TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 601 di Lunedì 4 aprile 2016

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE AL RICONOSCIMENTO DELLA FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA COME MALATTIA RARA E A GARANTIRE UNA PIÙ EFFICACE E OMOGENEA ASSISTENZA SANITARIA IN RELAZIONE A TALE PATOLOGIA

   La Camera,
   premesso che:
    si stima che in Europa il numero di soggetti affetti da malattie rare sia compreso tra i 25-30 milioni;
    in Italia, si ritiene che il numero delle persone colpite da malattie rare sia intorno ai 2 milioni. Appare dunque evidente come le «malattie rare», che non sono affatto tali quando vengono viste nel loro complesso per le peculiarità che di norma rendono difficoltosa la loro diagnosi e il loro trattamento, costituiscono un tema cruciale nella sostenibilità delle politiche di sanità pubblica;
    assolutamente speciale è poi la condizione dei pazienti affetti da malattie rare residenti nelle aree insulari del Paese, dove l'incidenza è di gran lunga superiore a quella delle altre regioni italiane per via della stretta correlazione tra la condizione di segregazione geografica e la ridotta circolazione del patrimonio genetico. Per quanto attiene in particolare alla regione Sardegna, la componente genetica alla base delle malattie rare conferisce all'Isola un triste primato negativo;
    le malattie rare hanno un elevato costo di gestione e incidono in modo significativo sulla spesa del sistema sanitario regionale, specie nelle aree del Paese particolarmente svantaggiate. Tale condiziona genera il rischio di creare vere e proprie «malattie orfane», prive di adeguata risposta sanitaria, con conseguente «sensazione di abbandono» dei malati e delle famiglie e accentuazione della triste consuetudine dei «viaggi della speranza» verso il sistema sanitario di regioni diverse da quella di residenza, se non verso altri Paesi europei;
    il 29 febbraio 2016 si è celebrata la IX giornata delle malattie rare: il più importante appuntamento nel mondo per i malati rari, i familiari, gli operatori medici e sociali del settore. Questa ricorrenza persegue fondamentalmente tre obbiettivi: superate le disuguaglianze dell'accesso alle cute e ai farmaci nei diversi Paesi Ue (e, talvolta, all'interno di uno stesso Paese); diffondere tra i cittadini e tra gli stessi operatori la più ampia consapevolezza sulle malattie rare e sollecitare nuovi fondi per la ricerca;
    tra le numerosissime malattie rare, è annoverata la fibrosi polmonare idiopatica (Idiopatic Pulmonary Fibrosis – IPF): patologia cronica, progressiva ed irreversibile ad esito infausto, che determina la formazione di tessuto fibrotico-cicatriziale a livello polmonare con conseguente declino della sua funzionalità. Il decorso di questa malattia provoca nel tempo ingravescente insufficienza respiratoria con intolleranza allo sforzo e dispnea intensa, sino all’exitus. Il periodo di sopravvivenza dalla diagnosi, mediamente non supera i 2-5 anni, con una progressiva limitazione della funzionalità respiratoria che costringe al ricorso sistematico all'ossigenoterapia;
    attualmente, in Europa si stima che il numero di soggetti affetti da IPF sia compreso tra 80.000 e 111.000, ma tali cifre sono destinate ad aumentare dal momento che ogni anno la IPF viene diagnosticata a circa 35.000 nuovi pazienti nell'ambito dell'Unione europea. In Italia, la prevalenza di questa patologia è di circa 30-40 casi ogni 100.000 abitanti. Sono colpiti soprattutto gli uomini tra i 50 e 70 anni, ma si registrano anche diversi casi in età precoce;
    l'eziologia di questa patologia è tuttora sconosciuta (per tale ragione viene classificata come «idiopatica») e la stessa diagnosi è spesso ritardata sia a causa della sua origine oscura, che per la particolare complessità di identificazione dei sintomi iniziali da parte del personale sanitario. Per molti anni la fibrosi polmonare idiopatica è rimasta incompresa, proprio poiché la sintomatologia era spesso sovrapponibile a quella di molte altre malattie polmonari, soprattutto dell'anziano. Ancora o l'assenza del corretto «dubbio diagnostico» porta il paziente ad effettuare innumerevoli e defatiganti esami prima di giungere ad una diagnosi certa, per la quale sono talora necessari diversi anni;
    per una persona affetta da fibrosi polmonare idiopatica i più semplici atti quotidiani della vita diventano via via più difficili con il decorso della malattia e le limitazioni alla conduzione di una normale vita lavorativa, familiare e relazionale sempre più pesanti. È pertanto fondamentale una diagnosi precoce finalizzata sia ad un rapido accesso ad un centro specializzato in grado di offrire la presa in carico globale del paziente che all'affiancamento psicologico del malato e dei suoi familiari;
    in tale quadro, un ruolo centrale è attualmente svolto dalle associazioni di pazienti e dalle molteplici azioni di awarness che queste ultime svolgono, spesso sostituendosi alle istituzioni sanitarie, riuscendo a garantire una migliore aderenza alla terapia;
    la scarsità di informazioni e la carenza di consapevolezza del pubblico (e degli stessi operatori sanitari) verso questa malattia rara ha favorito la nascita di network tra i malati ed i principali stake holders del settore (medici, ricercatori, industria farmaceutica). Il risultato tangibile di tale collaborazione è rappresentato dalla nascita della Federazione europea per la fibrosi polmonare idiopatica e i disturbi correlati – European Idiopathic Pulmonary Fibrosis e Related Disorders Federation – EU-IPFF, costituita da 11 associazioni di pazienti (tra le quali l'italiana AMA Fuori dal Buio), afferenti a 9 Paesi europei;
    la EU-IPFF è diventata portavoce e punto di riferimento dei malati, ma anche strumento per il sostegno e l'avanzamento di programmi europei e nazionali volti a potenziare e rendere più efficaci le modalità di accesso ai trattamenti sanitari e a promuovere la ricerca sulle nuove opzioni terapeutiche. Alla EU-IPFF si debbono importanti iniziative, quali la «IPF World Week» e la Carta europea del paziente con FPI (consultabile sul portale www.ipfcharter.org), presentata per la prima volta al Parlamento europeo il 30 settembre 2014;
    la gravità, l'incidenza e la mortalità di questa rara patologia è stata fatta oggetto di specifiche azioni parlamentari a livello europeo e nazionale, attraverso le quali sono state portate all'attenzione delle autorità dell'Unione europea e del Ministero della salute diverse criticità, quali: le modalità stabilite dalla Unione europea per un accesso agevolato ai medicinali orfani; l'individuazione in Italia di criteri omogenei per la produzione e la commercializzazione delle apparecchiature e degli accessori necessari all'ossigenoterapia; la disponibilità in Italia del farmaco Nintedanib quale inibitore di tirosin-chinasi (TKI) avente come bersaglio i recettori del fattore di crescita coinvolti nella patogenesi della fibrosi polmonare;
    nonostante ad oggi non esista ancora una cura per l'IPF, la comunità scientifica ha messo a punto procedure di auto-gestione per favorire la respirazione e terapie farmacologiche in grado di rallentare il decorso e alleviarne e ritararne il progressivo peggioramento. L'estrema opzione disponibile resta il trapianto di polmone, che costituisce tuttavia un trattamento possibile solo per coloro i quali presentino complessive condizioni fisiche ottimali per sottoporsi all'intervento e non abbiano comunque superato i 65 anni (limite imposto in numerosi centri italiani);
    tra le malattie rare del polmone, l'IPF rappresenta in definitiva una delle patologie con il maggior impatto finanziario per frequenza ed elevato carico di bisogni assistenziali: dalla diagnosi, alla gestione delle terapie, al follow up;
    in Italia, la fibrosi polmonare idiopatica non è ancora riconosciuta a livello nazionale come «malattia rara»; solo le autorità sanitarie della regione Piemonte e della regione Toscana hanno inserito l'IPF nell'elenco delle malattie rare e hanno identificato un codice di esenzione che permette l'accesso gratuito a tutte le prestazioni diagnostiche, gli esami di controllo, le terapie ed i supporti socioassistenziali;
    tale situazione rappresenta un'inaccettabile compressione dei livelli essenziali di assistenza per i pazienti non residenti in Piemonte e in Toscana ed una discriminante disparità di trattamento tra cittadini affetti dalla stessa patologia che si vedono costretti a farsi carico degli altissimi costi associati al monitoraggio costante e alle cure dell'evoluzione di questa gravissima patologia,

impegna il Governo:

   ad assumere, per quanto di propria competenza e ferme restando le attribuzioni esclusive delle regioni in materia sanitaria, tutte le iniziative necessarie volte al riconoscimento della fibrosi polmonare idiopatica come malattia rara e a prevedere omogenei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale;
   ad adottare le necessarie determinazioni volte a superare le note disomogeneità regionali e ad assicurare, indipendentemente dall'età del paziente, l'accesso a carico del servizio sanitario nazionale di tutti i trattamenti di diagnosi e cura sia in termini clinici (ivi incluse le cure palliative e di fine vita), che di affiancamento psicologico per i pazienti e per le loro famiglie, altrimenti destinati a sentirsi abbandonati nel dramma;
   a prevedere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire il supporto e la formazione del personale sanitario, garantendo un approccio «olistico» alla cura della fibrosi polmonare idiopatica che coinvolga ogni possibile esigenza del paziente: dalla diagnosi precoce, al trattamento e alla riabilitazione, dall'accesso a team multi-disciplinari per la gestione di tale patologia, ai servizi di fornitura di ossigeno ambulatoriali e domiciliari;
   a promuovere campagne informative volte a diffondere la conoscenza e la consapevolezza in ambito sanitario e presso l'intera popolazione della fibrosi polmonare idiopatica quale malattia rara, cronica e irreversibile, formando le risorse professionali dedicate e fornendo cognizioni esaustive e di alta qualità, comprese le informazioni sulle cure disponibili, il trapianto ed il supporto psicologico disponibile a pazienti e famiglie;
   a promuovere l'integrazione dei centri di riferimento italiani nelle reti europee delle malattie, con l'obiettivo di consentire la crescita delle conoscenze e delle capacità diagnostiche e terapeutiche specifiche e la libera circolazione dei pazienti verso le risposte più adeguate alla propria patologia;
   ad attivarsi, per quanto di propria competenza e ferme restando le attribuzioni esclusive delle regioni in materia sanitaria, per promuovere azioni di monitoraggio sull'effettiva operatività dei centri di riferimento regionale per le malattie rare, nonché a prevedere dei censimenti aggiornati circa l'incidenza e la mortalità di tale patologia.
(1-01191)
«Vargiu, D'Incecco, Binetti, Matarrese, Galgano, Capua, Quintarelli, D'Agostino, Bombassei, Catania, Librandi, Vezzali».
(9 marzo 2016)

MOZIONI CONCERNENTI PRESUPPOSTI E MODALITÀ DI RISCOSSIONE DEL CANONE DI ABBONAMENTO PER LA DETENZIONE DI APPARECCHI ATTI O ADATTABILI ALLA RICEZIONE DI TRASMISSIONI RADIOTELEVISIVE

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha apportato modifiche all'articolo 1, comma 2, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, stabilendo che, ai fini della debenza del canone di abbonamento alla televisione per uso privato: «La detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
    tale presunzione può essere superata, a decorrere dall'anno 2016 esclusivamente tramite una dichiarazione rilasciata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la cui mendacia comporta gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del medesimo testo unico;
    l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938 n. 246, dispone che il canone tv dev'essere corrisposto da chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo (sentenza della Corte costituzionale 12 maggio 1988, n. 535. – sentenza della Corte di Cassazione 3 agosto 1993, n. 8549);
    con nota del Ministero dello sviluppo economico del 22 febbraio 2012 è stato chiarito che solo gli apparecchi atti o adattabili a ricevere il segnale audio/video attraverso la piattaforma del digitale terrestre e/o satellitare sono assoggettabili a canone Tv con esclusione, pertanto degli apparecchi che consentono l'ascolto e/o la visione dei programmi radiotelevisivi attraverso la rete Internet (streaming);
    con sentenza della Corte costituzionale n. 284 del 26 giugno 2002 e con sentenza della Corte di Cassazione del 3 agosto 1993 n. 8549 è stato acclarato che il canone tv ha natura di imposta il cui pagamento è dovuto in ragione della mera detenzione dell'apparecchio atto alla ricezione e in misura indipendente dalla quantità e qualità del relativo utilizzo;
    il rapido sviluppo tecnologico dei dispositivi di comunicazione ha reso disponibili sul mercato, a costi largamente accessibili, molteplici device che integrano, nativamente, funzioni di ricezione della radiodiffusione pur essendo concepiti e strutturati per un uso completamente differente, smartphone, tablet, riproduttori multimediali di ultima generazione sono sovente dotati di antenna atta a captare questi segnali ancorché non vengano acquistati dai consumatori con tali finalità e risultino oggettivamente inadatti all'uso in parola;
    la nota del Ministero dello sviluppo economico-dipartimento per le comunicazioni – Prot. n. 12991 del 22 febbraio 2012, include, tra le tipologie di apparecchiature adattabili alla ricezione della radiodiffusione la cui detenzione comporta l'assoggettamento al canone, anche dispositivi come la chiavetta Usb dotata di sintonizzatore radio/Tv, la scheda per computer dotata di sintonizzatore radio/Tv e persino il lettore di musica digitale dotato di sintonizzatore radio/Tv;
    la qualificazione del canone Rai come imposta – operata dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità – ha ingenerato molteplici dubbi e perplessità sul presupposto del tributo che se da un lato risulta avulso da ogni nesso sinallagmatico con l'effettivo godimento del servizio radiotelevisivo, dall'altro viene riconnesso alla mera detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione del segnale, la cui presenza nelle abitazioni dei contribuenti è a sua volta presunto in forza dell'allaccio delle stesse alla rete elettrica;
    il prelievo impropriamente denominato «canone abbonamento RAI» possiede i caratteri dell'imposta senza tuttavia essere improntato al criterio della capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione, che impone la ripartizione delle spese pubbliche secondo criteri di progressività e con la garanzia, per il contribuente, di non essere sottoposto alla tassazione, se non in presenza di fatti che esprimono capacità contributiva;
    è indiscutibile che la mera detenzione di dispositivi informatici o di telefonia mobile atti o adattabili alla ricezione della radiodiffusione non sia di per sé espressione di alcuna particolare capacità contributiva e che tali strumenti, progettati e acquistati per un uso differente dalla ricezione dei programmi radio-televisivi non siano in grado di garantirne un'adeguata fruizione tale da giustificarne la tassazione in ossequio al principio del beneficio;
    la presunzione legale di detenzione degli apparecchi atti o adattabili alla ricezione della radiodiffusione nelle dimore dotate di utenza elettrica, tenuto conto delle incertezze normative e interpretative attualmente imperanti e della rapida evoluzione tecnologica del comparto, espone il cittadino ai rischi involontari di dichiarazioni mendaci e comporta per l'erario verifiche sulla mendacità delle dichiarazioni i cui costi e le cui complessità procedurali non devono essere trascurati,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative di carattere normativo al fine di:
    a) fornire una definizione esaustiva di quali apparecchi sono soggetti al pagamento del tributo, escludendo dall'imposizione quelli il cui uso è destinato a finalità differenti dalla visione dei programmi televisivi e le cui caratteristiche strutturali sono tali da non renderne possibile un apprezzabile godimento;
    b) abrogare la presunzione legale di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, escludendo altresì che la riscossione del tributo avvenga tramite l'inclusione nella bolletta dell'energia elettrica;
    c) introdurre, in sostituzione della vigente presunzione legale, l'obbligarietà di una dichiarazione, attestante la detenzione o la non detenzione di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione del segnale radiotelevisivo, la cui mendacia comporti gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, prevedendo che tale dichiarazione sia nuovamente rilasciata solo in caso di mutamento delle condizioni.
(1-01140)
«Ruocco, Fico, Pesco, Cariello, Brescia, Pisano, Vacca, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Luigi Gallo, Simone Valente, Dall'Osso, Corda, Basilio, Paolo Bernini, Rizzo, Alberti, Fantinati, Sorial, Caso, Castelli, Villarosa».
(5 febbraio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2016, come stabilito dall'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), il canone Rai verrà addebitato sulla bolletta elettrica con l'aggiunta, rispetto al passato, che d'ora in poi sarà presunta la detenzione dell'apparecchio nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica;
    l'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 interviene modificando l'articolo 1, comma 2, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, stabilendo che, ai fini della corresponsione del canone di abbonamento alla televisione per uso privato, «la detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
    tale presunzione contrasta secondo i firmatari del presente atto di indirizzo con la ratio affermata nel citato regio decreto-legge, in base al quale l'imposta si applica solo a chi effettivamente, e non presuntivamente, possieda un apparecchio adibito alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano;
    il citato articolo 1, comma 153, della legge di stabilità 2016, prevede anche che: «Allo scopo di superare le presunzioni di cui ai precedenti periodi, a decorrere dall'anno 2016 è ammessa esclusivamente una dichiarazione rilasciata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la cui mendacia comporta gli effetti, anche penali, di cui all'articolo 76 del medesimo testo unico. Tale dichiarazione è presentata all'Agenzia delle entrate – Direzione provinciale I di Torino – Ufficio territoriale di Torino I – Sportello S.A.T., con le modalità definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, e ha validità per l'anno in cui è stata presentata»;
    si fa, quindi, riferimento ad un'autocertificazione, una dichiarazione sostitutiva, con la quale il cittadino deve certificare di non possedere alcun apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive;
    la possibilità data agli utenti di poter presentare, con cadenza annuale, un'autocertificazione, in cui si dichiari il non possesso di alcun apparecchio radiotelevisivo inverte indebitamente il principio dell'onere della prova di cui all'articolo 2697 del codice civile, secondo il quale «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento»;
    risulta decisamente spropositata e draconiana secondo i firmatari del presente atto la previsione della sanzione penale, ex articolo 76 del citato decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, a fronte di autocertificazioni mendaci relative al possesso del televisore;
    l'Agenzia delle entrate, con il provvedimento pubblicato il 24 marzo 2016, ha definito, in termini che a loro volta presentano per i firmatari del presente atto di indirizzo numerosi profili di quantomeno dubbia legittimità, le modalità e i termini di presentazione della dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato ai sensi del richiamato articolo 1, comma 153, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e approvazione del relativo modello;
    il legislatore ha espressamente stabilito, all'articolo 1, comma 154, della legge di stabilità 2016, che «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti termini e modalità per il riversamento all'Erario, e per le conseguenze di eventuali ritardi, anche in forma di interessi moratori, dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica»;
    il 15 febbraio 2016 è scaduto il termine fissato dall'esecutivo, senza che sia stato, ancora oggi, emanato il decreto ministeriale che dovrebbe definire nel dettaglio termini e modalità di riscossione del canone Rai;
    da recenti notizie di stampa, si apprende che il decreto ministeriale in questione sarebbe stato trasmesso dal governo all'attenzione del Consiglio di Stato;
   la nuova normativa sull'esazione del canone Rai, all'articolo 1, comma 156, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al fine di individuare gli intestatari delle bollette e gli esenti, prevede che siano incrociate le banche dati dell'Anagrafe tributaria, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l'Acquirente unico spa, il Ministero dell'interno, i comuni, nonché non meglio identificati «altri soggetti pubblici o privati» che, peraltro, saranno anche autorizzati allo scambio e all'utilizzo di queste informazioni;
    l'incrocio delle banche dati di innumerevoli soggetti pubblici e privati ed il continuo flusso di informazioni sensibili costituisce un problema di privacy per molte famiglie e singoli cittadini, ed aumenta notevolmente il rischio di commettere errori nell'identificazione dei soggetti intestatari delle bollette del canone radiotelevisivo;
    inoltre, le cosiddette domiciliazioni bancarie sono state spesso oggetto di controversie, causate da problemi tecnici, talvolta piuttosto significativi, relativi a difficoltà di comunicazione e di connessione tra i sistemi informatici della banca di riferimento del consumatore e quella della società energetica, con ritardi o inadempienze nell'aggiornamento dei database di quest'ultima;
    la disposizione in questione ha poi previsto che gli importi del canone Rai e dell'energia elettrica, seppur nella stessa fattura, restino distinti e separati, ma, contrariamente a questo principio, stabilisce anche, di fatto e sin da subito, un pagamento unico di entrambi gli importi, ponendo gli utenti nella condizione di subire, già dalla prima bolletta, un prelievo automatico delle somme relative al canone radiotelevisivo e, in caso di contestazioni, dover tentare di rientrare in possesso di tali importi solo in una fase successiva, con tutte le oggettive difficoltà che questo comporta;
    la sentenza della Corte costituzionale n. 284 del 26 giugno 2002 e la sentenza della Corte di cassazione del 3 agosto 1993 n. 8549 hanno acclarato che il canone tv ha natura di imposta il cui pagamento è dovuto in ragione della mera detenzione dell'apparecchio atto alla ricezione e in misura indipendente dalla quantità e qualità del relativo utilizzo;
    se il canone Rai rappresenta un'imposta e non una tariffa per un servizio, come stabilito dalla Consulta, esso si configura però per i firmatari del presente atto di indirizzo come una sorta di «imposta espropriativa», dal momento che la corresponsione dell'importo annuo stabilito in 100 euro, genererebbe un effetto paradossale: in pochi anni, l'imposta supererebbe il valore stesso del bene tassato;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel parere del 28 ottobre 2015, espresso in tema di inserimento del canone Rai nell'utenza elettrica ha precisato che, se da un lato il servizio pubblico può essere finanziato da una combinazione di risorse pubbliche e proventi commerciali, dall'altro occorre «certamente evitare che le risorse pubbliche siano utilizzate per il finanziamento di attività commerciali, situazione che determinerebbe un'evidente distorsione concorrenziale»;
    tuttavia, la Rai, in quanto «soggetto ibrido» coniuga obiettivi pubblicistici e commerciali a loro volta finanziati sia da risorse pubbliche (il canone) sia da attività commerciali. La Rai, inoltre, a differenza delle altre tv europee si finanzia attraverso risorse pubblicitarie molto consistenti, anche rispetto alle altre televisioni pubbliche europee; circa il 46 per cento delle risorse Rai provengono dagli introiti pubblicitari, contro il 13 per cento di pubblicità della tv pubblica tedesca Zdf-Adr, mentre la tv pubblica inglese Bbc, non manda in onda pubblicità;
    la prima rata del canone Rai, inclusa nella bolletta elettrica sarà emessa a partire dal 1 luglio 2016, ma ancora oggi sono molte le criticità per i cittadini circa i termini e le modalità di riscossione del canone. Il gruppo Forza Italia, attraverso una serie di atti di sindacato ispettivo depositati a prima firma dell'onorevole Simone Baldelli, e sottoscritte dal capogruppo e dai deputati membri delle Commissioni attività produttive e finanze della Camera dei deputati, ha già avuto modo di sollevare le diverse questioni poste dall'introduzione della nuova normativa in materia di riscossione del canone Rai, che non hanno ancora trovato una risposta compiuta da parte del Governo;
    tali criticità, abbinate alla poca chiarezza e all'esasperazione fiscale che già grava sui contribuenti, rischiano di creare un ulteriore cortocircuito nel rapporto tra cittadini e fisco, con conseguenti ripercussioni dannose anche dal punto di vista erariale,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della nuova normativa, anche alla luce della necessaria tutela della privacy che deve essere garantita agli utenti e contribuenti, attraverso la protezione dei dati sensibili;
   a fornire, senza ulteriori ritardi, i chiarimenti necessari, attraverso il decreto del Ministero dello sviluppo economico, tali da definire, in modo esaustivo, quali apparecchi sono soggetti al pagamento del tributo, escludendo dall'imposizione quelli il cui uso è destinato a finalità differenti dalla visione dei programmi televisivi;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad evitare il rischio di eventuali cortocircuiti del sistema di domiciliazione bancaria, e di ogni altro effetto che possa ripercuotersi negativamente su consumatori e contribuenti, con particolare riferimento alle ipotesi di errori o ritardi nel riversamento all'Erario delle somme incassate da parte delle imprese elettriche e alle eventuali indebite conseguenze negative, compreso l'onere della prova o vario genere di aggravi, sugli utenti consumatori;
   ad assumere iniziative normative per definire specifici mezzi a disposizione degli utenti per tutelarsi in caso di errori, abusi o comportamenti contrari al codice del consumo nell'ambito della riscossione del canone Rai in bolletta elettrica;
   a riferire, attraverso una specifica relazione alle Camere, in merito ai dati e all'applicazione della nuova normativa in materia di riscossione del canone Rai, e, alla luce del quadro rilevato, a valutare il superamento della previsione normativa contenuta all'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, attraverso il ripristino dello status quo precedente alle disposizioni contenute nella legge n. 208 del 2015, ovvero attraverso l'individuazione di un nuovo meccanismo di riscossione del canone, che superi le criticità organizzative e fiscali riscontrate, e che non ravvisi profili di rischio per la necessaria tutela degli utenti e contribuenti.
(1-01206)
«Brunetta, Baldelli, Occhiuto, Gelmini, Polidori, Giammanco, Squeri, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco».
(1o aprile 2016)