N. 1.
Seduta del 27 gennaio 2014
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione, approvato dal Senato con modificazioni, del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia, interviene su una molteplicità di materie differenti, attraverso disposizioni eterogenee come si evince anche dal titolo medesimo;
nell'ambito dei contenuti indicati dall'articolo 1, il provvedimento reca disposizioni che prevedono l'abolizione dalla seconda rata IMU per l'anno 2013, per una serie di immobili indicati dalla disposizione, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013, nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto all'aliquota di base;
all'interno della riorganizzazione dell'imposta municipale unica, numerosi enti locali evidenziano una serie di criticità provenienti dai proprietari di superfici
edificabili e dal rapporto tra il medesimo tributo e lo strumento urbanistico, Piano strutturale comunale – PSC; dall'entrata in vigore del PSC, si è configurata dal punto di vista fiscale, secondo quanto segnalano numerosi soggetti imprenditoriali, una nuova categoria sui terreni «edificandi» che ha permesso agli enti locali, di trasformare un verbo gerundio senza scadenza in qualcosa di presente ed attuale;
in realtà, il concetto di edificabilità corrisponde all'inclusione del terreno nel POC (piano operativo comunale), in considerazione che soltanto in quel momento il bene immobile acquista valore economico;
gli effetti di quanto predetto, determinano una mancanza di disponibilità per gli imprenditori edili, nell'acquistare una superficie edificabile inserita all'interno del PSC, in considerazione che il passaggio dal piano strutturale al piano operativo può richiedere anche 15 anni;
numerosi comuni non considerano tuttavia le difficoltà che riscontrano le imprese edili nell'ambito di quanto esposto in precedenza e a fini di fiscalità locale, tassano come edificabile indistintamente, quanto rientra all'interno del PSC;
intervenire attraverso una modifica al quadro normativo e regolatorio al fine di ricondurre la tassabilità all'effettiva edificabilità, momento che dovrà essere identificato con il momento di rilascio, anche potenziale del permesso di costruire, risulta pertanto necessario al fine di stabilire una migliore chiarezza nell'ambito delle norme fiscali locali che regolano il rapporto tra enti locali e contribuenti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi interventi legislativi, misure volte a stabilire che il pagamento dell'imposta municipale propria è dovuta al comune, per gli immobili la cui destinazione della superficie risulti effettivamente edificabile e coincidente con il rilascio anche potenziale dell'autorizzazione prevista per la costruzione di fabbricati destinati alla vendita.
9/1941/1. Palmizio.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 5, del presente provvedimento, prevede che, l'eventuale differenza tra l'ammontare dell'imposta municipale propria risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile per i quali non è dovuta la seconda rata deliberate o confermate dal comune per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali per ciascuna tipologia di immobile per i quali non è dovuta la seconda rata, sia versata dal contribuente, in misura pari al 40 per cento, entro il 24 gennaio 2014;
in molti casi, l'applicazione della citata imposta, denominata «mini-Imu», determina il pagamento di un importo di esigua entità i cui costi di gestione, da parte degli enti locali potrebbero ricadere sui contribuenti costretti a sopportare oneri talvolta superiori all'imposta dovuta;
in particolare, i cittadini, nel mese di gennaio, sono tenuti a pagare sia la cosiddetta mini-Imu, sia la maggiorazione del Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi – Tares, relativo al 2013 creando non poche complicazioni procedurali e burocratiche per i contribuenti;
ai sensi dell'articolo 1, comma 168, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), gli enti locali, nel rispetto dei principi stabiliti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, (Finanziaria 2003), stabiliscono la soglia minima per l'esigibilità di ciascun tributo locale; in caso di inottemperanza, si applica la disciplina di cui al medesimo articolo 25 della legge n. 289 del 2002, che fissa la soglia minima per la riscossione dei tributi erariali locali a 12 euro;
l'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 prevede che i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti;
l'articolo 1, comma 736, della legge 27 dicembre 2013 n. 147, modificando l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha eliminato il riferimento all'importo minimo per gli accertamenti comunali,
impegna il Governo
a prevedere, attraverso un intervento legislativo, che i comuni possano, nell'ambito della propria autonomia, stabilire la detraibilità della cosiddetta Mini-Imu, di cui all'articolo 1 comma 5 del presente provvedimento, da quanto dovuto a titolo di tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
9/1941/2. Fragomeli, Causi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 reca disposizioni in materia di IMU e, in particolare, abolisce la seconda rata IMU per l'anno 2013;
con il passaggio dall'ICI all'IMU si è verificata una mancanza di coordinamento legislativo e non è stata recepita una semplificazione che invece era prevista per il pagamento dell'ICI sulle multiproprietà;
in regime ICI infatti, ai sensi dell'articolo 19 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria 2001) l'amministratore della multiproprietà era autorizzato al pagamento dell'ICI per conto di tutte le porzioni materiali costituenti la consistenza edificatoria dell'immobile;
tale previsione, nel nuovo regime dell'IMU, è venuta meno con la conseguenza che il comune interessato alla riscossione difficilmente introita i singoli importi, tutti di modesto valore e che, se si verifica il superamento del minimo previsto, pari a 12 euro, ogni amministrazione comunale viene tempestata da piccoli versamenti per ogni porzione materiale per due volte all'anno, con un notevole lavoro dell'ufficio tributi competente a rilevare i singoli pagamenti;
sarebbe opportuno dunque ripristinare la previsione appena illustrata anche nel nuovo regime dell'IMU, al fine di semplificare notevolmente il versamento dell'IMU delle multiproprietà e garantire in tal modo il sicuro introito per i comuni sulle multiproprietà, evitando così ogni elusione contributiva dei singoli proprietari, e l'agevolazione del lavoro per l'amministrazione interessata,
impegna il Governo
a ripristinare nel nuovo regime dell'IMU le modalità previste dall'articolo 19 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per il versamento dell'ICI delle multiproprietà, consentendo all'amministratore della multiproprietà di pagare l'IMU per conto di tutte le porzioni materiali costituenti la consistenza edificatoria dell'immobile.
9/1941/3. Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.
La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento al nostro esame individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia;
si tratta in particolare di:
banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
fondazioni bancarie di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999;
enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia;
il comma 4 dell'articolo 6 abroga il comma 10 dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005, il quale prevedeva la ridefinizione con regolamento dell'assetto proprietario della Banca d'Italia e la disciplina del trasferimento delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici: «10. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l'assetto proprietario della Banca d'Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.»;
tale Regolamento non è mai stato emanato;
il comma 10 citato, peraltro, non contrasta – come sostenuto da alcuni – con l'indipendenza della Banca d'Italia. Lo stesso Draghi intervenendo al Parlamento (2006) ebbe a riconoscere che per assicurare tale indipendenza «le indicazioni comparate mostrano un ampia varietà di soluzioni. Il modello di una proprietà esclusivamente pubblica, pur essendo diffuso (Francia, Germania), non è l'unico». Non è l'unico, ma comunque è del tutto compatibile con l'indipendenza della banca centrale;
sarebbe utile che al capitale della Banca d'Italia partecipassero almeno le Regioni il cui possesso di piccole quote azionarie non rischia certo mettere in discussione l'indipendenza e l'autonomia dell'istituto,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative affinché sia garantita la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano al capitale della Banca d'Italia.
9/1941/4. Airaudo, Paglia, Boccadutri, Lavagno, Marcon.
La Camera,
premesso che:
alle plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del provvedimento al nostro esame si applicherà la misura fiscale agevolativa, la quale prevede un'imposta sostitutiva con un'aliquota pari al 12 per cento (di cui al comma 148 della legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
il comma 6 dell'articolo 6, al fine di costituire un mercato delle partecipazione al capitale di Banca d'Italia e al fine di favorire effettivamente gli scambi, dispone che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall'esercizio in corso al 30 novembre 2013 (data di entrata in vigore del decreto in esame) iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading);
restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, che obbliga alcune tipologie societarie (tra cui banche ed assicurazioni) a redigere il bilancio di esercizio in conformità ai principi contabili internazionali;
l'articolo 1, comma 148 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) dispone che al predetto trasferimento delle quote all'interno delle scritture contabili dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia si applichino alcune disposizioni del DM 8 giugno 2011 e, in particolare le disposizioni concernenti (articolo 4) la valenza fiscale attribuita agli strumenti finanziari sottoposti a riclassificazione;
il predetto comma 148 della legge di stabilità 2014 consente:
di applicare l'articolo 4 sul rilievo fiscale delle attività riclassificate in una categoria IAS 39 all'ipotesi de qua (la quota di partecipazione al capitale della Banca d'Italia è ex lege classificata come attività detenuta per la negoziazione), qualunque fosse la categoria in cui le quote erano precedentemente classificate;
di sottoporre i maggior valori derivanti dalla riclassificazione contabile delle quote (che le attività detenute per la negoziazione sono infatti valutate al fair value), aventi rilievo fiscale, all'imposta sostitutiva al 12 per cento (di cui al comma 143 della legge di stabilità, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
tutto questo insieme di norme configura un regalo fiscale notevole agli istituti di credito partecipanti al capitale di Banca d'Italia stimabile in più di 1,5 miliardi di euro di mancate entrate tributarie;
inoltre, il pagamento dell'imposta sostitutiva con l'aliquota super agevolata del 12 per cento potrà avvenire in tre rate annuali,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative per sottoporre le plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del decreto al nostro esame all'Ires, all'Irap ed alle eventuali addizionali.
9/1941/5. Piazzoni, Paglia, Lavagno.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge, di conversione, approvato dal Senato con modificazioni, del decreto-legge n. 133 del 2013, recante disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia, contiene disposizioni che incidono su ambiti materiali differenti attraverso un contenuto, complessivamente difforme ed eterogeneo;
in particolare il provvedimento reca all'articolo 7 alcune disposizioni di coordinamento in materia di accise, precisando che gli incrementi di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, previsti a copertura di alcune norme di tutela dei beni culturali e del finanziamento del tax credit nel settore cinematografico (disposte dall'articolo 15, comma 2, lettere e-bis) e e-ter) del decreto-legge n. 91 del 2013;
l'aumento dell'accisa su un settore emergente quale l'agroalimentare ed in particolare quello sulle bevande alcoliche, intermedie e analcoliche, rischia di determinare un'ulteriore contrazione dei consumi del settore anche a causa dell'aumento dell'IVA sui prodotti alimentari, avvenuto lo scorso settembre;
nel corso degli ultimi anni il Parlamento è intervenuto nell'ambito delle norme necessarie per la copertura dei provvedimenti legislativi, attraverso innalzamento delle aliquote sui medesimi prodotti agroalimentari, determinando un aumento del prezzo finale e penalizzando un settore che crea reddito e occupazione;
occorre conseguentemente interrompere, il proseguimento di un processo normativo che desta perplessità nell'ambito delle procedure di copertura finanziarie per i provvedimenti, attraverso continui aumenti di accise sulle bevande medesime,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di sospendere per i futuri provvedimenti legislativi, interventi di natura finanziaria volti a prevedere incrementi in materia di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, previsti come copertura finanziaria.
9/1941/6. Nastri.
La Camera,
premesso che:
il comma 6 dell'articolo 4 autorizza la Banca d'Italia ad effettuare operazioni di acquisto temporaneo delle proprie quote presso quegli azionisti che detengano partecipazioni superiori al 3 per cento;
il decreto prevede un limite massimo alle singole quote, pari al 3 per cento del capitale della Banca (la soglia era pari al 5 per cento nel decreto originale; è stata abbassata al 3 per cento in fase di conversione). Esso autorizza la Banca d'Italia a effettuare operazioni di acquisto (temporaneo) delle proprie quote, presso quegli azionisti che detengano partecipazioni superiori a quel limite;
con riferimento alle norme del comma 6 dell'articolo 4, le quali consentono alla Banca d'Italia di effettuare operazioni di acquisto temporaneo di quote di partecipazione al suo capitale, la BCE ha preso atto che tali operazioni di acquisto possono comportare un trasferimento di risorse finanziarie agli azionisti, raccomandando pertanto che esse, per quanto di carattere temporaneo, siano conformi a tutte le pertinenti normative dell'Unione;
vi potrà dunque essere un ritorno immediato di disponibilità finanziarie per le banche, ed in particolare per Banca Intesa e Unicredit, a loro utilissimo in questa fase di regole più severe in termini di solidità patrimoniale dei bilanci e di stress test;
la Banca d'Italia rischia di finanziare gli istituti di credito fino ad un massimo di circa 4,2 miliardi di euro compromettendo le proprie riserve;
appare più adeguato, onde evitare ogni rischio riferito alla solidità della Banca d'Italia, che l'eventuale acquisto temporaneo delle quote eccedenti sia eseguito da parte della Cassa depositi e prestiti, in attesa poi di rivenderle sul mercato in modo tale che la pubblica amministrazione non debba essere finanziariamente penalizzata da tale operazione,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative affinché la procedura di acquisto temporaneo delle quote eccedenti facenti capo ad ogni singolo soggetto sia effettuata dalla Cassa depositi e prestiti.
9/1941/7. Duranti, Lavagno, Paglia, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 4 modificato durante l'esame al Senato, individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale dell'istituto;
si tratta di:
banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;
fondazioni bancarie di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999;
ed in particolare, di enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia;
rispetto alla norma vigente, è introdotta la possibilità di partecipazione da parte dei fondi pensione (istituiti in Italia ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005);
rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, le modifiche al Senato hanno escluso la possibilità di partecipare al capitale per i fondi pensione istituiti in UE ai sensi dell'articolo 15-ter dello stesso decreto legislativo n. 252 del 2005,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di stabilire, nell'ambito di una gestione prudenziale del patrimonio dei fondi pensione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre n. 252 del 2005, una quota massima delle riserve patrimoniali che i fondi medesimi possono utilizzare per acquisire quote del capitale della Banca d'Italia.
9/1941/8. Fava, Lavagno, Paglia, Marcon.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento contempla misure in materia d'imposizione fiscale sugli immobili;
l'attuale riformulazione delle esenzioni dell'IMU relative gli immobili di proprietà dello Stato e degli enti territoriali riprende quasi integralmente la previgente normativa dell'ICI (articolo 7, comma 1 del decreto legislativo n. 504);
tuttavia, non essendo più vigente il decreto 504, il riferimento all'esclusione di tutti gli immobili di proprietà comunale non è più applicabile, determinandosi così una situazione atipica di formale assoggettamento al tributo (almeno per la parte di spettanza dello Stato) degli immobili comunali che non siano «destinati esclusivamente a compiti istituzionali», anche se situati nel territorio del Comune impositore. Ciò determinerebbe un ingente «trasferimento» di risorse dai Comuni allo Stato per immobili di uso sociale (affidati gratuitamente per scopi meritori, affittati a canone sociale, e altro) o che concorrono alle finanze comunali in quanto immessi nel mercato delle locazioni a valori di mercato,
impegna il Governo
ad emanare una norma che disponga che l'imposta municipale propria è dovuta al comune per gli immobili la cui superficie insiste, interamente o prevalentemente, sul proprio territorio, e che la stessa non è dovuta per gli immobili di cui il comune è proprietario ovvero titolare di diritti di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, quando la loro superficie insiste interamente o prevalentemente sul proprio territorio.
9/1941/9. Ferrara, Paglia, Lavagno.
La Camera,
premesso che:
i comuni hanno facoltà di deliberare con regolamento riguardo ad alcune fattispecie agevolative, facoltà che di fatto comportano trattamenti differenti tra contribuenti sul territorio nazionale come per esempio: differenti aliquote agevolate per abitazioni principali, equiparazione alla prima casa dell'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata, dell'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, introduzione di fasce Isee di esenzione per i redditi minimi ed applicazione per le fasce superiori di principi di progressività, e altro;
l'imposta sugli immobili IMU si applica anche sugli immobili in comodato d'uso. Il decreto-legge n. 201 del 2011, nell'introdurre in via sperimentale l'imposta ha cancellato la disposizione (il comma 3, dell'articolo 58 e le lettere d), e) ed h) del comma 1, dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) che consentiva, nell'ambito della disciplina della vecchia ICI di assimilare all'abitazione principale gli immobili concessi ad uso gratuito ai familiari;
infatti il Ministero dell'economia e delle finanze con propria circolare ha definito ai fini Imu l'abitazione principale come l'immobile nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente, definizione questa che non integra in sé la norma prevista dalla disciplina sull'Ici che comprende al suo interno una quantità enorme di rapporti di comodato di fatto e che caratterizzano i rapporti interni al gruppo familiare e parentale;
la suddetta tipologia di immobili è considerata imponibile come seconda casa e soggetta ad aliquota ordinaria, e non può beneficiare né delle detrazioni per l'abitazione principale, né della riduzione di aliquota. La normativa prevede invece che l'eventuale regime di favore può essere deliberato dai singoli comuni nell'ambito della potestà regolamentare loro riconosciuta, contribuendo in tal modo a determinare una disparità di trattamento tributario sul territorio nazionale rispetto ad un utilizzo particolare dell'immobile;
sono sempre più numerosi coloro che ricorrono al notaio per costituire un diritto di abitazione, o per provvedere alla cessione o donazione dell'usufrutto anche temporaneo a favore del figlio o del nipote e viceversa, anche al fine di attuare il trasferimento di soggettività dell'imposta dal comodante al comodatario, vanificando a volte, in tal modo, lo spirito solidaristico che c’è alla base dell'atto di liberalità tra parenti in linea retta,
impegna il Governo
ad emanare una norma che equipari l'immobile concesso in comodato gratuito ai parenti in linea retta di primo grado che la occupano a titolo di abitazione principale, alle fattispecie di immobili contemplate all'articolo 1, lettere a), b) e c) del provvedimento.
9/1941/10. Costantino, Lavagno, Paglia.
La Camera,
premesso che:
il comma 9 dell'articolo 1 conferma la possibilità per i comuni di equiparare alle abitazioni principali le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio italiano a titolo di proprietà e di usufrutto, a condizione che non risultino locate;
la suddetta equiparazione è dunque rilasciata alla potestà regolamentare dei comuni, creando di fatto una disparità di trattamento fiscale tra contribuenti i cui immobili ricadono in territori differenti,
impegna il Governo
a disporre per legge la suddetta equiparazione tra abitazione principale ed unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, al fine evitare discriminazioni tra identiche fattispecie imponibili.
9/1941/11. Nardi, Paglia, Lavagno.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento dispone la definitiva sospensione della seconda rata dell'IMU relativa all'anno 2013 dovuta per l'abitazione principale, equiparando a quest'ultima alcune fattispecie quali: le unità immobiliari di proprietà di anziani e disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari e quelle di cittadini italiani non residenti, le unità immobiliari di cooperative edilizie a proprietà indivisa, gli alloggi assegnati dagli IACP e dagli Enti di edilizia residenziale pubblica, mentre per altre tipologie ha lasciato ai comuni la facoltà di assimilarle alla prima casa;
riguardo al concetto di abitazione principale, fino ad oggi si è teso distinguere la condizione di chi ha una sola casa, ma non la abita, da chi abita una casa di tante. Ma in questa distinzione vi sono spesso storie personali e familiari molto diverse e con capacità patrimoniali e finanziarie molto lontane;
equiparare all'abitazione principale l'unica casa non di lusso, ove però il contribuente non risiede, è una scelta politica di equità che garantirebbe un risparmio fiscale alle fasce sociali più deboli, maggiormente aggredite dalla crisi economica generale, con una minima perdita di un gettito che potrebbe essere assorbita applicando il principio di progressività sui grandi patrimoni immobiliari, così come, del resto, richiestoci anche dall'Unione europea;
l'IMU può infatti rappresentare anche uno strumento di riequilibrio sociale attraverso un parziale e modesto trasferimento monetario delle risorse. Tutto questo è doveroso, equo e possibile soltanto se la progressività per le grandi ricchezze e l'esenzione per l'unica abitazione non di lusso, divengono obiettivi di una politica fiscale seria e condivisa;
il pagamento dell'IMU non dovrebbe dunque limitarsi a distinguere due fattispecie, abitazione principale e altri immobili, ma dovrebbe determinare una diversificazione delle categorie con aliquote e detrazioni più stringenti e più equilibrate, consentendo agli amministratori locali di attivare forme di progressività, chiedendo di più a chi ha tanto ed assoggettare ad aliquota ridotta per prima casa chi possiede un unico immobile non di lusso;
per questi motivi è auspicabile andare oltre il concetto generico di prima casa, separando il caso di coloro che possiedono un solo immobile da coloro che ne hanno più d'uno: è assai diversa, infatti, la situazione patrimoniale della prima casa di una, rispetto alla prima casa di tante, magari anche di lusso,
impegna il Governo
nell'ambito di una revisione organica della disciplina dell'imposizione fiscale del patrimonio immobiliare, ad estendere l'aliquota agevolata per l'abitazione principale all'unica abitazione non di lusso posseduta dal contribuente, purché non locata.
9/1941/12. Pellegrino, Paglia, Lavagno, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento, dispone la sospensione della seconda rata dell'IMU 2013 indiscriminatamente per tutti i contribuenti proprietari di prima casa, in forma lineare e senza alcun collegamento con i reali valori economici sottostanti all'imposta stessa, sganciati, quindi, dalla capacità contributiva degli stessi, violando manifestatamente i principi di capacità contributiva e di progressività delle imposte sui quali si fonda il nostro sistema tributario, ed in cui l'IMU occupa una posizione di rilievo, ed enunciati dall'articolo 53, della Costituzione;
la rigidità insita nella definizione del tributo, che sgancia il valore patrimoniale dalla capacità contributiva del singolo proprietario, prevedendo un'aliquota unica e non progressiva, oltre a disattendere il suddetto principio costituzionale di progressività del sistema, stabilisce di fatto una disparità tra contribuenti, violando anche il principio di uguaglianza di tutti i cittadini sancito all'articolo 3 della Costituzione;
il presente decreto, sospendendo il tributo per tutti i contribuenti proprietari di prima casa, avalla di fatto tale disuguaglianza in violazione dell'articolo 3 della Costituzione e dell'articolo 53 secondo comma, in quanto più della metà del gettito Imu prima casa proviene dagli ultimi tre decili di rendita della scala della distribuzione dei redditi, cioè da coloro che guadagnano di più. Pertanto l'abolizione tout court dell'Imu sull'abitazione principale, alleggerisce il peso fiscale sulla prima casa delle famiglie benestanti, avvantaggiandole rispetto alle meno abbienti in misura più che proporzionale,
impegna il Governo:
ad introdurre, con futuri provvedimenti, correttivi alla disciplina dell'imposta municipale sugli immobili che garantiscano l'equità del sistema prevedendo che il carico del tributo cresca in misura più che proporzionale al crescere della ricchezza imponibile;
ad introdurre ulteriori elementi di personalizzazione dell'imposta stabilendo agevolazioni aggiuntive per situazioni particolari, al fine di renderla più equa e legarla alla capacità di reddito del contribuente, che prevedano un sistema di deduzioni e detrazioni collegate a determinate soglie Isee, alla titolarità di un mutuo ipotecario sull'abitazione principale e a specifiche situazioni particolari all'interno del nucleo familiare, quali la presenza di persone anziane, di disoccupati e di diversamente abili.
9/1941/13. Nicchi, Paglia, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento al nostro esame, come modificato durante l'esame del decreto legge al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia;
in particolare, si ribadisce che la Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, analogamente a quanto previsto per la BCE dall'articolo 282, paragrafo 3, del Trattato UE;
a livello nazionale, le principali fonti normative che riguardano funzioni e organizzazione dell'istituto sono:
il decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 (TUB);
il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF);
il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43 (adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del Trattato CE in materia di politica monetaria e SEBC);
la legge 28 dicembre 2005, n. 262 (disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari);
il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 303 (norme di coordinamento del TUB e del TUF con la legge 28 dicembre 2005, n. 262);
il decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 2006 (approvazione del nuovo Statuto);
e infine il decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 2013, che ha concluso l'iter di approvazione delle modifiche allo Statuto della Banca d'Italia, indotte dal decreto legge in esame;
la governance della Banca si fonda sui principi di autonomia e di indipendenza affermati in sede comunitaria e nell'ordinamento nazionale, e ribaditi dallo Statuto;
l'organizzazione della Banca d'Italia è stata significativamente modificata dell'articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, ed in particolare il comma 7 dell'articolo 19 ha limitato a sei anni il mandato del Governatore (nell'assetto previgente mancava un limite temporale alla sua durata nella carica), con la possibilità di un solo rinnovo;
gli altri membri del Direttorio durano in carica sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo. Ai sensi del comma 8, la nomina del Governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia;
i componenti di altre Autorità indipendenti, quali quelli dell'Antitrust (legge n. 287 del 1990 – articolo 10, comma 3) oppure quelli delle Autorità per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (legge n. 481 del 1995 – articolo 2, comma 8), proprio per rafforzare i criteri di autonomia e di indipendenza di tali istituzioni prevedono un solo mandato (di 7 anni) non rinnovabile;
sarebbe opportuno che per il medesimo scopo in particolare il mandato del Governatore della Banca d'Italia fosse non rinnovabile alla sua scadenza,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative legislative al fine di prevedere per il Governatore della Banca d'Italia un unico mandato non rinnovabile.
9/1941/14. Giancarlo Giordano, Di Salvo, Paglia, Marcon, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
la disciplina, recata dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del provvedimento, è finalizzata a dare tutela a situazioni abitative di particolare rilevanza sul piano sociale ed economico, prevedendo l'esenzione dal pagamento anche della seconda rata dell'IMU al caso dell'unico immobile iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unità immobiliare, posseduto dal personale in servizio permanente appartenente al Comparto sicurezza e difesa a prescindere dalle condizioni della dimora abituale o della residenza anagrafica;
la norma in questione dà riconoscimento alla specificità del Comparto sicurezza e difesa, in considerazione della condizione in cui versa un numero assai elevato di operatori, ivi incluso il personale civile, che, per ragioni di servizio, sono tenuti a risiedere in luogo diverso da quello in cui è situato l'unico immobile di proprietà e che, in assenza di una disciplina ad hoc, dovrebbero versare l'imposta relativa all'immobile di proprietà con le aliquote aggravate previste per la seconda casa, con evidenti profili di iniquità e penalizzazione per chi, per ragioni di servizio allo Stato, già sostiene sacrifici e aggravi economici;
lo stesso provvedimento non contempla però un identico trattamento per tutti gli altri lavoratori, sia dipendenti pubblici che privati, che, sempre per motivi di lavoro, dimorano abitualmente in un immobile situato in un comune diverso e di cui non sono proprietari,
impegna il Governo
a disporre per legge l'equiparazione della fattispecie dei lavoratori che per motivi di lavoro abitano in un comune diverso dal proprio, a quella del personale delle Forze armate e delle forze di polizia, ai fini dell'equiparazione, ai fini IMU, dei loro unici immobili non locati all'abitazione principale.
9/1941/15. Di Salvo, Paglia, Lavagno, Duranti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento contempla misure in materia d'imposizione fiscale sugli immobili;
infatti, la legislazione di esenzione in materia d'imposizione sugli immobili destinati all'esercizio delle attività istituzionali «con modalità non commerciali» non presenta, nonostante il regolamento emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze n. 200 del 2012, una configurazione giuridica dai confini certi se legata esclusivamente al requisito di commercialità e disgiunta da elementi che devono essere valutati nella tassazione ai fini delle imposte sul reddito, tra cui, in primis, la valorizzazione del rapporto associativo tra l'iscritto e l'ente;
gli elementi di discrezionalità ed i profili di disomogeneità nei presupposti utilizzati nel classamento tipologico delle attività, così come l'incertezza applicativa derivata dall'introduzione di misuratori astratti del tasso di commercialità, non tengono conto della importante funzione assegnata agli indicatori obiettivi della capacità contributiva (cfr. decreto Ministero dell'Economia e delle Finanze 19 novembre 2012 n. 200, articolo 4);
la disciplina dell'IMU come introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011, pone dubbi interpretativi in ordine all'applicazione dell'imposta agli a enti scopo di lucro, che in precedenza erano esentati dal pagamento dell'ICI. Infatti contrariamente a quanto disposto dalla disciplina dell'ICI, con l'introduzione dell'Imu sperimentale, dall'anno 2012 è stato esteso il pagamento della stessa anche agli immobili di cui sono proprietari od usufruttuari gli enti ecclesiasti e non-profit, destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;
successivamente, con decreto ministeriale n. 200 del 2012, e con le risoluzioni n. 3/F e n. 4/F e 7/F del 2013, il Ministero dell'economia e delle finanze ha inteso chiarire gli ambiti di soggettività passiva e le condizioni per poter usufruire dell'esenzione dell'imposta da parte degli enti no-profit, senza riuscire però a delineare una disciplina univoca e chiara per l'intero e variegato mondo del terzo settore che conta oltre 235.000 organizzazioni, tra le quali, anche quelle di matrice cattolica, e nel quale vi lavorano circa 750.000 persone in forma retribuita e vi operano oltre 3 milioni di volontari, che contribuisce al 5 per cento del Pil e fornisce servizi fondamentali ai cittadini (dalle mense ai dormitori, dall'assistenza ai disabili alla cura degli anziani, dalla protezione civile alla difesa del patrimonio culturale), il tutto a fronte di esigui sostegni ed incentivi;
si tratta di disposizioni che hanno forti ricadute perché rivolte all'ampia area di enti che svolgono, senza scopo di lucro, attività con finalità di interesse generale, molti dei quali, più strettamente legati all'impegno sociale, sono componente determinante del sistema di welfare in atto e costituiscono la struttura portante di una sua rimodulazione basata sulla compartecipazione tra «pubblico» e «privato»,
impegna il Governo:
a prevedere una normativa chiara e non penalizzante per il settore cosiddetto onlus, che definisca meglio l'ambito di operatività della disciplina Imu per tali soggetti, ai quali va debitamente riconosciuta la loro lodevole funzione di coesione sociale, e che equipari i beni immobili da questi posseduti e strumentali alla loro attività istituzionale alle abitazioni principali;
a contenere il gravame impositivo nei confronti dei suddetti enti attraverso l'estensione agli stessi di aliquote e detrazioni previste dalla legge per le abitazioni principali, anche restituendo ai Comuni qualsiasi potere di iniziativa di regolamentazione della fattispecie in chiave beneficiale.
9/1941/16. Lavagno, Paglia, Boccadutri, Melilla.
La Camera,
premesso che:
alle plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del provvedimento al nostro esame si applicherà la misura fiscale agevolativa, la quale prevede un'imposta sostitutiva con un'aliquota pari al 12 per cento (di cui al comma 148 della legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
il comma 6 dell'articolo 6, al fine di costituire un mercato delle partecipazione al capitale di Banca d'Italia e al fine di favorire effettivamente gli scambi, dispone che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall'esercizio in corso al 30 novembre 2013 (data di entrata in vigore del decreto in esame) iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading);
restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, che obbliga alcune tipologie societarie (tra cui banche ed assicurazioni) a redigere il bilancio di esercizio in conformità ai principi contabili internazionali;
l'articolo 1, comma 148, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) dispone che al predetto trasferimento delle quote all'interno delle scritture contabili dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia si applichino alcune disposizioni del decreto ministeriale 8 giugno 2011 e, in particolare le disposizioni concernenti (articolo 4) la valenza fiscale attribuita agli strumenti finanziari sottoposti a riclassificazione;
il predetto comma 148 della legge di stabilità 2014 consente:
di applicare l'articolo 4 sul rilievo fiscale delle attività riclassificate in una categoria IAS 39 all'ipotesi de qua (la quota di partecipazione al capitale della Banca d'Italia è ex lege classificata come attività detenuta per la negoziazione), qualunque fosse la categoria in cui le quote erano precedentemente classificate;
di sottoporre i maggior valori derivanti dalla riclassificazione contabile delle quote (che le attività detenute per la negoziazione sono infatti valutate al fair value), aventi rilievo fiscale, all'imposta sostitutiva al 12 per cento (di cui al comma 143 della legge di stabilità, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali;
tutto questo insieme di norme configura un regalo fiscale notevole agli istituti di credito partecipanti al capitale di Banca d'Italia stimabile in più di 1,5 miliardi di euro di mancate entrate tributarie;
inoltre, il pagamento dell'imposta sostitutiva con l'aliquota super agevolata del 12 per cento potrà avvenire in tre rate annuali,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di prendere le opportune iniziative per sottoporre le plusvalenze derivanti dalle disposizioni di cui al Titolo II del decreto al nostro esame all'Ires, all'Irap ed alle eventuali addizionali.
9/1941/17. Kronbichler, Paglia, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
l'Italia è il terzo paese al mondo per consistenza di riserve auree (dopo Stati Uniti e Germania) con 2.451,8 tonnellate di oro, pari oggi ad una somma di circa 110 miliardi di euro, che, pur con qualche oscillazione, cresce tendenzialmente di anno in anno;
i lingotti della riserva sarebbero per la maggior parte custoditi nei sotterranei della Banca d'Italia, ma sembrerebbe che una parte della nostra riserva aurea sia ancora detenuta all'estero;
pur mantenendo la natura giuridica pubblicistica della Banca d'Italia, la sostanziale privatizzazione dell'istituto operata dal provvedimento in esame, solleva più di qualche perplessità in ordine al destino delle riserve auree;
queste ultime, tuttavia, appartengono senza ombra di dubbio allo Stato italiano ed al popolo italiano, e questo principio va riaffermato con chiarezza;
le riserve auree, inoltre, in seguito alla sospensione del regime di convertibilità dei biglietti di banca «in oro o, a scelta della banca medesima, in divise su paesi esteri nei quali sia vigente la convertibilità dei biglietti di banca in oro», prevista dal regio decreto-legge 21 dicembre 1927, n. 2325, hanno svolto una funzione essenziale per il governo della bilancia dei pagamenti e, quindi, dell'esposizione dell'Italia verso l'estero e, pertanto, anche di garanzia dell'indipendenza e della sovranità del popolo italiano;
sulla base degli studi di alcuni costituzionalisti «l'analisi della normativa sinora vigente induce a ritenere che si tratti di beni pubblici di natura quasi demaniale, destinati ad uso di utilità generale, che Bankitalia non avrebbe più titolo per detenere, essendo la sua funzione monetaria confluita in quella affidata ormai alla Banca Centrale Europea; l'oro, insomma, sarebbe degli Italiani e dovrebbe pertanto essere restituito allo Stato»,
impegna il Governo:
a valutare la tempestiva adozione di un atto normativo che ribadisca, in maniera esplicita, che le riserve auree sono di proprietà dello Stato italiano e non della Banca d'Italia, a prescindere dall'assetto statutario di quest'ultima;
ad adottare le iniziative opportune affinché le riserve auree eventualmente ancora detenute all'estero siano fatte rientrare nel territorio nazionale, entro il termine massimo di dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
9/1941/18. Giorgia Meloni, Corsaro, Rampelli.
La Camera,
premesso che:
il comma 5 dell'articolo 6, nel prevedere l'adeguamento dello Statuto della Banca d'Italia alle disposizioni introdotte dal testo in esame, con le modalità previste dal decreto legislativo n. 43 del 1998 (articolo 10, comma 2), entro sei mesi dalla loro entrata in vigore (ovvero entro il 30 maggio 2014);
la norma esplicita una serie di principi direttivi da tenere in considerazione per l'adeguamento statutario. Anche a seguito delle modifiche apportate al Senato, tali principi criteri direttivi prevedono, in particolare, alla lettera d) di abrogare la clausola di gradimento alla cessione delle quote, che può avvenire solo fra gli investitori autorizzati a detenere appartenenti alle categorie indicate all'articolo 4, comma 4 (banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; imprese di assicurazione e riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; fondazioni bancarie, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia e fondi pensione istituiti italiani);
lo Statuto della Banca, all'articolo 19, comma 3, lettera l), prevede che il Consiglio vigili sul rispetto dei requisiti di partecipazione al capitale della Banca, nonché sulla ricorrenza dei requisiti di onorabilità in capo agli esponenti aziendali e ai partecipanti dei soggetti acquirenti previsti dalla disciplina normativa e statutaria a questi applicabile;
tuttavia il nuovo Statuto non contiene la sanzione dell'annullabilità della cessione delle quote,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative anche legislative, al fine di ristabilire la sanzione dell'annullabilità della cessione delle quote qualora l'investitore che entra in possesso di quote del capitale dell'istituto non rispetti i requisiti di onorabilità in capo agli esponenti aziendali e ai partecipanti dei soggetti acquirenti previsti dalla disciplina normativa e statutaria a questi applicabile.
9/1941/19. Scotto, Boccadutri, Melilla, Paglia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 4-bis, del decreto-legge 16 del 23 gennaio 1993, convertito con modificazioni dalla legge 75 del 24 marzo 1993, ha stabilito che «... per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unità Immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata»;
le disposizioni citate, legittimano una sostanziale equiparazione, tra le abitazioni principali dei residenti in Italia e le abitazioni dei non residenti, purché non locate;
la suddetta norma è stata superata con l'entrata in vigore del cosiddetto Decreto Salva Italia e successivamente il decreto-legge 16/2012 ha previsto che i Comuni possono riservare alle unità immobiliari in questione lo stesso trattamento previsto per l'abitazione principale, vale a dire applicazione dell'aliquota ridotta, detrazione e maggiorazione per i figli, introducendo di fatto un principio di discrezionalità altamente discutibile e dalla dubbia legittimità;
considerando le note criticità finanziarie che condizionano i comuni italiani, molti hanno optato per il riconoscimento della citata tipologia immobiliare come «secondaria» con tutte le conseguenze in termini di entrate economiche;
appare opportuno evidenziare che il Governo si è impegnato in più occasioni a rivedere il principio di discrezionalità dei Comuni consentendo il riconoscimento automatico come «abitazione principale» dell'unità immobiliare dei residenti oltre confine, in chiara ottemperanza con quanto sancito dalla legge n. 75 del 1993,
impegna il Governo
a dare seguito, nel primo provvedimento utile, agli impegni già presi disponendo il superamento del principio di discrezionalità in capo ai comuni in materia di riconoscimento dell'abitazione principale delle unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato.
9/1941/20. Fitzgerald Nissoli, Caruso.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 dispone l'abolizione della seconda rata IMU per l'anno 2013 per una serie di immobili, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013, nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto alle norme statali;
più in dettaglio, la seconda rata IMU non è dovuta per l'immobile posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e di polizia e dal personale appartenente alla carriera prefettizia trasferito d'autorità, quale riconoscimento degli oneri e della specificità della professione svolta dal personale in divisa. In sintesi, per detto personale, non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica (immobili di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto-legge del 31 agosto 2013, n. 102);
per tali soggetti dunque è possibile ottenere il riconoscimento di «abitazione principale» a fini IMU per l'immobile posseduto, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, e non concesso in locazione, anche in assenza delle condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica, ma sono comunque soggetti al pagamento della quota dell'eventuale differenza tra l'ammontare dell'IMU risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione per la «prima casa» deliberate o confermate dal comune per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali; è evidente che la ratio delle motivazioni che hanno condotto il Governo ha introdurre la deroga per i proprietari di immobili che operano nel comparto Difesa e Sicurezza rispetto alla esenzione dal pagamento della prima rata IMU mantiene inalterata la sua validità anche per la mini IMU. In caso contrario si configurerebbero tra l'altro profili di iniquità e penalizzazione per chi, per ragioni di servizio allo Stato, già sostiene sacrifici e aggravi economici, risiedendo in luogo diverso da quello in cui è situato l'unico immobile di proprietà e che è tenuto a pagare la mini IMU,
impegna il Governo
a sollecitare, nell'ambito delle proprie competenze l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani affinché vengano adottate iniziative che dispongano per il personale sopra indicato misure di compensazione tra la cosiddetta «Mini Imu», già saldata, e gli eventuali ulteriori tributi comunali dovuti dai soggetti proprietari degli immobili di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto-legge del 31 agosto 2013, n. 102.
9/1941/21. Rossi.
La Camera,
premesso che:
il comma 5 dell'articolo 4 del provvedimento in esame prevede che: «ciascun partecipante non può possedere, direttamente a indirettamente, una quota del capitale della Banca d'Italia superiore al 3 per cento. (...) Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia»;
queste ultime previsioni dovrebbero indurre gli istituti di credito e le assicurazioni proprietari di quote eccedenti il limite del 3 per cento quali Intesa S. Paolo (quota eccedente pari al 27,3 per cento), Unicredit (quota eccedente pari a 19,1 per cento), Generali (quota eccedente pari al 3,3 per cento), eccetera a dismettere le proprie quote in eccesso;
l'articolo 6, comma 5, lettera c), prevede che per un periodo di adeguamento di trentasei mesi non spetti per tali quote in eccesso il diritto di voto mentre, viceversa, sono riconosciuti i relativi dividendi;
è singolare il parallelismo tra tale periodo di godimento dei dividendi che potranno essere pari a 450 milioni annui (il 6 per cento del capitale rivalutato) e la possibilità degli istituti di credito che beneficeranno della rivalutazione di pagare l'imposta sostitutiva (con l'aliquota super agevolata del 12 per cento) in tre rate annuali;
di fatto i dividendi pagheranno l'imposta e gli istituti di credito potrebbero ricevere un incremento di capitale praticamente pari a 7,5 miliardi a costo zero;
tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non potrebbero dunque vantare alcun diritto sugli utili dell'istituto ne usufruire dei vantaggi della rivalutazione delle loro quote di partecipazione al capitale,
impegna il Governo
entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto in esame, anche in seguito al concreto processo di dismissione delle quote eccedenti il 3 per cento da parte dei soggetti interessati a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni dichiarate in premessa al fine di prendere eventuali iniziative per ridurre la durata del periodo di adeguamento di cui all'articolo 6, comma 5, lettera c), durante il quale sono riconosciuti dividendi relativi alle quote possedute in eccesso.
9/1941/22. Quaranta, Paglia, Boccadutri, Marcon.
La Camera,
premesso che:
il comma 5 dell'articolo 4 del provvedimento in esame prevede che: «ciascun partecipante non può possedere, direttamente a indirettamente, una quota del capitale della Banca d'Italia superiore al 3 per cento. (...) Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia»;
queste ultime previsioni dovrebbero indurre gli istituti di credito e le assicurazioni proprietari di quote eccedenti il limite del 3 per cento quali Intesa S. Paolo (quota eccedente pari al 27,3 per cento), Unicredit (quota eccedente pari a 19,1 per cento), Generali (quota eccedente pari al 3,3 per cento), eccetera a dismettere le proprie quote in eccesso;
l'articolo 6, comma 5, lettera c), prevede che per un periodo di adeguamento di trentasei mesi non spetti per tali quote in eccesso il diritto di voto mentre, viceversa, sono riconosciuti i relativi dividendi;
tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non potrebbero dunque vantare alcun diritto sugli utili dell'istituto né usufruire dei vantaggi della rivalutazione delle loro quote di partecipazione al capitale;
è singolare il parallelismo tra tale periodo di godimento dei dividendi che potranno essere pari a 450 milioni annui (il 6 per cento del capitale rivalutato) e la possibilità degli istituti di credito che beneficeranno della rivalutazione di pagare l'imposta sostitutiva (con l'aliquota super agevolata del 12 per cento) in tre rate annuali;
di fatto i dividendi pagheranno l'imposta e gli istituti di credito potrebbero ricevere un incremento di capitale praticamente pari a 7,5 miliardi a costo zero,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative normative al fine di ottenere il pagamento dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze realizzate dai soggetti partecipanti al capitale della Banca d'Italia in conseguenza della rivalutazione di tale capitale in un'unica rata.
9/1941/23. Paglia, Marcon, Boccadutri, Melilla.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 6, prevede che la Banca d'Italia, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati al comma 5 (il 3 per cento), possa acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime;
tali operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore (al quale partecipano gli istituti di credito che partecipano al capitale) ed effettuate con i soggetti appartenenti alle categorie di cui al comma 4;
con riferimento alle norme che consentono alla Banca d'Italia di effettuare operazioni di acquisto temporaneo di quote di partecipazione al suo capitale, la BCE ha preso atto che tali operazioni di acquisto possono comportare un trasferimento di risorse finanziarie agli azionisti, raccomandando pertanto che esse, per quanto di carattere temporaneo, siano conformi a tutte le pertinenti normative dell'Unione;
vi potrà dunque essere un ritorno immediato di disponibilità finanziarie per le banche, ed in particolare per Banca Intesa e Unicredit, utilissimo per loro in questa fase di regole più severe in termini di solidità patrimoniale dei bilanci e di stress test;
in sostanza, la Bce richiama l'attenzione sul potenziale costo, a carico della banca centrale, di quelle operazioni a favore dei suoi azionisti;
la Bce non quantifica questo costo, ma naturalmente, il costo effettivo dipenderà dalle decisioni del Consiglio superiore della Banca d'Italia. Si può solo indicare una forchetta, che va da un minimo pari a zero, qualora il Consiglio decidesse di non fare alcuna operazione di riacquisto, a un massimo indicato pari a 4.192,5 milioni, praticamente il 55,9 per cento del capitale della Banca;
tale importo massimo è stato calcolato moltiplicando le quote di capitale che devono essere cedute da alcuni azionisti della Banca d'Italia (in pratica le partecipazioni in eccesso rispetto alla soglia del 3 per cento) per il valore nominale del capitale della Banca, che rappresenta il prezzo massimo d'acquisto da parte della Banca d'Italia;
con tale prezzo massimo Banca Intesa S. Paolo incasserebbe 2.047,5 milioni, Unicredit 1.432,5 milioni, le Generali 247,5 milioni, la Cassa di risparmio di Bologna 240 milioni, Carige 75 milioni, mentre l'Inps otterrebbe 150 milioni;
si tratta, dunque di importi rilevanti, che sommano a un totale di quasi 4.2 miliardi di euro, corrispondente a quasi il 56 per cento del capitale della Banca;
malgrado che il citato comma 6 preveda «modalità tali da assicurare trasparenza, parità di trattamento e salvaguardia del patrimonio della Banca d'Italia, con riferimento al presumibile valore di realizzo», si doveva evitare di introdurre una discrezionalità, il cui esercizio potrebbe esporre la banca centrale al rischio di acquistare le proprie quote a un prezzo superiore a quello al quale le dovrà rivendere in un momento successivo;
lo stesso decreto prevede che le quote eccedenti siano «sterilizzate»: private del diritto di voto e di ricevere dividendi (dopo un periodo transitorio di ben 36 mesi);
il comma 6-bis dell'articolo 4, prevede che la Banca d'Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al proprio capitale in base a quanto stabilito dall'articolo 4,
impegna il Governo
ad inviare al Parlamento in occasione della trasmissione da parte della Banca d'Italia della relazione di cui al comma 6-bis dell'articolo 4 del decreto in esame, le proprie valutazioni sui risultati conseguiti in ordine alle disposizioni di cui al comma 6 del medesimo articolo in merito all'acquisto temporaneo di proprie quote azionarie da parte dell'istituto, e le eventuali misure correttive anche legislative che l'Esecutivo intende assumere in proposito.
9/1941/24. Daniele Farina, Boccadutri, Paglia, Melilla.
La Camera,
premesso che:
il dibattito sul capitale della Banca d'Italia e, segnatamente, sulla partecipazione allo stesso, risulti particolarmente ampio e risalente, a partire dalle decisioni che furono assunte nel 1936 con l'approvazione di un nuovo Statuto della Banca;
a tale proposito si possono richiamare due posizioni teoriche, una delle quali prevede che la Banca centrale sia interamente posseduta da soggetti pubblici, mentre l'altra, seguita dalla citata normativa italiana del 1936, prevede una maggiore distanza dell'assetto proprietario della Banca centrale rispetto ai poteri pubblici secondo uno schema che è stato avvicinato, sia pure impropriamente, a quello della public company;
l'assetto scelto nel 1936 costituisce, forse, una delle migliori realizzazioni assunte in un regime politico, quello dell'epoca, che non può certo essere rimpianto, ma ha subito, nel corso dei decenni, una torsione conseguente al processo di privatizzazione e di aggregazione bancaria avviato negli anni 90 del secolo scorso e che ha portato a concentrare oltre il 50 per cento delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in mano a due soli gruppi bancari;
quest'ultima circostanza stona evidentemente con il principio di indipendenza delle banche centrali facenti parte del Sistema europeo delle Banche centrali sancito dai Trattati europei, tant’è che già nel 2005, con la legge n. 262, si era tentato di intervenire su tale aspetto, unitamente ad altre storiche modifiche nell'assetto interno della Banca d'Italia;
in particolare, con quell'intervento normativo si stabiliva che il Ministero dell'economia e delle finanze procedesse alla quantificazione del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia, ai fini del suo riacquisto, dettando una previsione che, tuttavia, non è stata mai applicata;
l'aumento del capitale della Banca d'Italia previsto dall'articolo 4 del decreto-legge riporta dunque il dibattito politico intorno ai temi della pubblicizzazione o meno della proprietà della Banca stessa, le cui conclusioni sono evidentemente condizionate dalla fiducia che si abbia relativamente alla maggiore o minore vicinanza dell'istituto rispetto alla mano pubblica;
in tale quadro il decreto-legge consiste, per questo profilo, nella riforma dell'assetto definito nel 1936, in un'ottica di rivisitazione e correzione delle scelte allora compiute, mantenendo comunque una certa distanza tra la proprietà della Banca e l'autorità governativa, ma privatizzando un asset pubblico sostanzialmente per venire incontro alle esigenze di tre soggetti diversi ma che hanno trovato nelle disposizioni del provvedimento al in esame una convergenza di interessi:
a) gli istituti di credito che senza colpo ferire intascano una plusvalenza di 7,5 miliardi di euro;
b) il Governo che incasserà circa un miliardo di euro dalla tassazione, sia pur agevolata, di tali plusvalenze;
c) la stessa dirigenza della Banca d'Italia che ottiene la frammentazione della proprietà e di fatto anche il progressivo ridimensionamento dei poteri del Consiglio superiore dell'istituto;
tale processo di ulteriore privatizzazione della Banca d'Italia suscita perplessità e dubbi espressi anche dalla stessa BCE nella sua lettera dei 27 dicembre scorso,
impegna il Governo
a riferire ogni sei mesi alle Camere in merito ai risultati conseguiti dalle operazioni relative al capitale della Banca d'Italia in base a quanto stabilito dal Titolo II del provvedimento in esame.
9/1941/25. Piras, Paglia, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 3, del provvedimento in esame fissa un tetto massimo ai dividendi, corrisposti annualmente, pari al 6 per cento del capitale;
come sottolineato dal Governatore, poiché il capitale viene portato a 7,5 miliardi, l'ammontare massimo dei dividendi distribuibili ai partecipanti è di 450 milioni di euro annui. Rispetto alla situazione attuale, si passa da un dividendo ridotto, ma crescente indefinitamente negli anni futuri, a uno oggi più elevato ma soggetto a un tetto fisso nel tempo, mantenendo l'equivalenza tra il valore attuale dei due flussi di pagamenti;
gli articoli 39 e 40 dello Statuto della Banca d'Italia prevedevano in passato la possibilità di accantonare annualmente alle riserve importi fino al 40 per cento degli utili netti dell'esercizio (tale misura, nel nuovo Statuto, è abbassata al 20 per cento);
l'articolo 39 prevedeva in particolare che ai partecipanti fossero distribuiti dividendi per un importo fino al 10 per cento del capitale (ossia sino a un massimo di 15.600 euro; oggi, come già detto, tale limite è al 6 per cento, cioè pari a 450 milioni di euro);
l'articolo 40 stabiliva la possibilità, dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, su proposta del Consiglio Superiore e con l'approvazione dell'assemblea ordinaria, di prelevare e distribuire - in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 39 - una somma non superiore al 4 per cento dell'importo delle riserve medesime quali risultano dal bilancio dell'anno precedente. 1 partecipanti potevano quindi ricevere una somma aggiuntiva, prelevata dai frutti degli investimenti delle riserve, ma non superiore al 4 per cento di queste ultime;
tale somma aggiuntiva – come evidenziato dal Rapporto sull'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia sopra citato – ha costituito la vera remunerazione dei partecipanti negli ultimi decenni;
l'importo distribuito si è sempre collocato su valori di gran lunga inferiori al limite massimo del 4 per cento delle riserve (negli ultimi 14 anni si è commisurato allo 0.5 per cento); per il 2012 sono stati distribuiti a tale titolo circa 70 milioni di euro;
la rivalutazione e i dividendi fanno capo alla funzione pubblica di Banca d'Italia, e non si capisce perché i benefici di tale funzione pubblica (utili fatti comprando titoli – di Stato e non – in momenti di stress di mercato; utili derivanti dalla gestione del patrimonio conferito) devono andare a dei privati;
gli utili delle banche centrali vengono distribuiti allo Stato, Tuttavia, non tutti gli utili della Banca d'Italia vengono distribuiti allo Stato, perché una parte significativa è accantonata a riserva. Lo statuto della Banca d'Italia prevede, infatti, che possano essere accantonati a riserva fino al 40 per cento degli utili. Le riserve sono investite in asset che generano a loro volta interessi e proventi, che si sommano ai ricavi derivanti dal diritto di signoraggio. In sostanza, tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non possono dunque vantare alcun diritto sui quegli utili;
le norme contenute dall'articolo 40 dello Statuto della Banca d'Italia, nella sua precedente formulazione, prevedevano di distribuire una somma, prelevata dai frutti degli investimenti delle riserve, non superiore al 4 per cento delle riserve stesse;
permane in capo al Consiglio superiore della Banca il potere di determinare discrezionalmente l'importo dei dividendi da distribuire annualmente, e, dunque, nonostante le assicurazioni fornite in merito dall'istituto stesso, non possa sussistere a oggi alcuna garanzia circa le decisioni che verranno in concreto assunte al riguardo, risultando pertanto del tutto incerto se i partecipanti accetteranno un basso livello di dividendi;
la maggior parte degli utili della Banca d'Italia derivano dal signoraggio da essa esercitato in qualità di istituto di emissione; nell'ultimo bilancio, essi sono ammontati a circa 2,5 miliardi di euro, dei quali solo 70 milioni sono stati distribuiti come dividendo ai soggetti partecipanti al capitale, laddove invece, a seguito dell'aumento del capitale disposto dal decreto-legge, secondo quanto affermato dallo stesso Ministro, gli utili potenzialmente distribuibili ammonteranno a 450 milioni di euro l'anno;
è necessario chiarire meglio il meccanismo di determinazione degli utili, la cui distribuzione ai partecipanti in misura più elevata che in passato ridurrà le entrate per lo Stato e sottrarrà impropriamente fondi all'autofinanziamento della Banca,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative al fine di porre limiti più stringenti relativi ai dividendi annuali da distribuire ai possessori di quote del capitale della Banca d'Italia.
9/1941/26. Lacquaniti, Marcon, Boccadutri, Paglia, Lavagno.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento al nostro esame detta disposizioni concernenti gli organi della Banca d'Italia, in particolare disponendo che né l'Assemblea dei partecipanti, né il Consiglio superiore della Banca d'Italia abbiano ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'istituto. Inoltre sono recate norme sulla composizione del predetto Consiglio Superiore e sui requisiti dei partecipanti;
in particolare, il comma 1 stabilisce che l'Assemblea dei partecipanti e il Consiglio superiore della Banca d'Italia non abbiano ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'istituto (si tratta, in sostanza, delle funzioni pubbliche attribuite alla Banca d'Italia o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, dallo Statuto del SEBC e della BCE, dalla normativa dell'Unione Europea e dalla legge);
la norma riprende, ampliandolo, il principio contenuto al comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 691 del 1947, secondo il quale il Consiglio superiore della Banca d'Italia (che è organo nominato dai partecipanti al capitale) non ha ingerenza nella materia devoluta dall'articolo 1 al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (ossia la vigilanza in materia di tutela del risparmio, in materia di esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria);
il comma 2 prevede che il Consiglio Superiore della Banca d'Italia si compone del Governatore e di 13 consiglieri, nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca, fra i candidati individuati da un comitato costituito all'interno dello stesso Consiglio tra persone che posseggano i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità previsti dallo Statuto della Banca d'Italia;
lo Statuto della Banca d'Italia, nella formulazione precedente, già prevedeva tale composizione del Consiglio superiore (Governatore e 13 consiglieri nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca);
la novità apportata dal comma 2 consiste pertanto nell'istituzione di apposito comitato a cui viene affidato il compito di selezionare una lista di candidati, in possesso dei requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità, da sottoporre per l'elezione alle assemblee presso le sedi della Banca,
impegna il Governo
a richiedere alla Banca d'Italia una valutazione, da trasmettere anche alle Camere, sull'opportunità di un'eventuale adozione di iniziative normative per la soppressione del Consiglio superiore dell'istituto al termine dell'operazione sul capitale della Banca stessa di cui al Titolo II del decreto al nostro esame, venendo sostanzialmente meno molte delle sue reali funzioni.
9/1941/27. Aiello, Paglia, Lavagno, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 4 del provvedimento al nostro esame, così come modificato dal Senato, individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale dell'istituto;
si tratta in particolare di:
banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; nella formulazione originaria del decreto, si consentiva la partecipazione anche alle banche con la sola sede legale italiana, nonché a quelle aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;
imprese di assicurazione e di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; nella formulazione originaria del decreto, si consentiva la partecipazione anche alle imprese assicurative con la sola sede legale italiana, ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;
fondazioni bancarie di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999;
enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia; rispetto alla norma vigente, è introdotta la possibilità di partecipazione da parte dei fondi pensione (istituiti in Italia ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005). Rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, le modifiche al Senato hanno escluso la possibilità di partecipare al capitale per i fondi pensione istituiti in UE ai sensi dell'articolo 15-ter dello stesso decreto legislativo n. 252 del 2005;
la norma chiarisce altresì che tutte le banche possono partecipare al capitale dell'istituto, mentre in precedenza solo le banche succedute nelle posizioni giuridiche delle aziende creditizie considerate dalla legge n. 375 del 1936 (casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale) risultavano pienamente legittimate al possesso delle quote;
il comma 4-bis dispone che, ove le banche e le imprese di assicurazione partecipanti al capitale della Banca d'Italia dovessero perdere il requisito di sede legale o di amministrazione centrale in Italia, si proceda alla vendita delle quote a favore di un soggetto in possesso dei requisiti di territorialità richiesti dalle norme, con sospensione del relativo diritto di volo fino alla vendita delle predette quote;
di conseguenza, con le modifiche apportate al Senato viene esclusa – rispetto al testo originario della norma – la possibilità che banche, assicurazioni e fondi pensione di stati membri dell'Unione europea partecipino al capitale della Banca;
si sottolinea il caso di istituti quali BNL – BNP Paribas o Assicurazioni Generali, che hanno sede in Italia, ma il cui capitale azionario è in possesso di società non italiane;
lo stesso relatore ha sottolineato come egli non ritenga che la partecipazione di soggetti esteri al capitale della Banca debba risultare problematica, pur rilevando come ai rilievi critici espressi in merito da parte della Bundesbank si possa replicare che è comunque libera la possibilità per tutti gli investitori, indipendentemente dalla loro nazionalità, di investire in azioni dei soggetti partecipanti al capitale della Banca d'Italia;
dunque, se si vuole applicare realmente la disposizione di cui al comma 4 dell'articolo 4 ed assicurare il possesso di quote della Banca esclusivamente da parte di società italiane, bisognerebbe effettuare verifiche puntuali sul controllo di fatto esercitato da società o gruppi stranieri sui partecipanti al capitale della stessa Banca;
in ogni caso sarebbe opportuno verificare la compatibilità della modifica così intervenuta con la disciplina europea,
impegna il Governo
a chiarire con un'apposita comunicazione al Parlamento se gli organismi dell'Unione europea autorizzano la messa in opera di tale disposizione, ed in caso affermativo, come intenda procedere per rendere effettiva l'applicazione di tale disposizione e quale amministrazione pubblica intenda attivare per compiere verifiche sul controllo di fatto esercitato o meno da società o gruppi stranieri sui partecipanti al capitale della Banca d'Italia.
9/1941/28. Pannarale, Ricciatti, Boccadutri, Paglia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del provvedimento al nostro esame, come modificato durante l'esame del decreto legge al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia;
il provvedimento al nostro esame prevede una serie di misure rivolte secondo l'intenzione del Governo ad affermare l'indipendenza e l'autonomia della gestione della nostra banca centrale;
a tale fine sono previste una serie di disposizioni che mirano a frammentare la proprietà del capitale della Banca d'Italia, a regolare gli organi della Banca stessa, a ribadire che né l'assemblea dei partecipanti, né il Consiglio superiore della Banca abbiano ingerenza nelle materie relative all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'istituto;
l'indipendenza della Banca, quale Autorità di vigilanza, da interferenze indirette dei partecipanti è garantita da norme risalenti (articolo 5, comma 1, decreto legislativo C.P.S. n. 691 del 1947) che escludono dalle competenze del Consiglio superiore la materia della vigilanza creditizia e finanziaria;
con decreto del Presidente della Repubblica del 12 dicembre 2006 è stato approvato il previgente Statuto dell'istituto, che ha introdotto innovazioni riguardanti organi, competenze, procedure, ed in particolare l'enunciazione del principio dell'indipendenza della Banca (articolo 1: «Nell'esercizio delle proprie funzioni, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.»);
negli ultimi anni dirigenti della Banca d'Italia hanno assunto ruoli apicali presso il Ministero dell'economia e delle finanze, organismo che, per così dire, rappresenta l’alter ego dell'istituto nell'ambito della politica economica e della gestione della finanza pubblica;
la legge n. 481 del 1995, all'articolo 2, comma 9, prevede per i membri di altre Autorità indipendenti, quelle per la regolazione di servizi di pubblica utilità, onde evitare ogni possibile condizionamento dei loro membri anche prima della fine del loro mandato, che «per almeno quattro anni dalla cessazione dell'incarico i componenti delle Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza»;
l'indipendenza e l'autonomia della Banca dal potere politico risulterebbe rafforzata se si introducesse una norma analoga nello Statuto della Banca d'Italia,
impegna il Governo
a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di prevedere l'incompatibilità a ricoprire incarichi presso il Ministero dell'economia e delle finanze per un determinato periodo dalla fine del loro mandato per coloro che abbiano ricoperto incarichi dirigenziali nell'ambito dell'istituto.
9/1941/29. Pilozzi, Boccadutri, Paglia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge in esame, come modificato durante l'esame del decreto-legge al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia;
in particolare, il comma 1 ribadisce che la Banca d'Italia è:
istituto di diritto pubblico (ai sensi dell'articolo 20 del regio decreto-legge n. 375 del 1936 e dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005);
banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali (ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 43 del 1998 e dell'articolo 19 della legge n. 262 del 2005);
autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico di cui all'articolo 6 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013;
inoltre, la norma ribadisce che la Banca d'Italia è indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze, analogamente a quanto previsto per la BCE dall'articolo 282, paragrafo 3, del Trattato UE;
l'istituzione del meccanismo di vigilanza unico nell'autunno 2014 rappresenta uno dei passaggi previsti per la realizzazione dell'unione bancaria in Europa, volta a dare vita a un quadro finanziario integrato per salvaguardare la stabilità finanziaria e ridurre al minimo il costo dei fallimenti delle banche. Le sue componenti saranno il meccanismo di vigilanza unico e i nuovi quadri integrati di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;
la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione dal titolo «Un piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita» (COM(2012) 777), che descrive in dettaglio gli elementi e le tappe necessari per un'Unione bancaria, economica, fiscale e politica a pieno titolo;
il cosiddetto «pacchetto sull'Unione bancaria», sul quale la discussione tra i partner europei è ancora molto aperta, comprende:
1) la proposta di regolamento che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi;
2) l'istituzione dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea);
3) le proposte sul risanamento e la risoluzione delle crisi delle banche per affrontare le conseguenze di eventuali dissesti di enti creditizi, definendo un quadro efficace di gestione ordinata dei fallimenti bancari ed evitando il contagio ad altri enti;
l'Unione bancaria per essere fattibile si deve inserire in un progetto più ampio di unione fiscale e politica, anche perché, per funzionare ed essere credibile, deve potere contare su risorse che solo un vero e proprio bilancio federale può assicurare. Il corretto funzionamento della Unione bancaria richiede, infatti, l'introduzione di un finanziamento di ultima istanza di natura fiscale e, quindi, una qualche forma di bilancio federale, con rilevanti cessioni di sovranità dagli Stati nazionali al «governo federale»,
impegna il Governo:
a sostenere la rapida approvazione ed attuazione delle misure per la realizzazione di un'effettiva e completa Unione bancaria europea che includa un sistema centralizzato di vigilanza anche sulle banche di importanza nazionale e regionale, ma anche:
1) un quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi;
2) un fondo di garanzia europeo unico dei depositi bancari;
3) la creazione di un'Autorità europea unica e di un fondo unico di risoluzione per la gestione delle crisi bancarie.
9/1941/30. Marcon, Paglia, Boccadutri.
La Camera,
premesso che:
più che da vera e propria urgenza, le disposizioni del provvedimento in esame relative alla Banca d'Italia sembrano essere dettate dalla «fretta» di riformare l'assetto proprietario e la governance dell'Istituto, che nell'attuale assetto non ha finora peraltro comportato problemi legati all'indipendenza della Banca d'Italia e alla libertà delle scelte rispetto ai condizionamenti degli attuali detentori delle quote così come risulta dalla approfondita ed esaustiva recente relazione del Governatore Visco in Commissione Finanze al Senato;
tale riforma, che riveste per di più caratteri ordinamentali oggettivamente incompatibili con i caratteri di necessità e urgenza che dovrebbe recare il decreto-legge, come quelle che la hanno preceduta nella lunga storia dell'Istituto, dovrebbe passare al vaglio di un approfondito dibattito politico, che affronti distesamente ed analiticamente tutti gli aspetti connessi, sottraendola alle semplificazioni insite nella decretazione d'urgenza, per di più, in piena sessione di bilancio e a ridosso della scadenza d'anno e con un Parlamento letteralmente invaso da provvedimenti d'urgenza in modo tale da configurare a volte veri e propri ingorghi a totale detrimento della necessaria riflessione e ponderazione parlamentare di norme a volte fondamentali per il nostro Paese;
si sarebbe dovuto quindi consentire al Parlamento di affrontare tali rilevanti questioni con tempi adeguati ad una più ponderata valutazione di tutti i temi ad esso connessi, trattandosi di una norma ordinamentale così come sostiene la stessa relazione illustrativa del provvedimento;
si sarebbe dovuto quindi disporre lo stralcio prevedendo, per le norme relative alla Banca d'Italia, l'iter previsto dall'articolo 72 della Costituzione per i disegni di legge ordinari;
osserviamo, infatti, che senza essere preceduto dal minimo dibattito politico, si è proceduto per decreto ad una riforma storica dell'assetto proprietario e della governance della Banca d'Italia che pregiudica palesemente la tutela del risparmio sancito dall'articolo 47 della Costituzione che recita «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito»;
mentre si dibatte all'infinito di come tassare la prima casa, nessuno, governo, politici, media, si preoccupa di discutere sul fatto che chiunque potrà comprarsi un «pezzo» della Banca d'Italia, anche un soggetto straniero. Il governo non si è preoccupato di dire nulla, ad esempio, sulle possibili conseguenze del fatto che le quote di partecipazione nella nostra banca centrale diventeranno liberamente trasferibili, cioè scambiabili sul mercato;
il comma 6-bis dell'articolo 4 del decreto in esame prevede che la Banca d'Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alla partecipazione al proprio capitale in base a quanto stabilito dal medesimo articolo 4,
impegna il Governo
ad affiancare a tale relazione della Banca d'Italia proprie valutazioni sui risultati, conseguiti o meno, dalle disposizioni sul capitale di Banca d'Italia di cui al presente decreto, ed in particolare in merito al rafforzamento dell'autonomia e dell'indipendenza della Banca, nonché sui risultati conseguiti in termini di saldi di finanza pubblica, insieme ad eventuali proposte anche di ordine legislativo per modificare la normativa al nostro esame.
9/1941/31. Ragosta, Lavagno, Boccadutri, Melilla, Marcon.
La Camera,
premesso che:
la rivalutazione delle quote azionarie e i dividendi, di cui al titolo II del provvedimento al nostro esame, fanno capo alla funzione pubblica di Banca d'Italia, e non si capisce perché i benefici di tale funzione pubblica, svolta dalla banca centrale in condizione di monopolio per legge dello Stato (utili fatti comprando titoli – di Stato e non – in momenti di stress di mercato; utili derivanti dalla gestione del patrimonio conferito), devono andare a dei privati;
la ricchezza accumulata dalla Banca d'Italia appartiene ai cittadini italiani e non può andare a dei privati. In sostanza, tutti gli utili della Banca d'Italia derivano direttamente o indirettamente dallo sfruttamento di un bene pubblico. I soggetti privati titolari delle quote del capitale della Banca d'Italia non possono dunque vantare alcun diritto sui quegli utili;
l'operazione consentirà agli istituti di credito di presentare una forza patrimoniale superiore a quella attuale; siamo sul terreno della «finanza creativa» che certo non aiuta a ristabilire un clima di fiducia tra gli investitori e tra gli stessi istituti di credito, venendo a mancare la necessari trasparenza dei bilanci;
l'articolo 6, comma 5, del provvedimento al nostro esame prevede alla lettera c) al fine di facilitare l'equilibrata distribuzione delle quote fra i partecipanti, prevede un periodo di adeguamento non superiore a 35 mesi, pertanto sarebbe opportuno che prima della fine di tale periodo gli istituti di credito si astenessero da computare nel proprio capitale di riserva le quote azionarie rivalutate,
impegna il Governo
a vigilare, anche prendendo le opportune iniziative legislative, affinché le quote azionarie rivalutate facenti riferimento al capitale di Banca d'Italia e possedute dagli istituti di credito, nonché le somme eventualmente derivanti dalla loro vendita ad altri soggetti privati o dal loro riacquisto da parte della Banca d'Italia ai sensi del comma 6 dell'articolo 4 del decreto al nostro esame, non siano valutate ai fini della determinazione del capitale di riserva degli istituti stessi prima dell'esercizio finanziario 2017.
9/1941/32. Boccadutri, Paglia, Lavagno, Melilla, Marcon.
La Camera,
premesso che:
le norme del Titolo II del provvedimento al nostro esame concernenti il capitale di Banca d'Italia sono state considerate urgenti dopo circa 80 anni dalle disposizioni che avevano definito la proprietà della nostra banca centrale;
la fretta nel disporre e rendere applicabili le nuove norme ha contagiato, oltre che il Governo, anche gli organismi dirigenti della Banca che appena pubblicato il decreto legge dalla Gazzetta Ufficiale hanno immediatamente provveduto a modificare lo Statuto della Banca stessa (Assemblea straordinaria del 23 dicembre 2013), modifiche recepite con altrettanta rapidità dal decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2013;
il tutto talmente in fretta che ne il Governo ne la Banca d'Italia hanno atteso per le loro deliberazioni ne la conversione in legge del decreto, ne il dovuto parere della Banca centrale europea;
infatti, la stessa BCE – nella sua lettera del 27 dicembre 2013 – ha sottolineato che: «anche in casi di estrema urgenza, le autorità nazionali non sono esonerate dall'obbligo di consultare la BCE e di accordarle un tempo sufficiente a consentire che il suo parere sia tenuto in considerazione, come stabilito dagli articoli 127, paragrafo 4, e 282, paragrafo 5, del Trattato. Inoltre, l'articolo 3, paragrafo 4 della Decisione 98/415/CE obbliga gli Stati membri a sospendere il processo di approvazione di un progetto di disposizioni legislative in attesa della ricezione del parere della BCE. La BCE ha ricevuto la richiesta di consultazione il 22 novembre 2013, mentre il decreto legge è stato approvato il 27 novembre 2013. Poiché l'approvazione di disposizioni normative prima della pronuncia del parere della BCE o della scadenza del termine stabilito equivale a un caso di non consultazione, la BCE desidera richiamare l'attenzione del Ministero circa il rispetto della procedura di consultazione, tenuto conto, in particolare, della rilevanza della normativa per la Banca d'Italia e l'Eurosistema»;
peraltro, l'articolo 6, comma 5, del decreto al nostro esame prevedeva l'adeguamento della Statuto della Banca d'Italia alle disposizioni del presente decreto entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto medesimo (ovvero entro il 30 maggio 2014) sulla base di alcuni principi peraltro modificati nel corso dell’iter del provvedimento al Senato il 9 gennaio scorso;
in questi comportamenti si ravvisa per lo meno il mancato rispetto dovuto al ruolo del Parlamento ed alla funzione delle istituzioni europee, ed un evidente ed intollerabile forzatura nei confronti del potere legislativo,
impegna il Governo
al fine di ristabilire un corretto rapporto con il Parlamento e le istituzioni dell'Unione europea, in particolare con la BCE, a prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di revocare il decreto del Presidente della Repubblica del 27 dicembre 2013 e di chiedere agli organi della Banca d'Italia di convocare, dopo la definitiva conversione in legge del presente decreto, una nuova assemblea straordinaria al fine di adeguare lo Statuto della Banca alle disposizioni del presente decreto come modificato dalla legge di conversione e per tenere in debito conto le osservazioni della BCE.
9/1941/33. Fratoianni, Boccadutri, Paglia, Marcon.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 53 della Costituzione richiama la nozione di capacità contributiva intesa come forza economica su cui commisurare il prelievo fiscale ed il principio di progressività su cui dev'essere informato il sistema tributario;
nella attuale disciplina, la progressività assicurata in maniera strutturale dal collegamento dell'IMU alle rendite catastali non sussiste, in quanto la revisione dei catasti urbani è lungi dall'essere completata e, specialmente nei centri urbani di grandi e medie dimensioni, si assiste a disparità scandalose nell'attribuzione dei valori catastali, che non solo vanificano la progressività dell'imposta, ma, a volte, ne determinano una contraria in favore dei redditi più alti;
infatti, i criteri di determinazione della base imponibile, basati su rendite catastali completamente avulse, in misura più o meno ampia, per eccesso o per difetto, dalla realtà, sono largamente erratici ed intrinsecamente sperequati, erraticità che risulta doppiamente enfatizzata a causa dell'incremento, fino al 60 per cento del coefficiente di attualizzazione delle rendite disposto dal cosiddetto decreto Salva-Italia, da una parte, e dell'incremento delle aliquote di prelievo, fino al 10,6 per mille, livello a cui quasi tutti i comuni sono stati costretti a posizionarsi;
i suddetti incrementi della base imponibile IMU realizzati attraverso l'applicazione alle rendite di coefficienti moltiplicativi uniformi ha anche lasciato aperto il problema dell'iniquità dell'attuale sistema catastale tra diverse aree territoriali del Paese, tra diverse zone delle aree urbane, tra diverse tipologie di immobili soprattutto residenziali, rendendo urgente il compimento della riforma degli estimi;
il sistema catastale italiano, progettato prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, pur essendo in vigore dai primi anni ’60, ha subito una revisione negli anni ’90 con l'aggiornamento delle sole tariffe d'estimo, lasciando immutati classamenti e zone censuarie: esso è pertanto arretrato rispetto alla diffusa realtà economica immobiliare, sia sul piano della rappresentazione che su quello dell'adeguamento ai valori effettivi di mercato;
il processo di revisione delle rendite catastali, che verrà avviato al termine dell'iter parlamentare della delega fiscale e che sarà inevitabilmente lungo e complesso, condurrà alla perequazione effettiva dei suddetti differenziali, assicurando una redistribuzione del carico tributario coerente con il valore degli immobili;
a tutt'oggi la mancata revisione dei valori catastali ha inoltre determinato il crescente divario fra il valore del patrimonio abitativo dichiarato a fini fiscali e la ricchezza immobiliare effettiva: secondo le più recenti stime dell'Agenzia del territorio, il valore di mercato del patrimonio abitativo è 3,7 volte superiore a quello dell'imponibile fiscale, e tale scostamento è generalmente più spiccato nei grandi centri urbani e nelle regioni del Centro;
la riforma del sistema estimativo catastale, che avrebbe riflessi anche su altre imposte basate sulle rendite, quali Irpef, imposta di registro, imposte catastali, e quella sulle successioni e donazioni, potrebbe infondere nella collettività la percezione di una fiscalità immobiliare più equa e trasparente,
impegna il Governo:
ad avviare quanto prima il processo di revisione delle rendite catastali;
in sede di revisione delle rendite catastali a porre le basi per un nuovo sistema di valutazione ed attribuzione della rendita degli immobili, al fine di migliorare i livelli di equità, perequazione, trasparenza e qualità delle informazioni reddituali e patrimoniali nel settore immobiliare e di correggere le sperequazioni, insite nelle attuali rendite, ed accentuate dall'aumento generalizzato disposto con il decreto-legge n. 201 del 2011, revisione che dovrà condurre alla riclassificazione dei beni immobiliari ed al superamento dell'attuale sistema per categorie e per classi, correlando il valore dell'immobile o il reddito dello stesso, alla sua localizzazione ed alle relative caratteristiche edilizie ed urbanistiche.
9/1941/34. Melilla, Nardi, Lavagno, Paglia.
La Camera,
premesso che:
con l'avvio sperimentale dell'IMU, disposto dal cosiddetto decreto Salva Italia n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime di favore per l'abitazione principale che prevedeva oltre all'applicazione di un'aliquota ridotta, pari al 4 per cento, anche una detrazione di base di importo pari a 200 euro, maggiorata di 50 euro per ogni figlio convivente di età non superiore a 26 anni fino ad un massimo di 400 euro;
tale meccanismo di detrazioni rendeva, di fatto, già esente dall'imposizione IMU sull'abitazione principale circa il 25 per cento degli immobili, assicurando una forma di progressività del prelievo al crescere del valore (catastale) dell'immobile, e facendo esplicare all'imposta anche un ruolo redistributivo sui redditi;
un ulteriore incremento della detrazione di base consentirebbe pertanto di allargare la platea dei soggetti totalmente esenti dall'IMU per l'abitazione principale, realizzando un effetto redistributivo sui redditi;
d'altra parte un aumento generalizzato della detrazione di base, slegato dal reddito dichiarato, finirebbe con il beneficiare in misura maggiore i proprietari di immobili con rendita catastale più elevata, beneficiando di un maggior vantaggio in valore assoluto, rispetto ai proprietari di immobili con rendita catastale più bassa, avendo quest'ultimi minore capienza nell'IMU dovuta;
quest'ultimo effetto potrebbe essere superato subordinando l'accesso alle detrazioni di base alla situazione reddituale del soggetto beneficiario. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dall'utilizzo dello strumento selettivo per l'accesso alle prestazioni di welfare, vale a dire l’«Indicatore della Situazione Economica Equivalente» (il cosiddetto ISEE);
ordinando le famiglie per reddito «equivalente» (cioè un reddito pro capite del nucleo familiare che tiene conto delle economie di scala della famiglia attraverso opportune scale di equivalenze, come ad esempio ISEE o scala OCSE modificata), l'intervento comporterà una diminuzione dell'incidenza dell'imposta pari a 0,48 per cento. In particolare, sarà beneficiato maggiormente il primo quinto di reddito (1,03 per cento), mentre i restanti quinti beneficeranno di una variazione compresa tra «0,41 per cento e 0,55 per cento;
l'articolo 1 del provvedimento all'esame dell'aula dispone la sospensione della seconda rata IMU relativa all'anno 2013 per le abitazioni principali e per altre fattispecie assimilate, mentre la legge di stabilità per il 2014 ne ha messo a regime l'esenzione dal pagamento per la stessa tipologia di immobili;
la stessa legge di stabilità 2014 stabilisce l'applicazione dell'IMU sulle prime case signorili accordando, paradossalmente, alle stesse anche la detrazione di base di 200 euro oltre all'aliquota agevolata,
impegna il Governo
a reintrodurre l'IMU sull'abitazione principale coniugandola ad una detrazione aggiuntiva fino a 600 euro rispetto ai citati 200 euro, decrescente al crescere dell'indicatore ISEE, fondato su coefficienti di equivalenza che tengono conto del numero e della tipologia dei componenti familiari.
9/1941/35. Placido, Paglia, Nicchi, Lavagno.
La Camera,
premesso che:
una delle attuali criticità in merito all'applicazione dell'IMU è rappresentata dalla determinazione della base imponibile correlata a valori catastali che non rappresentano una base aggiornata del valore degli immobili censiti in catasto;
la revisione del Catasto avrà infatti effetti positivi sul piano distributivo, poiché l'attuale divario tra rendite catastali e valori di mercato appare assai ampio e tale da generare fenomeni di iniquità con tendenza a favorire i contribuenti più abbienti;
tuttavia l'attuazione del nuovo Catasto previsto dalla cosiddetta Delega fiscale, ancora all'esame del Parlamento, necessiterà di tempi lunghi;
per correggere l'effetto di sperequazione territoriale, una soluzione potrebbe essere il ricorso ai valori contenuti nella banca dati delle quotazioni immobiliari di compravendita dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate (OMI) e che rileva sull'intero territorio nazionale e con periodicità semestrale i valori medi di compravendita e locazione di immobili ordinari;
i segmenti di mercato rilevati sono rappresentati tramite la zonizzazione del territorio, in quanto la localizzazione è la caratteristica che incide maggiormente sul valore di mercato degli immobili;
dal punto di vista redistributivo l'impatto principale sarebbe quello del riequilibrio, pur approssimato, tra diversi gradi di sottostima nei vari Comuni e, all'interno di essi, tra zone di pregio e zone periferiche, a vantaggio di queste ultime. Dunque la natura di questa redistribuzione sarebbe sia verticale (beneficio per i più poveri, correlati a fabbricati siti nelle periferie), sia orizzontale (beneficio per i Comuni con valori catastali oggi più vicini a quelli di mercato),
impegna il Governo
ad emanare un provvedimento che, nelle more della compiuta ridefinizione delle rendite catastali, sostituisca gli attuali indici di rivalutazione delle rendite catastali per la determinazione della base imponibile con i valori OMI.
9/1941/36. Matarrelli, Paglia, Boccadutri, Piazzoni, Lavagno.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento dispone la sospensione della seconda rata IMU relativa all'anno 2013 per le abitazioni principali e per altre fattispecie assimilate, mentre la legge di stabilità per il 2014 ne ha messo a regime l'esenzione dal pagamento per la stessa tipologia di immobili;
da un'analisi condotta dallo stesso MEF emerge che l'esenzione dall'IMU dell'abitazione principale ha un effetto fortemente regressivo: il beneficio, infatti, aumenterà al crescere del reddito complessivo. I contribuenti con redditi tra i 75 mila euro e i 120 mila euro risparmieranno 455 euro e quelli con redditi superiori a 120 mila euro 629 euro. Al contrario, il beneficio per i contribuenti più poveri sarà sensibilmente inferiore: per i contribuenti con reddito fino a 10 mila euro il risparmio sarà di soli 187 euro;
ordinando le famiglie per reddito «equivalente» (cioè un reddito pro capite del nucleo familiare che tiene conto delle economie di scala della famiglia attraverso opportune scale di equivalenze, come ad esempio ISEE o scala OCSE modificata), l'intervento comporterà una diminuzione dell'incidenza dell'imposta pari a 0,48 per cento. In particolare, sarà beneficiato maggiormente il primo quinto di reddito (1,03 per cento), mentre i restanti quinti beneficeranno di una variazione compresa tra 0,41 per cento e 0,55 per cento;
lo stesso studio evidenzia che, su base territoriale, l'intervento comporterà un maggior beneficio per i contribuenti dei Comuni dell'Italia centrale con un risparmio medio d'imposta di 293 euro, e un minor vantaggio per i contribuenti dei Comuni del sud e delle isole con un beneficio medio di 176 euro;
il reddito medio risulta concentrato nella fascia 10.000-25.000 euro, mentre il versamento medio IMU relativo all'abitazione principale si concentra per lo più nell'intervallo 0-340 euro. La relazione tra le due variabili è positiva: al crescere del reddito medio cresce anche il versamento medio IMU ma in misura meno che proporzionale;
la proposta di esenzione totale dall'IMU per l'abitazione principale non sembra pertanto pienamente giustificabile sul piano dell'equità ed efficienza del tributo, come peraltro emerge anche dalle audizioni del Copaff e di Banca d'Italia e dalle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale;
d'altra parte in tutti i Paesi dell'Unione Europea esistono forme di imposizione sugli immobili che includono anche il prelievo sull'abitazione principale;
sotto il profilo dell'equità si rileva come il possesso dell'abitazione principale è uno dei fattori per la definizione della condizione economica dei contribuenti e la relativa capacità contributiva. In particolare il godimento dell'abitazione di residenza costituisce una delle determinanti principali delle condizioni di vulnerabilità delle famiglie: i proprietari, specialmente quando non gravati dagli oneri del mutuo, sono infatti, a parità di altre condizioni, ovunque meno esposti a rischi di povertà e deprivazione economica;
l'effetto regressivo determinato dall'abolizione dell'IMU sulla prima casa contravviene anche ai dettami dell'articolo 53 della Costituzione per il quale il sistema tributario italiano, di cui l'imposta svolge un ruolo di rilievo, deve informarsi alla progressività,
impegna il Governo
a ripristinare l'assoggettabilità delle abitazioni principali all'IMU al fine di restituire all'imposta il suo ruolo redistributivo sui redditi;
9/1941/37. Palazzotto, Lavagno, Paglia, Di Salvo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame opportunamente persegue l'obiettivo di rendere più efficace e spedito il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da attuare anche attraverso operazioni di dimissione di immobili pubblici che in molti casi, per la loro natura e per lo speciale regime giuridico che li caratterizza, risultano carenti dal punto di vista di una piena conformità alle norme urbanistiche ed edilizie;
i citati obiettivi di finanza pubblica vanno perseguiti con strumenti tali da non determinare il sacrificio e la compromissione di diritti fondamentali e di beni costituzionalmente protetti, a partire dall'ambiente, dal patrimonio storico artistico e dal paesaggio;
le misure contenute nell'articolo 3 non sembrano soddisfare appieno tale condizione e rischiano, anzi, di tradursi in un segnale negativo ai cittadini sotto il profilo sia della qualità che degli effetti della legislazione, laddove:
1) al fine di velocizzare le procedure dirette a sanare le eventuali irregolarità edilizie degli immobili da alienare, invece delle specifiche norme del Testo unico dell'edilizia, ripropongono una prolungata riapertura della sanatoria sull'abusivismo edilizio del 1985, il cosiddetto condono Craxi-Nicolazzi;
2) individuano il raggiungimento del prefissato ammontare degli introiti finanziari come un insuperabile limite alle richieste avanzate dal Ministero dei beni culturali e dal Ministero dell'ambiente (anche su segnalazione dei rappresentanti delle comunità locali e delle associazioni dei cittadini portatrici di interessi diffusi) di conservare la proprietà pubblica degli immobili di più rilevante interesse ambientale o culturale o paesaggistico;
sottolineata l'importanza del parere espresso sul decreto-legge approvato dalla VIII Commissione della Camera in sede consultiva,
impegna il Governo
ad adottare, in sede applicativa, iniziative urgenti dirette a garantire che le Commissioni parlamentari competenti per materia siano tempestivamente ed esaustivamente informate in ordine ai beni individuati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dal Ministero dell'ambiente come meritevoli di essere mantenuti nella proprietà dello Stato, nonché ai progetti per la loro tutela e valorizzazione che le medesime amministrazioni dello Stato sono tenute a predisporre ai sensi dei commi 2-quater e 2-quinquies dell'articolo 3;
a svolgere una incisiva azione di monitoraggio degli effetti derivanti dall'applicazione delle richiamate norme di sanatoria, a livello delle singole cessioni di immobili, al fine di scongiurare ogni rischio di ulteriori abusi a danno dell'ambiente e del patrimonio culturale e paesaggistico, tenendo costantemente informato il Parlamento dei risultati di tale azione ed adottando, ove necessario, iniziative normative urgenti, dirette a ricondurre le procedure di dismissione degli immobili pubblici al rispetto dell'ordinaria disciplina legislativa.
9/1941/38. Realacci, Borghi, Braga, Arlotti, Mariastella Bianchi, Bratti, Carrescia, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Pastorelli, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, detta disposizioni concernenti l'aumento di capitale della Banca d'Italia;
in particolare è prevista una ricapitalizzazione del sistema bancario connessa all'aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia;
la crisi finanziaria iniziata nell'agosto 2007 ha comportato un inasprimento delle condizioni di offerta di finanziamenti;
nonostante le misure di sostegno all'accesso al credito dirette a imprese e famiglie, quali sospensioni del rimborso del debito (cd. moratorie), prestazioni di garanzia su alcuni tipi di finanziamento e varie forme di incentivo alla concessione di nuovi prestiti la situazione del tessuto industriale e manifatturiero italiano stenta a migliorare;
l'allargamento dell'accesso al credito e la revisione dei meccanismi di garanzia a favore delle piccole e medie imprese volte a ridurne i costi potrebbero rilanciare l'indice del clima di fiducia delle imprese e con esso gli investimenti e la crescita,
impegna il Governo
contestualmente alla ricapitalizzazione del sistema bancario connessa all'attuazione del provvedimento in esame a rivedere tutte le convenzioni in essere con il sistema bancario al fine di migliorare le condizioni di accesso al credito, di costo e di garanzia delle piccole e medie imprese.
9/1941/39. Petrini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia volte a ribadire la natura della Banca d'Italia come istituto di diritto pubblico, banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo e ad affermarne l'indipendenza nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;
a norma del comma 2, l'Istituto è autorizzato ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro;
a seguito dell'aumento, il capitale sarà rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna e ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale;
anche in considerazione dell'attuale situazione del Paese le remunerazioni dei vertici aziendali delle banche appaiono troppo elevate;
lo scorso 13 marzo la Banca d'Italia ha diramato una circolare che sottolinea la necessità di una significativa riduzione della remunerazione variabile per tutte le banche ed ha obbligato le aziende di credito che hanno chiuso l'esercizio in perdita a non riconoscere o pagare bonus a valere sui risultati dell'esercizio 2012 ai componenti degli organi con funzione di supervisione strategica e di gestione, al direttore generale, nonché ad altro «personale più rilevante», la cui remunerazione variabile sia esclusivamente o prevalentemente collegata ad obiettivi riferiti all'intera azienda,
impegna il Governo
ad adottare ogni necessario provvedimento, anche a carattere legislativo, affinché il nuovo capitale di vigilanza formatosi nel patrimonio degli istituti bancari per effetto della rivalutazione delle quote della Banca d'Italia non rilevi ai fini della determinazione delle retribuzioni dei manager.
9/1941/40. Marco Di Maio.
La Camera,
premesso che:
a norma dell'articolo 4, comma 5, ciascun partecipante non può possedere una quota di capitale superiore al 3 per cento né direttamente né indirettamente; conseguentemente alle quote in eccesso non spetta il diritto di voto e i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia;
il comma 6-bis), del medesimo articolo 4, introduce l'obbligo, per la Banca d'Italia, di riferire annualmente alle Camere sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale;
l'articolo 6, comma 5 prevede l'adeguamento dello Statuto della Banca d'Italia alle disposizioni introdotte dal testo in esame ed esplicita una serie di principi direttivi da tenere in considerazione per l'adeguamento statutario;
in particolare, a norma della lettera c) del medesimo comma 5, lo Statuto deve prevedere un periodo di adeguamento – non superiore a 36 mesi – durante il quale, per le quote di partecipazione eccedenti la soglia del 3 per cento del capitale non spetta il diritto di voto, ma sono riconosciuti i relativi dividendi. Tale periodo di adeguamento decorre dal completamento dell'aumento di capitale all'importo di 7,5 miliardi di euro disposto dall'articolo 4, comma 2,
impegna il Governo
dopo il primo anno di applicazione delle norme sulla rivalutazione delle quote di capitale della Banca d'Italia e successivamente alla presentazione della prima relazione annuale della Banca d'Italia sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale, prevista al comma 6-bis dell'articolo 4, a valutare l'opportunità di ridurre il termine di 36 mesi previsto al comma 5, lettera c), dell'articolo 6, concernente il periodo di adeguamento delle quote di partecipazione eccedenti la soglia di partecipazione indicata al comma 5 dell'articolo 4.
9/1941/41. Causi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
l'applicazione, sul calcolo dell'imposta dovuta, a causa del moltiplicatore fissato a 65 per gli immobili di categoria D, grava pesantemente sulle aziende, già duramente colpite dalla crisi economica;
la pressione fiscale a carico delle imprese pesa già in modo rilevante sulle stesse, rallentando così il tanto auspicato processo di ripresa economica,
impegna il Governo
a valutare la possibilità, a decorrere dall'esercizio 2014, di diminuire il valore del moltiplicatore sugli immobili catastali D.
9/1941/42. Caon.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
l'articolo 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, alla lettera b) ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, del Fondo di solidarietà comunale il quale è alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali;
il gettito oggi derivante dall'IMU sui fabbricati accatastati in categoria D vena incassato interamente dallo Stato, privando così i Comuni di una importante voce di entrata,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di considerare, nella ripartizione del fondo di solidarietà comunale di cui l'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, anche il gettito generato dagli immobili di categoria D situati nel singolo Comune.
9/1941/43. Marcolin.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e che ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
l'attuale situazione della finanza locale è particolarmente grave, sia alla luce della pesante riduzione di risorse negli ultimi anni a carico dei Comuni, sia per il fatto che gli amministratori locali si stanno muovendo in quadro normativo estremamente incerto ed instabile il quale ha portato più volte al differimento dei termini per l'approvazione dei bilanci preventivi 2013;
oltre alla mancanza di risorse, i Comuni devono altresì far fronte alle difficoltà legate al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno e che impone agli enti medesimi il raggiungimento di un obbiettivo di saldo finanziario per il concorso dell'ente stesso al contenimento dei saldi di finanza pubblica;
il procedimento per la determinazione di tale saldo, definito attualmente dalla Legge di Stabilità 2012 (Legge n. 183/2011), oltre che particolarmente complesso dal punto di vista metodologico risulta in numerosi casi assolutamente gravoso, anche per il fatto che in taluni casi la causa è da rintracciarsi in investimenti pregressi rispetto all'esercizio in corso, determinando così un aumento costante negli ultimi anni degli enti inadempienti al rispetto del Patto;
le attualità modalità di applicazione del patto di stabilità interno hanno negative ricadute anche e soprattutto sulle spese di investimento, dal momento che queste subiscono, a causa dei limiti oggi imposti, gravi ritardi nei tempi di finalizzazione, in quanto l'utilizzo del principio di competenza mista obbliga gli enti a posticipare queste spese,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di introdurre sistemi premiali ai fini del Patto di Stabilità per i Comuni virtuosi, ovvero per i Comuni che hanno rispettato nel corso degli anni il Patto di Stabilità Interno e che presentano, all'interno del proprio bilancio, un indice di equilibrio corrente.
9/1941/44. Prataviera.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e che ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, ha riformulato gli obblighi di pagamento di diritti e tributi speciali in relazione all'acquisizione di dati e certificazioni di natura catastale ed ipotecaria, mantenendo tuttavia la gratuità per gli accessi e i certificati richiesti «presso gli uffici» dai possessori dell'immobile;
tale disposizione è stata finora interpretata dall'Agenzia del territorio, ora accorpata nell'Agenzia delle entrate, in senso restrittivo, ritenendo cioè che la gratuità dovesse limitarsi ai casi di richieste presentate agli uffici dell'Amministrazione finanziaria, e che tale orientamento discrimina ingiustificatamente i cittadini che si rivolgono agli sportelli catastali gestiti dai Comuni che attuano sperimentazioni di decentramento in tale campo, causando inoltre notevoli appesantimenti procedurali per gli stessi Comuni gestori,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di rivedere la normativa in oggetto, ovvero consentendo l'accesso ai servizi di consultazione delle banche dati ipotecaria e catastale gestite dall'Agenzia del territorio gratuitamente e in esenzione da tributi se ciò avviene presso gli uffici, ivi compresi gli sportelli comunali, nei comuni dove è in atto la sperimentazione catastale.
9/1941/45. Guidesi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca misure finanziarie urgenti in materia di finanza locale e che ha altresì previsto come per l'anno 2013 non fosse dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale);
la pressione fiscale a carico delle imprese pesa già in modo rilevante sulle stesse, rallentando così il tanto auspicato processo di ripresa economica;
l'applicazione dell'imposta immobiliare sugli immobili strumentali all'impresa sottrae importanti risorse economiche all'imprenditore, impedendogli di investire le stesse in nuovi investimenti ovvero in occupazione,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di permettere l'integrale deduzione dell'imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni e ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.
9/1941/46. Invernizzi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure finanziarie in materia di fiscalità locale;
è sempre più indispensabile, anche alla luce dei recenti fatti accaduti in Sardegna, prevedere risorse aggiuntive per far fronte all'altissimo livello di pericolosità del territorio nazionale in quanto risulta evidente che, se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa insicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali;
in numerosi casi gli enti locali, a causa dei stringenti vincoli del Patto di Stabilità, non possono effettuare i necessari interventi per investire in opere di difesa idraulica,
impegna il Governo
ad attivare un programma di finanziamento pluriennale di interventi per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico, escludendo dai vincoli del Patto di Stabilità Interno delle Regioni e dei Comuni le risorse investite per opere finalizzate alla difesa idraulica.
9/1941/47. Allasia.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure finanziarie in materia di fiscalità locale;
dal momento della sua prima applicazione, l'imposta municipale propria ha generato molte difficoltà, sia per il maggior peso fiscale a carico dei proprietari di immobili, sia per i Comuni, il cui sistema di finanza è stato profondamente rivisto;
da più parti è stato evidenziato come l'attuale sistema di calcolo dell'imposta ha generato numerose situazioni di sperequazioni tra gli immobili, con proprietari di edifici dal valore catastale inferiore che hanno dovuto pagare una imposta maggiore di proprietari di edifici di maggior pregio,
impegna il Governo
a prevedere con la massima urgenza una riforma del catasto, fissando con precisione un limite temporale entro il quale definire la stessa e consentendo così di superare le attuali criticità.
9/1941/48. Rondini.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure finanziarie in materia di fiscalità locale;
dal momento della sua prima applicazione, l'imposta municipale propria ha generato molte difficoltà, sia per il maggior peso fiscale a carico dei proprietari di immobili, sia per i Comuni, il cui sistema di finanza è stato profondamente rivisto;
la legge di Stabilità per l'anno 2014 ha rivisto ulteriormente il quadro di finanza locale per i Comuni, introducendo la TASI, ovvero l'imposta sui servizi indivisibili erogati dal Comune;
il Governo ha stanziato delle risorse, seppur limitate, per consentire ai Comuni di poter attuare delle detrazioni sulla TASI a favore dei cittadini, così da ridurre il carico fiscale a loro carico,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di consentire ai Comuni, nell'ambito delle proprie competenze, attraverso le opportune iniziative normative e in ragione dell'autonomia ad essi riconosciuta, di deliberare con proprio regolamento e senza alcun limite ulteriori riduzioni ed esenzioni rispetto a quelle oggi già previste.
9/1941/49. Grimoldi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, il quale reca, tra le disposizioni, anche misure in materia di Banca d'Italia;
nelle norme recate dagli articoli che intendono conferire certezza al quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia non si ravvisano quei caratteri di necessità e urgenza esplicitamente richiamati dal secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione;
il provvedimento autorizza la Banca d'Italia ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro e che il capitale, a seguito dell'aumento, è rappresentato da quote nominative di partecipazione di un predefinito valore e che ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale;
ciascun partecipante non può possedere una quota di capitale superiore al 3 percento, né direttamente né indirettamente, e che per le quote in eccesso i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia,
impegna il Governo
a valutare la possibilità, per gli anni 2014 e 2015, di destinare i dividendi delle quote in eccesso del capitale di Banca d'Italia ad un Fondo destinato alla riduzione del cuneo fiscale sulle imprese.
9/1941/50. Fedriga.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici» ha apportato alcune modifiche alla disciplina sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali recata dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, con riguardo in particolare ai tempi ed ai criteri concernenti la fase della sperimentazione del nuovo regime contabile;
l'articolo ha prolungato di un anno la durata della fase della sperimentazione del nuovo regime contabile e ne integra alcuni dei criteri già previsti,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di applicare già dal 2014 l'entrata in vigore della disciplina contabile in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio.
9/1941/51. Borghesi.
La Camera,
premesso che:
a causa del terremoto del sisma del 20 e 29 maggio 2012 che ha colpito l'Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto, sono inagibili un numero notevole di fabbricati abitativi commerciali e produttivi;
il mancato gettito dell'imposta municipale per i comuni colpiti dal sisma il quale rende particolarmente difficile la gestione delle attività e dei servizi erogati dalle amministrazioni coinvolte sebbene gli stessi enti locali, seppur a fronte di evidenti difficoltà, eroghino gli stessi servizi ai cittadini,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di corrispondere ai comuni delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 un rimborso in ragione della mancata entrata derivante dagli immobili inagibili per l'anno 2013.
9/1941/52. Bossi.
La Camera,
premesso che:
lo scollamento della nozione di commercialità delineato in ambito IMU rispetto al quadro normativo prevalente e la complessità del meccanismo congegnato sono tali da renderlo inidoneo a consentire agli enti di accedere alla sua corretta applicazione;
lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, nella risoluzione n. 7/DF del 5 giugno 2013, ha ammesso che «il calcolo dall'imposta (...) richiede, oggettivamente, un'elaborazione più complessa rispetto a quella della generalità dei contribuenti IMU»;
appare evidente lo stato di confusione e di paralisi applicativa indotti dalla complessità del meccanismo, dall'assenza di parametrazioni precise a sostegno dei presupposti, dal ritardo nell'emanazione dei regolamenti attuativi, dall'estraneità del modello legale delineato rispetto a quello più generale che interessa le attività commerciali,
impegna il Governo
a valutare la possibilità, nell'ambito del riesame complessivo della materia, di una revisione della normativa IMU in relazione agli enti non commerciali, affinché i medesimi siano tenuti al pagamento dell'IMU solo per gli immobili effettivamente destinati ad attività commerciali.
9/1941/53. Attaguile.
La Camera,
premesso che:
lo scollamento della nozione di commercialità delineato in ambito IMU rispetto al quadro normativo prevalente e la complessità del meccanismo congegnato sono tali da renderlo inidoneo a consentire agli enti di accedere alla sua corretta applicazione;
tra gli effetti negativi dell'IMU sul patrimonio immobiliare emerge in particolare l'aggravio impositivo sui settori dei servizi e della produzione, che in nessun modo hanno beneficiato di alcuna attenuazione dell'imposta, né in fase di determinazione della base imponibile da parte dello Stato, né in fase di determinazione delle aliquote da parte dei comuni;
nell'attuale congiuntura in cui a una crisi che sembra non finire mai si somma una pressione fiscale già a livelli record, continuare a oberare in maniera così insistente le imprese, soprattutto quelle del terziario di mercato e dell'artigianato, non solo penalizza le loro potenzialità di crescita, ma mette a rischio la loro stessa sopravvivenza, tanto che i dati sulla mortalità aziendale indicano altresì che nel 2012 ha chiuso l'8,4 per cento delle imprese artigiane, e le previsioni per il 2013 sono persino peggiori, paventando un tasso del 10 per cento;
gli immobili strumentali delle imprese sono destinati alla produzione, e per questo sono già sottoposti ad imposizione attraverso la tassazione Irpef o Ires per il reddito che contribuiscono a generare,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di adottare un apposito atto normativo volto a prevedere uno sgravio diretto sui parametri IMU, aliquote e valori catastali, in particolare per le attività artigianali e le PMI.
9/1941/54. Giancarlo Giorgetti.
La Camera,
premesso che:
in questo momento di grave crisi economica, non sono infrequenti i casi nei quali gli inquilini di un immobile smettano di pagare l'affitto e che, pur avendo ottenuto un procedimento di sfratto esecutivo, continuano ad occupare illecitamente l'immobile;
in tale situazione il contratto con l'inquilino viene meno e l'edificio debba essere tassato come se fosse sfitto con l'applicazione della relativa aliquota fissata dal Comune, per lo più maggiore di quella applicata qualora l'immobile fosse stato regolarmente affittato, magari con canone concordato;
in tale situazione il proprietario dell'immobile si ritrova nella paradossale situazione di avere un minor incasso dovuto al mancato pagamento da parte dell'inquilino dell'affitto congiuntamente ad un maggior onere, sempre a suo carico, dovuto all'applicazione di una aliquota IMU standard maggiore,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di prevedere misure normative finalizzate a regolamentare situazioni così descritte, specificando come sugli immobili sottoposti a procedimento di sfratto esecutivo nei quali continua a dimorare l'inquilino insolvente si applichi l'aliquota dell'imposta municipale propria stabilita per gli immobili locati.
9/1941/55. Busin.
La Camera,
premesso che:
gli enti locali si sono trovati in grande difficoltà nel 2013 nella costruzione del bilancio di previsione a causa delle incertezze riguardanti la corretta applicazione dei tributi locali e dell'imposta municipale unica, in quanta oggetto di rivisitazione a più riprese da parte del Governo,
impegna il Governo
a garantire che dalle modifiche in materia di Imu e tassa sui rifiuti nel 2014 non derivino ulteriori minori entrate a scapito degli enti locali e che possano pregiudicare le previsioni di bilancio dell'anno in corso, e a garantire che siano definite le previsioni di entrata riferibili alle imposizioni fiscali delegate agli enti locali in tempi tali congrui e tali da consentire ai Comuni la predisposizione e l'approvazione dei propri bilanci entro i termini stabiliti dalla legge.
9/1941/56. Matteo Bragantini.
La Camera,
premesso che:
gli enti locali si sono trovati in grande difficoltà nel 2013 nella costruzione del bilancio di previsione a causa delle incertezze riguardanti la corretta applicazione dei tributi locali e dell'imposta municipale unica, in quanta oggetto di rivisitazione a più riprese da parte del Governo;
con la riforma del 2009 (legge n. 42 del 2009) si è inteso creare i presupposti per potere correggere dare forma a un federalismo fiscale capace di stimolare un'effettiva responsabilità a livello locale, attraverso l'esercizio dell'autonomia fiscale, l'imposizione di una piena trasparenza nell'assegnazione delle risorse a ciascun ente locale e l'abbandono graduale del circolo vizioso della spesa storica;
a tutt'oggi, e nonostante l'avvenuta emanazione di numerosi decreti attuativi, la trama complessiva della legge delega n. 42 del 2009 per l'attuazione del federalismo fiscale è ancora lungi dall'essere attuata nel suo complesso;
il passaggio dai criteri fondati sulla spesa storica ai concetti di costo e fabbisogno standard appare fondamentale, ai fini di un'apprezzabile riduzione quantitativa della spesa pubblica e, conseguentemente, della pressione fiscale, secondo logiche però qualitative e di efficienza, in contrapposizione alle logiche di tagli lineari, presenti soprattutto per quanto riguarda i trasferimenti agli enti locali, idonei a creare talvolta inefficienze addirittura maggiori dei risparmi che generano;
la legge di stabilità per l'anno 2014 ha rivisto la imposizione fiscale locale, introducendo la IUC, l'imposta unica comunale, e che l'IMU sui fabbricati di categoria D verrà incassato anche quest'anno dallo Stato,
impegna il Governo
a dare piena e completa attuazione alla legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009, adottando tutti i decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che saranno ritenuti utili e ad assumere iniziative per elaborare una vera service tax federale, il cui gettito sia interamente destinato ai comuni.
9/1941/57. Gianluca Pini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 13, comma 12-ter, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 disciplina la dichiarazione IMU, e questa prevede che «i soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, utilizzando il modello approvato con il decreto di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di rivedere le normative in materia di dichiarazione IMU, modificando il termine per la presentazione della dichiarazione stessa, consentendo ai soggetti passivi, a decorrere dall'anno 2014, la possibilità di presentarla in coincidenza con la dichiarazione dei redditi del periodo d'imposta nel quale sono intervenute eventuali variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta stessa.
9/1941/58. Caparini.
La Camera,
premesso che:
i danni conseguenti al terremoto emiliano del maggio 2012, che ha interessato i comuni del territorio compreso tra le province di Bologna, Ferrara, Modena, Mantova, Parma, Padova e Rovigo, sono tuttora evidenti, sia per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, sia per quanto riguarda il sistema economico e produttivo dell'area interessata dal sisma, e a seguito delle verifiche eseguite nel tempo dai vigili del fuoco, i numerosi edifici gravemente danneggiati dal sisma sono stati dichiarati parzialmente o completamente inagibili,
impegna il Governo
a prevedere, per gli edifici accatastati in categoria «D» e dichiarati inagibili a causa del terremoto emiliano la completa esenzione dal versamento dell'IMU fino alla dichiarazione di completa agibilità degli stessi.
9/1941/59. Buonanno.
La Camera,
preso atto della difficile situazione nella quale nel 2013 si sono ritrovati numerosi enti locali e che questa ha determinato una conseguente riduzione del livello dei servizi in favore dei cittadini;
stimato come i continui cambiamenti normativi hanno determinato una estrema incertezza nei comuni, molti dei quali, non avendo certezza della norma né del gettito da essa derivante, hanno potuto elaborare un bilancio previsionale per l'esercizio finanziario 2013 solo a novembre 2013;
la legge di stabilità per l'anno 2014 ha rivisto la imposizione fiscale locale, introducendo la IUC, l'imposta unica comunale, e che l'IMU sui fabbricati di categoria D verrà incassato anche quest'anno dallo Stato,
impegna il Governo
a prevedere, per l'esercizio finanziario 2014, un quadro normativo di finanza per gli enti locali chiaro e coerente con la attuale situazione economica, evitando un nuovo aggravio sulla finanza locale ed escludendo continue modifiche normative in ambito di programmazione economico-finanziaria dei medesimi enti.
9/1941/60. Molteni.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento, anche normativo, diretto a scongiurare che la norma in esame sia interpretata nel senso di consentire la sanatoria edilizia su immobili vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), della legge quadro sui parchi (l. n. 394 del 1991) di ogni altra legge statale, regionale e di strumenti urbanistici diretti alla tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, anche a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali.
9/1941/61. Luigi Di Maio.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a impedire che la norma in esame sia interpretata nel senso di consentire la sanatoria edilizia per superfici superiori ai 750 mc.
9/1941/62. Agostinelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere che la norma in esame sia applicata per sanare abusi edilizi realizzati dopo la scadenza del termine massimo del 1o ottobre 1983, come previsto dall'articolo 31 della medesima legge n. 47 del 1985.
9/1941/63. Alberti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare nuove opere e ristrutturazioni edilizie pesanti.
9/1941/64. Artini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate in zone a rischio sismico.
9/1941/65. Baldassarre.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate in zone a rischio idrogeologico.
9/1941/66. Barbanti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate nella fascia entro 300 metri dalla spiaggia del mare.
9/1941/67. Baroni.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate nella fascia entro 150 metri dalle rive dei corsi d'acqua.
9/1941/68. Basilio.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate nei centri storici di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968.
9/1941/69. Battelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto dell'assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate su edifici vincolati per ragioni storiche, architettoniche e archeologiche in base al decreto legislativo n. 42 del 2004.
9/1941/70. Bechis.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento, normativo, diretto a escludere la possibilità di utilizzare la sanatoria per condonare opere realizzate in una fascia di 300 metri dalle rive dei laghi.
9/1941/71. Benedetti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento, normativo, diretto a chiarire che il condono in parola serve a sanare l'immobile soltanto sotto un profilo amministrativo, rimanendo salve e impregiudicate le azioni penali da esercitarsi nei confronti dei responsabili degli abusi.
9/1941/72. Paolo Bernini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, secondo quali criteri economici, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento, normativo, diretto a chiarire che le somme da corrispondere ai fini della sanatoria sono almeno quelle di cui al decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, come applicato dalle diverse normative regionali.
9/1941/73. Businarolo.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i comuni e l'Agenzia del demanio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, provvedano al censimento degli immobili di proprietà pubblica e alla loro catalogazione, con riferimento in particolare alla presenza di unità immobiliari e fabbricati inutilizzati, al loro stato di manutenzione e allo stato di manutenzione degli immobili utilizzati.
9/1941/74. Nicola Bianchi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i comuni, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, approvino i programmi di recupero all'uso sociale del patrimonio pubblico inutilizzato e da dismettere.
9/1941/75. Bonafede.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i comuni e le amministrazioni a vario titolo proprietarie di immobili non utilizzabili a fini istituzionali redigano un piano di utilizzazione dei medesimi immobili destinandoli, sulla base delle loro caratteristiche, ad usi pubblici o sociali, assicurando la pubblicazione e l'informazione ai cittadini sugli immobili da utilizzare.
9/1941/76. Brescia.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
ai commi 2-quater e seguenti si prevede che alcune aree pubbliche vengano mantenute in proprietà dallo Stato,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, creino un apposito registro, al quale dare ogni forma di pubblicità idonea, dove gli interessati possano depositare e visionare le richieste di mantenimento della proprietà pubblica degli immobili.
9/1941/77. Cominardi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché i proventi del condono siano destinati, per la parte di competenza degli enti locali, a un fondo vincolato destinato a interventi di bonifica dei suoli, mantenimento delle aree verdi, recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico esistente, con priorità per gli interventi di messa in sicurezza e risanamento conservativo degli edifici scolastici, nonché interventi di riduzione del rischio idrogeologico.
9/1941/78. Corda.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il valore degli immobili pubblici oggetto di sanatoria sia stabilito dalla filiale dell'Agenzia del demanio competente per territorio con riguardo al valore di mercato aumentato dell'importo corrispondente alla somma necessaria per la sanatoria delle irregolarità e il ripristino dello status quo ante.
9/1941/79. Crippa.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, ulteriori iniziative, legislative, affinché l'esistenza di provvedimenti sanzionatori non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili o nei cui confronti pende l'impugnazione, impedisca il conseguimento della sanatoria.
9/1941/80. Currò.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative affinché nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di beni immobili pubblici, l'alienazione di tali immobili per il futuro avvenga con bando pubblico e il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di mercato.
9/1941/81. Da Villa.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con le amministrazioni o gli enti interessati, rediga per ogni amministrazione o ente titolare di contratti di locazione passiva di immobili, un piano di ricollocazione delle sedi per lo svolgimento delle attività istituzionali mediante l'utilizzazione prioritaria degli immobili di proprietà pubblica.
9/1941/82. Daga.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché restino prioritarie, rispetto alla cessione, le iniziative di manutenzione, ristrutturazione, restauro, risanamento conservativo di edifici esistenti ai fini dell'uso sociale, per servizi pubblici e della fruizione pubblica degli stessi.
9/1941/83. Dall'Osso.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del provvedimento concerne le operazioni di dismissione di immobili pubblici e prevede per la loro vendita il ricorso alla trattativa privata;
è disposto che la vendita degli immobili sia preclusa ai soggetti che siano stati condannati, con sentenza irrevocabile, per reati fiscali o tributari,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative legislative, finalizzate ad introdurre il divieto di vendita dei beni indicati in premessa ai soggetti condannati per reati societari.
9/1941/84. Rostellato.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 prevede la possibilità, ai commi 2-quater e 2-quinquies, di non procedere alla dismissione dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali il ministro competente ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione nonché dei beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali il ministro competente ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette;
il comma 2-sexies, nel disporre una clausola di invarianza finanziaria, dispone che le suddette norme non devono comunque determinare una riduzione dell'introito complessivo connesso ai processi di dismissione, in quanto finalizzati alla riduzione del debito pubblico;
la norma di cui al comma 2-sexies risulta in aperta contraddizione rispetto a quanto indicato dai due commi che la precedono, vanificandola,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di non subordinare la conservazione nella proprietà pubblica dei beni eventualmente individuati ai sensi dei commi 2-quater e 2-quinquies al mancato introito che ne deriverebbe, bensì provvedendo alla sua copertura con le risorse rinvenienti dalla revisione della spesa pubblica in corso.
9/1941/85. Cozzolino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in titolo rappresenta un ulteriore esempio del continuo e reiterato ricorso alla decretazione d'urgenza, che altera lo schema fisiologico del rapporto fra Governo e Parlamento: non vi è, infatti, soltanto un problema di valutazione della straordinaria necessità ed urgenza, che costituisce il requisito costituzionale dei decreti-legge e di ciascun articolo degli stessi, quanto il trovarsi di fronte a una sorta di ordinaria attività di normazione sopravveniente svolta dal Governo-amministrazione, con ulteriore confusione tra potere esecutivo e legislativo;
il contenuto specifico del provvedimento risulta oltremodo in contrasto con i pronunciamenti della Corte costituzionale, in particolare con riguardo al fatto che il legislatore-Governo – alla luce, in particolare, della sentenza n. 22 del 2012 – non può adottare norme di «evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita» e dovrebbe avere cura di «adottare atti normativi urgenti distinti e separati, evitando la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei»,
impegna il Governo
a rispettare, nell'emanazione dei provvedimenti di cui all'articolo 77 della nostra Costituzione, i requisiti ivi disposti per l'esercizio straordinario del potere legislativo nonché i principi del nostro ordinamento ed i pronunciamenti della Corte costituzionale.
9/1941/86. Dadone.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 del provvedimento in titolo ineriscono alla materia fiscale, segnatamente il versamento della seconda rata IMU e il versamento degli acconti IRES;
si assiste ad una sequenza incessante di interventi normativi che hanno portato, a decorrere dal 2008 e fino ad oggi, alla scomparsa dell'ICI, sostituita dall'IMU, a sua volta sostituita dall'IUC, senza contare le diverse e contrastanti sorti della tariffa/tassa sui rifiuti;
ne consegue la sovrapposizione di numerosissime disposizioni, anche allocate in provvedimenti diversi ma contemporanei (la legge di stabilità per il 2014, ad esempio, per quanto riguarda il versamento IMU e le sue modalità), che si stratificano e vengono incessantemente modificate in un lasso temporale brevissimo: ciò crea imbarazzanti e critici riflessi sulla certezza del diritto e sul diritto alla certezza degli adempimenti da parte dei contribuenti, che soggiacciono a sanzioni anche nel caso di errori materiali o formali;
tale modo di agire su temi fiscali e quanto ne consegue – mole di oneri burocratici, incessante, crescente e disordinato susseguirsi di modalità, procedure e termini di versamento – si traduce in una vera e propria vessazione nei confronti dei cittadini ed è in contrasto con i principi del nostro ordinamento, in particolare per quanto riguarda i principi di buon andamento e sana gestione della pubblica amministrazione, ledendo i diritti dei cittadini e vanificando le prescrizioni dello Statuto del contribuente a loro tutela,
impegna il Governo
a rispettare per il futuro i principi, i diritti e le prescrizioni fissati dal nostro ordinamento in materia fiscale.
9/1941/87. Nuti.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile, ad avviso del presentatore, lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché sia previsto che la cessione delle quote deve risultare da girata, autenticata da notaio, attergata al certificato originale, il quale deve essere presentato all'Amministrazione centrale della Banca che provvederà al rilascio di un nuovo certificato intestato al cessionario e, ove il trasferimento sia parziale, di un nuovo certificato intestato al cedente. Il cessionario potrà fare valere i diritti di partecipante solo dal momento della presentazione del titolo ceduto.
9/1941/88. Scagliusi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile ad avviso del presentatore strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché sia previsto che la Banca d'Italia assolve inoltre gli altri compiti ad essa attribuiti dalla legge ed esercita le attività bancarie strumentali alle proprie funzioni, sia mantenuta la sede legale della Banca d'Italia in Roma, sia razionalizzata l'articolazione territoriale e la competenza delle sedi, secondo criteri di efficienza, efficacia e buon andamento, sia ribadito che l'articolazione territoriale della Banca d'Italia e la competenza di sedi e succursali sono stabilite con delibera del Consiglio superiore.
9/1941/89. Sibilia.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, finalizzate affinché sia precisato che l'assemblea ordinaria annuale della Banca d'Italia si riunisce presso l'Amministrazione centrale, non più tardi del 31 maggio, per deliberare sull'approvazione del bilancio, sul riparto degli utili e l'assegnazione dei frutti delle riserve e, ove occorra, sulla nomina dei sindaci e del Presidente del Collegio sindacale.
9/1941/90. Spadoni.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che l'Assemblea centrale determina i compensi spettanti ai consiglieri superiori, ai sindaci, ai reggenti delle sedi e ai consiglieri delle succursali e che entro il 31 luglio 2014 tali compensi sono ridotti almeno del 20 per cento rispetto a quelli effettivamente percepiti nell'anno 2013.
9/1941/91. Tacconi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia ribadito che i compensi spettanti ai consiglieri superiori, ai sindaci, ai reggenti delle sedi e ai consiglieri delle succursali della Banca d'Italia siano direttamente proporzionali agli utili della Banca stessa.
9/1941/92. Tofalo.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché la Banca d'Italia quale autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo sia soggetta al dovere di cooperazione in buona fede e all'obbligo di scambio di informazioni.
9/1941/93. Turco.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che non possono far parte degli organi della Banca d'Italia soggetti condannati, anche con pena non definitiva, per reati non colposi.
9/1941/94. Simone Valente.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative affinché la domanda di sanatoria prevista al comma 1 dell'articolo 3 non possa essere presentata per immobili insistenti su aree protette ai sensi della legislazione vigente.
9/1941/95. Zolezzi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,
impegna il Governo
a valutare la possibilità che nei comuni nei quali vi siano immobili soggetti a valorizzazione non solo si prevengano nuove urbanizzazioni ma queste siano oggetto di moratoria per almeno tre anni.
9/1941/96. Villarosa.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di emanare norme, per quanto di propria competenza, al fine di evitare speculazioni in relazione agli immobili pubblici da dismettere evitando che possano essere soggetti a cambio di destinazione d'uso.
9/1941/97. Vignaroli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,
impegna il Governo
a valutare attraverso l'adozione delle opportune iniziative normative, la possibilità del riutilizzo da parte dei comuni di una percentuale degli immobili pubblici valorizzati per l'incremento dell'offerta di alloggi sociali.
9/1941/98. Vallascas.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013, recato dall'AC 1941 all'articolo 3 prevede interventi ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici e disposizioni in materia di immobili pubblici,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di procedere oltre che alla valorizzazione degli immobili pubblici ai fini della dismissione anche al loro pieno utilizzo a fini sociali e abitativi.
9/1941/99. Vacca.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile ad avviso del presentatore lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, affinché sia previsto che a decorrere dall'esercizio in corso alla data del presente provvedimento i partecipanti al capitale della Banca d'Italia trasferiscono le quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione, ai medesimi valori di iscrizione del comparto di provenienza.
9/1941/100. Tripiedi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che i membri del Direttorio diversi dal Governatore in carica alla data del 30 novembre 2013 cessino dai rispettivi mandati alla scadenza dei dieci anni di permanenza nel Direttorio.
9/1941/101. Terzoni.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, finalizzate affinché sia precisato che i senatori e i deputati e le altre persone titolari di cariche politiche non possono far parte dei Consigli della Banca.
9/1941/102. Spessotto.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia previsto che il Consiglio superiore non possa consentire che i componenti del Direttorio e tutti i dipendenti dell'istituto assumano funzioni di amministratore di società o di altri enti.
9/1941/103. Sorial.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia precisato che i componenti del Direttorio e tutti i dipendenti dell'istituto non possono esercitare attività di impresa commerciale, essere amministratori, institori o sindaci in qualsiasi società, partecipare a società in nome collettivo o, come accomandatario, in società in accomandita.
9/1941/104. Segoni.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia precisato che i componenti del Direttorio e tutti i dipendenti dell'istituto non possono svolgere attività nell'interesse di banche, intermediari finanziari e altri soggetti vigilati.
9/1941/105. Sarti.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché sia precisato che nell'esercizio delle proprie funzioni, la Banca d'Italia e i componenti dei suoi organi operino con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possano sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.
9/1941/106. Ruocco.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile, ad avviso dei firmatari, lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche regolamentari ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni Parlamentari per ridefinire l'assetto proprietario della Banca d'Italia, e disciplinare le modalità di trasferimento, entro tre anni delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.
9/1941/107. Rizzetto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 reca disposizioni in materia di IMU e, nello specifico, prevede l'abolizione della seconda rata IMU per l'anno 2013 per una serie di immobili indicati nei commi 1, 2 e 9 del succitato articolo, salvo l'obbligo di versamento di una quota di imposta dovuta per il 2013, nei comuni che hanno deliberato aumenti rispetto alle norme statali;
dal 2008 il Governo e il Parlamento intervengono periodicamente sul tema della tassazione degli immobili con l'abrogazione di vecchie tasse, l'imposizione di nuove e con continui provvedimenti correttivi, creando incertezza e disagio tra i contribuenti;
in alcuni casi, le norme appaiono scoordinate tra loro e prive della necessaria coerenza normativa;
più in generale, come rilevato anche dall'esame tecnico-analitico del provvedimento da parte dei soggetti competenti, la sovrapposizione di numerose disposizioni, peraltro modificate in brevissimo lasso di tempo, potrebbe avere riflessi sulla certezza del diritto e, in particolare, apportare elementi di incertezza in ordine agli adempimenti dei contribuenti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento finalizzato a differire di un lasso di tempo congruo i termini dei pagamenti delle imposte recentemente modificate.
9/1941/108. Nesci.
La Camera,
premesso che:
il comma 2 interviene sulla disciplina della dismissione in blocco di immobili pubblici ai sensi del già citato articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, apportando alcune modifiche al comma 1;
in particolare, la lettera a) del comma 2 introduce la possibilità per l'Agenzia del demanio, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, di vendere a trattativa privata (anche in blocco), anche i beni immobili ad uso prevalentemente non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico;
la precisazione sull'uso prevalentemente non abitativo consentirebbe di superare criticità emerse nei casi in cui l'immobile sia adibito ad uso non abitativo ma comprenda, ad esempio, locali adibiti a custodia o foresteria (quali caserme dimesse presidiate da un addetto alla custodia che vi alloggia);
il decreto 23 dicembre 2013 del Ministero dell'economia e delle finanze ha autorizzato l'agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili di proprietà dello Stato individuati dalla stessa Agenzia, costituiti prevalentemente da caserme, magazzini, campi sportivi militari e altre strutture,
impegna il Governo
a valutare, anche al fine di garantire l'interesse pubblico nell'alienazione dei beni, gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a rivedere il meccanismo di vendita degli immobili, evitando il ricorso alla trattativa privata e prevedendo l'avvio di bandi pubblici, caratterizzati dalla massima trasparenza.
9/1941/109. Pesco.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, modificato durante l'esame al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia. In estrema sintesi, si ribadisce la natura della Banca d'Italia di istituto di diritto pubblico, banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo; se ne afferma l'indipendenza nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;
il comma 6-bis), inserito al Senato, introduce l'obbligo dell'istituto di riferire annualmente alle Camere sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale,
impegna il Governo
a creare un tavolo di confronto tra il consiglio superiore della Banca d'Italia, il Ministro dell'economia o un suo delegato e i rappresentati delle principali associazioni di utenti e consumatori al fine di dare la massima visibilità e trasparenza all'attività dell'istituto bancario indipendente.
9/1941/110. Pinna.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, modificato durante l'esame al Senato, detta disposizioni concernenti il capitale della Banca d'Italia. In estrema sintesi, si ribadisce a natura della Banca d'Italia di istituto di diritto pubblico, banca centrale della Repubblica italiana e parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo; se ne afferma l'indipendenza nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze;
il comma 6-bis), inserito al Senato, introduce l'obbligo dell'istituto di riferire annualmente alle Camere sulle operazioni di partecipazione al proprio capitale,
impegna il Governo
ad acquisire e a pubblicare sul proprio sito web l'intera documentazione trasmessa alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al capitale della Banca d'Italia.
9/1941/111. Prodani.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013 ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché nella cessione degli immobili pubblici viziati da irregolarità edilizie o urbanistiche, il responsabile delle irregolarità urbanistiche debba motivare le ragioni per le quali non si è proceduto al ripristino dello stato dei luoghi secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche ed edilizie, e l'acquirente debba impegnarsi alla rimozione delle irregolarità medesime in un termine congruo.
9/1941/112. Massimiliano Bernini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 133 del 2013 ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
affinché si adoperi, al fine di ridurre gli oneri della pubblica amministrazione per le locazioni degli immobili anche attraverso il censimento, da parte dell'Agenzia del Demanio, del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato o da recuperare, al fine di destinarlo a sede di uffici, enti ed istituzioni che utilizzano immobili in locazione da soggetti privati.
9/1941/113. Brugnerotto.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, affinché le nuove quote di partecipazione emesse da Banca d'Italia siano sottoposte ad un'imposta straordinaria, non inferiore al 25 per cento del valore della plusvalenza realizzata, da determinare con provvedimento successivo.
9/1941/114. Di Benedetto.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché per l'anno 2014, Banca d'Italia trasmetta semestralmente una relazione alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. La relazione dovrà riguardare l'attività svolta nel corso dell'esercizio 2014 da Banca d'Italia, evidenziando, in particolar modo, l'acquisito parere della BCE sulle modifiche normative introdotte dal presente provvedimento.
9/1941/115. Di Vita.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, siano tenute in conto, oltre alle segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, anche quelle provenienti da comitati di cittadini residenti nell'area ove sia localizzato l'immobile.
9/1941/116. D'Incà.
La Camera,
premesso che:
decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, siano individuati i criteri attraverso i quali definire le associazioni portatrici di interesse diffusi.
9/1941/117. Fantinati.
La Camera,
premesso che:
decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, le segnalazioni provenienti da associazioni portatrici di interessi diffusi siano necessariamente valutate dal dicastero competente, sollecitando quest'ultimo a comunicare alla popolazione residente le eventuali decisioni difformi rispetto ad esse.
9/1941/118. Fico.
La Camera,
premesso che:
decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, sia tenuto in conto, oltre alle segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, anche quelle provenienti da qualunque associazione operante da almeno 2 anni nella provincia ove sia localizzato l'immobile.
9/1941/119. Frusone.
La Camera,
premesso che:
decreto-legge ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione delle immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
all'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite,
impegna il Governo
ad adottare le misure necessarie a far sì che nell'individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato aventi rilevante interesse ambientale di cui in premessa, sia tenuto in conto, oltre alle segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, anche quelle provenienti dalle associazioni di protezione ambientale ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.
9/1941/120. Gallinella.
La Camera,
premesso che:
risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
il provvedimento in parola interviene sull'importante tema della dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, così come previsto dall'articolo 66 decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, stabilendo, in particolare che il decreto di individuazione dei terreni è adottato entro il 30 aprile 2014;
l'assegnazione in affitto o concessione ai giovani imprenditori agricoli dei terreni demaniali a vocazione agricola non potrà avvenire ad un canone inferiore rispetto a quello base indicato nell'avviso pubblico di gara, al fine di assicurare la tutela dell'interesse economico nell'utilizzo di beni pubblici;
posto che, se il concessionario o l'affittuario è destinatario di un pagamento di base o di un pagamento per i giovani agricoltori a valere sulla Politica Agricola Comune, qualora il canone di cui sopra fosse superiore all'eventuale pagamento PAC, ne risulterebbe del tutto vanificato il beneficio comunitario,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di stabilire, qualora il concessionario o affittuario di un terreno demaniale a vocazione agricola riceva pagamenti a titolo PAC, un canone di assegnazione non superiore all'eventuale beneficio comunitario.
9/1941/121. Mantero.
La Camera,
premesso che:
risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
il provvedimento in parola interviene sull'importante tema della dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, così come previsto dall'articolo 66 decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, stabilendo, in particolare che il decreto di individuazione dei terreni è adottato entro il 30 aprile 2014;
alcuni recenti interventi normativi hanno disposto la vendita dei terreni agricoli e a vocazione agricola di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ai giovani imprenditori agricoli;
alienare la terra pubblica significa non considerare il fatto che essa è un bene comune e garantire il suo accesso deve essere una prerogativa dello Stato; al contrario mettere in vendita la terra pubblica «al miglior offerente» potrebbe comportare gravi conseguenze in termini speculazione; vedi il fenomeno, esacerbato dalla crisi energetica, del land grabbing: oltre 700.000 piccole aziende sono sparite nell'arco di un decennio e il 30 per cento dei terreni fertili è in mano all'1 per cento delle aziende;
considerato che la stessa finalità di sostegno e potenziamento del settore agricolo nazionale può essere adeguatamente perseguita attraverso l'affidamento in locazione di detti terreni ai giovani imprenditori e ai giovani agricoltori come definiti dal Regolamento CE n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005,
impegna il Governo
a promuovere e potenziare l'occupazione giovanile valorizzando il settore agricolo nazionale e in particolare valutando la possibilità di disporne l'affidamento in locazione delle terre agricole e a vocazione agricola favorendo il ricambio generazionale e l'accesso alla terra da parte dei giovani agricoltori, con priorità a quei soggetti che presentino progetti di agricoltura biologica non intensiva e volta a valorizzare i prodotti agroalimentari del territorio nazionale.
9/1941/122. Lupo.
La Camera,
premesso che:
risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
il provvedimento in parola all'articolo 1 stabilisce l'abolizione della seconda rata IMU relativa al 2013, con riferimento a determinate categorie di immobili tra cui i terreni agricoli e i fabbricati rurali ad uso strumentale;
in particolare l'abolizione della seconda rata IMU 2013 si applica ai terreni agricoli, nonché ai terreni non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti (CD) e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella previdenza agricola e analoga abolizione è prevista per i fabbricati rurali ad uso strumentale, quali quelli elencati nell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge n. 557 del 1993;
visto che restano esclusi dall'applicazione dell'agevolazione i terreni agricoli e i fabbricati rurali non rientranti nelle fattispecie sopra delineate, comportano un'evidente penalizzazione del comparto agricolo,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad esonerare dalla seconda rata IMU 2013, al fine di non penalizzare il comparto agricolo, tutti i terreni agricoli e gli immobili rurali, senza eccezioni, come peraltro già disposto dal decreto-legge n. 54 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2013, n. 85 e dal decreto n. 102 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124.
9/1941/123. Grillo.
La Camera,
premesso che:
risultano estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
vista l'urgenza di rivedere la fiscalità agricola, e in particolare, l'IMU rurale, al fine di disporre a regime l'esenzione per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni agricoli;
al fine di quantificare il minor gettito derivante dalla non debenza della seconda rata dell'imposta municipale sperimentale disposta dal provvedimento in esame, si è considerato il gettito IMU riferito all'anno 2012;
tuttavia che il gettito dei terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, nonché quelli non coltivati, è un aggregato più ristretto rispetto a quello dell'anno 2012 che riguardava tutti i terreni e che la stessa considerazione è da farsi per il gettito riferito ai fabbricati rurali ad uso strumentale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di ricalcolare l'entità del gettito associato alle diverse fattispecie che hanno portato alla quantificazione stimata con riguardo alle differenze previste dalle disposizioni di cui al provvedimento in titolo rispetto a quanto stabilito dal decreto-legge n. 54 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2013, n. 85 e dal decreto n. 102 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, al fine di precisare l'importo complessivo dell'onere derivante dalla non debenza dell'IMU rurale e riassegnare al comparto primario le maggior risorse finalizzate al ristoro del minor gettito complessivo.
9/1941/124. Silvia Giordano.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile ad avviso dei presentatori lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché ai fini della determinazione del limite di possesso di quote del capitale della Banca d'Italia stabilito dal comma 5, si applichi la nozione di controllo il quale sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile e in presenza di contratti o di clausole statutarie che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l'attività di direzione e coordinamento.
9/1941/125. Luigi Gallo.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché i soggetti che, anche attraverso società controllate, svolgono in misura rilevante attività d'impresa in settori non bancari né finanziari non possano essere autorizzati ad acquisire partecipazioni quando la quota dei diritti di voto complessivamente detenuta sia superiore al 15 per cento o quando ne consegua, comunque, il controllo della banca. A tali fini, la Banca d'Italia individua i diritti di voto e gli altri diritti rilevanti.
9/1941/126. Lorefice.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, al fine di separare le banche commerciali dalle banche d'affari, anche mediante modifica, integrazione e coordinamento della disciplina vigente di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
9/1941/127. Cristian Iannuzzi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché la Banca d'Italia autorizzi preventivamente l'acquisizione a qualsiasi titolo in una banca di partecipazioni che comportano il controllo o la possibilità di esercitare un'influenza notevole sulla banca stessa o che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 5 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già possedute.
9/1941/128. Grande.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, finalizzate ad introdurre le modalità di restituzione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, in ottemperanza al disposto dell'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, assumendo come importo base il valore nominale delle partecipazioni medesime e applicando come all'importo base la maggiorazione pari alla media degli utili netti assegnati ai partecipanti negli ultimi cinque anni.
9/1941/129. Marzana.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo:
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, al fine di prevedere il divieto per le banche commerciali di detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commerciale di qualsiasi natura con i soggetti di seguito elencati:
1) banche d'affari;
2) banche d'investimento;
3) società di intermediazione mobiliare;
4) tutte le altre tipologie di società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico.
9/1941/130. Mucci.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, al fine di introdurre il divieto per i rappresentanti, i direttori, i soci di riferimento e gli impiegati delle banche d'affari, le banche d'investimento, le società di intermediazione mobiliare e in generale tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico, di detenere posizioni di controllo e di ricoprire cariche direttive nelle banche commerciali.
9/1941/131. Parentela, Petraroli.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del testo in esame prevede un processo di ricapitalizzazione fino a 7,5 miliardi di euro della Banca d'Italia e la messa sul mercato di quote non superiori al 3 per cento del capitale;
il testo originario del decreto stabiliva che quote di partecipazione al capitale potranno appartenere tra l'altro a banche e imprese di assicurazione e di riassicurazione, aventi sede legale in Italia ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;
il testo originario prevedeva altresì che all'acquisizione di quote di capitale fossero ammessi anche i fondi pensione complementari comunitari operativi in Italia, stabilendo altresì il requisito della soggettività giuridica;
il Senato ha soppresso queste possibilità stabilendo che possano partecipare alle quote solo banche e imprese di assicurazione e di riassicurazione e aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; ha altresì soppresso la possibilità di partecipazione alle quote dei fondi pensione complementari comunitari operativi in Italia;
queste esclusioni sollevano perplessità per quel che riguarda la compatibilità con la normativa comunitaria; tali perplessità trovano riscontro nel parere della Commissione lavoro, almeno per quel che riguarda l'esclusione dalla partecipazione di fondi pensioni comunitari;
è opportuno che il procedimento di messa sul mercato delle quote, successivamente alla ricapitalizzazione sia svolta con il massimo ordine e nel rigoroso rispetto dei principi e delle norme dell'Unione Europea;
numerose perplessità sono state sollevate nel corso del dibattito, in relazione al fatto che le norme in esame non attribuiscono allo Stato Italiano una percentuale significativa delle quote; questo è stato percepito da diverse forze politiche come una sorta di perdita di Sovranità Nazionale,
impegna il Governo:
a disporre la sospensione del procedimento di messa sul mercato delle quote derivanti dalla ricapitalizzazione della Banca d'Italia al fine di richiedere all'Unione Europea un parere di compatibilità su quanto previsto dall'articolo 4, comma 4, lettere a), b) e d) del provvedimento in titolo;
a valutare la possibilità di detenere presso il Tesoro una percentuale delle quote di Bankitalia, tale da garantirne il controllo pubblico.
9/1941/132. Saltamartini.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, finalizzate affinché si stabilisca un differente trattamento fiscale tra banche commerciali e banche d'affari orientato a favorire le prime, in considerazione della loro attività a sostegno dell'economia reale e in particolare in favore dei risparmiatori e delle piccole e medie imprese.
9/1941/133. Pisano.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
l'articolo 117 della Costituzione prevede che il «governo del territorio» sia materia affidata alla competenza concorrente di Stato e Regioni mentre queste ultime, nel nuovo condono edilizio approvato nel decreto legge in esame, vengono completamente esautorate dal poter esprimere la loro competenza legislativa, in chiara violazione del dettato costituzionale così come chiarito, in occasione dell'ultimo condono (decreto-legge n. 269 del 2003), dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 196 del 2004),
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sospenderne l'efficacia;
a convocare, nel più breve tempo possibile, una Conferenza Stato-regioni al fine di consentire il pieno esercizio della potestà legislativa concorrente da parte delle regioni in materia di «governo del territorio».
9/1941/134. Toninelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per le aree pubbliche da destinare a parco siano immediatamente avviate le relative procedure istitutive.
9/1941/135. Busto.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per identificare le aree pubbliche da destinare a parco siano previste forme di consultazione popolare dotate della massima pubblicità e trasparenza.
9/1941/136. Cariello.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per salvaguardare le aree pubbliche da destinare a parco siano previste delle misure di salvaguardia fin dalla loro individuazione da parte degli enti pubblici locali.
9/1941/137. Cancelleri.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché nella istituzione delle nuove aree parco sia garantita la cogestione e la partecipazione dei cittadini attraverso il ricorso allo strumento della comunità del parco, da inserire all'interno dello statuto dell'ente di gestione.
9/1941/138. Carinelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per salvaguardare le aree pubbliche da destinare a parco siano previste delle misure di salvaguardia fin dalla loro individuazione da parte degli enti pubblici locali.
9/1941/139. Caso.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché sia previsto che gli edifici da destinare permanentemente alla proprietà pubblica, siano destinati prioritariamente ad usi che ne valorizzino definitivamente la fruizione pubblica.
9/1941/140. Castelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché la domanda di sanatoria possa essere presentata soltanto se gli interventi irregolari consistano in interventi di restauro e di risanamento conservativo e quando l'opera sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell'abuso, sia al momento della presentazione della domanda.
9/1941/141. Catalano.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché non possano presentare domanda di sanatoria edilizia soggetti condannati per reato non colposo o per violazioni della normativa urbanistico-edilizia.
9/1941/142. Cecconi.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, i comuni, le province, e le regioni, le amministrazioni statali e tutti i soggetti pubblici provvedano ad inviare al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco delle proprietà immobiliari private con contratto di locazione passivo, con specificazione dei canoni e degli oneri sostenuti per la locazione.
9/1941/143. Chimienti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché il rilascio della sanatoria sia subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, di un contributo speciale aggiuntivo determinato con legge regionale.
9/1941/144. Ciprini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
al comma 2-quinquies si prevede che alcune aree pubbliche che vengano mantenute in proprietà dallo Stato siano vincolate ad area naturale protetta,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché per la individuazione degli immobili da mantenere in proprietà pubblica si possa tener conto anche delle segnalazioni dei singoli cittadini.
9/1941/145. Colletti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché le procedure di dismissione prevedano la più ampia trasparenza sulla struttura finanziaria delle operazioni di compravendita degli immobili pubblici, con particolare riferimento alla pubblicazione degli atti, informazioni, documenti utili alla conoscenza dei passaggi di titolarità del patrimonio pubblico e alla valutazione degli effetti sulla finanza pubblica delle operazioni di cartolarizzazione di immobili pubblici.
9/1941/146. Della Valle.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
all'articolo 3, comma 1, è introdotto un'allargamento del condono edilizio di cui all'articolo 40 della legge n. 47 del 1985,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il responsabile dell'abuso edilizio motivi le ragioni per le quali non si è proceduto al ripristino dello stato dei luoghi secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche ed edilizie e l'acquirente si impegni alla rimozione dell'irregolarità medesime in un termine congruo.
9/1941/147. Dell'Orco.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
ai commi 2-quater e seguenti si prevede che alcune aree pubbliche vengano mantenute in proprietà dallo Stato,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché, per la individuazione degli immobili da mantenere in proprietà pubblica, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo motivino in tempi brevi l'eventuale diniego alla richieste di mantenimento della proprietà pubblica.
9/1941/148. Colonnese.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché le acquisizioni degli immobili pubblici non possano essere effettuate da soggetti pubblici o privati aventi sede in paradisi fiscali o che abbiano usufruito, negli ultimi venti anni, di procedure di scudo fiscale per il rientro di capitali illecitamente esportati o detenuti all'estero.
9/1941/149. De Lorenzis.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché siano esclusi dalla trattativa per l'acquisto degli immobili pubblici i soggetti che siano stati condannati o abbiano procedimenti in corso per reati fiscali o tributari.
9/1941/150. Del Grosso.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché si assicuri la vigilanza sulle operazioni di vendita e cartolarizzazione al fine di verificare la corretta attuazione delle normative vigenti in materia, prevenire fenomeni di riciclaggio o autoriciclaggio dei capitali di provenienza illecita, garantire la prevenzione e il contrasto delle operazioni speculative.
9/1941/151. De Rosa.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché, prima di procedere alle alienazioni di immobili pubblici, pubblichi il censimento degli immobili pubblici situati all'interno dei territori comunali.
9/1941/152. D'Ambrosio.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha come oggetto la revisione della normativa sulla tassazione degli immobili – a partire dall'abolizione della seconda rata IMU dovuta per l'anno 2013 –, la modifica della disciplina in materia di alienazione di immobili pubblici e, infine, una serie di disposizioni normative sulla Banca d'Italia;
l'articolo 3 del decreto-legge contiene norme dirette a facilitare il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, quello dello Stato, ma anche quello degli enti territoriali;
l'articolo 3, comma 1, estende il condono edilizio previsto dall'articolo 40 della legge n. 47 del 1985 solo per gli immobili soggetti a procedure esecutive anche agli immobili pubblici acquistati dai privati;
l'articolo 118 della Costituzione affida agli enti territoriali gli interventi di pianificazione e controllo locale, mentre, a seguito della norma in esame le Regioni e gli enti locali sono costretti a subire, anziché governare, le destinazioni urbanistiche del territorio;
preso atto della assoluta indeterminatezza della norma che non esprime neanche se si possono condonare abusi in area vincolata, per quali superfici massime, né se c’è un termine massimo per terminare il fabbricato,
impegna il Governo
ad adottare ogni provvedimento normativo, diretto a restituire agli enti territoriali la capacità di governo del territorio, anche mediante l'attribuzione della possibilità di escludere parti del proprio territorio dall'applicabilità della nuova forma di condono edilizio.
9/1941/153. Lombardi.
La Camera,
premesso che:
sono estremamente penalizzanti per il comparto primario le disposizioni introdotte in materia di imposta municipale sperimentale;
il provvedimento in parola interviene sull'importante tema della dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, così come previsto dall'articolo 66 del decreto-legge del 24 gennaio 2012 n. 1, stabilendo, in particolare che il decreto di individuazione dei terreni è adottato entro il 30 aprile 2014;
è necessario sostenere il ricambio generazionale nel settore primario, posto che l'occupazione giovanile, come risulta da recenti statistiche cresce solo in agricoltura che fa registrare un aumento record di oltre l'8,5 per cento nelle assunzioni di giovani sotto i 35 anni di età al primo trimestre 2013, nonostante gli effetti negativi della crisi economica che impatta fortemente sui costi di produzione non adeguatamente compensati da un aumento dei consumi;
alcuni recenti interventi normativi hanno disposto la vendita dei terreni agricoli e a vocazione agricola di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ai giovani imprenditori agricoli;
la terra è un bene comune e che il suo accesso non può essere inquadrato in uno schema di vendita che, di fatto, trasforma i terreni agricoli statali in un bene privato,
impegna il Governo
a valorizzare, promuovere e potenziare il settore agricolo nazionale valutando la possibilità di rivedere la disciplina della vendita delle terre agricole e a vocazione agricola al fine di disporne l'affidamento in locazione favorendo il ricambio generazionale e il primo insediamento da parte di giovani imprenditori e giovani agricoltori.
9/1941/154. L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del provvedimento, il cui contenuto non è variato durante l'esame al Senato, modifica il quadro normativo in materia di accise, precisando che gli incrementi di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, previsti a copertura di alcune norme di tutela dei beni culturali e del finanziamento del tax credit nel settore cinematografico si riferiscono alle aliquote di accisa come successivamente rideterminate dall'articolo 25 del decreto-legge n. 104 del 2013;
per effetto del combinato disposto dei decreti-legge n. 91 del 2013 e n. 104 del 2013 sono stati disposti successivi aumenti delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico;
in aggiunta a tali disposizioni, le lettere e-bis) ed e-ter) del comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 91 del 2013 hanno previsto ulteriori incrementi delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, a copertura, rispettivamente, dell'articolo 5, commi 3 e 3-bis (restauro del Mausoleo di Augusto, tutela di beni culturali e celebrazioni di particolari ricorrenze), e dell'articolo 8 (tax credit cinema) del medesimo decreto-legge; gli incrementi di accisa previsti dalle citate lettere e-bis) ed e-ter) si riferiscono alle aliquote di accisa come rideterminate dall'articolo 25 del decreto-legge n. 104 del 2013;
non sembra condivisibile il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza con interventi di rimodulazione delle accise, ancorché con finalità apprezzabili, dando vita ad una sorta di tassazione di scopo priva di una ragionevole correlazione,
impegna il Governo
ad effettuare e trasmettere al Parlamento una puntuale e completa ricognizione del quadro normativo in materia di accise, evidenziando anche, sul piano cronologico, sia l'andamento del gettito in funzione delle relative aliquote sia – là dove presente – le finalità previste.
9/1941/155. Micillo.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, finalizzate affinché ai fini degli obblighi di pubblicità e di trasparenza delle retribuzioni e degli emolumenti del Governatore della Banca d'Italia e dei membri del direttorio, si applichi quanto stabilito all'articolo 3, commi 44, 45 e 46 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. A tal fine, qualsiasi forma di compenso, a qualsiasi titolo corrisposto ai predetti soggetti deve essere conoscibile mediante pubblicazione sul sito Internet istituzionale della Banca d'Italia in osservanza di quanto stabilito dall'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e successive modificazioni.
9/1941/156. Manlio Di Stefano.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché la Banca d'Italia autorizzi preventivamente l'acquisizione a qualsiasi titolo in una banca di partecipazioni che comportano il controllo o la possibilità di esercitare un'influenza notevole sulla banca stessa o che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 5 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già possedute.
9/1941/157. Gagnarli.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché nelle sue funzioni di autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo, la Banca d'Italia, di concerto con la Banca Centrale Europea assolva i compiti di vigilanza collegati ai piani di risanamento e alle misure di intervento precoce qualora un ente creditizio o gruppo non soddisfi o rischi di violare i requisiti prudenziali applicabili, nonché, solo nei casi previsti espressamente dal pertinente diritto dell'Unione per le autorità competenti, a cambiamenti strutturali richiesti agli enti creditizi per prevenire lo stress finanziario o il fallimento, ad esclusione dei poteri di risoluzione.
9/1941/158. Fraccaro.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché ai partecipanti il capitale sociale della Banca d'Italia possano essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore a una percentuale del capitale sociale pari al tasso medio ponderato riconosciuto sui titoli del debito pubblico con durata non superiore all'anno, emessi nell'anno solare precedente dallo Stato italiano.
9/1941/159. Ferraresi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative legislative, affinché in veste di autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo, la Banca d'Italia, di concerto con la Banca Centrale Europea eserciti la vigilanza su base consolidata sulle imprese madri degli enti creditizi stabilite in uno degli Stati membri partecipanti al meccanismo di vigilanza unico, comprese le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria mista.
9/1941/160. D'Uva.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché il Consiglio Superiore della Banca d'Italia, composto del Governatore e di 13 consiglieri, sia nominato nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca, fra i candidati individuati nell'ambito di un comitato costituito all'interno dello stesso Consiglio tra persone che posseggano i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità previsti dallo Statuto della Banca d'Italia; ad adoperarsi affinché tra le cause di esclusione dalla carica di componente del Consiglio sia necessariamente ricompresa l'emissione a carico dei medesimi soggetti di una sentenza di condanna in primo grado per i reati non contravvenzionali previsti dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari e di strumenti di pagamento.
9/1941/161. Di Battista.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché quale autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico europeo, la Banca d'Italia, di concerto con la Banca Centrale Europea effettui le valutazioni prudenziali comprese, se del caso in coordinamento con l'Autorità Bancaria Europea, le prove di stress e la loro eventuale pubblicazione, per accertare se i dispositivi, le strategie, i processi e meccanismi instaurati dagli enti creditizi e i fondi propri da essi detenuti permettano una gestione solida e la copertura dei rischi e, alla luce di tale valutazione prudenziale, imporre agli enti creditizi obblighi specifici in materia di fondi propri aggiuntivi, specifici requisiti di informativa e di liquidità, nonché altre misure, ove specificamente contemplati dal pertinente diritto dell'Unione.
9/1941/162. Dieni.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo:
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, anche legislative, affinché, ai fini della determinazione del limite di possesso di quote del capitale della Banca d'Italia, si applichi la nozione di controllo definitiva nei seguenti termini;
il controllo si considera esistente nella forma dell'influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra una delle seguenti situazioni:
1) esistenza di un soggetto che, sulla base di accordi, ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori o del consiglio di sorveglianza ovvero dispone da solo della maggioranza dei voti ai fini delle deliberazioni relative alle materie di cui agli articoli 2364 e 2364-bis del codice civile;
2) possesso di partecipazioni idonee a consentire la nomina o la revoca della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza;
3) sussistenza di rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario ed organizzativo idonei a conseguire uno dei seguenti effetti:
a) la trasmissione degli utili o delle perdite;
b) il coordinamento della gestione dell'impresa con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune;
c) l'attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute;
d) l'attribuzione, a soggetti diversi da quelli legittimati in base alla titolarità delle partecipazioni, di poteri nella scelta degli amministratori o dei componenti del consiglio di sorveglianza o dei dirigenti delle imprese;
4) assoggettamento a direzione comune, in base alla composizione degli organi amministrativi o per altri concordanti elementi.
9/1941/163. Liuzzi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 4 e 5 del provvedimento in titolo ridefiniscono la governance della Banca d'Italia, modificando il quadro normativo concernente il capitale della Banca d'Italia nonché le disposizioni relative alla sua organizzazione;
è assolutamente non condivisibile lo strumento del decreto-legge su una questione delicata e strategica, che avrebbe dovuto essere oggetto di ampio e approfondito dibattito nelle sedi consone, quelle parlamentari,
impegna il Governo:
ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative, legislative, affinché, sia sancito ed incardinato il principio della Proprietà popolare della moneta nel rispetto delle seguenti norme:
1. La moneta all'atto dell'emissione è di proprietà dei cittadini italiani e va accreditata dalla Banca centrale allo Stato.
2. Presso la Banca d'Italia è attivato un Fondo finalizzato alla restituzione di somme alle vittime di dissesti finanziari, di seguito denominato ”Fondo di cittadinanza”.
3. L'accensione del Fondo di cittadinanza avviene automaticamente entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ed è finalizzato alla restituzione di somme per tutti i cittadini italiani rimasti vittime di dissesti finanziari.
4. A valere sulle risorse del Fondo di cittadinanza non sono permesse operazioni se non quelle previste dalla legge di conversione del presente decreto.
5. Il valore delle banconote emesse da parte della Banca d'Italia in base all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, è accreditato sul Fondo di cittadinanza al momento dell'emissione.
6. I costi di stampa e di emissione delle banconote sono rimborsati dallo Stato alla Banca d'Italia tramite un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze e alimentato dalla fiscalità generale.
7. Le operazioni della Banca d'Italia con il sistema bancario o con lo Stato avvengono attraverso il Fondo di cittadinanza, che è gestito dalla Banca d'Italia gratuitamente.
8. Il valore delle banconote emesse costituisce una passività per il solo Fondo di cittadinanza; tale passività è addebitata al momento in cui le banconote sono scambiate con lo Stato o con gli istituti bancari.
9. Il valore delle attività scambiate con lo Stato o con gli istituti bancari per le banconote emesse è accreditato sul Fondo di cittadinanza.
9/1941/164. Paolo Nicolò Romano.
La Camera,
premesso che:
il decreto legge 30 in esame, all'articolo 3, disposizioni in materia di immobili pubblici;
l'articolo 3, al comma 1, prevede che alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248 si applicano le disposizioni di cui al sesto comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
il sesto comma del citato articolo 40 prevede la possibilità di presentare domanda di sanatoria, ai fini urbanistico-edilizi, relativamente a immobili oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile, sempre che l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della stessa legge 28 febbraio 1985, n. 47;
la domanda di sanatoria – relativamente agli immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 – può essere presentata entro un anno dall'atto di trasferimento;
l'articolo 3, al comma 1, del decreto legge 30 novembre 2013, n. 133 estende la possibilità di presentare domanda di sanatoria per gli immobili interessati dai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica;
il capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come integrato e modificato da successivi provvedimenti legislativi, definisce, tra le altre cose, non suscettibili di sanatoria, le opere realizzate in contrasto con i vincoli, elencati nell'articolo 33 della stessa legge e qualora detti vincoli comportino in edificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse;
lo stesso articolo 33 stabilisce che sono escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della legge 1o giugno 1939, n. 1089, ossia sui beni culturali di cui alla parte seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che non siano compatibile con la tutela medesima;
lo stesso capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47 fissa le condizioni in presenza delle quali le opere costruite su aree sottoposte a vincoli possono essere sanate, e disciplina la procedura da osservare in questi casi stabilendo che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è, comunque, subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso;
la disposizione normativa introdotta con il decreto legge 30 novembre 2013, n. 133, con specifico riferimento agli immobili pubblici oggetto di atti di trasferimento già sottoscritti, può innescare dei contenziosi tra le parti, in caso di non suscettibilità di sanatoria delle opere realizzate ovvero di rigetto della domanda di sanatoria,
impegna il Governo:
1. a provvedere affinché l'Agenzia del Demanio comunichi ai soggetti che hanno sottoscritto atti di trasferimento di immobili pubblici – per i quali non è decorso il termine di 12 mesi fissato dall'articolo 3, comma 1 – la data entro la quale possono presentare domanda di sanatoria, di cui all'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985, informandone contestualmente, con appositi avvisi pubblici, i comuni nel cui territorio è ubicato l'immobile oggetto della compravendita;
2. con particolare riferimento agli immobili pubblici oggetto di atti di trasferimento, già sottoscritti e divenuti comunque efficaci, a intervenire – anche nel primo provvedimento di iniziativa governativa utile – per definire:
a) il regime giuridico degli stessi immobili, in caso di non suscettibilità di sanatoria delle opere realizzate ovvero di rigetto della domanda di sanatoria di cui all'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985, presentata nei termini stabiliti dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge in esame;
b) i procedimenti da osservare – in caso di non suscettibilità di sanatoria delle opere realizzate ovvero di rigetto della domanda di sanatoria di cui all'articolo 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985 – per provvedere alla demolizione delle opere abusive, alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi e/o alla rifunzionalizzazione degli immobili e delle aree in questione, compatibile con la strumentazione urbanistica e i regolamenti edilizi approvati e vigenti ovvero comunque adottati;
inserire nei provvedimenti con i quali vengono indette le aste pubbliche per la cessione degli immobili pubblici, l'indicazione concernente la sussistenza dell'obbligo di presentare la domanda di sanatoria, di cui all'articolo comma 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985;
sospendere, in modo espresso, l'efficacia degli atti di trasferimento degli immobili – per i quali è necessario presentare la domanda di sanatoria, di cui all'articolo comma 40, sesto comma, della legge n. 47 del 1985 – al buon esito del procedimento di rilascio della sanatoria edilizia.
9/1941/165. Rizzo.
La Camera,
premesso che:
il decreto legge 30 in esame, all'articolo 3, disposizioni in materia di immobili pubblici;
l'articolo 3, al comma 2-quater, prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, proceda all'individuazione – nell'ambito dei beni demaniali e di quelli facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile di cui alla legge 23 novembre 2001, n. 210 – dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi delle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
l'articolo 3, al comma 2-quinquies, prevede che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, proceda all'individuazione – nell'ambito dei beni demaniali e di quelli facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile di cui alla legge 23 novembre 2001, n. 210 – dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti finalizzati all'istituzione di aree naturali protette ai sensi della legge quadro in materia di aree protette, o all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite;
l'articolo 3, al comma 2-sexies prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, comunicano l'avvio dei procedimenti, di cui ai richiamati commi 2-quater e 2-quinquies, all'Agenzia del demanio che entro e non oltre due mesi dal ricevimento della comunicazione procede conseguentemente alla sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione;
l'articolo 3, ai commi 2-quater e 2-quinquies, stabilisce che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procedono all'individuazione dei beni da sottoporre a tutela – dei quali deve essere mantenuta la proprietà dello Stato – anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi,
impegna il Governo:
affinché nell'ambito dei procedimenti – di cui all'articolo 3, commi 2-quater e 2-quinquies del decreto-legge in esame – finalizzati all'individuazione, da parte dei Ministri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei beni da sottoporre a tutela dei quali deve essere mantenuta la proprietà dello Stato, la consultazione con le regioni, gli enti locali e le associazioni portatrici di interessi diffusi e con le comunità interessate avvenga mediante lo svolgimento di un'inchiesta pubblica, con modalità da definire in modo analogo a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 24;
affinché dell'avvio dei procedimenti, di cui all'articolo 3, commi 2-quater e 2-quinquies del decreto-legge in esame finalizzati all'individuazione dei beni da sottoporre a tutela dei quali deve essere mantenuta la proprietà dello Stato, da parte dei Ministri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare venga data notizia a mezzo stampa e sul sito web dei Ministeri competenti e di tutte le regioni italiane, con l'indicazione dei modi e dei termini per la presentazione, da parte di chiunque, di osservazioni e proposte.
9/1941/166. Mannino.
La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 4 individua le categorie di investitori che possono acquisire le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia: banche, assicurazioni, fondazioni, enti e istituti di previdenza e assicurazione;
ai sensi del comma 5 del medesimo articolo ciascun partecipante non può possedere una quota capitale superiore al 3 per cento, né direttamente, né indirettamente;
il successivo comma 6 consente alla Banca d'Italia di acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati dal precedente comma; per tali quote il diritto di voto viene sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia,
impegna il Governo:
ad intervenire quanto prima con un provvedimento che applichi a tutte le quote che eccedono i limiti del 3 per cento fissati al comma 5 l'imputazione dei dividendi a riserve statutarie della Banca d'Italia, ristabilendo così un reale incentivo alle banche private detentrici di suddette quote a cederle entro i tempi previsti per legge;
a raccomandare alla Banca d'Italia di assicurare che nell'esercizio della facoltà di acquisto temporaneo delle proprie quote di capitale e di successiva cessione, finalizzata a favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al capitale fissati al comma 5 dell'articolo 4, il prezzo di rivendita non sia inferiore a quello del precedente acquisto, e che il pagamento del prezzo per l'acquisto delle quote di partecipazione sia differito al momento dell'effettivo realizzo da parte di Banca d'Italia;
a invitare altresì la Banca d'Italia, sempre nell'ambito dell'esercizio della predetta facoltà, a contrarre nella misura massima possibile l'intervallo temporale tra l'acquisto temporaneo e la successiva cessione.
9/1941/167. Tinagli.
Relatori: BRATTI, per la maggioranza; DE ROSA e GRIMOLDI, di minoranza.
N. 5.
Seduta del 23 gennaio 2014
(Il fascicolo non comprende gli emendamenti ritirati, quelli dichiarati inammissibili e quelli votati)
ART. 7.
(Modificazioni all'articolo 1 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89).
Al comma 1, lettera d), sostituire le parole: l'80 per cento del numero complessivo delle prescrizioni con le seguenti: l'80 per cento del volume complessivo, in termini di impegno economico necessario, delle prescrizioni.
7. 26. Zaratti, Zan, Pellegrino, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Lacquaniti, Ferrara.
Al comma 1, sopprimere la lettera e).
* 7. 29. De Lorenzis, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Micillo, Luigi Di Maio, Fico, Colonnese, Luigi Gallo, Tofalo, Silvia Giordano, Pisano, Sibilia.
Al comma 1, sopprimere la lettera e).
* 7. 30. Zan, Zaratti, Pellegrino, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Lacquaniti, Ferrara.
Al comma 1, lettera e), quarto periodo, aggiungere, in fine, le parole: fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale.
Conseguentemente, al quinto periodo, sostituire le parole: i pareri non espressi si intendono resi in senso favorevole con le seguenti: si applicano le disposizioni di cui all'articolo 14-ter, commi 4 e 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
7. 210. Furnari, Labriola.
Al comma 1, lettera e), sopprimere il quinto periodo.
7. 211. Zan, Zaratti, Pellegrino, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Lacquaniti, Ferrara.
Al comma 1, lettera e), sopprimere il penultimo periodo.
*7. 212. Zan, Zaratti, Pellegrino, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Lacquaniti, Ferrara.
Al comma 1, lettera e), sopprimere il penultimo periodo.
*7. 213. De Lorenzis.
Al comma 1, lettera e), sopprimere l'ultimo periodo.
7. 214. De Lorenzis.
Al comma 1, lettera e), aggiungere, in fine, il seguente periodo: A tali procedimenti semplificati non possono essere sottoposte le autorizzazioni in materia di gestione rifiuti, per le quali rimangono in vigore i termini ed i procedimenti previsti dal decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 152.
7. 35. Crippa, Petraroli, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Micillo, Luigi Di Maio, Fico, Colonnese, Luigi Gallo, Tofalo, Silvia Giordano, Pisano, Sibilia.
Al comma 1, lettera e), aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'esecuzione delle opere previste all'interno di aree ricadenti nella proprietà aziendale, che non siano state ancora oggetto di caratterizzazione di suolo e falde, possono essere avviate solo al completamento di quanto previsto in materia di bonifica di siti contaminati e comunque non senza l'effettuazione di una messa in sicurezza.
7. 36. Crippa, Petraroli, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Micillo, Luigi Di Maio, Fico, Colonnese, Luigi Gallo, Tofalo, Silvia Giordano, Pisano, Sibilia.
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
*7. 37. Crippa, Petraroli, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Micillo, Luigi Di Maio, Fico, Colonnese, Luigi Gallo, Tofalo, Silvia Giordano, Pisano, Sibilia, De Lorenzis.
Al comma 1, sopprimere la lettera f).
*7. 38. Zan, Zaratti, Pellegrino, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Lacquaniti, Ferrara.
Al comma 1, sostituire la lettera g) con la seguente:
g) dopo il comma 11-bis, sono aggiunti i seguenti:
«11-bis. Al fine di reperire le risorse necessarie per l'attuazione dell'a.i.a. e per l'adozione delle misure previste nel piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e l'adozione del piano industriale in tempi compatibili con le esigenze dell'impresa soggetta a commissariamento, e comunque non oltre l'anno 2014, le somme necessarie possono essere richieste dall'amministratore straordinario al Fondo strategico italiano SpA istituito presso la Cassa depositi e prestiti. Come corrispettivo di tali somme sono conferite al Fondo citato quote azionarie della società proprietaria dello stabilimento. Le medesime quote azionarie possono essere acquistate o riacquistate dalla società proprietaria dello stabilimento una volta adempiute tutte le prescrizioni ed effettuati tutti gli investimenti suddetti.
11-ter. Per le finalità di cui al comma 11-bis, all'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, aggiungere il seguente comma:
“8-bis.1. Le disposizioni di cui al comma 8-bis si applicano anche al caso di stabilimento di interesse strategico nazionale come definito e individuato ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legge 3 dicembre 2012, n. 207”.
11-quater. Qualora con le modalità di cui al comma 11-bis non sia possibile reperire le risorse necessarie, comunque non oltre l'anno 2014, al commissario straordinario sono trasferite, su sua richiesta, le somme sottoposte a sequestro penale, nei limiti di quanto costituisce oggetto di sequestro, anche in relazione a procedimenti penali a carico del titolare dell'impresa, ovvero, in caso di impresa esercitata in forma societaria, a carico dei soci di maggioranza e/o degli enti – e/o dei rispettivi soci e/o amministratori – che abbiano esercitato attività di direzione e coordinamento sull'impresa commissariata prima del commissariamento diversi da quelli per reati ambientali o connessi all'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale. In caso, inoltre, di proscioglimento del titolare dell'impresa o dei soggetti indicati al precedente periodo da tali reati, le predette somme, per la parte in cui sono impiegate per l'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale e delle altre misure previste nel piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e, salvo conguaglio per la parte eccedente, non sono comunque ripetibili. In caso di condanna del titolare dell'impresa o dei soggetti indicati al primo periodo del presente comma per detti reati resta fermo l'eventuale credito dello Stato e degli altri eventuali soggetti offesi nella misura accertata dalla sentenza di condanna. Alla data della cessazione del commissariamento, sulle somme trasferite al commissario straordinario che derivano da sequestri penali, ove non ancora spese o impegnate dal commissario medesimo, rivive il vincolo di sequestro penale.
11-quinquies. Qualora con le modalità di cui ai precedenti commi, non sia ancora possibile reperire le risorse necessarie, al commissario straordinario, previa approvazione del piano industriale, è attribuito il potere, al fine di finanziare gli investimenti ivi previsti per l'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale e per l'adozione delle altre misure previste nel piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria:
a) nel caso di impresa esercitata in forma individuale di richiedere al titolare dell'impresa le somme necessarie ai fini del risanamento ambientale:
b) nel caso di impresa esercitata in forma societaria, di aumentare il capitale sociale a pagamento nella misura necessaria ai fini del risanamento ambientale, in una o più volte, con o senza sovrapprezzo a seconda dei casi: offrendo le azioni emittende in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute, con le modalità previste dall'articolo 2441, comma 2, del codice civile e nel rispetto del diritto di prelazione di cui all'articolo 2441, comma 3. primo periodo, del codice civile, ovvero, nel caso in cui non siano stati esercitati, in tutto o in parte, i diritti di opzione, collocando l'aumento di capitale presso terzi; ovvero anche con esclusione o limitazione del diritto d'opzione, previa predisposizione della relazione di cui all'articolo 2441, comma 6, primo periodo, del codice civile e rilascio, in quest'ultimo caso, da parte del collegio sindacale del parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni entro quindici giorni dalla comunicazione allo stesso e al soggetto incaricato della revisione legale dei conti della predetta relazione. In tali casi le azioni di nuova emissione possono essere liberate esclusivamente mediante conferimenti in danaro.
11-sexies. Il soggetto o i soggetti che intendono sottoscrivere le azioni offerte in opzione e/o quelli individuati per il collocamento presso terzi dell'aumento di capitale devono, prima di dare corso all'operazione, impegnarsi nei confronti dell'impresa soggetta a commissariamento, nonché del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a far sì che le risorse finanziarie rivenienti dall'aumento di capitale siano messe a disposizione dell'impresa soggetta a commissariamento ai fini dell'attuazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e del piano industriale.
11-septies. Le somme eventualmente messe a disposizione dal titolare dell'impresa o dal socio di maggioranza sono scomputate in sede di confisca delle somme sequestrate, anche ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per reati ambientali o connessi all'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale.».
7. 215. Zaratti, Zan, Pellegrino, Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Lacquaniti, Ferrara.
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, dopo l'articolo 2-quinquies, è aggiunto il seguente:
«Art. 2-sexies. — (Provvedimenti in ambito sanitario per i cittadini di Taranto e Statte). — 1. All'interno del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al comma 5 dell'articolo 1 è prevista, a spese dell'azienda, l'esenzione del ticket sanitario per almeno 5 anni per tutti gli abitanti dei Comuni di Taranto e Statte.».
7. 49. De Lorenzis, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Micillo, Luigi Di Maio, Fico, Colonnese, Luigi Gallo, Tofalo, Silvia Giordano, Pisano, Sibilia.
ART. 8.
(Autorizzazione degli interventi previsti dal piano delle misure ambientali e sanitarie per l'Ilva di Taranto ricadenti in area SIN).
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 2, lettera c), sostituire le parole: di 0-1 metri con le seguenti: da zero a venti metri.
8. 202. De Lorenzis.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 2, lettera c), aggiungere, in fine, le parole: e in contraddittorio con l'A.R.P.A. Puglia. I costi delle analisi e delle valutazioni dei campioni analizzati dall'A.R.P.A. Puglia sono a carico dell'Ilva spa.
Conseguentemente, al medesimo capoverso:
al medesimo comma, lettera f), aggiungere, in fine, le parole: solo dopo essere stati analizzati dall'A.R.P.A. Puglia con i costi delle analisi e delle valutazioni a carico dell'Ilva spa;
al comma 3, lettera b), sostituire la parola: due con la seguente: quattro.
8. 203. De Lorenzis.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: anche sul sito web delle amministrazioni interessate.
8. 200. De Lorenzis.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, il seguente periodo: Con le medesime modalità si procede alla rimozione dei rifiuti contenenti amianto nelle discariche di cui all'allegato 2 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, e alla contestuale mappatura dei materiali contenenti amianto presenti nello stabilimento.
8. 207. Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 2, lettera d), aggiungere, in fine, il seguente periodo: Con le medesime modalità si procede alla rimozione dei rifiuti contenenti amianto nelle discariche di cui all'allegato 2 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
8. 206. Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 3, sopprimere la lettera c).
8. 204. De Lorenzis.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 3, lettera e), aggiungere, in fine, il seguente periodo: I costi delle analisi e delle valutazioni dei campioni a disposizione dall'A.R.P.A. Puglia sono a carico dell'Ilva spa.
8. 205. De Lorenzis.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 4-ter, primo periodo, dopo le parole: per le medesime aree aggiungere le seguenti: , prevedendo uno studio analitico della popolazione residente nelle zone limitrofe al sito industriale e dei singoli lavoratori impegnati nel ciclo produttivo.
8. 208. Furnari, Labriola.
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, comma 4-ter, aggiungere, in fine, il seguente periodo: All'attuazione del presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie, già disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
8. 700. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento)
Al comma 1, capoverso Art. 2-quinquies, aggiungere, in fine, il seguente comma:
4-quater. Al fine di garantire l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al comma 5 dell'articolo 1, necessarie per assicurare il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata allo stabilimento ILVA di Taranto, le discariche di rifiuti pericolosi e non pericolosi di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, sono realizzate, al fine di assicurare un'elevata protezione ambientale e sanitaria, previo espletamento del piano di caratterizzazione dell'area e dei risultati dell'analisi sito specifica nonché all'esito della quantificazione e qualificazione della natura dei residui presumibilmente conferiti nei siti di discarica ai sensi degli articoli 10 e 11 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
8. 209. De Rosa, Busto, Daga, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi.
ART. 9.
(Misure per le imprese di interesse strategico nazionale in amministrazione straordinaria).
Al comma 1, capoverso articolo 65-bis, comma 1 aggiungere, in fine, i seguenti periodi:
«In ogni caso i commissari straordinari devono chiedere nel più breve termine possibile al giudice l'autorizzazione a fare l'inventario. A tale operazione essi procedono, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati l'acquirente dell'azienda o del ramo di azienda e il comitato di sorveglianza, con l'assistenza del cancelliere del tribunale, che ne redige il processo verbale. Il giudice può prescrivere speciali norme e cautele per l'inventario ed, in ogni caso, nomina uno stimatore per la valutazione dei beni dell'azienda. Prima di chiudere l'inventario i commissari straordinari invitano l'acquirente dell'azienda o del ramo di azienda a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell'inventario, avvertendolo delle pene stabilite dall'articolo 220 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 in caso di falsa o omessa dichiarazione. L'inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale. L'acquirente dell'azienda o del ramo di azienda consegna ai commissari straordinari e deposita presso la cancelleria del tribunale, ai fini di quanto previsto nei periodi precedenti, le scritture contabili e i documenti indicati nell'articolo 14 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. In relazione ai comportamenti, atti e provvedimenti posti in essere dai commissari straordinari ai fini della vendita di aziende o rami di aziende e al fine di garantire la continuità aziendale, resta ferma la responsabilità, anche amministrativa contabile, per i relativi fatti commessi dai medesimi e dai responsabili preposti alla redazione dei documenti contabili dell'impresa in amministrazione straordinaria. Anche nelle more del passaggio in giudicato del decreto che definisce il giudizio, resta ferma l'applicazione dell'articolo 43. La responsabilità derivante dai suddetti comportamenti, atti e provvedimenti costituisce giusta causa di revoca dell'incarico dei commissari straordinari.».
9. 2. Ciprini, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi, Micillo, Luigi Di Maio, Fico, Colonnese, Luigi Gallo, Tofalo, Silvia Giordano, Pisano, Sibilia.
Aggiungere, in fine, il seguente comma:
2-bis. Al decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, l'articolo 12 è abrogato.
9. 3. De Lorenzis.
Aggiungere, in fine, il seguente comma:
2-bis. All'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, le parole: «euro 50.000», sono sostituite dalle seguenti: «euro 500.000».
9. 1. De Lorenzis.
Aggiungere, in fine, il seguente comma:
2-bis. Al decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, all'articolo 12 comma 1, dopo le parole: «entrata in vigore del presente decreto-legge» sono aggiunte le seguenti: «e solo dopo aver eseguito tutti i procedimenti idonei al fine di riconoscere ed individuare la totalità delle tipologie di rifiuti e codici CER già smaltite nelle suddette discariche,».
9. 4. De Lorenzis.
N. 1.
Seduta del 23 gennaio 2014
La Camera,
premesso che:
con direttiva dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d'intesa con il Presidente della Regione Campania di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge di conversione del decreto legge 10 dicembre 2013 n. 136, si individuano i comuni oggetto dell'intervento;
la predetta direttiva ha già indicato 57 comuni;
l'indicazione dei predetti 57 comuni lascia dei buchi geografici incomprensibili ed illogici al fine di una corretta attività di monitoraggio e di eventuale bonifica;
trattasi evidentemente di mero errore materiale,
impegna il Governo
a correggere tale errore ed includere tutte quelle aree che sono geograficamente già all'interno dei territori di altri comuni inclusi nel predetto elenco come dalla direttiva sunnominata ed in particolare ad inserire il comune di San Vitaliano, in provincia di Napoli, che risulta confinante con Marigliano, Scisciano, Nola e Saviano, tutti comuni che rientrano nella direttiva di cui sopra!
9/1885/1. Russo, Castiello.
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, individuò le aree ex Sin «Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano, Pianura, Bacino Idrografico del fiume Sarno ed Aree del Litorale Vesuviano» come di competenza regionale, di fatto declassandole ad aree non più di interesse nazionale;
ritenuto che trattasi di aree tutte largamente comprese nei comuni di cui al comma 1 articolo 1 della presente legge ed ad alto impatto sociale ed ambientale;
valutato indispensabile al fine di una organica azione di monitoraggio, depurazione e bonifica delle aree in oggetto che ci sia un'assunzione di responsabilità nazionale,
impegna il Governo
ad assumere ogni utile iniziativa anche amministrativa al fine di riattribuire la responsabilità nazionale alla guida e gestione delle attività necessarie ai fini del programma di bonifica, ai sensi dell'articolo 252, comma 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1885/2. Castiello, Russo, Tino Iannuzzi, Manfredi, D'Agostino, Antimo Cesaro.
La Camera,
premesso che:
nel corso degli anni precedenti, ed in particolare nell'ambito dello schema Vanoni relativo ai processi di industrializzazione, spesso è stato sottovalutato l'impatto concernente la presenza di industrie «pesanti» in prossimità di centri abitati;
anche per responsabilità pregresse e per una oggettiva diversa sensibilità in materia ambientale anche i piani urbanistici o la realizzazione di insediamenti abitativi è avvenuta in prossimità dei suddetti impianti;
è evidente che oggi lavorazioni impattanti dal punto di vista ambientale finiscono per creare condizioni di criticità tra legittima attività d'impresa e legittimo diritto di residenza;
a tale ragione va dato atto all'esecutivo di un'attenta sensibilità su questi temi che non riguardano solo il caso Ilva o la gergalmente conosciuta «Terra dei Fuochi», ma molte altre realtà in giro per l'Italia legate a tali processi industriali, come ad esempio a Gela, Milazzo, Priolo, Pisticci;
occorre pertanto un impegno strategico di ambientalizzazione di tali realtà urbane e la loro indispensabile riqualificazione anche attraverso processi di delocalizzazione in altre aree;
questo deve avvenire con il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali interessati;
sarebbe altresì opportuno che presso il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare si costituisca un'apposita commissione di studio su tali problematiche, con il coinvolgimento dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dei beni e delle attività culturali e del turismo;
tali interventi potrebbero trovare una loro adeguata fonte di finanziamento nell'ambito della prossima programmazione dei Fondi UE 2014/2020,
impegna il Governo
a prevedere l'apposita commissione di studio presso il ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed entro i prossimi 90 giorni, a procedere alla individuazione delle aree di criticità rispondenti alle premesse su cui è possibile porre in essere misure sperimentali di ambientalizzazione e riqualificazione urbana, anche attraverso processi di delocalizzazioni abitative.
9/1885/3. Burtone.
La Camera,
premesso che:
l'abbruciamento in campo di residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale è una pratica particolarmente diffusa in campo agricolo;
a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 205 del 2010, che ha novellato l'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericolosi», se non utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente o mettono in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati;
la combustione sul campo dei residui vegetali derivanti da lavorazione agricola e forestale si configura, quindi, come illecito smaltimento di rifiuti, sanzionato ai sensi dell'articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
per diverse procure, qualora si brucino solo residui vegetali-rifiuti l'ipotesi di reato configurabile dall'articolo 674 del codice penale (Getto pericoloso di cose) concorre con quella dell'illecito smaltimento di cui all'articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
l'assunto interpretativo sta creando grandi difficoltà operative fra gli operatori agricoli specialmente in quelle zone laddove la pratica del bruciare residui vegetali è molto diffusa in quanto sovente vi è una netta contraddizione tra l'orientamento delle procure e le direttive regionali. Occorre perciò fare chiarezza sulle condotte riconducibili all'incenerimento di rifiuti e alla pratica agricola per definire il confine fra le due fattispecie;
la lettura dell'articolo 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, fa evincere chiaramente che i residui vegetali non impiegati in processi o metodi controllati per la produzione di energia debbono essere considerati rifiuti ed il loro smaltimento tramite incendio deve essere considerato reato, ma anche che non sussiste reato se si tratta di paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericolosi utilizzati in agricoltura. È indispensabile definire «l'utilizzo in agricoltura» di paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericolosi escludendo la rilevanza penale della condotta se ricorrono determinate condizioni;
in tal senso la VIII Commissione (Ambiente) ha approvato una risoluzione (la n. 8-00015 del 26 settembre 2013) sull'abbruciamento dei residui vegetali che ha impegnato il Governo ad assumere iniziative normative, anche urgenti, al fine di escludere dall'applicazione della normativa sui rifiuti contenuta nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la paglia, gli sfalci, le potature, nonché i materiali agricoli naturali non pericolosi, mettendo in condizione le piccole imprese agricole di poter smaltire autonomamente detto materiale mediante pratiche agricole ordinarie;
a tutt'oggi nessuna iniziativa è stata assunta,
impegna il Governo:
ad assumere con urgenza iniziative normative che modifichino la normativa in materia sulla base dell'assunto che:
1) non costituisce incenerimento di rifiuti, ma utilizzazione in agricoltura l'abbruciamento controllato in sito di paglia, sfalci e potature, nonché di altro materiale agricolo o forestale di origine naturale non pericoloso, in quanto inteso come pratica agronomica ordinaria finalizzata alla prevenzione di incendi incontrollati o metodo di controllo agronomico di fitopatie, di fitofagi o di infestanti vegetali;
2) tali abbruciamenti sono consentiti alle seguenti condizioni: a) che l'abbruciamento sia effettuato entro adeguate distanze dal luogo di produzione del materiale; b) che le ceneri siano reimpiegate nel ciclo colturale come sostanze concimanti o ammendanti tramite distribuzione sullo stesso terreno; c) che lo spessore delle ceneri distribuite non superi determinate altezze nel caso di triturazione e nel caso di ceneri; d) che la formazione di cumuli sia consentita per il tempo strettamente necessario al reimpiego; e) che siano rispettate le norme contro gli incendi boschivi; che il terreno interessato dall'abbruciamento al momento della condotta e comunque negli anni precedenti, non sia o non sia stato interessato da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
9/1885/4. Carrescia, Mazzoli.
La Camera,
premesso che:
la «Terra dei fuochi» rappresenta la sintesi metaforica dello scempio del territorio campano lungo l'arco di un ventennio;
il decreto-legge in esame prevede iniziative tese al rafforzamento dei sistemi di monitoraggio e di prevenzione del territorio;
tali iniziative sono mirate anche alla mappatura del territorio per l'individuazione di aree potenzialmente inquinate al fine di poter avviare le attività di bonifica delle stesse, tutelare la salute pubblica ed evitare che situazioni di inquinamento vadano a gravare sulla produzione agricola;
senza avere una mappa particolareggiata dei siti sarà impossibile avviare le iniziative di bonifica integrale delle aree interessate e poter identificare e isolare le aree inquinate, dedicandole alle colture non alimentari;
è importante, ai fini della ripresa economica del territorio, riconvertire le aree non più coltivabili a diverse destinazioni economico-produttive,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di completare la mappatura dei terreni inquinati al fine di una loro destinazione ad aree «no food» e convertire parte dei siti contaminati in aree produttive ad alta sostenibilità ambientale, in una prospettiva di sviluppo fondata sulla green economy, anche attraverso l'installazione di impianti fotovoltaici.
9/1885/5. Antimo Cesaro, Cimmino, D'Agostino.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali. La tutela della salute in Campania deve essere perseguita esclusivamente attraverso vie ordinarie piuttosto che ricorrendo a commissariamenti che rappresentano l'emblema del fallimento e hanno condotto ad una caduta verticale della credibilità delle istituzioni per i cittadini. I commissariamenti, infatti, da un lato tendono a dilatare sine die i tempi di risoluzione delle problematiche per le quali sono istituiti, dall'altro deresponsabilizzano i soggetti istituzionali ordinariamente competenti. Il contributo che lo Stato deve dare va pertanto necessariamente improntato all'affrancamento ed al supporto dei soggetti territoriali con competenza ordinaria, piuttosto che alla sostituzione agli stessi, in modo che possano perseguire, attraverso le più celeri ed efficaci modalità, la risoluzione della problematica e sviluppare le competenze utili;
è necessario, rispetto al caso della Terra dei fuochi, cambiare passo, per ridare futuro ai territori della Campania saccheggiati dall'ecomafia e restituire speranza a chi è impegnato a salvaguardare e promuovere l'economia pulita e di qualità dell'intero territorio regionale;
è un impegno che si assume anche il Presidente Napolitano scrivendo a Don Patriciello. «La serietà del fenomeno non può permettere di abbassare la guardia... a tutti i livelli di governo, occorre operare con gli interventi necessari»;
occorre cambiare passo e assumersi responsabilità concrete, con tempi precisi, con obiettivi chiari. Fino ad oggi abbiamo assistito ad una estrema dilatazione dei tempi di esecuzione degli interventi e nonostante il decreto-legge abbia termini stringenti, occorre che vi sia piena consapevolezza che è praticamente impossibile che si possa giungere in 60 giorni all'individuazione e delimitazione dei terreni agricoli prioritari che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare;
per questo è necessario che il testo in esame preveda anche iniziative di riduzione del rischio sanitario che abbiano efficacia a breve termine. In questa chiave si dovrebbe prevedere in chiave integrativa un intervento strutturato e diffuso d'informazione in favore della collettività interessata dalla problematica, definendo linee d'indirizzo di carattere comportamentale, inerenti le abitudini alimentari o gli stili di vita al fine di minimizzare le possibilità di trasmigrazione degli inquinanti fino all'uomo. In questo senso dovranno essere previsti anche mezzi e occasioni di partecipazione dei cittadini sia nella fase di elaborazione dei diversi programmi d'intervento che durante la loro realizzazione;
nella terra dei fuochi si muore troppo, non solo per responsabilità della Camorra. In quella che ormai chiamano tutti Terra dei fuochi, nella zona di Giugliano, Afragola, Succivo, Caivano e Marcianise, dove le fiamme si levano improvvise, specie di notte, diffondendo fumo e fetore, consumando scarti d'ogni tipo e speranze, si muore in misura anomala. In quei terreni gravidi di rifiuti industriali, tossici e nocivi, i prodotti agricoli non sono sicuri e i tumori si diffondono insieme ad altre malattie. Che in quei 24 chilometri quadrati si muoia in maniera abnorme è un dato di fatto che nessuno nega, ma si cerca di glissare sul nesso di causalità;
un primo risultato positivo ottenuto con il decreto-legge è rappresentato dall'emendamento che stanzia 50 milioni di euro per offrire screening gratuiti alla popolazione dei siti inquinati di Campania e Puglia. «È un importante miglioramento del provvedimento», così come ha anche osservato il ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di un maggiore coinvolgimento del Ministero della salute nella tutela complessiva della salute dei cittadini con iniziative di formazione-informazione della popolazione, per una più efficace prevenzione attraverso stili di vita consapevoli dei rischi concreti che i cittadini di quella zona oggi corrono, anche attraverso i fondi dello screening, attivando quanto prima non solo misure di diagnosi precoce, ma anche un servizio di interventi di cura di alta qualità, risparmiando inutili e pesanti burocratizzazioni, abbattendo le liste di attesa e garantendo ai cittadini tutte le cure di cui hanno bisogno, incluse quelle palliative.
9/1885/6. Binetti.
La Camera,
premesso che:
il Sito di Massa Carrara è stato individuato come SIN ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426 e perimetrato con decreto ministeriale del 21 dicembre, con una estensione di circa 1.648 ettari;
la Z.I.A (Zona Industriale Apuana) comprende un territorio di 724 ettari, posto a soli 2 chilometri dal mare e a breve distanza dai due centri urbani di Massa e Carrara. Dal 1938 fino agli anni Novanta, in tale area si sono avvicendati i principali gruppi industriali pubblici e privati nel settore chimico, siderurgico, meccanico e metalmeccanico (Montedison, Farmoplant, Enichem, Dalmine, Olivetti ed altri) ed attualmente è caratterizzata dalla presenza di oltre 600 piccole imprese operanti in diversi settori;
i numerosi e significativi superamenti della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) riscontrati riguardano sostanze ascrivibili alle attività delle industrie pubbliche e private operanti fino agli anni Novanta, periodo a decorrere dal quale si è avviata la deindustrializzazione della ZIA;
in data 28 maggio 2007 è stato sottoscritto l'accordo di programma «Per la bonifica del Sito di Interesse Nazionale di Massa Carrara» tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Regione Toscana, la Provincia di Massa Carraia, i Comuni di Massa e di Carrara e l'ARPAT;
dopo la conferenza dei servizi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'agosto scorso, buona parte del territorio, in precedenza soggetto al SIN (Sito di bonifica d'Interesse Nazionale) passa sotto la competenza regionale, tuttavia rimangono di competenza SIN due aree del Comune di Massa, l'area ex Farmoplant e l'area ex Bario e due aree del Comune di Carrara, l'area ex Enichem e l'area ex Ferroleghe;
a tutt'oggi, a distanza di più di 15 anni dalla individuazione dell'area SIN di Massa Carrara, non risultano ancora stanziate, neanche parzialmente, risorse per l'attuazione del citato accordo di programma del 28 maggio 2007,
impegna il Governo
a provvedere all'individuazione delle risorse necessarie, almeno, per l'avvio delle operazioni di bonifica delle aree nei comuni di Massa e di Carrara, per le parti rimaste sotto la competenza nazionale.
9/1885/7. Rigoni.
La Camera,
premesso che:
per effetto dell'articolo 1, comma 3, del decreto di Riesame dell'AIA del 26 ottobre 2012, convertito in legge con la legge 24 dicembre 2012, n. 231, ogni trimestre i tecnici di ISPRA ed ARPA Puglia si recano nello stabilimento siderurgico Ilva per verificare lo stato di attuazione degli interventi strutturali e gestionali previsti dal riesame dell'AIA: l'ultima ispezione è avvenuta il 3 e 4 dicembre scorsi, mentre le precedenti si sono svolte il 5-6-7 marzo, il 28-29-30 maggio e il 10-11 settembre dello scorso anno;
i tecnici hanno riscontrato diverse violazioni, segnalate all'azienda ed al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a seguito delle quali sono state inviate delle diffide ad adempiere precisamente: il 14 giugno, il 22 luglio e il 21 ottobre;
secondo quanto disposto sia dal Codice Ambientale (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) che dal riesame AIA e dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, sarebbero dovute essere comminate delle sanzioni nei confronti dell'azienda, il cui importo avrebbe potuto raggiungere come tetto massimo, il 10 per cento del fatturato;
tali sanzioni nello specifico non sono mai state comminate in quanto così come prevede la legge 4 agosto 2013, n.89, la progressiva adozione delle misure indicate nelle prescrizioni AIA è affidata al commissario straordinario, è altrettanto vero però che quella stessa legge ha previsto la nomina da parte del ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare di tre esperti, a cui è stato affidato il compito di redigere un piano di lavoro che rimodulasse la tempistica della realizzazione delle prescrizioni stesse. Le procedure di approvazione del predetto piano sono state modificate dal decreto-legge oggi all'esame dell'Aula;
al fine di dirimere la situazione di cui sopra con il decreto-legge n. 136 del 2013 si prevede all'articolo 7 lettera f), tra le altre cose, che non ci sarà «nessuna sanzione speciale per atti o comportamenti imputabili alla gestione commissariale dell'Ilva se vengono rispettate le prescrizioni dei piani ambientale e industriale, nonché la progressiva attuazione dell'Aia»;
il Governo ha chiarito poi all'articolo 7 lettera d), che integra le previsioni dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, che «la progressiva adozione delle misure» è intesa nel senso che la stessa è rispettata se la qualità dell'aria nella zona esterna allo stabilimento «non abbia registrato un peggioramento rispetto alla data di inizio della gestione commissariale» e se «alla data di approvazione del piano, siano stati avviati gli interventi necessari ad ottemperare ad almeno l'80 per cento del numero complessivo delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni integrate ambientali, ferma restando la non applicazione dei termini previsti dalle predette autorizzazioni e prescrizioni»;
di conseguenza ciò che conta sarà «dimostrare» di aver avviato 1'80 per cento degli interventi, senza priorità alcuna sull'importanza degli stessi e sull'effettiva conclusione. Inoltre, le sanzioni riferite ad atti imputabili alla gestione precedente al commissariamento, ricadranno sulle «persone fisiche che abbiano posto in essere gli atti o comportamenti», i Riva, e non saranno poste a carico dell'impresa commissariata «per tutta la durata del commissariamento»;
con riferimento alla responsabilità ambientale la Commissione europea ha avviato, già a settembre del 2013, una procedura di infrazione (n. 2177/2013) nei confronti dell'Italia in particolare ad avviso della Commissione risulta evidente che lo stabilimento siderurgico di Taranto è gestito in violazione dell'articolo 14, lettera a) della direttiva 96/61/Ce, a norma del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il gestore rispetti, nel proprio impianto, le condizioni dell'autorizzazione;
la consapevolezza delle autorità italiane in ordine ai pericoli legati all'attività dell'Ilva è ulteriormente dimostrata, a parere della Commissione, dal fatto che con il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61 si è stabilito di nominare un commissario straordinario per oggettivi pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute;
le violazioni dell'Italia, sempre ad avviso della Commissione, ineriscono anche all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b) della direttiva IPCC secondo la quale gli stati membri devono garantire che gli impianti siano gestiti in modo da evitare fenomeni di inquinamento atmosferico;
infine risulterebbe la violazione dell'articolo 6, paragrafo 3 e dell'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva sulla responsabilità ambientale,
impegna il Governo
in sede di conversione del decreto-legge 10 dicembre 2013, n.136, recante disposizioni urgenti per fronteggiare emergenze ambientali e industriali a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti urgenti che prevedano misure concrete per ridurre l'impatto ambientale dell'attività produttiva in conformità alle prescrizioni della Commissione in materia di emissioni industriali e di responsabilità ambientale.
9/1885/8. Labriola.
La Camera,
premesso che:
la Puglia è una regione che affronta situazioni di emergenza idrica dovute alle modeste precipitazioni e, conseguentemente, alla mancanza di corsi d'acqua adeguati all'approvvigionamento idrico della popolazione residente;
nel corso degli anni, a queste criticità si sono aggiunti altri fattori di rischio: gli elevati valori di evaporazione favoriti dal clima e una non piena consapevolezza, da parte degli enti gestori e della società civile, della necessità di amministrare questa risorsa in maniera accorta nel rispetto dei diversi usi cui era destinata;
lo stabilimento Ilva di Taranto per l'uso industriale, consuma enormi quantitativi di acqua dalle seguenti fonti:
a) Mar Piccolo: nel solo 2007 oltre 1,2 miliardi di metri cubi di acqua sono stati prelevati dal Mar Piccolo di Taranto per mezzo di idrovore che la incanalano l'acqua in condotte che passano al di sotto del quartiere Tamburi di Taranto. Il cedimento della parte superiore di una di queste condotte causò nel 2012 una voragine in Piazza Archimede in cui precipito un furgoncino in sosta mentre si svolgeva il consueto mercato rionale causando tre feriti. Secondo lo studio del dipartimento di idraulica civile del Politecnico di Bari analizzato e citato nel decreto di sequestro del maggio 2013 da parte del GIP Todisco, si apprende che il flusso d'acqua degli scarichi Ilva in Mar Grande, combinato con l'effetto dell'idrovora che preleva l'acqua da Mar Piccolo, condiziona la circolazione idrica in tutto il bacino, determinando la possibilità che gli inquinanti scaricati nel canale arrivino, tramite l'effetto del vento e delle maree, in quindici giorni nel primo seno del Mar Piccolo e qualche giorno dopo nel secondo seno;
b) falde idriche: attualmente contaminate dalle attività antropiche e sottoposte a grave stress idrico e contaminazione salina per via del forte emungimento dei pozzi di cui solo l'Ilva è autorizzata mediante concessioni quinquennali dalla Regione Puglia a prelevare circa 22 milioni di metri cubi all'anno (somma dei volumi idrici dovuti alle concessioni da pozzi per ILVA e pubblicate come documentazione del gestore) dall'acquifero della Murgia Tarantina.
c) fiumi Tara e Fiumetto: sulla base di quanto pubblicato dal Ilva per l'anno 2007 e presente sul sito del Ministero dell'Ambiente nell'ambito della procedura per l'AIA, si apprende che dal fiume Tara sono stati prelevati circa 16 milioni di metri cubi annui mentre le autorizzazioni rilasciate dall'ente per l'irrigazione di Bari nel 1991 permetterebbero un emungimento fino a un massimo di 47 milioni d metri cubi. Dal Fiumetto si consumano 5 milioni circa di mc/a mentre le autorizzazioni del Ministero Lavori Pubblici del 1994 permetterebbero un consumo fino a 15 milioni di mc/a;
d) acqua potabile; dalle acque dell'invaso di Monte Cotugno in Basilicata, cosiddetta «acqua Sinni», che è anche una delle fonti direttamente coinvolte nell'approvvigionamento potabile, utilizzando nel 2010 circa 7,5 milioni di metri cubi ma secondo l'Accordo di Programma, l'Ilva è autorizzata a prelevare fino a 18 milioni di metri cubi all'anno;
è stato previsto da tempo dalla regione Puglia, l'intervento di adeguamento per il riutilizzo dei reflui degli impianti di depurazione «Bellavista» e il «Gennarini» con riutilizzo per uso industriale da parte dell'ILVA di Taranto,
impegna il Governo
a vietare entro sei mesi dalla data di conversione del presente decreto-legge, l'approvvigionamento di acqua potabile per uso industriale, ossia l'approvvigionamento dall’«acqua Sinni» ad ILVA spa e ad ogni altra azienda attiva nel SIN di Taranto.
9/1885/9. D'Ambrosio.
La Camera,
premesso che:
visto l'articolo 1 del decreto-legge del 4 giugno 2013, numero 61 «Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.» che disciplina il Commissariamento straordinario per gli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale;
visto gli articoli 38 e 39 del decreto legislativo del 8 luglio 1999, n.270 « Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 270» che disciplinano rispettivamente la nomina del commissario straordinario e i criteri per la scelta dei commissari e degli esperti;
la figura dei Commissari straordinari per gli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale non è stata ancora disciplinate in merito ai criteri di nomina, di incompatibilità e di decadenza,
impegna il Governo
a regolare con provvedimento entro quindici giorni dalla legge di conversione del decreto-legge, i criteri di nomina, incompatibilità e decadenza dei Commissari e/o dei sub Commissari di stabilimenti di interesse strategico nazionale, in linea con agli articoli 38 e 39 del decreto legislativo del 8 luglio 1999, n. 270.
9/1885/10. De Lorenzis.
La Camera,
premesso che:
a causa della gravissima situazione di degrado ambientale, il sito dello Stabilimento «Stoppani» di Cogoleto è stato inserito, con decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 – Regolamento recante «Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale», tra i siti di rilievo nazionale (S.I.N.), ai fini della bonifica; con decreto ministeriale 8 luglio 2002 è stata decretata la perimetrazione del S.I.N. di «Cogoleto – Stoppani»;
a fronte delle reiterate inadempienze della Società Immobiliare Val Lerone S.p.A., su richiesta della regione Liguria, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2006, è stato decretato lo stato di emergenza per il sito ex Stoppani e con successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006, è stato nominato un Commissario governativo con poteri straordinari per l'esecuzione dei primi interventi urgenti per il superamento dell'emergenza stessa;
la struttura Commissariale si è sostituita al fallimento nell'esecuzione degli interventi, con oneri a carico dello stesso fallimento consentendo il proficuo svolgimento degli interventi per la messa in sicurezza d'emergenza dell'area, propedeutici all'esecuzione delle operazioni di bonifica, e, dall'altro lato, ha garantito ai lavoratori, già dipendenti dell'Immobiliare Val Lerone, di continuare la propria attività, con il mantenimento dei livelli retributivi già in godimento;
il Commissario delegato si è sostituito in danno con proprie ordinanze nn. 83/07, 89/07 e 128/07 per l'esecuzione di interventi di messa in sicurezza di emergenza relativi alla gestione della falda, allo smaltimento dei rifiuti speciali, alla decontaminazione da amianto, alla decontaminazione e demolizione delle strutture ed alla caratterizzazione di Pian Masino;
in data 31 luglio 2008 è stato sottoscritto il Protocollo di Intesa tra Regione Liguria, Provincia di Genova, Comune di Cogoleto, Comune di Arenzano e Commissario Delegato (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 5/12/2006) per la riqualificazione dell'area «Stoppani» con cui, in via preliminare è stata definita la possibilità di sviluppare all'interno delle aree le seguenti attività:
a) polo nautico, nell'area non interessata da praterie di posidonia, in qualità di approdo ed in modo tale da tutelare l'estensione delle spiagge sia a ponente che a levante;
b) attività turistico-ricettive-sportive e del tempo libero in sponda destra e sponda sinistra al torrente Lerone;
c) attività produttive ed artigianali prevalentemente nautiche in sponda destra e sinistra del Torrente Lerone;
d) viabilità e parcheggi di supporto alle aree;
i principali interventi eseguito nel SIN «Ex Stoppani» sono stati:
la rimozione, confezionamento e smaltimento dei rifiuti già posti sotto sequestro dall'Autorità Giudiziaria (Ordinanza 83/07);
la conclusione della decontaminazione da Amianto ed acquisizione da parte della struttura Commissariale delle certificazioni di avvenuto smaltimento e di idoneità al riutilizzo delle Aree da parte della competente ASL;il completamento delle demolizioni dell'Area Sud dello Stabilimento (intervento conclusosi nel mese di giugno 2009);
l'avvio a smaltimento del Solfato Giallo (rifiuto pericoloso);
le parziali demolizioni (decommissioning) dell'Area Nord (parte A fase 1) relative alle strutture maggiormente pericolanti dell'Ex Stabilimento;
ultimazione e messa in servizio il nuovo impianto ECO1 con cui viene garantita H24 il mantenimento dell'attività di messa in sicurezza di emergenza della falda attraverso l'emungimento ed il trattamento delle acque di falda;
la conclusione del rifacimento del muro di contenimento in c.a. di Pian Masino comprensiva di prime misure di messa in sicurezza della falda;
l'ultimazione in data 15 aprile 2011 dei lavori di bonifica degli arenili di Arenzano e Cogoleto compresi nella perimetrazione del S.I.N. di «Cogoleto Stoppani a seguito dei quali la regione Liguria, con D.G.R. n. 1170 del 5 ottobre 2012 ha espresso parere favorevole alla proposta di deperimetrazione degli arenili stessi al fine del suo inoltro al Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare;
l'ultimazione nel mese di maggio 2013 dei lavori di messa in sicurezza della parete rocciosa e di completamento canale gronda della Discarica di Molinetto;
a seguito dello stanziamento di circa 4,23 milioni di euro da parte del Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare e della Regione Liguria (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 agosto 2013), è stata finanziata la concessione di lavori, il cui progetto e relativo quadro economico sono stati approvati nel mese di dicembre dal Commissario delegato, inerente:
l'adeguamento ai disposti di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 della discarica di Molinetto, il conferimento alla stessa dei rifiuti in deposito presso l'area di Pian Masino (crostoni prelevati dagli arenili), per la quale è stata conclusa la conferenza dei servizi, e la chiusura dell'impianto;
la demolizione delle strutture in grave degrado con elevato rischio di crollo e con gravi ripercussioni all'esterno dell'ex Stabilimento (Area Nord – fase A);
per quanto attiene la bonifica dei suoli e della falda sono stati eseguiti studi e sondaggi propedeutici e che la progettazione definitiva potrà essere predisposta solo in esito a sondaggi sotto alle strutture in corso di demolizione;
preso atto dello stato in cui ancora oggi versa il sito determinando una criticità non solo di natura ambientale ma anche di tipo sanitario a causa dell'esposizione della popolazione alla contaminazione ambientale con elevati valori di cromo esavalente e nichel;
in particolare per quanto riguarda il litorale di Cogoleto, fronte ex stabilimento Stoppani, un arenile di circa mq. 10.000, denominata area Ex Envireg, ed altamente inquinata da metalli pesanti (cromo esavalente, nichel, ed altri) in cui vige il divieto di accesso e di balneazione che deve essere ancora oggetto di caratterizzazione e di bonifica ed il cui costo è stimato in circa 20 milioni di euro. Che per poter avviare gli interventi di ripristino ambientale e di bonifica, sono necessari ai fini di completare la messa in sicurezza di emergenza, oltre al mantenimento del funzionamento H24 dell'impianto di trattamento Acque di Falda, ulteriori finanziamenti da parte del Ministero dell'Ambiente (quantificati in circa 12/14 milioni di euro) per consentire la realizzazione delle seguenti attività:
smaltimento dei rifiuti pericolosi non conferibili alla discarica di Molinetto;
completa demolizione delle strutture residuali dell'ex Stabilimento (Area nord fase B);
demolizione delle vecchie linee «Eco 1» e «Eco 2» e implementazione della linea di emergenza del sistema di Trattamento Acque di Falda (TAF);
caratterizzazione dell'area dell'ex stabilimento (sponda destra del Torrente Lerone),
impegna il Governo
a sostenere l'ulteriore onere finanziario quantificato in circa 10/14 milioni di euro, relativo al completamento della messa in sicurezza di emergenza, oltre al mantenimento del funzionamento H24 dell'impianto di trattamento Acque di Falda, consentendo quindi la completa demolizione delle strutture, la caratterizzazione dell'area dell'ex stabilimento ed il superamento dello stato emergenziale relativo alla tutela ambientale e sanitaria, in modo da avviare la fase progettuale e le relative attività di bonifica del sito.
9/1885/11. Basso, Mariani, Tullo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento introduce, anche a seguito delle modifiche intervenute nel corso del suo esame in Commissione, misure volte a garantire un efficace contrasto all'illegalità, maggiori tutele per l'ambiente e per la salute dei cittadini, nonché risorse per le bonifiche;
tra le novità di maggior rilievo introdotte si rilevano sia la possibilità di utilizzare per le bonifiche dei terreni inquinati anche gli illeciti proventi dei delitti ambientali compiuti in Campania che l'impiego dell'Esercito per contrastare più efficacemente l'illegalità e le ecomafie;
anche se non nei termini e nelle dimensioni rilevate nella cosiddetta Terra dei Fuochi, negli ultimi anni nella regione Lazio, e soprattutto nel Basso Lazio, si è registrato un continuo aumento di inchieste e ritrovamenti di discariche illegali in cui sarebbero stati sversati rifiuti di ogni specie e di ignota origine;
in una intervista a Sky Tg24 il pentito Carmine Schiavone ha dichiarato che tanta gente è destinata a morire a causa dei rifiuti tossici che giacciono nel sottosuolo del Basso Lazio, oltre che della Campania. I rifiuti venivano scaricati da camion e gettati nei campi e nelle cave di sabbia, ha raccontato il pentito ed il motivo del suo ravvedimento sarebbe proprio legato alle evidenti conseguenze per la salute delle persone, soprattutto bambini, causate da quella attività illecita,
impegna il Governo
ad intervenire, anche con iniziative di tipo normativo, in tempi rapidi al fine di estendere l'applicazione delle disposizioni contenute nel presente provvedimento anche a quelle aree territoriali contigue alla Regione Campania, in particolare alla regione Lazio, in cui le indagini svolte e quelle in corso hanno portato al ritrovamento di siti e discariche illegali in cui sono stati sversati rifiuti tossici nell'arco degli ultimi anni.
9/1885/12. Fauttilli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 136 del 2013 rappresenta il quinto decreto d'urgenza finora emanato dal Governo per cercare di superare la situazione di emergenza ambientale nell'area di Taranto, collegata alle vicende dello stabilimento ILVA;
l'articolo 7 del disegno di legge in esame modifica la procedura di approvazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'ILVA di Taranto e definisce i presupposti per la progressiva attuazione dell’ Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A) da parte del Commissario straordinario;
in particolare, la lettera b) incide sulla portata del Piano di tutela ambientale e sanitaria rispetto all'A.I.A., disponendo che il decreto di approvazione del piano costituisce integrazione dell'A.I.A. medesima, estendendo altresì la portata della norma dettata dal terzo periodo del comma 7, dell'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013 all'intera A.I.A.;
sul funzionamento dell'ILVA di Taranto, a seguito dell'avvio di una procedura EU Pilot conclusasi negativamente, la Commissione europea ha aperto ufficialmente il 26 settembre 2013 una specifica procedura di infrazione (n. 2177 del 2013), a causa del mancato rispetto da parte dell'Italia della normativa europea sia in materia di emissioni industriali sia di responsabilità ambientale;
nello specifico, la Commissione europea ha dichiarato la messa in mora dell'Italia per violazione della direttiva IPPC avente per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato 1 della direttiva 2008/1/CE, nonché per il mancato rispetto della direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale;
dalle osservazioni formulate dalla Commissione europea, risulta chiaramente come lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto sia gestito in violazione di numerose prescrizioni dell'AIA e come l'attività produttiva dello stabilimento abbia comportato e comporti oggettivamente tuttora pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute a causa della inosservanza reiterata dell'autorizzazione integrata ambientale,
impegna il Governo
a trasmettere, a seguito della sua approvazione da parte del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, il decreto di approvazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale di cui all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, completo di tutti gli allegati, alla Direzione generale ambiente della Commissione europea presso cui pende la procedura di infrazione n. 2177 del 2013 relativa al funzionamento dell'ILVA di Taranto, al fine di assicurare che il suddetto decreto ministeriale di approvazione del piano ambientale, configurandosi esso stesso, secondo le disposizioni del decreto come «integrazione alla medesima autorizzazione integrata ambientale», venga portato all'attenzione delle competenti strutture comunitarie, per prevenire eventuali rilievi e contestazioni da parte della Commissione europea ed accelerare altresì i tempi di aggiornamento periodico degli elementi informativi delle competenti strutture comunitarie in materia ILVA di Taranto.
9/1885/13. Spessotto.
La Camera,
premesso che l'articolo 1 del decreto-legge disciplina la procedura della mappatura dei terreni della cosiddetta «Terra dei fuochi», affidando all'ISPRA e all'ARPA Campania lo svolgimento delle indagini tecniche, sulla base di direttive interministeriali che dovranno stabilire indirizzi comuni e priorità, anche facendo riferimento a strumenti di telerilevamento;
ritenuto che occorre effettuare indagini effettive sulle aree inquinate per garantire la congruità dei terreni e delle falde idriche per la coltivazione di prodotti alimentari; occorre effettuare sondaggi, scavi, perforazioni, carotaggi, analisi fisiche e chimiche dei campioni di suolo e delle acque di falda per poter acquisire la giusta conoscenza dello stato di fatto,
impegna il Governo
ad adottare tutte le iniziative di competenza per l'effettiva attuazione di indagini dirette e caratterizzazioni ambientali sui territori inquinati, al fine di garantire la congruità dei terreni e delle falde idriche per la coltivazione di prodotti alimentari, a tutela della salute dei cittadini sul territorio nazionale.
9/1885/14. Matteo Bragantini.
La Camera,
premesso che l'articolo 1 del decreto-legge disciplina la procedura della mappatura dei terreni della cosiddetta «Terra dei fuochi», affidando all'ISPRA e all'ARPA Campania lo svolgimento delle indagini tecniche, sulla base di direttive interministeriali che dovranno stabilire indirizzi comuni e priorità;
ritenuto che occorre garantire controlli serrati sul territorio perché, da quanto emerso dalle telecamere di videosorveglianza già installate, i roghi continuano con fuochi applicati anche da gente comune;
ritenuto, altresì difficile far cambiare vita e costume ad una società che da anni ha maltrattato la propria terra o far riformare il comportamento degli amministratori che da anni hanno trascurato il proprio territorio e hanno permesso l'inquinamento di terreni agricoli fertili, il tombamento e l'incendiamento di rifiuti;
considerato che l'allarme sociale provocato dalla pericolosità dei prodotti agroalimentari campani interessa l'intero Paese poiché ne va di mezzo la salute dei cittadini, non solo della Regione Campania ma di tutti; infatti, la distribuzione commerciale dei prodotti e la movimentazione delle merci avviene attraverso canali complessi e diversificati che nella nostra epoca è impossibile limitare e circoscrivere,
impegna il Governo
ad adottare tutte le iniziative di competenza per l'effettiva attuazione della sorveglianza e dei controlli sui terreni inquinati, anche mediante sistemi di videosorveglianza, al fine di garantire il cessare dei roghi e il divieto di coltivazione di prodotti alimentari sui terreni perimetrati, a tutela della salute dei cittadini sul territorio nazionale.
9/1885/15. Buonanno.
La Camera,
premesso che l'articolo 5, comma 5 del decreto in esame dispone la proroga delle gestioni commissariali relative rispettivamente a Giugliano e Laghetti di Castelvolturno ed a Cogoleto, in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dal decreto-legge n. 59 del 2012;
considerato che tali gestioni commissariali si prorogano di anno in anno, rispettivamente dal 2010 e dal 2006, senza evidenziare plausibili motivazioni di necessità e urgenza e senza rendicontare gli interventi già effettuati durante gli anni delle gestioni commissariali,
impegna il Governo
prima di prevedere ulteriori proroghe di gestioni commissariali in deroga al divieto di proroga o rinnovo delle gestioni commissariali previsto dal decreto-legge n. 59 del 2012, a disporre la rendicontazione degli interventi e delle risorse utilizzate durante gli anni delle gestioni commissariali.
9/1885/16. Busin.
La Camera,
premesso che l'articolo 5 comma 1 del decreto in esame prevede la proroga, fino al 31 dicembre 2015, delle attività amministrative e contabili dell'unità Tecnica Amministrativa per i rifiuti della Regione Campania (UTA), operante presso il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di completare le attività amministrative, contabili e legali conseguenti alle pregresse gestioni commissariali e di amministrazione straordinaria nell'ambito della gestione dei rifiuti nella regione Campania;
preso atto che tale unità è subentrata nelle attività delle «Unità stralcio» e «Unità operativa», istituite dall'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, fino al 31 gennaio 2011, al fine di chiudere l'emergenza rifiuti in Campania;
considerato la proroga prevista dall'articolo 5, comma 1, comporta ritardi al ritorno alla gestione ordinaria dei rifiuti nella Regione Campania,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per garantire il completamento delle attività dell'unità Tecnica Amministrativa per i rifiuti della Regione Campania (UTA) nei termini previsti dal presente decreto, allo scopo di chiudere definitivamente l'emergenza rifiuti della Regione Campania e non prevedere ulteriori proroghe.
9/1885/17. Caparini.
La Camera,
premesso che l'articolo 5 comma 2 del decreto in esame delega il Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, a modificare la disciplina, la composizione, il funzionamento e il trattamento economico dell'unità Tecnica Amministrativa per i rifiuti della Regione Campania (UTA), a valere sulle disponibilità delle contabilità speciali esistenti;
considerato che la relazione tecnica non fornisce chiarimenti relativamente ai limiti di organico dell'UTA, nell'ambito dei quali si provvederà a definire la disciplina dell'Unità Tecnica Amministrativa, e alle risorse giacenti sulle contabilità speciali,
impegna il Governo
affinché la riorganizzazione della composizione, funzionamento e trattamento economico dell'unità Tecnica Amministrativa per i rifiuti della Regione Campania (UTA), come prevista dall'articolo 5 comma 2 del presente decreto, non si traduca in aumenti degli emolumenti e del personale di tale Unità.
9/1885/18. Fedriga.
La Camera,
premesso che l'articolo 3 del decreto in esame affronta sul piano sanzionatorio la grave situazione dei roghi illeciti nella cosiddetta «terra dei fuochi», attraverso l'introduzione nel decreto legislativo n. 152 del 2006 recante norme in materia ambientale (cosiddetto Codice ambientale) di una specifica fattispecie di reato, relativa alla «combustione illecita di rifiuti», che si aggiunge alle già esistenti fattispecie penali di abbandono di rifiuti e gestione non autorizzata di rifiuti (articoli 255 e 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006);
tenuto conto che il reato della «combustione illecita di rifiuti» era fino ad oggi assente dall'ordinamento;
considerato che non risulta chiara l'esclusione dalla sanzione penale delle attività di combustione controllata di materiale vegetale effettuata dagli imprenditori agricoli o dai privati proprietari di orti o giardini, secondo normali pratiche e consuetudini tradizionalmente osservate nell'attività di coltivazione,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché sia chiarita inequivocabilmente la differenza tra le attività illecite di combustione dei rifiuti e le attività di combustione controllata di materiale vegetale effettuata dagli imprenditori agricoli o dai privati proprietari di orti o giardini, secondo normali pratiche e consuetudini tradizionalmente osservate nell'attività di coltivazione.
9/1885/19. Invernizzi.
La Camera,
premesso che l'articolo 2, comma 5-bis, del decreto in esame, nell'ambito della suddivisione del Fondo Unico giustizia, ai fini della bonifica dei siti inquinati della regione Campania, prevede una norma speciale per l'assegnazione a tale scopo dei proventi dei beni confiscati alla criminalità organizzata a seguito dello svolgimento di processi per traffico e smaltimento illegale di rifiuti, relativi a delitti commessi nella medesima regione;
considerato che analoghe disposizioni occorre prevedere per la bonifica di tutti i siti inquinati sul territorio nazionale,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché sia ristabilita una procedura omogenea su tutto il territorio nazionale per la destinazione alle bonifiche dei siti inquinati dei proventi dei beni confiscati alla criminalità organizzata, a seguito dello svolgimento di processi per traffico e smaltimento illegale di rifiuti.
9/1885/20. Borghesi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 del decreto in esame individuano procedure, azioni e interventi per la tutela e la bonifica dei siti inquinati della Campania;
l'articolo 8 prevede misure ambientali e sanitarie per garantire e agevolare la bonifica del SIN di Taranto;
oltre a Taranto, in Italia vi sono altri 56 siti di interesse nazionale (SIN) che, per pericolosità, urgenza, rischio sanitario ed incidenza socio-economica, hanno la medesima necessità di essere bonificati e messi in sicurezza di quello di Taranto;
i siti d'interesse nazionale sono aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali e sono stati individuati e perimetrati con Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate;
i SIN nazionali, perimetrati dal 1998, hanno una estensione che ricopre circa il 3 per cento del territorio nazionale. I Comuni inclusi nei Sin sono oltre 300, con circa 9 milioni di abitanti. Tali Siti di carattere nazionale differiscono dagli altri siti contaminati anche perché la loro procedura di bonifica è attribuita al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che può avvalersi anche dell'ISPRA, delle ARPA regionali e dell'ISS (istituto superiore di sanità) ed altri soggetti;
lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite relazioni esposte a specifici convegni dall'ISPRA, ha riconosciuto che ad oltre dieci anni dall'adozione della norma ad hoc sui SIN, che fissava le procedure per l'effettuazione delle bonifiche, i risultati sono molto deludenti; il ripristino ambientale dei SIN avrebbe, oltre la certa rilevanza ambientale, anche quella economica e sociale, in quanto la relativa bonifica finalizzata all'eliminazione delle passività ambientali, possono restituire i corrispondenti territori alla produzione di beni e servizi sostenibili, favorendo lo sviluppo della ricerca e dell'innovazione;
sarebbe ad ogni modo necessario che il Governo si dedicasse ad individuare misure in grado di assicurare la fine della gestione emergenziale dei SIN se del caso approvando un Piano Nazionale per le bonifiche dei SIN che miri a investimenti legati ad efficienza e sostenibilità, certezza sulle risorse finanziarie statali e soprattutto ad un alleggerimento degli iter procedurali che rappresentano un elevatissimo e spesso insormontabile ostacolo all'avvio delle attività di bonifica,
impegna il Governo
a valutare la necessità di definire insieme alle regioni, un Piano Nazionale per le bonifiche dei SIN contenente impegni finanziari certi e procedure di semplificazione per avviare le attività di ripristino ambientale e che miri a investimenti legati ad efficienza e sostenibilità.
9/1885/21. Giancarlo Giorgetti.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 del decreto in esame individuano procedure, azioni e interventi per la tutela e la bonifica dei siti inquinati della Campania;
l'articolo 8 prevede misure ambientali e sanitarie per garantire e agevolare la bonifica del SIN di Taranto;
oltre a Taranto, in Italia vi sono altri 56 siti di interesse nazionale (SIN), che per pericolosità, urgenza, rischio sanitario ed incidenza socio-economica, hanno la stessa la medesima necessità di essere bonificati e messi in sicurezza, di quello di Taranto;
i 57 siti del «Programma nazionale di bonifica» comprendono aree industriali dismesse, aree industriali in corso di riconversione, aree industriali in attività, aree che sono state oggetto in passato di incidenti con rilascio di inquinanti chimici e aree oggetto di smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi. In tali siti l'esposizione alle sostanze contaminanti può venire da esposizione professionale, emissioni industriali e da suoli e falde contaminate;
tra i SIN che necessitano di essere urgentemente presi in considerazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e soprattutto finanziati da parte del Governo per essere messi in sicurezza e bonificati, vi rientra anche quello di «Venezia (Porto Marghera)», caratterizzato da un forte inquinamento da idrocarburi;
il ripristino ambientale di questo sito avrebbe oltre la certa rilevanza ambientale, anche quella economica e sociale in quanto la relativa bonifica finalizzata all'eliminazione delle passività ambientali, possono restituire i corrispondenti territori alla produzione di beni e servizi sostenibili favorendo lo sviluppo della ricerca e dell'innovazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere idonee iniziative, anche di carattere normativo, dirette alla bonifica o alla messa in sicurezza del sito di «Venezia (Porto Marghera)».
9/1885/22. Prataviera.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 del decreto in esame individuano procedure, azioni e interventi per la tutela e la bonifica dei siti inquinati della Campania;
l'articolo 8 prevede misure ambientali e sanitarie per garantire e agevolare la bonifica del SIN di Taranto;
oltre a Taranto, in Italia vi sono altri 56 siti di interesse nazionale (SIN), che per pericolosità, urgenza, rischio sanitario ed incidenza socio-economica, hanno la stessa la medesima necessità di essere bonificati e messi in sicurezza, di quello di Taranto;
i 57 siti del «Programma nazionale di bonifica» comprendono aree industriali dismesse, aree industriali in corso di riconversione, aree industriali in attività, aree che sono state oggetto in passato di incidenti con rilascio di inquinanti chimici e aree oggetto di smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi. In tali siti l'esposizione alle sostanze contaminanti può venire da esposizione professionale, emissioni industriali e da suoli e falde contaminate;
tra i SIN che necessitano di essere urgentemente presi in considerazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e soprattutto finanziati da parte del Governo per essere messi in sicurezza e bonificati, vi rientra anche quello dell'area della Seveso, caratterizzato da un forte inquinamento da diossina;
infatti, il 10 luglio 1976 l'area di Seveso e di alcuni comuni vicini fu contaminata da una nube tossica contenente elevate quantità di diossina sprigionatasi in seguito ad un incidente verificatosi presso gli impianti chimici della società elvetica ICMESA, appartenente al gruppo Givaudan-La Roche; tale incidente ha richiesto l'evacuazione di una parte consistente degli abitanti; per questo incidente il nome di Seveso è legato alla direttiva europea 96/82/CE, e successive modificazioni, che impone il censimento di tutti i siti industriali ad alto rischio;
dagli anni Ottanta è in atto un'azione di bonifica del fiume Seveso, con la costruzione di depuratori, anche con risorse statali, ai fini della messa in sicurezza dell'area ad elevato rischio di crisi ambientale «Lambro-Olona-Seveso», nell'ambito dei programmi triennali del Ministero dell'ambiente per l'azione pubblica e per la tutela ambientale;
il ripristino ambientale dell'area di Seveso avrebbe, oltre la certa rilevanza ambientale, anche quella economica e sociale in quanto la relativa bonifica finalizzata all'eliminazione delle passività ambientali, possono restituire i corrispondenti territori alla produzione di beni e servizi sostenibili favorendo lo sviluppo della ricerca e dell'innovazione,
impegna il Governo
ad assumere idonee iniziative, anche di carattere normativo, dirette alla bonifica o alla messa in sicurezza dell'area di Seveso.
9/1885/23. Grimoldi.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 direttiva europea 96/82/CE individuano procedure, azioni e interventi per la tutela e la bonifica dei siti inquinati della Campania;
l'articolo 8 prevede misure ambientali e sanitarie per garantire e agevolare la bonifica del SIN di Taranto;
oltre Taranto, in Italia vi sono altri 56 siti di interesse nazionale (SIN), che per pericolosità, urgenza, rischio sanitario ed incidenza socio-economica, hanno la medesima necessità di essere bonificati e messi in sicurezza, di quello di Taranto;
i 57 siti del «Programma nazionale di bonifica» comprendono aree industriali dismesse, aree industriali in corso di riconversione, aree industriali in attività, aree che sono state oggetto in passato di incidenti con rilascio di inquinanti chimici e aree oggetto di smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi. In tali siti l'esposizione alle sostanze contaminanti può venire da esposizione professionale, emissioni industriali e da suoli e falde contaminate;
tra i SIN che necessitano di essere urgentemente presi in considerazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e soprattutto finanziati da parte del Governo per essere messi in sicurezza e bonificati, vi rientra anche quello del Casale Monferrato nella Provincia di Alessandria, caratterizzato da un forte inquinamento da amianto;
infatti, benché sin dal 1962 fosse noto in tutto il mondo che la polvere di amianto, generata dall'usura dei tetti e usata come materiale di fondo per i selciati, provoca, oltre che alla classica asbestosi, anche una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico, a Casale Monferrato (Alessandria), e ad altre parti del Paese aziende come la Eternit continuarono a produrre manufatti sino al 1986;
in particolare a Casale Monferrato i morti e i contaminati da amianto sono migliaia, anche perché lo stabilimento disperdeva con potenti aeratori la polvere di amianto in tutta la città, causando la contaminazione anche di persone non legate alle attività produttive dell'Eternit. Soltanto nel periodo 2009-2011 nella città monferrina ci sono stati 128 nuovi casi di persone ammalate; la malattia ha un periodo di incubazione di circa 30 anni e pertanto si trovano attualmente in pericolo tutti coloro che fino alla fine degli anni Ottanta risiedevano in zone limitrofe contaminate dalle polveri;
attualmente l'azienda risulta fallita presso il Tribunale di Genova ed il Comune di Casale Monferrato sta spendendo milioni di euro per la bonifica del sito. Nella zona di Casale Monferrato e nell'intera Provincia di Alessandria si contano circa 1.800 morti per esposizione ad amianto, morti avvenute perlopiù in silenzio,
impegna il Governo
ad assumere idonee iniziative, anche di carattere normativo, dirette alla bonifica o alla messa in sicurezza dell'area di Casale Monferrato nella provincia di Alessandria.
9/1885/24. Allasia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto in esame prevede il coinvolgimento dell'Agenzia per le erogazioni in Agricoltura assegnando a tale Agenzia ulteriori compiti di supporto e di coordinamento per lo svolgimento di indagini indirizzate alla mappatura dei terreni inquinati;
con il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, cosiddetto «spending review», ed in particolare con l'articolo 12 di tale decreto, è stata prevista una riduzione dell'organico e delle funzioni dell'AGEA, in funzione di una successiva revisione degli organi vigilati; tale norma è stata successivamente modificata dalla legge di stabilità per il 2014;
da più parti si sono avanzate critiche sull'utilità dell'AGEA per l'agricoltura e per gli agricoltori, anche in virtù degli errori nella gestione dei fondi di finanziamento di cui l'Agenzia si è resa responsabile in passato e in considerazione della maggiore competenza e conoscenza delle realtà territoriali e delle aziende che vi operano da parte delle Regioni,
impegna il Governo
a non assegnare in futuro ulteriori competenze all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in funzione di una progressiva riduzione delle funzioni e dell'organico di tale Agenzia, ai fini della riorganizzazione del settore nell'ottica della razionalizzazione della spesa pubblica.
9/1885/25. Caon.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 reca disposizioni in materia di commissari per il rischio idrogeologico, semplificando le procedure di nomina;
tali norme agevolative per la nomina dei Commissari per il rischio idrogeologico, sono indispensabili, vista la continua emergenza in cui versa il Paese su tale fronte;
i disastri accaduti in questi giorni nel territorio del Nord modenese mettono in evidenza la necessità di interventi a carattere strutturale per la prevenzione del rischio idrogeologico e per la manutenzione del territorio per far fronte ad episodi del genere generati da eventi climatici che ormai non sono più l'eccezione, bensì la regola, ogni anno;
ritenuto indispensabile incrementare le risorse disponibili per far fronte all'altissimo livello di pericolosità del territorio nazionale in quanto risulta evidente che, se non si procederà al più presto ad effettuare un vasto piano di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, sarà sempre più difficile ed insostenibile fare fronte agli interventi di risarcimento e di ricostruzione delle opere distrutte o danneggiate a seguito di danni provocati dalle calamità naturali,
impegna il Governo
ad attivare un programma di finanziamento pluriennale di interventi per il riassetto territoriale delle aree a rischio idrogeologico, incrementando le risorse destinate alla difesa del suolo.
9/1885/26. Gianluca Pini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 del decreto in esame reca disposizioni in materia di commissari per il rischio idrogeologico, semplificando le procedure di nomina;
tali norme agevolative per la nomina dei Commissari per il rischio idrogeologico, sono indispensabili, vista la continua emergenza in cui versa il Paese su tale fronte;
i disastri accaduti in questi giorni nel territorio del Nord modenese mettono in evidenza la necessità di interventi a carattere strutturale per la prevenzione del rischio idrogeologico e per la manutenzione del territorio per far fronte ad episodi del genere generati da eventi climatici che ormai non sono più l'eccezione, bensì la regola, ogni anno;
gli enti locali assumono un ruolo fondamentale ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico e della manutenzione del proprio territorio e, spesso, nonostante abbiano la disponibilità delle risorse non riescono ad intervenire per il finanziamento e la realizzazione degli interventi a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno,
impegna il Governo
ad assumere le opportune iniziative per prevedere l'esclusione dai vincoli previsti dal patto di stabilità interno dei finanziamenti pluriennali e delle risorse provenienti dallo Stato, dalle regioni e di quelle proprie degli enti locali, destinate ad interventi di prevenzione, manutenzione del territorio e contrasto al rischio idrogeologico;
9/1885/27. Marcolin.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1 e 2 del decreto in esame individuano procedure, azioni e interventi per la tutela e la bonifica dei siti inquinati della Campania;
l'articolo 8 prevede misure ambientali e sanitarie per garantire e agevolare la bonifica del SIN di Taranto, attraverso modifiche al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61;
oltre a Taranto, in Italia vi sono altri 56 siti di interesse nazionale (SIN), che per pericolosità, urgenza, rischio sanitario ed incidenza socio-economica, hanno la stessa la medesima necessità di essere bonificati e messi in sicurezza, di quello di Taranto;
i 57 siti del «Programma nazionale di bonifica» comprendono aree industriali dismesse, aree industriali in corso di riconversione, aree industriali in attività, aree che sono state oggetto in passato di incidenti con rilascio di inquinanti chimici e aree oggetto di smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi. In tali siti l'esposizione alle sostanze contaminanti può venire da esposizione professionale, emissioni industriali e da suoli e falde contaminate;
con il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61 è stata prevista l'esclusione dai limiti del Patto di Stabilità interno della regione Puglia dei pagamenti destinati agli interventi di attuazione del Protocollo d'intesa del 26 luglio 2012 per la riqualificazione dell'area del sito di interesse nazionale (SIN) di Taranto, finanziati con le risorse statali erogate alla stessa regione Puglia, nel limite di 1,3 milioni per il 2013 e 40 milioni per il 2014;
ritenuto opportuno assumere iniziative simili anche in favore di interventi di bonifica di altri Siti di interesse nazionale allo scopo di svincolare le risorse disponibili,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere le idonee iniziative, anche legislative, dirette ad escludere dai limiti del Patto di Stabilità interno i finanziamenti erogati dallo Stato alle Regioni destinati ad interventi di bonifica o di messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale.
9/1885/28. Guidesi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 4-ter del presente provvedimento, al fine di integrare il quadro complessivo delle contaminazioni esistenti nella regione Puglia, prevede che l'Istituto superiore di sanità analizzi e pubblichi i dati dello studio epidemiologico «Sentieri» relativo ai siti di interesse nazionale pugliesi effettuato dal 2003 al 2009 e aggiorni lo studio per le medesime aree, stabilendo potenziamenti degli studi epidemiologici, in particolare in merito ai registri delle malformazioni congenite e ai registri dei tumori, e fornendo dettagli in merito alla sommatoria dei rischi, con particolare riferimento ai superamenti dei valori stabiliti per le polveri sottili;
i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 novembre 1990 e del 30 luglio 1997 hanno dichiarato parte del territorio della provincia di Brindisi «area ad elevato rischio di crisi ambientale»;
il successivo decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ha incluso Brindisi tra i 57 siti di interesse nazionale per interventi di bonifica; com’è noto il criterio di inclusione di un sito tra quelli di interesse nazionale dipende dal rischio sanitario che le condizioni di quel sito determinano per le popolazioni;
il territorio in questione ha un'estensione complessiva di aree private di 21 chilometri quadrati e di aree pubbliche di circa 93 chilometri quadrati, con una popolazione residente nelle aree limitrofe pari a un terzo della popolazione regionale;
ad oggi, nel sito di interesse nazionale di Brindisi l'apparato industriale è caratterizzato da un imponente polo chimico e dal più grande polo energetico nazionale;
in questi due poli operano numerose aziende – alcune delle quali dichiarate a rischio di incidente rilevante – chimiche (l’ex Polimeri Europa oggi Versalis, Syndial, Enipower, Basell Brindisi, Chemgas, Dow Poliuretani Italia, Evc), farmaceutiche, elettriche (per un totale di potenza installata di circa 5.200 megawatt con produzione di elettricità tramite energie fossili e comprensiva della più potente centrale termoelettrica a ciclo combinato – gas metano – di 1170 megawatt dell'Eni, in sostituzione del vecchio petrolchimico), industrie aeronautiche, un deposito di stoccaggio di gpl di 20.000 tonnellate, lo zuccherificio della Sfir alimentato da una centrale elettrica a biomasse, una discarica di rifiuti pericolosi e nocivi, un inceneritore di rifiuti industriali e ospedalieri e una discarica di rifiuti industriali pericolosi e di sostanze altamente nocive di 50 ettari, chiamata Micorosa (in cui sono presenti cloruro di vinile, benzene, arsenico e altro), il cui volume supera i 4 milioni rispetto ai limiti di legge e la cui profondità di sedimentazione è di ben 5 metri;
in particolare, com’è noto, Brindisi ospita la centrale elettrica più climalterante d'Italia – la Federico II Enel spa – con la produzione di circa 12 milioni e mezzo di tonnellate di anidride carbonica nel 2012 ed una quantità di carbone movimentata e bruciata pari a circa 5/6 milioni di tonnellate, trasportate da un nastro scoperto lungo 12 chilometri;
destano serissima preoccupazione i dati rivenienti da numerosi studi condotti da singoli o gruppi di ricercatori che, insieme con gli elementi conoscitivi apportati dall'Arpa Puglia e dalla ASL di Brindisi, permettono di concludere che l'industrializzazione di Brindisi, avviata negli anni Sessanta, ha prodotto un gravissimo inquinamento di suolo, falde, mare e aria;
un recentissimo studio, intitolato «Congenital anomalies among live births in a high environmental risk area. A case-control study in Brindisi – Southern Italy», condotto da Emilio Gianicolo, Cristina Mangia, Marco Cervino, Antonella Bruni, Maria Grazia Andreassi, Giuseppe Latini, grazie a una sinergia del Cnr di Lecce con la Divisione di neonatologia dell'Ospedale Penino di Brindisi, prossimo alla pubblicazione sulla rivista scientifica americana «Environmental Research», dimostra «una relazione significativa tra esposizione ad SO2 (anidride solforosa) ed anomalie congenite, in particolare del cuore» dei neonati;
lo studio Sentieri, per il sito di interesse nazionale di Brindisi, sulla base delle risultanze epidemiologiche, ha proposto di svolgere tre ulteriori tipi di indagini:
1) indagini subcomunali, nelle popolazioni vicine alle attività industriali fonti di rischio, come il petrolchimico e le centrali elettriche, soprattutto per patologie come i tumori pleurico e del polmone;
2) uno studio sullo stato di salute dei lavoratori occupati negli insediamenti industriali di rischio;
3) uno studio di biomonitoraggio per l'individuazione di inquinanti presenti negli organismi delle popolazioni più esposte alle fonti di rischio;
il Governo ha già risposto positivamente all'Interpellanza Urgente n. 2-00128 sulla materia oggetto del presente ordine del giorno,
impegna il Governo
a completare con assoluta urgenza, anche per il SIN di Brindisi, lo studio epidemiologico come previsto dal progetto Sentieri e a mettere in campo tutte le misure e le azioni necessarie a rafforzare le attività di prevenzione a tutela della salute e dell'ambiente.
9/1885/29. Mariano, Decaro, Ginefra, Losacco, Ventricelli, Capone, Mongiello, Scalfarotto, Bellanova, Pelillo, Michele Bordo, Grassi.
La Camera,
premesso che:
le criticità ambientali della cosiddetta «Terra dei Fuochi» sono importanti ed è necessaria una rapida risoluzione delle stesse;
nelle more di una pronta approvazione della proposta di legge sui reati ambientali, che comprenda anche la penalizzazione della frode e del falso in ambito ambientale, è importante stabilire metodi che rendano sempre più affidabili i biomonitoraggi sulle matrici di suolo, piante, ortaggi e acque, che in questo momento più che mai dovranno stabilire la qualità di alcune produzioni agroalimentari e la compatibilità con la salute e guideranno i piani di bonifica;
è auspicabile che la normativa che deriverà anche dal provvedimento in esame per determinare i valori di contaminazione nelle aree food e no-food possa migliorare l'attendibilità dei risultati dei monitoraggi stessi;
sono frequenti le segnalazioni di frode nell'ambito dei biomonitoraggi ambientali,
impegna il Governo
a stabilire metodi di ricontrollo a campione dei biomonitoraggi eseguiti nelle aree della «Terra dei Fuochi» da parte di laboratorio indipendente dal primo che ha eseguito l'esame.
9/1885/30. Gagnarli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha evidenziato le criticità dovute alla cattiva gestione del ciclo dei rifiuti. Una delle principali cause di criticità ambientale è il percolamento dei rifiuti nelle discariche, dovuto in particolare alla componente umida. Per ridurre la pressione ambientale e ottimizzare la filiera dei rifiuti solidi urbani potrebbe essere utile incentivare la gestione a filiera corta e cortissima della componente umida in particolare nelle realtà urbane,
impegna il Governo
a esentare dal pagamento della tassa relativa alla gestione dei rifiuti solidi urbani per 3 anni i residenti in capoluoghi di provincia che gestiranno ex novo autonomamente il rifiuto umido mediante compostiera domestica o condominiale.
9/1885/31. Daga.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha evidenziato le criticità dovute alla cattiva gestione del ciclo dei rifiuti. Una delle principali cause di criticità ambientale è il percolamento dei rifiuti nelle discariche, dovuto in particolare alla componente umida. Per ridurre la pressione ambientale e ottimizzare la filiera dei rifiuti solidi urbani potrebbe essere utile incentivare la gestione a filiera corta e cortissima della componente umida in particolare nelle realtà urbane,
impegna il Governo
a ridurre del 50 per cento per 3 anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto la tariffa per la gestione dei rifiuti agli esercenti nel settore della ristorazione che si muniranno ex novo di compostiera e gestiranno autonomamente il rifiuto umido in aree di loro pertinenza e ad introdurre forme di controllo quantitativo.
9/1885/32. Segoni.
La Camera,
premesso che:
le emergenze ambientali dovute a dissesto idrogeologico stanno diventando sempre più pressanti, in parte per l'abbandono del territorio. La ricerca di forme di tutela, di conservazione e di ripristino del paesaggio, comprendenti in particolare la manutenzione di strutture esistenti potrebbe determinare la riduzione del rischio. Tali opere avrebbero bisogno di un notevole impegno di manodopera e di programmazione;
le somme da destinare a tali servizi saranno recuperate indirettamente dal risparmio realizzato dalla riduzione delle risorse da destinare alle emergenze,
impegna il Governo
ad adoperarsi per la l'istituzione del servizio civile contro il dissesto idrogeologico.
9/1885/33. Gallinella.
La Camera,
premesso che:
i dati epidemiologici dei registri mesoteliomi regionali continuano a fornire dati preziosi in merito all'esposizione all'amianto della popolazione. La filiera di gestione e messa in sicurezza dell'amianto in Italia non è ancora stata ottimizzata;
nelle aree limitrofe all'Ilva di Taranto in particolare sono stati segnalati tassi standardizzati di mortalità di 4 volte superiori alla media nazionale per tumori maligni della pleura correlati all'amianto;
è necessario tenere alta l'attenzione su questi temi, per cui non è accettabile l'indebolimento della sorveglianza epidemiologica, che contribuisce a certificare la riduzione dell'esposizione della popolazione,
impegna il Governo
a valutare l'efficacia dei registri mesoteliomi regionali su tutto il territorio nazionale e a intraprendere eventuali iniziative di potenziamento degli stessi.
9/1885/34. Terzoni.
La Camera,
premesso che:
la situazione ambientale della provincia di Taranto è compromessa in maniera importante. Il paesaggio e l'ambiente naturale preesistenti alla massiva industrializzazione erano caratterizzati da paesaggi e da ecosistemi di enorme pregio. In tale realtà l'assetto economico potrebbe essere basato anche sul rilancio della produzione agroalimentare e sul turismo;
risulta impellente la bonifica dei siti inquinati mediante piani razionali e condivisi;
in particolare il Mar Piccolo è una realtà di grande rilievo paesaggistico e correlata alla produzione di mitili di qualità riconosciuta a livello mondiale. Il livello di inquinamento in tale realtà è stato decisamente importante ma la riduzione della pressione inquinante sta portando gradualmente a condizioni migliori per tutte le forme di vita ivi presenti. Nuovi attacchi a queste aree potrebbero compromettere irreparabilmente questo delicato ecosistema che ha ospitato persino i cavallucci marini,
impegna il Governo
ad impedire dragaggi del Mar Piccolo di Taranto e l'utilizzo di tale area per attività portuali maggiormente impattanti di quelle presenti.
9/1885/35. L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
è necessario un concreto intervento a tutela della salute della popolazione della provincia di Taranto, esposta da decenni a gravi livelli di pressione inquinante che stanno proseguendo in maniera abnorme, tanto da determinare un'emergenza ambientale nazionale prioritaria;
tra gli strumenti da utilizzare si evidenzia la puntualizzazione e pubblicazione analitica degli studi epidemiologici, oltre al potenziamento degli stessi, nonché lo screening indirizzato dagli studi epidemiologici stessi,
impegna il Governo
a valutare, interfacciandosi con la Regione Puglia, l'offerta assistenziale a disposizione della popolazione, in particolare per quanto riguarda l'assistenza specialistica legata alle patologie correlate all'ambiente, in relazione anche all'assistenza domiciliare specialistica per le stesse e a prendere provvedimenti di adeguamento alle reali necessità e a valutare l'impiego delle somme destinate all'uopo da precedenti provvedimenti.
9/1885/36. Liuzzi.
La Camera,
premesso che:
le criticità ambientali dei SIN sono di difficile risoluzione. La sommatoria dei fattori di rischio è uno dei punti di aggravamento della situazione per le popolazioni e gli ambienti interessati, in particolare il superamento delle polveri sottili, che è stato ufficialmente dichiarato cancerogeno nel 2013 dall'OMS e dalla IARC;
si presenta in alcune delle realtà rientranti nei SIN;
lo studio Sentieri, in merito ai dati processati 1995-2002, ha dimostrato oltre 1200 decessi annui per le aree SIN, con conseguenti gravi aspetti sociali ed economici;
per limitare questi aspetti è possibile, con strumenti validati scientificamente, ridurre la pressione ambientale delle popolazioni;
alcuni di questi strumenti sono oltretutto a costo «zero» per lo Stato;
nel merito, il sottoscrittore del presente atto intende sottolineare quanto emerso dallo studio del Centro ricerche edilizia e mercato (Cresme), recentemente esposto in Commissione Ambiente, che ha evidenziato come la defiscalizzazione al 65 per cento degli interventi per la riqualificazione energetica degli edifici abbia portato su un ambito pluriennale a un introito aggiuntivo per lo Stato di oltre 500 milioni di euro annui, anche per lo stimolo al mercato e all'emersione del sommerso, e ha determinato la creazione di oltre 200 mila posti di lavoro; il passaggio a una defiscalizzazione del 75 per cento di questi interventi potrebbe essere anch'essa a costo zero per le casse statali, fornendo oltretutto un ulteriore concreto stimolo occupazionale; l'applicazione di questa misura a partire dalle aree SIN potrebbe essere un concreto metodo di riduzione dell'inquinamento in tali aree;
il sottoscrittore del presente atto intende inoltre sottolineare che il settore della mobilità sostenibile è valutato come il più potente determinante di occupazione e qualità di vita;
le emissioni di polveri sottili da parte del settore del riscaldamento domestico e della mobilità rappresentano oltre il 70 per cento delle emissioni documentate in media in Italia,
impegna il Governo
a predisporre misure di defiscalizzazione per le opere di bonifica, di riconversione energetica in edilizia (ad esempio con la defiscalizzazione al 75 per cento degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici) e mobilità sostenibile per le aree SIN.
9/1885/37. Zolezzi
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame per quanto attiene la parte riguardante la Regione Campania pone l'accento sulla situazione della cosiddetta Terra dei fuochi;
l'allarme è collegato al ripetersi dei fenomeni descritti come roghi tossici, per mezzo dei quali vengono bruciati e smaltiti all'aria aperta ogni tipo di rifiuto e senza alcun controllo. È evidente l'esigenza di reprimere il fenomeno ogni sua forma. Tuttavia bisogna rivolgere attenzione anche verso tutto ciò che in questi anni è stato interrato nei territori interessati. Dal 1991 al 2013 nelle numerose inchieste sono state coinvolte ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al Centro e al Nord Italia. In 22 anni sono stati sversati nella Terra dei Fuochi da 10 a 30 milioni di tonnellate di veleni. Oltre 410 mila camion. Rifiuti tossici di ogni tipo persino rifiuti prodotti da petrolchimici storici del nostro Paese (l'Acna di Cengio, l'ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce);
le confessioni del camorrista Schiavone hanno delineato uno scenario drammatico, tale che si è anche parlato in alcuni casi di una impossibilità dell'opera di bonifica o comunque di tempi lunghissimi. Il punto chiave è l'intreccio tra malaffare locale ed interessi delle aziende del Centro-Nord che per puro profitto hanno accettato, optato per lasciar smaltire illegalmente i propri rifiuti dalle mafie. Oggi la Campania è una terra strangolata dall'inquinamento e ci sono migliaia di persone con gravi problemi di ordine sanitario. È necessario pervenire ad una mappatura del tipo di rifiuti interrati e delle aziende che hanno certamente contribuito alla costruzione silenziosa di questo inferno sotterraneo;
secondo alcuni studi di settore tramite il pattern delle diossine su qualunque matrice sarebbe possibile reperire l'origine dell'inquinamento e quindi all'azienda produttrice,
impegna il Governo
ad avviare una ricerca, tramite prestigiosi enti nazionali ed esteri – quali l'Università Ca’ Foscari di Venezia, o l'istituto tedesco Max Planck – sul pattern delle diossine su qualunque matrice dei rifiuti interrati, al fine di pervenire all'origine dell'inquinamento ed alle aziende produttrici.
9/1885/38. Busto.
La Camera,
premesso che:
oggi la Regione Campania risulta essere una delle terre più inquinate d'Europa e questo è stato possibile a causa della connivenza di interessi economici e politici degli ultimi decenni. Una sorta di patto tra criminalità organizzata, istituzioni ed aziende che hanno reso quei territori delle bombe ad orologeria per tutti gli abitanti e non solo. In tutto ciò è necessario avviare, parallelamente all'attività di bonifica, cura della popolazione e punizione dei responsabili, un'opera di informazione preventiva sulla natura stessa del danno ambientale. Un'operazione che partendo dalle scuole possa attraversare anche le aziende e le stesse istituzioni. Lavoro di informazione e prevenzione che possa riguardare non solo la Regione Campania ma l'intero Paese Italia, perché solo da una vera e propria rivoluzione culturale sul tema dei rifiuti possiamo sperare che il futuro sia sempre meno nero e più verde,
impegna il Governo
a porre in essere, con tutti gli strumenti in suo possesso, un'opera di informazione nazionale – a partire dalle scuole ma senza tralasciare aziende ed istituzioni – riguardante gli effetti del danno ambientale dovuto allo smaltimento illegale dei rifiuti sull'ambiente e sulla salute dei cittadini.
9/1885/39. Dell'Orco.
La Camera,
premesso che:
secondo un recente report pubblicato dal Ministero della salute, nel 2009 in Campania sono stati prodotti 5 milioni di tonnellate di rifiuti tossici rispetto ai 3 milioni e 750 mila del 2008, con un incremento del 13 per cento. Una percentuale, assicurano gli esperti, che è ulteriormente aumentata negli anni successivi. Rispetto al presente decreto, uno dei punti centrali per affrontare seriamente la problematica è quello di rifiutare l'approccio localistico, ossia quello che porterebbe ad una regionalizzare del problema. Questo perché il problema è di natura nazionale, nonché internazionale;
sulla base di queste considerazioni è possibile ipotizzare, se non individuare, le nuove rotte dei veleni. È così possibile individuare le nuove terre, anche fuori dall'Italia, chiamate ad «ospitare» rifiuti di ogni tipo. Si parla naturalmente di Africa, in Paesi come la Somalia, ma anche dell'Est europeo, in particolare la Romania,
impegna il Governo
a prendere ogni iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di individuare e reprimere le nuove vie dei veleni, che portano i rifiuti dall'Italia all'estero.
9/1885/40. Vignaroli.
La Camera,
premesso che:
la partecipazione dei cittadini al monitoraggio e al presidio delle aree interessate dalla vicende oggetto del presente decreto rappresenta un fattore di fondamentale importanza non solo per la prevenzione materiale degli episodi causa di criticità ambientali, ma anche per la diffusione del senso di appartenenza ad una comunità interessata alla tutela del suolo in quanto bene comune;
una popolazione informata e direttamente coinvolta nelle attività di gestione del proprio territorio rappresenta l'antidoto più potente al protrarsi delle attività della criminalità organizzata;
considerate le disposizioni della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, siglata ad Aarhus il 25 giugno 1998, resa esecutiva dalla legge 16 marzo 2001, n. 108,
impegna il Governo
a garantire la possibilità da parte di associazioni, comitati locali e cittadini residenti, non solo di partecipare, ma anche di costituire consigli consultivi della comunità locale nei quali sia garantita la presenza di rappresentanze dei cittadini residenti, nonché delle principali organizzazioni agricole e ambientaliste, degli enti locali e della regione Campania.
9/1885/41. De Rosa.
La Camera,
premesso che:
la «Terra dei fuochi» rappresenta, un vasto territorio, abitato da svariate centinaia di migliaia di persone, in cui da anni è stato perpetrato e, ancor oggi si consuma, lo sversamento illegale e a basso costo, ma altissimo in termini di vite umane, di rifiuti industriali pericolosi e tossici;
il dramma che vive la «Campania felix» è caratterizzato dalla cosiddetta «Terra dei fuochi» e dalla cosiddetta «Terra dei veleni», due situazioni connesse ma ben distinte, determinate entrambe non dai rifiuti urbani – che tanta confusione hanno generato in questi lunghi anni – ma dai rifiuti industriali tossici e nocivi per la salute dei cittadini;
l'articolo 2 del decreto in esame disciplina l'istituzione di una Commissione con l'obiettivo di individuare e potenziare azioni e interventi di monitoraggio e di tutela ambientale per i terreni agricoli della regione Campania che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare, ma esclusivamente a colture diverse, nonché di quelli da destinare solo a particolari produzioni agroalimentari;
tuttavia, il provvedimento dimostra tutta la propria resistenza al coinvolgimento della partecipazione associativa territoriale nelle scelte di politica ambientale, salutare, produttiva, agricola ed economica,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di valutare l'opportunità di prevedere nella composizione della Commissione una rappresentanza scelta dalle organizzazioni no profit, senza fini di lucro, che da più di un anno svolgono sul territorio della Regione Campania opera di sensibilizzazione sociale e culturale inerente all'emergenza ambientale.
9/1885/42. D'Agostino, Antimo Cesaro, Cimmino.
La Camera,
premesso che:
il decreto oggi all'esame ha come finalità principale quella di risolvere la problematica della Terra dei fuochi soprattutto riguardo agli aspetti ambientali e sanitari, nonché per far fronte alle ripercussioni economiche gravanti in particolare sull'agricoltura campana;
il decreto, per il ruolo fondante attribuito alle istituzioni statali, risulta in contraddizione con la recente derubricazione dell'area da SIN (Sito di interesse nazionale), per il quale l'amministrazione competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a SIR (Sito di interesse regionale), per il quale l'amministrazione competente è la Regione;
inoltre la sovrapposizione della problematica della Terra dei fuochi a quella delle bonifiche, oggi si registra un forte ritardo nella realizzazione degli interventi nell'ex territorio Sin «Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano» in cui ricade la Terra dei fuochi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di configurare tale area di nuovo come SIN.
9/1885/43. Cimmino, Antimo Cesaro, D'Agostino.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame affronta, tra l'altro, la grave situazione di emergenza ambientale e sanitaria in Campania, con particolare riferimento al territorio denominato «Terra dei fuochi», interessato dall'annoso fenomeno dei roghi di rifiuti tossici sversati e interrati illegalmente;
si prevede l'avvio delle indagini indispensabili per la mappatura e la conseguente perimetrazione dei terreni agricoli della regione, per arrivare a indicare i terreni che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare, ma esclusivamente a colture diverse, e quelli da destinare invece solo a particolari produzioni agroalimentari;
conseguente alla suddetta attività di mappatura dei terreni agricoli si prevede l'avvio di un programma di bonifica dei terreni agricoli inquinati, anche con il coinvolgimento delle società partecipate della regione Campania che già operano in tali ambiti, e prevedendo opportune forme di controllo volte a prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione dei medesimi lavori di bonifica e di disinquinamento dei siti inquinati;
ai fini dell'individuazione dei soggetti che dovranno attuare gli interventi di bonifica si prevede positivamente il ricorso a bandi di gara a evidenza pubblica;
in questo ambito è altresì indispensabile prevedere l'esclusione – tra gli attuatori dei suddetti interventi – dei soggetti che sono stati responsabili, direttamente o indirettamente (tramite altre società ad essi riconducibili), dell'inquinamento;
peraltro la possibilità di escludere dagli appalti, oltre alle ditte senza certificazione antimafia, le ditte che hanno compiuto reati ambientali, è un tema che è stato richiesto anche dai prefetti di Napoli e Caserta;
è indispensabile quindi aggiungere una apposita certificazione delle ditte che hanno compiuto reati ambientali, da affiancare alla vigente certificazione antimafia. Sotto quest'ultimo aspetto va ricordato che gli stessi prefetti hanno da tempo segnalato che anche la semplice certificazione antimafia è per loro tecnicamente farraginosa e che spesso non consente di poter fare tutti i controlli necessari, non essendoci un unico cervellone elettronico in grado di fornirgli tutti i dati aggiornati, e considerando che dopo sessanta-novanta giorni scatta il silenzio assenso;
impegna il Governo
a prevedere che i soggetti attuatori degli interventi di bonifica dei terreni della regione Campania, non possono essere stati responsabili dell'inquinamento di dette aree, tenuto conto anche dei collegamenti societari e di eventuali cariche direttive ricoperte in società coinvolte in raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio o intermediazione di rifiuti pericolosi in assenza di autorizzazione;
a prevedere una apposita certificazione delle ditte che hanno compiuto reati ambientali, da affiancare alla vigente certificazione antimafia, prevedendo conseguentemente la centralizzazione delle banche dati relativamente ad entrambe le certificazioni, al fine di poter effettuare tutti gli indispensabili controlli nei tempi utili.
9/1885/44. Zaratti, Fava, Pellegrino, Zan, Migliore, Scotto, Giancarlo Giordano, Ragosta, Di Salvo, Piazzoni, Manfredi, Bindi, Iannuzzi, Bossa, Picierno, Di Lello.
La Camera,
premesso che:
il decreto in esame predispone alcune disposizioni urgenti per fare fronte al gravissimo allarme, anche sociale, provocato dal diffuso inquinamento di molti terreni agricoli campani e sulla conseguente pericolosità per la salute umana dei prodotti agroalimentari di quella regione e in particolare nell'area denominata «Terra dei fuochi»;
dalla desecretazione dei verbali delle dichiarazioni rese nel 1997 dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone si apprende come nello smaltimento dei rifiuti tossici oltre alla camorra erano coinvolte diverse organizzazioni criminali – come mafia, `ndrangheta e Sacra Corona Unita – tanto da fare ipotizzare che in diverse zone di Sicilia, Calabria e Puglia, le cosche abbiano agito come il clan dei Casalesi nella regione Campania;
a seguito di tali gravi e importanti dichiarazioni, vicende analoghe a quella della «Terra dei fuochi» potrebbero riguardare, tra l'altro, anche la Sicilia e in particolare l'area della miniera di «Bosco Palo» ricadente nella ripartizione amministrativa nel comune di San Cataldo in provincia di Caltanissetta dove la società denominata «Aria», con sede a Catania, si è occupata per anni di smaltimento di rifiuti speciali ed è sospettata, a vario titolo, di essere la principale responsabile dell'avvelenamento di una intera area nel cuore della Sicilia, in provincia di Caltanissetta, e, precisamente, tra i comuni di Serradifalco, San Cataldo, e Mussomeli;
negli anni ’60 la miniera di «Bosco Palo» aveva tre pozzi di trivellazione, da cui si estraevano sali potassici – kainite – molto utilizzati in agricoltura, occupava un personale di 600 unità, ed è appartenuta alla Montecatini fino al 1978, poi passata all'Industria Sali Potassici e Affini, ISPEA, società con capitali pubblici, fino alla chiusura avvenuta nel 1988;
successivamente alla chiusura, ai margini della miniera è rimasto per anni un deposito consistente di scarti – complessivamente quattro milioni di metri cubi di sali di potassio che a contatto con la luce solare e con l'interazione elettromagnetica dei fulmini, provocano la dispersione nell'aria di molecole di «potassio 40», ritenuto da parecchi studi e dagli esperti molto radioattivo, e di prodotti di decadimento delle catene uranio-torio che grazie all'interazione della luce solare, stimolano la produzione di radiazioni (Isotopo K40);
la suddetta miniera di «Bosco Palo» rappresenta, oggi, una vera e propria «bomba ecologica». Tale drammaticità ambientale è inizialmente imputabile alla pessima gestione, se non addirittura mancata gestione del ciclo postindustriale. Peraltro la bonifica dell'area in questione non potrà essere portata avanti dall'ARPA regionale per la mancanza di attrezzature adeguate;
la questione ambientale della miniera di «Bosco Palo» è stata recentemente riportata all'attenzione dell'opinione pubblica e della magistratura, grazie all'impegno del «Tavolo di regia per lo sviluppo e la legalità della provincia di Caltanissetta» e alle iniziative poste in essere dalla camera di commercio di Caltanissetta che sul tema dell'inquinamento ambientale della zona, ha promosso un convegno con l'intento di sensibilizzare quei soggetti che possono essere a conoscenza di fatti delittuosi, utili ai fini di un'inchiesta che chiarisca in modo inequivocabile le responsabilità penali e ambientali di chi ha prodotto tale scempio ambientale;
la direzione investigativa antimafia, sezione di Caltanissetta, ha aperto un'inchiesta sul traffico di rifiuti pericolosi, speciali, radioattivi e disastro ambientale e omissioni degli enti preposti al controllo della miniera di «Bosco Palo» e del territorio limitrofo;
i residui di lavorazione della miniera sarebbero alla base della diffusione, nella zona, di tumori e di malattie neurodegenerative, si pensi che quest'area del nisseno ha un tasso di mortalità che è parecchio al di sopra di quello nazionale. Peraltro un recente test del nucleo operativo ecologico, NOE, dei carabinieri, ha verificato empiricamente l'inquinamento persistente delle falde;
impegna il Governo
ad attivarsi con sollecitudine affinché venga realizzato uno studio epidemiologico mirato e circoscritto alla zona della miniera di «Bosco Palo» e alle miniere di zolfo di Stincone e Apoforte, per verificare in che misura il tasso di inquinamento abbia inciso e incida significativamente sulla salute degli abitanti, sulle coltivazioni orticole e arboree, sui terreni e le falde acquifere;
ad intervenire urgentemente al fine di avviare le conseguenti attività di bonifica, valutando peraltro la possibilità di dichiarare l'area sito di interesse nazionale.
9/1885/45. Palazzotto, Zan, Zaratti, Pellegrino.
La Camera,
premesso che:
il capitolo delle bonifiche dei siti inquinati, e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse, rappresenta uno dei più importanti e delicati aspetti delle politiche ambientali;
in questo ambito i siti di interesse nazionale (SIN) rappresentano le zone maggiormente inquinate del nostro Paese, con un impatto rilevante sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ambientale, e le cui procedure di bonifica sono attribuite al Ministero dell'Ambiente;
i siti d'interesse nazionale sono aree del nostro territorio definite in relazione alle loro caratteristiche, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, e proprio per questo le procedure e le attività di bonifica sono regolamentate dal codice ambientale, e per ciascuno di tali siti il Ministero esamina e approva i progetti di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica dei suoli e della falda;
la criticità di tali siti impone chiaramente un «aggravamento» delle procedure autorizzatorie per la gran parte degli interventi di ristrutturazione di immobili, di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, eccetera, che devono essere effettuati all'interno del perimetro dei siti medesimi;
questo vale anche per molti singoli interventi di privati sui propri immobili – qualora ricadenti in area SIN – laddove prevedono anche semplici migliorie, o ristrutturazioni che comportano, per esempio, movimenti di terra. Prima di avviare i suddetti lavori, è necessario presentare all'amministrazione competente la necessaria documentazione, anche al fine di verificare che essi non pregiudichino in alcun modo gli obiettivi di tutela sanitaria e di bonifica, e attendere l'eventuale autorizzazione;
i tempi di attesa dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente sono indefiniti, e possono essere anche di anni, e fino a quel momento non è possibile effettuare quasi alcun intervento sull'immobile;
impegna il Governo
a prevedere, rispetto a quanto esposto in premessa, e compatibilmente con le necessarie garanzie di tutela della salute e dell'ambiente, protocolli e tempi certi per la risposta dell'amministrazione competente alle domande di autorizzazione presentate principalmente da privati per l'avvio di interventi manutentivi sui propri immobili, qualora ricadenti all'interno di siti di interesse nazionale.
9/1885/46. Nardi, Zan, Pellegrino, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il decreto legge n. 136 del 2013 prevede, tra l'altro, disposizioni urgenti per dare una prima risposta all'emergenza della «terra dei fuochi» in Campania;
dette norme rappresentano certamente un primo passo, anche se ancora insufficiente, dopo anni di sostanziale indifferenza da parte di tutte le istituzioni rispetto a questa vera e propria emergenza sanitaria e ambientale, e sono sostanzialmente finalizzate a individuare le aree agricole contaminate e accelerare sui programmi di bonifica delle medesime aree inquinate, dando priorità alle aree delle province di Napoli e Caserta, maggiormente interessate da sversamenti illegali di rifiuti;
nel deposito di Taverna del Re, un sito al confine tra le province di Napoli e Caserta, sono accatastate oltre sei milioni di tonnellate di ecoballe, motivo di contestazione da parte dell'Unione europea, che ha avviato nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione e sono il frutto del disastro perpetrato dalla Fibe-Impregilo nella gestione del ciclo dei rifiuti;
dovevano contenere immondizia «stabilizzata», cioè secca, atta a non fermentare, mentre invece il loro potere calorifico è minimo per i troppi residui di umido peraltro e, cosa ben più grave, non si sa bene cosa realmente contengano. I sospetti più che fondati sono che possano contenere imprecisate quantità di rifiuti tossici;
ad agosto scorso è stato pubblicato il bando per la realizzazione dell'inceneritore di Giugliano; impianto che sarà destinato a bruciare le ecoballe fuori norma stoccate tra Giugliano Villa Literno, Caivano ed altri siti in giro per la Campania;
al momento non è stabilita la quantità di rifiuti che l'inceneritore brucerà quotidianamente;
impegna il Governo
a nominare, come richiesto già da tempo dal presidio permanente Taverna del Re, una commissione di esperti, trasversali, con la presenza anche di medici, al fine di individuare le modalità più efficaci e le tecnologie migliori attualmente disponibili, come premessa indispensabile per consentire un rapido avvio dello smaltimento in sicurezza delle ecoballe, che non peggiori il già altissimo livello di inquinamento del territorio giuglianese.
9/1885/47. Scotto, Migliore, Zan, Giancarlo Giordano, Ragosta, Di Salvo.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula prevede, tra l'altro, all'articolo 6, alcune modifiche al decreto-legge n. 195 del 2009, riguardanti le nomine dei commissari straordinari per il dissesto idrogeologico;
il suddetto decreto-legge n. 195 del 2009 ha previsto la possibilità di nominare dei commissari straordinari delegati per l'attuazione degli interventi connessi alle situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
una previsione che non fa che perpetuare di fatto il carattere ancora una volta emergenziale (con le inevitabili e conseguenti previsioni derogatorie dalla normativa vigente) della messa in sicurezza del nostro territorio, laddove si dovrebbe puntare invece a una «normalizzazione» dell'intervento del Governo, ossia a una seria e programmata pianificazione dei medesimi interventi per la difesa del suolo del nostro Paese;
i sottoscrittori del presente atto intendono ricordare peraltro che ai commissari, il suddetto decreto-legge n.195 del 2009 assegna i poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari, e possono provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa europea sull'affidamento dei contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonché dei principi generali dell'ordinamento giuridico;
è da valutare positivamente la norma, introdotta nel medesimo articolo 6 durante l'esame del provvedimento in Commissione in sede referente, che esclude unicamente le spese effettuate dalle regioni a valere sulle risorse stanziate dalla legge di stabilità per il 2014, per l'effettuazione di interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico, dal complesso delle spese considerate ai fini della verifica del patto di stabilità. A tal fine la norma modifica l'articolo 32, comma 4, della legge di stabilità 2012, inserendo una altra voce al lungo elenco di spese escluse dal patto di stabilità;
la norma è un primo passo – in quanto limitato solo a determinate risorse già stanziate – in grado di consentire alle regioni e agli enti locali di poter investire per la messa in sicurezza del loro territorio, senza l'impedimento conseguente al rispetto del patto di stabilità interno;
è invece necessario che le spese sostenute dalle regioni e dagli enti locali per gli interventi di prevenzione e manutenzione del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico, possano beneficiare dell'esclusione dai vincoli del Patto di stabilità, che rappresentano un evidente fortissimo freno per l'avvio di interventi concreti da realizzare sui territori,
impegna il Governo
a individuare le opportune iniziative volte a prevedere, per le situazioni a maggior rischio idrogeologico, l'esclusione dai vincoli del Patto di stabilità delle spese sostenute dalle regioni e dagli enti locali per consentire una efficace e diffusa messa in sicurezza del nostro territorio.
9/1885/48. Pellegrino, Zaratti, Zan, Di Salvo, Piazzoni.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge prevede alcune disposizioni relative allo stabilimento siderurgico dell'Ilva di Taranto che intervengono tra l'altro sulle procedure e sui tempi – di fatto allungati – di approvazione del «Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria» predisposto dal comitato di esperti, e sulle relazioni tra il Piano medesimo e le previste prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA);
lo stabilimento continua a rappresentare un'emergenza sanitaria e ambientale ed è quindi indispensabile verificare che vi sia il pieno rispetto delle prescrizioni contenute nell'Autorizzazione integrata ambientale;
con la legge n. 21 del 2012, la regione Puglia ha approvato le «norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale»;
la legge regionale, che interessa le aree di Brindisi e Taranto già dichiarate a elevato rischio di crisi ambientale, nonché le aree dichiarate siti di interesse nazionale di bonifica, ha previsto la redazione della Valutazione del Danno Sanitario (VDS) a valere per determinate aziende particolarmente inquinanti, tra le quali lo stabilimento dell'Ilva di Taranto;
l'Agenzia regionale pugliese per la prevenzione e la protezione dell'ambiente ha quindi redatto la prima Valutazione del Danno Sanitario (VDS) sull'impianto dell'Ilva;
detta VDS regionale si è «sovrapposta» a quella di carattere nazionale disciplinata dal decreto interministeriale 24 aprile 2013 in attuazione dell'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge n. 207 del 2012;
detto decreto interministeriale ha stabilito i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di valutazione del danno sanitario (VDS) nazionale, che di fatto può essere redatta successivamente alla conclusione dei lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti AIA, rendendo quindi inapplicabile quella redatta sulla base della normativa della regione Puglia,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative – anche alla luce di quanto esposto in premessa – affinché la valutazione del danno sanitario possa essere fatta durante tutte le fasi relative ai lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti autorizzazioni integrate ambientali (AIA), e non alla loro conclusione, come di fatto costringe il suddetto decreto interministeriale 24 aprile 2013.
9/1885/49. Duranti, Fratoianni, Matarrelli, Pannarale, Sannicandro, Zan, Zaratti, Pellegrino, Di Salvo, Piazzoni.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 136 del 2013, prevede tra l'altro, disposizioni urgenti per dare una prima risposta alla grave situazione di emergenza ambientale in Campania, con particolare riferimento al territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta denominato «Terra dei fuochi», e interessato dal fenomeno dei roghi di rifiuti tossici;
si prevede l'avvio delle indagini tecniche necessarie per la mappatura dei terreni agricoli della regione Campania per arrivare a indicare i terreni che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare, ma esclusivamente a colture diverse, e quelli da destinare invece solo a particolari produzioni agroalimentari;
detto questo va sottolineato che i tempi con i quali si prevede di mappare, perimetrare e avviare un piano di bonifica dei terreni, sono stretti e ravvicinati, e quindi destano più di una perplessità sulla qualità stessa delle indagini che dovranno essere svolte, e sul risultato finale;
per rispettare la tempistica prevista dal decreto in esame, è evidente che la metodologia di indagine che verrà usata per la mappatura dei terreni agricoli si baserà quasi esclusivamente su «indagini indirette» e dati pregressi, e poco o nulla su indagini dirette sui terreni attraverso attività di caratterizzazione. Infatti, lo stesso articolo 1, comma 1, del decreto in esame, fa esplicito riferimento al telerilevamento, quale strumento (principale) di indagine per pervenire a una mappatura delle aree agricole inquinate;
è chiaro che se si vuole realmente verificare a fondo lo stato di contaminazione dei terreni campani è necessaria un'altra metodologia, ossia quella basata principalmente su un programma di «indagini dirette» sui terreni, effettuate con le migliori tecniche disponibili, volte a verificare l'effettivo stato di contaminazione dei medesimi, nonché delle acque di falda e nei pozzi,
impegna il Governo
a prevedere, a integrazione delle previste attività di mappatura dei terreni agricoli inquinati svolte principalmente, per motivi di urgenza ambientale e sanitaria, con metodologie «indirette», un programma di «indagini dirette» sui terreni, effettuate con le migliori tecniche disponibili, e integrative di quelle previste dal provvedimento in esame, volte a verificare l'effettivo stato di contaminazione dei medesimi, nonché delle acque di falda e nei pozzi, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice ambientale).
9/1885/50. Zan, Zaratti, Pellegrino, Migliore, Scotto, Giancarlo Giordano, Ragosta.
La Camera:
premesso che:
da anni le popolazioni locali, le associazioni ambientaliste, numerosi amministratori locali si battono affinché si riconosca che l'area posta in contrada Martucci, in Agro di Conversano e al confine con il Comune di Mola di Bari, non è idonea ad ospitare discariche, perché è caratterizzata dalla presenza di numerose doline o vore (fenomeni carsici tipici di quel territorio che prendono la forma di profondi imbuti che fanno defluire velocemente nel sottosuolo le acque delle piogge e ovviamente il percolato dei rifiuti);
le continue denunce e le rivelazioni di alcuni ex dipendenti della «Lombardi ecologia s.r.l.» hanno portato la Procura di Bari ad effettuare accertamenti e ad emanare un «Decreto di sequestro penale preventivo, senza facoltà d'uso, delle vasche di servizio e soccorso al servizio del centro di raccolta RSU del Bacino BA/5 ubicato in Conversano, in contrada Martucci e di tutto il sito corrispondente alla discarica non più in esercizio»;
in un successivo comunicato stampa la procura affermava: «vengono contestati i reati di omissione di atti d'ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, diverse violazioni dell'articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché del decreto legislativo n. 231 del 2011 inerente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Le articolate indagini fondate su complesse operazioni di scavo e di campionatura e di analisi oggetto di consulenza tecnica, ampiamente documentate con rilievi tecnici (video e fotografici), su intercettazioni telefoniche e su riscontri documentali e testimoniali hanno consentito di accertare: a) la strutturale inidoneità morfologica del sito di contrada Martucci; b) la fraudolenta realizzazione delle vasche di servizio e soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato d'argilla, le gravi lesioni al manto in HDPE; c) omessi controlli durante le procedure di collaudo nonché predisposizione di campionatura ad hoc per ottenere risultati scientifici corrispondenti alla normativa; d) il conferimento di tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi; e) la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; f) la grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi sono pericolose percolazioni ed emissioni gassose derivanti da fermentazioni tossiche»;
già nel provvedimento di sequestro veniva confermata «la presenza di vore (...). Quanto riscontrato evidenzia la possibile presenza di rischio di contaminazione delle acque di falda a causa della diretta comunicazione del percolato di discarica attraverso i predetti punti di comunicazione (vore e doline)»;
la presenza di simili formazioni carsiche è confermata nella relazione geologica e geotecnica allegata agli atti del procedimento attualmente in corso per il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale dell'impianto complesso di trattamento dei rifiuti con discarica di servizio/soccorso a servizio del Bacino Bari 5 realizzato in contrada Martucci;
tanto è vero il comitato tecnico provinciale, in data 12 marzo 2013, in seguito alla lettura della stessa relazione ha affermato che «l'intervento non è coerente con le prescrizioni di normativa». Infatti il decreto legislativo n. 36 del 2003 afferma che le discariche non vanno ubicate «in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale» (punto 2.1 dell'allegato 1);
negli scavi in discarica e nei terreni limitrofi, effettuati dai carabinieri del NOE insieme ai tecnici dell'ARPA, è emersa una drammatica realtà; la presenza di enormi quantità di rifiuti sotterrati in passato nelle contrade Pozzovivo e San Vincenzo, a Mola, e Martucci, tra Mola e Conversano;
tra questi rifiuti, così come riportato dagli organi di stampa sono stati rinvenuti: amianto, plastiche, lamiere d'auto, resti di medicinali, carcasse di animali, materiale elettrici ed elettronici, rifiuti cimiteriali e scarti industriali;
l'origine di questi scavi abusivi sarebbe da addebitare ad un'ordinanza sindacale, firmata nell'ottobre del 1990, dal sindaco pro tempore, che così recitava: «stante l'impossibilità, da parte della Lombardi Ecologia di avviare alla discarica di sua proprietà in Contrada Martucci i rifiuti solidi urbani raccolti in questo Comune, a seguito di ordinanza del Sindaco di Conversano di chiusura della stessa, vista l'urgenza e la necessità, ai fini della tutela dell'igiene e della salute pubblica, di smaltire i rifiuti solidi urbani prodotti in questo Comune... ordina alla Ditta Lombardi Ecologia di provvedere al deposito momentaneo in Agro di Mola di Bari Contrada Pozzovivo, nel terreno di proprietà della stessa»;
il dubbio che giustamente assilla tutta la popolazione è per quale motivo questi rifiuti sono rimasti lì sotterrati per oltre 22 anni senza che vi sia stato nessun intervento pubblico atto a sanare tale situazione e soprattutto chi può assicurare che non vi sia la presenza di rifiuti speciali e pericolosi;
la discarica, nata nel 1982 dopo aver sanato la propria posizione di discarica abusiva, fu autorizzata pubblicamente nel 1986 come «Lombardi Ecologia S.r.l.»;
addirittura nel novembre 1990, l'allora sindaco di Conversano emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei quattro ettari autorizzati;
i ricorsi dei gestori furono rigettati prima dal TAR Puglia e poi dal Consiglio di Stato;
nonostante la protesta dell'intera cittadina, nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti»;
la discarica è arrivata ad interessare oltre 20 ettari superando le mille tonnellate al giorno di rifiuti provenienti da ogni parte dell'Italia senza le necessarie precauzioni previste dalla legge per lo smaltimento dei rifiuti in discarica;
il comitato «riprendiamoci il futuro» di Conversano, il circolo di Legambiente di Mola, «i Capodieci, dalla campagna al mare» e il comitato «Chiudiamo la discarica», che si battono per la chiusura definitiva della discarica e per porre fine al disastro ambientale ivi prodotto, hanno rivolto un appello ai consiglieri regionali della Puglia chiedendo di stralciare l'area della Contrada Martucci, in Agro di Conversano, dal PRGU (piano regionale gestione rifiuti urbani);
tutto ciò è determinato anche dai ritardi in Puglia in merito alla raccolta differenziata, con pochissimi casi di eccellenza di piccoli e medi comuni dove si è avviata la raccolta domiciliare con ottimi risultati, ma ciò non può pesare ingiustamente sugli abitanti della regione;
infine, va ricordato, che la contrada in questione ricade nel territorio della Dop (denominazione di origine protetta) dell'olio extravergine di oliva Terra di Bari, nonché in quello del marchio IGP (indicazione geografica protetta) per l'uva di Puglia, produzioni eccellenti che rischiano di collassare per via della presenza di tale discarica,
impegna il Governo
a verificare la possibilità:
a) di convocare, nell'ambito delle proprie competenze, un tavolo tra tutte le parti istituzionali coinvolte per trovare una soluzione condivisa a salvaguardia del territorio e delle popolazioni locali;
b) di inserire, stante oltretutto i risultati sin qui raggiunti dalle verifiche effettuate dalle Forze dell'ordine su preciso mandato della procura di Bari, l'area in oggetto, soprattutto per i lotti sin qui chiusi rispetto ai quali la regione Puglia ha declinato ogni tipo di responsabilità, tra i siti da bonificare di interesse nazionale a salvaguardia della salute pubblica;
c) di accertare, d'intesa con gli enti territoriali interessati, gli eventuali danni nei confronti dei prodotti agroalimentari nelle aree contigue alla discarica e come si intenda, nel caso, intervenire per mettere in sicurezza tutto il territorio interessato;
d) di effettuare, attraverso l'Istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica aggiornata sugli eventuali effetti nocivi della discarica sulla salute dei cittadini che denunciano il forte e ingiustificato aumento di patologie gravi nel corso degli anni tra le popolazioni locali;
e) di effettuare uno screening, nel raggio di almeno 15 chilometri, per verificare l'inquinamento delle falde acquifere e per verificare eventuali depositi di sostanze tossiche e nocive abusivamente stoccate.
9/1885/51. Di Gioia
La Camera,
premesso che:
il comma 5 dell'articolo 1 del decreto in esame prevede la presentazione, da parte degli enti preposti all'attività di svolgimento delle indagini tecniche di mappatura dei terreni, di due diverse relazioni ai Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute;
la prima relazione, da presentare entro 60 giorni dall'adozione della direttiva ministeriale che definisce gli indirizzi per l'attività di indagine, deve contenere, oltre ai risultati delle indagini svolte e delle metodologie utilizzate, anche una proposta di interventi di bonifica dei terreni indicati come prioritari dalla direttiva ministeriale;
entro 30 giorni dalla presentazione di tale relazione, e tenendo conto dei risultati della medesima, con ulteriore direttiva dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d'intesa con il Presidente della regione Campania, possono essere indicati altri terreni della regione Campania destinati all'agricoltura da sottoporre alle indagini tecniche;
in tal caso, nei successivi 90 giorni, gli enti preposti presentano una relazione relativa ai restanti terreni oggetto dell'indagine,
impegna il Governo
ad inserire, tra gli altri terreni da sottoporre ad indagini tecniche, quelli ricadenti nei comuni di San Vitaliano, Tufino e Visciano, per ragioni di omogeneità territoriale, in quanto confinanti con uno o più comuni i cui terreni sono indicati come oggetto di interventi prioritari.
9/1885/52. Manfredi, Rostan.
La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 1 del decreto in esame consente agli enti preposti allo svolgimento delle analisi tecniche sui terreni della regione Campania destinati all'agricoltura di avvalersi della collaborazione di vari soggetti, tra cui organismi scientifici ed enti di ricerca,
impegna il Governo
ad utilizzare prioritariamente i dipartimenti universitari e gli enti di ricerca competenti in materia di ambiente, agraria e sanità della regione Campania, essendo già in essere convenzioni in materia con alcuni di essi e con gli enti locali, al fine di razionalizzare i costi e favorire una velocizzazione delle operazioni scientifiche richieste.
9/1885/53. Tino Iannuzzi, Manfredi, Russo, Castiello, Rostan.