TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 167 di Mercoledì 5 febbraio 2014
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER ARMONIZZARE IL SISTEMA EUROPEO DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO ALLA LUCE DEL LIBRO VERDE SUL FUTURO DELL'IVA ADOTTATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA
La Camera,
premesso che:
il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), in cui invitava imprese, accademici, cittadini e autorità fiscali dell'Unione europea ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, allo scopo di rafforzare la coerenza del tributo con il mercato unico, incrementarne le entrate, ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
a seguito dell'ampio processo di consultazione con le parti interessate, la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
nel sopra citato documento la Commissione europea è pervenuta alla conclusione generale che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare pienamente dei vantaggi di un mercato unico autentico. La mancanza di armonizzazione genera, infatti, complessità, incertezza giuridica e costi di conformità alle norme che dissuadono le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, dall'intraprendere il commercio transfrontaliero, con la conseguenza di rendere più facile e redditizio concludere affari con partner di Paesi terzi, piuttosto che con imprese dell'Unione europea;
secondo la Commissione europea la valutazione economica dei costi di conformità subiti dalle imprese impegnate nelle operazioni transfrontaliere è stimabile in una percentuale compresa tra il 2 per cento e l'8 per cento dell'importo dell'IVA riscossa. Essa ha stabilito che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri potrebbe tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
nel Libro verde sul futuro dell'IVA, la Commissione europea riconosce la necessità di una forte armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, non solo per i privati, ma anche per le imprese, innescando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea favoriscono l'insorgere di fenomeni fraudolenti, come le cosiddette «frodi carosello», che sfruttano le debolezze insite nel complesso meccanismo amministrativo di neutralizzazione dell'imposta sul valore aggiunto su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri. Tali frodi sono all'origine di enormi perdite di gettito che colpiscono con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte, poiché in essi risulta più redditizio effettuare le operazioni di vendita sotto costo di beni di largo consumo che sono alla base di questi espedienti criminali. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simile pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea;
secondo la Commissione europea (MEMO/13/800 del 19 settembre 2013): «Prendendo in considerazione le varie componenti del divario IVA, ci sono diversi fattori che possono spiegarne l'incremento in tempi di crisi. Da un lato, un forte aumento delle aliquote per risanare i conti pubblici, soprattutto se coniugato con una scarsa ottemperanza alle norme, potrebbe, in larga misura, stimolarne l'inadempimento. Dall'altro, hanno contribuito a tale divario anche l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti e un calo nelle importazioni (che spesso rappresentano i sistemi più facili per provvedere alla raccolta del tributo)», posizione condivisa, altresì, dal Commissario alla fiscalità della Commissione europea Algirdas Semeta. Il citato documento quantifica in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011 nel nostro Paese, che detiene tale triste primato tra i 26 Paesi dell'Unione europea;
l'innalzamento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, attualmente al di sopra della media comunitaria, e il crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla generalità delle imprese nazionali e comunitarie per fronteggiare il divario IVA non costituiscono una strategia idonea al risanamento delle finanze pubbliche italiane. L'inasprimento della pressione fiscale e la complessità delle norme di conformità aumentano, infatti, la convenienza marginale a frodare il tributo, scoraggiando, al contempo, l'intraprendenza degli operatori corretti,
impegna il Governo:
a garantire che le priorità strategiche indicate nel documento di cui in premessa si traducano in azioni concrete, al fine di:
a) adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea affinché si proceda ad un'opera di armonizzazione del sistema delle aliquote, che deve essere reso più coerente ed equo, convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando le differenziazioni nazionali;
b) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard - che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali - introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
c) favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta del valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio dei dichiarativi fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti nella comunicazione delle informazioni all'amministrazione finanziaria in un'ottica di normalizzazione, riduzione dei costi della compliance e di progressiva sostituzione delle attuali, obsolete modalità cartacee di tenuta di queste operazioni;
d) istituire, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella comunicazione sul futuro dell'IVA, un regime speciale a favore delle piccole imprese, finalizzato principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia il beneficio dell'esenzione dal tributo;
f) collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
g) proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito;
l) proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
m) destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00288)
«Ruocco, Cancelleri, Alberti, Villarosa, Pesco, Barbanti, Pisano, Chimienti, Di Battista, Frusone».
(19 dicembre 2013)
La Camera,
premesso che:
l'imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata per la prima volta introdotta in Europa nel 1954, in Francia, e nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea convennero di sostituire i rispettivi sistemi nazionali di imposta sulla cifra d'affari con un sistema comune dell'IVA;
l'IVA rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali, tanto che nel 2008 il gettito IVA ha rappresentato in media il 7,8 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati membri, una percentuale che ha registrato un aumento di quasi il 13 per cento dal 1995;
la complessità delle norme IVA comporta numerosi ed importanti oneri amministrativi per le imprese e la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per molti settori economici, dal momento che sono numerosi i fattori, come la detrazione e le aliquote, in relazione ai quali le piccole e medie imprese non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia (tale complessità riduce notevolmente l'interesse degli investitori per l'Unione europea);
il fatto che la gestione di operazioni nazionali e intra-comunitarie continua ad essere trattata in modo diverso ai fini dell'IVA rappresenta un ostacolo al raggiungimento di obbiettivi più performanti e la situazione è resa più complessa dall'esistenza di numerose opzioni e deroghe di cui gli Stati membri possono avvalersi ai sensi della normativa dell'Unione europea sull'IVA, con il risultato che all'interno dell'Unione europea sono applicate norme tra loro molto diverse;
a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio europeo nel 2007 del programma d'azione della Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007, il quale era finalizzato a ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, la Commissione europea ha presentato nel 2009 un piano contenente 16 misure, tra cui l'abolizione della dichiarazione riepilogativa annuale dell'IVA o degli elenchi degli acquisti intra-Unione europea e la riduzione della frequenza delle dichiarazioni IVA;
il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), finalizzato ad analizzare gli aspetti critici del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, così da verificare la coerenza del tributo con il mercato unico, al fine di incrementarne le entrate e contemporaneamente di ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono sussistere per un nuovo regime, giungendo alla conclusione che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea è ostacolo agli scambi tra Paesi membri dell'Unione europea;
l'attuale frammentazione evidenzia come la mancanza di armonizzazione causi una maggiore complessità, con conseguenti difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, che sono perciò disincentivate ad intraprendere operazioni di commercio transfrontaliero, e il Libro verde sul futuro dell'IVA rileva la necessità dell'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, determinando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno;
l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, congiuntamente al crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla imprese italiane, rappresenta un ulteriore inasprimento della pressione fiscale a loro carico, determinando un minor gettito erariale, così come confermato dai dati più recenti, ed aumentando, allo stesso tempo, la possibilità dell'evasione fiscale;
con la decisione 2013/678/Ue del Consiglio dell'Unione europea, l'Italia è stata autorizzata a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, in quanto l'importo è compatibile con la proposta di modifica della direttiva presentata dalla Commissione europea il 29 ottobre 2004, che, allo scopo di semplificare gli obblighi IVA, intende permettere agli Stati membri di fissare fino a 100.000 euro la soglia di volume d'affari annuo per l'accesso al regime speciale di esenzione dall'IVA per le piccole imprese;
con lo «Small business act per l'Europa» (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008) l'Unione europea ha adottato principi fondamentali per soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese a trarre maggior vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale delle piccole e medie imprese è contemplato anche in una delle iniziative faro del programma «Europa 2020»,
impegna il Governo:
ad assicurare che sia dato seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa, allo scopo di:
a) realizzare una piena armonizzazione del sistema delle aliquote IVA, così da renderlo più coerente ed equo, eliminando le differenziazioni nazionali ora vigenti;
b) definire un regime speciale a favore delle piccole imprese, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle attuali disposizioni in materia di IVA;
c) armonizzare la vigente legislazione nazionale alle più recenti normative europee, ampliando il numero dei contribuenti italiani per i quali sono oggi previste semplificazioni e riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero della registrazione e della tenuta delle scritture contabili, delle liquidazioni e dei versamenti periodici e dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto;
d) estendere il regime di vantaggio stabilito dalla decisione 2013/678/Ue per l'esenzione dall'IVA per i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui anche alle imposte dirette e all'IRAP, attraverso la previsione di un'aliquota di vantaggio;
e) stabilire, per i soggetti con un fatturato annuo inferiore a una predeterminata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo, destinando, altresì, il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA vigenti;
f) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA.
(1-00329)
«Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
(3 febbraio 2014)
La Camera,
premesso che:
il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto (COM (2011) 851), che fa seguito alla consultazione svolta sul verde presentato il 1o dicembre 2010 (COM (2010) 695 definitivo);
le entrate IVA, nel 2009, hanno rappresentato circa 784 miliardi di euro, pari al 21 per cento del gettito fiscale nazionale, inclusi i contributi previdenziali;
secondo il rapporto allegato al Libro verde, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA, dovuto a frodi IVA, mancati pagamenti, errori ed altro, che per il 2009 può essere prudentemente stimato pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell'Unione europea. Ciò significa un'evasione pari a circa 118,8 miliardi di euro;
secondo il rapporto, in Italia la percentuale salirebbe al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro;
mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea;
ad avviso della Commissione europea, il nuovo sistema IVA dovrebbe perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
a) riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, per agevolare il commercio transfrontaliero, attraverso l'introduzione dello «sportello unico» e la standardizzazione delle dichiarazioni IVA;
b) ampliamento della base imponibile e limitazione del ricorso alle aliquote ridotte;
c) potenziamento degli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, per ridurre la perdita di entrate dovute all'IVA non versata;
il 15 maggio 2012 il Consiglio Ecofin ha approvato le conclusioni sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di IVA. Il Consiglio, tra le altre cose:
a) sostiene la proposta di creare uno sportello unico IVA entro il 2015;
b) invita la Commissione europea a chiarire meglio il valore legale e le funzioni del portale web sull'IVA che verrebbe creato al fine di fornire informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, la fatturazione, le dichiarazioni IVA, le aliquote IVA, nonché gli obblighi speciali e limitazioni del diritto a detrazione;
c) concorda sull'opportunità di esaminare nel dettaglio il vigente regime IVA dei servizi pubblici, al fine di promuovere una migliore concorrenza tra settore pubblico e settore privato;
d) prende atto che la Commissione europea è a favore di un uso limitato delle aliquote ridotte da parte degli Stati membri;
il processo di riforma avviato dal Libro verde dovrebbe alla fine portare a un sistema dell'IVA caratterizzato dagli attributi seguenti:
a) «semplice»: un soggetto passivo che opera all'interno dell'Unione europea dovrebbe essere tenuto a rispettare un unico insieme di norme chiare e semplici in materia di IVA, un codice europeo dell'IVA. Tale codice stabilirebbe norme adattate ai modelli di business moderni e agli obblighi normalizzati che tengono pienamente conto dei progressi realizzati nelle nuove tecnologie. Un soggetto passivo dovrebbe avere a che fare unicamente con le autorità fiscali di un solo Stato membro;
b) «efficiente e neutrale»: l'introduzione di una base imponibile più ampia e l'attuazione del principio di imposizione all'aliquota normale permetterebbero di generare un gettito maggiore a un costo inferiore oppure, in alternativa, di ridurre l'aliquota normale senza incidenze sul gettito. Eventuali deroghe a tali principi dovrebbero essere razionali e definite in modo uniforme. La neutralità richiede, inoltre, norme identiche in materia di diritto a detrazione e restrizioni molto limitate all'esercizio di tale diritto;
c) «solido e a prova di frode»: i metodi moderni di riscossione e di controllo dell'IVA dovrebbero massimizzare le entrate effettivamente percepite e limitare, per quanto possibile, la frode e l'elusione fiscale. Questo modo di procedere renderà più agevole il rispetto degli obblighi di conformità per le imprese, ma esigerà che le autorità fiscali nazionali si concentrino sui comportamenti a rischio e sugli autori effettivi delle frodi e che, in ultima analisi, esse si comportino come un'amministrazione europea dell'IVA. Per conseguire questo obiettivo sarà essenziale uno scambio di informazioni intensificato, automatizzato e rapido tra le amministrazioni fiscali nazionali;
dare priorità alla semplificazione nei prossimi anni è in linea con il principio del «pensare anzitutto in piccolo» contenuto nello «Small business act per l'Europa», che promuove l’e-government e soluzioni a sportello unico per semplificare il contesto normativo e amministrativo in cui le piccole e medie imprese operano;
il Libro verde IVA ricorda, tra l'altro, che tanto lo Small business act quanto la «Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020» auspicano un regime speciale a favore delle piccole e medie imprese atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA: le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'Unione europea. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'Unione europea, caratterizzato da una soglia comune;
da uno studio effettuato per la Commissione europea alcuni anni fa è emerso che, in generale, il 12 per cento dell'IVA teorica non è percepito. La frode rappresenta un aspetto importante del cosiddetto divario dell'IVA, divario che consiste, però, anche di altri aspetti, come l'IVA non riscossa a seguito di errori, negligenza e fallimenti;
alcune disposizioni della direttiva IVA sono superate e non tengono conto del mercato unico. Si tratta, in particolare, del regime per le piccole imprese e delle disposizioni relative all'IVA di gruppo;
per meglio assicurare la neutralità dell'imposta sarà, inoltre, necessario riesaminare le norme complesse e divergenti in materia di diritto a detrazione e predisporre un meccanismo atto a risolvere le questioni di doppia imposizione;
per quanto concerne l'attuazione del regime del gruppo IVA, mentre la direttiva comunitaria riconosce un unico soggetto passivo giuridico e fiscale, pur in presenza di soggetti giuridici indipendenti, l'ordinamento italiano mantiene l'autonomia delle singole società interessate;
la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intra-unionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari e incertezza giuridica;
le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere;
queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci. Nel momento in cui la normativa fiscale influenza la decisione di acquistare o vendere merci o servizi, la neutralità economica dell'IVA non è più garantita e il funzionamento del mercato unico è gravemente pregiudicato;
le aliquote ridotte assolvono una funzione redistributiva: contribuiscono alla progressività del sistema tributario, tassando ad aliquota inferiore consumi «necessari», e sono state, pertanto, classificate tra le misure a rilevanza sociale nel rapporto finale del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale di cui alla delega fiscale in corso di esame da parte del Parlamento (Atto Camera n. 282 – Atto Senato n. 1058);
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l'aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76 del 2013, a decorrere dal 1o ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento, mentre resta ferma l'attuale aliquota ridotta del 10 per cento (anch'essa originariamente destinata ad aumentare). In sostanza dal 1o ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta); esse risultano superiori alle aliquote medie applicate nei Paesi aderenti all'Unione europea,
impegna il Governo:
a prendere le opportune iniziative, nell'ambito degli organismi europei, al fine di:
a) ottenere una graduale armonizzazione delle aliquote IVA standard;
b) disporre di una base giuridica che consenta di adottare misure nazionali immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente, come suggerito dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo (COM (2011) 851 definitivo);
c) dare attuazione alla creazione di Eurofisc (regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) ed a scambi automatizzati di informazioni rafforzati e prevedere un ampliamento della gamma di informazioni a cui gli Stati membri che lo desiderano possano avere accesso automatizzato;
d) prevedere la creazione, nel quadro di Eurofisc, di un gruppo transfrontaliero di revisori composto da esperti delle amministrazioni fiscali nazionali, per procedere più sistematicamente a audit transfrontalieri e trarre profitto dalle conoscenze e dall'esperienza già acquisite in questo campo dai revisori e dai coordinatori dei controlli multilaterali;
e) disporre che una parte delle maggiori entrate degli Stati membri, conseguente alla diminuzione delle possibilità di frode, sia assegnata al bilancio dell'Unione europea;
a predisporre le opportune iniziative, anche normative, sul piano nazionale, al fine di:
a) introdurre l'obbligo di transazione tracciata per tutte le operazioni tra soggetti IVA indipendentemente dai limiti di importo;
b) migliorare il flusso di informazioni riguardanti la formazione dell'IVA a debito e a credito, allineandosi alle best practice a livello europeo, verificando, in particolare, la possibilità di reinserire le dichiarazioni IVA periodiche;
c) verificare la possibilità di introdurre meccanismi di disincentivo all'evasione dell'IVA sui beni e servizi intermedi, con particolare riferimento ai meccanismi di reverse-charge, di applicazione del meccanismo di deduzione base da base per alcuni settori e di versamento dell'imposta da parte degli enti della pubblica amministrazione che acquistano beni o servizi soggetti all'imposta;
d) ottenere un'armonizzazione del regime IVA dei prodotti culturali, applicando l'aliquota ridotta anche ai prodotti musicali e agli audiovisivi, nonché ai prodotti dell'editoria elettronica on-line e agli audiolibri, che sono attualmente soggetti ad un trattamento fiscale penalizzante rispetto al cartaceo;
e) predisporre misure più efficaci nel contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, un aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, destinando il maggior gettito derivante da queste misure alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00330)
(Nuova formulazione) «Paglia, Lavagno, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla».
(3 febbraio 2014)
La Camera,
premesso che:
alla fine del 2010 la Commissione europea ha diramato un Libro verde sul futuro dell'IVA che, dopo un periodo finalizzato a favorire la presentazione di osservazioni, spunti e contributi da parte di imprese, professionisti, esperti e autorità fiscali, si è tradotto, a fine 2011, in una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), nell'ambito della quale sono tratteggiate le principali linee di intervento su cui appare prioritario agire al fine di evolvere la disciplina verso un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più refrattario ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
per un sistema IVA più semplice, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'istituzione di uno sportello unico, quale strumento essenziale per facilitare, soprattutto per le piccole e medie imprese, l'accesso al mercato unico; b) sulla creazione di un portale web che fornisca informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, fatturazione e dichiarazione dell'imposta; c) sull'aumento del livello di integrazione europeo del processo di elaborazione e interpretazione della normativa in materia di IVA, attraverso l'istituzione di un Forum europeo che metta a confronto autorità fiscali nazionali, Commissione europea e rappresentanti delle imprese; d) sull'opportunità di standardizzare a livello europeo gli adempimenti connessi alla gestione dell'IVA;
per un sistema IVA più efficace, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'opportunità di un ampliamento della base imponibile, al fine di ridurre gli effetti distorsivi alla concorrenza e al mercato che possono discendere da talune previsioni di esclusione o di esenzione dal tributo, nonché al fine di consentire una riduzione dell'aliquota ordinaria applicata nei diversi Paesi membri e le differenze tra le aliquote ordinarie medesime; b) sull'opportunità di una revisione e riduzione dell'ambito di applicazione delle aliquote previste dai singoli Paesi membri in misura ridotta rispetto alle aliquote ordinarie;
per un sistema IVA più refrattario a fenomeni di frode, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone in particolare l'accento: a) sulla possibilità di concedere una maggiore flessibilità normativa a livello di legislazione nazionale dei singoli Paesi membri, al fine di consentire l'adozione di risposte immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente; b) sull'intensificazione delle misure finalizzate a combattere le frodi, quali la creazione di Eurofisc e gli scambi di informazioni rafforzati; c) sulle ipotesi di riesame delle modalità di riscossione dell'imposta, con particolare riguardo al modello della rivalsa con, però, scissione dei pagamenti (tale per cui l'IVA addebitata in fattura dal cedente/prestatore viene direttamente pagata dal cessionario/committente su un conto corrente bancario vincolato dalle autorità fiscali) e alla generalizzazione del modello del reverse charge (tale per cui il cedente/prestatore non addebita l'imposta in fattura e quest'ultima è direttamente applicata dal cessionario/committente);
per un sistema IVA più adatto al mercato unico, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone, in particolare, l'accento sulla necessità di approfondire ulteriormente le soluzioni per evitare che il mantenimento del principio tuttora provvisorio della tassazione nel Paese di destinazione (in luogo di quello «definitivo» dell'origine) continui a determinare un diverso trattamento nelle modalità di applicazione del tributo tra le operazioni interne e quelle transfrontaliere;
seppur affrontato soltanto in modo marginale dalla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione, pare, altresì, evidente che, nell'ottica di un'evoluzione normativa che consenta di avere un sistema IVA al passo con il progresso tecnologico, siano quanto prima necessari a livello europeo appropriati interventi normativi volti a risolvere le oggettive iniquità di localizzazione della tassazione concernente le attività di vendita per il tramite di siti internet, cui si è recentemente cercato in Italia di dare un'inappropriata soluzione con un intervento normativo a livello nazionale (cosiddetta web tax),
impegna il Governo:
a dare il proprio fattivo contributo in sede europea, affinché le priorità strategiche di cui alla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea, come riepilogate in premessa, trovino celere sviluppo e concreta traduzione in procedure, norme e regolamenti, sottolineando in particolare l'opportunità di un adeguato approfondimento dei positivi effetti che potrebbero determinare:
a) l'introduzione del modello di riscossione del tributo attraverso il metodo della rivalsa con scissione del pagamento, soprattutto nei casi in cui il debitore dell'imposta è un ente pubblico;
b) la generalizzazione del metodo del reverse charge a tutte le transazioni «business to business» (b2b);
c) la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione;
d) il coinvolgimento nell'apposito Forum comunitario di discussione, oltre che delle rappresentanze delle imprese, anche di quelle dei professionisti;
a procedere quanto prima, mediante l'istituzione di un tavolo che coinvolga anche le parti sociali e le rappresentanze di imprese e professionisti, a una ricognizione dei casi di esenzione ed esclusione che, già sulla base dell'attuale normativa comunitaria, potrebbero essere rimessi in discussione ai fini dell'allargamento della base imponibile, così come delle fattispecie relativamente alle quali risulta attualmente prevista l'applicazione delle aliquote ridotte del 4 per cento e del 10 per cento, ai fini di una valutazione di una possibile prima azione su base nazionale nella direzione di un sistema IVA più efficace, coerentemente alle prospettazioni sul punto della comunicazione della Commissione europea;
a sensibilizzare la Commissione europea e le altre istituzioni europee ai fini di un rapido adeguamento della disciplina concernente la territorialità IVA delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate per il tramite di siti internet, così da risolvere le oggettive iniquità che, in modo giuridicamente inappropriato, ma socialmente corretto, il legislatore italiano ha recentemente cercato di risolvere con l'introduzione della cosiddetta web tax, di cui va quanto prima disposta l'abrogazione e non soltanto la mera proroga dell'entrata in vigore, come prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151.
(1-00331)
«Zanetti, Sottanelli, Andrea Romano».
(4 febbraio 2014)
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
TINAGLI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
Fastweb, dal 2007 parte del gruppo Swisscom, è un operatore di telecomunicazioni di rete fissa, con circa 1,91 milioni di clienti in Italia, che ha sviluppato una rete nazionale in fibra ottica per fornire servizi di connessione alle famiglie ed alle imprese italiane;
le «Frecce tricolore», il cui nome per esteso è «Pattuglia acrobatica nazionale», costituiscono il 313o gruppo addestramento acrobatico dell'Aeronautica militare e sono una delle pattuglie acrobatiche più apprezzate al mondo;
in data 4 gennaio 2014, Fastweb ha lanciato due spot pubblicitari, della durata rispettivamente di 15 e 30 secondi, visibili sulle reti nazionali, sulle reti satellitari e del digitale terrestre, nonché disponibili su internet, che hanno per protagonisti i piloti delle «Frecce tricolore», insieme a circa cento uomini e donne del 313o gruppo addestramento acrobatico;
la campagna, realizzata presso la base delle «Frecce tricolore» a Rivolto di Udine, è stata ideata dall'agenzia Take e realizzata da Brw film;
per le attività in volo è stato utilizzato materiale video di repertorio reso disponibile dall'Aeronautica militare, mentre per le attività a terra le immagini sono state girate nella base aerea di Rivolto di Udine, sede del 313o gruppo addestramento acrobatico;
stando a quanto riportato da Il Corriere della Sera, il generale di brigata aerea Claudio Salerno, capo dell'ufficio generale per la comunicazione dell'Aeronautica militare, ha dichiarato che «la cessione dell'uso del marchio “Frecce tricolore” rappresenta un nuovo aspetto dell'autofinanziamento» e che i proventi della sponsorizzazione saranno incassati dalla società Difesa servizi spa, che li girerà alle Forze armate, che a loro volta li impiegheranno per finanziare progetti in atto, quali il restauro dei propri palazzi ed edifici;
non si tratta della prima collaborazione tra Fastweb e la pattuglia: già nel 2010, in occasione del cinquantennale delle «Frecce tricolore», la compagnia aveva offerto la copertura di rete alla manifestazione che si era svolta alla base di Rivolto;
è, tuttavia, la prima volta che le «Frecce tricolore» utilizzano lo strumento della cessione del proprio marchio per autofinanziarsi;
la società Difesa servizi spa, di cui all'articolo 535 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è la struttura di cui il Ministero della difesa si avvale, in qualità di concessionario o mandatario, per la gestione economica di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali che non siano direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate;
con decreto del Ministro della difesa, in data 7 luglio 2011 è stato approvato il contratto di servizio tra il Ministero stesso e la società Difesa servizi spa;
ai sensi dell'articolo 1 del suddetto contratto, le strutture del Ministero della difesa, tra cui l'Aeronautica militare, sono competenti a stipulare convenzioni, sottoposte alla previa approvazione del Ministro interrogato, sentiti il Capo di Stato maggiore od il segretario generale della difesa, che abbiano per oggetto la realizzazione dei programmi di gestione economica finalizzata al reperimento di risorse finanziarie, relativamente ai beni, ai servizi e, più in generale, alle capacità tecniche di propria competenza;
ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del contratto di servizio, «la realizzazione di tutti i programmi di gestione economica è perseguita dalla società nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità, come prescritto all'articolo 2, comma 2, dell'atto di indirizzo (decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 19 maggio 2011). In particolare, la società è tenuta all'osservanza della disciplina relativa agli appalti pubblici, sia quando agisce come centrale di committenza, ai sensi dell'articolo 535, comma 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sia quando approvvigiona, con consistenze finanziarie tratte dall'attività di valorizzazione svolta in favore del Ministero, beni o servizi da destinare alle Forze armate»;
come specificato sul sito web http://www.difesaservizi.it, tra i programmi di valorizzazione di Difesa servizi spa vi è la gestione economica dei marchi, delle denominazioni, degli stemmi, degli emblemi e dei segni distintivi delle Forze armate, attraverso la concessione in uso temporaneo a terzi, a titolo oneroso –:
se non ritenga opportuno fare chiarezza circa le modalità e le finalità di tale partnership tra un corpo pubblico ed un'azienda privata, rendendo noto il valore del corrispettivo pagato da Fastweb ai fini dell'utilizzo di immagini di repertorio relative alle «Frecce tricolore» all'interno del proprio spot pubblicitario, nonché rendere più trasparente l'impiego dei fondi così reperiti da parte delle Forza armate, e se non intenda verificare, in particolare, se siano state rispettate le procedure ed i principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità di cui all'articolo 4, comma 2, del citato contratto di servizio, nonché se imprese private altre rispetto a Fastweb abbiano manifestato il proprio interesse o presentato la propria candidatura. (3-00608)
(4 febbraio 2014)
RAMPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il 10 febbraio 2014 la procura generale di New Delhi dovrebbe – il condizionale è d'obbligo – finalmente formalizzare i capi d'accusa nei confronti dei due militari italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trattenuti in India da oltre due anni in attesa che le autorità indiane decidano in merito alla loro sorte processuale;
la data del 10 febbraio 2014 è stata stabilita in seguito all'ennesimo – che dal 12 febbraio 2012 ad oggi è il venticinquesimo – rinvio dell'udienza e solo grazie alla protesta espressa dalla stessa Suprema Corte indiana in merito, posto che nelle intenzioni della procura questo rinvio avrebbe dovuto essere di ulteriori due o quattro settimane;
tra gli elementi in merito ai quali la procura dovrà pronunciarsi c’è la valutazione se il processo per la morte dei due pescatori del Kerala sarà per reato di terrorismo, che prevede la pena di morte, un rischio che, in base alle dichiarazioni rese in più occasioni dai Governi che hanno seguito la vicenda, doveva già essere stato definitivamente scongiurato;
allo stato, quindi, ad oltre due anni dall'inizio di questa vicenda i militari italiani continuano ad essere trattenuti all'estero in spregio delle normative internazionali e sono tuttora esposti al rischio di subire una condanna a morte;
la mancata risolutezza dei Governi italiani nel trattare la questione ha permesso all'India di perpetrare i più svariati abusi di diritto nei confronti dei due connazionali, con il risultato che, nonostante i proclami, le promesse e addirittura la nomina di un inviato speciale del Governo, i due ufficiali sono, a tutt'oggi, a rischio della loro stessa vita;
pur volendo prescindere dalle ovvie considerazioni circa l'incapacità di ben due Governi nazionali succedutisi nel tempo di garantire ai due militari il rispetto, nei loro confronti, delle più elementari norme di diritto e lo svolgimento del processo nella sede appropriata, non si può non rilevare come sia intollerabile per uno Stato sovrano che dei suoi cittadini siano condannati a morte solo per aver fatto il proprio dovere in base alle normative nazionali vigenti –:
quali siano, allo stato, le informazioni in possesso del Governo circa il prossimo percorso giudiziario dei due militari.
(3-00609)
(4 febbraio 2014)
PALAZZOTTO, LACQUANITI, AIRAUDO, DI SALVO, FERRARA, MATARRELLI e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Almaviva contact è leader di mercato in Italia per aziende private ed enti pubblici nell’outsourcing di servizi. Propone una gamma estesa e innovativa di soluzioni ad alto valore aggiunto come consulting and process reengineering, inbound and outbound services, back office & document management, market analysis, adaptive front-end, multichannel customer solutions e case management & quality monitoring per aiutare i propri clienti a sviluppare una strategia di customer experience di successo;
Almaviva contact fa parte del gruppo Almaviva, leader italiano nell’information & communication technology, e opera a livello globale con 35 sedi e 27.000 persone. È presente anche in Brasile, Tunisia e Cina. In Italia è presente nelle seguenti città: Trento, Milano, Padova, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Cosenza, Palermo, Catania;
l'elemento distintivo dell'offerta di Almaviva contact è l'utilizzo di innovative tecnologie semantiche almawave, che consentono il riconoscimento del linguaggio naturale per ottimizzare i processi operativi;
gli operatori di contact center diventano esperti nella gestione della singola problematica attraverso la valorizzazione dell'informazione destrutturata e grazie al presidio integrato di tutti i canali di contatto;
i principali clienti di Almaviva contact sono: Alitalia, Poste italiane, American express, comune di Milano, comune di Roma, Enel, Eni, Fastweb, gruppo Ferrovie dello Stato italiane, Inpdap, Inps, Leasys, Mediaset, Tim, Equitalia, Sky, Vodafone e Wind;
Almaviva contact è presente da oltre 12 anni nella città di Palermo con due sedi operative e occupa stabilmente oltre 4.500 persone;
l'attuale situazione di crisi economica generale e le problematiche che affliggono il mercato specifico, come la crisi dei principali settori di riferimento, la contrazione dei volumi, l'abbattimento delle tariffe con riduzione dei margini, la delocalizzazione delle attività al di fuori del territorio italiano, hanno comportato da parte dell'azienda e delle organizzazioni sindacali una continua ricerca di maggiore efficienza e produttività, sia attraverso specifici accordi, sia tramite l'identificazione di più adeguate soluzioni logistiche;
in questo senso sono stati sottoscritti da azienda e sindacati importanti accordi sindacali, sia a livello nazionale che locale, che hanno consentito sino ad ora di affrontare le criticità senza ricorrere a misure traumatiche nei confronti dell'organico e della salvaguardia dei livelli occupazionali;
la tenuta degli accordi sindacali, in particolare per il tessuto produttivo di Palermo, si fonda su tre principi fondamentali:
a) sostanziale stabilità dei volumi di attività, benché ridotti rispetto al passato;
b) tenuta dei principali clienti e, in particolare, di Alitalia;
c) risoluzione delle problematiche logistiche;
rispetto ai volumi delle attività svolte a Palermo si riscontra una diminuzione del 30 per cento negli ultimi due anni su alcuni importanti clienti, solo parzialmente compensate dall'avvio di nuove attività portate dal gruppo. Tale tendenza al calo di volumi è in ulteriore accelerazione e le prospettive complessive evidenziano una situazione difficile da gestire;
per quanto riguarda il cliente Alitalia, per il quale lavorano circa 1.000 persone assunte a tempo indeterminato, Almaviva contact continua ad operare in un clima di incertezza per le note vicende legate alle sorti della compagnia di bandiera e per le possibili evoluzioni future. Almaviva ha già assorbito perdite per 3 milioni di euro a seguito del fallimento della vecchia Alitalia e ha un credito di 4,4 milioni di euro residui;
infine, per quanto riguarda la situazione logistica, nell'accordo sindacale di maggio 2013 è stata evidenziata la necessità di identificare un unico centro produttivo a Palermo, al fine di migliorare l'organizzazione del lavoro e garantire un beneficio economico di circa 2 milioni di euro all'anno;
ad oggi non è stata ancora identificata una soluzione sostenibile. Nessuna ipotesi percorribile è pervenuta dalle istituzioni locali e gli immobili potenzialmente identificati dall'azienda necessitano, fra opere di ristrutturazione e di trasferimento, di ingenti e insostenibili investimenti. Infatti l'apertura di una nuova sede, tra gli immobili identificati, comportano un investimenti di oltre 7 milioni di euro, che l'azienda sostiene di non poter effettuare;
in tre anni di relazioni tra l'azienda e le istituzioni locali, sia regione che comune, non è ancora emersa una soluzione realmente praticabile e confacente alle esigenze aziendali e dei lavoratori;
da un articolo apparso sul quotidiano online Sì24.it si apprende come l'azienda Almaviva abbia chiesto l'assegnazione, da utilizzare come propria sede operativa, di un bene confiscato alla mafia, idoneo ad ospitare il call center Almaviva contact, e in cambio si era detta disponibile a mantenere gli attuali livelli occupazionali, trasferendo la propria sede legale in Sicilia;
sul bene in questione, un ex edificio Telecom nella zona industriale ad ovest della città di Palermo, da più di un anno si assiste ad un rimpallo di responsabilità tra l'azienda e le istituzioni locali, comune di Palermo e regione Sicilia;
nell'articolo di stampa citato, a prendere la parola è l'Agenzia nazionale per i beni confiscati, che dichiara come il dialogo con la regione Sicilia era stato avviato nel 2011 e come, «senza alcuna giustificazione», gli incontri per discutere dell'assegnazione del bene ad Almaviva siano andati deserti dai rappresentanti della regione stessa;
nel frattempo, proprio in conseguenza dell'assenza della regione, la stessa Almaviva avrebbe dichiarato di non essere più interessata ai locali. Da qui la decisione dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati di assegnare il bene al comune di Palermo per destinarlo ad altre finalità;
nei giorni successivi alla pubblicazione dell'articolo sul quotidiano online Sì24.it già richiamato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando si è detto disponibile ad assegnare la sede ad Almaviva, qualora da questa scelta dipendesse la tenuta occupazionale dei 4.500 lavoratori del sito palermitano;
da un comunicato sindacale del 24 gennaio 2014 e da uno successivo diramato dall'azienda il 27 gennaio 2014 si apprende, invece, che l'amministratore delegato Andrea Antonelli ha dichiarato che, anche qualora le istituzioni mettessero a disposizione di Almaviva una sede unica, i reali problemi dell'azienda rimarrebbero comunque, lasciando intendere che possibili interventi sull'organico non sono affatto esclusi;
tale dichiarazione, oltre a dimostrare ancora una volta le incongruenze con cui Almaviva affronta quelle questioni che per i lavoratori sono di vitale importanza, sono da giudicare ancora più gravi, visto che per quasi 3 anni l'azienda ha sempre identificato il problema della sede unica come fondamentale per la sopravvivenza del sito di Palermo;
proprio adesso che si potrebbe aprire uno spiraglio per la risoluzione della vertenza sulla sede, l'azienda sposta il tiro su questioni non di competenza delle istituzioni locali ma nazionali, quali il calo dei volumi che scaturisce dalla delocalizzazione e dal costo del lavoro;
la causa della drastica diminuzione dei volumi di lavoro, denunciata da Almaviva, è dovuta all'elevato costo degli operatori italiani di Almaviva, rispetto a quello di altri competitor che hanno delocalizzato all'estero ed anche rispetto ad altri call center italiani, che inquadrano i lavoratori al primo e al secondo livello non rispettando il contratto collettivo nazionale di lavoro delle telecomunicazioni;
su questi temi, gli interroganti ritengono che il Governo nazionale debba adoperarsi per trovare una soluzione legislativa per contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni e del mancato rispetto dei contratti nazionali di lavoro in materia di inquadramento, che costringerà a breve alla chiusura di buona parte dei siti produttivi italiani o ad una gara al ribasso in tema di diritti, salario e occupazione;
gli interroganti, considerando strumentali e provocatorie le motivazioni che esulano dal contesto territoriale addotte dall'azienda, ritengono, invece, che i tempi siano maturi per provare a dare una soluzione definitiva ai problemi logistici della sede Almaviva di Palermo;
purtroppo, è sotto gli occhi di tutti che, alla fine di questo scaricabarile sulle responsabilità e la poca chiarezza dell'azienda rispetto alle sue reali volontà di mantenere il sito produttivo di Palermo, salvaguardando gli attuali livelli occupazionali, a rimetterci saranno i lavoratori, le loro famiglie e la città intera se non si trova una soluzione positiva alla vicenda. È assurdo che la politica industriale di questo Paese venga, di fatto, portata avanti con i salari e i diritti dei lavoratori che attraverso le loro fatiche dovrebbero garantire gli investimenti necessari e pagare di tasca propria il prezzo del loro lavoro –:
se il Ministro interrogato, acquisiti gli elementi necessari, intenda interessarsi della vicenda descritta in premessa e convocare un tavolo nazionale con i vertici del gruppo Almaviva, la regione Sicilia, il comune di Palermo e le organizzazioni sindacali interessate, al fine di trovare una soluzione positiva sia alla situazione logistica del call center Almaviva contact di Palermo sia a quella produttiva, considerati gli effetti particolarmente pregiudizievoli che si potrebbero determinare in termini occupazionali per circa 4.500 dipendenti effettivi. (3-00610)
(4 febbraio 2014)
MUCCI, CRIPPA, DA VILLA, PRODANI, DELLA VALLE, FANTINATI, VALLASCAS e PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico — Per sapere – premesso che:
la nuova Fiat Chrysler automobiles avrà la sede legale ad Amsterdam (Olanda) e quella fiscale a Londra (Regno Unito);
contemplare passivamente Fiat Chrysler automobiles mentre porta in Olanda e Gran Bretagna le sue sedi, 114 anni dopo la fondazione di Fiat, che ha ricevuto ingenti sussidi statali (a tal proposito, secondo una ricerca della Cgia di Mestre, ammontano poco più di 7,6 miliardi di euro i finanziamenti che lo Stato italiano ha erogato alla Fiat tra il 1977 e il 2009), evidenzia in modo tragico l'assenza da parte del Governo di una politica industriale chiara e organica che arresti il continuo impoverimento del nostro Paese;
se è vero che ogni impresa è libera di investire dove più gli conviene, tale scelta contraddice la missione produttiva e la strategia di investimenti industriali che la Fiat aveva promesso a questo Paese;
gli stabilimenti Fiat in Italia sono sei, per un totale di 24.400 dipendenti, e gli impianti italiani saranno completamente integrati con quelli degli altri Paesi in cui opera la neonata multinazionale, per cui la loro performance verrà valutata comparativamente, il che rende necessario scongiurare che la politica della Fiat Chrysler automobiles sia diretta a danno dei lavoratori italiani;
sarebbe opportuno che il Governo convocasse tutte le parti al tavolo e chiedesse garanzie sul futuro degli stabilimenti italiani –:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di tutelare la continuità produttiva e occupazionale degli stabilimenti italiani della nuova Fiat Chrysler automobiles.
(3-00611)
(4 febbraio 2014)
FORMISANO. — Al Ministro dello sviluppo economico — Per sapere – premesso che:
le zone franche urbane sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita, dove si concentrano programmi di defiscalizzazione volti alla creazione di piccole e medie imprese;
obiettivo delle zone franche urbane è quello di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da forme di disagio sociale, economico ed occupazionale;
l'11 luglio 2013 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 aprile 2013, che, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce condizioni, limiti, termini di decorrenza e modalità per le agevolazioni fiscali e contributive per chi investe nelle 33 aree definite, appunto zone franche urbane;
le agevolazioni previste dal decreto consistono nell'esenzione dall'irpef, dall'irap, dall'imu e dall'esonero del versamento dei contributi di retribuzioni sul lavoro;
si tratta, quindi, di misure estremamente importanti, che aiuterebbero certamente aree disagiate e in difficoltà economica ed occupazionale;
purtroppo, però, da varie parti d'Italia si lamentano ritardi nell'attuazione di quanto previsto dal decreto citato, in particolare per quel che riguarda l'emanazione dei bandi da parte del Ministro interrogato, anche sulla base delle indicazioni fornite dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e volte a fornire le disposizioni di attuazione di intervento;
questi ritardi non sono accettabili perché creano evidenti danni, sia per gli imprenditori sia per i territori interessati, e non appaiono francamente comprensibili –:
cosa intenda fare il Ministro interrogato per porre rimedio quanto prima a questi incomprensibili ritardi nella concreta attuazione delle zone franche urbane. (3-00612)
(4 febbraio 2014)
CICU e PALESE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
è stato attivato il procedimento di istituzione di una zona franca urbana a fiscalità di vantaggio nei 23 comuni della provincia di Carbonia Iglesias (zona del Sulcis Iglesiente);
il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato in data 13 dicembre 2013 il decreto che approva il modello delle istanze di accesso alla zona franca urbana, la tempistica della loro presentazione, nonché le risorse a disposizione;
l'esclusione del comune di Teulada e delle sue imprese, che insistono sullo stesso territorio e ne condividono il medesimo stato di crisi economica e sociale, costituisce fonte di estrema preoccupazione per i risvolti pratici che esso comporterà;
le imprese operanti a Teulada dovranno fare fronte a situazioni di concorrenza e questa situazione, di fatto, produrrà un effetto di distorsione del mercato, tale da compromettere la reale possibilità di sopravvivenza delle aziende stesse;
lo scenario che si prospetta è drammatico, tale da minare nel concreto un tessuto socio economico già di per sé debole e con esso lo sviluppo di una intera comunità che ha dato e dà ancora tanto, ospitando la base militare di Capo Teulada, che occupa un terzo del territorio comunale (7.200 ettari);
è quanto meno paradossale che lo Stato si «dimentichi» del comune di Teulada quando si tratta di attuare misure volte ad alleviare condizioni di crisi economica ed occupazionale, non inserendolo tra i beneficiari della zona franca urbana –:
se il Governo non ritenga di includere il comune di Teulada all'interno della zona franca urbana di Carbonia Iglesias, al fine di evitare il declino di una comunità che, per le motivazioni esposte in premessa, ha diritto di ricevere particolare attenzione ed un adeguato sostegno da parte dello Stato. (3-00613)
(4 febbraio 2014)
PRATAVIERA, FEDRIGA, MARCOLIN, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI e RONDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la vicenda Electrolux è l'espressione più drammatica del fallimento dell'azione politica attuata dal Governo per il rilancio del sistema industriale del Paese;
l'ondata di deindustrializzazione che sta attraversando il Paese, in mancanza di organiche riforme da parte del Governo, sta portando alla progressiva perdita del patrimonio industriale italiano, condannando così l'Italia ad una posizione di emarginazione nell'economia internazionale;
la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, in merito alle reali possibilità di chiusura dello stabilimento Electrolux di Porcia, ha espresso grandi criticità sulla condotta tenuta dal Ministro interrogato, accusato di essersi disinteressato della vicenda, ed ha chiesto le sue dimissioni;
il fallimento dell'operato del Ministro interrogato, oggi dichiarato a parere degli interroganti per fini strumentali dalla presidente della regione Friuli Venezia Giulia, è evidente da tempo e si dimostra nei numeri delle aziende che fino ad oggi hanno fallito e di quante stanno soffrendo drammaticamente e nei tanti posti di lavoro persi;
il caso Electrolux è emblematico delle difficoltà che vivono le aziende nel nostro Paese, sempre più schiacciate da una pressione fiscale divenuta ormai insostenibile, nonché dall'inefficienza della burocrazia e dall'impossibilità di accesso al credito;
il tessuto imprenditoriale, costituito in Italia per più del 95 per cento da piccole e medie imprese, ha risentito e continua a risentire del fenomeno del credit crunch, un fenomeno che sta portando alla chiusura di molte imprese che non ricevono dagli istituti di credito il necessario e, in questo periodo, vitale supporto finanziario per il proprio ciclo produttivo. I nuovi accordi europei in tema di patrimonializzazione delle banche, necessari per tentare di ridare stabilità ad un sistema finanziario sull'orlo del collasso, stanno costringendo le banche a continue ricapitalizzazioni, che, insieme ad un sempre più prudenziale approccio degli istituti di credito, strozzano le imprese;
il nostro è il Paese con l'imposizione fiscale più alta nell'area dell'Unione europea, condizione che spinge molte imprese a delocalizzare verso Paesi vicini, come la Svizzera, l'Austria, la Slovenia, la Slovacchia, la Francia e, nell'area extra-Unione europea, la Serbia;
in questa fase di crisi sarebbe opportuno attuare una nuova politica di rilancio del sistema industriale italiano, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, riconoscendo l'importante ruolo che queste svolgono per lo sviluppo del sistema produttivo del Paese;
le piccole e medie imprese, infatti, sono il motore dell'economia italiana, portatrici di valori umani, morali e professionali, che fino ad oggi sono stati fondamentali allo sviluppo del Paese;
la scelta dell'azienda Electrolux di intraprendere un piano di ristrutturazione industriale dei siti italiani, attraverso licenziamenti e tagli di stipendio, avrà un impatto drammatico sul futuro dei lavoratori e delle loro famiglie, togliendo al territorio le risorse necessarie per la ripresa economica;
il 29 gennaio 2014 è stato convocato un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico, dal quale non sono emerse indicazioni sul futuro industriale dei siti italiani, con particolare riferimento alla chiusura del sito di Porcia e alla conseguente delocalizzazione della produzione in Polonia –:
quali immediate iniziative intenda adottare per restituire competitività al sistema produttivo italiano e, nel caso specifico dell’Electrolux, se voglia rendersi parte attiva nelle trattative in corso, mettendo in campo tutte le misure necessarie a salvaguardare l'integrità produttiva ed occupazionale dei siti italiani. (3-00614)
(4 febbraio 2014)
ROSSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
come è noto, è da tempo in atto il procedimento di istituzione di una zona franca urbana a fiscalità di vantaggio nei 23 comuni della provincia di Carbonia Iglesias. Lo stesso è stato in ultimo concretizzato con la pubblicazione in data 13 dicembre 2013 del decreto del Ministero dello sviluppo economico;
l'esclusione del comune di Teulada, in provincia di Cagliari, e delle imprese operanti sul suo territorio dall'ambito di applicazione di tali agevolazioni, pur condividendo col territorio circostante il medesimo stato di crisi economica e sociale, costituisce fonte di estrema preoccupazione per i risvolti pratici che esso comporterà;
le imprese operanti a Teulada dovranno, infatti, fare fronte a situazioni di concorrenza con quelle limitrofe beneficiarie di agevolazioni fiscali, che, di fatto, produrrà un effetto di spiazzamento del mercato tale da comprometterne la reale possibilità di resistere sul mercato. Lo scenario che si prospetta è, senza timore di essere smentiti, drammatico, tale da minare nel concreto l'effettiva condizione di sopravvivenza di un tessuto socio-economico già di per se stesso debole e con esso la sopravvivenza di una intera comunità;
il comune di Teulada ha ospitato da oltre cinquantanni lo Stato, a mezzo della base militare di Capo Teulada, che impegna un terzo del suo territorio (7.200 ettari) ed in cui si svolge l'attività addestrativa principale dell'esercito italiano, nonché varie attività internazionali;
è quanto meno paradossale che lo Stato si «dimentichi» di Teulada quando si tratta di attuare misure volte ad alleviare condizioni di crisi economica ed occupazionale, tenendola fuori dai limiti geografici di applicazione delle stesse misure, limiti geografici e amministrativi, ma non certo coincidenti con le realtà di fatto –:
se non ritenga opportuno, in virtù di quanto esposto in premessa, prendere sollecitamente in considerazione la richiesta del comune di Teulada di essere inserito all'interno della zona franca urbana di Carbonia Iglesias, al fine di evitare il declino di un'intera comunità. (3-00615)
(4 febbraio 2014)
DORINA BIANCHI, GAROFALO e PISO. — Al Ministro delle infrastrutture e i trasporti. — Per sapere – premesso che:
il trasporto aereo svolge un ruolo fondamentale per l'integrazione e la competitività del Paese, nonché per la sua interazione con l'Europa ed il resto del mondo. In tale contesto si inserisce la forte attenzione dell'opinione pubblica, dei media e del mondo politico per la vicenda Alitalia, i piani industriali di sviluppo prospettati, le alleanze internazionali possibili;
infatti, il venir meno di tale realtà imprenditoriale provocherebbe pesanti ripercussioni in termini di occupazione e di sviluppo sugli scali aeroportuali e, in particolare, sull’hub di Fiumicino, principale scalo italiano;
in queste ultime settimane la trattativa fra Alitalia e la compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, Etihad, sembra essere giunta ad una svolta;
la stampa parla di un investimento di almeno 300 milioni di euro, fino alla acquisizione del 49 per cento di Alitalia. L'ingresso della compagnia aerea Etihad nel capitale sociale di Alitalia è stato uno dei temi di cui il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha parlato nei suoi incontri con le autorità politiche degli Emirati;
nonostante questi avvenimenti, perseguiti con decisione dal Ministro interrogato, permangono perplessità e preoccupazioni in alcuni settori dell'opinione pubblica, anche nel nostro Paese. Tali perplessità hanno origine da una storia non breve che ha visto spesso lo Stato italiano nella veste di «ripianatore» delle perdite di gestioni inefficienti;
oggi il rapporto fra Stato e compagnia di bandiera ha caratteristiche profondamente diverse, ma permane l'esigenza di alcuni chiarimenti;
sarebbe, infatti, necessario, in primo luogo, chiarire quali effetti occupazionali possa avere l'eventuale accordo con la compagnia araba;
inoltre, pare opportuno che il Governo informi il Parlamento sulla sua posizione in merito alla dura reazione della compagnia aerea Lufthansa, che denuncia, nel comportamento dell'Esecutivo italiano nell'intera vicenda Alitalia, una forma mascherata di aiuto di Stato;
medesima informazione al Parlamento dovrebbe essere data su quali conseguenze potrà avere l'eventuale raggiungimento dell'accordo Alitalia-Etihad sulla partnership di Alitalia con Air France-Klm –:
se il Ministro interrogato ritenga che possano sussistere effetti per il trasporto aereo italiano - e di che natura - in seguito a una eventuale conclusione positiva dell'accordo, sia in termini di livello di interconnessione e di efficienza della rete aeroportuale, che di incremento della domanda turistica. (3-00616)
(4 febbraio 2014)
SPERANZA, MARTELLA, META, TULLO, BONACCORSI, BRANDOLIN, BRUNO BOSSIO, CARDINALE, CARELLA, CASTRICONE, COPPOLA CRIVELLARI, CULOTTA, FERRO, GANDOLFI, PIERDOMENICO MARTINO, MAURI, MOGNATO, MURA, PAGANI, PAOLUCCI, ROTTA, VELO, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e i trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'esigenza del rilancio del trasporto aereo necessita di molte azioni e il raggiungimento di obiettivi importanti come la ripresa di Alitalia; tra le azioni già adottate vanno registrate positivamente l'approvazione del piano nazionale per gli aeroporti e, sul fronte delle relazioni tra le parti, un'importante trattativa tesa a dare un futuro solido all’Alitalia;
nei giorni scorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri si è recato negli Emirati Arabi dove ha potuto registrare una conferma dell'interesse degli Emirati per il vettore italiano;
pur trattandosi di una trattativa privata, l'augurio è che, al termine della fase finale della due diligence – della durata di trenta giorni – per la verifica economica, patrimoniale e finanziaria dei conti e dei contratti di Alitalia e per affrontare e risolvere tutte le questioni che possono pregiudicare lo sviluppo di un adeguato piano industriale per la compagnia italiana, sarà definita una strategia comune per il possibile investimento di Etihad airways in Alitalia;
l'investimento di Etihad potrebbe configurarsi come strategico per il futuro di Alitalia, non solo sotto il profilo finanziario, ma anche per lo sviluppo di una partnership industriale tra aziende che possono collaborare in modo integrato per obiettivi diversi, ma pienamente condivisi;
in questa fase saranno definiti i termini essenziali e concreti del negoziato, tra cui la riorganizzazione del personale, il ruolo delle banche azioniste, la disciplina da applicare per regolare i voli nei cieli italiani, nel più ampio contesto europeo e internazionale, fugando il rischio della lettura della possibile intesa in argomento quale lesivo della disciplina comunitaria in materia di aiuto di Stato;
il rilancio di Alitalia è strategico per l'intero sistema-Paese e per l'economia di Roma e del Lazio, anche in considerazione del programma di investimenti di Aeroporti di Roma per lo scalo di Fiumicino;
occorre impegnare tutte le risorse attivabili e un'ampia e responsabile concertazione tra parti sociali per potenziare e sviluppare il sistema del trasporto aereo nazionale, con un vettore forte e competitivo, soprattutto per i voli a lungo raggio, anche in vista di importanti eventi, come Expò 2015;
l'accordo Alitalia è un importante punto di partenza per lo sviluppo di proficue relazioni internazionali e per l'attrazione di congrui investimenti esteri –:
quali siano, per quanto fin qui emerso, le linee portanti della possibile partnership finanziaria e industriale tra Alitalia ed Etihad e le loro ricadute sulle opportunità di sviluppo di Alitalia medesima, anche con riferimento alla necessità di salvaguardare i livelli occupazionali, nel quadro del trasporto aereo europeo ed internazionale. (3-00617)
(4 febbraio 2014)