TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 362 di Mercoledì 14 gennaio 2015

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   VECCHIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei comuni di Augusta, Priolo e Melilli in provincia di Siracusa si trova il più grande complesso petrolchimico d'Europa. Questo territorio è stato classificato come sito di interesse nazionale a causa dell'emergenza prodotta dall'inquinamento delle falde acquifere e della contaminazione delle coste. In queste località, infatti, l'incidenza dei tumori è altissima;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore, Stefania Prestigiacomo, aveva stipulato un contratto con le industrie responsabili dell'inquinamento che prevedeva il cofinanziamento di 770 milioni di euro da destinare alle bonifiche. Parte di questi fondi era di provenienza pubblica;
   il 22 aprile 2014, in occasione della Giornata della Terra, è andata in onda su la7 un'inchiesta curata dal giornalista Antonio Condorelli, da cui si evinceva che la bonifica di Siracusa non è ancora iniziata. L'inchiesta mostrava, inoltre, come nella penisola di Magnisi, il più importante sito protostorico e archeologico della Sicilia orientale, siano ancora presenti discariche a cielo aperto di pirite, contenenti arsenico e metalli pesanti. A quanto pare i fondi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non sarebbero stati mai utilizzati e gli importi che i privati avevano destinato alla bonifica del territorio, a titolo di risarcimento del danno, sarebbero finiti nel calderone del bilancio dello Stato e, attualmente, sarebbero utilizzati per altri scopi –:
   se i 770 milioni di euro destinati alla bonifica della provincia di Siracusa siano stati utilizzati e a quale scopo e quali siano le iniziative assunte dal Governo per tutelare gli abitanti di Augusta, Priolo e Melilli, che continuano ad ammalarsi e a morire di tumore. (3-01240)
(13 gennaio 2015)

   BRATTI, CARRESCIA, ROSTAN, PALMA, COMINELLI, PELILLO, REALACCI, TERROSI, MARIANI, BRAGA, BORGHI, MARIASTELLA BIANCHI, FREGOLENT, BRAY, CAPONE, GINEFRA, LOSACCO, MARIANO, MASSA, MONGIELLO, VENTRICELLI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il deposito di rifiuti radioattivi della Cemerad, nel comune di Statte, in provincia di Taranto, destinato alla raccolta di rifiuti di origine ospedaliera e industriale nel periodo 1984-2000, è attualmente chiuso e affidato in custodia giudiziaria al comune;
   a quanto risulta dalla documentazione presente nel deposito, nell'unico capannone sono tuttora immagazzinati circa 3.000 fusti di rifiuti radioattivi, anche a media ed alta attività, e circa 12.000 fusti di rifiuti di natura diversa, non facilmente individuabili nel numero e nella tipologia;
   l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale, nel corso della XVI legislatura, ha segnalato alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti lo stato di grave degrado e abbandono del deposito;
   la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, istituita nella XVII legislatura, con un sopralluogo – il 1o dicembre 2014 – e con le audizioni del prefetto di Taranto e del sindaco di Statte ha accertato le condizioni di gravissimo degrado del deposito, inadeguato nelle strutture e non protetto da eventi meteorologici avversi e dal rischio di effrazioni;
   il deposito richiede – con estrema urgenza – interventi di messa in sicurezza della struttura e del sito, per la delimitazione di una zona di rispetto, per la caratterizzazione dei fusti, della superficie su cui è edificato il deposito e del terreno circostante e la definizione – con l'ausilio di tecnici qualificati ad elevata specializzazione – di un progetto adeguato di smaltimento dei rifiuti e di bonifica del sito che individui le opportune modalità tecniche di intervento per condurre le susseguenti azioni, nei tempi brevi che lo stato delle cose impone e con priorità per la completa rimozione dei fusti –:
   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere per l'immediata messa in sicurezza del sito, lo smaltimento dei rifiuti e la bonifica del deposito e del terreno circostante. (3-01241)
(13 gennaio 2015)

   NICCHI, PELLEGRINO, ZARATTI e MATARRELLI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   l'emergenza abitativa nel nostro Paese è sempre più drammatica e acuita dalla grave crisi economica in atto e finisce per colpire principalmente le fasce sociali più deboli della società;
   come hanno in questi giorni ricordato i tre assessori alle politiche abitative delle tre grandi città di Roma, Milano e Napoli, con un appello al Governo, ogni giorno sono 140 gli sfratti eseguiti per mezzo della forza pubblica: una sentenza di sfratto colpisce, secondo le statistiche, una ogni 353 famiglie. Escludendo quelle proprietarie di case e gli assegnatari di alloggi pubblici, ciò significa che ogni anno in Italia una sentenza di sfratto – quasi sempre per morosità incolpevole – colpisce una famiglia su quattro;
   il 31 dicembre 2014 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 il decreto-legge n. 192 del 2014 recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», ma, a differenza dei precedenti decreti di proroga termini, il testo non prevede alcuna proroga del blocco degli sfratti scaduto a fine 2014;
   da cinque anni a questa parte, segnalano gli assessori, Roma ha registrato oltre 10 mila sentenze per fine locazione; 4500 sentenze a Napoli e 4 mila sentenze di sfratto a Milano, sempre tra il 2008 e il 2013. Circa il 70 per cento delle famiglie avrebbe i requisiti di reddito e sociali (anziani, minori e portatori di handicap) previste dalla norme per la proroga dei termini;
   lo stesso Piero Fassino, presidente dell'Anci, ha dichiarato che «l'emergenza abitativa (...) sollecita una valutazione sull'opportunità di una proroga, almeno temporanea» –:
   per quali motivi il Governo abbia ritenuto di non inserire nel decreto-legge n. 192 del 2014 la proroga del blocco degli sfratti scaduto a fine 2014. (3-01242)
(13 gennaio 2015)

   DORINA BIANCHI, GAROFALO e PISO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   la mancata reiterazione dell'ultima proroga degli sfratti, disposta al 31 dicembre 2014 con il decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, ha generato un ampio malcontento, portando gli assessori delle principali città e le associazioni di categoria degli inquilini a delineare un quadro di 30.000 soggetti interessati dalla scelta operata dal Governo;
   il numero totale degli sfratti eseguiti nell'anno 2013 – secondo i dati del Ministero dell'interno – ammonta a poco più di 30.000. La norma di proroga in questione e su cui il Parlamento da anni delibera in sede di conversione del decreto-legge di proroga dei termini di fine anno si limita a prorogare una disposizione di sospensione che già da tempo circoscriveva i reali destinatari del beneficio solo a particolari categorie. In primo luogo, la sospensione riguarda (dal 2007) solo la categoria degli sfratti per finita locazione che – secondo la stessa fonte ufficiale citata – sono quasi l'8 per cento del totale. In secondo luogo, la norma richiede requisiti di reddito molto stringenti. Infine, aggiunge ulteriori condizioni;
   ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9, la sospensione riguarda soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso di abitazioni, con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, purché non siano in possesso di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, nonché conduttori che abbiano, nel proprio nucleo familiare, figli fiscalmente a carico. Tali conduttori devono essere residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera Cipe 13 novembre 2003, n. 87103;
   secondo le stime ricavabili dalla relazione tecnica dell'ultima proroga disposta nel dicembre 2013, avrebbero usufruito della sospensione per il 2012 circa 2000 nuclei familiari. Questo dato è ricavato dalle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2013 dai proprietari che possono, a fronte del mancato rilascio dell'immobile, non dichiarare ai fini Irpef il reddito derivante dalla locazione dell'immobile interessato dalla sospensione. Tale beneficio si applica, esclusivamente, ai sensi dell'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2008, n. 199, nei comuni capoluogo delle aree metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste nonché nei comuni ad alta tensione abitativa con essi confinanti;
   non va dimenticato che il blocco degli sfratti che viene prorogato dal 2007 non può essere ampliato per rispondere al crescente disagio abitativo (fenomeno certamente preoccupante), in quanto già la Corte costituzionale, in più occasioni, segnalò l'assoluta incompatibilità di questo genere di disposizione con diversi principi costituzionali –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere (sulla base della stima che l'Esecutivo ha fatto in merito agli effetti della mancata proroga) per pervenire ad una soluzione alternativa per quelle famiglie colpite da un disagio che riguarda un diritto primario e che rischia di inasprire la tensione sociale, soprattutto nelle aree metropolitane del nostro Paese. (3-01243)
(13 gennaio 2015)

   PRESTIGIACOMO, RICCARDO GALLO e PALESE. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   il 30 dicembre 2014, sulla strada statale 121 Palermo-Agrigento, si è verificato un cedimento della carreggiata di circa 3 metri a ridosso del viadotto Scorciavacche 2, su un tratto di 1,3 chilometri inaugurato il 23 dicembre 2014 e costato 13 milioni di euro;
   i lavori concernenti il viadotto Scorciavacche 2 dovevano terminare nel marzo 2015 ma il consorzio di imprese che li ha eseguiti ha reso fruibile il tratto stradale già dal 23 dicembre 2014 e l'Anas, dopo le dovute verifiche, aveva dato il via libera alla circolazione veicolare;
   il 30 dicembre 2014, in presenza dei primi segni di cedimento dell'asfalto del citato viadotto, la stessa Anas ha fatto chiudere il tratto di carreggiata prima che si potessero verificare incidenti e prima che si aprisse una spaccatura profonda sulla strada;
   il tratto della strada carrozzabile interessato dal cedimento è stato posto sotto sequestro dalla procura di Termini Imerese che ha aperto un'inchiesta per crollo colposo, mentre l'Anas ha annunciato un'indagine interna per accertare le eventuali responsabilità della ditta costruttrice e della direzione dei lavori che aveva autorizzato l'agibilità provvisoria, riservandosi di avviare nei loro confronti un'azione legale;
   gli ingegneri responsabili dell'esecuzione dell'opera del consorzio Bolognetta scpa, hanno dichiarato che il viadotto sarebbe crollato a causa di un cedimento del terreno di fondazione del corpo stradale con innesco di uno scivolamento verso valle;
   il consorzio comprende la ditta Cmc – cooperativa Muratori&Cementisti – di Ravenna (che ha la stessa sede legale del consorzio Bolognetta scpa), la ditta Ccc – Consorzio cooperative costruzioni – di Bologna e la Tecnis spa di Catania;
   la società Bolognetta scpa è impegnata attualmente con diverse squadre di lavoro, soprattutto nei nuovi viadotti Scorciavacche 1 e 2;
   in data 6 gennaio 2015 il quotidiano Il Giornale ha riportato la notizia che la ditta Cmc di Ravenna ha avuto in passato controversie legali in seguito all'esecuzione di taluni lavori;
   il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci, eseguendo una ricognizione nei luoghi interessati all'infrastruttura, ha confermato che il cedimento è stato conseguenza di un errore di progettazione o esecuzione dell'opera stessa;
   in Sicilia sono crollati numerosi viadotti a partire dal maggio 2009, mese in cui la procura della Repubblica di Agrigento aprì un'inchiesta dopo il crollo del viadotto «Geremia II», dove l'intera campata precipitò al suolo, passando per il crollo di una porzione della campata centrale del viadotto Verdura a Ribera (Agrigento) il 2 febbraio 2013, sulla strada statale 115 sud occidentale sicula, fino ad arrivare al luglio 2014, data in cui ci fu il crollo di una campata del viadotto Petrulla, in territorio di Ravanusa, che fece 4 feriti;
   non è chiaro, inoltre, se per il viadotto Scorciavacche 2 siano stati eseguiti controlli preventivi di carattere geognostico prima di progettare e realizzare l'opera –:
   quali provvedimenti il Ministro interrogato abbia intrapreso per ripristinare celermente la viabilità ordinaria nel tratto di strada che collega le province di Palermo e Agrigento, accertando nel contempo, per quanto di competenza, le eventuali responsabilità e omissioni delle ditte appaltatrici, e di quali fatti sia a conoscenza per aver definito il crollo come il risultato di un «difetto di progettazione da parte di un'azienda che peraltro è molto qualificata e opera in tutto il mondo».
(3-01244)
(13 gennaio 2015)

   CIPRINI, GALLINELLA, TRIPIEDI, BECHIS, RIZZETTO, COMINARDI, BALDASSARRE e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo le rilevazioni Istat, che fanno riferimento agli occupati indipendenti, gli italiani lavoratori autonomi sono circa 5.537 mila e il dato è relativo all'ultimo trimestre del 2013, sebbene in leggero calo durante tutto il 2014. Altro dato da prendere in considerazione è quello delle partite iva: le aperture sono diminuite del 9 per cento a gennaio 2014 (fonte del Ministero dell'economia e delle finanze), ma paradossalmente, qualche mese dopo, nel corso del novembre 2014 sono state aperte 38.351 nuove partite iva, in aumento del 15,5 per cento rispetto al novembre 2013. È quindi evidente che in molti abbiano anticipato l'apertura della partita iva entro la fine del 2014, ritenendo il regime allora in vigore chiaramente più vantaggioso. Ad avviso degli interroganti anche questo elemento lascia trasparire lo scarso gradimento dei lavoratori rispetto alle iniziative dell'Esecutivo in seno alle legge di stabilità 2015 ed evidentemente recanti ulteriore nocumento alle già precarie condizioni fiscali e previdenziali vissute nei periodi antecedenti;
   Acta ha calcolato che la pressione fiscale per un non dipendente è di poco inferiore al 50 per cento sui 30 mila euro e supera il 50 per cento quando si va oltre i 45 mila euro all'anno;
   evidente è, altresì, l'onerosità e la complicazione delle regole per i lavoratori autonomi oltre al variegato emergere di problematiche connesse ai rapporti con le pubbliche amministrazioni nonché al regime delle tutele previdenziali e assistenziali;
   a parere degli interroganti le recenti misure adottate dal Governo non sono andate nella direzione di un'efficace tutela di detta tipologia di lavoratori, allorché l'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge di stabilità 2015 ha introdotto e disciplinato il nuovo regime fiscale agevolato per autonomi, destinato agli esercenti di attività d'impresa, di arti e professioni in forma individuale;
   l'articolo 1, comma 85, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) infatti abroga, a decorrere dal 2015: a) il regime delle nuove iniziative produttive (articolo 13 della legge n. 388 del 2000); b) il regime di vantaggio per l'imprenditoria giovanile ed il regime agevolato per gli «ex minimi» (articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011 e articolo 1, commi da 96 a 115 e 117 della legge n. 244 del 2007). In base all'articolo 1, comma 88, della legge di stabilità 2015, nonostante l'abrogazione, il regime di vantaggio per l'imprenditoria giovanile può continuare ad essere applicato in via transitoria e fino a scadenza naturale (5 anni oppure anche oltre fino al compimento dei 35 anni di età) dai soggetti che già lo applicavano nel 2014;
   l'accesso al nuovo regime agevolato diventa ora possibile ai soggetti che possiedono, al contempo, in sintesi le seguenti caratteristiche: a) valore dei compensi/ricavi in una misura variabile massima da 15.000,00 euro a 40.000,00 euro a seconda della tipologia dell'attività; b) limite di 5.000,00 euro per spese per lavoro dipendente e assimilato; c) il limite di 20.000,00 al loro degli ammortamenti per l'acquisto di beni strumentali; d) i redditi di lavoro dipendente o assimilati devono essere inferiori a quelli d'impresa o di lavoro autonomo soggetti al regime forfettario;
   in particolare, con riferimento nello specifico alle nuove attività professionali, evidenti sono le criticità del nuovo regime per i neo esercenti attività professionali che intendono aprire una partita iva a decorrere dal 1o gennaio 2015: a) il limite dei 15.000,00 euro di ricavi e compensi rispetto ai 30.000,00 euro previsti dal vecchio regime (il limite è troppo basso); b) il parametro dei beni ammortizzabili, a differenza del precedente regime, deve essere monitorato senza considerare il limite dei tre anni precedenti (rientrano cioè nel calcolo dei 20.000,00 euro anche i beni acquistati da quattro anni o più); c) nel criterio di computo dei beni strumentali: nel limite predetto sono inclusi: 1) i beni in leasing, che rilevano per il costo sostenuto dal concedente; 2) i beni in locazione e noleggio che rilevano per il valore normale al momento del carico in uso (non vengono computati i canoni come accade nel precedente regime); 3) i beni in comodato che rilevano per il valore normale al momento del carico in uso determinato ai sensi dell'articolo 9 del Testo unico delle imposte sui redditi (nel regime di vantaggio tali beni sono irrilevanti). Con il concetto di valore normale si intende «il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari» (valore di mercato), la cui determinazione può dar luogo a contestazioni da parte degli uffici finanziari con possibilità di superamento del limite dei beni strumentali e fuoriuscita dal regime; d) incremento dell'imposta sostitutiva dal 5 per cento al 15 per cento; e) determinazione del reddito in forma forfetaria con applicazione di un coefficiente del 78 per cento sui compensi: non rilevano alcun tipo di costi e/o spese tranne i contributi previdenziali;
   un'elaborazione della fondazione Hume ha calcolato gli effetti del nuovo sistema su un giovane professionista del terziario, ad esempio un consulente informatico che abbia deciso di mettersi in proprio con una partita iva di 15.000,00 euro di compensi l'anno, capitale iniziale di circa 2.000,00 euro (il minimo per un computer e uno smartphone). Se avesse aperto la partita iva entro il 31 dicembre 2014, l'imposta sostitutiva si sarebbe attestata a 450,00 euro. Con il nuovo regime entrato in vigore il 1o gennaio 2015 «decolla» a 811,00 euro: un aumento superiore all'80 per cento, mentre per un commerciante con introito per 25 mila euro si passerà da 520 a 700 euro (+ 34,6 per cento);
   a giudizio degli interroganti, la nuova normativa appare nel complesso fortemente penalizzante per i neo lavoratori autonomi ed esercenti arti e professioni in forma individuale che intendono mettersi in proprio e rischia di produrre effetti ulteriormente recessivi e/o depressivi sull'economia proprio nel momento in cui forte è la disoccupazione e il calo della domanda interna; il tutto senza considerare anche l'aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, già previsto dalla normativa introdotta dal Governo Monti;
   si rende necessario un intervento deciso del Governo volto a correggere la stortura e che dia – in un'ottica di politica fiscale complessiva – «fiato» e spazio ai giovani professionisti, commercianti e artigiani –:
   quali concrete ed urgenti iniziative e misure intenda intraprendere il Governo al fine di agevolare i rapporti dei lavoratori autonomi con le pubbliche amministrazioni, migliorarne i regimi previdenziali e assistenziali e, più genericamente, garantirne tutela anche con riferimento alla necessità di eliminare le criticità esposte in premessa e frutto del regime fiscale introdotto dalla recente legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015). (3-01245)
(13 gennaio 2015)

   DELLAI, FAUTTILLI, GIGLI, PIEPOLI e SBERNA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sono 73 i lavoratori della società Getek Ict srl di Crotone (facente parte del Consorzio Poste Link di Poste Italiane spa), attualmente in mobilità e prossimi alla disoccupazione;
   questi lavoratori hanno svolto un delicato servizio di contact center per il numero verde Inps/Inail e la loro professionalità è stata riconosciuta dagli stessi enti Inps ed Inail;
   nel settembre del 2010 la nuova gara per il servizio di contact center Inps/Inail è stata aggiudicata alla società Transcom Worldwide spa con sede a L'Aquila ma, a differenza degli operatori degli altri siti che sono stati reinseriti nella nuova commessa, i lavoratori della Getek sono stati esclusi da tale reinserimento;
   sembrerebbe, addirittura, che mentre i lavoratori Getek Ict srl sono stati posti prima in cassa integrazione guadagni ordinaria e poi in cassa integrazione guadagni straordinaria e, oggi, in mobilità, gli operatori di altri siti sono stati formati ed assunti dal 2010 ad oggi per lo stesso servizio;
   la situazione occupazionale nel territorio crotonese in particolare e calabrese in generale è drammatica; si tratta di lavoratori capifamiglia monoreddito con figli a carico –:
   se non ritenga opportuno convocare un tavolo tecnico per tentare di dare soluzione ad una vicenda che si trascina da troppo tempo, affinché non vada disperso un capitale professionale riconosciuto e, soprattutto, per dare risposte alle aspettative di tante famiglie crotonesi che si interrogano su quale sarà il loro futuro.
(3-01246)
(13 gennaio 2015)

   PRATAVIERA, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Youth Guarantee, programma rivolto ai giovani Neet (Not in education, employment or training) tra i 15 ed i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in alcun percorso formativo (Not in education, employment or training) e che prende forma nella raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013, nell'applicazione concreta italiana più che uno strumento efficace di concrete opportunità lavorative a centinaia di migliaia di giovani italiani si è rivelata finora – secondo le conclusioni di una ricerca del Centro Studi «Impresa Lavoro» – un labirinto burocratico che non porta ad alcuna prospettiva occupazionale;
   secondo la definizione classica di Neet, in Italia i giovani Neet sono stimati in circa 1,27 milioni (di cui 181 mila stranieri), corrispondenti al 21 per cento della popolazione di questa fascia di età, ma il nostro Paese ha deciso di allargare il target group ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, per un totale di 2.254.000 ragazzi;
   in totale l'Italia ha ottenuto un finanziamento di 1,5 miliardi di euro, al cui concorso partecipano la YEI (Youth Employment Initiative) con 567 milioni di euro, il Fondo sociale Europeo per un pari importo e risorse nazionali;
   secondo la ricerca di «Impresa Lavoro» trattasi di una montagna di denaro pubblico che ha partorito un costosissimo topolino: al programma comunitario hanno, infatti, aderito 250.770 giovani, di cui solo 59.150 sono stati poi effettivamente presi in carico dal programma «Garanzia Giovani»; complessivamente, dall'inizio del programma, sono stati offerti ai Neet 25.747 posti di lavoro, il che significa che ogni ragazzo preso in carico è costato sinora 25.600 euro e che ogni offerta di lavoro è costata ad oggi la tutt'altro che irrisoria somma di 58.700 euro;
   forse perché nell'anno di avvio (2014) il piano non ha avuto la risposta che il Governo si aspettava, in occasione delle festività natalizie il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato una campagna pubblicitaria nelle principali sale cinematografiche del Paese –:
   quanto sia costata la campagna pubblicitaria richiamata in premessa e se le conclusioni della ricerca di «Impresa Lavoro» sopracitata trovino conferma nei dati in possesso del Ministro interrogato, nel qual caso, di conseguenza, se il Governo non ritenga opportuno adoperarsi anche in ambito europeo per un cambio della strategia per il rilancio dell'occupazione giovanile e, quindi, riorientare le risorse su una considerevole riduzione del cuneo fiscale, percorso più proficuo per il rilancio del tessuto produttivo italiano e, quindi, dell'occupazione. (3-01247)
(13 gennaio 2015)

   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, LA RUSSA, CIRIELLI, CORSARO, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di alcune puntate della trasmissione televisiva Le Iene andate in onda alla ripresa autunnale del programma, sono stati effettuati dei servizi che trattavano la problematica del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione;
   in forza di tale strumento normativo, infatti, dirigenti e dipendenti sindacali possono ottenere una cospicua pensione integrativa di decine di migliaia di euro all'anno, pagando anche solo un mese di contributi;
   lo stesso Tiziano Treu, oggi commissario dell'Inps ed ex Ministro del lavoro autore della contestata legge, ha dichiarato che la norma del 1996 sulla possibilità per i sindacalisti di ottenere una pensione più alta grazie all'ultima retribuzione avuta si è rivelata «troppo costosa e ingiustificata», e che «a pensarci bene, siccome si sono verificati degli abusi, si poteva pensare a dei limiti», annunciando l'intenzione di effettuare delle ispezioni ma solo «là dove ci siano delle segnalazioni ragionevoli»;
   gli abusi realizzati in forza della norma che consente ai sindacalisti di ottenere la pensione integrativa appaiono ancor più deplorevoli alla luce della difficile situazione finanziaria dell'Inps e del fatto che migliaia di giovani e di lavoratori rischiano di non vedersi mai riconosciuto un adeguato trattamento pensionistico –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla problematica esposta, e, in particolare, se non si ritenga di adottare con urgenza una iniziativa normativa che possa correggere la disciplina in questione. (3-01248)
(13 gennaio 2015)