TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 305 di Mercoledì 8 ottobre 2014

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   DORINA BIANCHI e BERNARDO. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   il procedimento legislativo, per una sua completa attuazione, rimanda spesso alla definizione di appositi decreti o regolamenti attuativi;
   ad oggi sono numerosi i provvedimenti attuativi non ancora definiti;
   molti di questi riguardano, peraltro, temi delicati ed importantissimi direttamente collegati allo sviluppo ed alla crescita economico-sociale del Paese;
   da notizie riportate dalla stampa, infatti, al 17 settembre 2014, il tasso di attuazione dei provvedimenti da adottare che risalgono al Governo Monti sono fermi al 64,5 per cento, mentre, per quanto concerne il Governo Letta, risultano del 39,3 per cento –:
   cosa il Governo abbia fatto o intenda fare per accelerare il processo di realizzazione delle riforme approvate dal Parlamento attraverso una rapida emanazione dei decreti e dei regolamenti attuativi.
(3-01071)
(7 ottobre 2014)

   DELLA VALLE, CASTELLI e DADONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 aprile 2014, n. 71, riporta la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per la realizzazione e l'esercizio di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con allegati, fatto a Roma il 30 gennaio 2012;
   il terzo comma dell'accordo di cui al primo punto sostiene che lo stesso testo «non ha come oggetto di permettere l'avvio dei lavori definitivi della parte comune italo-francese, che richiederà l'approvazione di un protocollo addizionale separato, tenendo conto in particolare della partecipazione definitiva dell'Unione europea al progetto»;
   ad oggi non sono note informazioni rispetto alla partecipazione definitiva dell'Unione europea di cui al secondo punto;
   all'articolo 6, comma 5, del trattato di cui al primo punto si legge «per quanto concerne le condizioni di aggiudicazione dei contratti relativi all'esecuzione dei lavori, alle forniture e ai servizi necessari alla realizzazione delle proprie missioni legate alla progettazione, realizzazione, esercizio della parte transfrontaliera dell'opera, il promotore pubblico è tenuto all'osservanza della Costituzione francese oltre che delle direttive comunitarie. Si disapplicano le norme di diritto nazionale nel caso in cui quest'ultimo si rivelasse contrario o incompatibile o più restrittivo rispetto alla normativa indicata. Il promotore pubblico può mettere in atto procedure di diritto nazionale»;
   l'ordinamento francese non contempla un «codice antimafia»;
   recenti dichiarazioni del Ministro interrogato e del Ministro Alfano lasciano intendere che il Governo non abbia ancora trovato una soluzione a questo problema;
   già nel settembre 2013 i deputati Castelli e Della Valle e i senatori Scibona e Airola avevano segnalato all'allora procuratore capo della procura di Torino, dottor Giancarlo Caselli, la questione di cui ai punti precedenti;
   già in fase di discussione della legge 23 aprile 2014, n. 71, il MoVimento 5 Stelle alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica aveva segnalato ripetutamente la gravità della situazione;
   numerosi episodi legati alla criminalità organizzata interessata alle grandi opere sono stati registrati negli ultimi anni, come dai punti successivi;
   nel processo «Minotauro», che ha portato a cinquanta condanne in appello il 5 dicembre 2013, si sottolinea come la ’ndrangheta in Piemonte non possa ritenersi solo un insieme di locali o cosche ma abbia una struttura unitaria; il processo «Minotauro» vede coinvolti, tra gli altri, imprenditori ed esponenti politici locali in maniera bipartisan;
   il processo «Minotauro» ha rivelato esplicite corrispondenze tra organizzazioni di stampo mafioso e lavori per l'alta velocità al Nord attraverso l'arresto del mafioso Pietro Pipicella;
   già il 6 settembre 2011, Roberto Gaullo, pubblicò sul suo blog su Il Sole 24 ore, l'articolo «Tav Lione-Torino e ’ndrangheta piemontese: l'operazione Minotauro scopre che i binari sono paralleli», con il quale mise in evidenza le corrispondenze tra cosche locali e percorso della nuova linea Torino-Lione;
   il 1o luglio 2014, Giovanni Tizian de L'espresso, con l'articolo «In Val di Susa una ’ndrangheta ad alta velocità», ha spiegato collusioni e interessi di alcune imprese e mafia nell'ambito dei lavori per la nuova linea Torino-Lione in Valsusa;
   nell'ottobre 2012 Claudio e Roberto Martina furono condannati per reato in concorso in bancarotta fraudolenta per avere distratto 1,2 milioni di euro dalle casse delle Martina s.r.l., società che partecipava ai lavori per il tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione, prima del fallimento;
   Italcoge s.p.a., di proprietà della famiglia Lazzaro, fu incaricata della realizzazione della recinzione del cantiere del tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione, fallendo il 2 agosto 2011 a causa del mancato pagamento di fornitori e dipendenti; a seguito del fallimento di Italcoge s.p.a., Ferdinando Lazzaro fonda Italcostruzioni s.r.l. e prosegue i lavori per il tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione;
   alcuni membri della famiglia Lazzaro vennero indagati per fatture false nel 1993 e per truffa aggravata nel 2005; Ferdinando Lazzaro venne, tra l'altro, arrestato nel 2002 nell'ambito di un'inchiesta su un cartello che gestiva i lavori pubblici del comune di Torino relativi alla pavimentazione stradale;
   Bruno Iaria era un dipendente di Italcoge s.p.a., membro della ’ndrangheta e capo della cosca locale di Courgnè;
   nell'ambito di una recentissima inchiesta, denominata «San Michele» sulla ’ndrangheta in Piemonte, i carabinieri del Ros, su disposizione dalla direzione distrettuale antimafia di Torino, hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di venti persone indagate per associazione mafiosa, concorso esterno e smaltimento illecito dei rifiuti;
   tra gli indagati compare il nome di Giovanni Toro, imprenditore vicino a Ferdinando Lazzaro, che avrebbe fatto pressioni per inserire Toro all'interno del Consorzio Valsusa; ciò per agevolare l'accesso ai lavori per il tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione;
   Lazzaro avrebbe chiesto a Toro di occuparsi di asfaltare un'area all'interno del cantiere del tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione, ma, per questa mansione, non sembrerebbero essere state concesse le necessarie autorizzazioni; in un'intercettazione i due imprenditori sostengono di essersi nascosti durante alcune riprese televisive all'interno del cantiere poiché la loro posizione non era regolare. Dalle intercettazioni emerge, inoltre, la scarsa qualità del lavoro svolto e la scorrettezza dei controlli: la posa dell'asfalto era stata determinata per un numero inferiore di centimetri rispetto al necessario e i controlli sarebbero stati effettuati solo nelle zone con maggiore spessore;
   Toro è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, Lazzaro è inquisito per smaltimento illecito di rifiuti di cantiere; inoltre, Ferdinando Lazzaro avrebbe cercato di coinvolgere anche un altro imprenditore: Fabrizio Odetto, arrestato nel 2013 per vicende di droga ed estorsioni;
   l'inchiesta rivela un interesse esplicito della cosca ’ndranghetista Greco di San Mauro Marchesato, dati i numerosi incontri preparatori per l'azione nell'ambito dei lavori per la grande opera;
   suscita inquietudine il fatto che un lavoro connesso e/o richiesto dalle forze dell'ordine possa essere attribuito ad aziende facenti capo a persone dal non specchiato profilo morale e antimafia, comunque indenni da connessioni col crimine organizzato; non è in effetti degno di un Paese moderno ed europeo che le forze dell'ordine non diano luogo ad assegnazioni di commesse ad imprese, a dir poco moralmente discutibili;
   in effetti risulta che Giovanni Toro, padre di Toro Nadia, amministratore unico e socio unico della Toro srl, arrestato in questi giorni, su richiesta delle forze dell'ordine, ha già svolto lavori nel cantiere; infatti, il piccolo imprenditore arrestato ha già eseguito importanti lavori proprio presso il cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte, provvedendo, come scritto sulla relazione finale dei lavori del contratto C11119 «alla bitumatura della viabilità interna di cantiere, richiesta dalle forze dell'ordine e formalizzata attraverso l'Ods n. R-02». I lavori erano stati dati in subappalto dall'appaltatore che, guarda caso, era un'associazione temporanea di imprese formata da due imprese locali di proprietà di persone già citate nell'inchiesta «Minotauro». Inoltre, facevano parte dei due contratti relativi a lavori di recinzione del cantiere, oggetto oltre un anno fa di un esposto presentato in procura da numerosi sindaci ed amministratori locali, in relazione al cosiddetto cantiere di Virano;
   all'interno comunque del cantiere per il tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione lavora anche la Cmc che, nell'ambito di indagini sul porto fantasma di Molfetta, vede nove dei suoi membri indagati per reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d'ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e diversi reati ambientali e nei confronti dell'azienda stessa la procura di Trani ha chiesto l'interdizione dall'esercizio dell'attività imprenditoriale;
   solo a seguito dell'avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri in Gazzetta ufficiale del 9 ottobre 2012, il Cipe ha provveduto a correggere la delibera n. 86 del 18 novembre 2010 che attribuiva ai lavori per il cunicolo esplorativo della Maddalena di Chiomonte (Torino) per la nuova linea Torino-Lione un codice unico progetto errato. Il codice unico progetto è una stringa alfanumerica di 15 caratteri e rappresenta un'etichetta necessaria a identificare e accompagnare ciascun progetto d'investimento pubblico dalla sua fase di genesi (studi e progettazioni comprese) fino alla sua definitiva conclusione e garantisce la tracciabilità delle operazioni legate all'opera stessa –:
   se, ad oggi, per quanto concerne le condizioni di aggiudicazione dei contratti relativi all'esecuzione dei lavori, alle forniture e ai servizi necessari alla realizzazione delle proprie missioni legate alla progettazione, realizzazione, esercizio della parte transfrontaliera dell'opera, il promotore pubblico sia tenuto all'osservanza della normativa relativa al «codice antimafia». (3-01072)
(7 ottobre 2014)

   PALESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, reca disposizioni relative ai corsi delle scuole di specializzazione medica;
   l'articolo 15, al comma 1, prevede un nuovo termine per l'emanazione del decreto interministeriale che deve stabilire la riduzione della durata dei corsi delle scuole di specializzazione medica (di cui all'articolo 20, comma 3-bis, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368); la nuova data è quella del 31 dicembre 2014, in luogo del termine, già scaduto, del 31 marzo 2014;
   è, quindi, stabilito che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro il 31 dicembre 2014, la durata dei corsi di formazione specialistica viene ridotta rispetto a quanto previsto nel decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 1o agosto 2005, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 258 del 5 novembre 2005, con l'osservanza dei limiti minimi previsti dalla normativa europea in materia, riorganizzando, altresì, le classi e le tipologie di corsi di specializzazione medica;
   l'emanazione del suddetto decreto è fondamentale per consentire agli specializzandi di valutare la nuova organizzazione dei corsi ed evitare ulteriori danni alla loro formazione;
   nel corso dell'esame del provvedimento il Governo ha accolto alla Camera dei deputati un ordine del giorno, a prima firma dell'interrogante, volto a impegnare l'Esecutivo a procedere immediatamente e comunque nel più breve tempo possibile all'emanazione del decreto interministeriale sopra richiamato –:
   in quali tempi il Governo intenda procedere con l'adozione del decreto interministeriale citato in premessa, posto che è assolutamente necessario per la formazione dei nuovi specializzandi. (3-01073)
(7 ottobre 2014)

   FRATOIANNI, SCOTTO, PELLEGRINO e QUARANTA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   sul Bollettino ufficiale della regione Liguria, parte I, n. 12 del 24 settembre 2014, è stata pubblicata la legge regionale 18 settembre 2014, n. 24, recante «Modifiche alla legge regionale 1o luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio)», approvata dall'assemblea legislativa il 16 settembre 2014;
   l'articolo 1 della legge regionale n. 24 del 2014 introduce il nuovo comma 4-ter nell'articolo 34 della legge regionale n. 29 del 1994, che recita: «Nell'arco temporale nel quale non ha efficacia il calendario venatorio, la caccia si svolge secondo quanto disposto dalla presente legge, dall'articolo 18, commi 1, 2, 3 e 5, della legge n. 157 del 1992 e dalle altre normative vigenti in materia»;
   la normativa regionale dispone che, in caso di provvedimento sospensivo del calendario venatorio (o di sue parti) disposto dalla magistratura amministrativa, l'attività venatoria continui comunque a svolgersi sulla base di alcuni parziali principi generali fissati dalla normativa venatoria statale e regionale (rispettivamente, la legge n. 157 del 1992 e la legge regionale n. 29 del 1994);
   ciò risulta in contrasto, in particolare, con l'articolo 18, commi 4 e 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, il quale prevede che la regione emani annualmente un provvedimento amministrativo recante il calendario venatorio e il relativo regolamento, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (oggi confluito nell'Ispra), indicando espressamente il numero delle specie cacciabili, il numero dei capi abbattibili, nonché le tre giornate di caccia settimanali fisse o a scelta;
   la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 105 del 2012) ha stabilito l'illegittimità costituzionale dell'approvazione del calendario venatorio quando varato con legge, anziché con atto amministrativo, in quanto ciò ne indebolisce «il “regime di flessibilità” (sentenza n. 20 del 2012), che deve assicurarne un pronto adattamento alle sopravvenute diverse condizioni di fatto»;
   quanto previsto dalla regione Liguria implica, pertanto, la violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione alle prescrizioni contenute nell'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, che disciplinano i poteri regolamentari delle regioni per l'esercizio dell'attività di caccia nell'annata venatoria –:
   se il Governo intenda procedere all'impugnazione della legge regionale ligure n. 24 del 2014 presso la Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 127, comma primo, della Costituzione italiana. (3-01074)
(7 ottobre 2014)

   FEDRIGA, MATTEO BRAGANTINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 ottobre 2014 il Ministro interrogato, incontrando i sindaci nell'Aula di Montecitorio, ha detto: «i sindaci sono il volto dello Stato sul territorio e il Governo riconosce il loro impegno quotidiano e il ruolo svolto a servizio del bene comune, soprattutto in una fase di difficoltà economica come quella che sta vivendo il nostro Paese»;
   la mala gestione, più volte denunciata dalla Lega Nord Autonomie, del fenomeno dell'immigrazione di massa verso il nostro Paese sta facendo emergere asimmetrie giuridiche rispetto al trattamento disuguale di medesime situazioni di fatto tra i cittadini e gli immigrati, in violazione del principio costituzionale sancito ex articolo 2;
   riguardo alle politiche sull'emergenza abitativa si sta evidenziando una chiara disparità;
   da un lato, i sindaci con le risorse economiche a disposizione spesso non riescono a trovare soluzioni adeguate a far fronte a tale problematica vissuta dai cittadini residenti nel territorio comunale, dall'altro lato il Governo centrale con una politica nazionale e con risorse straordinarie colloca extracomunitari nelle strutture alberghiere, nelle caserme dimesse ed in ogni possibile luogo di ospitalità;
   lo Stato si occupa degli immigrati stanziando ingenti risorse economiche e adottando piani straordinari di intervento, mentre i sindaci sono chiamati a far fronte al Governo del proprio territorio con poteri insufficienti e risorse economiche non adeguate –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per far sì che non si crei di fatto una disparità di trattamento negli interventi volti a risolvere le problematiche dell'emergenza abitativa dei cittadini in capo alla gestione amministrativa comunale e quelle dedicate alla presa in carico degli immigrati affrontate dal Governo centrale su tutto il territorio nazionale.
(3-01075)
(7 ottobre 2014)

   LACQUANITI e ZAN. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione, nella parte dei principi fondamentali, dopo aver sancito all'articolo 8, primo comma, che «tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge», stabilisce che anche quelle «diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano», fissando il principio secondo cui «i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze»;
   l'intervento del legislatore costituente, pur nella sopravvivenza della normativa preesistente basata sul principio dei cosiddetti «culti ammessi», espressione della volontà del legislatore fascista, ne circoscrive l'ambito e le modalità applicative, grazie al novellato strumento delle «intese», chiamato a regolare i rapporti con le confessioni religiose diverse da quella cattolica;
   in ragione di quanto richiamato, si sono succedute nel tempo numerose intese che hanno regolato, anche in tempi molto recenti, i rapporti fra molteplici confessioni religiose e lo Stato;
   la legge regionale della Lombardia n. 12 dell'11 marzo del 2005, «legge per il Governo del territorio», che all'articolo 52 si occupa, in particolare, dei «mutamenti di destinazione d'uso con e senza opere edilizie», ha introdotto una disciplina fortemente restrittiva in relazione al mutamento di destinazione d'uso di immobili finalizzati alla creazione di luoghi di culto, assoggettandoli a permesso di costruire (articolo 52, comma 3-bis, della legge citata);
   tale legge, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 52 e 53, vincola, quindi, il cambio di destinazione d'uso di locali ab origine aventi destinazione differente dal culto a condizioni restrittive non previste per altre tipologie di locali, assegnando grande discrezionalità in capo alle amministrazioni locali e associando a tale discrezionalità un meccanismo sanzionatorio particolarmente severo;
   quanto ne emerge è che, ad oggi, nei fatti, è possibile ottenere in via automatica la destinazione d'uso di locali già adibiti a cinema o a teatro, per ristrutturarli e trasformarli in un supermercato, ma non lo è invece aprire un luogo di culto di una confessione religiosa diversa da quella cattolica, pur nel rispetto dei piani di governo del territorio locali e nell'esperimento pieno e completo delle prescrizioni della normativa sulla sicurezza;
   la puntuale applicazione della norma richiamata ha portato alla chiusura di più di venti luoghi di culto, punti di riferimento per comunità evangeliche e protestanti, composte soprattutto da immigrati neri d'Africa e, non ultimo, al caso della chiesa pentecostale «Christ peace and love» di Gorle (Bergamo), il cui luogo di culto di proprietà è stato oggetto di confisca, una vicenda solo da poco risolta con l'annullamento del provvedimento da parte del tribunale amministrativo regionale di Brescia e la restituzione dell'immobile alla comunità;
   tale legge della regione Lombardia che, riguardo quanto previsto dalla disposizione citata, non trova precedenti in altre regioni, ha finito di fatto per limitare l'esercizio della libertà sancita dall'articolo 8 della Costituzione, senza che venisse, peraltro, motivata dal legislatore l'assegnazione di poteri tanto ampi in capo alle amministrazioni locali;
   ad avviso degli interroganti, forte è il dubbio che, almeno in relazione alla questione sollevata, sia stata di fatto ripristinata la dottrina dei cosiddetti «culti ammessi», così come pensata dal legislatore fascista, in aperto contrasto con quanto previsto dall'articolo 8 della Costituzione –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere affinché su un tema di tale delicatezza quale quello della libertà religiosa e dei rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni religiose non cattoliche vi sia un'effettiva coerenza tra gli orientamenti assunti a livello nazionale e a livello locale, nel pieno rispetto dell'articolo 8 della Costituzione. (3-01076)
(7 ottobre 2014)

   D'ALIA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 101 del 2013, stabilisce che «per le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali (...) è subordinata alla verifica (...) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti ed approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza»;
   all'osservanza di tale regola il dipartimento della funzione pubblica ha richiamato tutte le pubbliche amministrazioni con circolare n. 5 del 21 novembre 2013;
   al punto 3.1 della suddetta circolare nella quale sono state indicate anche le risorse finanziarie destinate all'attuazione di tale meccanismo si precisa che «Sullo scorrimento delle graduatorie degli idonei, vigenti e approvate dal 1o gennaio 2007, c’è un vincolo, previsto dal legislatore, allo scorrimento delle stesse rispetto all'avvio di nuove procedure concorsuali»;
   con la sentenza 3 dicembre 2013, n. 10375, il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha stabilito che tale disposizione su richiamata è «di applicazione, quanto ad ambito oggettivo, indistintamente a tutte le Amministrazioni, senza limitazioni di carattere soggettivo ed oggettivo», sottolineando come l'esigenza di alta preparazione professionale (richiesta anche nel bando 2014) «non risulta incompatibile con lo scorrimento della graduatoria, alla luce della valutazione di idoneità riportata all'esito di una procedura concorsuale»;
   alcune amministrazioni (a titolo esemplificativo il Ministero degli affari esteri in occasione del nuovo concorso per 35 posti di segretario di legazione bandito con DM/5015 n. 164-bis del 4 aprile 2014, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ha bandito un concorso pubblico unico per l'assunzione di 32 unità di personale da inquadrare a tempo pieno ed indeterminato nell'area funzionale III-profilo professionale «ingegnere-architetto» ed il Ministero della giustizia nel caso del bando per l'assunzione di 96 funzionari giudiziari area III F1 e 48 posti di cancelliere area II F2) si sono sottratte alla previsione di cui alla circolare n. 5 del 21 novembre 2013, che obbliga, nel bandire nuovi concorsi, al preliminare scorrimento delle vigenti graduatorie;
   oltre ad una palese violazione del principio di imparzialità e di buona andamento della pubblica amministrazione, alla perdita di professionalità formate, vi è un problema di costi connessi alle procedure di pubblicazione dei bandi in aperto contrasto con le politiche di spending review intraprese dal Governo, senza dimenticare che, qualora la magistratura dovesse dare ragione ai ricorrenti, le amministrazioni incorrerebbero in responsabilità civili e contabili –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di una corretta applicazione della normativa di cui al decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, alla luce degli elementi esposti in premessa. (3-01077)
(7 ottobre 2014)

   FIANO, ROBERTA AGOSTINI, CUPERLO, D'ATTORRE, MARCO DI MAIO, FABBRI, FAMIGLIETTI, FERRARI, GASPARINI, GIORGIS, GULLO, LATTUCA, LAURICELLA, MARCO MELONI, NACCARATO, PICCIONE, POLLASTRINI, RICHETTI, ROSATO, FRANCESCO SANNA, MARTELLA e DE MARIA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 del decreto legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, ha introdotto una nuova disciplina della mobilità nella pubblica amministrazione;
   in particolare, si prevede la possibilità di operare trasferimenti tra sedi centrali di ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali, anche in mancanza dell'assenso dell'amministrazione di appartenenza, a condizione che l'amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell'amministrazione di provenienza; che i dipendenti possano essere trasferiti all'interno della stessa amministrazione o, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a distanza non superiore a 50 chilometri dalla sede cui sono adibiti;
   la stessa norma ha previsto l'istituzione di un fondo destinato al miglioramento dell'allocazione del personale pubblico, volto a favorire i processi di mobilità, con una dotazione di 15 milioni di euro per il 2014 e 30 milioni di euro a decorrere dal 2015;
   la norma ha chiaramente l'intento, nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, di eliminare gli steccati tra i diversi enti della pubblica amministrazione, consentendo di assegnare il personale laddove lo stesso sia indispensabile per fornire un corretto servizio ai cittadini;
   in questo senso, la norma appare fondamentale per sopperire alla cronica carenza di personale degli uffici giudiziari del Paese, che molto incide sull'incredibile numero di processi civili pendenti –:
   a che punto sia l'attuazione della norma in oggetto e, in particolare, se vi siano progetti di allocazione di personale presso i diversi uffici giudiziari presenti nel Paese. (3-01078)
(7 ottobre 2014)

   RAMPELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   non sembra essersi realizzata la rivoluzione annunciata dal Presidente del Consiglio dei ministri nell'ambito della pubblica amministrazione, soprattutto per quanto attiene all'introduzione del principio del merito nella valutazione dei lavoratori pubblici;
   i due provvedimenti presentati dal Governo per la riforma della pubblica amministrazione, infatti, non sembrano contenere norme che possano incidere in modo concreto sulla valutazione di qualità o sulle modalità per individuare e raggiungere obiettivi concreti;
   al contrario, proprio nel settore della pubblica amministrazione, oppresso da incomprensibili lungaggini e complicazioni burocratiche e da un sistema di avanzamento di carriera dei dipendenti ancora basati su parametri di mera anzianità, dovrebbero imporsi come linee guida di uno sforzo riformatore proprio la meritocrazia, la valutazione, la trasparenza, la qualità e l'innovazione;
   in tutto il settore pubblico per valutare e premiare le persone dovrebbero essere considerati esclusivamente le capacità e le qualità professionali, il rendimento sul lavoro e il livello di formazione e aggiornamento dei singoli dipendenti, anche al fine di stabilire livelli di responsabilità e relativi stipendi;
   inoltre, appare assolutamente necessario procedere all'individuazione di chiare responsabilità in capo ai singoli funzionari e dirigenti e, soprattutto con riferimento a questi ultimi, prevedere che il pagamento di almeno una parte della retribuzione sia variabile perché vincolato, da un lato, al raggiungimento degli obiettivi e, dall'altro, all'andamento dei più importanti fattori macroeconomici del Paese, quali il prodotto interno lordo, il tasso di disoccupazione, l'indice dei consumi e l'indice della povertà –:
   quali iniziative intenda assumere per realizzare nell'amministrazione pubblica un sistema di valutazione realmente basato su principi meritocratici, nonché per introdurre un meccanismo stipendiale per i dirigenti che sia articolato come esposto in premessa. (3-01079)
(7 ottobre 2014)