ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 57 di lunedì 22 luglio 2013
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Risoluzione in Commissione:
VII e XI Commissione:
Santerini 7-00071 3557
ATTI DI CONTROLLO:
Affari esteri.
Interpellanza:
Tacconi 2-00153 3557
Beni e attività culturali e turismo.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Valente Valeria 5-00700 3558
Interrogazione a risposta scritta:
Di Maio Luigi 4-01357 3560
Difesa.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Piras 5-00698 3561
Economia e finanze.
Interrogazioni a risposta orale:
Ruocco 3-00218 3561
Ruocco 3-00219 3562
Giustizia.
Interrogazioni a risposta scritta:
Rondini 4-01356 3563
Prodani 4-01360 3564
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazione a risposta scritta:
Zaratti 4-01359 3565
Interno.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Agostini Roberta 5-00701 3566
Interrogazioni a risposta scritta:
Maestri 4-01355 3567
Migliore 4-01358 3567
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazione a risposta scritta:
Piccoli Nardelli 4-01361 3569
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Polverini 5-00696 3569
Sviluppo economico.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Catalano 5-00697 3570
Albanella 5-00699 3573
Interrogazione a risposta scritta:
Busin 4-01354 3573
Apposizione di firme ad interrogazioni 3574
Ritiro di una firma da una mozione 3575
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo 3575
ERRATA CORRIGE 3575
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzione in Commissione:
La VII e la XI Commissione,
premesso che:
i commi 13, 14 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetto decreto sulla spending review, prevedono, per il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, il transito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico e, per il personale docente attualmente titolare delle classi di concorso C999 e C555, il transito nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico in base al titolo di studio posseduto;
il comma 15 del citato articolo rinviava ad un successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell'economia e delle finanze, la fissazione dei criteri e le procedure per l'attuazione di quanto stabilito nei camini 13 e 14;
non risulta ancora adottato il suddetto decreto attuativo, che risulta tuttavia fortemente lesivo della funzionalità degli istituti scolastici e non in grado di garantire un adeguato servizio scolastico in favore degli alunni oltre che fortemente penalizzante per il personale interessato;
si tratta di circa 3.500 docenti che risultano inidonei all'insegnamento ma che potrebbero essere destinati ad altre attività nell'ambito della didattica o di attività comunque connesse all'insegnamento e che soprattutto non hanno avuto una formazione adeguata per poter essere impiegati per lo svolgimento delle funzioni previste dall'articolo 14 del decreto-legge n. 95 del 2012;
questo trasferimento di personale docente inidoneo nei ruoli degli assistenti amministrativi e tecnici delle scuole, inoltre, avrebbe ricadute negative sull'attuale personale precario ATA e produrrebbe uno scadimento della funzionalità degli uffici per l'assenza di esperienza del personale subentrante in quei ruoli,
impegnano il Governo:
in virtù delle valutazioni esposte, ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad eliminare in tempi rapidi le criticità di cui in premessa ponendo in essere soluzioni atte a garantire la piena funzionalità del servizio scolastico, la professionalità del personale docente inidoneo ai sensi della vigente normativa ed i livelli occupazionali del personale precario amministrativo e tecnico;
a favorire la possibilità di accompagnare il loro impiego con una valorizzazione delle biblioteche scolastiche e dei progetti sulla lettura, e con una formazione al fine di impiego negli istituti specializzati nella progettazione per la partecipazione a bandi finanziati con fondi europei.
(7-00071) «Santerini, Antimo Cesaro».
ATTI DI CONTROLLO
AFFARI ESTERI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
negli ultimi anni si è registrato un massiccio flusso di emigrazione che fa ricordare quello del secondo dopoguerra. L'attuale congiuntura economica fa prevedere che il fenomeno, lungi dall'arrestarsi, tenderà ad intensificarsi con un numero di persone, specialmente giovani, che saranno spinte a lasciare il nostro Paese per cercare oltre confine il lavoro che qui manca. Stando alle ultime statistiche, infatti, la disoccupazione ha raggiunto l'allarmante percentuale del 12,2 per cento della forza lavoro, mentre è ancor più drammatico il dato sulla disoccupazione giovanile che, al 31 maggio 2013, registra il livello più alto dal primo trimestre 1977 attestandosi, nella fascia d'età fra i 15 e i 24 anni, al 42 per cento;
le politiche dell'occupazione fin qui varate, si sono dimostrate del tutto inadeguate a fermare questa spirale perversa, anzi sembrano incoraggiare «una nuova mobilità internazionale» della forza lavoro, quasi che un «alleggerimento» della pressione sociale di cui la disoccupazione è al contempo causa ed effetto possa recare beneficio all'intero sistema. Sappiamo tutti, invece, che con la fuga di tante risorse umane si avvera l'esatto contrario sia in termini economici che umani e sociali. Basti pensare che ogni persona che se ne va, specialmente se qualificata, porta fuori dal Paese un potenziale PIL di quasi 2 milioni di euro nell'arco della sua vita lavorativa (4000 euro mensili per 12 mesi per 40 anni), senza contare la perdita del capitale investito per la sua formazione;
alla mancanza di adeguate politiche occupazionali dobbiamo purtroppo aggiungere la miopia di alcune politiche migratorie che, nell'ambito delle varie fasi di spending review, pur necessarie nell'attuale quadro economico finanziario, hanno perso di vista quelle attività qualificanti a favore delle nostre collettività all'estero, che, lungi dall'essere considerate una risorsa, sono spesso viste come un peso fastidioso. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad un progressivo assottigliamento delle risorse destinate agli interventi per la lingua e la cultura italiane, all'assistenza, all'informazione e alla formazione, con tagli lineari di oltre il 65 per cento. Per questi interventi le nostre rappresentanze diplomatiche e consolari sono difficilmente in grado di garantire un livello minimo di servizi, con il rischio che ciò comporti lo smantellamento di quanto costruito in passato anche grazie all'associazionismo locale;
i connazionali che, loro malgrado, decidono di emigrare, anche se culturalmente pronti ad affrontare le nuove sfide che un cambiamento così radicale comporta, oggi spesso si trovano in grosse difficoltà nei loro primi approcci con la società di accoglimento, difficoltà a cui le nostre rappresentanze diplomatiche e consolari non sono in grado di dare risposte efficaci a causa delle ben note carenze di risorse umane e finanziarie sopra accennate. Si pensi, per esempio, alle difficoltà di trovare casa, di stabilire contatti con il mondo del lavoro, informazioni sull'assistenza sanitaria, sul patrocinio legale, di avere assistenza linguistica, servizi di traduzioni e interpretariato a costi accessibili, e altro –:
se, a fronte dei nuovi flussi migratori, il Ministro degli affari esteri non intenda potenziare le strutture consolari di assistenza sociale in modo che esse possano farsi carico di un primo orientamento in loco dei nuovi migranti con la costituzione di appositi sportelli all'interno degli uffici consolari.
(2-00153) «Tacconi, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Del Grosso, Sibilia, Spadoni, Di Battista, Grande».
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
VALERIA VALENTE e BOSSA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'Istituto italiano per gli studi filosofici è stato fondato nel 1975, a Roma, nella sede dell'accademia dei lincei, da Enrico Cerulli, Elena Croce, Pietro Piovani, Giovanni Pugliese Carratelli e Gerardo Marotta;
si tratta di una prestigiosa istituzione culturale che opera a Napoli, promuovendo attività di studio, ricerca e formazione, in proficuo, costante contatto con la comunità scientifica nazionale ed internazionale e che ha ottenuto riconoscimenti e lauree honoris causa in ogni parte del mondo: dall'università della Sorbona, di Bielefeld, dall'Erasmus Universiteit, dall'università di Bucarest, di Pavia, di Urbino, dalla seconda università di Napoli;
il Parlamento europeo ha conferito all'Istituto italiano per gli studi filosofici il Diploma d'onore, per il contributo dato alla cultura europea e, nello stesso anno 1993, l'UNESCO ha assegnato all'Istituto il Primato della cultura filosofica, con la seguente motivazione: «L'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha conquistato una dimensione che non trova termini di paragone nel mondo, organizza corsi dappertutto in Europa, pubblica opere in sei lingue antiche e moderne e contribuisce a fare di Napoli una vera capitale culturale»;
grande importanza hanno le scuole create dall'Istituto italiano per gli studi filosofici nelle regioni meridionali d'Italia, e, da ultimo, la Scuola di Roma, attivata nel 2012, sostenuta anche grazie a finanziamenti privati, che ha saputo attrarre borsisti da ogni parte d'Italia, sulla base di cicli annuali di seminari e lezioni organizzati tematicamente intorno a questioni di rilevanza filosofica e civile;
di rilevante pregio è la Biblioteca dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, realizzata in oltre cinquant'anni di ricerche presso fondi librari e antiquari di tutta Europa, che rappresenta il più qualificante tra gli elementi portanti attorno ai quali si sono sviluppate migliaia di ricerche di borsisti e attività culturali dell'Istituto, si sono create centinaia di biblioteche, alimentate dalle numerosissime pubblicazioni frutto delle ricerche e dei seminari e convegni dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, di tali pubblicazioni, grazie a un accordo siglato con la biblioteca del CNR (gennaio 2011), si è avviata la digitalizzazione e l'inserimento nella piattaforma open-source SOLAR;
la sovrintendenza ai beni librari della regione Campania ha riconosciuto, nel 2008, il valore precipuo della raccolta libraria dell'Istituto, che conta di circa trecentomila opere, dichiarando che essa «presenta i segni di uno sforzo ragionato di gestione e sviluppo, frutto, non di casuale sedimentazione, ma delle attività di studio, ricerca e formazione promosse dall'Istituto di appartenenza»;
a tutt'oggi, dopo una storia complessa e travagliata, la prestigiosa Biblioteca non ha ancora trovato una sede;
già alla fine degli anni Settanta il Ministro dei lavori pubblici, preso atto della necessità di individuare locali idonei alla allocazione della prestigiosa biblioteca dell'Istituto, di laboratori per le ricerche umanistiche e scientifiche, nonché di una foresteria adatta ad ospitare ricercatori e borsisti, si determinò a destinare alla biblioteca e alla nascente scuola di studi superiori il sito monumentale dei Girolamini;
la realizzazione del progetto di utilizzazione del sito dei Girolamini, tuttavia, fu impedita dalle emergenze determinatesi a seguito del terremoto del 23 novembre 1980;
il 22 febbraio 2000 fu sottoscritto un protocollo di intesa, tra l'ispettorato delle scuole dell'esercito, il comune di Napoli, la regione Campania e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, che prevedeva la cessione del complesso vanvitelliano di proprietà del comune di Napoli al Ministero della difesa, al fine di destinarlo alla scuola militare «Nunziatella», il trasferimento della caserma di pubblica sicurezza «Nino Bixio» dall'edificio vanvitelliano al complesso denominato «Manifattura dei tabacchi», l'allocazione della Biblioteca dell'Istituto nei locali del complesso vanvitelliano adiacente alla Nunziatella;
le esigenze straordinarie causate dall'emergenza rifiuti nella città di Napoli, tuttavia, resero necessaria la utilizzazione del complesso denominato «Manifattura dei tabacchi» come sito di stoccaggio, impedendo la realizzazione di quanto previsto nel predetto protocollo di intesa;
successivamente, la regione Campania, con la delibera n. 6039 del 9 novembre 2001, si determinò ad acquistare, con fondi europei, la dismessa sede del CONI, in piazza S. Maria degli Angeli, per destinarla ad ospitare la biblioteca dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, fornendola delle necessarie attrezzature;
la stessa regione Campania, tuttavia, con deliberazione n. 283 del 2011, ha ritenuto di modificare l'originario progetto, prevedendo una diversa utilizzazione dei locali anzidetti, non più compatibile con la allocazione della biblioteca dell'Istituto;
dopo inutili contatti con le istituzioni locali e la formulazione di proposte di ricollocazione mai concretizzatesi, il pregevole patrimonio librario dell'istituto – anche a causa dell'aggravarsi delle difficoltà di gestione, che hanno reso impossibile sostenere ulteriormente gli esborsi occorrenti per l'utilizzazione dei diversi siti ove risultava collocato – è stato trasferito in un capannone industriale di proprietà privata, sito a Casoria (Napoli), messo a disposizione dal proprietario della struttura, con l'accordo di liberare il capannone una volta trovata adeguata collocazione alla raccolta libraria;
evidenziato che il comune di Napoli e la regione Campania hanno in molteplici occasioni manifestato la volontà di individuare una soluzione definitiva al problema del patrimonio librario dell'istituto e che sarebbe, perciò, oltre modo necessario riattivare ogni utile iniziativa atta a sollecitare e definire gli impegni che i detti Enti si sono ripetutamente assunti nei confronti dell'Istituto medesimo –:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda promuovere al fine di valorizzare ed eventualmente sostenere le attività culturali lodevolmente svolte dall'Istituto italiano per gli studi filosofici, conseguendo livelli di eccellenza negli ambiti scientifici e formativi di competenza;
se non ritenga opportuno attivare un apposito tavolo istituzionale, d'intesa con la regione Campania e con il comune di Napoli, con la partecipazione del legale rappresentante dell'istituto, onde ricercare, anche attraverso il concorso attivo del Ministero e dei suoi organismi periferici, le soluzioni più adeguate e tempestive, sia per collocare adeguatamente e in via definitiva il patrimonio librario dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, restituendolo alla pubblica fruizione, sia per sostenere le attività scientifiche e culturali dello stesso istituto. (5-00700)
Interrogazione a risposta scritta:
LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
da recenti notizie di stampa (Il Fatto Quotidiano del 19 luglio u.s.) si apprende che la sovraintendente al Polo museale fiorentino, la dottoressa Cristina Acidini Luchinat, avrebbe convocato una riunione per il prossimo 23 luglio, con all'ordine del giorno il tariffario per la concessione in uso dei beni culturali per eventi;
il tariffario in questione elenca diverse opzioni che vanno dal cocktail nella grotta del Buontalenti a 5.000 euro ad una cena agli Uffizi per 10.000 euro –:
se la notizia pubblicata corrisponda al vero e se, in caso affermativo, la decisione di dare in affitto, con apposito listino prezzi, spazi pubblici appartenenti al patrimonio storico-artistico della Nazione sia conforme all'articolo 9 della Costituzione e al Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). (4-01357)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'aeroporto militare di Elmas – ex 30o Stormo A.M. sciolto il 31 luglio 2002 – occupa un'area di 1979908 metri quadrati ed è situato in adiacenza dell'aeroporto civile e sulle rive dello stagno di Cagliari;
in seguito alla dismissione l'area è stata in toto assegnata in gestione all'ENAC;
nell'ex villaggio dei militari sono ubicati alloggi, il circolo ufficiali, una chiesa e alcuni impianti sportivi in un'area di circa 200 mila metri quadri;
tale porzione di area ex militare è stata formalmente richiesta dal sindaco di Elmas, in quanto esterna al sedime prettamente militare, al fine di poter progettare una ristrutturazione ed un riutilizzo di pubblica fruibilità per la popolazione locale, in considerazione anche del fatto che la relazione con lo stagno, il suo ecosistema e l'attività di pesca, rappresentano una parte importante dell'identità della comunità locale, della sua storia e che una piena valorizzazione di essa consentirebbe di realizzare una nuova attività economica centrata sul turismo e la socialità;
l'ENAC non ha espresso posizione relativamente alla richiesta del sindaco, mentre invece è positivo il parere dell'amministrazione militare, con la quale il 12 giugno 2013 si è svolto un incontro che testimonia appunto la positiva relazione con l'ente locale;
in data 16 aprile 2013 è stata inoltrata al gabinetto del Ministro della Difesa la richiesta di valutare la fattibilità della proposta del comune;
la proposta operativa avanzata dall'amministrazione militare al fine di assecondare la richiesta dell'amministrazione comunale è quella di una cessione da Enac all'amministrazione comunale da stabilirsi in un tavolo tecnico fra le parti (autorità locale, autorità militare, ENAC e SOGAER) –:
quali siano gli orientamenti del Ministro in merito alle richiesta dell'amministrazione comunale di Elmas di acquisizione della porzione di aree ex militari sopra descritte, sulla proposta dell'amministrazione militare di cessione di tali aree da Enac all'amministrazione comunale, sulla proposta dell'amministrazione militare di costituzione di apposito tavolo tecnico a ciò finalizzato e quali siano le eventuali tempistiche. (5-00698)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta orale:
RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in un momento in cui la crisi economica ha portato a duri sacrifici, specie per le classi sociali meno abbienti, e in cui viene richiesto dallo Stato ai cittadini un sacrificio elevatissimo attraverso una pressione fiscale che, secondo quanto asserito dal Presidente della Corte dei conti, è giunta al 53 per cento, appare iniquo consentire che possano svilupparsi sacche di evasione di entità talvolta assai consistente;
secondo quanto riportato dal quotidiano online Blitz Quotidiano, in una notizia del 30 maggio 2013, sarebbe stato individuato dalla Procura di Firenze un fenomeno di riciclaggio che avrebbe sottratto al fisco 4 miliardi di euro, la stessa quota necessaria per l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa;
una cifra tanto consistente deriverebbe, secondo l'accusa, dai guadagni al nero di alcuni imprenditori, soprattutto di origine cinese, che avrebbero raccolto questi fondi in Italia grazie allo sfruttamento di manodopera sotto pagata o clandestina, alla contraffazione di marchi, al contrabbando e all'evasione fiscale;
il sistema tramite il quale i proventi illeciti venivano riciclati sarebbe passato attraverso una serie infinita di piccole spedizioni con il money transfer;
per ripulire il denaro, esso veniva mandato in Cina utilizzando transazioni di basso valore, la maggior parte di appena 1.999 euro l'una, che permettevano di evitare i controlli previsti che diventano automatici superata la soglia dei duemila;
i destinatari dei versamenti sarebbero prestanome o altri individui a volte consapevoli, altre ignari o inesistenti;
il lavoro sarebbe stato per le agenzie assai significativo dato che in cinque anni una sola filiale del servizio di money transfer, sita in via Principe Umberto a Roma, avrebbe effettuato 460.686 operazioni per un totale di un miliardo e 245 milioni di euro;
l'interruzione del flusso di denaro, a seguito delle nuove indagini, non lascerebbero peraltro presagire che il fenomeno si sia arrestato quanto che si sia riversato su un nuovo canale;
secondo Bankitalia, che ha segnalato l'anomalia, i controlli periodici sulle transazioni transfrontaliere hanno rivelato che nel 2009 e nei due anni precedenti solo da Prato sarebbero stati inviati in Cina 430 milioni di euro all'anno, cifra scesa a 170 milioni a seguito delle prime indagini della Procura di Firenze;
l'inchiesta, ora, è alle battute conclusive con 287 indagati e un'ipotesi di reato di associazione mafiosa «finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di denaro pari a euro 4.501.189.227,58 dall'anno 2006 all'anno 2010»;
fermo restando il merito che va attribuito alla procura della Repubblica di Firenze per essere riuscita a ridimensionare il fenomeno, insorgono seri interrogativi sia riguardo alla possibilità che fenomeni di evasione vengano ripetuti attraverso l'utilizzo di money transfer, sia su quali canali alternativi possano essere attualmente sfruttati per riciclare i fondi derivanti da attività illecite come quelle sopra descritte –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa quali azioni di propria competenza stia compiendo per individuare i nuovi canali di riciclaggio attraverso i quali presumibilmente potrà esercitarsi il riciclaggio di denaro;
se ritenga che la normativa attuale in materia delle agenzia cosiddette di «money transfer» possa essere migliorata, attraverso una migliore vigilanza anche sui trasferimenti di entità inferiore ai duemila euro, al fine di ridurre ulteriormente i fenomeni di evasione fiscale. (3-00218)
RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
al principio di buon andamento dell'amministrazione, vero cardine, secondo la Corte costituzionale, della vita amministrativa e quindi condizione dello svolgimento ordinato della vita sociale la giurisprudenza riconosce il valore di parametro di legittimità delle scelte discrezionali effettuate dal legislatore nella organizzazione degli apparati e dell'attività amministrativa;
inoltre, come ricorda sempre la Consulta nella sentenza n. 453 del 1990 «il concorso – nelle sue modalità organizzative e procedurali – deve in ogni caso ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialità: principio che, in questa materia, impone il perseguimento del solo interesse connesso alla scelta delle persone più idonee all'esercizio della funzione pubblica, indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici e per le condizioni personali e sociali dei vari concorrenti»;
la Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana n. 103 del 30 dicembre 2011 includeva, nella sezione dedicata ai concorsi, il bando del 16 dicembre 2011 per un «Concorso pubblico, per esami, a complessivi 69 posti di dirigente di seconda fascia all'Agenzia delle Dogane»;
nel suddetto bando veniva precisato che il 30 per cento dei posti messi a concorso era riservato al personale organicamente appartenente al ruolo dell'Agenzia delle dogane;
i posti restanti risultavano attribuibili, invece, a funzionari di tutte le pubbliche amministrazioni in possesso della laurea e di 5 anni di anzianità nell'area funzionale;
nonostante solo il 30 per cento delle posizioni disponibili fosse riservata ai membri interni dell'Agenzia, di fatto la scelta delle prove avrebbe, tuttavia, avvantaggiato in modo palese gli stessi, attraverso la scelta di argomenti mirati;
l'argomento estratto nella prima prova (9 luglio 2013), infatti, sarebbe stato fatto oggetto di un approfondimento da parte del sindacato della UIL e ricalcherebbe un punto del programma di un corso sulle procedure disciplinari effettuato il 18-19 luglio 2012 dal membro interno, dottor. Alberto Libeccio direttore interregionale dogane Campania-Calabria, ai funzionari con incarico dirigenziale;
fatto ancor più grave è che tale corso sarebbe stato tenuto dopo la sua nomina a membro della commissione, risalente al 2 maggio 2012;
l'argomento risulterebbe peraltro talmente specifico e settoriale da non risultare presente sulla normale manualistica;
un obiettivo vantaggio fornito ai membri interni dell'Agenzia delle dogane è rappresentato ad avviso dell'interrogante dal fatto che l'argomento della seconda prova (10 luglio 2013) era incentrato su temi approfonditi da due note interne, disposizione di servizio n. 4/2012 del 29 giugno 2012 e disposizione di servizio n. 5/2012 del 2 luglio 2012, a firma dello stesso Direttore Interregionale dottor Alberto Libeccio, visibili soltanto ai dipendenti;
per quanto sopra esposto è evidente che i partecipanti al concorso dell'Agenzia delle dogane abbiano beneficiato della possibilità di occupare un numero superiore alle posizioni ad essi riservate dal bando di concorso, dato che le informazioni necessarie al superamento delle prove erano più facilmente, se non esclusivamente, nella loro disponibilità, con un conseguente chiaro pregiudizio per i concorrenti provenienti da altre amministrazioni –:
se corrispondano a verità i fatti esposti in premessa e se non ritenga indispensabile adottare misure di propria competenza per quanto riguarda la regolarità del concorso in essere e al fine di evitare il ripetersi di discriminazioni tra personale interno e membri esterni nei concorsi pubblici in cui è prevista la partecipazione di entrambe le tipologie di concorrenti. (3-00219)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la sera di martedì 10 luglio 2013, a mezzanotte circa, la sedicenne Beatrice Papetti, mentre attraversava la strada provinciale Padana Superiore a Gorgonzola, è stata investita da un'auto pirata ad altissima velocità, che ha poi continuato nella sua folle corsa senza fermarsi per prestare soccorso;
dopo sette giorni di indagini serrate da parte delle forze dell'ordine per individuare l'autore del crimine che nel frattempo era fuggito e si era nascosto, martedì scorso El Habib Gabardi, ambulante di 39 anni, separato con un figlio di sette si è costituito e ha ammesso di essere stato lui a investire la ragazza la notte del 10 luglio;
i carabinieri di Cassano, impegnati giorno e notte nelle ricerche dell'investitore di Beatrice, con l'ausilio delle altre forze dell'ordine e grazie anche alle riprese effettuate dalle telecamere della zona, erano ormai arrivati a delle perquisizioni in una serie di parcheggi nelle vicinanze di Ornago, in Brianza, poco lontano da Roncello, paese in cui abita El Habib, il quale, dunque, non poteva non esserne a conoscenza, dato il rilievo mediatico della vicenda;
due giorni dopo che i carabinieri avevano tradotto in carcere El Habib Gabardi, il giudice per le indagini preliminari di Milano Alessandro Santangelo, dopo l'interrogatorio di garanzia, non ha accolto le richieste del pubblico ministero che invece aveva chiesto che l'uomo venisse tenuto in carcere, e dunque ha concesso all'investitore gli arresti domiciliari;
tra le motivazioni del giudice per le indagini preliminari di Milano, vi è che non esiste pericolo di inquinamento delle prove e di fuga dell'imputato, il che appare del tutto assurdo considerato il comportamento dell'imputato, che si è dato proprio alla fuga dopo aver investito la ragazza di Gorgonzola e per i successivi giorni, per sottrarsi alle ricerche delle forze dell'ordine, nascondendo anche l'auto in un garage;
il 39enne marocchino dunque, dopo due soli giorni a San Vittore, è tornato nella sua casa a due piani, in una tranquilla corte nel centro di Roncello, in Brianza;
Nerio Papetti il padre della ragazza, fino ad ora pacato, appresa la notizia degli arresti domiciliari dell'investitore della figlia, ha così commentato: «Le leggi italiane hanno ucciso mia figlia per la seconda volta. È un provvedimento inaccettabile» e che tale decisione «vanifica il lavoro di indagine svolto dai carabinieri»;
la decisione del giudice per le indagini preliminari di Milano ha comunque suscitato rabbia e amarezza non solo nella famiglia della ragazza investita, che ora ha dato mandato all'avvocato Domenico Musicco, presidente dell'Associazione vittime della strada, ma altresì in tutta l'opinione pubblica;
è del tutto condivisibile il pensiero del padre e che per tali reati la giusta pena non possa che essere il carcere, anche per scoraggiare in futuro la commissione degli stessi –:
se il Ministero sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, se intenda adottare iniziative ispettive ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza e quali iniziative normative intenda assumere per evitare che casi di tale gravità abbiano a ripetersi. (4-01356)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Ferriera di Servola (Trieste) è uno stabilimento industriale del gruppo Lucchini dedito principalmente alla produzione di ghisa, destinata ai settori metalmeccanico e siderurgico;
da anni l'opinione pubblica locale è preoccupata per le immissioni inquinanti di quest'industria, la cui area è stata inserita nel sito di interesse nazionale (SIN) di Trieste, per il quale – nel maggio 2012 – è stato sottoscritto un protocollo per l'avvio di interventi di riqualificazione ambientale dal Ministero dell'ambiente, dagli enti locali, dall'EZIT (l'Ente Zona Industriale di Trieste) e dall'autorità portuale;
l'esposto è una denuncia-segnalazione che qualsiasi cittadino può compiere per rappresentare al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria una situazione che, a suo avviso, potrebbe assumere rilievo penale;
dal 2008 al 2012 privati cittadini e rappresentanti dell'associazione ambientalista «No smog» hanno presentato numerosi esposti e segnalazioni alla procura della Repubblica di Trieste per fare presente il degrado ambientale nel comprensorio abitativo di Servola, legato alla cookeria, e le emissioni dello stabilimento industriale che per più anni consecutivi hanno superato notevolmente i limiti di legge e i valori obiettivo secondo i rilevamenti di alcune centraline dell'ARPA regione Friuli Venezia Giulia;
inoltre, la segnalazione protocollata 8/2011 dell'associazione ambientalista No Smog del 16 giugno 2011 evidenzierebbe, nell'allegato ARPA FvG parte integrante della segnalazione carenze negli adempimenti legati alle prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA), la cui revisione da parte della regione Friuli Venezia Giulia – istituzione che ha concesso l'AIA in questione – ha avuto inizio nel 2008;
ad oggi non è disponibile agli interroganti nessuna informazione sull'esito di questi esposti che non risultano essere stati archiviati –:
se il Ministro interrogato intenda attivare iniziative ispettive presso l'autorità giudiziaria coinvolta nella vicenda di cui in premessa, ai fini dell'eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza. (4-01360)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta scritta:
ZARATTI, PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la durata eccessiva del procedimento di assegnazione di gare d'appalto per lavori pubblici rischia di inficiare la credibilità delle gare medesime, in particolare per i lavori assegnati in modalità di project financing, visto che nel corso del tempo possono modificarsi le condizioni che hanno spinto la stazione appaltante al prevedere il lavoro;
a titolo esemplificativo risulta all'interrogante la situazione ingeneratasi presso il comune di Marino, che con la determinazione dirigenziale n. 310 del 16 novembre 2012 di aggiudicazione definitiva del project financing all'A.T.I. (Associazione temporanea d'imprese) Italgeco scarl – Progeca srl ha conclusa la procedura di assegnazione di Gara d'appalto con il metodo del project financing per la progettazione, costruzione e gestione del nuovo cimitero comunale in località Mazzamagna;
detta gara d'appalto esperita dal Comune di Marino con il metodo del project financing per la progettazione, costruzione e gestione del nuovo cimitero comunale in località Mazzamagna, la più onerosa per l'amministrazione di Marino a quanto risulta all'interrogante, stante il valore delle opere eccedenti i 19 milioni di euro unito al valore della gestione delle stesse che si attesta sui 5/6 milioni di euro, si è caratterizzata per una durata eccezionalmente lunga, dacché è datata 29 novembre 2001 la deliberazione del consiglio comunale n. 57 con la quale venne individuato nel sito «Mazzamagna» (lungo la via del Divino Amore, pregiatissimo dal punto di vista storico, archeologico, agricolo ed ambientale) per la realizzazione del cimitero, mentre è datata 16 novembre 2012 la determinazione dirigenziale n. 310 con la quale viene definitivamente aggiudicato l'appalto all'A.T.I. Italgeco scarl – Progeca srl.»;
nello specifico di tale esempio, a giudizio dell'interrogante, tale durata ha inficiato sostanzialmente la credibilità del processo aggiudicatorio, essendosi nel frattempo modificati elementi fondamentali per la definizione del piano economico e finanziario del project financing, quali ad esempio il mutato scenario economico finanziario tra il 2006 ed il 2012 in termini domanda potenziale per l'utenza di tombe a terra e cappelle gentilizie e quindi di redditività dell'investimento, le intervenute modifiche legislative che hanno interessato «in corso d'opera» anche il metodo di gara del project financing, la pubblicazione dei nuovi tariffari di riferimento per i lavori edili e i molteplici e fortemente impegnativi adempimenti da espletare preventivamente sulle aree interessate (ricerche gas radon, indagini archeologiche eccetera...);
tale durata non ha consentito l'adeguata continuità amministrativa della commissione aggiudicatrice, stante che, sia per fattori fisiologici (trasferimenti e/o pensionamenti) che per altri fattori, nessun membro della commissione di gara ha partecipato a tutte le sedute con un continuo avvicendarsi che certamente ha influito negativamente sul procedimento;
le modificazioni nella composizione dell'ATI possono inficiare ulteriormente la credibilità dell'assegnazione, e che nell'esempio già richiamato, con determinazione dirigenziale n. 229 del 19 settembre 2012 l'amministrazione di Marino ha «preso atto del recesso di due su quattro Aziende di cui era originariamente composta l'associazione temporanea d'imprese che in seguito vedrà aggiudicarsi l'appalto e che si è altresì consentita la prosecuzione della gara all'A.T.I.. poi affidataria, pur in evidente ed incompleto possesso dei requisiti di qualificazione richiesti dal bando di gara, dacché il codice degli appalti, di cui al D.lgs. n. 163/2006, vieta espressamente modifiche alle composizioni originarie delle A.T.I. che partecipano a gare pubbliche, poiché l'articolo 37 – al comma 9 – testualmente dispone: «È vietata l'associazione in partecipazione. Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19 è vietata qualsiasi modificazione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quelli risultanti dall'impegno presentato in sede di offerta» –:
se al Ministro interrogato, sulla base di informazione ed elementi rilevati relativi alla durata delle operazioni delle stazioni appaltanti, anche differenziati in ragione della difficoltà tecniche dell'appalto, risultino problematiche come quella citata a titolo esemplificativo dall'interrogante, che hanno come effetto, proprio in ragione di una durata eccessiva, di rendere non più congrue le attività medesime delle stazioni appaltanti;
se, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato non intenda sviluppare iniziative anche normative volte a rendere esigibile un termine di durata temporale delle gare d'appalto al fine di rendere più chiaro e trasparente il procedimento nonché l'efficacia nell'assegnazione di risorse pubbliche. (4-01359)
INTERNO
Interrogazione a risposta in Commissione:
ROBERTA AGOSTINI, BINDI, BOSCHI, FABBRI, GASPARINI e POLLASTRINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i dati sulla violenza di genere non lasciano dubbi sul fatto che la violenza sulle donne sia un fenomeno sempre più esteso nel nostro Paese al punto che nel solo 2013 le vittime di femminicidio accertate sono finora già 44;
i dati recentemente forniti dall'associazione nazionale funzionari della polizia di Stato ci dicono che le denunce di violenza di genere nel 2012 sono state ben 9.608; tuttavia anche a fronte di questa quantità di denunce il fenomeno della violenza contro le donne rimane in gran parte sommerso;
l'ultima vittima, Rosi Bonanno, è stata uccisa dal suo ex convivente dopo numerose denunce il 10 luglio 2013, facendo seguito alle recenti uccisioni di Michela Fioretti, Jamila Assafa e Anna Francesca Scarpati, che avevano tutte denunciato ripetutamente episodi di violenza;
anche nel caso dei due fratelli, Andrea e Davide Iacovone, periti nel rogo della loro casa ad Ono San Pietro, il padre era stato denunciato per stalking –:
se e quali informazioni i Ministri interrogati abbiano sui motivi per i quali – nonostante le denunce effettuate e gli strumenti eventualmente predisposti – non si sia realizzata la necessaria protezione della vita e dell'incolumità delle vittime, quale sia la loro valutazione circa l'efficacia e l'adeguatezza della risposta delle forze dell'ordine e di quali elementi disponga in merito all'efficacia della risposta giudiziaria a tale fenomeno;
se non si ritenga utile attivare un monitoraggio puntuale relativamente alle modalità di interazione delle istituzioni preposte alla sicurezza delle cittadine e dei cittadini relativamente ad un fenomeno come quello della violenza che desta preoccupazioni sempre più gravi;
se non si ritenga opportuno accelerare, attraverso un'azione di cooperazione interministeriale, la presentazione del nuovo piano d'azione contro la violenza. (5-00701)
Interrogazioni a risposta scritta:
MAESTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
a quanto viene segnalato dalle organizzazioni sindacali di categoria, già da diversi giorni i vigili del fuoco sono stati privati della polizza infortuni e di quella di rimborso delle spese sanitarie stipulata dall'Opera nazionale di assistenza dei vigili del fuoco, ente che provvede alle iniziative socio-assistenziali in favore del personale del Corpo;
in questo modo qualora un vigile del fuoco dovesse essere soggetto ad un infortunio sul servizio o a malattia professionale – cosa molto frequente vista la natura dell'impegno encomiabile dei pompieri – dovrebbe pagare le cure personalmente anticipando le spese relative, poiché il dipartimento dei vigili del fuoco non paga le spese sostenute, se non a chiusura dell'incidente e con tempi piuttosto lunghi;
i fondi provenienti oggi dal Ministero dell'economia e delle finanze e destinati al dipartimento VV.FF, che a sua volta poi girava all'Opera nazionale di assistenza per il personale Corpo nazionale dei vigili del fuoco la propria quota parte, sono stati ridotti interrompendo alcune forme di assistenza;
la polizza permetteva, inoltre, di poter fruire di alcune prestazioni causate da infortuni sul lavoro presso strutture private convenzionate in modo da abbattere i tempi di attesa e favorire il celere reintegro lavorativo degli operatori interessati –:
quali siano le ragioni dell'interruzione del finanziamento della polizza sopra richiamata e se siano previste altre forme di tutela sanitaria parimenti utili e funzionanti come la suddetta. (4-01355)
MIGLIORE, PILOZZI, KRONBICHLER, PELLEGRINO, COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da notizie stampa, si è appreso che l'ufficio immigrazione della questura di Pordenone, lo scorso gennaio, ha negato il riconoscimento della cittadinanza italiana a Addai Richie Akoto, un ghanese che vive da 16 anni in Italia, parla perfettamente l'italiano e dal 2004 è impiegato a tempo indeterminato come operaio presso l'Electrolux di Porcia, garantendo adeguato sostentamento a tutta la sua numerosa famiglia;
il funzionario preposto alla pratica avrebbe respinto la richiesta – come risulta dalla relazione trasmessa alla prefettura, poi inviata al Ministero dell'interno – a fronte di un casellario giudiziale peraltro intonso, nonché di un quadro sociale sereno: Addai Richie Akoto vive infatti in appartamento «per il quale versa un affitto di 650 euro» con tre figli e la moglie, tutti cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, riuscendo anche a versare 180 euro al mese per la stanza della figlia che frequenta geologia a Trieste;
le motivazioni addotte dall'ufficio per negare la naturalizzazione all'interessato starebbero nel fatto che questi, in sede di «intervista» con il funzionario, non sapeva ad esempio chi fossero Alfano, Berlusconi, Casini;
come segnalato nell'articolo apparso il 19 luglio 2013 su Il Fatto Quotidiano, vi sarebbe un'altra «colpa grave» a carico del ghanese, ovvero il non sapere chi fosse Ciampi; Addai Richie Akoto, infatti, avrebbe solo affermato di conoscere i nomi di Monti e Napolitano;
nell'accertare, il livello di preparazione linguistica e culturale di Akoto – «parla e legge l'italiano e comprende anche le parole più complesse», come risulta dalla relazione stesa riguardo al caso – è stato rilevato dal funzionario che: «tuttavia ha una conoscenza storica, geografica e delle Istituzioni del nostro Paese non sufficiente, confusa e lacunosa»;
le lacune avrebbero riguardato le date relative ad alcune feste nazionali; la confusione, rispetto ad alcuni periodi storici, come evidenziato dal funzionario nella suddetta relazione: «afferma che Garibaldi era prima un politico e poi uno scrittore, senza essere in grado di dare la risposta esatta»;
negativo, ad avviso del funzionario, è anche il riscontro rispetto alle conoscenze sulle «Istituzioni», come si evince nel passaggio a ciò dedicato nella relazione alla prefettura: «Conosce il Parlamento e le due Camere, (...) alcuni partiti principali, ma ha sbagliato i leader del Pdl, non conosce Grillo, né Casini e Di Pietro»;
è evidente che, nei fatti, la domanda sulle «Istituzioni» avrebbe invece insistito su questioni attinenti i partiti, la politica, e non certo sull'argomento «Istituzioni»;
a parere degli interroganti, i quesiti rivolti ad Addai Richie Akoto nell'ambito della procedura che ha portato al diniego della sua richiesta di naturalizzazione, non possono non risultare illegittimi, alla luce della normativa vigente; come, conseguentemente, assai discutibili appaiono i rilievi trasfusi nella relazione destinata alla prefettura;
peraltro, come anche evidenziato nell'articolo de Il Fatto Quotidiano citato, parrebbe che tra gli stessi residenti italiani la risposta giusta a tali quesiti – del tutto arbitrari nella gestione delle pratiche relative al riconoscimento della cittadinanza – non sia affatto scontata, anzi;
sin dal 18 giugno 2013, con un'interrogazione a risposta in commissione, n. 5-00372, alcuni parlamentari del gruppo SEL avevano sollevato la questione relativa alle «interviste» avviate dai funzionari della questura di Pordenone, effettuate nei confronti dei richiedenti la cittadinanza, in particolare rispetto ai quesiti discutibili a causa della mancanza di un protocollo e dell'arbitrarietà dei contenuti, in relazione alla quale non è tuttavia mai arrivata risposta da parte del Ministro –:
quali informazioni abbia il Ministro interrogato circa il caso esposto in premessa;
come valuti l'operato del funzionario impiegato presso l'ufficio immigrazione della questura di Pordenone, con particolare riferimento ai criteri, del tutto arbitrari, posti a fondamento della decisione di rigettare la richiesta relativa alla cittadinanza di Addai Richie Akoto;
se non ritenga di intervenire con urgenza sulle modalità di gestione delle pratiche di cittadinanza nell'ufficio preposto della questura della provincia di Pordenone che, come anche sollevato più di un mese fa con l'interrogazione a risposta in Commissione evidenziata in premessa, non può non apparire discutibile a causa della mancanza di un protocollo e dell'arbitrarietà dei contenuti dei quesiti posti dai funzionari, in tal modo incidendo negativamente sul riconoscimento di diritti garantiti a livello costituzionale e rispetto a cui vigono precise disposizioni nel nostro ordinamento che, come si evince, vengono sistematicamente disattese. (4-01358)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta scritta:
PICCOLI NARDELLI e D'OTTAVIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 28 giugno 2011 (2011/C/191/01) evidenzia come il fenomeno dell'abbandono scolastico abbia cause complesse e varie, spesso collegato a una condizione di svantaggio socioeconomico, alla provenienza da ambienti con basso livello di istruzione, al rigetto della scuola o ai cattivi risultati ottenuti, a fattori di attrazione del mercato del lavoro e/o a una combinazione di problemi sociali, psicologici, educativi e del territorio che pongono la persona in una situazione di rischio di abbandono;
per le suddette raccomandazioni preoccupa l'approvazione della delibera di giunta n. 25-5760 della regione Piemonte con la quale vengono tagliati drasticamente i trasferimenti per il trasporto pubblico locale (TPL), riducendo per il triennio 2013-2015 del 16,21 per cento gli importi messi a disposizione per i trasporti pubblici su gomma e ferrovia a favore di province e comuni piemontesi; particolarmente penalizzate dai tagli risultano essere sia la città Biella, che subirà un taglio del 35 per cento pari a 425.064 euro (passando da 1.139.194 a 714.130 euro), sia della sua intera provincia, che subirà un taglio del 34 per cento per l'anno 2013 per complessivi 1.589.652 euro (da 4.646.197 a 3.066.245);
infatti, l'inevitabile soppressione e riduzione delle linee derivanti dai mancati trasferimenti al trasporto pubblico locale, saranno particolarmente penalizzanti per gli studenti che risiedono nell'intera provincia di Biella, ovvero oltre l'85 per cento dell'attuale utenza delle linee extraurbane che all'improvviso si troveranno nell'impossibilità di raggiungere i diversi poli scolastici, con grave pregiudizio per il loro diritto allo studio;
dai recenti dati Istat emerge che la quota di giovani che abbandonano prematuramente gli studi in Piemonte e del 17,6 per cento e solo nella provincia di Biella raggiunge il 21 per cento –:
se il Ministro interrogato disponga di elementi in ordine alla questione rappresentata in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a fronte della stessa, considerato che il taglio di risorse al servizio di trasporto pubblico locale può evidentemente produrre ulteriori effetti sul fenomeno dell'abbandono scolastico. (4-01361)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 2, comma 11, ha istituito una addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sulle aeromobili pari ad un euro per passeggero imbarcato. Tale addizionale prevista in origine per il solo 2004, è stata poi resa strutturale;
il decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, all'articolo 6-quater, comma 1, ha modificato la destinazione della percentuale della quota residua destinata ai comuni del sedime aeroportuale (40 per cento in luogo del 20 per cento originario) e alle misure di tutela dell'incolumità delle persone e delle strutture (60 per cento in luogo dell'originario 80 per cento). Il medesimo decreto-legge, all'articolo 6-quater, comma 2, ha, altresì, incrementato l'addizionale comunale sui diritti di imbarco di un euro, destinando tale incremento ad un fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo;
la legge 27 dicembre 2006, n. 296, all'articolo 1, comma 1328, ha incrementato di ulteriori 50 centesimi l'addizionale comunale sui diritti di imbarco, destinando, a decorrere dal 2007, tale incremento ai servizi antincendio;
il decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2008, n. 252, ha modificato l'articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7; per effetto di tale modifica, l'incremento addizionale destinato al Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione del personale del settore del trasporto aereo è di tre euro (e non più di un euro) per passeggero imbarcato;
la legge 28 giugno 2012, n. 92, all'articolo 4, comma 75, ha incrementato, a decorrere dal 1o luglio 2013, l'addizionale comunale sui diritti di imbarco di ulteriori due euro da versare all'Inps;
la medesima legge 28 giugno 2012, n. 92, all'articolo 2, comma 48, ha previsto che, a decorrere dal 1o gennaio 2016, l'intero incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sia destinata alla Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali presso l'Inps;
per effetto della misura contenuta all'articolo 2, comma 48, della legge 28 giugno 2012, n. 92, a decorrere dal 1o gennaio 2016, l'incremento della addizionale non finanzierà più gli ammortizzatori sociali per il settore del trasporto aereo –:
se sia intenzione del Governo assumere iniziative per rivedere la norma contenuta nella citata legge n. 92 del 2012 al fine di assicurare la copertura degli ammortizzatori sociali per il settore del trasporto aereo. (5-00696)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il processo di liberalizzazione nel settore delle public Utilities, avviato dalla Commissione europea agli inizi degli anni Novanta, si è concretizzato, per quanto riguarda il settore postale, con l'introduzione della direttiva 97/67/CE;
tra i principali elementi della citata direttiva vi è l'obbligo a carico di ciascuno Stato membro di garantire il mantenimento di un servizio postale universale su tutto il proprio territorio (articoli 3 e 4);
il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, ha recepito la direttiva 97/67/CE, per lo sviluppo e il miglioramento del mercato interno dei servizi postali comunitari e della qualità del servizio, affidando alle Poste il servizio postale universale (articolo 23);
il finanziamento avviene in parte attraverso trasferimenti posti a carico dello Stato, secondo quanto disposto dall'articolo 3 del decreto, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58;
gli obblighi di servizio universale sono ribaditi, da ultimo, nel contratto di programma relativo al triennio 2009-2011;
parallelamente, è avvenuta la trasformazione delle Poste da «Amministrazione dello Stato» a «ente pubblico economico», e successivamente a «società per azioni», che ha prodotto la graduale divisione tra il settore del servizio universale e quello degli altri servizi tradizionalmente erogati;
negli ultimi anni, i piani industriali di Poste s.p.a. hanno privilegiato largamente i servizi a maggior valore aggiunto apparente, a scapito del servizio universale;
infatti, i dati relativi ai servizi erogati nell'ambito del servizio universale rivelano una diminuzione di 30.000 unità nel settore impegnato nella lavorazione di pacchi e corrispondenza negli ultimi 12 anni, e di circa 14.000 negli ultimi anni;
inoltre, il piano di riorganizzazione aziendale, presentato da Poste Italiane s.p.a. il 17 aprile 2012, ed inviato all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, prevede la chiusura di 1.156 sportelli presenti sul territorio nazionale, la razionalizzazione di 638 uffici con una riduzione dei giorni e degli orari di apertura e la soppressione di 1.410 zone di recapito;
tale piano, secondo le organizzazioni sindacali, come si apprende dalla stampa, ha determinato, nel 2012, l'ulteriore riduzione di 1.765 lavoratori nelle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Basilicata, mentre nel 2013, con l'estensione del provvedimento a tutto il territorio nazionale, la riduzione potrebbe essere dell'ordine di 10-12.000 unità con la chiusura di circa 2.000 uffici postali e una riduzione del 50 per cento degli appalti;
la riorganizzazione è stata decisa nonostante i risultati di bilancio 2011 siano positivi, 846 milioni di utili, migliorati nel 2012 raggiungendo i 1032 milioni di utile netto, che collocano il gruppo ai primi posti per redditività rispetto ai principali operatori internazionali;
i tagli non garantiranno più il servizio universale nei termini di uniformità di servizio su tutto il territorio, tariffe contenute, soddisfacente qualità del recapito nei termini stabiliti dal contratto di programma;
per contratto, infatti, la società è tenuta ad assicurare, sino all'anno 2016 (e con possibilità di proroga fino al 2026), per cinque giorni lavorativi a settimana, la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale;
le politiche di spending review poste in essere da Poste s.p.a. non rispettano gli obblighi del servizio universale e rispondono ad una logica strettamente economica, estranea all'operato di un'azienda che eroga un servizio pubblico;
il recapito a giorni alterni considerato da Poste s.p.a., abolirà il servizio quotidiano per i comuni più piccoli, creando una difformità tra zone ad alto e basso indice di popolazione;
negli ultimi anni, Poste s.p.a. ha incentivato l'esodo dei lavoratori prossimi al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento;
Poste s.p.a. deve affrontare il problema dei lavoratori cosiddetti esodati, ovvero dipendenti che hanno accettato di lasciare il posto per essere accompagnati alla pensione, e che si trovano oggi in difficoltà a causa dell'innalzamento dell'età pensionabile introdotto dalla riforma pensionistica realizzata dal Governo Monti (articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011, cosiddetta riforma Fornero) la quale, a decorrere dal 2012, ha sensibilmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento;
le problematiche connesse all'attuazione della riforma hanno indotto Governo e Parlamento a rivedere la platea dei soggetti ammessi al pensionamento secondo la normativa previgente, estendendola a più riprese;
la circolare n. 76 dell'INPS riepiloga le disposizioni normative relative alle cosiddette prima seconda e terza operazione di salvaguardia: prima salvaguardia (cosiddetta salvaguardia 65.000), articolo 24, commi 14 e 15, della legge n. 214 del 2011; seconda salvaguardia (cosiddetta salvaguardia 55.000), articolo 22, comma 1, della legge n. 135 del 2012; Terza Salvaguardia (cosiddetta salvaguardia 10.130), articolo 1, commi 231 e successivi, della legge n. 228 del 2012;
per effetto dei ripetuti interventi del legislatore, è stata garantita copertura previdenziale ad un totale di circa 140.000 lavoratori (fino al 2014);
attualmente, tuttavia, la molteplicità dei casi possibili, la necessità di certificazioni da parte dell'INPS, e i tetti prefissati dagli interventi di salvaguardia, non consentono di ridurre il livello di attenzione per i lavoratori esposti;
nello specifico, le aziende di fatto controllate dallo Stato, titolari di contratto di programma, i cui amministratori e manager vengono nominati dallo Stato, non hanno dato a giudizio dell'interrogante alcun segnale di condivisione e solidarietà sul problema;
a detta dell'interrogante, il loro unico obiettivo strategico sembra essere quello di scaricare sulla fiscalità generale tutte le presunte inefficienze al fine di presentarsi al mercato al meglio. Propongono, infatti, piani industriali centrati sempre sul drastico abbattimento del personale, l'unico asset non gradito, ripartendo gli effetti negativi, da una parte sullo Stato, in termini di costo e dall'altro sui cittadini in termini di qualità del servizio;
è significativo, come si apprende dalla stampa, l'atteggiamento di chiusura del presidente di Poste s.p.a., Giovanni Ialongo, per il quale il rientro in azienda dei lavoratori è impossibile, perché si tratta di personale uscito, che è stato incentivato con l'assunzione di un figlio o con un incentivo economico;
le difficili condizioni dei lavoratori succitati potrebbero avere risvolti drammatici: proprio sul sito di Poste s.p.a. viene evidenziata la tragica sequela di suicidi che hanno coinvolto i postini francesi in seguito alla ristrutturazione molto pesante operata nel settore della distribuzione da parte dell'omologa azienda francese;
come si legge sulla relazione al bilancio nel suo sito internet, Poste s.p.a. si è impegnata, per il 2013, a trasformare il rapporto di lavoro, da tempo parziale a tempo pieno, di un numero di risorse paria 400 nel 2013 e a 300 nel 2014;
nonostante l'effetto combinato dello sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e della crisi economica sia potenzialmente drammatico per il settore, il gruppo, nel suo complesso, realizza ricavi per oltre 24 miliardi di euro con utile netto per oltre 1 miliardo con più di 144.000 dipendenti. I dipendenti potenzialmente esposti rappresenterebbero meno dell'1 per cento della forza lavoro;
il gruppo ha previsto a bilancio accantonamenti cospicui a fronte di rischi per contenzioso in atto con l'Agenzia delle entrate e fondi per vertenze con il personale a vario titolo (inizialmente oltre 45.000);
il gruppo Telecom, con una dichiarazione congiunta con le rappresentanze sindacali, si è detto disponibile al reintegro dei lavoratori esodati, eventualmente esclusi, fino al raggiungimento dei requisiti pensionistici;
in attesa di soluzioni certe e definitive da parte del legislatore, Poste s.p.a., a detta dell'interrogante, dovrebbe farsi carico dei propri lavoratori con senso di responsabilità e di appartenenza –:
se non ritenga opportuno richiamare il management di Poste s.p.a. ad una politica più rispettosa delle potenzialità delle proprie risorse umane, innovando i processi e migliorando i servizi, senza ricorrere alla ricetta elementare della riduzione del numero degli occupati per effetto dello sviluppo tecnologico, posto che un'azienda socialmente sostenibile è in grado di utilizzare e valorizzare lo sviluppo tecnologico per liberare risorse preziose da utilizzare diversamente per altri prodotti e/o servizi esistenti o da creare;
se non ritenga opportuno di assumere iniziative per una revisione dell'attuale piano industriale, che presenti le alternative praticabili in termini di livelli occupazionali, con le relative conseguenze economiche;
se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché Poste si faccia carico del problema dei lavoratori esodati istituendo, all'interno di Poste Italiane s.p.a., un fondo di solidarietà a cui attingere per il versamento degli importi pattuiti con i lavoratori, anticipandoli, se del caso, per assicurare la fluidità dei pagamenti necessaria per la vita quotidiana, in attesa della definizione INPS;
se non ritenga di assumere iniziative affinché Poste s.p.a. modifichi il meccanismo della premialità manageriale, introducendo un obiettivo specifico per la conservazione e la riallocazione del personale esistente e dedicando parte dei premi a sostegno degli esodati. (5-00697)
ALBANELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in data 29 luglio 2011 la Wyeth Lederle S.p.A. di Catania, società del gruppo Pfizer, ha presentato un'informativa alle organizzazioni sindacali, sul conferimento del Centro di ricerca tossicologico e tossicogenomico alla Myrmex Spa, ai sensi dell'articolo 47 legge 29 dicembre 1990, n. 428, e successive modificazioni;
il 5 agosto 2011, la regione Sicilia, con deliberazione n. 189, si è fatta garante dei risvolti occupazionali del conferimento, deliberando un «Accordo di Programma» per il «Sostegno al progetto di sviluppo per la salvaguardia dell'occupazione del centro di ricerca della Pfizer Italia Spa»;
il 17 settembre 2011 è stato firmato il verbale di accordo tra: Wyeth Lederle S.p.A., Myrmex S.p.A., Rsu della Wyeth Lederle di Catania, Segreterie provinciali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil e Confindustria Catania, per il conferimento di ramo di azienda del Centro ricerche di tossicologia e tossicogenomica dalla suddetta Wyeth-Lederle alla Myrmex;
il conferimento in questione ha determinato il passaggio di 76 lavoratori alle dipendenze di Myrmex; inoltre, il conferimento di ramo di azienda prevedeva, tra l'altro, la voltura di progetti di ricerca già completati e finanziati dal MIUR;
il Piano industriale presentato da Myrmex alle organizzazioni sindacali al momento del conferimento, a oggi, purtroppo, non trova le condizioni di concretizzazione in quanto non è stato ancora dato corso ad alcuna attività produttiva;
in data 6 marzo 2013, la RSU di stabilimento e le segreterie provinciali hanno incontrato l'amministratore delegato dell'azienda, il quale ha annunciato il perdurare della condizione di difficoltà; tale situazione rischia di compromettere la realizzazione dell'intero progetto, con conseguenze gravissime sul piano occupazionale –:
se non intendano adoperarsi con la massima urgenza al fine di convocare un tavolo istituzionale – cui partecipino rappresentanti dell'azienda, delle istituzioni coinvolte e delle organizzazioni sindacali – volto a definire le modalità più consone a risolvere in maniera positiva la vicenda brevemente esposta in premessa, consentendo così il rapido ripristino dell'attività di uno strategico centro di ricerca di Catania e la conservazione del posto di lavoro dei suoi dipendenti. (5-00699)
Interrogazione a risposta scritta:
BUSIN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il settore della conceria, nonostante la grave crisi economica che sta interessando da anni tutta l'Europa, è uno dei settori trainanti dell'economia italiana ed una delle punte del made in Italy;
secondo i dati di settore più aggiornati, l'industria conciaria italiana impiega 18 mila addetti in oltre 1.300 aziende, la produzione annuale ha un valore pari a 4,9 miliardi di euro tanto che il settore è leader mondiale per valore della produzione (62 per cento del totale europeo e 17 per cento di quello globale), internazionalizzazione (27 per cento dell'export mondiale di pelli finite e 20 per cento dell'import globale di materia prima conciaria) oltre che livello tecnologico, stilistico e qualitativo;
il più importante comprensorio conciario si trova in Veneto, nella valle del Chiampo, in provincia di Vicenza, e si caratterizza per la contemporanea presenza di imprese medio-piccole e grandi gruppi industriali all'avanguardia nell'automazione e standardizzazione delle fasi di processo;
l'industria conciaria processa principalmente pelli bovine, che rappresentano oltre due terzi della produzione complessiva, seguita dalle ovine, le capre e le taglie bovine giovani e piccole, cioè i vitelli;
la principale materia prima del settore sono le pelli grezze e semilavorate le cui strategie e dinamiche d'acquisto sono elementi essenziali nella gestione aziendale e nella competizione commerciale, e che data la limitatezza degli allevamenti italiani, il fabbisogno dell'industria conciaria italiana è coperto solo in minima parte dalle macellazioni nazionali così che la restante parte deve obbligatoriamente essere reperita tramite le importazioni;
nel 2011, il settore ha importato materia prima da 128 Paesi per un totale di quasi 823 mila tonnellate, in aumento del 6 per cento rispetto all'anno precedente, e che dall'Unione europea, che storicamente rappresenta il più importante bacino d'acquisto per le concerie italiane, è arrivato il 54 per cento della materia prima importata, seguita dall'America Latina con il 16 per cento;
il settore è riuscito fino ad oggi a reggere il confronto internazionale e alla crisi soprattutto grazie alle esportazioni, anche se oggi il rischio deriva dal mercato internazionale delle materie prime;
l'industria italiana subisce infatti da anni una concorrenza strutturalmente sleale da parte dei più importanti competitori, che si trovano oltre i confini europei (India, Brasile, Cina, Nigeria) e si avvantaggiano attraverso il contemporaneo protezionismo sulla loro materia prima, metà del grezzo mondiale è sottratto al libero scambio, e pratiche dumping in ambito sociale ed ambientale;
nel 2012 il costo del grezzo è salito tra il 12 e il 23 per cento, ma dal 2011 si arriva a cifre tra il 20 e il 40 per cento, così che nel giro di pochi anni si rischia una scarsità di materie prime che potrebbe mettere in discussione il futuro di un settore determinante per l'economia italiana;
le associazioni di categoria dei produttori del settore della concia lamentano da tempo il fatto che le istituzioni europee, a dispetto di altri settori dove gli organismi di Bruxelles intervengono, non si stanno adeguatamente impegnando in tal senso, e nessun provvedimento viene assunto per controbilanciare il protezionismo dei Paesi terzi in questo settore –:
se non si ritenga opportuno avviare opera di moral suasion ed adoperarsi presso tutte le sedi competenti, al fine di sostenere e tutelare le aziende italiane operanti nel settore della concia nella fase di approvvigionamento delle materie prime così da evitare una concorrenza sleale da parte degli altri competitori e che potrebbe mettere in crisi le nostre imprese. (4-01354)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Giancarlo Giordano n. 5-00683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Pilozzi.
L'interrogazione a risposta in Commissione Frusone e altri n. 5-00687, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Catalano.
Ritiro di una firma da una mozione.
Mozione Luigi Di Maio e altri n. 1-00150, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 luglio 2013: è stata ritirata la firma del deputato: Furnari.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-00787 dell'11 giugno 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00697.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-00623 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 53 del 15 luglio 2013. Alla pagina 3324, prima colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga cinquantesima deve leggersi: «secondo quanto si apprende dalla stampa (articolo su La provincia Pavese del 1o luglio 2013) in data 30 giugno 2013 il magazzino è stato chiuso unilateralmente dalla CLO mediante la saldatura delle porte delle celle frigorifere e apposizione di lucchetti ai cancelli al fine di impedire l'ingresso dei lavoratori;» e non «in data 30 giugno 2013 il magazzino è stato chiuso unilateralmente dalla CLO mediante la saldatura di porte e cancelli e la sostituzione delle serrature dei capannoni, al fine di impedire l'ingresso dei lavoratori;», come stampato.
GIANCARLO GIORDANO, PILOZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il nostro Paese ha sperimentato per primo in Europa la cultura dell'integrazione attraverso l'abolizione delle classi differenziali, il riconoscimento del diritto all'istruzione e alla formazione per gli studenti disabili grazie ad una serie di interventi normativi di indubbia rilevanza come la legge 118 del 1971, la legge 517 del 1997, la legge 104 del 1992 e non ultima la 170 del 2010 in direzione di un passaggio di paradigma dall'integrazione all'inclusione;
la legge 53 del 2004 introduce, accanto al concetto di individualizzazione, il concetto di «intervento educativo personalizzato»;
la direttiva ministeriale «Strumenti d'intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica» del 12 dicembre 2012:
a) prevede di adottare il modello diagnostico ICF consentendo di includere, attraverso la denominazione di bisogni educativi speciali dell'alunno, nell'area dello svantaggio scolastica, una più ampia serie di condizioni prive di tutela legislativa. Oltre la disabilità (legge 104 del 1992) e i disturbi evolutivi specifici (legge 170 del 2010) sono menzionati infatti anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, gli alunni con deficit da disturbo dell'attenzione e dell'iperattività, del funzionamento cognitivo limite, e dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale;
b) individua quale strategia di intervento l'elaborazione di un percorso individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con BES anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate;
la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013:
a) attribuisce ai docenti, la responsabilità di: indicare in quali altri casi (oltre quelli stabiliti dalle leggi 104 del 1992 e 470 del 2010) sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative anche attraverso la redazione di un PDP deliberato dal Consiglio di classe, o team docenti, firmato dal dirigente scolastico, dai docenti e dalla famiglia. Inoltre, ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe o il team dei docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte.
b) introduce nell'organizzazione scolastica il GLI (Gruppo di lavoro per l'inclusione) che affiancherebbe il GLHI con il compito di:
1. rilevazione dei BES presenti nella scuola;
2. raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell'Amministrazione;
3. focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi;
4. rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;
5. raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive esigenze, ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera b, della legge 296 del 2006, tradotte in sede di definizione del PEI come stabilito dall'articolo 10 comma 5 della Legge 30 luglio 2010 n. 122;
6. elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l'inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno);
c) introduce nel piano dell'offerta formativa il piano annuale dell'inclusività che avrebbe dovuto essere:
1. discusso e deliberato in collegio dei docenti a giugno e inviato ai competenti uffici degli UUSSRR, nonché ai GLIP e al GLIR, per la richiesta di organico di sostegno, e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza;
2. adattato dal GLI a settembre in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola secondo – la previsione dell'articolo 50 della legge 35 del 2012 e sulla cui base il Dirigente scolastico, sempre a settembre, avrebbe dovuto procedere all'assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini «funzionali»;
la nota ministeriale del 27 giugno 2013 specifica che scopo del PAI è fornire un elemento di riflessione nella predisposizione del POF essendo uno strumento per una progettazione della propria offerta formativa in senso inclusivo e che l'anno scolastico 2013/14 sarà utilizzato per sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative ma il PAI non sostituisce le richieste di organico di sostegno;
la storia della scuola in Italia è anche la storia di una cultura educativa costantemente tesa ad includere, fondata su interventi legislativi sostanziali, difficilmente si comprende la scelta del precedente Ministro di attribuire a strumenti, quali una direttiva ed una circolare ministeriale, piuttosto che ad un più robusto e cogente impianto normativo, temi quali quello dell'implementazione di un sistema di inclusività maggiormente esteso e dunque ulteriore garanzia di equità del sistema di istruzione e formazione;
dalla direttiva 27 dicembre 2012 e dalla circolare ministeriale n. 8 del 2013 non si evince con chiarezza quali siano gli strumenti di rilevazione, con indicatori e descrittori che dovrebbero essere omogenei su territorio nazionale, soprattutto in relazione a quelle tipologie di BES non tutelate dalle leggi vigenti e quindi di più complessa individuazione;
l'indeterminatezza di alcune tipologie di BES come anche la loro incerta attribuzione alle fattispecie normate dalla legge 104 del 1992 ha alimentato il timore di una riduzione degli organici di sostegno;
a questa indeterminatezza di strumenti di rilevazione corrisponde anche una certa vaghezza nell'individuazione delle risorse che dovrebbero realizzare l'implementazione del sistema di inclusività dei BES, in numero ed in tipologia, poiché non appare sufficientemente esplicitato se sarà assegnato ai soli docenti di sostegno o anche a risorse aggiuntive di docenti non di sostegno il compito di supportare, insieme ai docenti curriculari, gli alunni con BES;
l'organico funzionale, richiamato dalla citazione della legge 35 del 2012, è un progetto organizzativo a venire e che quindi, ogni ulteriore risorsa che fosse pervenuta alle scuole a settembre 2013, non sarebbe andata oltre il mero organico di fatto e dunque oltre il mero adeguamento a situazioni nuove pervenute comunque nel rispetto dei vincoli del rapporto docente/alunni stabilito dalla circolare sugli organici per l'anno scolastico 2013/14;
tutto ciò ha generato disorientamento nel corpo degli operatori scolastici tutti soprattutto perché una reale cultura dell'inclusività richiederebbe come premessa necessaria la revisione decisa delle scelte di riduzione degli organici e del tempo scuola operate a partire dall'articolo 64 della legge 133 del 2008 e dalle riforme conseguenti –:
se il Ministro condivida e ritenga concluso l’iter normativo del sistema di inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali attraverso la direttiva 27 dicembre 2012 e la circolare ministeriale n. 8 del 2013 o se invece riterrà necessario, in accompagnamento alla sperimentazione, di cui alla nota ministeriale del 27 giugno 2013, assumere iniziative per irrobustire legislativamente questo intervento a sostegno della implementazione di un sistema di inclusione che possa porre le scuole del nostro Paese nelle condizioni di dare reale risposta a bisogni così differenziati, in realtà territoriali anche molto eterogenee;
quali interventi saranno realizzati per garantire omogeneità di formazione del personale nella sua interezza, di coinvolgimento di tutti gli ordini di scuola (inclusa la scuola dell'infanzia, che non appare menzionata), di dispositivi di rilevazione degli alunni con BES, soprattutto per quelle condizioni non tutelate finora da alcun intervento normativo;
quali risorse intenderà riservare all'ampliamento dell'organico, non solo del sostegno, alla conseguente realizzazione dell'organico funzionale, alla estensione del tempo scuola e a finanziamenti aggiuntivi a supporto specifico dell'inclusività. (5-00683)
FRUSONE, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, RIZZO, DELL'ORCO, ARTINI, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 31 marzo 2004 L'Enac accoglie la richiesta della Società HFD di subentrare nella concessione dell'Aeroclub della Ciociaria su Aquino e comunica alla DCA (Ciampino) di riferimento di procedere alla cessazione della concessione dell'AEC della Ciociaria per mancato pagamento dei canoni demaniali. Canoni che poi saranno interamente pagati dalla HFD che, subentrando, si accolla i debiti pregressi del vecchio aeroclub;
in data 16 settembre 2004 L'HFD sollecita l'Enac per il subentro nella concessione su Aquino: suo scopo realizzare sull'Aeroporto un Centro federale polivalente di sport aeronautici;
in data 4 ottobre 2004 l'Enac area gestioni aeroportuali esprime alla DCA Ciampino parere favorevole al subentro dell'HFD nella concessione;
in data 19 settembre 2005 l'Enac invia all'HFD la pre accettazione della concessione che l'HFD firma, accettando conseguentemente il canone prestabilito unilateralmente dall'Enac e mai contestato dal demanio (canone ricognitorio);
in data 29 settembre 2005 il geometra Guerrini, in sostituzione del direttore della DCA Ciampino dottor Sergio Legnante, consegna come da verbale all'HFD i beni in concessione tenendo conto dell'accollo dei debiti pregressi dell'Aeroclub della Ciociaria ed alla manifestazione dell'HFD di realizzare a proprie spese sull'aeroporto un Centro federale polivalente di sport aeronautici;
in data 20 giugno 2006 l'HFD richiede il prolungamento temporale della concessione Enac ad un minimo di anni 6+6, per ammortizzare le notevoli spese di ripristino dell'area sostenute e da sostenere;
in data 7 agosto 2006 l'Enac valuta positivamente il rinnovo della concessione con aumento a 6+6 protocollo 1671 del 21 settembre 2005, a patto che l'HFD realizzi a sua cura e spese la rete di recinzione per la messa in sicurezza di tutto il sedime aeroportuale, la ristrutturazione completa dei manufatti in concessione visto l'alto degrado in cui versano, la riqualificazione della pista erbosa non più utilizzata per il traffico aereo da 15 anni;
in tale concessione si richiede al demanio di impartire le dovute istruzioni per l'introito del cennato canone annuo (Capitolo 3563 – Articolo XV – Capo 5 – cod.839/T) nonché di esprimere il proprio definitivo concordamento sul relativo ammontare, tali istruzioni ed il concordamene non sono mai giunte non certo per cause imputabili all'HFD (non è noto se siano giunte con posta interna demanio Enac a DCA Ciampino);
in data 5 febbraio 2008 L'HFD invia una lettera al dottor Vito Riggio, presidente Enac, evidenziando i problemi che la società sta avendo sull'aeroporto di Aquino, nel quale, nonostante abbia investito quasi 800.000 euro in opere, non può ancora svolgere attività di volo. L'HFD chiede, quindi, una concessione come gestore aeroportuale, visto che di fatto lo è;
in data 17 luglio 2012 Enac DCA, ad 8 anni dall'inizio della concessione, chiede ad HFD conto dell'iscrizione al Centro sportivo italiano (Ente di promozione sportivo), «condizione indispensabile per l'HFD», dichiara la DCA, per continuare a pagare i canoni demaniali al 10 per cento (canoni ricognitori); e in data 20 luglio 2012, l'HFD invia all'Enac DCA Ciampino tutti gli attestati d'iscrizione al Centro sportivo italiano (Ente di promozione Sportiva) dal 2005 al 2012, come richiesto dalla DCA Ciampino;
in data 11 ottobre 2012 Aeroclub d'Italia dà il suo benestare per procedere alla certificazione della scuola VDS dell'HFD sull'aeroporto di Aquino in attesa del nulla osta ad operare della DCA Ciampino;
in data 30 gennaio 2013 HFD, come da essa stessa dichiarato, riceve una strana ingiunzione di pagamento da parte di una società di consulenza;
in data 8 febbraio 2013 HFD riceve una raccomandata da Enac DCA Ciampino (datata 18 gennaio 2013) inerente il ricalcolo dei canoni demaniali, dove viene richiesto l'immediato pagamento di quasi 200.000 euro di adeguamento canoni passati e di pagamento per il futuro dei canoni pieni, poiché, dichiara la DCA, l'HFD, per la sua natura giuridica, non ha diritto ad alcuna agevolazione precisando, che le attestazioni richieste d'iscrizione al Centro sportivo italiano nella lettera del 17 luglio 2012 «indispensabili al riconoscimento del canone agevolato al 10 per cento», in realtà sono ininfluenti;
l'attuale direttore è lo stesso che ha firmato e rilasciato le concessioni all'HFD fin dal 2005;
in data 20 febbraio 2013 l'HFD ha risposto alla missiva del 18 gennaio 2013 precisando, punto per punto, tutte le motivazioni legislative e non, per cui avrebbe il pieno diritto a pagare un canone concessorio ricognitorio;
in data 20 marzo 2013 l'Enae DCA Ciampino comunica con raccomandata datata 26 febbraio 2013, ma spedita 19 marzo 2013, che non rinnova la concessione di alcune aree (a due anni) in scadenza all'HFD, perché questa risulta morosa, non avendo pagato i 200.000 euro di adeguamento dei canoni concessori dal 2005 ad oggi, come richiesto dall'Enac DCA Ciampino nella precedente missiva inviata, ricevuta dall'HFD l'8 febbraio 2013;
in data 23 maggio 2013 L'Aeroclub d'Italia certifica, con il n. 435, l'HFD come scuola di VDS/VM basico ed avanzato sull'Aeroporto di Aquino e il 31 maggio 2013 anche sul campo di volo di Giuliano di Roma;
i lavori realizzati dall'HFD tra 2005/2008 ammontano ad euro 849.044,14 come da computo metrico presentato ad Enac e demanio, ad euro 262.161,07 come da computo metrico 2009/2011, ad un valore tra 200.000 e 300.000 euro come da computo metrico in via di determinazione di lavori effettuati, e in via di conclusione per il computo metrico da presentare ad ENAC e demanio; tutto questo da aggiungere al costo di gestione societario e manutenzione ordinaria dell'aeroporto che ammonta a circa 70/80.000 euro l'anno;
nel 2012, a lavori ultimati, l'HFD viene a conoscenza che gli edifici dati in concessione non sono accatastati e pertanto l'Acea non può procedere all'allaccio dell'acqua;
come previsto dall'articolo 703 del Codice della navigazione in seguito alle modifiche apportate dal decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 le opere non amovibili, costruite sull'area demaniale, restano acquisite allo Stato, fatto salvo l'obbligo di rimborsare, da parte dei concessionario subentrante, il valore contabile residuo non ammortizzato. Valore che dato l'utilizzo fatto si aggira attorno al 90 per cento del capitale investito;
una società sportiva dilettantistica senza fine di lucro, costituita a norma dell'articolo 90 della legge 289 del 2002 e successive modificazioni, e parificata alle associazioni sportive dilettantistiche dovrebbe rientrare a pieno titolo tra i soggetti senza scopo di lucro, così come stabilito dall'articolo 90 legge 289 del 2002;
è noto il regime di favore accordato dal demanio marittimo alle società sportive dilettantistiche, con applicazione del canone ricognitorio ridotto al 10 per cento nei casi in cui il concessionario non ritragga alcun utile o provento dalla concessione (cfr. circolare Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – direzione generale per i porti 25 maggio 2009 prot. n. MTRAIPDRTU6843);
la legislazione di settore (articolo 90 della legge 289 del 2002) nel rispetto del criterio di specialità (lex specialis derogat legi generali) riconosce il carattere di specialità del diritto delle società sportive senza scopo di lucro, ancorché costituite in forma di società di capitali, e la loro assimilazione alle associazioni senza scopo di lucro;
il comma 25 dell'articolo 90 della legge 289 del 2002 stabilisce che: nei casi in cui l'ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche;
l'impossibilità ad usufruire di un bene pubblico strategico per lo sviluppo economico del territorio va a ledere l'intera collettività –:
se non ritenga ingiustificata la richiesta del dottor Legnante, dirigente della direzione aeroportuale di Roma Ciampino, per conto dell'ENAC;
quali provvedimenti e iniziative intenda porre in essere per ovviare alla situazione di incertezza creatasi in relazione ai fatti sopra descritti. (5-00687)
La Camera,
premesso che:
lo studio «Sentieri» (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento finanziato dal Ministero della salute e svoltosi tra il 2007 e il 2010) inserisce ben 77 comuni del litorale domizio flegreo e agro aversano (Acerra, Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano, Cancello ed Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal di Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla, Caserta, Castel Volturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino, Cesa, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Curti, Falciano del Massico, Francolise, Frignano, Giugliano in Campania, Grazzanise, Gricignano di Aversa, Lusciano, Macerata Campania, Maddaloni, Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli, Mondragone, Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete, Pomigliano d'Arco, Portico di Caserta, Pozzuoli, Qualiano, Quarto, Recale, Roccarainola, San Cipriano d'Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa, Sant'Arpino, Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Tufino, Villa di Briano, Villa Literno, Villaricca, Visciano) e ben 11 comuni dell'area del litorale vesuviano (Boscoreale, Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Ercolano, Pompei, Portici, San Giorgio a Cremano, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase) tra i SIN, ovvero siti di interesse che necessitano con urgenza di un piano di bonifica;
gran parte di questi siti sono collocati nella cosiddetta «Terra dei Fuochi», dove da anni si consuma uno dei delitti ambientali più atroci: lo sversamento illegale, incessante e continuo di rifiuti industriali pericolosi e tossici sulla terra, dentro la terra, che vengono poi dati alle fiamme per occultare le prove. Roghi che rimettono in circolazione nell'aria i rifiuti: è la morte dello Stato, il trionfo dell'illegalità, una condanna per gli abitanti, per l'economia, la terra, l'acqua e l'aria;
tutto questo è la cosiddetta «Terra dei Fuochi» quell'area compresa tra il litorale domitio-flegreo, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, dove ogni giorno, più volte il giorno, tonnellate di rifiuti industriali, urbani e speciali, sono abbandonati incontrollatamente ai margini delle strade o nelle campagne e poi dati alle fiamme. Uno smaltimento a basso costo per chi compie questi atti illeciti, che ha però un costo altissimo in termini di salute per chi lo subisce;
la combustione di materiali eterogenei e pericolosi, infatti, sprigiona una quantità enorme di fumi tossici che, oltre ad avvelenare l'aria di tutta la zona e dei territori limitrofi, ricadendo al suolo compromette irrimediabilmente le colture e gli allevamenti presenti, immettendo attraverso la catena alimentare, un'enorme quantità d'inquinanti tossici, incontrollati e incontrollabili, fortemente nocivi per la salute umana. Molti di questi prodotti alimentari, sottoposti a controlli insufficienti, sono poi commercializzati su tutto il territorio nazionale, con conseguenze nocive per la salute di chi li mangia e per le economie sane della Campania;
gli abitanti dell'intera area, una delle più densamente popolate d'Europa, in molti casi senza percepire il reale pericolo, sono costretti a vivere in un luogo altamente inquinato da sostanze molto tossiche (diossine, pcb, pcbdl, e altro) e ad altissime percentuali;
tali sostanze procurano una serie di malattie a partire dalla semplice «depressione» fino a quelle più gravi e serie, come le malattie tumorali, SLA, sclerosi, lupus, e altro. L'inquinamento ambientale, infatti, procura uno stress ossidativo cellulare e mitocondriale che a sua volta produce una serie di danni seri ed irreversibili all'organismo umano;
recenti studi statunitensi del professor Martin Pall della Washington State University, avrebbero accertato che gli agenti inquinanti innestano un circolo vizioso in cui le sostanze tossiche con le quali veniamo in contatto a livello «locale» (attraverso la cute, gli occhi, nel tratto delle alte vie respiratorie o anche di quello gastrico-intestinale), e cioè molte sostanze chimiche o anche altri fattori stressogeni di tipo «naturale» come i virus o i batteri e le muffe, attivando a più livelli i recettori NMDA (N-Metil-D-Aspartato), molecole presenti in diversi organi, portano alla trasformazione continua di NO (Ossido nitrico) in ONOO (perossinitrito). Tale trasformazione – sempre secondo il professor Pall – una volta «cronicizzatasi», genera, poi, processi di tipo infiammatorio e ossidativo e la diminuzione delle capacità «detossificante» negli organi deputati allo smaltimento delle scorie metaboliche, processi difficili da fermare e che scatenano meccanismi di sensibilizzazione locale che agiscono, di fatto, «aprendo la porta» a pesanti patologie di tipo sistemico;
in altre parole, tali reazioni – denominate ciclo NO-ONOO – rovinerebbero la membrana cellulare che da impermeabile diventa permeabile permettendo, in questo modo, di far entrare nella cellula sostanze che non dovrebbero esserci, alterando il funzionamento della cellula stessa, formando mutazioni epigenetiche e bloccando il funzionamento di alcuni geni. Tali mutazioni epigenetiche si trasformerebbero in mutazioni genetiche per le future generazioni causando nascite di bambini già ammalati o predisposti ad una serie di terribili malattie;
sono pochissime le famiglie della zona risparmiate da malattie e soprattutto le percentuali di tumori, cancri, leucemie e linfomi sono aumentate in maniera considerevole: è sufficiente controllare le percentuali di casi in tutto il territorio per rendersi conto che nella zona c’è il più alto tasso di questi tipi di malattie e una riduzione della vita media rispetto al resto dell'Italia;
alla luce di quanto esposto, è di tutta evidenza come sia urgentissimo procedere ad interventi di bonifica del territorio, anche perché la situazione dei danni genetici, che aumenteranno di padre in figlio, causerà un «genocidio»: è stato infatti stimato che rebus sic stantibus restano circa 5 generazioni prima che il «genocidio» si compia;
peraltro, l'ultima stima sui tempi di eventuali bonifiche fatta dal Ministro della salute pro tempore Renato Balduzzi ha rilevato che, partendo subito, ci vorranno circa 50 anni per decontaminare il territorio in oggetto e che comunque il carico tossico maggiore, pur eliminando da subito tutte le cause, ci sarà nei prossimi 25-35 anni: un'intera generazione, pur non colpevole, dovrà pagare un conto salatissimo per gli errori fatti dalle istituzioni e da chi ha permesso questo orribile scempio;
a conferma di quanto esposto, si segnalano gli studi che la NATO di prassi svolge sulla condizione ambientale dei luoghi dove risiedono e lavorano i suoi dipendenti civili e militari. Da tali studi, che rappresentano uno dei pochi rapporti pubblici sulla condizione ambientale campana, emerge che molti comuni della zona sono indicati come luoghi nei quali è assolutamente sconsigliabile vivere e che il famoso «triangolo della morte» è diventato una figura geometrica molto più complessa. Le zone altamente tossiche sono aumentate a dismisura negli ultimi decenni e sono molto vicine tra di loro: tutta la provincia di Napoli, la zona del vesuviano, il casertano fino al confine con il Lazio risultano essere territori fortemente contaminati da sostanze tossiche;
in tale gravissimo contesto, con decreto del Ministro dell'interno del 26 novembre 2012 è stato nominato «Commissario ai Roghi» il viceprefetto Donato Cafagna, per supportare e coordinare le azioni intraprese nel perseguimento dell'obiettivo di contrasto a questo fenomeno delittuoso; nell'ambito delle attività condotte dai soggetti coinvolti (viceprefetto, prefetture di Napoli e Caserta, forze di polizia, regione, province, comuni, ARPAC, ASL, associazioni ambientaliste, comitati di cittadini), è stato sottoscritto un patto per la Terra dei Fuochi che prevede una serie di azioni finalizzate al contrasto del fenomeno. Tra le misure adottate, si segnalano: l'attivazione presso le prefetture di Napoli e Caserta di gruppi operativi interforze di contrasto alle condotte e alle attività illecite; la costituzione di una cabina di regia presso la prefettura di Napoli per l'attivazione degli interventi amministrativi d'integrazione e necessario corollario all'azione di contrasto delle forze dell'ordine (tale cabina di regia ha stabilito di avviare alcune pratiche per supportare i comuni, quali la predisposizione di linee guida elaborate da ARPAC per la rimozione dei rifiuti abbandonati e la prevenzione dei roghi); l'attivazione sul sito della prefettura del portale «Prometeo» per la trasparenza sull'operato e per la comunicazione e le segnalazioni da parte dei cittadini; l'avvio di corsi di formazione per comandanti e operatori di polizia municipale; l'attivazione di finanziamenti regionali per implementare videosorveglianza e telecontrollo; l'esclusione dal calcolo delle percentuali di differenziata raggiunta dai comuni dei rifiuti abbandonati raccolti; l'impegno ad attivare un comitato di coordinamento dei flussi per il trattamento e conferimento della frazione combusta, per fornire tempestivamente indicazioni ai Comuni interessati;
purtroppo le attività intraprese, da oltre un anno ormai, non rappresentano una risposta efficace e strutturale al problema. Si tratta ancora una volta di una struttura commissariale ed eccezionale, di per sé costosa, che non muta la gestione ordinaria del monitoraggio e del controllo, non ha espresso risultati significativi e non è garanzia di un cambiamento strutturale nell'approccio al problema;
è necessario che dette attività siano invece accompagnate da importanti azioni complementari, così da dimostrare la ferrea volontà di sconfiggere una volta per tutte la criminalità e l'illegalità che genera questo fenomeno;
relativamente al patto che è stato sottoscritto nel mese di maggio 2013, questo prevede l'impegno da parte dei comuni interessati al monitoraggio e alla rimozione dei rifiuti illecitamente abbandonati. È predisposto da parte dell'ARPAC un manuale di linee guida delle procedure per la rimozione ma, come noto, il problema principale, non è stabilire come fare, ma è la volontà delle istituzioni locali di provvedere agli interventi;
non essendo previsti nel patto tempi certi e sanzioni forti per i comuni e gli amministratori che non provvedano a intervenire repentinamente a seguito di segnalazioni, da parte delle forze dell'ordine o dei cittadini, nei siti di rifiuti illecitamente abbandonati, l'impegno assunto in linea teorica si traduce sostanzialmente in un nulla di fatto. Stando così le cose risultano inefficaci le azioni volte a prevenire i roghi, i traffici illeciti dei rifiuti industriali pericolosi e non e dei rifiuti urbani e speciali;
peraltro, gli interventi destinati alla prevenzione dei roghi e dei traffici illeciti di rifiuti urbani e speciali non sarà possibile fino a quando non si consentirà ai comuni l'allentamento del patto di stabilità, per il capitolo relativo alla realizzazione di tali interventi in ambito ambientale (monitoraggio, rimozione rifiuti abbandonati e loro corretto smaltimento),
impegna il Governo:
alla luce dell'atroce situazione delineata in premessa:
a porre in essere tutte le forme di controllo incisivo del territorio campano atte a far cessare il criminale e illecito sversamento di rifiuti tossici in zone agricole e ad alta densità abitativa;
ad intraprendere gli improrogabili interventi di bonifica del territorio campano, al fine di cercare almeno di limitare i danni di decenni di scellerate politiche di gestione ambientale del territorio;
ad avviare, con un adeguato coinvolgimento del Ministero della salute, una massiccia campagna di indagini epidemiologiche finalizzate a fare luce sull'impatto delle contaminazioni sulla salute delle popolazioni residenti, anche dando ampia pubblicità ai risultati al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla nocività di certi comportamenti criminali, non essendo concepibile che gli unici dati a disposizione siano quelli forniti dalla NATO;
ad istituire un tavolo tecnico permanente, che funga da cabina di regia, presso il Ministero dell'ambiente e per la tutela del territorio e del mare nel quale siano coinvolte le associazioni e i comitati di cittadini da anni impegnati nelle lotte a difesa del territorio, personalità del mondo scientifico competenti in materia e rappresentanti di regione ed enti locali, al fine di monitorare la ingravescente situazione sopra illustrata e valutare le soluzioni più adatte alla risoluzione dei disastrosi problemi, in particolare, tale tavolo tecnico permanente dovrebbe essere finalizzato:
a) a svolgere attività di impulso, promozione e definizione di strumenti volti alla bonifica e al risanamento dei territori contaminati, nonché al monitoraggio e al controllo sull'esecuzione di tali strumenti;
b) a rappresentare una sede di confronto istituzionale tra il Ministero, gli enti territoriali e le associazioni portatrici degli interessi diffusi delle popolazioni coinvolte, con particolare riferimento al punto di vista della comunità scientifica, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all'impatto sulla salute;
c) a promuovere le suddette indagini epidemiologiche volte a fare luce sull'impatto delle contaminazioni sulla salute delle popolazioni residenti;
ad assumere iniziative normative per consentire ai comuni interessati l'allentamento del patto di stabilità, indispensabile con riferimento esclusivamente ai capitoli relativo alla realizzazione di tali interventi in ambito ambientale (monitoraggio, rimozione rifiuti abbandonati e loro corretto smaltimento).
(1-00150) «Luigi Di Maio, Nuti, Agostinelli, Artini, Alberti, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Paolo Bernini, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
PELUFFO. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso quanto segue:
Autogrill S.p.A. («Autogrill»), controllata al 59,3 per cento dalla famiglia Benetton tramite la finanziaria Edizioni Srl, oltre a gestire l'omonima catena di ristoranti e fast food, gestisce la concessione di marchi americani come Starbucks o Pizza Hut, possiede catene di ristoranti come Spizzico, con più di 5.300 punti vendita in oltre 1.200 località del nostro Paese dando lavoro, nel complesso, a circa diecimila dipendenti sul territorio nazionale, con un fatturato di 5,84 miliardi l'anno (4 dei quali provenienti proprio dal settore della ristorazione, dislocati in tutto il territorio nazionale, certificata SA 8000 (per social accountability); il gruppo industriale facente capo alla famiglia Benetton vanta diverse concessioni, tra le quali spicca quella relativa alla gestione di un'ampia parte della rete autostradale del nostro Paese;
Autogrill è altresì proprietaria del deposito merci sito in Pieve Emanuele, via Berlinguer;
nel corso dell'anno 2012 Autogrill ha avviato procedure di licenziamento per ogni singola regione, non affrontando la questione in modo generale sul territorio nazionale; tale pratica è stata oggetto di interrogazione a risposta in Commissione presentata dallo scrivente in data 21 maggio 2012 presso la XI Commissione Camera, agli atti n. 5/06895 che non ha avuto risposta;
Autogrill, con proprio comunicato, ha dichiarato di aver valutato una «ridefinizione della struttura logistica alla luce di un cambiamento nel modello di business» a seguito di una situazione contingente che vede – secondo i dati forniti dall'azienda – un calo di vendite del 10 per cento nel 2012 sul canale autostrade e una flessione del traffico che nell'ultimo anno è stata del 7 per cento ma del 13 per cento negli ultimi tre anni, con una riduzione dei volumi gestiti dal magazzino di Pieve Emanuele sopra menzionato;
nell'ambito di tale politica di riassetto aziendale, nel corso dell'anno 2012, l'azienda ha affidato l'appalto per la gestione di tale deposito alla società Si.Lo, che, a sua volta, ha incaricato della gestione operativa la cooperativa Clo S.C.R.L. («CLO»);
sin dal settembre 2012, secondo quanto riportato da un comunicato di Fit-CISL, la società cooperativa CLO aveva dichiarato che non avrebbe mantenuto i livelli occupazionali e le condizioni economiche precedentemente in essere con i lavoratori, in difformità con le garanzie fornite in precedenza da Autogrill, che si era formalmente impegnata a mantenere tutti e 110 i lavoratori della piattaforma;
nel mese di ottobre 2012, a seguito di trattative tra le parti coinvolte, con la mediazione anche dell'amministrazione comunale di Pieve Emanuele, era stato raggiunto un accordo che prevedeva l'assunzione piena a tempo indeterminato di tutti i lavoratori da parte della CLO;
secondo quanto si apprende dalla stampa (articolo su La provincia Pavese del 1° luglio 2013) in data 30 giugno 2013 il magazzino è stato chiuso unilateralmente dalla CLO mediante la saldatura delle porte delle celle frigorifere e apposizione di lucchetti ai cancelli al fine di impedire l'ingresso dei lavoratori;
mediante la saldatura di porte e cancelli e la sostituzione delle serrature dei capannoni, al fine di impedire l'ingresso dei lavoratori;
secondo quanto si apprende dalla stampa, Autogrill afferma che non si tratta più di dipendenti di Autogrill ma del consorzio Si.Lo che ha dato in gestione lo stabilimento alla CLO, mentre la CLO, sempre in base alle affermazioni che si possono leggere sulla stampa locale e nazionale, affermerebbe che le modalità di chiusura siano state decise da Autogrill;
la chiusura dello stabilimento Autogrill non è l'unica questione relativa al lavoro attualmente in corso a Pieve Emanuele: contestualmente anche altre aziende del territorio hanno annunciato esuberi o chiusure. Tale situazione, sommata alla vicenda Autogrill si sta tramutando in una grave emergenza di natura sociale difficilmente affrontabile da parte dell'amministrazione comunale –:
se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali iniziative si intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e se siano stati rispettata i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali sul comparto lavorativo afferente al sito di Pieve Emanuele, dove le famiglie dei lavoratori si sono trovate senza sostentamento d'improvviso e senza un preventivo confronto sindacale. (5-00623)