nella stessa dei pregiudicati, decine di minori disagiati;
se non considerino ineludibile proseguire con le procedure di commissariamento dell'intera struttura de Il Forteto, anche e soprattutto a tutela della rilevante attività imprenditoriale svolta presso la cooperativa agricola. (4-01715)
RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la casa circondariale di Melfi, in provincia di Potenza, versa ormai da diversi anni una situazione critica sotto il profilo manutentivo e strutturale;
già nel novembre dello scorso anno era stato rivolto un appello al Ministro giustizia, affinché disponesse un intervento di manutenzione straordinaria in favore della struttura;
a causa dello stato di abbandono nel quale ha versato negli ultimi anni, infatti, gli edifici presentano gravi criticità strutturali ed igieniche, e necessita urgentemente di risorse finanziarie;
inoltre, nella struttura si stanno verificando gravi difficoltà di gestione da parte dell'Amministrazione, soprattutto per quanto attiene ai rapporti con gli agenti di polizia penitenziaria ivi in servizio, che lamentano la mancata applicazione di accordi sindacali e di norme basilari in loro favore, e che hanno portato ad uno stato di tensione nei rapporti tra gli stessi agenti ed il direttore dell'istituto penitenziario –:
se non ritenga di disporre interventi urgenti di manutenzione ordinaria e straordinaria in favore della struttura di cui in premessa, stanziando le necessarie risorse finanziarie, al fine di migliorare le condizioni di vita degli agenti di polizia penitenziaria e di tutti gli utenti della stessa;
quali provvedimenti intenda assumere, in un'ottica più generale, al fine di affrontare compiutamente il tema delle carceri italiane, all'interno delle quali si registrano condizioni di vita e di lavoro spesso intollerabili. (4-01724)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
GITTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da tempo e in più di una occasione è stata segnalata dai cittadini e dagli enti locali la stato in cui versa la rete stradale valtrumplina, segnata da incidenti, spesso tragici, e da un congestionamento che blocca il traffico ed il flusso di persone e merci con danni per tutti i soggetti coinvolti ma, soprattutto, con danni gravissimi per tutto il territorio della Valle Trompia;
si è molto discusso in questi anni sulle alternative all'unica strada che attraversa la valle, ma ad oggi delle proposte sottoposte e discusse con le amministrazioni locali nessuna è stata concretizzata;
soltanto grazie alla volontà ed alle iniziative delle stesse amministrazioni locali è stato possibile creare iniziative minori, insufficienti però a risolvere i problemi della viabilità principale;
la necessità di adeguate infrastrutture è una delle primarie esigenze delle imprese che, con fatica, cercano di non farsi travolgere dalle attuali problematiche, a tutti note: solo investendo sulle infrastrutture, le aziende potranno avere uno strumento aggiuntivo per affrontare al meglio le sfide economiche attuali e future;
non è più accettabile che una valle operosa dal punto di vista produttivo, come la Val Trompia, che già rischia di soccombere a causa della grave crisi economica, continui ad essere penalizzata per la mancanza di collegamenti alternativi che consentano una mobilità adeguata alle quotidiane esigenze;
lo stesso dicasi per tutti i cittadini le cui necessità di spostamento per motivi di lavoro o di salute sono ovvie;
è assolutamente urgente quindi che venga realizzata una valida alternativa all'unica strada di valle, coinvolgendo gli amministratori locali che sempre hanno dimostrato la loro disponibilità. In particolare, si deve realizzare al più presto il già previsto tratto autostradale, progettato e finanziato da tempo, ma la cui realizzazione allo stato non risulta ancora avviata, causando gravi difficoltà, anche per i vincoli urbanistici comunque presenti sul territorio;
un allentamento del traffico gravante sulla rete stradale potrebbe realizzarsi con il prolungamento della linea del metrobus che potrebbe deviare quel flusso di studenti e lavoratori che ogni giorno si dirigono in città –:
quali urgenti iniziative intenda adottare per affrontare le complesse problematiche della viabilità della Valle Trompia citate in premessa. (3-00282)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CATALANO e SPADONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si apprende dalla stampa che il 12 agosto si è verificato un incidente presso l'aeroporto di Milano Malpensa;
come risulta dalla ricostruzione operata dall'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV), il veicolo (l'Airbus A320, marche G-EZTC della compagnia EasyJet), durante il decollo, ha subito il distacco di alcuni pannelli della cappottatura del motore sinistro. Dopo l'atterraggio, si è registrato il distacco di ulteriori parti della cappottatura, causa di ulteriori danni alla parte posteriore della fusoliera e al timone di profondità;
il Codacons ha presentato un esposto alla procura, con contestuale diffida nei confronti di ENAC;
tuttavia, come si legge in una nota di ENAC stesso, l'aeromobile è sottoposto alla vigilanza e alla responsabilità dell'autorità nazionale inglese, Civil Aviation Authority, ed i programmi di manutenzione sono affidati ad una società tedesca certificata secondo i regolamenti europei;
l'ENAC è tenuto ad effettuare, sugli aeromobili in transito negli aeroporti nazionali, solo le ispezioni di rampa, che rientrano nel programma Safety Assessment of Foreign Aircraft (SAFA);
va considerato che sarebbe auspicabile una maggiore chiarezza nella definizione dei ruoli, e conseguentemente delle responsabilità, in merito alla sicurezza –:
se non ritenga che il controllo SAFA, anche nella sua accezione più ampia, avrebbe potuto consentire il rilevamento dei difetti che hanno generato il primo distacco;
se ritenga che il SAFA, così come previsto attualmente, sia funzionale ai fini della sicurezza;
quale sia lo stato dei SAFA realizzati in Italia dall'ENAC. (5-00940)
Interrogazioni a risposta scritta:
COZZOLINO, DA VILLA, BUSINAROLO, D'AMBROSIO, SIBILIA, CRISTIAN IANNUZZI, LOREFICE, BECHIS, CATALANO, SPADONI e D'INCÀ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il consorzio Venezia Nuova, concessionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna di competenza dello stato in attuazione della legge 798/84, è al centro di un'inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Venezia e dalla Guardia di Finanza. Nell'ambito di tale inchiesta la magistratura ha riscontrato l'ipotesi del reato di turbativa d'asta in merito ad un appalto per complessivi 12,5 milioni di euro aggiudicato nel 2011, che aveva come oggetto lavori di scavo per la realizzazione di canali portuali nella laguna di Venezia, e sulla base di tale capo d'imputazione ha disposto misure cautelari per una serie di indagati, tra i quali l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati;
nell'ambito delle indagini svolte dalla guardia di Finanza è emersa una forte carenza di controlli sull'operato del Consorzio Venezia Nuova, in particolare, sempre da quanto scrive la guardia di Finanza appare opaco il rapporto tra il Magistrato delle Acque e il Consorzio. L'ente ministeriale da un lato appare approfittare della potenza economica del Consorzio che dovrebbe controllare, dall'altro appare ad esso succube. In questo senso la Guardia di Finanza cita una lettera del 2005 inviata da un dirigente del Ministero dei trasporti, nominato collaudatore di alcuni stralci del Mose, al presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati. Nella lettera il funzionario che avrebbe dovuto controllare la buona esecuzione e il funzionamento dell'opera, ringrazia il Presidente del Consorzio Venezia Nuova, lo assicura che lo terrà informato di ogni novità che dovesse insorgere e alla fine gli chiede un interessamento al fine di ottenere quello che lo stesso dirigente definisce un buon collaudo con altri enti pubblici;
oltre a questo particolare rapporto con il Magistrato delle acque, dall'indagine è emersa una certa predisposizione da parte del consorzio Venezia Nuova a finanziare partiti e singoli politici. Tra i documenti prodotti dallo stesso Consorzio risulta che nel corso degli anni ha elargito regolarmente un totale di 58 mila euro a titolo di contributi elettorali a diversi soggetti. Tra questi si segnalano i 20 mila euro assegnati il 16 marzo 2006 al comitato elettorale Altero Matteoli, che nella legislatura successiva, dal 2008 al 2011 sarà ministro delle infrastrutture. A questi finanziamenti leciti se ne aggiungono altri che gli inquirenti definiscono illeciti erogati al mandatario elettorale dell'attuale sindaco di Venezia, sindaco che come specificato dalla procura non risulta indagato, e al mandatario di un altro politico locale attualmente consigliere regionale del Partito Democratico, Giampietro Marchese;
il Mose è oggetto di molte polemiche, in particolare sulla funzionalità e sull'efficienza dell'opera sulla quale si scontrano le valutazioni tecniche ufficiali dei collaudi e altre perizie tecniche prodotte da associazioni e comitati, e le vicende che stanno emergendo dall'inchiesta in corso possono contribuire a far aumentare tali polemiche –:
quali iniziative intenda assumere il Ministro, alla luce della inchiesta riportata in premessa, per appurare se tutti i controlli di competenza ministeriale sul Mose siano stati svolti correttamente e se intenda adottare altre misure cautelative dell'opera in attesa della conclusione delle indagini in corso. (4-01710)
AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
i quotidiani locali di Ancona in edicola il 27 agosto e il Sole 24 ore del 28 agosto 2013 hanno dato ampio risalto all'incontro svoltosi il 26 agosto presso il Ministero, tra i dirigenti della struttura di missione del Ministero stesso e una delegazione di rappresentanti del comune di Ancona, della regione Marche e con il commissario dell'autorità portuale di Ancona, allo scopo di definire la convenzione tra l'associazione temporale d'imprese Impregilo, Pizzarotti, Itinera e Astaldi e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riguardante la realizzazione di una bretella con caratteristiche autostradali, definita «Uscita a ovest» di Ancona. Sul Corriere Adriatico del 29 agosto si legge: «è finito il tempo degli annunci. Concretezza, del tipo: LA FIRMA – di tre giorni fa – della convenzione sull'uscita a ovest dal porto di Ancona. I tempi incalzano, i tempi non concedono tregua e il 15 settembre Lupi farà il bis visionando il progetto della Fano-Grosseto». E di seguito: «Al Ministro va il nostro ringraziamento per aver dato seguito a questo importantissimo progetto» fanno voce comune e di popolo l'assessore comunale Ida Sigonella e il Presidente dell'A.P. Canepa;
inoltre «La firma della convenzione sull'uscita a ovest del porto di Ancona significa che entro l'anno partiranno i cantieri» dichiara l'assessore regionale Paola Giorgi. L'interrogante, insieme ai Consiglieri comunali del Movimento 5 stelle di Ancona, hanno effettuato una verifica ed è emerso che la citata convenzione non è stata firmata. Infatti il 30 agosto, il Sole 24 ore smentisce la notizia pubblicata il 28 agosto: «La convenzione non è ancora firmata a differenza di quanto comunicato dalla regione Marche»;
in sostanza, risulta evidente all'interrogante che è stata creata una montatura di bugie, menzogne ed inganni nei con- fronti della stampa e conseguentemente verso i cittadini e le forze politiche e sociali;
purtroppo, gli amministratori locali responsabili di quello che, ad avviso dell'interrogante, costituisce un gravissimo misfatto, anziché scusarsi e dimettersi per il clamoroso falso, hanno reagito in modo scomposto e inammissibile, come nel caso dell'assessore regionale Paola Giorgi che sul Corriere Adriatico del 30 agosto ha dichiarato: «il Movimento 5 stelle fa terrorismo sulla pelle dei cittadini e contro gli interessi di Ancona e della regione». Secondo l'assessore regionale i parlamentari e i consiglieri comunali che scoprono la verità e la comunicano ai cittadini «fanno terrorismo»;
insulti gravissimi e inammissibili dai quali, fino ad oggi, le forze politiche comunali e regionali non si sono dissociate, mentre in altri casi, anche recenti, ancorché di minore intensità offensiva, si sono dimessi dall'incarico pubblico Ministri, assessori e consiglieri –:
se sia a conoscenza dei fatti suesposti e se la convenzione sia stata firmata il 26 agosto 2013;
quale sia la durata della concessione, l'entità del pedaggio da pagare a carico degli automobilisti e dei camionisti nonché se sia prevista una partecipazione delle spese da parte dello Stato per un'infrastruttura definita a «costo zero»;
in caso affermativo quale sia la quota di partecipazione pubblica per realizzare l'infrastruttura, una bretella dal costo preventivato di circa 500 milioni di euro da realizzare nell'area della «grande frana di Ancona del 1982», un'opera per la quale il Ministro pro tempore onorevole Antonio di Pietro, del medesimo partito dell'assessore regionale Paola Giorgi, dichiarò: «non metterò mai la firma per una strada che costa 80 milioni di euro al chilometro», quale è la bretella «uscita a ovest». (4-01722)
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
VENITTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi cinque anni gli episodi di criminalità nel territorio basso-molisano sono aumentati in maniera esponenziale e nel periodo estivo si sono ulteriormente intensificati soprattutto nelle località costiere;
dallo scorso mese di aprile l'aumento del numero di rapine ai danni di istituti di credito, supermercati, centri commerciali e uffici postali, i furti in appartamenti e di mezzi di circolazione, hanno creato uno stato di allarme tra i cittadini;
vi è necessità di un sistema vasto di videosorveglianza sul territorio comunale, come da progetto già noto alla prefettura di Campobasso –:
quali siano e se il Ministro sia a conoscenza dei dati delle denunce dei vari reati avvenuti negli ultimi cinque anni e quali misure intenda attivare per rafforzare organici e vigilanza sul territorio bassomolisano;
quale sia, per quanto di competenza, il livello di coordinamento e di interazione tra le forze dell'ordine presenti sul territorio provinciale;
se si possa considerare allarmante il livello di infiltrazione della criminalità in Basso Molise, soprattutto alla luce delle presenze di esponenti della malavita ravvisabile sulla costa;
se sia possibile mettere a disposizione fondi per il sistema videosorveglianza sul territorio cittadino. (5-00937)
MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la prefettura di Foggia, al pari di altri uffici territoriali del Governo, ha formalmente avviato le procedure di escomio (revoca dell'assegnazione) degli alloggi di edilizia sovvenzionata assegnati dall'Istituto autonomo case popolari ai dipendenti del comparto sicurezza-difesa e del Corpo dei vigili del fuoco sulla base della legge 12 luglio 1991, n. 203 (cosiddetta Gozzini);
tale normativa prevedeva l'attuazione di un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengono trasferiti per esigenze di servizio;
tale beneficio viene meno in caso di pensionamento, decesso o inidoneità alla prosecuzione del servizio, anche a causa di conflitti a fuoco o di incidenti di servizio, ed è assegnato alle prefetture (decreto ministeriale del ministero delle infrastrutture e dei trasporti 10 maggio 2002, protocollo n. 215, punto 4, articolo 7) il compito di verificare la sussistenza della titolarità ed agire per l'eventuale rilascio dell'immobile;
tale previsione normativa appare all'interrogante sbagliata e iniqua nei confronti di chi ha perso la vita o ha subito un grave pregiudizio psico-fisico servendo lo Stato e difendendo i cittadini dalla criminalità, tant’è che nelle precedenti legislature sono state presentate più proposte di legge orientate a garantire il mantenimento del diritto all'alloggio in favore del dipendente, del coniuge o degli aventi diritto –:
se e come il Governo intenda intervenire per:
a) adottare un provvedimento di sospensione delle procedure di escomio in atto;
b) rivedere la normativa vigente al fine di garantire il mantenimento del diritto all'assegnazione ex legge Gozzini in favore dell'assegnatario che cessi dal servizio per raggiunti limiti di età o per inabilità fisica al lavoro per cause di servizio e in favore di coniugi o figli degli assegnatari deceduti per cause di servizio, purché i soggetti interessati siano in possesso dei requisiti previsti per l'assegnazione di un alloggio popolare. (5-00942)
Interrogazioni a risposta scritta:
MINARDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
i quotidiani sbarchi nel porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, di immigrati extracomunitari hanno assunto contorni preoccupanti e sono diventati una vera e propria emergenza sociale per cui è necessario ogni tipo di intervento diretto ad affrontarla in modo adeguato, consentendo alle istituzioni di intervenire con mezzi e strumenti efficaci;
i centri di prima accoglienza sono strutture fondamentali per arginare il fenomeno degli sbarchi dei clandestini. Infatti, in mancanza di questi, gli stessi clandestini avrebbero la possibilità di libertà di movimento incontrollato nel territorio con possibili forti ripercussioni negative sul contesto sociale;
il centro di accoglienza di Pozzallo è ormai al collasso non potendo ospitare un numero così alto di immigrati. Infatti si è registrato un considerevole aumento di immigrati (circa 400) che è stato ospitato nel centro a fronte di una capienza massima di circa 130 soggetti;
è necessario, quindi, intervenire urgentemente con misure migliorative a favore del centro di Pozzallo in quanto la permanenza degli immigrati extracomunitari nei centri di accoglienza molto spesso si prolunga anche oltre i 60 giorni e, vista la mancanza assoluta di risorse, non è possibile effettuare un'adeguata manutenzione o qualsiasi altro intervento diretto di miglioramento in quanto il comune si trova in oggettiva difficoltà a reperire risorse economiche per fronteggiare la grave situazione del centro di prima accoglienza –:
se non sia necessario assolvere agli impegni economici in sospeso, il comune di Pozzallo, infatti, vanta un credito di oltre 650 mila euro con lo Stato, che sarebbe fondamentale per fare fronte agli eventi straordinari connessi agli sbarchi degli immigrati extracomunitari che si sono susseguiti negli ultimi mesi;
se non sia opportuno ed urgente attuare interventi diretti ad assicurare, oltre il mantenimento e l'assistenza degli immigrati extracomunitari, anche i servizi sanitari essenziali, per offrire un'accoglienza dignitosa a queste persone che arrivano nel nostro Paese per fuggire da una situazione di degrado e per migliorare le loro condizioni di vita. (4-01712)
REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la sera del 5 settembre 2010, intorno alle 22:15, mentre rincasava alla guida della sua automobile, Angelo Vassallo, allora sindaco di Pollica (SA), è stato ucciso da uno o più assassini allo stato ignoti;
ad oggi le indagini non hanno condotto alla individuazione dei responsabili, nonostante molteplici e contraddittorie indiscrezioni apparse sui mezzi di informazione;
a tre anni dal criminale assassinio l'attività investigativa ad avviso dell'interrogante sembra essersi arenata;
secondo quanto lamenta l'attuale sindaco Stefano Pisani e quanto riporta l'informazione locale, tra cui un articolo de «La Città di Salerno» del 2 settembre scorso, l'ultimo presidio dello Stato, ovvero la caserma dei carabinieri di Pollica, strumento importante di tutela della legalità e della salvaguardia del fragile e prezioso territorio cilentano, rischia seriamente di essere chiuso per inadeguatezza dei locali. «Perché non ci sono i fondi necessari per garantire una struttura adeguata» – dichiara il primo cittadino;
dalla cittadina di Pollica è andata via la guardia di finanza, il presidio della capitaneria di porto e ora via i carabinieri «proprio nel momento in cui i nostri porti crescono e, con essi, crescono i traffici anche e soprattutto illeciti» ha aggiunto il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Vincenzo De Luca;
è assolutamente necessario che i colpevoli vengano individuati ed assicurati alla giustizia: per dimostrare la presenza dello Stato in quei territori ed il rispetto della legalità, per onorare la memoria di Vassallo per restituire un po’ di pace alla sua famiglia, a chi gli era amico e alla comunità di Pollica;
Angelo Vassallo fu un ottimo amministratore, impegnato sulla tutela dell'ambiente e della legalità. In grado di portare nell'azione politico-amministrativa i valori e i fermenti della società civile e di tradurli in buona economia;
grande è stata la capacità e l'iniziativa di Angelo Vassallo e della sua amministrazione che ha permesso di ottenere tanti risultati e un forte rilancio turistico di quei luoghi. Dal nuovo porto ad una raccolta differenziata superiore al 70 per cento, dall'azione avviata con il parco del Cilento per ottenere il riconoscimento della dieta mediterranea come patrimonio dell'UNESCO ad un ambizioso piano dei comuni del parco su risparmio energetico e fonti rinnovabili;
l'interrogante nella passata XVI Legislatura ha presentato l'atto di sindacato ispettivo 4-13079 al quale, nonostante i ripetuti solleciti, non è stata mai data risposta –:
quali azioni, per quanto di loro competenza e nel rispetto della funzione e dell'autonomia delle autorità inquirenti, abbiano intrapreso ed intendano intraprendere i Ministri interrogati per rafforzare la tutela della legalità nel Cilento, garantendo la permanenza del presidio della stazione Carabinieri di Pollica;
quali misure intendano poi mettere in campo gli stessi Ministri interrogati per permettere alle indagini sull'assassinio di Angelo Vassallo di proseguire più rapidamente. (4-01713)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta orale:
BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
manca ancora qualche giorno all'avvio dell'anno scolastico, che comincerà il 5 settembre in Alto Adige e via via in tutte le altre regioni, ma già da oggi riaprono le segreterie degli istituti e docenti e personale amministrativo torneranno al lavoro, tra i tanti problemi che ancora affliggono il mondo scolastico, primo fa tutti quello delle risorse;
uno dei problemi più pesanti del mondo della scuola è quello della scarsità di docenti in ruolo, sottolineato con forza dai sindacati: proprio a ridosso del suono della prima campanella, nei giorni scorsi, il Ministero dell'economia e delle finanze ha finalmente dato il via libera all'assunzione di 11.200 docenti;
un piccolo «esercito» di insegnanti che, nelle intenzioni del Ministro Maria Chiara Carrozza, garantirà l'ordinato avvio delle lezioni in tutte le scuole italiane, anche se le assunzioni sono di fatto ancora ampiamente insufficienti;
ma il problema che si intende segnalare con particolare attenzione è quello degli insegnanti di sostegno, troppo pochi rispetto al numero degli alunni con problemi e soprattutto troppo esposti ad una rotazione che non consente di creare la giusta relazione con ragazzi che ne avrebbero estremo bisogno;
la precarietà, unità alla instabilità del posto di lavoro, rappresenta una difficoltà aggiuntiva per coloro che avrebbero intenzione di dedicare il proprio impegno e la propria professionalità a un ambito così delicato come quello dell'attività di sostegno nella scuola, a diversi livelli;
a rendere ancora più complessa una situazione, che rischia di ledere gravemente la tutela del diritto allo studio per gli studenti con disabilità, si aggiunge l'ulteriore criticità profilata dalle recenti dichiarazioni del Ministro in merito all'ipotesi di nuovi tagli sulle cattedre del sostegno;
l'insegnante di sostegno è un insegnante specializzato che viene assegnato alla classe in cui è inserito il soggetto diversamente abile, in piena contitolarità con gli altri docenti; l'insegnante di sostegno ha un ruolo determinante nel processo di integrazione del soggetto disabile e rappresenta una risorsa competente sotto il profilo didattico, con un forte ruolo di mediazione sotto quello relazionale;
la sua assegnazione è essenziale per attuare «forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap» e «realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni, anche nello spirito della Costituzione, articolo 3: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli ... che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana ...»;
l'alunno portatore di handicap, proprio in quanto «pone alla scuola una domanda più complessa di aiuto educativo e di sostegno didattico», necessita più di ogni altro di una particolare attenzione a educativa volta a realizzare un progetto individualizzato unitario che, pur nella differenziazione dei tre ordini di scuola – materna, elementare e media – consenta un'esperienza scolastica di ampio respiro, priva di fratture e sempre coerente con gli individuali bisogni educativi e ritmi di apprendimento;
per corrispondere all'esigenza di continuità tra i tre ordini di scuola, con specifico riferimento all'integrazione degli alunni portatori di handicap, è necessario, quindi, valorizzare il contributo che può derivare dalla collaborazione tra gli operatori delle diverse istituzioni scolastiche, per il coordinamento e l'integrazione dei rispettivi interventi;
il principio ispiratore della normativa in materia di integrazione degli studenti con disabilità è sempre stato quella di considerare la realizzazione del processo di integrazione scolastica quale compito di tutto il corpo docente di una classe –:
se non ritenga opportuno, anche alla luce delle considerazioni qui esposte, prevedere misure adeguate in favore dei docenti di sostegno al fine di garantire un'effettiva tutela del diritto allo studio e all'integrazione scolastica per gli alunni con disabilità. (3-00281)
Interrogazioni a risposta scritta:
BALDELLI e CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 31 agosto scorso è scaduto il termine per l'immissione in ruolo a partire dall'anno scolastico 2013/2014 dei vincitori del concorso docenti 2012, ma nella regione Lazio nessuno dei 1443 potenziali vincitori ha avuto l'immissione in ruolo poiché le cattedre da assegnare alle graduatorie di merito sono state già conferite alle graduatorie dei concorsi del 1990 e 1999 o, in assenza di graduatorie di merito dei vecchi concorsi, assegnate interamente alla graduatoria ad esaurimento, senza aver previsto alcun accantonamento di posti per i vincitori del concorso 2012 che avrebbero avuto diritto alla nomina già dal corrente anno scolastico;
a differenza delle altre regioni, l'USR Lazio ha avuto gravissime carenze organizzative nella gestione del concorso (con la sospensione di fatto delle procedure del concorso in una fase cruciale a ridosso della scadenza ministeriale; senza l'impiego di personale aggiuntivo; con l'organizzazione caotica della consegna e valutazione dei titoli);
tali carenze hanno fatto sì che il Lazio fosse l'unica regione in Italia a non aver pubblicato neanche una graduatoria, nonostante per molte classi di concorso gli orali fossero terminati con abbondante anticipo rispetto alla data del 31 agosto e che alcune commissioni esaminatrici avessero chiuso i lavori già nel mese di luglio;
si registra, inoltre, una differenza di comportamento da regione a regione sullo stesso bando di concorso: il Piemonte, ad esempio, in ritardo nella pubblicazione delle graduatorie definitive, ha scelto di assegnare i ruoli, sempre da concorso 2012, dopo il 1o settembre ed entro il 31 ottobre effettuando delle nomine in ruolo giuridiche senza così disperdere i posti destinati al concorso 2012 su altre graduatorie;
parrebbero insoddisfacenti le soluzioni parziali attribuite al Ministero annunciate dalla stampa in questi ultimi giorni, per cui ci si accingerebbe a prolungare a tre anni la validità delle graduatorie del Concorso 2012 e/o di assumere i vincitori fra un anno ma con anzianità dal 2013 –:
se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di evitare che i colpevoli ritardi e disservizi della macchina burocratica e organizzativa a livello locale, vanificando l'impegno di 1443 potenziali vincitori, non intenda intervenire per ristabilire il rispetto delle regole in una fase delicatissima come quella della valutazione finale dei punteggi e dei titoli dei candidati e della relativa immissione in ruolo dei vincitori legittimi:
a) facendo in modo che vengano rispettati sia l'articolo 1 del DDG n. 82 del 24 settembre 2012 il quale stabilisce che le assunzioni dei vincitori del concorso devono avere inizio nell'anno scolastico 2013/14, sia l'articolo a.5 dell'Allegato A (Istruzioni operative) del C.M. n. 21 prot. n. A000DGPER 8310, nel quale si stabilisce che le graduatorie valide per le assunzioni a tempo indeterminato sono quelle relative al concorso per esami e titoli indetto con DDG n. 82 del 24 settembre 2012;
b) facendo, altresì, in modo che venga garantito il numero di posti e cattedre indicate nell'Allegato «1» del bando di concorso e che costituisce parte integrante del DDG n. 82 del 24 settembre 2012 per l'immissione in ruolo dei vincitori negli anni scolastici 2013/14 e 2014/15, attraverso la previsione di un accantonamento dei posti ed il relativo conferimento di nomine giuridiche già a partire dai prossimi giorni, per coloro i quali avrebbero avuto il diritto di entrare in ruolo da questo anno scolastico e per i quali non è stato possibile, invece, ottenere l'assunzione, non avendo l'USR Lazio pubblicato entro il 31 agosto le graduatorie neanche per le classi di concorso le cui procedure concorsuali, insieme ai lavori delle commissioni, erano chiusi da tempo. (4-01711)
BUONANNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in una lettera inviata al provveditore agli studi di Vercelli, dottor Antonio Catania, alcuni docenti dell'istituto Ferraris di Vercelli, nell'esporre le loro rimostranze rispetto la possibilità che un preside di un istituto scolastico di Borgosesia facesse domanda di trasferimento proprio a Vercelli, lo accusano in modo molto pesante, utilizzando addirittura parole come razzismo, abuso di potere e mobbing;
tali pesanti accuse appaiono del tutto immotivate se non supportate da precise denunce o atti e in ogni caso poco opportune e lesive della dignità della persona oggetto della lettera, di fatto discriminata per ragioni incomprensibili;
il preside borgosesiano, dopo aver presentato regolare domanda, è risultato escluso dalla graduatoria per il trasferimento all'istituto Ferraris di Vercelli –:
quali iniziative ritenga di adottare al fine di approfondire e fare chiarezza su quanto accaduto nella selezione per la figura di nuovo preside dell'istituto Ferraris di Vercelli, valutando se la lettera, di cui sopra, abbia influito sull'individuazione delle figure idonee, escludendo la candidatura del preside valsesiano, fatto che sarebbe assai grave;
se non ritenga di assumere iniziative volte ad accertare se il comportamento dei suddetti docenti dell'istituto Ferraris di Vercelli che hanno utilizzato parole assai offensive e, di fatto, diffamatorie del preside di un istituto di Borgosesia possa costituire presupposto per iniziative anche di carattere disciplinare. (4-01714)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta scritta:
TINAGLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Cassa di previdenza degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati inclusa nell'ENPAIA, istituita ai sensi del decreto legislativo n. 103 del 1996, rappresenta la gestione previdenziale della relativa categoria professionale e si caratterizza pressoché per l'assenza di pensionati, per il costante aumento degli iscritti e per la loro giovane età media;
la cassa previdenziale AGROTECNICI/ENPAIA, essendo successiva alla riforma operata con la legge n. 335 del 1995, applica fin dall'inizio il sistema contributivo puro;
la prudente ed oculata gestione compiuta dagli amministratori ha sempre consentito, nonostante si tratti di una fra le più piccole casse previdenziali, di chiudere i bilanci in utile e di rivalutare il montante contributivo utilizzando esclusivamente i proventi degli investimenti finanziari, tanto che nel 2010 il «Nucleo di valutazione della Spesa Previdenziale» del Ministero del lavoro ha definito la Cassa AGROTECNICI/ENPAIA in grado di «garantire la sostenibilità previdenziale all'infinito»;
le casse autonome di previdenza dei liberi professionisti non ricevono alcun aiuto, né diretto né indiretto, dallo Stato e devono provvedere in autonomia al raggiungimento dell'equilibrio di bilancio, alla rivalutazione ed al pagamento delle pensioni;
la Cassa di previdenza AGROTECNICI/ENPAIA, così come ogni altra cassa di previdenza dei liberi professionisti, ai sensi del decreto legislativo n. 103 del 1996, deve rivalutare le pensioni dei propri iscritti utilizzando un indice pre-definito, rappresentato dalla media del PIL nazionale degli ultimi cinque anni; questo indice, che nel 2009 era ancora del 3,320 per cento, per effetto della crisi economica nel 2011 è sceso a 1,6165 per cento e nel 2012 ad 1,1344 per cento; per il corrente anno si prevede un'ulteriore diminuzione, con l'effetto di riversare sulle future pensioni (che vengono pertanto solo minimamente incrementate) l'effetto della recessione economica;
il Comitato amministratore della Cassa AGROTECNICI/ENPAIA, preoccupato per gli effetti sul tasso di sostituzione del modesto incremento delle pensioni che si è verificato nel 2011 e nel 2012 (e che inevitabilmente si verificherà anche negli anni a venire), il 12 aprile 2012 ha deliberato di incrementare del 50 per cento il tasso di rivalutazione del montante contributivo, così portando il tasso di investimento del 2011 da 1,6165 per cento a 2,42475 per cento. Analogo incremento del 50 per cento è stato deciso per l'aliquota di rivalutazione del 2012;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha tuttavia bocciato la delibera del comitato amministratore della Cassa di previdenza AGROTECNICI/ENPAIA, sostanzialmente con la motivazione dell'impossibilità di modificare l'indice di rivalutazione di cui al decreto legislativo n. 103 del 1996, che il Ministero ritiene debba essere uguale per tutte le casse di previdenza dei professionisti;
l'argomentazione ministeriale non pare condivisibile sia perché il decreto legislativo n. 103 del 1996 si preoccupa di garantire a tutti gli iscritti nelle gestioni previdenziali dei professionisti una rivalutazione minima dei contributi versati, e non una rivalutazione massima, ma soprattutto perché non esiste alcuna disposizione che impedisca di erogare trattamenti previdenziali più congrui, senza oneri per lo Stato, con contributi a carico degli stessi previdenti;
nel caso concreto, la maggior rivalutazione del 50 per cento dei contributi pensionistici versati viene effettuata utilizzando solo una parte degli utili conseguiti nel 2011;
i consistenti utili delle precedenti annualità non vengono toccati, ed anzi incrementati;
il bilancio tecnico-attuariale a 50 anni della Gestione previdenziale degli Agrotecnici e degli agrotecnici laureati è ampiamente positivo e lo stesso nucleo di valutazione della spesa previdenziale ha certificato la «sostenibilità all'infinito» della Gestione;
il regolamento della gestione previdenziale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, approvato dal competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali, all'articolo 28 espressamente prevede che le «eventuali eccedenze risultanti dall'ordinaria rivalutazione dei conti individuali» siano conferite in uno speciale Fondo di riserva sul «cui utilizzo dispone il Comitato Amministratore», il quale si è legittimamente espresso decidendo di destinare una parte degli utili del 2011 e del 2012 alla rivalutazione delle future pensioni, per rafforzare il tasso di sostituzione;
prima ancora di assumere la citata decisione, il Comitato amministratore della gestione previdenziale aveva provveduto a modificare il proprio regolamento previdenziale, prevedendo la possibilità per gli iscritti di versare aliquote superiori al 10 per cento minimo previsto per legge, potendo perciò elevare l'aliquota contributiva fino al 26 per cento, ciò sempre allo scopo di elevare il tasso di sostituzione pensionistico. A questo obiettivo, infatti, si può pervenire in due modi: sia aumentando l'importo dei contributi che si versano e sia lasciandoli invariati ma aumentando la loro redditività;
tuttavia la prima soluzione pesa esclusivamente sui previdenti che devono pagare cifre superiori (cosa non sempre possibile in momenti di grave crisi economica), mentre la seconda non grava sui previdenti, ma sulle casse previdenziali, le quali sono chiamate a rendere gestioni inappuntabili e rigorose, riducendo le spese all'essenziale;
l'ipotesi di elevare il rendimento del montante contributivo è inoltre preferibile perché disincentiva lo svolgimento dell'attività «in nero», innescando quindi un meccanismo virtuoso che premia il rispetto degli obblighi fiscali e previdenziali;
di fronte al diniego all'incremento del rendimento dei contributi previdenziali opposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il comitato amministratore della Cassa di previdenza AGROTECNICI/ENPAIA ha ritenuto di doverlo impugnare al TAR Lazio il quale, con sentenza di merito n. 6954 dell'11 luglio 2013, ha rigettato il ricorso e la vicenda è attualmente in attesa del giudizio di appello del Consiglio di Stato;
pertanto, nonostante la certificata sostenibilità previdenziale (entrate per contributi ed uscite per prestazioni) ben oltre i 50 anni richiesti per legge, l'esistenza di un adeguato fondo di riserva, la perfetta aderenza della decisione di aumentare del 50 per cento il rendimento del montante contributivo con quanto previsto dall'articolo 28 del Regolamento previdenziale, gli iscritti alla Gestione AGROTECNICI/ENPAIA si vedono rivalutare i propri contributi previdenziali in misura di gran lunga inferiore a quanto sarebbe avvenuto se il Ministero del lavoro avesse autorizzato la delibera del comitato amministratore, di adeguamento del rendimento –:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario intervenire urgentemente chiarendo che la Gestione previdenziale AGROTECNICI/ENPAIA (così come ogni altra gestione previdenziale virtuosa e con i conti in ordine) abbia l'obbligo di garantire la rivalutazione dei contributi versati dagli iscritti almeno nella misura minima prevista dal decreto legislativo n. 103 del 1996 (media quinquennale del PIL), ma altresì possa aumentare l'indice di rivalutazione, purché nel rispetto del proprio Regolamento, della sostenibilità previdenziale di lungo periodo (almeno 50 anni) e con l'obbiettivo – peraltro indicato come «prioritario» dallo stesso Governo – di garantire il più adeguato tasso di sostituzione previdenziale (cioè pensioni più dignitose), senza oneri a carico dello Stato. (4-01717)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
BONOMO, GADDA, PATRIARCA, BARGERO, CRIMÌ, NARDUOLO, MAURI, QUARTAPELLE PROCOPIO, BRAGA, BORGHI, MATTIELLO, FREGOLENT, ROSSOMANDO, PASTORINO, RAMPI, GIORGIS, BOBBA e PAOLA BRAGANTINI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 190 del 2012 riguardante le «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione» prevede varie norme anche in attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110;
le «linee di indirizzo» previste dalla legge n. 190 del 2012, che avrebbero dovuto guidare l'azione del Dipartimento della funzione pubblica per la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sono state pubblicate soltanto il 19 marzo 2013;
entro il 29 marzo, regioni ed enti locali (ed organismi dipendenti) avrebbero dovuto approvare il piano triennale di prevenzione della corruzione 2013-2015;
la Corte dei conti stima che la corruzione nella pubblica amministrazione costi ogni anno all'Italia circa 60 miliardi, cioè mille euro a persona;
l'Italia è al 69esimo posto nella classifica mondiale sulla corruzione (fonte: transparency international);
in attuazione della legge 190, nel mese di marzo il Governo ha approvato il «Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni»;
ad oggi non si ha notizia delle intese Stato-regioni ed enti locali volte a definire gli adempimenti, da parte degli enti territoriali, per una «piena e sollecita attuazione delle disposizioni» della legge;
nel mese di marzo, l'Associazione nazionale comuni italiani ha emanato alcune disposizioni per i comuni sollecitandoli, comunque, a fare qualcosa per dimostrare di voler applicare la detta legge;
vari consigli comunali hanno dunque approvato dei provvedimenti provvisori per adempiere comunque agli obblighi previsti dalla legge n. 190 del 2012 ma restano in attesa di poter varare provvedimenti definitivi, con relativo spreco di tempo e risorse già carenti per la continua azione degli organi centrali –:
quando sia prevista la Conferenza unificata Stato-regioni ed enti locali per definire gli adempimenti, da parte degli enti territoriali, per una «piena e sollecita attuazione delle disposizioni» della legge n. 190 del 2012 «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione»;
quali altri atti siano necessari e quando sono effettivamente previsti per dare piena attuazione alla suddetta legge. (4-01704)
SALUTE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
LATTUCA, OLIVERIO, SANI, LENZI, MOLEA, LUCIANO AGOSTINI, ARLOTTI, MARCO DI MAIO, IORI, MAESTRI, MARCHI, MONTRONI e TERROSI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il 13 agosto 2013 è stata rilevata in un sito di Ostellato, in provincia di Ferrara, il primo focolaio di influenza aviaria a cui si sono aggiunti, nei giorni successivi, altri tre casi in due siti dell'imolese in provincia di Bologna e uno a Portomaggiore in provincia di Ferrara;
il sistema dei controlli e le conseguenti disposizioni del Ministero della salute e della regione Emilia-Romagna sono stati tempestivi ed efficaci per il contenimento e l'eradicazione dell'influenza così da preservare gli allevamenti;
si deve tuttavia considerare che le tempestive note emesse dal Ministero della salute (n. 16208 del 21 agosto 2013 e n. 16230 del 22 agosto 2013) al fine di contenere l'eventuale diffusione del virus dell'influenza aviaria, comporteranno per la filiera avicola nuovi e gravi problemi. Il trasferimento dei capi rappresenta infatti una fase fondamentale della produzione sia per quanto riguarda i pulcini in uscita dall'incubatoio sia per quanto riguarda il trasferimento delle pollastrelle (capi di 1 chilogrammo circa e 40 giorni di età) in allevamento. Il blocco delle movimentazioni determina perciò un aumento esponenziale della densità di allevamento, vista la rapida crescita degli animali: con conseguenti problemi relativi al sovraffollamento, alla difficoltà nell'assicurare un adeguato abbeveraggio ed alimentazione, e al conseguente deterioramento delle condizioni di benessere animale. Dall'altra parte della filiera, le uova sono prodotte quotidianamente e quindi devono essere commercializzate immediatamente;
il blocco dentro i confini regionali della movimentazione del prodotto «in natura» cioè agricolo, visto il ruolo nazionale che ha il distretto avicolo romagnolo, crea danni economici enormi ai produttori e, dall'altra parte, crea un vuoto di offerta che apre alla necessità di aumentare le importazioni sul mercato italiano;
l'Ordinanza ministeriale, in allineamento a quanto previsto dalle normative europee, specifica puntualmente la delimitazione della zona di protezione (raggio di 3 km attorno al focolaio individuato) e della zona di sorveglianza (raggio di 10 km). Tuttavia non appare chiara e giustificabile la delimitazione della movimentazione della produzione agricola entro i confini amministrativi regionali e, di conseguenza, tale disposizione sanitaria sta creando un'alterazione di mercato senza aggiungere maggiori garanzie sanitarie;
in Italia la produzione agricola italiana di uova ammonta 1,2 miliardi di euro pari a 13 milioni di tonnellate. Il fatturato delle vendite del prodotto finito è pari a 1,5 miliardi di euro. Circa il 45 per cento del prodotto è utilizzato nell'industria alimentare (ovoprodotti). Circa il 50 per cento di questa produzione è concentrato nel Nord Italia: 17 per cento in Lombardia, 16 per cento rispettivamente in Veneto e Romagna. L'Italia è autosufficiente per il consumo di uova per il 106 per cento, inoltre, l'Italia produce quasi 2 milioni di tonnellate di carne di pollame per un valore di quasi 3 miliardi di euro. L'Italia è autosufficiente per il 107 per cento della produzione di carne avicola. Il fatturato industriale dell'industria alimentare avicola è pari a quasi 4 miliardi di euro il quale rappresenta il 3.5 per cento del totale dell'industria alimentare italiana;
in Emilia-Romagna sono localizzati oltre 300 allevamenti avicoli da carne e circa 150 da uova. Circa il 60 per cento della produzione dell'Emilia-Romagna è concentrata nella provincia di Forlì-Cesena. La produzione delle due filiere (carne e uova) ammonta ad oltre 600 milioni di euro a livello regionale e, considerando anche la lavorazione e trasformazione, l'intera filiera avicola supera il miliardo e mezzo di euro di valore a cui si aggiunge un indotto di pari dimensione;
si ritiene necessario, in ragione delle criticità sopra esposte, attivare le misure economiche utili per sostenere l'intera filiera su tutto il territorio della regione Emilia-Romagna (già messe a punto a seguito della precedente crisi aviaria del 2006: decreto legislativo n. 102 del 2004 e decreto 2 maggio 2006 «Disposizioni applicative dei commi 8, 10 e 11 dell'articolo 1-bis della legge 11 marzo 2006, n. 81» approvato dalla Commissione Europea con Aiuti di Stato/Italia N 322/A/2006 «Misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria»), quali l'indennizzo per i capi abbattuti e rimborso delle spese sanitarie sostenute ai fini della prevenzione dell'influenza aviaria e gli interventi per favorire la ripresa dell'attività produttiva delle imprese agricole nonché delle cooperative e delle imprese di lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e delle organizzazioni dei produttori riconosciute, ricadenti nelle zone delimitate –:
quali iniziative intenda porre in essere il superamento dei vincoli restrittivi sulle zone non interessate dai provvedimenti comunitari eliminando – come per altro richiesto dalla regione Emilia Romagna – i vincoli di spostamento degli animali e di commercializzazione che impediscono di valicare i confini regionali e quali misure economiche sono allo studio per sostenere la filiera avicola dell'Emilia-Romagna. (5-00941)
MONGIELLO e OLIVERIO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
nel corso di questi giorni si sono verificati in Puglia alcuni casi di infezioni da escherichia coli provocando una situazione di vera emergenza visto che la sindrome ha colpito già 18 persone, soprattutto bambini, alcuni dei quali ancora ricoverati. Le circostanze di allarme hanno determinato l'attivazione di campagne di controlli e di ispezioni da parte delle autorità di polizia sanitaria volte a scoprire le fonti e le cause dell'infezione;
nell'ambito di tali controlli sono stati scoperti anche gravi casi di presunti illeciti alimentari, soprattutto nel Foggiano, dove il 30 agosto 2013 sono stati sequestrati ingenti quantitativi di derrate alimentari non conformi alle norme sanitarie e commerciali, come in particolare il congelamento non regolare di latte fresco all'origine;
la vicenda in oggetto riguarda, in particolare, un sequestro amministrativo di 42 mila litri di latte, fresco all'origine ma congelato arbitrariamente, eseguito dai Carabinieri dei Nas di Foggia, Bari e Taranto in territorio di Foggia;
il fatto, ove definitivamente accertato illecito, rappresenterebbe l'ennesima circostanza di frode alimentare a danno del consumatore e della salute condotta nel settore lattiero caseario dove da anni si scoprono fenomeni truffaldini di utilizzo di latte estero congelato e successivamente trasformato in latticini tipici italiani e venduti come prodotti d'origine o ad ogni modo prodotti freschi della nostra tradizione, con particolare riferimento alla mozzarella;
queste situazioni attengono sia al settore caseario vaccino e sia a quello bufalino;
nel primo caso, e senza andare troppo indietro nel tempo, giova ricordare i recenti casi della mozzarella «blu» o altrimenti detta «mozzarella dei puffi», che hanno interessato quasi tutta l'Italia con un sequestro di oltre 70.000 mozzarelle realizzate da una società tedesca, vendute con nomi di tradizione e di origine italiana e che avevano come origine del fenomeno un batterio presente nell'acqua di refrigerazione, segno di prodotti caseari realizzati con latte congelato;
complessivamente in Italia sarebbero giunti circa 8,8 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) utilizzati in latticini e formaggi all'insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta, con l'aggiunta dell'utilizzo, oltre che del latte estero, anche di elevate quantità di cagliata congelata (un semilavorato industriale) proveniente da paesi lontani come la Lituania che nel 2009 ha aumentato le importazioni verso il nostro paese del 20 per cento rispetto all'anno 2008. Le cagliate congelate da impiegare nella produzione di mozzarelle arriverebbero principalmente da Lituania, Ungheria, Polonia, Germania, ma la loro presenza non viene indicata in etichetta perché non è ancora obbligatoria l'indicazione di origine;
assai più gravi sono gli episodi che hanno interessato e sembrano ancora oggi interessare il settore della mozzarella di bufala campana DOP con segnalazioni e denunce di utilizzo di latte importato congelato o di cagliate congelate in sede nazionale. Sia nell'uno che nell'altro caso si tratta di reati gravi in quanto la mozzarella di bufala campana DOP è un formaggio a Denominazione di Origine Protetta il cui disciplinare esige l'uso di solo latte fresco e senza alcun condizionamento tecnologico;
su questo particolare comparto della mozzarella di bufala DOP sono recentissime anche le prese di posizione del Parlamento italiano e di quello europeo risalenti a pochi mesi fa quando determinati deputati hanno proposto specifiche interrogazioni alle rispettive autorità di riferimento nell'intento di sapere quali fossero le reali circostanze illecite e le entità anche economiche delle frodi realizzate. Si fa riferimento, nello specifico, nella XVI legislatura all'interpellanza urgente n. 2-01742 vertente sulle «misure per la salvaguardia della qualità della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta», nonché all'interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione UE n. P-004870-13 relativa alla Tutela della produzione della mozzarella di bufala campana DOP;
in entrambi i casi si citano in concreto presunti utilizzi di latte di bufala congelato proveniente da paesi esteri ed anche di produzione di tale formaggio DOP tramite il condizionamento (congelamento) del latte o della cagliata così da poter differire nel tempo l'uso del latte nel processo di elaborazione della predetta mozzarella DOP –:
quali informazioni possano riferire in ordine al sequestro, condotto il 3 settembre a Foggia, degli oltre 42 mila litri di latte all'origine fresco ed arbitrariamente sottoposto a congelazione, specificando se si sia trattato di latte vaccino o di latte bufalino oppure di entrambe le specie animali e quali destinazioni avesse il prodotto;
quali iniziative urgenti intendano adottare per porre fine all'ormai dilagante fenomeno di utilizzo di latte straniero, spesso sottoposto a trattamenti tecnologici dequalificativi della freschezza e delle caratteristiche salutari e nutrizionali del prodotto, importato in Italia e trasformato in formaggi riportanti in etichetta nomi di produzioni casearie tipicamente locali o tradizionali come «mozzarella fresca», «mozzarella di bufala», «ricotta fresca» o altri formaggi tipici nazionali altrimenti irriproducibili altrove;
se non intendano attivarsi presso le sedi comunitarie competenti affinché si pervenga ad una rigorosa normativa europea che imponga l'indicazione nelle etichette alimentari dei prodotti caseari anche dell'origine del latte allo scopo utilizzato. (5-00943)
Interrogazione a risposta scritta:
DIENI e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
le condizioni del pronto soccorso degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria sono drammatiche. La situazione si è aggravata a seguito della chiusura del pronto soccorso di Scilla e del ridimensionamento del reparto presso il nosocomio di Melito di Porto Salvo provocando gravi disagi ai pazienti costretti a lunghe attese;
a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che nel 2011 ha dichiarato illegittimi due articoli della legge approvata dal consiglio regionale nel 2010 e riferiti alle procedure di assunzione di personale, oltre che di stabilizzazione e progressione, ha comportato una riduzione del personale medico pari a 44 unità di cui 11 del pronto soccorso;
i lavori di potenziamento e ampliamento del pronto soccorso, necessari per la fatiscenza dei locali, in particolar modo del reparto obi (osservazione breve intensiva) sono ad un punto fermo;
la sanità regionale calabrese non riesce più a garantire i livelli essenziali di assistenza, come rilevato dal rapporto «Verifica adempimenti Livelli essenziali di assistenza Lea 2011». La Calabria è l'ultima regione d'Italia per il rispetto dei livelli essenziali d'assistenza con un numero di inadempienze pari a 21 su un totale di 44 parametri. E nonostante ciò il cittadino calabrese si ritrova a sostenere una pressione tributaria ai massimi livelli a causa del piano di rientro dal deficit sanitario –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per arginare l’«emergenza sanità» a Reggio Calabria;
se il Governo intenda promuovere, sostenere e incentivare, in concorso con la regione Calabria e con gli enti locali competenti anche nel quadro delle misure previste dal piano di rientro, un percorso contestuale di risoluzione dell'emergenza e di programmazione, progettazione e realizzazione di un sistema sanitario efficace ed efficiente in modo tale da consentire ai cittadini reggini di godere di un diritto fondamentale affermato dalla Costituzione ovvero il diritto alla salute. (4-01720)
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
l'associazione Libera Associazioni, nomi e numeri contro le mafie nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impiego contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera;
in data 23 agosto 2013 il quotidiano il Manifesto, a firma di Giuseppe De Marzo riportava l'articolo titolato «All'asta la tenuta confiscata alla mafia» nell'articolo si descriveva che «Dopo essere stata confiscata quasi venti anni fa all'immobiliarista di Cosa nostra, Vincenzo Piazza, viene messa in vendita la meravigliosa tenuta di 713 ettari di Suvignano a Monteroni d'Arbia, provincia di Siena. Seicento ettari coltivati a cereali, oliveti, cipressi, 3 centri zootecnici con 2000 ovini allevati, 350 cinte senesi, una villa, due agriturismi, fienili, riserva di caccia e persino una chiesa con la canonica. Tutto in vendita. A stabilirlo il decreto dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione di beni sequestrati alla criminalità. Si parte da una base di 22 milioni». Nello stesso articolo si specifica «Respinto il progetto presentato dalla regione Toscana che, insieme a provincia di Siena, comune di Monteroni ed all'associazione Libera, puntava ad acquisire il bene dal demanio per poi affidarlo in gestione alla azienda agricola regioni. L'obiettivo: dare impulso ad una un'agricoltura improntante alla filiera corta ed alle energie rinnovabili, e allo stesso tempo, sviluppare attività di contrasto alla criminalità attraverso la realizzazione di una “scuola di legalità” e l'accoglienza per ragazzi disagiati e donne maltrattate. Progetto presentato al Ministro Cancellieri lo scorso gennaio ma che evidentemente nel tempo delle larghe intese non sembra più trovare cittadinanza»;
don Ciotti fondatore di Libera, che guida il coro di indignazione per la decisione dell'Agenzia di Stato per beni confiscati lancia un appello «Lo Stato si fermi, non venda la tenuta di Suvignano confiscato alla Mafia». Alla voce di don Ciotti si aggiunge una lettera inviata a Letta e Alfano firmata dal governatore Rossi, dal presidente della provincia di Siena Simone Bezzini e di Jacopo Armini, sindaco di Monteroni d'Arbia, nel cui territorio si trova la tenuta. «Riteniamo – dice Don Ciotti – inopportuna la proposta di mettere in vendita un baie come la tenuta di Suvignano, dopo anni di lavoro svolto insieme tra enti locali e la rete dell'associazionismo, che ha tracciato un percorso per restituire alla collettività quel bene da valore non solo bene economico ma culturale e sociale. Ci si fermi, si evitino accelerazioni in un momento come questo. Ci auspichiamo che si possono trovare tutte le soluzioni per riprendere quel discorso con Enti locali e mondo associativo che già andavano nella direzione di restituire collettività quel bene. Nel contempo si lavori per accelerare l'acquisizione delle proposte di modifica avanzate dallo stesso Prefetto Caruso, direttore Agenzia Beni confiscati, nelle quali noi ci riconosciamo che proponevano come scritto nella Relazione annuale 2012 dell'Agenzia Nazionale Beni Confiscati di «estendere alle aziende la disciplina oggi dettata per i beni immobili e consentire allo Stato e agli Enti Territoriali di acquisire a titolo gratuito le aziende confiscate» e aggiungiamo noi consentire il riutilizzo sociale»;
in seguito alla vicenda di Suvignano dal sito dell'associazione Libera, Davide Pati, responsabile nazionale dei beni confiscati per Libera, fornisce una relazione dal titolo: Aziende confiscate in vendita: uno «spreco di legalità»;
«La recente decisione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di mettere in vendita l'azienda agricola Suvignano, in provincia di Siena, ha riproposto all'attenzione pubblica il tema della gestione delle aziende e delle attività d'impresa sottratte alle mafie. Secondo gli ultimi dati disponibili e aggiornati al 31 dicembre 2012, dall'entrata in vigore della legge Rognoni La Torre del 1982, sono state confiscate in via definitiva 1708 aziende 623 in Sicilia, 347 in Campania, 223 in Lombardia, 161 in Calabria, 140 nel Lazio e 131 in Puglia, a confermare del fatto che le organizzazioni mafiose investono sempre più i propri capitali di illecita provenienza nel centro e nord d'Italia. In queste sei regioni si concentrano il 95 per cento del totale delle aziende confiscate. Solo 12 in Toscana e tra queste l'azienda Agricola Suvignano, la più grande azienda agricola confiscata nel nostro Paese, con un'estensione superiore ai settecento ettari di terreni. È una delle 92 aziende confiscate che operano nel settore dell'agricoltura. [...] Delle 1708 aziende confiscate in Italia, 497 sono uscite dalla gestione, mentre 1211 sono ancora in gestione dell'Agenzia nazionale. Le 497 uscite dalla gestione sono state cancellate dal registro delle imprese e liquidate. Per 14 di esse la confisca è stata revocata. Mentre in 45 casi si è proceduto alla vendita a soggetti privati. Delle 1211 ancora in gestione all'Agenzia nazionale, invece, 393 sono ancora da destinare (il consiglio direttivo dell'Agenzia si deve ancora esprimere sulla loro destinazione). 342 sono state destinate alla liquidazione, 198 hanno un fallimento aperto durante la fase giudiziaria, per 189 è stata richiesta la cancellazione dal registro delle imprese e/o dall'anagrafe tributaria. La gestione di 34 aziende è stata sospesa per pendenza di procedimenti penali, per 5 la sospensione è stata causata da varie criticità. Solo 5 aziende sono state affittate a titolo oneroso a soggetti privati e una a titolo gratuito, cioè a cooperative di lavoratori dipendenti della stessa azienda. Mentre per 44 aziende la destinazione impressa è stata quella della vendita, a cui si è aggiunta da qualche giorno l'azienda Agricola Suvignano, nel comune di Monteroni d'Arbia. Parliamo di un'azienda ancora attiva, con dipendenti che sono riusciti a garantire la continuità delle attività agricole, turistiche e di allevamento tipiche della provincia senese. Una delle poche eccezioni se consideriamo, dai dati che abbiamo appena riportato, che sono poche decine le aziende che si salvano a seguito dei provvedimenti di sequestro e confisca antimafia» Davide Pati nella sua relazione insiste nell'evidenziare – «Le cause di questo vero e proprio “spreco di legalità” sono diverse:
a) revoca dei fidi bancari: le banche chiudono i “rubinetti”, revocando gli affidamenti e non consentendo all'azienda, già nella fase del sequestro, di proseguire la propria attività;
b) rapporti con i clienti/fornitori: dopo il sequestro i clienti revocano le commesse e i fornitori chiedono di rientrare immediatamente dei loro crediti, in questo caso spingendo l'azienda alla chiusura;
c) innalzamento dei costi di gestione: l'azienda sequestrata/confiscata, ricollocata in un circuito legale, sconta l'inevitabile aumento dei costi di gestione relativi alla regolare fatturazione delle commesse e alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro;
d) gestione conservativa delle aziende: l'autorità giudiziaria e gli amministratori si trovano spesso senza strumenti, risorse e competenze specifiche –:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati;
se la messa all'asta della azienda Agricola Suvignano, azienda ancora attiva, con dipendenti che sono riusciti a garantire la continuità delle attività agricole, turistiche e di allevamento tipiche della provincia sienese, arrechi non solo un danno etico in termini di rieducazione alla legalità e contrasto alle mafie, ma anche un danno economico per l'area interessata;
se la decisione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata non strida con la legge 646 del 1982 che introdusse per la prima volta nel codice penale il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso, il sequestro e la confisca dei beni alla criminalità organizzata, come strumento di affermazione e crescita della legalità e dell'impegno civile, e con legge 109 del 1996, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, attuata grazie alla proposta promossa da Libera nel 1995 e sostenuta da oltre un milione di cittadini per rendere possibile l'approvazione dell'uso sociale dei beni immobili confiscati;
se non reputino opportuno assumere iniziative dirette al rafforzamento dell'organico delle sezioni misure di prevenzione dei tribunali di Palermo, Trapani, Agrigento, Catania, Reggio Calabria, Bari, Napoli, Santa Maria Capua Vetere, Roma, Torino, Milano e dell'Agenzia nazionale, al fine di consentire all'Agenzia stessa una gestione efficace di un così ingente patrimonio sottratto alla criminalità mafiosa in tutta Italia;
se non reputino opportuno, visto il grave deficit di democrazia ed il dilagare del fenomeno della criminalità organizzata nel nostro paese, fenomeno che aggrava la crisi economica in atto strozzando la crescita ed impedendo, nella maggior parte dei casi, il fiorire di economie virtuose in grado di produrre reddito occupazione e crescita del pil, attuare politiche di incentivazione fiscale e tutela economica di supporto tali da agevolare le tantissime associazioni e cooperative che da anni operano per restituire alla collettività i beni sottratti alle mafie, non escludendo un regime fiscale e contributivo privilegiato;
se non reputino nello specifico caso di Suvignano, intervenire sulla decisione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità al fine di ottenerne la revoca e al tempo stesso considerare l'ipotesi e le proposte delle comunità locali, al fine di creare circuiti idonei non solo a contrastare le mafie nei territori ma a rilanciare le economie locali;
se non reputino opportuno incentivare occupazione in campo agricolo, che sia rispettosa dell'ambiente e della salute: biologico, filiera corta, chilometro zero, fotovoltaico, principi fatti propri dall'associazione Libera candidati ad essere la reale alternativa, nel prossimo futuro, in termini di sviluppo economico e sociale;
se non reputino opportuno fare proprie le criticità evidenziate della relazione di Davide Pati, responsabile nazionale dei beni confiscati per Libera: Azienda confiscate in vendita: uno «spreco di legalità», al fine di poterle superare e garantire al tempo stesso sviluppo economico e contrasto alla criminalità organizzata, prevedendo allo stesso tempo la destinazione di Fondi comunitari relativi alle politiche di coesione per garantire i progetti sociali di lavoro legati all'utilizzo dei beni confiscati.
(2-00193) «Zaccagnini».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale e locale («Il Fatto Quo- tidiano» e «Il Giorno» del 26 agosto 2013), la «Hydronic Lift», società con sede a Pero che produce componenti idraulici e meccanici per ascensori e che impiega 32 operai, il giorno 2 agosto 2013 ha chiuso per la pausa estiva, la cui durata era prevista sino al 25 agosto incluso;
durante le ferie i lavoratori hanno ricevuto una lettera, datata 9 agosto 2013, con cui l'azienda li informava di aver avviato una procedura di cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività;
il 26 agosto, data originariamente prevista per la riapertura della attività, i lavoratori hanno trovato i cancelli chiusi con catene e lucchetti e, dalla mattina del 27, sono in presidio permanente davanti allo stabilimento per impedire lo smantellamento degli uffici;
secondo una nota diramata dalla FIOM, la società è al momento irreperibile e i telefoni della sede milanese sono staccati. L'unico commento è stato rilasciato da un portavoce dell'azienda all'agenzia Ansa, alla quale ha dichiarato che il sito di Pero è chiuso per «una riorganizzazione interna aziendale», ma che rimangono «comunque aperte le altre sedi»;
sempre secondo il comunicato sindacale, i lavoratori hanno proposto un incontro alla proprietà per il 30 agosto, rimanendo sinora senza risposta, al fine di chiedere la ripresa dell'attività produttiva come era prima dell'estate, dal momento che si tratta di un'azienda che ha mercato –:
se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se sia noto quali sono i motivi che hanno spinto i vertici aziendali a questa riorganizzazione interna che porterà 32 persone all'instabilità lavorativa, tanto più che non risultano crisi di mercato in questo settore;
quali iniziative si intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e per accertare se siano stati rispettati i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali sul comparto lavorativo afferente al sito di Pero, dove le famiglie dei lavoratori si sono trovate senza sostentamento d'improvviso e senza un preventivo confronto sindacale.
(5-00938)
CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nelle giornate del 26 e 27 agosto, non è stato possibile fruire del regolare servizio presso gli sportelli delle Poste di via Fratelli d'Italia, a Busto Arsizio;
come si apprende dalla stampa, le organizzazioni sindacali hanno più volte denunciato la carenza di personale, soprattutto agli sportelli, che causa i disservizi succitati;
la CISL di Varese ha dichiarato che in tutta la provincia di Varese sarebbe necessaria una cinquantina di persone in più, venti delle quali solo a Busto Arsizio;
le politiche di spending review poste in essere da Poste S.p.A. non rispettano gli obblighi del servizio universale e rispondono ad una logica strettamente economica, estranea all'operato di un'azienda che eroga un servizio pubblico;
va considerato che la società è tenuta ad assicurare, per cinque giorni lavorativi a settimana, la qualità del servizio su tutto il territorio nazionale, secondo gli obblighi del servizio universale stabiliti dal contratto di programma –:
se non intenda intervenire, per quanto di competenza, presso Poste S.p.A. per garantire il regolare espletamento del servizio universale. (5-00939)
Interrogazione a risposta scritta:
NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto risulta da un rapporto dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dello scorso luglio e pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera il 22 agosto, nel nostro Paese il 37,2 per cento degli utenti non ha mai potuto connettersi ad internet, contro una media europea del 22,4 per cento, mentre per coloro che riescono a collegarsi, secondo i dati Akamai, (società sui cui server informatici, transitano quotidianamente dal 20 al 30 per cento del traffico mondiale), l'Italia risulta all'ultimo posto in Europa per velocità media delle connessioni ad internet, con appena 4,4 megabit al secondo, contro i 5,2 di Francia e Spagna, i 6,9 della Germania, i 7,9 del Regno Unito, fino ai 10,1 della Svizzera;
l'articolo pubblicato dal quotidiano suesposto, attribuisce i ritardi dell'Italia, nella velocità di connessione ad internet, rispetto agli altri Paesi europei, al divario digitale interno, ovvero alla differenza esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione (in particolare personal computer e internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale;
il Ministero dello sviluppo economico, riporta il medesimo articolo, avrebbe inoltre individuato in 2,8 milioni gli italiani che attualmente non potrebbero attivare una connessione a banda larga (satellite escluso) e che degli oltre 8 mila comuni, per quasi un quarto (1.700), soltanto il 3 per cento della popolazione può accedere all'adsl ovvero la linea telefonica libera anche durante la connessione ad internet;
l'interrogante rileva che in considerazione di quanto precedentemente esposto, i recenti provvedimenti legislativi, introdotti nell'ambito del potenziamento delle fibre ottiche e dell'agenda digitale, sia dal precedente Governo che da quello in carica, siano stati complessivamente insufficienti e superficiali dal punto di vista del potenziamento effettivo dei servizi di connessione ad internet ed in particolare nella velocità di collegamento;
la riduzione dei fondi da 150 a 130 milioni di euro, avvenuta recentemente, per favorire il cosiddetto digital divide, conferma a giudizio dell'interrogante, come il dossier pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, sia condivisibile e necessiti adeguati interventi –:
quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
se intenda confermare i rilievi critici ed i ritardi, che caratterizzano negativamente il nostro Paese nell'ambito della connessione ad internet e del mancato sviluppo delle cosiddette «autostrade digitali»;
quali iniziative infine intenda intraprendere al fine di potenziare l'intero sistema di connessione ad internet e della banda larga a livello nazionale, le cui insufficienze ed i ritardi, determinano inevitabili conseguenze anche sul livello di competitività del sistema-Paese. (4-01716)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni e altri n. 5-00907, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fanucci.
L'interrogazione a risposta in Commissione Lenzi n. 5-00920, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manfredi.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Labriola n. 2-00152 del 17 luglio 2013.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bonomo e altri n. 5-00445 del 26 giugno 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01704.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta in Commissione Gelli n. 5-00729 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 59 del 24 luglio 2013. Dalla pagina 3803, seconda colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga quarantasettesima, alla pagina 3804, prima colonna, dalla riga prima alla riga seconda, deve leggersi: «onorevole Nunzia De Girolamo, il presidente e il capogruppo Pd della Commissione XIII Agricoltura della Camera, rispettivamente onorevole Luca Sani e onorevole Nicodemo Oliviero, i deputati del Pd» e non «onorevole Nunzia De Girolamo, il presidente e il capogruppo Pd della Commissione XIII Agricoltura della Camera, rispettivamente onorevole Luca Siani e onorevole Moderno Oliviero, i deputati del Pd», come stampato.
CENNI, DALLAI, BINI, FANUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
il settore termale rappresenta un comparto rilevante del sistema economico, turistico, produttivo ed occupazionale del paese;
l'Italia, grazie alla diffusa presenza del fenomeno denominato «vulcanesimo secondario» è infatti la nazione europea che vanta una straordinaria risorsa termale, il maggior numero di stabilimenti, e vere e proprie città termali (Chianciano, Montecatini, Fiuggi e altri);
il settore termale in Italia conta infatti circa 350 stabilimenti, distribuiti in 20 regioni e 170 comuni, con 17 mila addetti ed un fatturato di 380 milioni di euro, di cui 200 a carico del servizio sanitario nazionale (sono il 72 per cento i pazienti convenzionati);
l'indotto del settore termale (considerando soprattutto il comparto ricettivo e ricreativo) può essere quantificato in 4,5 miliardi di euro di fatturato e 73 mila posti di lavoro;
il settore termale italiano, negli ultimi 50 anni, ha attraversato numerose fasi di trasformazione, evoluzione, crisi, con un profondo cambiamento del profilo dell'utenza reale e potenziale. È mutata la domanda di mercato e conseguentemente l'offerta dell'attività termale, così come la concezione del termalismo. Dal secondo dopoguerra agli inizi degli anni ’80 la maggior parte delle presenze sono state legate al «termalismo sanitario sociale», nei centri convenzionali con il servizio sanitario nazionale e quindi dipendenti essenzialmente da una concezione sanitaria e terapeutica delle acque, con un contributo finanziario consistente in termini di spesa sanitaria pubblica. Dagli anni ’90, a seguito delle misure contenitive varate con il nuovo sistema sanitario nazionale, tali cure termali hanno registrato un calo di oltre il 30 per cento. Parallelamente è emersa una nuova concezione di benessere termale con il quale accanto al fondamentale apporto delle acque termali ed alla certezza validata delle cure, si sono affermate prestazione legate al relax, agli stili di vita, più distanti da vincoli di carattere sanitario, ma determinanti per la affermazione di nuove forme e destinazioni turistiche;
lo sviluppo del comparto «benessere», che ha visto la nascita di interessanti esperienze pubbliche e private, importanti investimenti, pur non risultando risolutivo per le difficoltà che vive il settore termale più tradizionale (in modo particolare, grandi sono le difficoltà delle città nelle quali la risorsa termale è stata modello di sviluppo centrale e quasi assoluto) ha comunque mostrato le grandi potenzialità dell'integrazione fra le declinazione del «wellness» e quella «terapeutico-sanitaria» che secondo gli interroganti va salvaguardata e rilanciata;
tale situazione evidenzia la necessità di un adeguamento della normativa nazionale che tenga conto delle varie dimensioni del settore, e probabilmente l'introduzione di una organica legge di riordino;
nel 2000 è stata approvata la legge n. 323 sul riordino del settore termale: ad oltre 13 anni dalla sua promulgazione non sono però stati emanati i decreti attuativi capaci di consentire la corretta applicazione del provvedimento, che disciplina l'erogazione delle prestazioni termali al fine di assicurare il mantenimento ed il ripristino dello stato di benessere psicofisico e reca le disposizioni per la promozione e la riqualificazione del patrimonio idrotermale anche ai fini della valorizzazione delle risorse naturali, ambientali e culturali dei territori termali;
la legge n. 323 del 2000 dispone infatti che le cure termali siano «erogate a carico del Servizio sanitario nazionale», definisce, tra l'altro, come patologie, le malattie che possono essere prevenute o curate, anche a fini riabilitativi, con le cure termali e prevede l'emanazione delle linee guida concernenti l'articolazione in cicli di applicazione singoli o combinati per ciascuna delle patologie individuate. Tale legge si pone inoltre l'obiettivo di promuovere il rilancio degli stabilimenti termali riconosciuti e di risolvere, in maniera chiara ed autorevole, il problema della validità scientifica delle prestazioni termali e del delicato rapporto con la classe medica e la terapia farmacologica;
appare evidente, da quanto appena espresso, che sia l'introduzione di nuovi modelli di termalismo, sia l'emanazione di leggi quadro sul settore non abbiano, ad oggi, prodotto quelle azioni adeguatamente risolutive per promuovere il rilancio efficace di un comparto che avrebbe a livello nazionale ancora grandi potenzialità dal punto di vista economico ed occupazionale; infatti la risorsa termale, oltre a rappresentare una attività sostenibile rispetto alle peculiarità naturali ed a diversificare la qualità dell'offerta di benessere, terapeutica e sanitaria, potrebbe infatti contribuire a valorizzare l'intero settore turistico nazionale, uno dei comparti d'eccellenza del nostro Paese;
il settore termale tradizionale italiano sta però continuando a registrare un trend negativo costante sia per quanto riguarda i flussi delle presenze della clientela pagante per i curandi assistiti dal servizio sanitario nazionale;
secondo recenti dati si è infatti registrato nel 2012 in Italia un calo del 10 per cento rispetto all'anno precedente, nel numero delle persone che hanno fatto ricorso alle cure termali;
si tratta di un calo legato essenzialmente a fattori strutturali nazionali e non registrato in altri Paesi europei: in Francia ad esempio, nello stesso arco temporale, si è avuto un aumento del 5 per cento;
in questo contesto va ricordato che la crisi del settore termale incide soprattutto (da decenni) nei territori sede di stabilimenti denominati «ex Eagat» (la società pubblica nata negli anni ’60 del secolo scorso per gestire le concessioni). Tali comuni, dislocati su tutto il territorio nazionale, hanno infatti nella maggior parte dei casi, come sopra richiamato, sviluppato una economia monotematica, strutture ricettive e commerciali dedicate, e sono ad oggi in gravissime difficoltà sociali ed occupazionali a causa dei dati già ricordati sul «termalismo sanitario», aggravate peraltro da una evidente mancanza di risorse per investire in innovazione ed ammodernamento, sia strutturale che gestionale, nonché dall'assenza di misure mirate per la crisi delle imprese turistiche;
politiche ed interventi efficaci per il rilancio del settore termale sono stati chiesti, in questi anni, non solo dagli operatori, dalle categorie del settore e dagli enti locali interessati, ma anche dalle regioni e da una vasta e diversificata componente del tessuto sociale, economico, produttivo ed associazionistico nazionale. Si tratta di richieste e di esigenze che sono state riconosciute dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni ma che non si sono quasi mai tradotte in interventi strutturali concreti e risolutori;
appare evidente che la legge n. 323 del 2000, non pienamente applicata necessiti di un aggiornamento relativo al nuovo scenario del settore;
tra le criticità evidenziate dalle associazioni e dagli operatori del settore termale si segnalano:
la limitatezza delle risorse destinate al sistema sanitario nazionale, anche per l'innovazione e la ricerca;
i ritardi nei pagamenti da parte delle asl per le prestazioni erogate ai pazienti negli stabilimenti in convenzione;
la concorrenza sleale da parte delle cosiddette «spa» che utilizzano questa denominazione, pur non disponendo di acqua termale e dei necessari accrediti da parte del servizio sanitario nazionale;
la carenza di una promozione adeguata, coordinata e non frammentata dell'offerta termale italiana;
la mancata attuazione al riconoscimento della figura dell'operatore termale, che potrebbe rafforzare il profilo qualitativo e professionale dei servizi erogati;
tra le proposte per la crescita del comparto termale, evidenziate al tempo stesso dalle associazioni e dagli operatori del settore si evidenzia la necessità di:
dare concretamente maggiore impulso alle azioni di prevenzione certo orientate al contenimento della spesa sanitaria, attraverso specifiche sinergie tra strutture pubbliche e private, ospedaliere ed extraospedaliere;
riconoscere e favorire lo studio e lo sviluppo di forme giuridiche ed istituzionali innovative di partnership pubblico-privato per l'organizzazione e la gestione degli stabilimenti termali, attraverso il coinvolgimento delle imprese e della organizzazioni no profit che possono contribuire all'innalzamento della qualità percepita del territorio da parte di fruitori delle prestazioni termali;
elaborare un nuovo assetto legislativo che riconosca il valore scientifico delle cure termali e chiarisca il ruolo delle prestazioni termali nella prevenzione, nella riabilitazione e nel recupero di buoni stili di vita con adeguate forma di aggiornamento e formazione dei medici di base;
dare pieno riconoscimento e definire il profilo dell'operatore termale, nonché la configurazione del marchio di qualità termale per gli stabilimenti e adeguato sostegno alle scuole di specializzazione di medicina termale;
introdurre incentivi per la riqualificazione urbana e per la qualità dell'offerta turistica e ricettiva dei territori «termali»;
va altresì evidenziato che la legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) ha disposto un finanziamento di 10 milioni di euro in tre anni per la revisione delle tariffe dell'assistenza termale;
si tratta di una prima azione efficace a sostegno del settore ma che dovrà essere accompagnata da politiche specifiche complessive e programmatiche per non risultare solamente una norma «tampone» una tantum;
un fattore fondamentale per il rilancio del settore termale italiano è rappresentato dalla prossima entrata in vigore, nel mese di ottobre 2014, della Direttiva dell'Unione europea del 9 marzo 2011 concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera;
questa direttiva si uniforma ad alcune sentenze della Corte di giustizia europea e mira a consentire, ai singoli pazienti che decidono di ricorrere a una assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità nell'Unione europea, di poterlo fare fuori dal proprio Stato, nel pieno rispetto delle singole competenze dei Paesi riguardanti l'erogazione delle prestazioni sociali di carattere sanitario;
tale norma potrebbe attirare «curandi» termali da altri Paesi d'Europa, attratti dalla qualità e dalle storiche proprietà terapeutiche delle acque termali italiane sommati alla nostra offerta turistica, storica, ambientale incrementando importanti flussi turistici e divenendo elemento trainante e qualificante per la scelta dello stabilimento –:
quali iniziative organiche, alla luce di quanto esposto in premessa il Governo intenda assumere, anche di concerto con le regioni, per il rilancio del settore termale italiano in relazione alle sue criticità attuali ed alla sua rilevante incidenza nel sistema economico, turistico, produttivo ed occupazionale del Paese, a partire dall'aggiornamento e dalla corretta attuazione della legge n. 323 del 2000;
se nell'ambito dei piani promozionali dell'Enit – Agenzia nazionale del turismo, siano previste azioni specifiche dedicate all'offerta termale;
se il Governo abbia previsto o intenda prevedere alcune azioni di sostegno alle imprese turistiche collocate nei principali sistemi termali italiani ed interessate da crisi;
nello specifico quali iniziative il Governo intenda mettere in campo, in vista della prossima entrata in vigore della direttiva dell'Unione europea del 9 marzo 2011, per promuovere l'attrattività e la fruibilità degli stabilimenti termali italiani e conseguentemente incentivare i flussi di pazienti comunitari relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera. (5-00907)
LENZI, MANFREDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'applicazione delle quattro diverse riforme pensionistiche a cominciare dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 ha determinato e determinerà per molte persone la mancanza di reddito per un periodo consistente e variabile secondo la data di cessazione dal lavoro e la tipologia di penalizzazione;
rimane ancora parzialmente non risolta la «questione esodati»;
paradossalmente anche l'inserimento nel contingente dei salvaguardati previsti da uno dei decreti di salvaguardia non tutela delle difficoltà economiche perché la pensione verrà erogata solo al verificarsi delle condizioni previste dalle diverse normative succedutesi nel tempo e in particolare tenendo conto della finestra mobile introdotta dalla citata normativa dell'innalzamento dovuto all'aspettativa di vita;
secondo le norme del decreto-legge n. 78 – articolo 12 comma 5-bis – per attenuare l'impatto dell'introduzione della finestra mobile veniva previsto un sostegno reddituale assicurato dal Fondo Sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18 comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, e attivato finora di anno in anno con appositi decreti ministeriali;
attualmente sono stati emanati due decreti:
decreto ministeriale n. 63655 in data 5 gennaio 2012 per l'anno 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2012;
decreto ministeriale n. 68225 in data 2 ottobre 2012 per l'anno 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 2012;
il decreto ministeriale per l'anno 2013 è ancora da emanare con conseguente vuoto reddituale di 7 mesi ad oggi per i lavoratori esodati coinvolti;
necessariamente si osserva che se il senso del decreto e dell'intervento del Fondo sociale per l'occupazione è quello di risolvere il problema della discontinuità reddituale, il ricorrente ritardo di circa un anno verificatosi tanto negli anni precedenti tanto per quello in corso, nei fatti si traduce in un motivo aggiuntivo di disagio per tante famiglie;
per l'anno in corso si tratta di 4.455 lavoratori rimasti senza assegno e senza pensione per un costo già calcolato di euro 42.828.043, secondo il primo schema individuato e allegato al decreto 63655 a firma dell'allora Ministro Fornero del 5 gennaio 2012 –:
per quali motivi il Governo non provveda ad emanare il citato decreto ministeriale lasciando tante famiglie senza reddito. (5-00920)
GELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
in data 18 luglio 2013, si è svolto un incontro pubblico tra il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Nunzia De Girolamo, il presidente e il capogruppo Pd della Commissione XIII Agricoltura della Camera, rispettivamente onorevole Luca Sani e onorevole Nicodemo Oliviero, i deputati del Pd Michele Anzaldi e Ernesto Magorno ed il presidente dell'Accademia del Peperoncino, signor Enzo Monaco;
lo stesso presidente dell'accademia citata ha fatto presente non solo le preoccupazioni dovute alla concorrenza sul mercato di peperoncini provenienti da altri Paesi, ma anche e soprattutto il pregiudizio per la salute a seguito dell'utilizzo degli stessi prodotti, in particolare di importazione indiana;
il Peperoncino indiano, secondo quanto riportato da fonti di stampa relativamente alle dichiarazioni del signor Monaco, viene essiccato in forno con tutte le foglie perdendo vitamine, gusto, aroma ed il colore, e proprio per quest'ultimo, al fine di riottenere la tonalità tipica, si userebbe il «Sudan I», un colorante non autorizzato per uso alimentare in quanto cancerogeno;
sempre secondo il presidente dell'Accademia circa il 70 per cento del peperoncino consumato dagli italiani proviene dall'India;
come si apprende dal sito del Ministero della salute «la legislazione europea lo esclude dalla lista positiva dei coloranti autorizzati e pertanto la sua presenza negli alimenti è da considerare fraudolenta. Tale sostanza viene infatti definita cancerogena dalla agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e ciò costituisce motivo di rischio per la salute dei consumatori»;
sempre dalla citata fonte ministeriale si evince che: «l'Italia è lo Stato membro con il maggior numero di notifiche (68) effettuate per la rilevazione del colorante in prodotti trasformati. Ciò sta a significare che la contaminazione è generata da importazioni di materiale grezzo e che il nostro Paese è un grande utilizzatore di peperoncino»;
il documento del Ministero fa riferimento all'anno 2005;
da quanto risulta, la normativa vigente, non impone di indicare sull'etichetta l'origine del peperoncino, ma solo il Paese in cui viene confezionato, facendo credere al consumatore che il prodotto sia originario, ad esempio della Calabria, pur essendo stato lavorato in India –:
se non si ritenga urgente e doveroso fare le verifiche del caso per accertare quanto riportato in premessa e, nel caso, porre in essere quanto ritenuto opportuno al fine di salvaguardare la salute dei consumatori;
se non si reputi necessario promuovere, in tutte le sedi opportune, una normativa sulla tracciabilità del prodotto alimentare in grado di garantire meglio e con maggiore consapevolezza del consumatore, le origini del prodotto anche al fine di una più facile verifica di possibili alterazioni dello stesso prodotto. (5-00729)