TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 561 di Mercoledì 3 febbraio 2016
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALL'ASSUNZIONE DEI VINCITORI E DEGLI IDONEI DEI CONCORSI PUBBLICI
La Camera,
premesso che:
l'11 febbraio 2015 si è svolta – dinanzi a palazzo Montecitorio – la manifestazione organizzata dal Comitato Nazionale XXVII Ottobre in favore degli idonei di concorso pubblico, la cui assunzione è messa seriamente a rischio dai recenti interventi normativi del Governo;
si tratta complessivamente di ben 84.080 persone (dati www.espresso.repubblica.it dell'8 febbraio 2015) che potrebbero vedersi vanificata la possibilità di essere assunti nella pubblica amministrazione;
in Italia sono tantissimi i vincitori idonei di un concorso pubblico che attendono da tempo di essere assunti, tant’è che nel corso del tempo si è creata una nuova categoria di «disoccupati»: i cosiddetti vincitori di concorsi pubblici non assunti, vale a dire giovani che, pur avendo sostenuto una prova concorsuale e avendola vinta, si trovano oggi a non poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici;
la situazione è stata resa difficile dal continuo blocco del turnover nella pubblica amministrazione, che i vari Governi hanno adottato e mantenuto nel tempo;
ciò ha indotto, nel 2013, il Governo pro tempore ad intervenire con misure dettate dalla necessità e urgenza con il duplice obiettivo di favorire l'assunzione prioritaria nella pubblica amministrazione di coloro che sono collocati in posizione utile nelle graduatorie approvate dal 1o gennaio 2007 (che vengono prorogate al 31 dicembre 2016) con una più razionale gestione delle graduatorie di vincitori ed idonei e di favorire l'avvio di nuove procedure concorsuali per l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato che abbia maturato determinati requisiti di durata del servizio alle dipendenze della pubblica amministrazione banditrice: per rispondere a tali esigenze è stato emanato il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»;
l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge ha previsto che «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica: a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti ed approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza»;
i commi 3-ter e 3-quater del medesimo articolo del decreto-legge hanno disposto che «Resta ferma per i vincitori e gli idonei delle graduatorie di cui al comma 3 del presente articolo l'applicabilità dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. L'assunzione dei vincitori e degli idonei, nelle procedure concorsuali, già avviate dai soggetti di cui al comma 3 e non ancora concluse alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è subordinata alla verifica del rispetto della condizione di cui alla lettera a) del medesimo comma»;
l'articolo 4, comma 5, ha previsto infine che «La Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica, al fine di individuare quantitativamente, tenuto anche conto dei profili professionali di riferimento, i vincitori e gli idonei collocati in graduatorie concorsuali vigenti per assunzioni a tempo indeterminato, coloro che, in virtù di contratti di lavoro a tempo determinato, hanno maturato i requisiti di anzianità previsti dal comma 6, nonché i lavoratori di cui al comma 8, avvia, entro il 30 settembre 2013, apposito monitoraggio telematico (...)»;
asse portante della nuova disciplina è dunque il collegamento tra l'obbligo di esaurire le graduatorie vigenti e l'autorizzazione a bandire nuovi concorsi;
il decreto-legge n. 101 del 2013 precostituisce, così, in caso di decisione di coprire i posti vacanti, un diritto all'assunzione per i vincitori, esteso anche agli idonei collocati nelle graduatorie dell'amministrazione vigenti ed approvate dal 1o gennaio 2007;
la legge subordina l'autorizzazione a indire nuovi concorsi, all'immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti e degli idonei inseriti nelle graduatorie vigenti, i quali vantano il preferenziale diritto all'assunzione;
la ratio del provvedimento è chiara: l'utilizzo delle graduatorie vigenti, in un'epoca in cui le risorse pubbliche risultano complessivamente ridotte, risponde ad esigenze sociali e di equità ed esonera l'amministrazione dalle spese e dai costi e dai tempi di attesa connessi ad un nuovo concorso (e quindi attua il principio costituzionale di buon andamento);
anche l'ex Ministro per la pubblica amministrazione Giampiero D'Alia ebbe a dichiarare: «Ricordiamo a tutti che abbiamo un debito da saldare: quello verso i tanti giovani vincitori di concorso rimasti fuori dalla porta delle amministrazioni» (Guida al decreto-legge n. 101 del 2013, in www.funzionepubblica.gov.it);
l'intervento normativo del 2013 rappresenta «un atto di giustizia, un segnale di rispetto per quei tanti italiani, la maggior parte dei quali giovani, che da anni attendono una collocazione nella pubblica amministrazione dopo aver sostenuto e superato un regolare concorso» (Guida al decreto-legge n. 101 del 2013) e ha configurato un vero e proprio diritto all'immissione in servizio in capo non solo ai vincitori collocati nelle graduatorie ma anche agli idonei;
lo scorrimento delle graduatorie è dunque divenuta modalità ordinaria di provvista del personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulle amministrazioni per la gestione delle procedure selettive e comunque maggiormente rispettosa anche dei princìpi di trasparenza e di imparzialità;
dopo anni di blocco e di relative proroghe di graduatorie, i vincitori e gli idonei di concorso si vedono riconoscere il diritto ad essere assunti;
inoltre, l'assunzione dei vincitori e degli idonei rappresenterebbe l'ingresso di energie giovani, motivate e preparate nella pubblica amministrazione, energie indispensabili se si vuole realmente perseguire l'obiettivo della modernizzazione anche ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione;
l'obiettivo del decreto-legge n. 101 del 2013 si colloca proprio nella direzione della valorizzazione del concorso pubblico e del ritorno ad una logica del reclutamento fondato sul merito valutato comparativamente mediante procedure che garantiscono imparzialità ed eguaglianza nel rispetto dei supremi valori costituzionali;
tuttavia, la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015), ai commi 424 e 425 dell'articolo 1, ha previsto l'obbligo per le regioni ed enti locali di destinare, per gli anni 2015 e 2016, tutte le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei «vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate» entro il 1o gennaio 2015;
esauriti i vincitori, lo spazio assunzionale che rimane deve essere destinato ad assorbire i dipendenti delle province che non hanno trovato posto nell'area vasta o in regione;
dunque è accaduto che la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) con le sue previsioni sulla mobilità dei dipendenti delle province non solo impedirà di assumere a tempo indeterminato i precari (di cui all'articolo 4, comma 6 e 8, del decreto-legge n. 101 del 2013), ma, di fatto, ha bloccato per almeno due anni (anni 2015 e 2016) la possibilità di scorrere le graduatorie dei concorsi inibendo dunque il reclutamento degli idonei così come vorrebbe l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013;
la legge n. 190 del 2014 (comma 426) ha infatti stabilito anche la proroga del termine per la stabilizzazione dei precari (di cui all'articolo 4, commi 4, 6 e 8 del decreto-legge n. 101) portandolo al 31 dicembre 2018 ed infine il decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto decreto mille proroghe) con l'articolo 1, comma 6, ha allungato i termini al 31 dicembre 2015 per consentire alle province di prorogare i contratti col personale precario fino alla predetta data;
è accaduto dunque che la legge n. 190 del 2014 – unitamente alle proroghe previste dal decreto-legge n. 192 del 2014 – ha modificato implicitamente il decreto-legge cosiddetto D'Alia n. 101 del 2013 sottraendo alle amministrazioni pubbliche la possibilità di destinare risorse degli anni 2014 e 2015 non solo alle stabilizzazioni dei precari previste dal decreto-legge n. 101 del 2013 ma anche alle assunzioni degli idonei che vengono completamente esclusi e dimenticati da qualsiasi assunzione per gli anni 2015 e 2016 a dispetto dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013 che prevede l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali alla previa verifica dell'assenza di idonei collocati nelle graduatorie vigenti ed approvate (la cui efficacia cesserà proprio al 31 dicembre 2016 ex articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013) con l'effetto paradossale che gli idonei si vedranno sottratta qualsiasi possibilità o speranza di essere assunti nonostante la vigenza del decreto-legge n. 101 del 2013;
il risultato paradossale è che gli idonei saranno «congelati» fino al 2016 e quando verrà il loro turno, le loro graduatorie avranno perso di efficacia ex articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013;
è necessario un intervento affinché venga eliminata l'iniquità, vengano ripristinati ed assicurati la certezza del diritto e il rispetto delle leggi vigenti, affinché non si apra l'ennesima «guerra tra poveri» tra idonei e dipendenti delle province,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le iniziative urgenti – anche di tipo normativo – per prevedere e/o garantire l'assunzione dei vincitori e degli idonei dei concorsi pubblici, con riferimento alle graduatorie in vigore in conformità a quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»;
a porre comunque in essere tutte le iniziative necessarie a tutelare la posizione degli idonei dei concorsi pubblici, le cui graduatorie perderanno di efficacia il 31 dicembre 2016 ex articolo 4, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.
(1-00730)
«Ciprini, Tripiedi, Chimienti, Cominardi, Dieni, Nuti, Lombardi, Fraccaro, Sibilia, Dall'Osso, Lorefice, Crippa».
(11 febbraio 2015)
La Camera,
premesso che:
la legge n. 190 del 2014, (legge di stabilità per il 2015), all'articolo 1, commi 424 e 425, al fine di gestire gli oltre 20.000 esuberi generati dalla soppressione delle province, ha imposto a tutte le amministrazioni pubbliche, sia territoriali che centrali, il blocco delle assunzioni degli idonei dei concorsi pubblici, prevedendo una clausola di salvaguardia ad esclusivo appannaggio dei candidati risultati vincitori di concorso collocati in proprie graduatorie vigenti o approvate entro il 1o gennaio 2015, che obbliga regioni ed enti locali a destinare, per gli anni 2015 e 2016, tutte le risorse per la loro immissione nei ruoli a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, prevedendo, inoltre, che solo una volta esaurita la graduatoria dei vincitori di concorso, tutte le rimanenti posizioni vacanti siano destinate ad assorbire quei dipendenti delle province non ancora collocati;
tale procedura, bloccando per gli anni 2015 e 2016 lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi ancora vigenti, ha de facto inibito il reclutamento e le aspettative di quell'esercito di idonei che, confidando nel precedente regime giuridico di cui all'articolo 4, comma 3 del decreto-legge n. 101 del 2013 (c.d. decreto D'Alia), speravano di essere assunti entro il 2016 grazie alla facoltà concessa per intervenute esigenze alle amministrazioni di appartenenza di attingere alle varie graduatorie per i profili d'interesse;
ed invero, il citato «decreto D'Alia», facendo proprie le numerose sentenze giurisprudenziali in favore degli idonei, al fine di contenere la spesa per le strutture amministrative e di razionalizzare l'uso delle risorse umane ed economiche in ossequio al principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione, e preso anche atto dell'imminente scadenza di centinaia di graduatorie, ne aveva prorogato l'efficacia sino a tutto il 2016. Lo stesso decreto ha inoltre il merito di riconoscere agli idonei in graduatoria di essere assunti prima dell'avvio di nuove procedure concorsuali, equiparandoli così, di fatto, ai vincitori;
il «decreto D'Alia», oltre ad aver apposto un forte limite all'indizione di nuovi concorsi in presenza di graduatorie ancora vigenti approvate successivamente al 1o gennaio 2007 (per vincitori ed idonei) ed al 30 settembre 2003 (per i soli vincitori) ha, al contempo, al fine di far periodicamente luce sul personale già reclutato a disposizione dello Stato, fatto convogliare tutte le graduatorie stilate dalle singole amministrazioni all'interno di un unico elenco gestito dal dipartimento della funzione pubblica, dando a quest'ultimo il compito, una volta stabilito il fabbisogno di personale per ogni amministrazione, di valutare la possibilità di indire o meno un concorso;
tale sistema, basato sul principio della doppia autorizzazione per le amministrazioni pubbliche, a bandire il concorso e ad assumere, fondata non sui reali fabbisogni delle stesse ma sulle piante organiche, è il principale responsabile dell'ipertrofia delle graduatorie;
inoltre, la circostanza legata alla valorizzazione delle professionalità già acquisite, altrimenti nota come «stabilizzazione dei precari», ha comportato che, a decorrere dall'entrata in vigore del citato «decreto D'Alia», al fine di favorire una maggiore utilizzazione del personale già contrattualizzato ed, al contempo, ridurre il numero di contratti a termine, e sino a tutto il 2016: «le amministrazioni pubbliche possono bandire, nel rispetto del limite finanziario fissato dall'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, nonché dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, procedure concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici. Il personale non dirigenziale delle province, in possesso dei requisiti di cui al primo periodo, può partecipare ad una procedura selettiva di cui al presente comma indetta da un'amministrazione avente sede nel territorio provinciale, anche se non dipendente dall'amministrazione che emana il bando. Le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le graduatorie definite in esito alle medesime procedure sono utilizzabili per assunzioni nel quadriennio 2013-2016 a valere sulle predette risorse. Resta ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore»;
questo significa che dell'esiguo numero di posti che vengono messi a concorso, anche in perduranza di validità delle graduatorie, una riserva pari al 50 per cento degli stessi avrebbe dovuto essere destinata alla stabilizzazione dei precari;
di più. La sopracitata legge di stabilità per il 2015, al successivo articolo 1, comma 426, ha prorogato fino al 31 dicembre 2018 il termine per la stabilizzazione dei precari, ed il successivo decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto decreto mille proroghe 2015) ha allungato al 31 dicembre 2015 il termine per consentire alle province di prorogare i contratti col personale precario;
a complicare ulteriormente il suddetto scenario è intervenuta la recente legge di riforma della pubblica amministrazione, n. 124 del 2015 (cosiddetta legge Madia), che nel dettare norme transitorie finalizzate solo ed esclusivamente all'assunzione di vincitori di procedure selettive pubbliche (articolo 17, comma 1, lettera c) ultimo periodo), nulla ha invece previsto per quelle migliaia di professionalità certificate tramite un concorso pubblico e certamente utili alle pubbliche amministrazioni che confidavano in un regime transitorio ad hoc che prorogasse la validità, almeno sino al 2018, e sbloccasse lo scorrimento delle graduatorie ingessate dai suddetti provvedimenti;
il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, recentemente interrogato in Parlamento, riferendosi a tutte le graduatorie la cui vigenza è in imminente scadenza, ha precisato che qualsiasi ulteriore iniziativa del Governo che contempli una loro proroga potrà essere valutata solo a consuntivo dell'applicazione della normativa in materia di mobilità e di ricollocazione del personale delle province, lasciando ancora una volta intendere che il destino degli idonei è legato a doppio filo a quello del personale soprannumerario delle province, esacerbando ulteriormente quel conflitto d'interesse tra chi si è visto spodestato del proprio rapporto di lavoro dall'intervenuta riforma Delrio e chi, invece, nonostante abbia meritoriamente e con sacrifici personali ed economici superato un concorso pubblico, non si è ancora visto riconosciuto il diritto soggettivo all'immediata immissione in ruolo;
al 28 gennaio 2016 la rilevazione (consultabile sul sito istituzionale) avviata dal dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sulla base delle previsioni di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che obbliga tutte la pubbliche amministrazioni a comunicare lo stato delle proprie graduatorie ancora aperte e vigenti, restituisce i seguenti dati: su un totale di 4.073 enti registrati, 16.338 graduatorie e 39.023 posti banditi, i vincitori che risultano assunti sono pari a 33.864, gli idonei che risultano assunti sono pari a 39.417, i vincitori ancora da assumere risultano 4.471, mentre gli idonei ancora da assumere risultano 151.473. Quest'ultimo è un dato macroscopico e peraltro sottostimato visto che non tutte le amministrazioni obbligate hanno effettivamente partecipato al censimento;
la macroscopica ipertrofia del numero degli idonei che, unito a quello dei vincitori di concorso non ancora assunti ed a quello degli occupanti le graduatorie di amministrazioni che non hanno ancora comunicato al Dipartimento della funzione pubblica l'andamento delle stesse, potrebbe superare quota 160.000, è stata frutto di una concausa di eventi: da un lato il reiterato protrarsi negli anni di una disciplina vincolistica che, complice la crisi finanziaria, ha imposto di contenere la spesa per il personale entro un certo tetto e di limitare le nuove assunzioni alla parziale reintegrazione dei cessati (cosiddetto turnover), dall'altro la violazione da parte del legislatore di quanto previsto dal già richiamato articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, secondo il quale tutti i posti che a partire dall'entrata in vigore dello stesso si fossero resi fisiologicamente vacanti dovevano essere coperti attingendo, grazie allo scorrimento, dalla specifica graduatoria già formata e vigente per il medesimo profilo professionale;
ed invero, lo stesso Governo, con la circolare n. 5 del 2013 del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, nel fornire degli indirizzi volti a chiarire la procedura di reclutamento del personale, ha previsto che: «Nel quadriennio 2013-2016 l'ammontare delle risorse finanziarie da destinare allo scorrimento di graduatorie di vincitori ed idonei non potrà essere inferiore al 50 per cento di quelle utili secondo la normativa vigente in materia di assunzioni. Tali risorse potranno superare il valore del 50 per cento a decremento di quelle destinabili al reclutamento speciale»;
con la recente sentenza n. 280 del 2016 la sezione lavoro della Corte di Cassazione, dimostrando molta attenzione verso tutte le graduatorie valide fino al 31 dicembre 2016, con riferimento alla questione della compresenza di più graduatorie valide per il medesimo profilo, ha dichiarato che in linea con i principi di correttezza e buona fede, imparzialità e buon andamento previsti dall'articolo 97 della Costituzione, le pubbliche amministrazioni debbano ricorrere al criterio cronologico, e procedere allo scorrimento della graduatoria di data anteriore in quanto destinata a scadere per prima, criterio che potrà essere derogato solo in presenza di «circostanze di fatto o ragioni di interesse pubblico prevalenti», come del resto affermato in più occasioni anche dalla giustizia amministrativa;
pertanto, alla luce della suddetta sentenza sono da considerare viziate da eccesso di potere tutte le condotte della pubblica amministrazione difformi da tale criterio, perché prive della motivazione necessaria a spiegare le ragioni per cui la stessa ha ritenuto di non privilegiare il criterio cronologico nell'uso delle graduatorie a scorrimento, anche in quanto lesive e limitative di posizioni di diritto soggettivo (il diritto allo «scorrimento prioritario») sul quale invece potevano fare legittimo affidamento in qualità di idonei tutti coloro che risultavano inseriti nella graduatoria più datata. Ne deriva che la condotta lesiva da parte della pubblica amministrazione protrattasi nel tempo sarebbe configurabile, per la Cassazione, come inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre un danno risarcibile;
quanto premesso fa presagire un aumento esponenziale del contenzioso nei confronti della pubblica amministrazione, con inimmaginabili ripercussioni sul bilancio statale qualora la stessa dovesse soccombervi;
il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, strettamente legato, con rapporto di tipo strumentale, alle regole del concorso pubblico, oltre a rappresentare il vero cardine della vita amministrativa è precondizione, in quanto fonte di tutela di tutte le posizioni acquisite, per un ordinato svolgimento della vita sociale,
impegna il Governo:
ad adottare immediate iniziative normative atte a superare il blocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e l'imminente perdita di efficacia delle graduatorie dei concorsi indette dalle stesse attraverso:
a) il giusto riconoscimento del merito e delle competenze dei vincitori e degli idonei di concorso, garantiti dallo svolgimento di una selezione pubblica e trasparente basata su criteri meritocratici, attraverso la loro chiamata, anche prorogando la vigenza delle relative graduatorie;
b) l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di coprire i propri fabbisogni di personale attingendo dalle graduatorie dei concorsi pubblici fino al loro esaurimento, prima di procedere con l'indizione di un nuovo concorso;
c) la proroga sine die, o comunque fino al loro esaurimento, delle graduatorie relative a tutti i concorsi indetti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
(1-01128)
«Placido, Airaudo, Scotto, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti, Zaccagnini»
(2 febbraio 2016)
La Camera,
premesso che:
dopo anni di paralisi e incertezza sulla missione e sul modello di organizzazione della pubblica amministrazione, il Governo, attraverso l'emanazione dei decreti legislativi attuativi della legge 7 agosto 2015, n. 124, sta portando avanti una profonda azione di ripensamento e ammodernamento della macchina amministrativa, all'interno del più complessivo processo di riforma dello Stato, che ha visto il primo capitolo con l'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, (legge Delrio), e che vedrà il suo coronamento con la riforma costituzionale;
si tratta di un intervento necessario per restituire credibilità ed efficacia al lavoro e alle professionalità della stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici, anche approfittando delle opportunità offerte dalla rivoluzione digitale della pubblica amministrazione, quale strumento per offrire servizi migliori a 60 milioni di italiani, tramite un accesso ai servizi rapido, trasparente e uguale per tutti, vero e proprio fattore di democrazia prima ancora che di modernità;
in tale contesto di profonde innovazioni e di grandi opportunità, appare ineludibile la necessità di individuare una soluzione strutturale ed equa al problema dei vincitori di concorso pubblico, in attesa del riconoscimento di un diritto che permetta loro di essere assunti, trattandosi spesso di giovani che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro, pur avendo acquisito tale diritto;
al contempo, è opportuno che siano individuati strumenti in grado di affrontare la questione degli idonei dei concorsi pubblici, da un lato verificando meccanismi che consentano di tenere in considerazione la loro specifica e peculiare posizione, dall'altro mettendo le amministrazioni pubbliche nelle condizioni di dare concreta attuazione alle misure che la legislazione vigente già oggi prevede;
il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, al fine di contenere la spesa per le strutture amministrative e di razionalizzare l'uso delle risorse umane ed economiche, ha prorogato l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici già espletati per assunzioni a tempo indeterminato, fino al 31 dicembre 2016, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni;
le politiche di assunzione di diverse amministrazioni, che hanno spesso bandito concorsi senza preventivamente verificare le effettive esigenze e fabbisogni di impiego, nonché le più stringenti regole di turnover degli ultimi anni, hanno reso più evidente il problema di quanti, pur vincitori di concorsi per l'accesso al pubblico impiego con contratto a tempo indeterminato, non siano ancora stati assunti dalle pubbliche amministrazioni che li hanno banditi;
il Governo, anche per rispondere a queste esigenze, ha già opportunamente previsto, con il decreto-legge n. 90 del 2014, l'abolizione della doppia autorizzazione a bandire i concorsi e ad assumere da parte delle amministrazioni pubbliche, con ciò cercando di rendere più immediata l'immissione in ruolo dei vincitori dei concorsi pubblici;
la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), ai commi 424 e 425 dell'articolo 1, ha poi introdotto ulteriori misure per facilitare la mobilità del personale delle province, consentendo – comunque – a regioni ed enti locali di destinare, per gli anni 2015 e 2016, le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, non soltanto all'assorbimento del personale delle amministrazioni provinciali, ma anche ai «vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate» entro il 1o gennaio 2015;
parallelamente, allo stato di perfezionamento del processo complessivo di riforma della pubblica amministrazione, appare necessario portare avanti un accurato monitoraggio delle corrispondenti esigenze di integrazione degli organici, eventualmente provvedendo ad un'ulteriore proroga delle graduatorie,
impegna il Governo:
ad andare avanti con l'individuazione delle più appropriate soluzioni strutturali per superare l'annoso problema dei vincitori dei concorsi pubblici, favorendone l'assunzione in tempi il più possibile rapidi;
a valutare l'opportunità di riconoscere, nell'ambito di quanto già previsto dalla legislazione vigente, la posizione degli idonei dei concorsi pubblici, non solo nella prospettiva che le amministrazioni pubbliche possano eventualmente valorizzarli in future procedure concorsuali, ma anche facendo sì che non sia necessaria l'indizione di nuovi concorsi nei casi in cui le medesime amministrazioni pubbliche possano – sussistendone i requisiti e le condizioni – attingere a graduatorie vigenti per la copertura di specifici fabbisogni professionali;
a valutare più in generale, anche nell'ambito delle misure finalizzate all'implementazione della riforma della pubblica amministrazione, l'introduzione – dopo avere già abolito il principio della «doppia autorizzazione» – di nuovi principi che regolino il reclutamento nelle amministrazioni pubbliche, secondo logiche che partano dagli effettivi fabbisogni dei diversi enti e dalla razionalizzazione delle relative procedure.
(1-01129)
«Miccoli, Damiano, Gnecchi, Maestri Patrizia, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cuomo, Di Salvo, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Paris, Piccolo Giorgio, Rostellato, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla»
(2 febbraio 2016)
La Camera,
premesso che:
le limitazioni introdotte negli ultimi anni all'assunzione di personale da parte delle pubbliche amministrazioni hanno fatto emergere il problema di quanti, (pur vincitori di concorsi per l'accesso al pubblico impiego con contratto a tempo indeterminato), non sono stati successivamente assunti dalle pubbliche amministrazioni che li hanno banditi;
il legislatore è ripetutamente intervenuto sul tema con la proroga delle graduatorie concorsuali. Infatti il decreto-legge sulla pubblica amministrazione (decreto-legge n. 101 del 2013, articolo 4, comma 4) ha disposto un'ulteriore proroga delle graduatorie fino al 31 dicembre 2016 ed ha previsto, (al fine di assicurare il progressivo assorbimento dei vincitori di concorso non assunti), che fino a tale data l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi, per le amministrazioni dello Stato, sia subordinata alla verifica dell'assenza di graduatorie concorsuali approvate dal 1o gennaio 2007, per ciascun soggetto pubblico interessato, relative alle professionalità necessarie, anche secondo criteri di equivalenza;
al fine di evitare, per il futuro, il perpetuarsi del fenomeno dei vincitori di concorso non assunti e, più in generale, per consentire una programmazione complessiva degli accessi alla pubblica amministrazione coerente con le politiche di contenimento delle assunzioni e delle spese per il personale, il decreto-legge n. 101 del 2013 ha introdotto, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'istituto del concorso pubblico unico per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le pubbliche amministrazioni (con esclusione di regioni ed enti locali) la cui organizzazione spetta al dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri;
il dipartimento, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione: ove le vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale;
le amministrazioni pubbliche, quindi, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni e possono essere autorizzate a svolgere i concorsi pubblici solo per specifiche professionalità;
l'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 192 del 2014, recante la proroga di disposizioni normative, nel disporre l'utilizzo delle risorse destinate alle pubbliche amministrazioni ai fini della realizzazione di percorsi di mobilità del personale degli enti di area vasta ai sensi della legge n. 56 del 2014, ha comunque salvaguardato le assunzioni in favore dei vincitori di concorso;
il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, al fine di contenere la spesa delle strutture amministrative e di razionalizzare l'uso delle risorse umane ed economiche, ha prorogato l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici già espletati per le assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni fino al 31 dicembre 2016;
la legge di stabilità per il 2015 prevede l'obbligo per le regioni e per gli enti locali di destinare, per gli anni 2015 e 2016, tutte le risorse economiche per le assunzioni a tempo indeterminato (nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente) all'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate entro il 1o gennaio 2015. In tal modo, esaurita la graduatoria dei vincitori di concorso, le restanti posizioni aperte saranno destinate ad assorbire i dipendenti delle province che ancora non sono stati collocati;
la stessa legge di stabilità per il 2015, prevedendo la mobilità dei dipendenti delle province, impedirà di assumere a tempo indeterminato i precari (di cui all'articolo 4, comma 6 e 8, del citato decreto-legge n. 101 del 2013) e ha bloccato per almeno due anni (2015 e 2016) la possibilità di scorrere le graduatorie dei concorsi inibendo dunque il reclutamento degli idonei così come previsto dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013;
il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha sottolineato che il Governo si è impegnato in primo luogo a tutelare il diritto dei vincitori dei concorsi ad essere assunti, tenendo conto della differenza esistente tra la loro condizione e quella degli idonei, mentre per altro verso prosegue la ricollocazione del personale delle province e l'efficace utilizzo del personale in servizio attraverso la mobilità tra le pubbliche amministrazioni;
il Governo ha comunque rispettato l'impegno di mantenere i livelli occupazionali dei dipendenti degli enti di area vasta con la loro ricollocazione presso gli enti che maggiormente evidenziano maggiori carenze di personale;
sempre secondo quanto riferito dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, le pubbliche amministrazioni, che hanno assolto al compito di riassorbire il personale proveniente dalle province, a partire dall'anno 2016, potranno bandire nuovi concorsi per l'assunzione di personale;
si è favorevoli all'impostazione fornita dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione secondo cui «si è dimostrata l'inefficacia delle modalità di reclutamento del personale che sono state seguite in passato, fondate sulle dotazioni organiche e non sui reali fabbisogni degli enti». Infatti, il sistema previgente, basato sul principio della doppia autorizzazione a bandire il concorso e ad assumere, ha in effetti dato luogo a graduatorie lunghissime, con lunghe liste di idonei;
appare giusto ed equo che il Governo proceda ad una verifica dei fabbisogni, superando il principio della dotazione organica e adottando una procedura unica di selezione, evitando in tale modo l'eccessivo e irragionevole ricorso ad una pluralità di concorsi;
l'articolo 17 della legge n. 124 del 2015 prevede al comma 1, lettera c), la definizione di limiti assoluti e percentuali, in relazione al numero dei posti banditi, per gli idonei non vincitori, la riduzione dei termini di validità delle graduatorie per le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165, e l'introduzione di norme transitorie finalizzate esclusivamente all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici, le cui graduatorie siano state approvate e pubblicate entro la data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015,
impegna il Governo:
a dare attuazione alle norme dirette all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici, le cui graduatorie siano state approvate e pubblicate entro la data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015;
a tener conto, in tale contesto, delle procedure sulle stabilizzazioni e di mobilità per inquadrare il personale delle province nonché dei processi di riduzione e di accorpamento degli enti e delle strutture, previste dalla legge n. 124 del 2015;
a verificare i fabbisogni delle pubbliche amministrazioni e a superare il principio della dotazione organica, per introdurvi nuovi profili mancanti.
(1-01130)
«Pizzolante, Tancredi, Pagano, Lupi».
(2 febbraio 2016).
La Camera,
premesso che:
la legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità per il 2016, al comma 227 dell'articolo 1, ha rimodulato le percentuali di turn over per le amministrazioni dello Stato, le agenzie, gli enti pubblici non economici, e gli enti di ricerca in cui la spesa per il personale di ruolo non superi l'ottanta per cento delle entrate;
rispetto al precedente intervento normativo, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, che aveva fissato le quote per il turn over per gli anni 2016, 2017 e 2018, rispettivamente, al sessanta, all'ottanta e al cento per cento, la legge di stabilità 2016 ha operato una drastica riduzione, fissando le aliquote, per tutte e tre le annualità, al venticinque per cento;
il successivo comma della legge n. 208 del 2015 stabilisce, per il medesimo triennio e nella medesima percentuale, il limite al turn over anche per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, escludendo, inoltre, anche la possibilità, sinora prevista in favore degli enti «virtuosi», di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del cento per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente;
la normativa sulle limitazioni alle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni è stata oggetto negli ultimi anni di molteplici interventi, e soprattutto per quanto attiene alle amministrazioni dello Stato appare alquanto articolata e stratificata, basandosi su un impianto che da un lato ha determinato percentuali minime di reintegrazione dei cessati e, dall'altro, ha progressivamente posticipato l'anno di superamento del regime limitativo delle assunzioni, al contempo prevedendo un maggiore ricorso alle procedure della mobilità;
nel frattempo, si è accumulato un numero sconcertante di giovani vincitori e idonei di concorsi pubblici, che ad oggi supera i centocinquantamila, che non si vedono riconosciuto il proprio diritto soggettivo all'assunzione dopo aver espletato e vinto il concorso, e per i quali, anzi, l'immissione nei ruoli continua a rimanere un'effimera chimera;
nonostante la presenza di una così cospicua riserva di giovani che potrebbero prendere servizio con decorrenza immediata, avendo già superato con profitto il relativo concorso, e in spregio alle norme per il contenimento della spesa nelle pubbliche amministrazioni, non solo queste ultime continuano a bandire nuovi concorsi, ma si sta anche moltiplicando l'emanazione di norme di iniziativa governativa per assunzioni definite straordinarie e spesso realizzate in spregio a procedure concorsuali e con ricorso alla mobilità;
sarebbe, invece, un esempio di buon senso, ricorrere alle graduatorie già vigenti per tutte le immissioni in ruolo che si rendano disponibili a legislazione vigente;
allo stesso modo il Governo dovrebbe finalmente mettere in atto il progressivo allargamento delle quote di cessati dal servizio da reimmettere nei ruoli, riconoscendo finalmente la giusta dignità ai tanti giovani che hanno partecipato ai concorsi già svolti e attendono, invano, da anni di veder premiato il proprio impegno;
con riferimento alle graduatorie vigenti non va, peraltro, dimenticato il parere reso dall'adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 28 luglio 2011, n. 14, che ha imposto alle pubbliche amministrazioni di «tenere nel massimo rilievo la circostanza che l'ordinamento attuale afferma un generale favore per l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso»;
inoltre, come osservato dalla giurisprudenza amministrativa, le norme susseguitesi nel tempo in tema di scorrimento di graduatorie «ne hanno rafforzato il ruolo di modalità ordinaria di provvista del personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulla amministrazione per gestione delle procedure selettive»;
il comma 5-ter dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, fissando la validità delle graduatorie dei concorsi in tre anni, risponde all'evidente esigenza di riduzione dei costi connessi all'espletamento di dette procedure, senza, tuttavia, svilire la funzione assolta dai concorsi, e appare evidente che in assenza di una puntuale disciplina derogatoria, l'amministrazione non può decidere sic et simpliciter di bandire un concorso, prescindendo dalla vigenza di una graduatoria;
il Consiglio di Stato, inoltre, con le recentissime sentenze n. 3407 del 4 luglio 2014 e n. 4119 del 1o agosto 2014, ha ribadito che in presenza di graduatorie valide ed efficaci l'amministrazione deve provvedere all'assunzione di nuovo personale attraverso lo scorrimento delle stesse, e che, in tale situazione, la possibilità di bandire un nuovo concorso costituisce ipotesi eccezionale, considerata con sfavore in quanto contraria ai principi di economicità ed efficacia dell'azione amministrativa;
la questione dello scorrimento delle graduatorie interessa in modo particolare anche il settore delle forze dell'ordine, nell'ambito del quale migliaia di giovani aspettano di vedersi riconosciuto il diritto a prendere servizio;
la stragrande maggioranza dei soggetti che sono collocati nelle graduatorie dei concorsi delle forze dell'ordine sono, di fatto, dei precari, che hanno già prestato servizio per almeno un anno, ma a volte anche per tre o quattro anni, e che non sono stati assorbiti dalle forze di polizia o armate di provenienza proprio a causa dei vincoli imposti con il turn over;
l'età media dei componenti le forze di polizia è superiore a quarantacinque anni e questo segna un record negativo a livello mondiale, e i suoi organici hanno subito, negli anni, pesanti rimaneggiamenti;
a fronte dell'aumento dei rischi derivanti dal terrorismo internazionale, che vanno ad aggiungersi alle problematiche croniche in materia di sicurezza nazionale, quali, solo per citare un esempio, la malavita organizzata, occorre assolutamente mettere le forze dell'ordine in condizione di garantire gli adeguati livelli di sicurezza nel Paese;
l'indizione di nuovi concorsi nonostante la vigenza delle graduatorie di quelli già svolti non solo rappresenta uno spreco di denaro pubblico, ma è anche contrario alle esigenze di efficienza ed economicità che dovrebbero regolare l'attività del settore pubblico;
il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, intervenuto in materia di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, ha prorogato fino al 31 dicembre 2016 l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato vigenti alla data di entrata dello stesso decreto, ma dopo quella data si aprono scenari del tutto imprevedibili,
impegna il Governo:
ad adottare le iniziative utili a garantire l'immissione in servizio di tutti i soggetti già presenti nelle graduatorie dei concorsi già svolti, a tal fine prorogandone, se necessario, la validità, bloccando l'indizione di nuovi concorsi e ricorrendo anche allo scorrimento delle medesime graduatorie, al fine di dare il giusto riconoscimento ai diritti dei tanti giovani che attendono da anni di poter cominciare a lavorare, e di garantire la piena attuazione dell'articolo 97 della Costituzione;
ad assumere iniziative per introdurre un progressivo allargamento delle quote per le nuove assunzioni, mettendo la pubblica amministrazione in condizioni di lavorare in modo efficiente, e cominciando a realizzare il giusto ricambio generazionale.
(1-01131)
«Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Taglialatela, Rampelli, Maietta, Nastri, Totaro».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
SIMONETTI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SALTAMARTINI. – Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto pubblicato su Il Corriere della Sera di lunedì 1o febbraio 2015, l'attività illecita di circa 7.000 dipendenti pubblici infedeli e corrotti ha creato in dieci mesi un danno record di quasi 4 miliardi di euro (esattamente 3.837.273.698 euro);
500 milioni di euro è la quota di «buco» accumulata in soli quattro mesi, da giugno ad ottobre 2015, per atti illeciti, omissioni e/o abusi d'ufficio, compiuti da dirigenti, funzionari ed impiegati pubblici; cifra inquietante che denuncia un trend di oltre 100 milioni di euro di danno erariale ogni trenta giorni;
le cause sono le più svariate: medici e funzionari assenteisti; truffe nel settore sanitario con falsificazioni di cartelle e di tabulati marcatempo, nonché indebiti rimborsi di medicinali; appalti truccati e gonfiati; consulenze inutili; illegittime erogazioni di pensioni, prestazioni ed indennità varie;
a titolo di esempio si cita il caso del geometra dipendente comunale di Potenza, che nell'orario di servizio svolgeva altrove attività libero-professionale, per una somma «rubata» di 70 mila euro, ma anche il caso dei 500 milioni di euro sottratti alle casse dell'Inps a Viterbo, dove compiacenti impiegati modificavano i moduli di riscatto della laurea o di ricongiunzione di periodi contributivi per «scontare» l'effettiva somma da versare all'Istituto previdenziale;
ciò dimostra, quindi, che la «piaga» della pubblica amministrazione va ben oltre l'assenteismo e che, dunque, il tanto decantato licenziamento in 48 ore dell'assenteista colto in flagrante non è altro che «una piccola goccia in un mare di necessità» –:
se ed in che termini il Governo intenda urgentemente affrontare la complessa problematica di situazioni quali quelle descritte in premessa che sostanzialmente determinano un rilevante danno erariale e quali misure intenda porre in essere per procedere al recupero di quanto indebitamente sottratto alle casse pubbliche. (3-01974)
(2 febbraio 2016)
SANTERINI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
con il decreto ministeriale n. 850 del 2015 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato le disposizioni per le attività di formazione e dell'anno di prova dei docenti neo assunti;
i succitati docenti neo assunti in ruolo sono tenuti a espletare tali attività ai fini dell'immissione definitiva in ruolo;
si tratta di una scelta doverosa e che sottolinea l'importanza della formazione dei docenti neo assunti;
lo stesso vale, però, anche per i docenti che abbiano richiesto e ottenuto, con le operazioni di mobilità, un passaggio di ruolo;
il decreto ministeriale è stato emanato in applicazione dei commi da 115 a 120 della legge n. 107 del 2015, detta comunemente «Buona Scuola»;
la stessa legge richiama gli articoli 437, 438 e 439 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994 in quanto compatibili con le nuove norme approvate a luglio 2015;
in base al decreto legislativo n. 297 del 1994 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sempre dato indicazioni per l'anno di formazione e di prova dei docenti, distinguendo tra docenti neo immessi in ruolo per la prima volta e docenti che già di ruolo avevano ottenuto il passaggio in altro ruolo o in altro insegnamento;
per richiedere il passaggio sopra ricordato, il docente di ruolo doveva aver svolto la formazione iniziale nell'anno di nomina ed era soggetto al giudizio di conferma da parte del dirigente, sentito il comitato di valutazione;
in caso di giudizio sfavorevole poteva essere restituito al ruolo di provenienza;
vi era, come detto, una chiara distinzione tra docenti appena nominati e docenti che avevano chiesto ed ottenuto il passaggio;
al contrario, le disposizioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca obbligano oggi anche i docenti, che hanno ottenuto il passaggio, alla frequenza e allo svolgimento di tutte le attività formative dei neo immessi in ruolo;
tra queste attività è prevista anche la ripetizione dell'anno di prova, già svolto, come detto sopra, al momento dell'assunzione a tempo indeterminato, nonostante i docenti che hanno ottenuto il passaggio abbiano già effettuato l'anno di prova necessario e siano stati immessi in ruolo da tempo;
da sempre in caso di passaggio ad altro ruolo il docente ha avuto l'obbligo di 180 giorni di servizio per superare l'anno di prova, ma non è stato mai obbligato, come invece si prevede ora, all'intera ripetizione dell'anno di prova;
che il docente che per la prima volta è nominato in ruolo sia tenuto alla formazione iniziale e al superamento dell'anno di prova è indiscutibile ed è coerente con tutte le norme del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del pubblico impiego;
tuttavia, in questo caso i docenti che passano da un ruolo all'altro sono assimilati ai docenti neo nominati, obbligando i primi a ripetere l'anno di prova;
il decreto ministeriale n. 850 del 2015 citato in precedenza proprio per questo è stato impugnato dai sindacati rappresentativi della scuola davanti al Tar Lazio, ma sembra necessario non attendere la risposta della magistratura per affrontare concretamente la vicenda;
si ricorda che la legge n. 107 del 2015 non interviene nel merito, anzi il Ministero stesso aveva escluso l'anno di formazione dalla replica per i docenti già di ruolo nel caso di passaggio ad altro ordine di scuola –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda predisporre per evitare che docenti che già hanno effettuato tutte le attività formative necessarie debbano ripetere l'anno di prova. (3-01975)
(2 febbraio 2016)
GALATI, PARISI e ABRIGNANI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
ha suscitato forte turbamento, negli scorsi giorni, la notizia di una maestra coordinatrice di una scuola statale per l'infanzia di Pavullo, in provincia di Modena, arrestata a seguito di ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Modena perché ritenuta responsabile di maltrattamenti aggravati sui bambini a lei affidati, di età compresa tra i 3 ed i 5 anni. Si tratta di un fatto ancora in fase di accertamento il quale però si configura quale campanello d'allarme rispetto alla questione della violenza nelle scuole e nelle altre strutture educative statali. Milioni di bambini trascorrono infatti più tempo a contatto con gli adulti nelle strutture scolastiche che in qualsiasi altro posto fuori dall'ambiente familiare, pertanto è indispensabile che lo Stato adotti tutte le misure necessarie a garantire che la disciplina scolastica sia impartita in modo da assicurare l'integrità fisica e morale dei bambini nel momento in cui sono affidati alle strutture scolastiche ed educative, istituzionali e statali;
sul caso di Pavullo è dunque necessario che il Ministro interrogato faccia chiarezza e che, in caso di accertamento del reato, l'amministrazione pubblica assicuri, oltre che i profili di risarcimento per i danni fisici e morali ai danni dei bambini e delle famiglie coinvolte, che restano da quantificare, anche un provvedimento sanzionatorio esemplare e che il Ministero adotti tutte le misure necessarie a prevenire con opportuni provvedimenti il ricorso a metodi violenti da parte degli insegnanti nei confronti dei bambini;
il contrasto alla violenza sui bambini in ogni forma ed in ogni luogo, ed in special modo all'interno di strutture statali e pubbliche, è di una questione cruciale, al pari dei provvedimenti adottati per contrastare la violenza sulle donne, che deve essere affrontata prioritariamente per tutelare la società civile in un momento essenziale come quello educativo e scolastico –:
quali provvedimenti il Ministro interrogato ritenga di poter adottare per contrastare ogni forma di violenza contro i bambini all'interno delle istituzioni scolastiche e per prevenire con opportune forme di controllo e prevenzione la tutela dell'integrità fisica e morale dei bambini. (3-01976)
(2 febbraio 2016)
CAROCCI, COSCIA, ROCCHI, MALPEZZI, ASCANI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, BOSSA, SGAMBATO, MALISANI, VENTRICELLI, PES, RAMPI, MANZI, BLAZINA, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, NARDUOLO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
con le emissioni di gennaio 2016 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha erogato gli stipendi per le supplenze brevi e saltuarie dei docenti precari relative ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2015. Tuttavia, la procedura e i criteri di tassazione applicati hanno penalizzato alcuni docenti;
le competenze, infatti, sono state assoggettate a tassazione separata, ciò significa che è stato preso in considerazione il solo reddito medio percepito nei due anni precedenti ed è stato escluso il riconoscimento delle detrazioni fiscali spettanti, come, ad esempio, quelle relative alla cosiddetta «produzione del reddito», quelle spettanti per gli eventuali carichi familiari, o anche quelle concernenti l'applicazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 66 del 2014 circa il bonus di 80 euro che è, peraltro, attribuito dal sistema in automatico così come previsto dalle linee guida «NoiPA»;
chi sembra essere maggiormente colpito da tale meccanismo sono i supplenti temporanei con una retribuzione complessiva annua non superiore a euro 8.000: costoro, infatti, con il riconoscimento delle detrazioni fiscali, sarebbero stati totalmente esenti dalla tassazione irpef;
per i redditi a tassazione separata l'Agenzia delle entrate procede autonomamente alla riliquidazione dell'imposta: in caso sia dovuta una imposta maggiore, provvede ad inviare apposito avviso di pagamento al contribuente; in caso le imposte dovute siano di ammontare inferiore a quanto trattenuto dal datore di lavoro, provvede ad effettuare il rimborso dell'eccedenza pagata, ma solo se il credito risulti superiore ad euro 100;
la riliquidazione di cui sopra è effettuata a seguito di dichiarazione dei redditi, che nel caso in esame, poiché le retribuzioni sono state corrisposte nel 2016, potrà essere presentata solo nel 2017 con la conseguenza che la corresponsione del rimborso avverrà ad anni di distanza rispetto alla trattenuta subita;
in tal senso il problema sembra risiedere nel fatto che «NoiPA» abbia liquidato gli stipendi come se si trattasse di «arretrati» –:
come intenda intervenire, per quanto di propria competenza, per favorire una rapida soluzione del problema. (3-01977)
(2 febbraio 2016)
DAMBRUOSO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nella visita in Giappone del mese di agosto 2015 il Presidente del Consiglio dei ministri ha evidenziato l'importanza dei rapporti tra Italia e Giappone e, come si legge da fonti giornalistiche, ha assicurato l'appoggio del nostro Paese affinché «l'Unione europea dia un'approvazione rapida sia dell'accordo di libero scambio Ue-Giappone sia per il partenariato strategico»;
sulla base di queste premesse un primo passo potrebbe essere fatto proprio sul piano culturale rendendo più semplice il soggiorno studio nei due Paesi e favorendo gli scambi tra università e scuole di specializzazione;
la normativa attuale sui permessi per gli studenti che vogliono trascorrere periodi di studio o di studio/lavoro in Italia prevede una possibilità di soggiorno senza visto per soli 3 mesi e non consente di svolgere attività retributive in quel periodo, per studiare e lavorare per periodi più lunghi, invece, le procedure di ottenimento di un visto sono molto più complesse;
diversamente avviene per altri Paesi europei, tra cui Germania, Francia, Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda, con i quali il Giappone ha concluso un accordo sulle vacanze di lavoro (working holiday agreement). Tale accordo prevede che gli studenti dai 18 ai 30 anni possano ottenere un permesso di soggiorno per un anno e incoraggia questi giovani a cercare un lavoro per coprire le spese;
sarebbe, pertanto, opportuno adeguare la normativa nei rapporti bilaterali tra Italia e Giappone anche in questo campo e la celebrazione – ormai prossima – dei 150 anni dalla firma del primo trattato diplomatico tra i due Paesi potrebbe rappresentare l'occasione perfetta per un impulso significativo agli scambi culturali e umani (tra l'altro a costo zero) proprio nell'anno in cui si festeggia l'amicizia italo-nipponica –:
quali iniziative intenda adottare per favorire lo scambio culturale tra studenti dei due Paesi, avviando un'interlocuzione con le autorità giapponesi su questi temi. (3-01978)
(2 febbraio 2016)
VIGNALI. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
i Conservatori sono uno straordinario patrimonio del Paese;
la legge 21 dicembre 1999, n. 508, finalizzata alla riforma del sistema di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM), ha disciplinato in modo organico la struttura, l'organizzazione e le finalità delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati;
al netto delle parti inattuate della riforma del ’99, per quanto riguarda i Conservatori, con riferimento al percorso formativo si riscontrano diverse criticità. Il passaggio da scuola superiore sui generis a livello accademico, non sufficientemente approfondito e monitorato, dimostra oggi tutti i propri limiti. Il test più evidente di questo giudizio è che gli studenti transitati dall'ordinamento precedente all'attuale costituiscono casi eccezionali. Allo stesso modo, il sistema dei crediti formativi, trasposto assai meccanicamente ai conservatori, condiziona significativamente il percorso formativo, in particolare peggiorando fortemente la preparazione dello strumento principale;
pur se poco più della metà degli insegnanti dei conservatori insegnano anche nei corsi preaccademici, in molte realtà si è appaltato a soggetti esterni questo livello di formazione senza alcun controllo didattico. Inoltre, non vi sono garanzie per gli allievi per il passaggio da un preaccademico ad un altro;
le conferenze nazionali dei Conservatori statali e non statali dei presidenti, dei direttori e dei presidenti delle consulte degli studenti, riunite congiuntamente a Roma nella sede del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 27 gennaio 2016, hanno espresso la più grande preoccupazione per la situazione del sistema dei Conservatori statali e non statali italiani e più in generale per la formazione musicale nel nostro Paese;
in particolare le suddette conferenze hanno lamentato il blocco ormai da anni del processo di riforma del sistema avviato dalla legge n. 508 del 1999, cui si accompagna una grave carenza di risorse pubbliche, nonché una problematicità costante nella interlocuzione con il livello politico-istituzionale. Le conferenze hanno denunciato il persistere di un'assenza di progettualità politica e culturale che riguarda il sistema formativo in un contesto di una costante sottovalutazione di fatto del valore della musica nell'intero contesto culturale e sociale complessivo del paese;
a distanza di sedici anni dall'entrata in vigore della legge di riforma mancano ancora fondamentali passaggi normativi, come il decreto sul reclutamento del personale docente, la messa a ordinamento dei bienni, la statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali, l'organo consultivo di sistema scaduto e non rinnovato da tre anni (CNAM). Le stesse conferenze riunite hanno ribadito con determinazione la necessità di essere riconosciute e considerate come dai decreti ministeriali istitutivi quali organismi stabili di interlocuzione tra l'amministrazione e i conservatori, statali e non statali;
hanno inoltre espresso la ferma contrarietà all'annuncio di norme che favorirebbero le istituzioni private a discapito delle istituzioni pubbliche;
a tal fine le conferenze nazionali riunite hanno chiesto immediate risposte e azioni concrete alle istanze poste, non oltre il mese di febbraio 2016, da realizzarsi in tempo utile per garantire l'efficacia delle procedure per l'avvio del prossimo anno accademico;
inoltre, il passaggio al sistema universitario ha spinto molte province a disinteressarsi dell'edilizia dei Conservatori (manutenzione ordinaria e straordinaria e utenze) e la carenza di fondi dovuta alla loro soppressione ha costretto anche quelle ben disposte a non sostenere questi costi, senza una conseguente assunzione degli stessi da parte dello Stato. Il recente caso della chiusura dell'Accademia di Firenze per mancanza di riscaldamento è l'emblema di questa situazione;
pare dunque necessario effettuare una ricognizione esaustiva della situazione e cercare soluzioni a brevissimo periodo, per non pregiudicare l'esistenza dei Conservatori, ma nel quadro prospettico della riforma e quindi di una sostenibilità nel medio-lungo periodo –:
come intenda operare il Ministro interrogato per attuare, anche modificandola, la riforma dei Conservatori e degli Istituti superiori di studi musicali, considerando il percorso formativo, la struttura del sistema, il reclutamento e la valutazione, per garantire loro la necessaria autonomia, la funzionalità nell'immediato e la sostenibilità a regime. (3-01979)
(2 febbraio 2016)
SCOTTO, PELLEGRINO, ZARATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 19 gennaio 2016, la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum contro le trivellazioni in tema di durata delle concessioni;
a breve, in particolare sembrerebbe tra il 10 e 15 febbraio 2016, dovrebbe essere adottata la decisione relativa alla fissazione della data per lo svolgimento di tale referendum;
le elezioni amministrative, pure in programma per il corrente anno, si terranno a giugno 2016;
è evidente che l'accorpamento del voto referendario con le elezioni amministrative garantirebbe, oltre che un risparmio di circa 300 milioni di euro, anche la massima partecipazione rispetto ad una consultazione referendaria attinente un tema particolarmente delicato, quale è quello di un diverso futuro energetico del nostro Paese, che come noto, per la sua validità, richiede il raggiungimento di un quorum;
l'accorpamento del voto referendario con la tornata delle elezioni amministrative, meglio ancora se con il primo turno previsto per il 6 giugno 2016, è opportuno dunque sia per ragioni economiche, soprattutto in tempi di spending review – visto che si raddoppierebbero i costi, in caso di consultazioni in tempi diversi – nonché per la promozione della più ampia partecipazione alle urne rispetto al voto referendario, uno dei più importanti strumenti di democrazia diretta –:
se non ritenga di assumere le iniziative di competenza volte ad «accorpare» il voto referendario sulle trivellazioni con il primo turno delle elezioni amministrative, onde garantire la più ampia partecipazione dei cittadini al voto, nonché un risparmio di circa 300 milioni di euro, che certamente sarebbe impedito, invece, nel caso tali consultazioni si svolgessero in giorni diversi. (3-01980)
(2 febbraio 2016)
SARTI, SPADONI, DELL'ORCO, FERRARESI, PAOLO BERNINI, DALL'OSSO, NUTI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, DIENI, D'AMBROSIO, TONINELLI, BONAFEDE, AGOSTINELLI, BUSINAROLO, COLLETTI e D'UVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
è tuttora in corso il processo Aemilia che riguarda la più grande operazione contro la ’ndrangheta in Emilia Romagna e ha coinvolto anche altre regioni, tra cui Veneto, Lombardia, Piemonte, Calabria e Sicilia. Ad oggi gli imputati sono 219, nove dei quali attualmente sottoposti al regime di 41-bis e 189 i capi di imputazione. Si tratta di un avvenimento senza precedenti per la regione Emilia-Romagna, per i numeri e per le dimensioni dell'inchiesta. Un'indagine, condotta dalle forze dell'ordine e dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna, segnata da due momenti fondamentali: il primo, alla fine di gennaio 2015, ha portato a 117 arresti. Il secondo, a metà luglio 2015, ha colpito la cosiddetta «’ndrangheta imprenditrice». Al centro delle indagini, coordinate dall'ex procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, c’è il clan Grande Aracri, originario di Cutro che aveva costituito una vera e propria organizzazione a delinquere di stampo mafioso autonoma dalla «casa madre» cutrese, con epicentro a Reggio Emilia;
il dibattimento inizierà il 23 marzo 2016, ad oggi si stanno svolgendo le udienze dei riti abbreviati. Fra gli imputati rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa vi è, fra gli altri, il consigliere comunale di Reggio Emilia Giuseppe Pagliani (Forza Italia), che nel 2012, secondo quanto riportato dalle intercettazioni della richiesta di rinvio a giudizio, si mise completamente a disposizione di alcuni associati alla cosca Grande Aracri, pur consapevole dei precedenti penali di essi, prese parte, inoltre, a diverse riunioni in cui strinse un patto volto ad allontanare i sospetti di appartenenza alla criminalità organizzata pendente su alcuni degli imprenditori colpiti da provvedimenti interdittivi prefettizi e partecipò anche alla cena con imprenditori cutresi presso il ristorante «Antichi Sapori» di Reggio Emilia, summit al quale erano presenti anche vari esponenti della suddetta cosca Grande Aracri come ad esempio Nicolino Sarcone. Pagliani oggi è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare «per aver concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi dell'associazione mafiosa sfruttando il suo ruolo di vice-coordinatore vicario provinciale del PDL e capogruppo PDL nel consiglio provinciale di Reggio Emilia che veniva messo al servizio della strategia pubblica dell'associazione (...) consentendo agli associati di affrontare un momento di particolare difficoltà incontrata da molti di loro e dall'associazione stessa, ottenendo anzi un «rilancio» delle possibilità e delle capacità di azione del sodalizio»;
un altro imputato del processo Aemilia è Domenico Mesiano, ex assistente capo della polizia presso la questura di Reggio Emilia, autista del questore, arrestato a fine gennaio 2015 e imputato per associazione mafiosa ex articolo 416-bis c.p. Egli avrebbe partecipato alle riunioni del sodalizio, utilizzando costantemente il rapporto con gli altri associati per allargare la propria influenza e capacità affaristica nonché di inserimento nel sistema economico emiliano;
Domenico Mesiano è anche colui che, durante le primarie del Partito Democratico per la scelta del candidato sindaco alle elezioni amministrative del 2014, fece telefonate dalla questura sconsigliando ad alcuni esponenti della comunità albanese di votare Franco Corradini, ex assessore alla coesione sociale e sicurezza del comune reggiano. Alla fine, le primarie furono vinte da Luca Vecchi, attuale sindaco di Reggio Emilia. Franco Corradini, appena ebbe notizia delle telefonate e delle pressioni di Mesiano, denunciò l'accaduto presentando un esposto alla procura di Reggio Emilia e dopo l'arresto di Mesiano del gennaio 2015 dichiarò: «A primarie svolte, la notizia trapelò, ma non ebbi la solidarietà dei miei concorrenti e nemmeno del PD. Ora, anche alla luce di quel che sta accadendo i miei dubbi rimango più forti che mai: forse le primarie furono inquinate dalla malavita organizzata? A vantaggio di chi? Chi traeva vantaggio dal poliziotto Domenico Mesiano oggi arrestato in occasione della maxi operazione anti Mafia?». Ancora, in un'intervista di pochi giorni fa, Corradini ribadisce le presunte irregolarità di quelle votazioni dichiarando che: «Più passa il tempo e più vi è la consapevolezza che Mesiano che telefona per sconsigliare di votarmi non agiva isolatamente. Al netto dell'onestà personale di Vecchi è chiaro che tutto il sistema di potere – dalle cooperative in procinto di fallire a una Cgil in difficoltà, al Pd ridotto al lumicino, al sindaco uscente Delrio e in questo contesto anche il sistema illegale che esiste e si manifesta con la telefonata del poliziotto – fa scelte precise»;
a quanto sopra esposto si aggiungano i brogli elettorali che hanno toccato le elezioni amministrative del comune di Reggio Emilia nel 2014, precisamente il seggio numero 7 che aveva come presidente Pietro Drammis. Trentuno schede sarebbero state alterate da Drammis per favorire due candidati poi diventati consiglieri comunali nelle file del Pd attualmente componenti della commissione controllo e garanzia del comune, Salvatore Scarpino e Teresa Rivetti, quest'ultima moglie dell'ex consigliere Carmine De Lucia. Per il presunto broglio Drammis è stato l'unico indagato e la procura ha chiesto che venga rinviato a giudizio. Le indagini sono state sollecitate dalle segnalazioni del Movimento 5 Stelle, in particolare sia la consigliera comunale Alessandra Guatteri, rappresentante di lista nel seggio presieduto da Pietro Drammis, e sia la deputata Maria Edera Spadoni avevano depositato interrogazioni ed esposti già in data 10 luglio 2014. Nel visionare le schede, i rappresentanti di lista notarono che la grafia di alcune di esse risultava apparentemente identica e ciò ora ha trovato conferma nell'esito delle indagini portate avanti dal pubblico ministero Isabella Chiesi: «Secondo le analisi degli esperti di grafologia della polizia scientifica di Roma, la mano che ha vergato i nomi di Scarpino e Rivetti sarebbe quella di Drammis»;
in un'intervista del 3 ottobre 2012, l'ex consigliere comunale Antonio Olivo, imprenditore edile cutrese (a cui nel novembre 2005 era stato bruciato il tetto di un edificio di sua proprietà e ciò costituisce uno dei capi di accusa nei confronti di Gaetano Blasco imputato per 416-bis nel processo Aemilia), dichiarò: «Vedrò di organizzarmi con Salvatore Scarpino – attualmente consigliere comunale – per vedere se abbiamo un minimo margine di manovra per aiutare Sarcone e gli amici cutresi. Siamo tutti in difficoltà, mica solo l'amico paesano Sarcone»;
Gianluigi Sarcone, personaggio a cui si riferisce l'ex consigliere comunale Antonio Olivo nell'intervista di cui sopra, è imputato oggi nel processo Aemilia ex articolo 416-bis del codice penale e nel 2012 figuravano già a suo carico due procedimenti penali: il primo per estorsione, usura e appropriazione indebita, il secondo per impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;
in data 23 gennaio 2016, ad un anno di distanza dall'arresto di Francesco Macrì nell'indagine Aemilia, è emerso che Maria Sergio, moglie del sindaco Luca Vecchi di Reggio Emilia, dirigente all'urbanistica del comune di Reggio Emilia tra il 2004 ed il 2014, attualmente dirigente presso il comune di Modena, in data 12 maggio 2012 aveva acquistato una casa al grezzo insieme a Luca Vecchi dalla M&F General Service Srl di proprietà del crotonese Francesco Macrì, imputato oggi nel processo Aemilia per ricettazione, riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, reati aggravati perché commessi al fine di agevolare la cosca Grande Aracri. Nel 2013 la Sergio era stata ascoltata come persona informata sui fatti dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Bologna nell'inchiesta Aemilia. Come risulta dai verbali della deposizione, la Sergio, a seguito della domanda dei pubblici ministeri, se conoscesse imprese importanti di calabresi o cutresi, dichiarava: «Rispetto alle ditte cutresi... io non... come dire non ne ho incrociate molte perché poi spesso appunto le ditte cutresi lavorano sugli interventi diretti, che io gestisco di meno...»;
Macrì risulta essere stato, secondo l'accusa, il prestanome compiacente e consapevole degli ’ndranghetisti Nicolino Grande Aracri, Michele Bolognino, Palmo e Giuseppe Vertinelli, attraverso l'utilizzo della società «Il Cenacolo s.r.l.».
il sindaco Vecchi e la moglie Maria Sergio hanno dichiarato che non sapevano nulla su Francesco Macrì al momento dell'acquisto della loro casa (Luca Vecchi il 23 gennaio 2016 dichiarava: «mi cade un muro addosso»). In data 25 gennaio 2016, durante una seduta del consiglio comunale, il sindaco di Reggio Emilia ha dichiarato: «Quando sono usciti i nomi degli arrestati di Aemilia li ho letti, e mi sono interrogato più come amministratore che come un cittadino dal momento che, a tre anni di distanza, il tema della casa per me era derubricato». Il consigliere comunale del MoVimento 5 Stelle Norberto Vaccari, però, durante lo stesso consiglio comunale gli rispondeva: «Non poteva non sapere e il fatto che non ricordasse chi gli ha venduto la casa risulta difficilmente credibile. Non fosse altro per i dieci anni di garanzia che gravano per legge proprio sul costruttore»;
la figura di Francesco Macrì non è nuova agli occhi dell'amministrazione comunale reggiana. Macrì, infatti, come riportato dagli organi di stampa locali, è stato prima socio amministratore e poi accomandatario della società «F.lli Macrì s.a.s. di Macrì Mario», aggiudicataria dal 2003 al 2012 di 12 appalti pubblici nel territorio reggiano per un valore totale di 339.756 euro e di svariati interventi nel settore privato, tutto ciò quando Maria Sergio era dirigente all'urbanistica del comune; tale società risulta inoltre essere stata invitata nel settembre 2014 ad una procedura negoziata indetta dal comune di Reggio Emilia per l'assegnazione di lavori di manutenzione stradale; inoltre il comune approvò alla stessa M&F General Service un piano particolareggiato nel 2004;
il 18 ottobre 2014, Domenico Lerose, oggi rinviato a giudizio con l'aggravante di aver agito con metodo mafioso, al termine di un comizio in piazza Martiri del 7 luglio a Reggio Emilia, si avvicinava con altre due persone alla deputata del Movimento 5 Stelle Maria Edera Spadoni, dicendole: «Lei Grande Aracri non lo deve neanche nominare». Poco prima, Spadoni aveva ribadito le sue prese di posizione critiche sulla videointervista in cui il sindaco di Brescello, Marcello Coffrini, parlava di Francesco Grande Aracri, condannato in via definitiva per associazione mafiosa. La condotta di Lerose, per i pubblici ministeri, è aggravata dal fatto di aver agito ai danni di un pubblico ufficiale e al fine di costringerlo a modificare le proprie posizioni pubbliche. La deputata Spadoni, dopo essere stata minacciata, replicò fermamente e fece denuncia ai carabinieri;
in data odierna è emerso da notizie di stampa che uno degli imputati ex articolo 416-bis del codice penale nel processo Aemilia, Pasquale Brescia, ha recapitato, tramite il suo legale, alla redazione de Il Resto del Carlino di Reggio Emilia una lettera indirizzata al sindaco Luca Vecchi;
le giornaliste Sabrina Pignedoli e Benedetta Salsi scrivono che Brescia parla di «precedenti penali» ed esclusioni dalla white list per la ricostruzione del dopo terremoto di parenti della Sergio, gli stessi che le avrebbero ultimato la casa. Ricorda anche il funerale del suocero del sindaco, dicendo di essere stato lui stesso presente «così come tanti altri imputati del processo Aemilia» e cita alcuni dei nomi dei presunti esponenti di vertice della cosca. Tornando a chiedere le dimissioni di Vecchi, l'imputato cita a paragone il comportamento dell'ex sindaco di Reggio e attuale Ministro Graziano Delrio che, a suo tempo, «andò dal prefetto De Miro per tutelare i cutresi dalla criminalizzazione mediatica». Nella lettera c’è poi un riferimento alla campagna elettorale di Vecchi dove in un circolo cittadino avrebbe fatto promesse e stretto mani. «A chi c'era in quei circoli – si chiede – sa quali mani ha stretto?». Alcune persone, ora escluse dalla white list, avrebbero fatto campagna elettorale in suo favore, così come per Delrio –:
se in considerazione della gravità dei fatti esposti, si intendano attivare le procedure di insediamento di una commissione di accesso, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico degli enti locali, affinché possa essere verificata e accertata l'estraneità dell'operato dell'amministrazione comunale di Reggio Emilia rispetto a condizionamenti da parte della criminalità organizzata. (3-01981)
(2 febbraio 2016)
SANTELLI e OCCHIUTO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
di recente la regione Calabria è stata interessata da un’escalation di attentati e intimidazioni che ha raggiunto livelli a dir poco allarmanti;
l'ennesimo episodio si è consumato nei giorni scorsi a Locri: all'interno del deposito della società di autolinee «Federico» un incendio ha distrutto 14 mezzi. Non sembrano esserci dubbi sulla natura dolosa del rogo, visto che sarebbe stata trovata una tanica con ancora tracce di benzina;
si sta indagando per capire se, dietro l'intimidazione, c’è una richiesta estorsiva o soggetti legati alla criminalità organizzata. Le modalità, infatti, sono quelle che adotta la ’ndrangheta per piegare imprenditori e commercianti. La stessa società (che opera con oltre 200 dipendenti e 40 automezzi con corse di linea in tutta la Calabria) è stata tra l'altro oggetto di ben quattro attentati negli ultimi tre anni;
a ciò si aggiungano i numerosi episodi intimidatori perpetrati a danno degli amministratori locali che operano nel territorio; sono i dati a confermare che il 60 per cento dei comuni calabresi ha denunciato episodi di micro e macro criminalità ai danni della pubblica amministrazione. Una percentuale che supera di gran lunga la soglia di sopportabilità per un Paese che si possa definire civile;
lo stesso figlio del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, uno dei magistrati maggiormente esposti nella lotta alla ’ndrangheta, è stato vittima di un episodio non ancora pienamente chiarito, che ha visto lo stesso essere contattato da falsi poliziotti;
è necessario altresì rilevare la non più sopportabile carenza di organico degli uffici giudiziari calabresi: basta citare la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha competenza su quattro delle cinque province della Calabria, e su sette circondari, rappresentando il terzo distretto italiano, e che registra la presenza di soli sei magistrati. Un presidio, che dovrebbe vigilare su una situazione di criminalità che ha assunto rilievo nazionale per la sua pericolosità, tanto di radicamento nel territorio regionale quanto di collegamento ed estensione nell'intero territorio nazionale e transnazionale, non consente neanche la copertura minima dell'assegnazione di un magistrato per circondario. A tal proposito, una presa di posizione appare non più rinviabile: è pertanto necessario che lo stesso Ministero dell'interno intervenga con una puntuale segnalazione per procedere ad un'integrazione immediata dell'organico degli uffici giudiziari calabresi, senza dover attendere necessariamente la revisione delle piante organiche della magistratura –:
quali misure effettive intenda adottare per innalzare il livello di attenzione sulla regione Calabria, per tutelare maggiormente gli amministratori locali e le imprese dopo gli attentati e le intimidazioni subite, nonché per garantire una maggiore presenza dello Stato in Calabria, e se, a tal proposito, il Governo intenda prevedere un'apposita riunione del Consiglio dei ministri da tenersi in territorio calabrese. (3-01982)
(2 febbraio 2016)
LA RUSSA, RAMPELLI, CIRIELLI, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
risulta che i profughi ospitati presso la struttura della Croce rossa italiana di Bresso, in provincia di Milano, siano trasportati quasi quotidianamente da quella struttura verso la città di Forlì al fine di comparire davanti alla commissione per la concessione dello status di rifugiato;
i mezzi di trasporto a tal fine utilizzati sono veicoli della Croce rossa italiana che, a causa di questo servizio, percorrono quasi quotidianamente oltre seicento chilometri tra andata e ritorno;
il 20 novembre 2015 un mezzo della Croce rossa è incorso in un grave incidente in autostrada, nel quale gli occu- panti hanno subito gravi lesioni personali e a causa del quale il veicolo è andato distrutto;
non appare chiaro chi sopporti i costi di tali trasferimenti e per quali motivi gli immigrati non siano trasferiti in luogo più vicino alla commissione incaricata di esaminare le loro domande d'asilo, o, viceversa, per quale motivo essi non siano assegnati ad altra commissione, ubicata in luogo più vicino, per la valutazione;
nei trasferimenti è, inoltre, impropriamente impiegato anche il personale della Croce rossa, invece di svolgere le attività istituzionali dell'ente –:
se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere in merito. (3-01983)
(2 febbraio 2016)