Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delitti contro l'ambiente - A.C. 342 e abb. B
Riferimenti:
AC N. 957/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 34    Progressivo: 2
Data: 18/03/2015
Descrittori:
AMBIENTE   DELITTI
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
AC N. 1814/XVII   AC N. 342/XVII

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Delitti contro l'ambiente

A.C. 342 e abb.-B

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 34/2

 

 

 

18 marzo 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: gi063b.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Introduzione  3

§  Le modifiche al codice penale  4

§  Le modifiche al Codice dell’ambiente  18

§  Ipotesi particolari di confisca  21

§  Coordinamento delle indagini 21

§  Responsabilità amministrativa degli enti 22

§  Le modifiche alla legge n. 150 del 1992  23

§  L’entrata in vigore  35

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

La proposta di legge in esame A.C. 342 e abb-B (Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente) è stata approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati il 26 febbraio 2014 e torna all’esame della Commissione Giustizia con le modifiche introdotte dal Senato, che ne ha concluso l’esame il 4 marzo 2015.

 

Il provvedimento, composto da 3 articoli (un articolo in più rispetto al testo licenziato dalla Camera), contiene un complesso di disposizioni che, in particolare:

·      inserisce nel codice penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro l'ambiente;

·      introduce all'interno di tale titolo sei nuovi delitti: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo, omessa bonifica e ispezione di fondali marini;

·      stabilisce che le pene previste possano essere diminuite per coloro che collaborano con le autorità prima della definizione del giudizio (ravvedimento operoso);

·      obbliga il condannato al recupero e - ove possibile - al ripristino dello stato dei luoghi;

·      prevede il raddoppio dei termini di prescrizione del reato per i nuovi delitti, nonchè apposite misure per confisca e pene accessorie;

·      rivede la disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in caso di reati ambientali;

·      introduce nel Codice dell’ambiente un procedimento per l'estinzione delle contravvenzioni ivi previste, collegato all'adempimento da parte del responsabile della violazione di una serie di prescrizioni nonché al pagamento di una somma di denaro;

·      modifica la disciplina sanzionatoria delle violazioni della legge 150/1992 relativa alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (art. 2, introdotto dal Senato).

 

A oggi, l’ordinamento nazionale sanziona prevalentemente la lesione dell’ambiente attraverso l’impiego di contravvenzioni e sanzioni amministrative previste dal Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006). Per un inquadramento della disciplina penale in materia si rinvia al Dossier del Servizio Studi n. 34 del 19 giugno 2013.

 

Di seguito viene dato conto del contenuto della proposta di legge approvata dal Senato. Sono evidenziate, in particolare, le modificazioni apportate al testo approvato dalla Camera.

Le modifiche al codice penale

L’articolo 1, comma 1, della proposta di legge in esame introduce nel libro secondo del codice penale il nuovo Titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente), composto da 13 articoli (4 in più rispetto al testo della Camera).

 

Il Titolo prevede sei nuovi delitti:

1.    inquinamento ambientale;

2.    disastro ambientale;

3.    traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;

4.    impedimento del controllo

5.    omessa bonifica (introdotto dal Senato);

6.    ispezione di fondali marini (introdotto dal Senato).

 

Inquinamento ambientale

Il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dello stato preesistente «delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo» (n. 1) o «di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna» (n. 2).

 

L'articolo 5 del Codice dell'ambiente definisce l'inquinamento ambientale come "l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell'ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;"

 

Il testo dell’art. 452-bis approvato dalla Camera sanziona con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 100.000 euro l’inquinamento ambientale ovvero il delitto di chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, cagiona una compromissione o un deterioramento rilevante: 1) delle qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria; 2) dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica (primo comma). Il secondo comma prevede un'ipotesi aggravata, con pena aumentata, quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato modificato il riferimento generale all’ecosistema e sostituito con un riferimento specifico al singolo ecosistema, che potrebbe essere danneggiato (“un ecosistema”).

L’ordinamento non fornisce una esplicita definizione di ecosistema. Peraltro, con riferimento all’attribuzione della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema alla competenza esclusiva dello Stato, di cui alla lettera s) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, nella sentenza n. 378/2007, la Corte costituzionale ha sottolineato che “non è da trascurare che la norma costituzionale pone accanto alla parola “ambiente” la parola “ecosistema”. Ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l'ambiente come una entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto”[1].

 

Tale fattispecie è stata quindi modificata nel corso dell'esame al Senato.

Il testo approvato dell’art. 452-bis ha, infatti, sostituito al comma 1 il richiamo a condotte costituenti reato o illecito amministrativo, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, con quello al carattere abusivo della condotta. In tal modo – secondo il relatore del provvedimento (Assemblea, 11 febbraio 2015) - “si sono volute superare le questioni che tale richiamo comportava, rispettivamente, sul piano del concorso di reati ovvero del concorso apparente di norme penali o, nel caso di illecito amministrativo, sul piano dell'applicabilità dell'articolo 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (cd. principio di specialità, n.d.r.)”.

Al primo comma, l’avverbio “abusivamente” con cui è connotata, a seguito della indicata soppressione da parte del Senato, la condotta potrebbe fare supporre che nel nostro ordinamento possano esservi condotte lecite, produttive di inquinamento ambientale. Tale avverbio è tuttavia già utilizzato dal legislatore all’articolo 260 del codice dell’ambiente, che sanziona le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

In merito, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l'avverbio "abusivamente" «si riferisce a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi svolte nel settore della raccolta e smaltimento di rifiuti» (cfr. Cass. pen. Sez. III, 25-11-2009, n. 8299).

In base all’articolo 260, infatti, chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni (comma 1). Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni (comma 2). Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice (comma 3). Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente (comma 4).

 

Si rammenta che, peraltro, il testo approvato dalla Camera aveva già previsto, con riferimento al nuovo reato di disastro ambientale, il carattere abusivo della condotta quale ipotesi autonoma rispetto alla violazione di disposizioni di legge, regolamento o amministrative.

Il punto è stato affrontato anche nel corso dell’esame al Senato. Ad esempio, nel corso della seduta dell’Assemblea del 12 dicembre 2015 è stata prospettata la fissazione di un valore-soglia del costo per il ripristino del bene inquinato o deteriorato, in grado di offrire un'indicazione certa e meno suscettibile di valutazioni discrezionali.

 

Si rammenta poi che il termine “abusivamente” ricorre frequentemente anche nel codice penale. A titolo di esempio si richiamano gli articoli: 348 c.p., che punisce a titolo di delitto «chiunque abusivamente esercita una professione», 445, relativo all’esercizio, anche abusivo, del commercio di sostanze medicinali, 615-ter, che punisce «chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico», 621, che punisce «chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti…lo rivela, senza giusta causa».

Ai fini della valutazione relativa ai casi e modi in cui si possa avere una condotta abusiva, atta a perfezionare la nuova fattispecie di reato, può soccorrere l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza con riguardo alle disposizioni vigenti che sanzionano le condotte abusive, a partire da quella relativa all’art. 260 del Codice dell’ambiente..

 

Altra modifica del Senato ha riguardato i concetti di compromissione e di deterioramento ambientale, attribuendo rilievo penale alle sole alterazioni “significative e misurabili” (anziché rilevanti) dell’acqua o dell’aria o di porzioni “estese o significative” del suolo o del sottosuolo, nonché di un ecosistema. E’, infine, soppresso al secondo capoverso il riferimento alla sola fauna selvatica.

In relazione al carattere "significativo" dell'evento da cui la legge fa dipendere l'esistenza del reato e alla sua compatibilità con il principio di determinatezza delle norme penali, va ricordato che la Corte costituzionale ha più volte evidenziato "che la verifica del rispetto del principio di determinatezza va condotta non già valutando isolatamente il singolo elemento descrittivo dell’illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce. L’inclusione nella formula descrittiva dell’illecito penale di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero...di clausole generali o concetti 'elastici', non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice — avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca — di stabilire il significato di tale elemento, mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato: quando cioè quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo" (cfr. Corte costituzionale n. 5 del 2004). La Corte in proposito ha altresì precisato che "in tal modo, risultano soddisfatti i due obiettivi fondamentali sottesi al principio di determinatezza: obiettivi consistenti ... per un verso, nell'evitare che, in contrasto con il principio della divisione dei poteri e con la riserva assoluta di legge in materia penale, il giudice assuma un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore, i confini tra il lecito e l'illecito; e, per un altro verso, nel garantire la libera autodeterminazione individuale, permettendo al destinatario della norma penale di apprezzare a priori le conseguenze giuridico-penali della propria condotta (cfr. sentenza n. 327 del 2008).

Il concetto di compromissione o deterioramento “significativi e misurabili” riprende la definizione di danno ambientale di cui all’art. 300 del Codice dell’ambiente (qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima).

 

La nozione comunitaria di "danno ambientale" posta dalla direttiva 2004/35/CE usa l'espressione "mutamento negativo misurabile. di una risorsa naturale o un deterioramento misurabile di un servizio di una risorsa naturale, che può prodursi direttamente o indirettamente”.

 

Anche alla luce della giurisprudenza, occorre valutare la sussistenza di un criterio distintivo – qualitativo e quantitativo - per determinare l’illecito penale, in base al carattere significativo e misurabile della compromissione o del deterioramento.

 

La portata dell’inquinamento ambientale potrebbe essere, eventualmente, ricostruita in negativo rispetto alla definizione di disastro ambientale (art. 452-quater). Sembra potersi avere, infatti, "compromissione" e "deterioramento” ex art. 452-bis qualora l’alterazione dell’ambiente sia reversibile o qualora gli effetti dell’inquinamento siano eliminabili con operazioni non particolarmente complesse sotto il profilo tecnico o non particolarmente onerose o con provvedimenti non eccezionali ovvero quando non vi sia offesa alla pubblica incolumità.

 

Il secondo comma conferma un’ipotesi aggravata (aumento di pena fino a un terzo), quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero un danno di specie animali o vegetali protette.

 

L'articolo 452-ter - che nel testo della Camera disciplinava il delitto di disastro ambientale – riguarda ora, nel testo modificato dal Senato, l’ipotesi di morte o lesioni come conseguenza non voluta del delitto di inquinamento ambientale.

Tale disposizione, introdotta dal Senato, prevede quindi per l’inquinamento ambientale aggravato dall’evento un catalogo di pene graduato in ragione della gravità delle conseguenze del delitto ovvero:

-      la reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall’inquinamento ambientale derivi ad una persona una lesione personale (escluse le malattie di durata inferiore a 20 gg.: è il caso in cui la lesione personale è punibile a querela);

-      la reclusione da 3 a 8 anni se ne derivi una lesione grave;

-      la reclusione da 4 a 9 anni se ne derivi una lesione gravissima;

-      la reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona.

Ove gli eventi lesivi derivati dal reato siamo plurimi e a carico di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata fino al triplo, fermo restando tuttavia il limite di 20 anni di reclusione.

Il codice penale già prevede in via generale il delitto preterintenzionale, per il caso in cui dall’azione o dall’omissione derivi un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto (art. 43 c.p.).

Disastro ambientale

L’introduzione dell’art. 452-ter comporta lo slittamento nella numerazione degli altri reati introdotti nel nuovo titolo VI-bis del libro secondo del codice penale.

L’articolo 452-quater è, quindi, ora relativo alla fattispecie di disastro ambientale, anch’essa modificata dal Senato.

 

L’art. 452-ter approvato dalla Camera punisce con la reclusione da 5 a 15 anni chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale (primo comma). La nozione di disastro ambientale è definita dal secondo comma come:

-      un'alterazione irreversibile dell'equilibrio dell'ecosistema o,

-      un'alterazione dell'equilibrio dell'ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali, o l'offesa alla pubblica incolumità pubblica in ragione della rilevanza oggettiva del fatto per l'estensione della compromissione ovvero per il numero di persone offese o esposte a pericolo.

Il terzo comma prevede un'aggravante quando il delitto di disastro ambientale sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.

 

Raccogliendo l'auspicio formulato dalla Corte costituzionale in ordine alla tipizzazione di un'autonoma figura di reato (sentenza n. 327 del 2008), l’art. 452-quater punisce con la reclusione da 5 a 15 anni chiunque abusivamente cagioni un disastro ambientale (si tratta, ovviamente, di un reato di danno).

La Corte costituzionale ha ritenuto “auspicabile che talune delle fattispecie attualmente ricondotte, con soluzioni interpretative non sempre scevre da profili problematici, al paradigma punitivo del disastro innominato – e tra esse, segnatamente, l'ipotesi del cosiddetto disastro ambientale, che viene in discussione nei giudizi a quibus – formino oggetto di autonoma considerazione da parte del legislatore penale, anche nell'ottica dell'accresciuta attenzione alla tutela ambientale ed a quella dell'integrità fisica e della salute, nella cornice di più specifiche figure criminose”.

Similmente a quanto previsto per l’inquinamento ambientale, il Senato ha soppresso il riferimento alla violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e ha mantenuto il solo carattere abusivo della condotta (v. supra).

Nella proposta di legge, la definizione di disastro ambientale, modificata nel corso dell'esame al Senato, è la seguente: un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema; ovvero un'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; ovvero l'offesa all'incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo.

Tale definizione si avvicina a quella elaborata dalla Cassazione, che per la configurazione del disastro ambientale ha affermato che “è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente un numero indeterminato di persone” (Cass., Sez. V, sent. n. 40330 del 2006). Successivamente, conformemente a tale orientamento, la Cassazione è pervenuta ad isolare alcuni requisiti che caratterizzano la nozione di disastro specificamente nella potenza espansiva del nocumento e nell'attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità (Cass, Sez. III, sent. n. 9418 del 2008).

 

Nella fattispecie introdotta pare utile valutare, da un lato, quando si realizzi il carattere irreversibile dell’alterazione di “un” ecosistema, in relazione alla capacità dell’ambiente di attenuare o riassorbire gli effetti del disastro; quando, dall’altro, ai fini della reversibilità siano necessari provvedimenti eccezionali.

 

Oltre a specificare l’alternatività delle diverse ipotesi sopra descritte, anche in questo caso, il Senato – come nell’inquinamento ambientale - ha soppresso l'originaria formulazione «in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale» lasciando il solo richiamo al carattere abusivo della condotta, già previsto dal testo della Camera.

È stata, altresì, introdotta una clausola di salvaguardia “fuori dai casi previsti dall'articolo 434”, in materia di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi.

Infatti, l’articolo 434 c.p., delinea al primo comma un reato di pericolo. A tal fine punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità. Il secondo comma stabilisce poi la pena della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene (reato di danno).

Nella sentenza 327/2008, la Consulta ha affermato che “l'art. 434 cod. pen., nella parte in cui punisce il disastro innominato, assolve difatti – pacificamente – ad una funzione di “chiusura” del predetto sistema. La norma mira «a colmare ogni eventuale lacuna, che di fronte alla multiforme varietà dei fatti possa presentarsi nelle norme […] concernenti la tutela della pubblica incolumità»; e ciò anche e soprattutto in correlazione all'incessante progresso tecnologico, che fa continuamente affiorare nuove fonti di rischio e, con esse, ulteriori e non preventivabili modalità di aggressione del bene protetto (in questo senso, la relazione del Ministro guardasigilli al progetto definitivo del codice penale)”.

Analogamente al reato di inquinamento ambientale, rimane inalterata rispetto al testo della Camera l’originaria aggravante prevista quando il disastro ambientale è commesso in un'area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

 

Traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività

L’art. 452-sexies punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro il reato di pericolo di chiunque abusivamente «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona materiale di alta radioattività ovvero, detenendo tale materiale, lo abbandona o se ne disfa illegittimamente» (primo comma).

 

Il Codice dell’ambiente (art. 255) prevede, per l'abbandono di rifiuti pericolosi, il raddoppio della sanzione amministrativa pecuniaria prevista per l’abbandono di rifiuti (da 300 euro a 3.000 euro).

Nel corso dell'esame al Senato in sede referente si era esteso l'ambito oggettivo di applicazione anche al traffico e all'abbandono di materiale a radiazioni ionizzanti. L’Assemblea del Senato ha soppresso tale previsione.

Nel testo della Camera il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-quinquies) era punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000; tale sanzione colpiva chiunque, abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene o trasferisce materiale ad alta radioattività. Alla stessa pena soggiace il detentore che abbandona materiale ad alta radioattività o che se ne disfa illegittimamente.

La pena di cui al primo comma è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:

1) della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

2) dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica.

Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.

Anche su tale reato il Senato è intervenuto con modifiche.

Risulta, anzitutto, espunto dal primo comma dell’articolo 452-sexies, similmente agli altri delitti ambientali, l'inciso relativo alla violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative. Anche in questo caso residua il carattere abusivo della condotta (v. supra). Inoltre, il Senato ha previsto l’ipotesi di reato anche per chi abbandoni o si disfi illegittimamente di materiale ad alta radioattività.

La formulazione del secondo comma, relativa alle aggravanti del traffico e abbandono di materiale radioattivo, è stata resa dal Senato simile a quella dell’art. 452-bis sull’inquinamento ambientale. Il rilievo penale riguarda il pericolo di compromissione o deterioramento: delle acque o dell’aria, o di porzioni “estese o significative” del suolo o del sottosuolo; di “un” ecosistema. Anche qui viene soppresso il riferimento alla compromissione della sola fauna selvatica. E’ inoltre aggiunto il richiamo alla biodiversità “anche agraria”.

Il terzo comma dell’art. 452-sexies, non modificato dal Senato, stabilisce che, se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l’incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.

 

Si rammenta che analoga modifica legislativa è stata introdotta con l’approvazione alla Camera (il 3 marzo u.s.) del disegno di legge C. 2124 (Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno), ora all’esame del Senato (S. 1791), il cui art. 10 già prevede una corrispondente fattispecie penale e le relative aggravanti, all’interno del Titolo VI (Delitti contro la pubblica incolumità), capo I (Delitti di comune pericolo mediante violenza).

L’art. 10 del disegno di legge S. 1791 introduce, infatti, nel codice penale l’art. 437-bis. (Traffico e abbandono di materie nucleari) che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque, abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, utilizza, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, trasforma, procura ad altri, detiene, trasferisce o disperde nell'ambiente materie nucleari di qualsiasi tipo idoneo a cagionare la morte o lesioni personali di una o più persone o rilevanti danni a cose o all'ambiente. Alla stessa pena soggiace il detentore che abbandona le materie di cui al periodo precedente o che se ne disfa illegittimamente (primo comma). Il secondo comma dell'art. 437-bis aggrava il reato quando il pericolo da astratto diviene concreto e riguarda un danno all'ambiente. In questo caso la pena è la reclusione da 8 a 20 anni e la multa da 80.000 a 500.000 euro. In particolare, si applica l'aggravante quando dalla condotta di cui al primo comma deriva il pericolo di una compromissione o deterioramento delle qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica. Il terzo comma dell'art. 437-bis aggrava ulteriormente il reato (pena aumentata fino alla metà) quando dal fatto deriva pericolo per la vita o l'incolumità delle persone. Pertanto, se l'aggravamento di pena del terzo comma è riferito alla pena base prevista dal primo comma (reclusione da 2 a 6 anni), l'aumento di pena in caso di pericolo concreto per la vita delle persone determina l'applicazione di una pena inferiore rispetto a quella prevista per il pericolo concreto di un danno all'ambiente (reclusione da 8 a 20 anni). Inoltre la disposizione, nel punire con la reclusione fino a 20 anni un reato di pericolo, non disciplina espressamente il reato di danno all'ambiente.

 

Di seguito sono messi a confronto il nuovo articolo 437-bis c.p. (S. 1791) e il nuovo art. 452-sexies c.p., introdotto dalla proposta di legge in esame.

 

A.S. 1791 (già approvato dalla Camera)

Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno

A.C. 342-B

Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente

Codice penale

Art. 437-bis

Traffico e abbandono di materie nucleari

Art. 452-sexies

Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque, abusivamente o comunque in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, utilizza, cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, trasforma, procura ad altri, detiene, trasferisce o disperde nell'ambiente materie nucleari di qualsiasi tipo idoneo a cagionare la morte o lesioni personali di una o più persone o rilevanti danni a cose o all'ambiente. Alla stessa pena soggiace il detentore che abbandona le materie di cui al periodo precedente o che se ne disfa illegittimamente.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività.

Si applica la pena della reclusione da otto a venti anni e della multa da euro 80.000 a euro 500.000 se dal fatto di cui al primo comma deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:

La pena di cui al primo comma è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:

1) della qualità del suolo, del sottosuolo, delle acque o dell'aria;

1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) dell'ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna selvatica.

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Se dai fatti di cui al primo e al secondo comma deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.

Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.

 

Si osserva che le due ipotesi legislative presentano significative differenze nelle sanzioni per le omologhe ipotesi aggravate.

 

Impedimento del controllo

Il delitto di impedimento del controllo (articolo 452-sexies) punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza e igiene del lavoro ovvero ne compromette gli esiti.

 

Nel corso dell'esame al Senato l'ambito di applicazione della norma è stato esteso anche all'impedimento delle attività di sicurezza e igiene del lavoro, originariamente non contemplate.

L'impedimento deve realizzarsi negando o ostacolando l'accesso ai luoghi, ovvero mutando artificiosamente lo stato dei luoghi. Peraltro, laddove l'ostacolo sia posto, ad esempio, con mezzi meccanici, in base al successivo articolo 452-undecies deve esserne disposta la confisca.

Omessa bonifica

La fattispecie penale di omessa bonifica è stata introdotta nel corso dell’esame al Senato.

Il nuovo art. 452-terdecies punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 20.000 a 80.000 euro chiunque, essendovi obbligato, non provvede alla bonifica, al ripristino e al recupero dello stato dei luoghi. L’obbligo dell’intervento può derivare direttamente dalla legge, da un ordine del giudice o da una pubblica autorità.

La nuova fattispecie non pare sovrapporsi a quella di cui art. 257 del Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006), che prevede una contravvenzione (arresto da sei mesi a un anno o ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro) per chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, se non provvede alla bonifica. Inoltre, l’articolo 257 del Codice - come modificato dalla proposta di legge (v. ultra) – prevede la salvaguardia delle più gravi fattispecie di reato.

Ispezione di fondali marini

Il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies, anch’esso introdotto dal Senato, punisce con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque utilizza la tecnica dell’air gun o altre tecniche esplosive per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi.

L’air gun è una tecnica di ispezione finalizzata all’analisi della composizione del sottosuolo marino consistente, in sostanza, in spari di aria compressa ad alta intensità sonora, esplosi a determinata distanza l’uno dall’altro. Tale tecnica genera onde riflesse da cui estrarre dati sulla composizione dei fondali marini.

Non risulta che l’air gun sia definito da legge o regolamento. Occorre valutare l’opportunità di introdurre tale riferimento - in lingua straniera e ad alto tasso di tecnicismo - nel codice penale.

Delitti colposi contro l’ambiente

Rispetto alle nuove fattispecie penali introdotte, solo due possono essere commesse per colpa: il delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-bis) e quello di disastro ambientale (articolo 452-quater).

In tali casi, in base al testo della Camera della disposizione (già art. 452-quater), le pene erano diminuite da un terzo alla metà. Il Senato – con il nuovo art. 452-quinquies - ha portato a due terzi la diminuzione massima della pena (primo comma).

Sempre il Senato ha aggiunto un secondo comma che prevede una ulteriore diminuzione di un terzo della pena per il delitto colposo di pericolo ovverosia quando dai comportamenti di cui agli artt. 452-bis e 452-quater derivi il pericolo di inquinamento ambientale e disastro ambientale.

Si rammenta che il reato doloso di pericolo è invece previsto in via generale dall’art. 434, primo comma, c.p., che, in particolare, punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque commette un fatto diretto a cagionare un disastro, se dal fatto deriva un pericolo per la pubblica incolumità.

Circostanze aggravanti

Nessuna modifica è stata introdotta dal Senato all’art. 452-octies (art. 452-septies, nel testo della Camera) che prevede le aggravanti nel caso di commissione in forma associativa dei nuovi delitti contro l'ambiente.

 

L’art. 452-octies prevede un aumento di pena fino a un terzo delle pene previste dall’art. 416 c.p. .quando l'associazione a delinquere è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei reati ambientali previsti dal titolo VI-bis.

Quando un’associazione mafiosa è finalizzata a commettere taluno dei citati reati ambientali ovvero all'acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dall’articolo 416-bis sono aumentate (fino a un terzo).

Un ulteriore aumento delle pene (da un terzo alla metà) è previsto se dell'associazione di cui all’art. 416 o di cui all’art. 416-bis fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.

 

Il Senato ha, invece, introdotto una nuova circostanza definita “aggravante ambientale”.

L’art. 452-novies prevede, infatti, un aumento di pena (da un terzo alla metà) quando un qualsiasi reato venga commesso allo scopo di eseguire uno dei delitti contro l’ambiente previsti dal nuovo titolo VI-bis del libro secondo del codice penale, dal Codice dell’ambiente (D.Lgs 152/2006) o da altra disposizione di legge posta a tutela dell’ambiente. Si rammenta che l’articolo 61, primo comma, n. 2), c.p. prevede come aggravante comune l’avere commesso il reato per eseguirne “od occultarne” un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato.

Occorre valutare se, nell’ipotesi di reato commesso per “occultarne” un altro contro l’ambiente, continui ad applicarsi l’aggravante comune prevista dall’art. 61, primo comma, n. 2), c.p.

 

L’aumento è invece di un terzo se dalla commissione del fatto derivi la violazione di disposizioni del citato Codice dell’ambiente o di altra legge a tutela dell’ambiente. E’ prevista, in ogni caso, la procedibilità d’ufficio. Dalla formulazione consegue che la seconda violazione può riguardare anche illeciti amministrativi.

Occorrerebbe valutare, nell’ipotesi di aumento di un terzo della pena, se tra il primo fatto di reato e l’illecito ambientale che ne deriva (non necessariamente di natura penale) sussista un rapporto di specialità, assorbimento o concorso di fattispecie.

Occorre poi considerare se l’individuazione della legge “posta a tutela dell’ambiente” derivi dall’enucleazione esplicita di tale finalità da parte della legge medesima o dalla valutazione dell’interprete.

Ravvedimento operoso

Anche la disciplina del ravvedimento operoso di cui al nuovo art. 452-decies (452-octies nel testo della Camera) è stata modificata dal Senato.

 

Il testo della Camera del ravvedimento operoso (art. 452-octies) prevedeva una diminuzione dalla metà ai due terzi delle pene nei confronti di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, o aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione dei fatti, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti ovvero provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi. La disposizione di favore trova applicazione per i nuovi delitti contro l'ambiente, per il delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di un delitto ambientale, nonché per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, Codice dell'ambiente) (primo comma).

Se per completare le attività relative al ravvedimento operoso l'imputato chiede la sospensione del procedimento penale, il giudice può accordare al massimo un anno, durante il quale il corso della prescrizione è sospeso (secondo comma).

 

Le novità introdotte dal Senato al primo comma riguardano una differente graduazione della diminuzione di pena in relazione alla natura e alle modalità delle attività svolte:

§  chi si adopera per evitare che l’attività illecita sia portata a conseguenze ulteriori o provvede alla messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi beneficia di una diminuzione di pena dalla metà a due terzi; il Senato ha tuttavia precisato che le citate attività riparatorie dei luoghi debbano avvenire “concretamente” e, in relazione alla tempistica, “prima che sia dichiarata l’apertura del dibattimento di primo grado”.

Tale previsione non contempla, tuttavia, le ipotesi nelle quali, in ragione del ricorso a riti alternativi, non sia formalmente prevista l'apertura del dibattimento.

§  il concreto aiuto all’attività di polizia o alla magistratura nella ricostruzione del fatto, nell’individuare gli autori del reato o nella sottrazione di rilevanti risorse per la commissione dei delitti consente, invece, una diminuzione di pena da un terzo alla metà.

 

Anche il secondo comma dell’articolo è stato modificato dal Senato.

Il testo approvato dalla Camera prevedeva che se l’imputato, per dare corso alle attività di attività inerenti il ravvedimento operoso, chiede la sospensione del procedimento penale, il giudice può accordare un periodo massimo di un anno, durante il quale il corso della prescrizione è sospeso.

Il Senato ha precisato:

§  che la richiesta dell’imputato deve avvenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; anche in questo caso non sembrano considerate le ipotesi nelle quali, in ragione del ricorso a riti alternativi, non sia formalmente prevista l'apertura del dibattimento.

§  che la sospensione del procedimento può durare due anni, prorogabili di un ulteriore anno per consentire le attività di ravvedimento operoso in corso di esecuzione.

Confisca obbligatoria

Le ultime due disposizioni del nuovo titolo VI-bis intervengono su confisca obbligatoria e ripristino dello stato dei luoghi.

In particolare l'art. 452-undecies c.p. prevede che, in caso di condanna o patteggiamento per i reati di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo nonché per i reati associativi (sia nella fattispecie semplice che mafiosa) finalizzati alla commissione dei nuovi reati ambientali previsti dal titolo VI-bis, il giudice debba sempre ordinare la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commetterlo; una clausola di salvaguardia, introdotta dal Senato a tutela dei terzi estranei al reato, ha escluso l’obbligatorietà della confisca quando i beni appartengano a questi ultimi (primo comma).

Se la confisca dei beni non è possibile, il giudice ordina la confisca per equivalente, individuando i beni sui quali procedere dei quali il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona (secondo comma).

Il Senato ha aggiunto due ulteriori commi all’art. 452-undecies:

§  il terzo comma introduce un obbligo di destinazione dei beni e dei proventi confiscati: questi infatti devono essere messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all'uso per la bonifica dei luoghi;

§  il quarto comma precisa che la confisca non si applica quando l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza dei luoghi e, se necessario, alla loro bonifica e ripristino.

Ripristino dello stato dei luoghi

L'art. 452-duodecies prevede che, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei nuovi delitti ambientali, il giudice debba ordinare il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo l’esecuzione di tali attività a carico del condannato e delle persone giuridiche obbligate al pagamento delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del primo (ex art. 197 c.p.).

Il Senato ha aggiunto un nuovo comma, diretto a prevedere una più puntuale disciplina della procedura di ripristino dei luoghi attraverso il rinvio alle disposizioni del Codice dell'ambiente che già prevedono tale istituto con riguardo ai reati ivi contemplati.

Pena accessoria

L'articolo 1, comma 5, del provvedimento modifica l'articolo 32-quater del codice penale, relativo ai casi nei quali alla condanna per alcuni delitti consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Tale disposizione è stata oggetto di modifica nel corso dell'esame al Senato con l'inserimento nel catalogo dei delitti ivi previsti - oltre ai nuovi delitti di inquinamento ambientale, disastro ambientale e traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività - anche del reato di impedimento del controllo e del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

Prescrizione

Nessuna modifica è stata apportata dal Senato al comma 6 dell'articolo 1 che novella l'articolo 157 del codice penale, prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per tutti i nuovi delitti contro l’ambiente introdotti dal nuovo Capo VI del libro II del codice penale.

Si ricorda che anche l’AC 2150 e abb., attualmente all’esame dell’Assemblea, modifica la disciplina della prescrizione e interviene sul sesto comma dell’art. 157 c.p. per prevedere l’aumento della metà dei termini di prescrizione in relazione ad alcuni reati contro la pubblica amministrazione. Tale intervento non pone, tuttavia, problemi di coordinamento con la modifica prevista dall’art. 1, comma 6, in esame.

Le modifiche al Codice dell’ambiente

I commi 2 e 3 dell’articolo 1 della proposta di legge modificano gli articoli 257 e 260 del Codice dell’ambiente (D. Lgs. 152/2006).

 

Il nuovo comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica l'articolo 257 del Codice, in materia di bonifica dei siti, ed è strettamente collegato alle modifiche apportate al nuovo articolo 452-octies sul ravvedimento operoso

L’art. 257, comma 1, prevede che chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 a 26.000 euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 1.000 euro a 26.000 euro.

Il testo approvato dal Senato

§  premette, al comma 1, la clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca più grave reato”;

§  circoscrive, al comma 4, l'ambito della condizione di non punibilità ivi contemplata ai soli reati contravvenzionali.

 

L’art. 257, comma 4, stabilisce che l'osservanza dei progetti di bonifica del sito inquinato ex art. 242 e ss. (ovvero i progetti relativi agli interventi programmati in base allo stato di contaminazione del sito e al cronoprogramma di svolgimento dei lavori) costituisce condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee.

 

Sempre in tema di confisca, un nuovo comma 4-bis (di contenuto analogo alla disposizione introdotta all'articolo 452-undecies c.p.) è inserito, dal comma 3 dell’articolo 1 della proposta di legge in esame, nell'articolo 260 del Codice dell'ambiente, in relazione alla commissione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. La disposizione prevede la confisca obbligatoria delle cose che servirono a commettere il reato o che ne costituiscono il prodotto o il profitto (una modifica del Senato ha, tuttavia, precisato che non si fa luogo alla confisca obbligatoria se le cose appartengono a persona estranea al reato).

Ove ciò non sia possibile è ammessa la cd. confisca per equivalente dei beni di cui il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona.

Il comma 9 dell’articolo 1 (comma 8 del testo-Camera) introduce poi una disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale.

Tale disciplina, introdotta alla Camera a seguito di un emendamento del Governo, era stata dallo stesso Governo stralciata nel corso dell’esame presso le Commissioni riunite Giustizia e Ambiente del Senato. La disciplina sanzionatoria in questione è stata poi riproposta dal Governo con un emendamento in Assemblea ed approvata dal Senato.

Il comma 9 introduce nel Codice dell'ambiente - con una parte Sesta-Bis – un procedimento per l'estinzione delle contravvenzioni ivi previste, collegato all'adempimento da parte del responsabile della violazione sia di una serie di prescrizioni sia al pagamento di una somma di denaro. Il modello adottato appare simile a quello esistente in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in cui il contravventore, se adempie alle prescrizioni dell'organo di controllo, può effettuare oblazione presso lo stesso organo ed evitare il giudizio penale.

Il sottosegretario alla Giustizia Ferri, nella seduta dell’Assemblea del Senato del 12 febbraio 2015, ha richiamato l'attenzione sull'importanza di questa norma “perché, se andiamo a vedere le statistiche giudiziarie, era un modo per evitare la prescrizione per reati contravvenzionali che molto spesso, avendo termini prescrizionali molto brevi, vengono dichiarati prescritti”.

Detta parte VI reca una disciplina sanzionatoria (artt. da 318-bis a 318-octies) per le violazioni ambientali di natura contravvenzionale ovvero quelle che non abbiano cagionato né danno né pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

In particolare, mentre l’art. 318-bis indica l’ambito applicativo della disciplina (il Senato ha delimitato il campo alle contravvenzioni previste dal Codice dell’ambiente), l’art. 318-ter riguarda le prescrizioni da impartire al contravventore. Si prevede che spetti all’organo di vigilanza (o alla polizia giudiziaria) impartire al contravventore le prescrizioni necessarie all’eliminazione (più correttamente: all’estinzione, cfr. art. 318-septies) della contravvenzione, fissando un termine per la regolarizzazione non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario; solo in presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore sarà possibile una proroga del termine di adempimento, comunque non superiore a sei mesi (il testo approvato dalla Camera ammetteva una proroga semestrale per la particolare complessità e oggettiva difficoltà dell’adempimento, più una eventuale ulteriore proroga di sei mesi se l’inadempimento dipendeva da circostanze non imputabili al contravventore).

Una modifica del Senato ha precisato la necessità dell’asseverazione tecnica di tale prescrizione da parte dell’ente competente in materia nonché la necessità che un’eventuale proroga di sei mesi sia concessa al contravventore solo per specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determino un ritardo nell’adempimento; la proroga è concessa con provvedimento motivato, comunicato immediatamente al pubblico ministero (il testo della Camera prevedeva una possibile proroga semestrale per la particolare complessità o l’oggettiva difficoltà dell’adempimento più una ulteriore, sempre di sei mesi, in presenza di specifiche circostanze non imputabili al contravventore e causa del ritardo).

Nell’ipotesi in cui il reo operi al servizio di un ente, si prevede un obbligo di notifica-comunicazione della prescrizione anche al rappresentante legale dell’ente stesso. L’organo accertatore può imporre con la prescrizione specifiche misure volte a far  cessare situazioni di pericolo o la prosecuzione di attività pericolose. Resta fermo, in ogni caso, l’obbligo per chi accerta la contravvenzione di riferire al PM la notizia di reato.

 

L’art. 318-quater concerne la verifica dell’adempimento e l’irrogazione della sanzione, entro termini specificamente determinati, attraverso le seguenti fasi:

§  verifica da parte dell’organo accertatore dell’adempimento della prescrizione nei termini (entro 60 gg. dalla scadenza);

§  in caso positivo, ammissione del contravventore al pagamento (entro un mese) in misura ridotta (un quarto del massimo dell’ammenda) e comunicazione dell’avvenuto pagamento al PM (entro 120 gg dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione);

§  in caso negativo, l’accertatore ne dà comunicazione al PM e al contravventore (entro 90 gg. dalla scadenza dello stesso termine).

 

L’art. 318-quinquies prevede obblighi di comunicazione da parte del PM, che abbia in qualsiasi modo notizia della contravvenzione, all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria, per consentire di imporre le prescrizioni ed effettuare le relative verifiche sull’adempimento.

Si rileva che, in linea generale, spetta alla polizia giudiziaria segnalare al PM la notizia di reato.

 

In tali ipotesi, l’organo di vigilanza e la polizia giudiziaria debbono, senza ritardo, relazionare il PM della propria attività. Il procedimento rimane sospeso fino a quando il PM non riceva notizia dell’adempimento o meno della prescrizione.

 

L’art. 318-sexies stabilisce che i termini di sospensione del procedimento penale relativo alla contravvenzione decorrono dalla iscrizione nella notizia di reato nel relativo registro fino al momento del ricevimento da parte dell’autorità requirente della comunicazione dell’avvenuto adempimento della prescrizione.

Si prevede, tuttavia, che la sospensione, oltre a non impedire l’eventuale archiviazione, non preclude l’adozione di atti d’indagine e il sequestro preventivo.

L’art. 318-septies prevede l’estinzione della contravvenzione a seguito sia del buon esito della prescrizione che del pagamento della sanzione amministrativa. All’estinzione consegue l’archiviazione del procedimento da parte del PM.

La disposizione configura, infine, l’ipotesi di adempimento tardivo o con modalità diverse della prescrizione, facendone derivare la possibile applicazione di un’oblazione ridotta rispetto alle previsioni di cui all’art. 162-bis del codice penale (un terzo del massimo). Tuttavia, mentre il testo della Camera riduceva la somma da versare a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione, il Senato ha portato tale riduzione alla metà del massimo.

 

L’art. 318-octies reca infine una norma transitoria secondo cui la nuova disciplina per l’estinzione delle contravvenzioni non si applica ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.

Ipotesi particolari di confisca

Il comma 4 dell'articolo 1 della proposta di legge modifica l’art. 12-sexies del D.L. 306/1992 (L. 356/1992) aggiungendo anche il disastro ambientale (art. 452-quater), l’associazione finalizzata alla commissione dei reati ambientali (art. 452-octies) e le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260, Codice dell’ambiente) al catalogo dei delitti per i quali è consentita la confisca di valori ingiustificati.

Si tratta delle confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

Le modifiche introdotte dal Senato al comma 4 hanno semplice natura di coordinamento con la nuova numerazione degli articoli introdotti nel codice penale.

Coordinamento delle indagini

Il Senato ha, inoltre, modificato il comma 7 dell'articolo 1 che, nella formulazione approvata dalla Camera, introduceva nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale l'articolo 118-ter (Coordinamento delle indagini in caso di delitti contro l’ambiente), in base al quale il pubblico ministero deve dare comunicazione al Procuratore nazionale antimafia dell'avvio delle indagini su ipotesi di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività, nonché attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

Il Senato ha previsto analogo obbligo informativo a carico del PM procedente integrando, però, il vigente articolo 118-bis delle disposizioni di attuazione al c.p.p. in materia di coordinamento delle indagini; il nuovo testo del comma 7 esclude però dal catalogo dei reati contro l’ambiente la fattispecie di cui all'articolo 260 del Codice dell'ambiente (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) ed aggiunge quella associativa di cui all’art. 452-octies.

La disposizione prevede, inoltre, che il procuratore della Repubblica debba dare notizia dell’avvio delle indagini sui reati ambientali anche all’Agenzia delle entrate ai fini dei necessari accertamenti.

Responsabilità amministrativa degli enti

Anche il comma 8 dell’articolo 1 della p.d.l. è stato oggetto di modifiche da parte del Senato.

Tale disposizione novella l’art. 25-undecies del decreto legislativo n. 231 del 2001, estendendo il catalogo dei reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato.

 

Il comma 8 prevede a carico dell’ente specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei seguenti delitti contro l’ambiente (art. 25-undecies, comma 1):

§  inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote)

§   disastro ambientale (da 400 a 800 quote)

§  inquinamento ambientale e disastro ambientale colposi (da 200 a 500 quote); tale ipotesi è stata aggiunta dal Senato

§  associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1.000 quote),

§   per il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (da 250 a 600 quote).

 

Inoltre, con l'inserimento del comma 1-bis nel menzionato articolo 25-undecies, si specifica, in caso di condanna per il delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, l'applicazione delle sanzioni interdittive per l'ente previste dall'art. 9 del D. Lgs. n. 231 del 2001 (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi). La disposizione specifica che per il delitto di inquinamento ambientale, la durata di tali misure non può essere superiore a un anno.

Il Senato ha, inoltre, soppresso il comma 1-ter (dell’art. 25-undecies) – presente nel testo della Camera – che per le ipotesi colpose (previste esclusivamente per i delitti di inquinamento e di disastro ambientale), stabiliva la riduzione di un terzo delle sanzioni pecuniarie e interdittive.

Le modifiche alla legge n. 150 del 1992

L’articolo 2 della proposta di legge in esame - introdotto nel corso dell’esame al Senato - modifica gli articoli 1, 2, 5, 6, 8-bis e 8-ter della legge 150/1992. Tale legge reca la disciplina sanzionatoria della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica.

Le nuove disposizioni rendono più severa tale disciplina sanzionatoria, di natura contravvenzionale o amministrativa.

 

Di seguito viene dato conto delle modifiche introdotte alla legge 150/1992 premettendo. A fini di più immediata comprensione, viene premesso un testo a fronte tra la normativa vigente e le nuove disposizioni

 

Normativa vigente

A.C. 342-B

 

Legge 7 febbraio 1992, n. 150

 

Art. 1

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da lire quindici milioni a lire centocinquanta milioni chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate nell'allegato A del Regolamento medesimo e successive modificazioni:

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da euro quindicimila a euro centocinquantamila; chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate nell'allegato A del Regolamento medesimo e successive modificazioni:

a) importa, esporta o riesporta esemplari, sotto qualsiasi regime doganale, senza il prescritto certificato o licenza, ovvero con certificato o licenza non validi ai sensi dell'articolo 11, comma 2a, del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni;

Identico.

b) omette di osservare le prescrizioni finalizzate all'incolumità degli esemplari, specificate in una licenza o in un certificato rilasciati in conformità al Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni;

Identico.

c) utilizza i predetti esemplari in modo difforme dalle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi o certificativi rilasciati unitamente alla licenza di importazione o certificati successivamente;

Identico.

d) trasporta o fa transitare, anche per conto terzi, esemplari senza la licenza o il certificato prescritti, rilasciati in conformità del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni e, nel caso di esportazione o riesportazione da un Paese terzo parte contraente della Convenzione di Washington, rilasciati in conformità della stessa, ovvero senza una prova sufficiente della loro esistenza;

Identico.

e) commercia piante riprodotte artificialmente in contrasto con le prescrizioni stabilite in base all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997 e successive modificazioni;

Identico.

f) detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione.

Identico.

2. In caso di recidiva, si applica la sanzione dell'arresto da tre mesi a due anni e dell'ammenda da lire venti milioni a lire duecento milioni. Qualora il reato suddetto viene commesso nell'esercizio di attività di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di sei mesi ad un massimo di diciotto mesi.

2. In caso di recidiva, si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro trentamila a euro trecentomila. Qualora il reato suddetto sia commesso nell'esercizio di attività di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di sei mesi ad un massimo di due anni;

3. L'importazione, l'esportazione o la riesportazione di oggetti personali o domestici derivati da esemplari di specie indicate nel comma 1, in violazione delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni, è punita con la sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire diciotto milioni. Gli oggetti introdotti illegalmente sono confiscati dal Corpo forestale dello Stato, ove la confisca non sia disposta dall'Autorità giudiziaria

3. L'importazione, l'esportazione o la riesportazione di oggetti personali o domestici derivati da esemplari di specie indicate nel comma 1, in violazione delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni, è punita con la sanzione amministrativa da euro seimila a euro trentamila. Gli oggetti introdotti illegalmente sono confiscati dal Corpo forestale dello Stato, ove la confisca non sia disposta dall'Autorità giudiziaria

Art. 2

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con l'ammenda da lire venti milioni a lire duecento milioni o con l'arresto da tre mesi ad un anno, chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate negli allegati B e C del Regolamento medesimo e successive modificazioni:

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con l'ammenda da euro ventimila a euro duecentomila o con l'arresto da sei mesi ad un anno; o con l'arresto da tre mesi ad un anno, chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate negli allegati B e C del Regolamento medesimo e successive modificazioni:

a) importa, esporta o riesporta esemplari, sotto qualsiasi regime doganale, senza il prescritto certificato o licenza, ovvero con certificato o licenza non validi ai sensi dell'articolo 11, comma 2a, del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni;

Identico.

b) omette di osservare le prescrizioni finalizzate all'incolumità degli esemplari, specificate in una licenza o in un certificato rilasciati in conformità al Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni;

Identico.

c) utilizza i predetti esemplari in modo difforme dalle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi o certificativi rilasciati unitamente alla licenza di importazione o certificati successivamente;

Identico.

d) trasporta o fa transitare, anche per conto terzi, esemplari senza licenza o il certificato prescritti, rilasciati in conformità del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni e, nel caso di esportazione o riesportazione da un Paese terzo parte contraente della Convenzione di Washington, rilasciati in conformità della stessa, ovvero senza una prova sufficiente della loro esistenza;

Identico.

e) commercia piante riprodotte artificialmente in contrasto con le prescrizioni stabilite in base all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni;

Identico.

f) detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione, limitatamente alle specie di cui all'allegato B del Regolamento.

Identico.

2. In caso di recidiva, si applica la sanzione dell'arresto da tre mesi a un anno e dell'ammenda da lire venti milioni a lire duecento milioni. Qualora il reato suddetto viene commesso nell'esercizio di attività di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di quattro mesi ad un massimo di dodici mesi.

2. In caso di recidiva, si applica la pena dell'arresto da sei mesi a diciotto mesi e dell'ammenda da euro ventimila a euro duecentomila. Qualora il reato suddetto sia commesso nell'esercizio di attività di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di sei mesi ad un massimo di diciotto mesi»;

3. L'introduzione nel territorio nazionale, l'esportazione o la riesportazione dallo stesso di oggetti personali o domestici relativi a specie indicate nel comma 1, in violazione delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni, è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire dodici milioni. Gli oggetti introdotti illegalmente sono confiscati dal Corpo forestale dello Stato, ove la confisca non sia disposta dall'Autorità giudiziaria.

3. L'introduzione nel territorio nazionale, l'esportazione o la riesportazione dallo stesso di oggetti personali o domestici relativi a specie indicate nel comma 1, in violazione delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni, è punita con la sanzione amministrativa da euro tremila a euro quindicimila. Gli oggetti introdotti illegalmente sono confiscati dal Corpo forestale dello Stato, ove la confisca non sia disposta dall'Autorità giudiziaria.

4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque omette di presentare la notifica di importazione, di cui all' articolo 4, paragrafo 4, del Regolamento (CE) n. 338/97, del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, ovvero il richiedente che omette di comunicare il rigetto di una domanda di licenza o di certificato in conformità dell'articolo 6, paragrafo 3, del citato Regolamento, è punito con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire dodici milioni.

4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque omette di presentare la notifica di importazione, di cui all' articolo 4, paragrafo 4, del Regolamento (CE) n. 338/97, del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, ovvero il richiedente che omette di comunicare il rigetto di una domanda di licenza o di certificato in conformità dell'articolo 6, paragrafo 3, del citato Regolamento, è punito con la sanzione amministrativa da euro tremila a euro quindicimila.

5. L'autorità amministrativa che riceve il rapporto previsto dall' articolo 17, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, per le violazioni previste e punite dalla presente legge, è il servizio CITES del Corpo forestale dello Stato.

Identico.

Omissis.

Omissis.

Art. 5

1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, coloro che detengono esemplari degli animali selvatici e delle piante di cui all'articolo 1, comma 1, devono farne denuncia agli uffici del Corpo forestale dello Stato o a quelli dei corpi forestali delle regioni a statuto speciale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, abilitati, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, ad effettuare controlli e certificazioni in conformità alla citata convenzione di Washington del 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874. I suddetti uffici rilasciano apposita ricevuta, previa verifica della regolarità dell'importazione a suo tempo avvenuta.

Identico.

2. È fatto obbligo a coloro che detengono esemplari vivi degli animali selvatici e delle piante di cui all'articolo 1, comma 1, di comunicare le variazioni del luogo di custodia e l'avvenuto decesso degli esemplari stessi al più vicino ufficio del Corpo forestale dello Stato o dei corpi forestali delle regioni a statuto speciale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, abilitato ai sensi del comma 1 del presente articolo.

Identico.

3. È fatto obbligo, all'atto dell'importazione o della riesportazione degli esemplari di cui all'articolo 2, ovvero di loro parti o prodotti derivati, di fare apporre dal più vicino ufficio del Corpo forestale dello Stato o dei corpi forestali delle regioni a statuto speciale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, abilitato ai sensi del comma 1 del presente articolo, i necessari visti sulle licenze di importazione ed esportazione e sui certificati di importazione e riesportazione in conformità alla citata convenzione di Washington del 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874.

Identico.

4. I permessi dei Paesi di origine degli esemplari di cui all'articolo 2, ovvero delle loro parti o prodotti derivati, nei quali, dopo verifica operata dalla segreteria di cui all'articolo XII della citata convenzione di Washington del 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, vengono accertati errori o falsificazioni, devono essere ritirati dal Servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato, che riferisce all'autorità competente dello Stato esportatore tramite la suddetta segreteria. È in tal caso nullo qualsiasi permesso o certificato emesso dal Servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato sulla base dei suddetti permessi dei Paesi d'origine.

Identico.

5. È fatto obbligo di marcare conformemente a standard internazionali, con sistemi resi operativi dal Servizio certificazione CITES del Corpo forestale dello Stato, sentita la commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2, gli esemplari di cui all'articolo 1, comma 1, e quelli cui si applicano le deroghe previste dal citato regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni.

Identico.

5- bis. Con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2, di concerto con il Ministro per le politiche agricole, è istituito il registro di detenzione delle specie animali e vegetali di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2.

Identico.

6. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 5-bis è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire sei milioni a lire diciotto milioni.

6. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 5-bis è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa da euro seimila a euro trentamila.

Art. 6

1. Fatto salvo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, è vietato a chiunque detenere esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e per l'incolumità pubblica.

Identico.

2. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro della sanità e con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, stabilisce con proprio decreto i criteri da applicare nell'individuazione delle specie di cui al comma 1 e predispone di conseguenza l'elenco di tali esemplari, prevedendo altresì opportune forme di diffusione dello stesso anche con l'ausilio di associazioni aventi il fine della protezione delle specie.

Identico.

3. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 5, coloro che alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al comma 2 detengono esemplari vivi di mammiferi o rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi o rettili provenienti da riproduzioni in cattività compresi nell'elenco stesso, sono tenuti a farne denuncia alla prefettura territorialmente competente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2. Il prefetto, d'intesa con le autorità sanitarie competenti, può autorizzare la detenzione dei suddetti esemplari previa verifica della idoneità delle relative strutture di custodia, in funzione della corretta sopravvivenza degli stessi, della salute e dell'incolumità pubblica.

Identico.

4. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1 è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire duecento milioni.

4. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1 è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da euro quindicimila a euro trecentomila.

5. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire sessanta milioni.

5. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 3 è punito con la sanzione amministrativa da euro diecimila a euro sessantamila.

6. Le disposizioni dei commi 1, 3, 4 e 5 non si applicano: a) nei confronti dei giardini zoologici, delle aree protette, dei parchi nazionali, degli acquari e delfinari, dichiarati idonei dalla commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2, sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione stessa; b) nei confronti dei circhi e delle mostre faunistiche permanenti o viaggianti, dichiarati idonei dalle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica, sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2 (21). Le istituzioni scientifiche e di ricerca iscritte nel registro istituito dall'articolo 5- bis, comma 8, non sono sottoposte alla previa verifica di idoneità da parte della commissione.

Identico.

Omissis

Omissis

Art. 8-bis

1. Tutte le nascite o riproduzioni in cattività degli esemplari appartenenti a specie incluse nell'allegato A, appendici I e II, nonché nell'allegato C, parte 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 3626/82 del Consiglio del 3 dicembre 1982, e successive modificazioni, devono essere denunciate, entro dieci giorni dall'evento, al Ministero dell'agricoltura e delle foreste - Direzione generale per l'economia montana e foreste - Servizio certificazione CITES, il quale ha facoltà di verificare presso il denunciante l'esistenza dei genitori e si può avvalere di analisi genetiche per stabilire il grado di parentela fra i presunti genitori e la prole. L'accertamento delle relazioni parentali attraverso l'esame di campioni biologici viene effettuato a seguito della messa a disposizione, senza ritardo, dei campioni medesimi da parte del detentore che si potrà avvalere di professionisti da lui stesso incaricati. Tali prelievi avverranno sempre in presenza di personale del Corpo forestale dello Stato e, qualora ritenuto opportuno dalla commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2, di membri della stessa. Per tali esemplari, il predetto servizio rilascerà al denunciante un certificato conforme all' articolo 22 del regolamento (CEE) n. 3418/83 del Consiglio del 28 novembre 1983.

Identico.

1- bis. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1, è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquecentomila a lire due milioni.

1-bis. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1 è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro cinquecento a euro duemila.

Art. 8-ter

1. Ai sensi della risoluzione 8.14 della Conferenza degli Stati Parte della convenzione di Washington, tenutasi a Kyoto (Giappone) dal 2 al 13 marzo 1992, tutte le imprese che hanno scorte di pelli, limitatamente a quelle intere, allo stato grezzo o lavorato, di specie appartenenti all'ordine Crocodylia ed incluse nell'allegato A, appendici I e II, del regolamento (CEE) n. 3626/82 del Consiglio, del 3 dicembre 1982, e successive modificazioni, sono sottoposte ad inventario e marcaggio gratuito, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e con il Ministro del commercio con l'estero. Il costo delle marche necessarie al marcaggio delle pelli da riesportazione è a carico delle singole ditte.

Identico

2. Entro il 31 marzo 1993, tutte le imprese che hanno scorte di pelli, di cui al comma 1, devono farne denuncia al Ministero dell'agricoltura e delle foreste - Direzione generale per l'economia montana e foreste, indicando la quantità, il tipo di pelle - intera, sostanzialmente intera, dei fianchi o dei ventri - e la specie a cui la pelle appartiene.

Identico

3. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste - Direzione generale per l'economia montana e foreste, è tenuto a realizzare il marcaggio delle pelli, denunciate ai sensi del comma 2, entro centoventi giorni dalla scadenza dei termini di presentazione delle denunce di cui allo stesso comma 2.

Identico

4. Il personale del Corpo forestale dello Stato è autorizzato ad effettuare i necessari accertamenti presso le imprese di cui al comma 2, al fine di verificare la corrispondenza tra la documentazione comprovante la regolare importazione e le pelli denunciate ai sensi del comma 1.

Identico.

5. Chiunque contravviene alle disposizioni previste al comma 2 è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire trenta milioni.

5. Chiunque contravviene alle disposizioni previste al comma 2 è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa da euro cinquemila a euro trentamila.

 

L’art. 1, comma 1, della L. 150/1992, nel testo modificato dalla proposta di legge, punisce con l'arresto da sei mesi a due anni (attualmente: da tre mesi ad un anno) e con l'ammenda da 15.000 a 150.000 euro (ora, da 7.746 a 77.468 euro) chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate nell'allegato A del Regolamento medesimo e successive modificazioni:

a) importa, esporta o riesporta esemplari, sotto qualsiasi regime doganale, senza il prescritto certificato o licenza, ovvero con certificato o licenza non validi ai sensi dell'articolo 11, comma 2a, del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni;

b) omette di osservare le prescrizioni finalizzate all'incolumità degli esemplari, specificate in una licenza o in un certificato rilasciati in conformità al Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni;

c) utilizza i predetti esemplari in modo difforme dalle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi o certificativi rilasciati unitamente alla licenza di importazione o certificati successivamente;

d) trasporta o fa transitare, anche per conto terzi, esemplari senza la licenza o il certificato prescritti, rilasciati in conformità del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni e, nel caso di esportazione o riesportazione da un Paese terzo parte contraente della Convenzione di Washington, rilasciati in conformità della stessa, ovvero senza una prova sufficiente della loro esistenza;

e) commercia piante riprodotte artificialmente in contrasto con le prescrizioni stabilite in base all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997 e successive modificazioni;

f) detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione

Il Reg. (CE) N. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996 è l’atto giuridico comunitario, più volte modificato, che ha recepito all’interno dell’ordinamento giuridico comunitario a decorrere dal 1° gennaio 1984 la normativa contenuta nella Convenzione di Washington del 1975 sul Commercio Internazionale delle Specie di Fauna e Flora minacciate di estinzione, meglio nota come "CITES" Esso elenca le specie animali e vegetali il cui commercio è soggetto nell'UE a particolari restrizioni o a controlli, elencazione che è riportata nell’allegato annesso al Regolamento in questione. A partire dal 22 maggio 2009, detto allegato viene sostituito dall’allegato al Regolamento (CE) N. 407/2009 della Commissione del 14 maggio 2009.

 

La recidiva (art. 1, comma 2) è punita con l’arresto da uno a tre anni (attualmente: da tre mesi a due anni) e con l’ammenda da 30.000 a 300.000 euro (attualmente: da 10.329 a 103.291). Per il reato commesso nel corso dell’attività d’impresa, dalla condanna deriva la sospensione della licenza da sei mesi a due anni (ora, da 6 a 18 mesi).

 

L’art. 1, comma 3, della L. 150, nel testo modificato dalla proposta di legge, punisce con la sanzione amministrativa da 6.000 a 30.000 euro (attualmente, da 1.549 a 9.296 euro) l’esportazione e la riesportazione illecita di oggetti personali o domestici derivati da esemplari di specie indicate nel comma 1, in violazione delle disposizioni del Reg. (CE) n. 939/1997.

 

L’art. 2, comma 1, della L. 150/1992, nel testo modificato dalla proposta di legge, punisce con l’ammenda da 20.000 a 200.000 euro (attualmente: con l'ammenda da lire 7.746 a lire 77.468) o l’arresto da sei mesi ad un anno (ora, da tre mesi ad un anno) chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate nell'allegato A del Regolamento medesimo e successive modificazioni:

a) importa, esporta o riesporta esemplari, sotto qualsiasi regime doganale, senza il prescritto certificato o licenza, ovvero con certificato o licenza non validi ai sensi dell'articolo 11, comma 2a, del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni;

b) omette di osservare le prescrizioni finalizzate all'incolumità degli esemplari, specificate in una licenza o in un certificato rilasciati in conformità al Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni;

c) utilizza i predetti esemplari in modo difforme dalle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzativi o certificativi rilasciati unitamente alla licenza di importazione o certificati successivamente;

d) trasporta o fa transitare, anche per conto terzi, esemplari senza la licenza o il certificato prescritti, rilasciati in conformità del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997, e successive modificazioni e, nel caso di esportazione o riesportazione da un Paese terzo parte contraente della Convenzione di Washington, rilasciati in conformità della stessa, ovvero senza una prova sufficiente della loro esistenza;

e) commercia piante riprodotte artificialmente in contrasto con le prescrizioni stabilite in base all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni e del Regolamento (CE) n. 939/97 della Commissione, del 26 maggio 1997 e successive modificazioni;

f) detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione

 

In base al comma 2 dell’art. 2 della legge 150, nel testo modificato dalla proposta di legge, in caso di recidiva, si applica la pena dell'arresto da 6 mesi a 18 mesi (attualmente, da 3 mesi a un anno) e dell'ammenda da 20.000 a 200.000 euro (attualmente, da 10.329 a 103.291 euro). La durata della sospensione della licenza per uno dei suddetti reati, commesso nell'esercizio di attività di impresa passa da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 18 mesi (attualmente, il limite minimo è di 4 mesi e il massimo è di 12 mesi).

 

Il comma 3 dell’art. 2 della L. 150, nel testo modificato dalla proposta di legge, prevede che l'importazione, l'esportazione o la riesportazione di oggetti personali o domestici derivati da esemplari di specie indicate nel comma 1, in violazione delle disposizioni del Reg. (CE) 939/1997 della Commissione, del 26 maggio 1997, è punita con la sanzione amministrativa da 3.000 a 15.000 euro (ora, da 1.549 a 6.197 euro).

 

Il comma 4, nel testo modificato dalla proposta di legge, concerne l’omessa notifica di importazione di cui all'articolo 4, par. 4, del Regolamento (CE) n. 338/97, del Consiglio, del 9 dicembre 1996 oppure l’omissione della comunicazione del rigetto della richiesta di licenza o di certificato in conformità dell'articolo 6, paragrafo 3, del citato Regolamento. La sanzione prevista è quella amministrativa da 3.000 a 15.000 (attualmente, da 1.032 a 6.197 euro).

 

All’art. 5 della L. 150/1992, nel testo modificato dalla proposta di legge, è, in particolare, modificato il comma 6 prevedendo che chiunque contravviene alle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 5-bis è punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 6.000 a 30.000 euro (attualmente, da 3.098 a 9.296 euro). Si tratta di obblighi: di denuncia al Corpo forestale dello Stato della detenzione di esemplari degli animali selvatici e delle piante in via di estinzione; di comunicazione allo stesso Corpo forestale delle variazioni del luogo di custodia e dell'avvenuto decesso degli esemplari stessi; di mancata apposizione di visti su licenze e certificati in caso di importazione o riesportazione dei suddetti esemplari.

All’art. 6 della L. 150, nel testo modificato dalla proposta di legge, il comma 4 sanziona con l’arresto fino a sei mesi (attualmente, fino a 3 mesi) o con l’ammenda da 15.000 a 300.000 euro (ora da 7.746 a 103.291 euro) l’illecita detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e per l'incolumità pubblica. Il comma 5, nel testo modificato dalla proposta di legge, punisce con la sanzione amministrativa da 10.000 (attualmente 5.163) a 60.000 euro (ora, 30.987) i detentori di tali animali che - alla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del Ministro dell'ambiente relativo ai criteri da applicare nell'individuazione delle specie animali citate ai fini della predisposizione del relativo elenco - non ne facciano denuncia nei termini alla prefettura per ottenere l’autorizzazione alla detenzione.

 

All’art. 8-bis della L 150, il comma 1-bis, nel testo modificato dalla proposta di legge, punisce con la sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro (ora, da 258 a 1.032 euro) coloro che non denunciano al Ministero dell’agricoltura e foreste (Direzione generale per l'economia montana e foreste - Servizio certificazione CITES) entro 10 gg. tutte le nascite in cattività degli esemplari animali appartenenti a specie incluse nell'allegato A, appendici I e II, nonché nell'allegato C, parte 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 3626/82 del Consiglio del 3 dicembre 1982.

All’art. 8-ter della L. 150, nel testo modificato dalla proposta di legge, il comma 5 punisce con la sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro (ora, da 2582 a 15.493 euro) le imprese che hanno scorte di pelli di coccodrillo - incluse nell'allegato A, appendici I e II, del regolamento (CEE) n. 3626/82 del Consiglio, del 3 dicembre 1982 - e non ne fanno denunzia al Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Direzione generale per l'economia montana e foreste.

 

L’entrata in vigore

L’articolo 3 della proposta di legge prevede l’entrata in vigore del provvedimento in esame il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 



[1]     Secondo la dottrina, il termine "ecosistema", a differenza di quello di “ambiente”, dà risalto agli equilibri ecologici tra i fattori fisici, chimici e biologici che permettono e favoriscono la vita di tutti gli esseri viventi, a prescindere dalla interazione con l'uomo.