Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Disposizioni di attuazione del principio della riserva di codice nella materia penale
Riferimenti: SCH.DEC N.466/XVII
Serie: Atti del Governo   Numero: 463
Data: 17/10/2017
Organi della Camera: II Giustizia


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Disposizioni di attuazione del principio della riserva di codice nella materia penale

17 ottobre 2017
Atti del Governo


Indice

La norma di delega|Il contenuto dello schema di decreto legislativo|Relazioni e pareri allegati|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Lo schema di decreto legislativo all'esame delle commissioni parlamentari dà attuazione al principio della riserva di codice nella materia penale, come richiesto dall'art. 1, comma 85, lett.q) della legge n. 103 del 2017. A tal fine il provvedimento riconduce al codice penale alcune disposizioni attualmente inserite nella legislazione speciale.

La norma di delega

La legge n. 103 del 2017, entrata in vigore lo scorso 3 agosto 2017, prevede modifiche all'ordinamento penale, sia sostanziale sia processuale, nonché all'ordinamento penitenziario. In particolare, la riforma dell'ordinamento penitenziario è oggetto di una delega al Governo, prevista dall'art. 1, comma 82, della legge ed è indirizzata da una serie di principi e criteri direttivi enunciati dall'art. 1, comma 85. Tra questi principi e criteri direttivi è stata inserita anche l'attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice in materia penale (lett. q).

La delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario (art. 1, comma 85) Il comma 85, fermo restando quanto previsto dalla legge n. 354 del 1975 per la gestione delle situazioni di emergenza (art. 41- bis), individua i seguenti criteri e principi direttivi per la riforma dell'ordinamento penitenziario:
  • semplificazione delle procedure per le decisioni di competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, ad eccezione di quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione (lett. a);
  • revisione delle modalità e dei presupposti di accesso alle misure alternative, nell'ottica di facilitarne l'applicazione quando la condanna non riguardi casi di eccezionale gravità o delitti di mafia e terrorismo (lett. b);
  • in particolare, per l'accesso alle misure, fissare in 4 anni il limite di pena che impone la sospensione dell'esecuzione (lett. c);
  • revisione del sistema delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari (lettere d ed e);
  • previsione di attività di giustizia riparativa (lett. f);
  • incremento delle opportunità di lavoro retribuito sia intramurario che esterno (lett. g); 
  • valorizzazione del volontariato (lett. h); 
  • valorizzazione dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi (lett. i);
  • affermazione del diritto all'affettività (lett. n);
  • revisione delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario relative alla medicina penitenziaria, anche attraverso il potenziamento dell'assistenza psichiatrica negli istituti di pena (lett. l);
  • esclusione del sanitario dal consiglio di disciplina istituito presso l'istituto penitenziario (lett. m);
  • interventi specifici per favorire l'integrazione dei detenuti stranieri (lett. o);
  • previsione di norme tendenti al rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, la massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna, la sorveglianza dinamica (lett. i);
  • interventi a tutela delle donne recluse e delle detenute madri (lett. s e t); 
  • revisione del sistema delle pene accessorie improntata al principio della rimozione degli ostacoli al reinserimento sociale del condannato ed esclusione di una loro durata superiore alla durata della pena principale (lett. u);
  • revisione delle attuali previsioni in materia di libertà di culto e dei diritti ad essa connessi (lett. v).
 La disposizione di delega contiene infine specifici principi e criteri direttivi (lett. p) per l'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età, con riferimento tanto alle autorità giurisdizionali coinvolte (n. 1), quanto all'organizzazione degli istituti per i minorenni (n. 2), consentendo l'applicabilità della del diritto penitenziario minorile anche ai giovani adulti (n. 3). Il Governo dovrà inoltre riformare le misure alternative alla detenzione (n. 4) ampliandone i criteri di accesso (n. 5) e, analogamente a quanto previsto dalla delega per gli adulti, eliminando ogni automatismo e preclusione per la revoca o la concessione (n. 6). Dovranno inoltre essere rafforzati l'istruzione e la formazione (n. 7) ed i contatti con la società esterna, in funzione di reinserimento sociale (n. 8). 

Tra i principi e criteri direttivi, la ...e per l'attuazione della riserva di codice penale (lett. q))lettera q) del comma 85 prevede anche l'attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena, attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, i beni della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico, della salubrità ed integrità ambientale, dell'integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato.

Il legislatore delegato è chiamato quindi a stabilire se, in base alla delega, il carattere "tendenziale" della riserva di codice consenta di escludere dall'inserimento nel codice penale alcune fattispecie criminose aventi a diretto oggetto la tutela degli specifici beni indicati; alla lettera della delega, infatti, "tutte" le fattispecie di tale tipo dovrebbero essere inserite nel codice penale e, in tale evenienza, il carattere tendenziale porterebbe a escludere dalla riserva di codice le sole fattispecie aventi a diretto oggetto la tutela di beni giuridici diversi. Lo schema di decreto legislativo ha optato, come si vedrà oltre, per la esclusione di talune fattispecie criminose aventi a oggetto diretto la tutela degli specifici beni indicati.

Inoltre, ulteriori deleghe sono affidate al Governo per l'adozione di norme di attuazione della nuova disciplina (comma 86) e per l'adozione di eventuali disposizioni integrative e correttive (comma 87).

Quanto ai tempi ed al procedimento per l'attuazione della delega, il comma 83 fissa in un anno dall'entrata in vigore della legge il termine per l'emanazione dei decreti legislativi (termine che scade dunque il 3 agosto 2018) e prevede il parere delle commissioni parlamentari competenti sugli schemi di decreto legislativo; in particolare il parere sull'AG 466 deve essere reso entro il 24 novembre 2017.


Il contenuto dello schema di decreto legislativo

Come ricordato dalla relazione illustrativa, lo schema di decreto si avvale dei risultati del lavoro di una Commissione di studio ministeriale, istituita nel maggio 2016, ancor prima dell'approvazione della norma di delega.

La c.d. Commissione Marasca, dal nome del suo Presidente, istituita con DM 3 maggio 2016, aveva il compito di procedere ad una ricognizione ella rilevante legislazione penale speciale per valutare quali siano i settori di essa meritevoli di trovare sistemazione nel codice penale per la rilevanza costituzionale dei beni e degli interessi tutelati. La Commissione ha concluso i propri lavori il 28 febbraio 2017.

Lo schema di decreto legislativo consta di 9 articoli attraverso i quali:

  • è affermato il principio di riserva di codice penale (art. 1);
  • sono trasferiti dalla legislazione speciale al codice penale alcuni delitti riconducibili alla tutela della persona (art. 2), dell'ambiente (art. 3), del sistema finanziario (art. 4) e alla lotta alla criminalità organizzata (art. 5). Il legislatore delegato ha tradotto l'espressione "fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale" come riferita ai soli delitti, circoscrivendo dunque la propria ricognizione ai delitti e tralasciando le contravvenzioni. Al contempo, la delega è stata intesa come limitata al solo trasferimento di fattispecie vigenti, escludendo qualsiasi ulteriore intervento di correzione delle fattispecie penali;
  • è portata all'interno del codice penale la disciplina della confisca estesa e per equivalente, che si è sino ad oggi sviluppata nell'art.12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992 (art. 6);
  • le disposizioni della legislazione speciale trasferite nel codice sono oggetto di abrogazione (art. 7) e la restante normativa vigente e soggetta a coordinamento (art. 8). E' infine prevista la consueta clausola di invarianza finanziaria (art. 9).

La relazione illustrativa dello schema di decreto non specifica se il decreto medesimo esaurisca l'esercizio della delega con riguardo alla riserva di codice o se, al contrario, possano essere presentati ulteriori schemi di decreto legislativo volti a inserire nel codice penale altre fattispecie penali attualmente previste dalla legislazione speciale.


La riserva di codice (art. 1)

L'articolo 1 dello schema all'esame delle Commissioni parlamentari introduce, tra i principi generali del codice penale, il principio della riserva di codice. Con un nuovo articolo 3-bis, infatti, si afferma che ogni futura disposizione penale dovrà essere introdotta nel codice oppure essere inserita in leggi che disciplinano organicamente una determinata materia.

Si ricorda che l'introduzione di un analogo principio, più appropriatamente in Costituzione, era prevista dal progetto di riforma costituzionale della c.d. Bicamerale D'Alema della XIII legislatura. Il testo approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme istituzionali prevedeva infatti all'art. 129 della Costituzione che «Le norme penali tutelano beni di rilevanza costituzionale. Non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività. Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo. Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui si riferiscono».

La previsione di questa norma di principio, non espressamente richiesta dalla legge delega, né in grado di vincolare il legislatore in assenza di una copertura di rango costituzionale, è motivata dalla relazione illustrativa con l'esigenza di affermare un principio generale «di cui il futuro legislatore dovrà necessariamente tenere conto, spiegando le ragioni del suo eventuale mancato rispetto»; nella relazione si esprime inoltre la convinzione che si tratti di una «norma di indirizzo, di sicuro rilievo, in grado di incidere sulla produzione legislativa futura in materia penale».


Le disposizioni penali a tutela della persona (art. 2)

L'articolo 2 del provvedimento, rubricato "Modifiche in materia di tutela della persona", inserisce nel codice penale alcune fattispecie attualmente previste dalla legislazione speciale.

La lett. a) introduce nel codice il nuovo articolo 289-ter, nel quale viene collocata la fattispecie di La presa di ostaggi (lett. a)sequestro di persona a scopo di coazione, attualmente prevista dall'art. 3 della legge n. 718 del 1985, e le relative disposizioni sulla giurisdizione penale, di cui all'art. 4 della legge n. 718 del 1985.

L'art. 3 della legge del 1985, che ha ratificato la Convenzione di New York contro la cattura degli ostaggi, punisce con la reclusione da 25 a 30 anni chiunque, al di fuori delle ipotesi di sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione (art. 289-bis c.p.) e di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica od una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione.
La disposizione rinvia alla disciplina dell'art. 289-bis c.p. per quanto riguarda:
  • l'applicazione delle aggravanti per l'uccisione dell'ostaggio (ergastolo) e per la morte dell'ostaggio, quale conseguenza non voluta dal colpevole (30 anni di reclusione);
  • l'attenuante per il concorrente nel reato che si adopera per la liberazione dell'ostaggio (reclusione da 2 a 8 anni; reclusione da 8 a 18 in caso di morte dell'ostaggio dopo la liberazione);
  • la disciplina del concorso di circostanze.
Prevede invece l'applicazione delle pene previste per il sequestro di persona (art. 605 c.p., reclusione da 6 mesi a 8 anni), aumentate dalla metà ai due terzi se il fatto è di lieve entità.
Il successivo art. 4 della legge n. 718 del 1985, facendo salve le disposizioni del codice penale relative alla giurisdizione in caso di reato commesso all'estero (articoli da 6 a 11), prevede l'applicazione della legge penale italiana, a richiesta del Ministro della giustizia:
a) il cittadino che prende ostaggi all'estero;
b) allo straniero che commette il reato all'estero per costringere un organo dello Stato italiano a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene;
c) allo straniero che commette il reato all'estero, quando si trovi sul territorio nazionale e non ne sia disposta la estradizione.

La fattispecie penale viene inserita nel capo relativo ai delitti contro la personalità interna dello Stato, subito dopo il sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione (art. 289-bis), alla cui disciplina in parte rinvia. La disposizione penale vigente viene sostanzialmente trascritta nel codice penale, con la sola omissione del comma sull'attenuante per fatto di lieve entità. Peraltro, proprio l'inserimento del sequestro di persona a scopo di coazione nel titolo relativo ai delitti contro la personalità dello Stato determina l'applicabilità dell'art. 311 c.p., in base al quale «le pene comminate per i delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulta di lieve entità».

Si valuti se, in considerazione della legge delega che limita l'intervento riformatore all'inserimento «nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore», sia conforme alla delega l'omissione nella trasposizione nel codice penale dell'attuale terzo comma dell'articolo 3 della legge n. 718/1985. Tale previsione, infatti, oggi prevede che quando la presa di ostaggi è di lieve entità si applichino le pene previste dall'art. 605 c.p. aumentate dalla metà ai due terzi: ciò potrebbe condurre ad una pena massima di 13 anni. Viceversa, l'applicazione della disposizione generale dell'art. 311 c.p., che prevede la riduzione di un terzo della pena, dovrebbe essere applicata alla reclusione da 25 a 30 anni, determinando una pena comunque più alta rispetto alla attuale.

Si verifichi inoltre la necessità di inserire nel codice penale l'art. 4 della legge del 1985; pare infatti che le regole sul riparto di giurisdizione previste dagli articoli da 6 a 11 del codice possano assorbire le esigenze di applicazione della legge italiana attualmente enunciate dalla legge speciale.

La lett. b) interviene sull'art. 388 del codice penale - inserito nel capo relativo ai delitti contro l'autorità delle decisioni giudiziarie - per includere nel delitto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice la fattispecie di violazione dell'La violazione dell'ordine di protezione (lett. b)ordine di protezione contro gli abusi familiari, oggi prevista dall'art. 6 della legge n. 154 del 2001.

Si ricorda che la legge n. 154 del 2001, Misure contro la violenza nelle relazioni familiari, oltre ad aver introdotto nel codice di procedura penale la misura cautelare personale dell'allontanamento dell'autore delle violenze dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), ha inserito anche nel codice civile il Titolo IX-bis, Ordini di protezione contro gli abusi familiari, disponendo che, affinché possa scattare la tutela, non sia necessaria la presenza del reato o del danno effettivamente arrecato ma sia sufficiente una accertata situazione di tensione familiare.
Su istanza di parte il giudice, svolta la necessaria istruttoria e, se del caso, un'indagine sui redditi e sul patrimonio personale e comune dei coniugi, può adottare un decreto contenente gli ordini di protezione: si tratta di un decreto con il quale il giudice ordina (art. 342-ter c.c.) la cessazione della condotta e l'allontanamento dalla casa familiare con eventuale ordine di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante. Il giudice stabilirà la durata dalla misura (massimo 6 mesi prorogabili in presenza di gravi motivi) e le modalità di attuazione, nonché eventualmente l'intervento dei servizi sociali e il pagamento periodico di un assegno. Chiunque violi l'ordine di protezione, ma anche analoghi provvedimenti assunti nei procedimenti di separazione e di divorzio, è punito - in base all'art. 6 della legge - con le pene previste dall'art. 388 c.p., ovvero con la reclusione fino a 3 anni o con la multa da lire 103 a 1.032 euro.

Lo schema di decreto interviene sul secondo comma dell'art. 388 c.p., relativo alla elusione dell'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito per aggiungere tra le condotte anche l'elusione dell'ordine di protezione previsto dall'art. 342-ter del codice civile e di provvedimenti analoghi assunti nei procedimenti di separazione o divorzio. 

La lett. c) interviene sull'art. 570 c.p., che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare, per inserirvi le fattispecie di Gli obblighi di assistenza familiare (lett. c)violazione degli obblighi di natura economica imposti in sede di separazione, divorzio, e decisione circa l'affidamento dei figli. Vengono in particolare ricondotti al codice penale i reati previsti dall'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 (legge sul divorzio) e dall'art. 3 della legge n. 54 del 2006 (affido condiviso). La prima disposizione rinvia alle pene previste dall'art. 570 c.p. - reclusione fino a un anno o multa da 103 a 1.032 euro - per punire la condotta del coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno; la seconda disposizione rinvia alla legge sul divorzio per la violazione degli obblighi di natura economica connessi all'affidamento dei minori.

La lett. d)  inserisce nel codice penale i reati di Il reato di doping (lett. d)doping sportivo, prevedendo un nuovo art. 586-bis, relativo al delitto di "Utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti".

Si tratta del delitto attualmente previsto dall' art. 9 della legge n. 376 del 2000 - contestualmente abrogato (v. art. 7, lett. l) - che:
  • punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste all'articolo 2, comma 1, della legge che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze. La disposizione si applica salvo che il fatto costituisca più grave reato (comma 1);
  • punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste all'articolo 2, comma 1, della legge, non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche. Anche in questo caso la disposizione si applica salvo che il fatto costituisca più grave reato (comma 2);
  • aggrava le pene quando dal fatto deriva un danno per la salute, quanto il fatto è commesso nei confronti di un minorenne o quando il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal CONI (comma 3). In quest'ultimo caso l'autore dell'illecito è interdetto permanentemente dai suddetti uffici (comma 5);
  • prevede l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione se i reati sono commessi da chi esercita una professione sanitaria (comma 4);
  • prevede la confisca obbligatoria dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato (comma 6);
  • punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468 il commercio illegale di farmaci e sostanze ad effetto dopante. La condotta consiste nello svolgimento di un'attività di commercio avente per oggetto farmaci e sostanze proibite, comprese nelle classi ministeriali, al di fuori dei canali ufficiali, rappresentati da farmacie o altre strutture autorizzate, e quindi illegalmente (comma 7). Si tratta di un reato comune ("chiunque") per il quale è sufficiente il dolo generico, consistente nella volontà da parte dell'agente di realizzare la condotta descritta, unitamente alla consapevolezza di agire in assenza delle prescritte autorizzazioni ed abilitazioni, nonché della natura proibita delle sostanze e dei farmaci commercializzati.

Lo schema di decreto inserisce questa fattispecie nel titolo XII del libro sui delitti, dedicato ai delitti contro la persona e, in particolare, tra delitti contro la vita e l'incolumità individuale, subito dopo la fattispecie di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto (art. 586 c.p.).

Si valuti, alla luce dell'elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie penale, che consiste nella finalizzazione della condotta all'alterazione delle prestazioni agonistiche, se la collocazione del doping tra i delitti contro l'incolumità personale sia coerente con l'impostazione del codice penale; il dubbio sorge anche considerando il reato di colui che assume sostanze per modificare i risultati dei controlli antidoping (c.d. doping autogeno, secondo comma), nonché la fattispecie di commercio illegale di farmaci dopanti (settimo comma). In merito, la relazione illustrativa afferma che questa collocazione ha «il chiaro significato di una presa di posizione a favore della salvaguardia della integrità fisica del singolo piuttosto che della tutela del fair play sportivo».

La fattispecie vigente viene pressoché integralmente trasposta nel codice penale, con la sola soppressione del riferimento alle disposizioni della legge n. 376 del 2000 relative alle classi di farmaci, di sostanze o di pratiche mediche dopanti (art. 2, comma 1). Tale rinvio interno è infatti sostituito da un generale rinvio alla legge.

Il terzo comma del nuovo articolo 586-bis, inoltre, riprendendo l'elenco delle aggravanti, omette nell'aggravante per fatto commesso da componente di associazione o ente riconosciuto dal Coni, il richiamo al medesimo Comitato olimpico nazionale, con la conseguenza di estendere l'aggravante al fatto commesso da qualsiasi componente o dipendente di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuto.

Si valuti l'opportunità di correggere il terzo comma dell'art. 586-bis, confermando l'attuale formulazione dell'art. 9, comma 3, della legge n. 376 del 2000 e mantenendo così invariate le aggravanti del delitto.

La lett. e) inserisce nel codice penale, sempre nel titolo XII relativo ai delitti contro la persona, un nuovo Il procurato aborto (lett. e)capo I-bis nel quale sono inseriti i delitti contro la maternità, attualmente previsti dalla legge sull'aborto.

Si ricorda che gli articoli 17 e 18 della legge n. 194 del 1978 puniscono, rispettivamente:
  • con la reclusione da 3 mesi a 2 anni l'interruzione colposa di gravidanza, intesa come la condotta di chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza; la pena è ridotta della metà per chiunque cagiona per colpa un parto prematuro. Se i fatti sono commessi con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata;
  • con la reclusione da 4 a 8 anni l' interruzione di gravidanza non consensuale, considerando non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. La pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l'acceleramento del parto; se deriva la morte della donna si applica la reclusione da 8 a 16 anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da 6 a 12 anni e la pena è diminuita se la lesione è grave. Se la persona offesa è minorenne, le pene sono aumentate.

La riforma abroga le disposizioni della legge speciale e inserisce i due delitti agli articoli 593-bis (Interruzione colposa di gravidanza) e 593-ter (Interruzione di gravidanza non consensuale), mantenendo integralmente l'attuale formulazione.

Non viene inserita nel codice penale la fattispecie di aborto consensuale illecito prevista dall'art. 19 della legge n. 194 del 1978. Si tratta della disposizione che punisce con la reclusione fino a 3 anni chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza senza l'osservanza delle modalità indicate nella legge e che invece punisce la domma con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000 a 10.000 euro.

La relazione illustrativa motiva questa scelta con «il disvalore del tutto eterogeneo» delle prime due fattispecie rispetto a questa, che appare dunque «meritevole di rimanere nel corpo della legge speciale».

Il comma 2 dell'articolo 2 dello schema, per finalità di coordinamento, interviene sull'art. 33-bis del codice di procedura penale in tema di attribuzioni del tribunale in composizione collegiale: la disposizione corregge l'attuale richiamo all'art. 18 della legge n. 194 con quello all'art. 593-ter del codice penale. Il delitto di interruzione di gravidanza non consensuale resta così di competenza del collegio di tribunale.

La lett. f) riconduce al codice penale i delitti di I delitti di tratta (lett. f)tratta e commercio di schiavi e di nave destinata alla tratta attualmente previsti dagli articoli 1152 e 1153 del R.D. n. 327 del 1942, recante il codice della navigazione. Lo schema di decreto inserisce queste due disposizioni nell'articolo 601 del codice penale, al quale vengono aggiunti due commi dopo il secondo.

Il codice della navigazione dedica un capo ai delitti contro la persona (capo VII, artt. 1150-1160), nel quale punisce ipotesi di omicidio, di tratta di persone, di abuso d'autorità, abbandono di persone ed omissione di aiuto.
In particolare, l'articolo 1152, rinviando al delitto di tratta di persone previsto dall'art. 601 c.p., prevede un aumento delle pene fino a un terzo quando il delitto è commesso, anche in concorso, dal comandante o dall'ufficiale della nave, sia essa nazionale o straniera.
L'articolo 1153 cod. nav. punisce invece con la reclusione da 3 a 10 anni il componente dell' equipaggio di nave nazionale o straniera destinata - prima della partenza o in corso di navigazione - alla tratta. La pena si applica anche se non è compiuto alcun fatto di tratta o di commercio di schiavi; il delitto prevede dunque la punibilità di fatti preparatori rispetto a quanto previsto nell'art. 601 c.p..

L'inserimento delle due fattispecie nell'art. 601 c.p. comporta l'applicazione delle pene accessorie previste per i delitti contro la personalità individuale dall'art. 600-septies.2 del codice penale (dalla perdita della responsabilità genitoriale, all'interdizione dai pubblici uffici), nonché la possibile applicazione ai fatti commessi dal comandante, dall'ufficiale e dall'equipaggio della nave delle aggravanti di cui all'art. 602-ter c.p. (persona offesa minorenne, fatti diretti allo sfruttamento della prostituzione, grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa) con aumento della pena da un terzo alla metà.

Si valuti se, in considerazione della legge delega, che limita l'intervento riformatore all'inserimento «nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore», sia conforme alla delega l'estensione ai fatti di cui agli artt. 1152 e 1153 (ora ricompresi nell'art. 601 c.p.) delle aggravanti dell'art. 602-ter c.p. Attualmente, tali aggravanti non sono riferite ai delitti di tratta previsti dal codice della navigazione.



La lett. g) interviene sul delitto di Il traffico di organi (lett. g)traffico di organi, recentemente introdotto dal legislatore all'art. 601-bis del codice penale, per ricondurre al codice anche la fattispecie di traffico di organi destinati ai trapianti di cui all'art. 22-bis, comma 1, della legge n. 91 del 1999.

Si ricorda che l'art. 601-bis c.p., introdotto dalla legge n. 236 del 2016, punisce:
  • con la reclusione da 3 a 12 anni e con la multa da 50.000 a 300.000 euro chiunque, illecitamente, commercia, vende, acquista ovvero, in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo, procura o tratta organi o parti di organi prelevati da persona vivente. Se il fatto è commesso da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione;
  • con la reclusione da 3 a 7 anni e con la multa da 50.000 a 300.000 euro chiunque organizza o propaganda viaggi ovvero pubblicizza o diffonde, con qualsiasi mezzo, anche per via informatica o telematica, annunci finalizzati al traffico di organi o parti di organi. Si applica l'art. 601-bis salvo che il fatto costituisca più grave reato.
L'articolo 22-bis della legge sui trapianti (legge n. 91 del 1999), anch'essa modificata nel 2016, punisce invece con la reclusione da 3 a 8 anni e con la multa da 50.000 a 300.000 euro chiunque, a scopo di lucro, svolge opera di mediazione nella donazione di organi da vivente disponendo, se il fatto è commesso da persona che esercita una professione sanitaria, l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.
Si ricorda, inoltre, che è attualmente in corso di esame al Senato il disegno di legge A.S. 2833, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani, fatta a Santiago de Compostela il 25 marzo 2015, già approvato dalla Camera. Il provvedimento, in attuazione della Convenzione, introduce nel codice penale tre nuove figure di reato: prelievo di organi da persona vivente (articolo 601- ter), uso di organi prelevati illecitamente da persona vivente (articolo 601- quater) e violazione degli obblighi dell'esercente la professione sanitaria in materia di prelievo e uso di organi (articolo 601- quinquies).

Lo schema di decreto inserisce la fattispecie relativa alla mediazione nella donazione di organi da vivente nell'art. 601-bis c.p., contestualmente abrogando il comma 1 dell'art. 22-bis della legge sui trapianti. Per coordinamento, posto che tutte le fattispecie prevedono l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione sanitaria, viene introdotto uno specifico comma nell'art. 601-bis c.p.

Anche per la fattispecie di mediazione nella donazione di organi da vivente, si valuti la conformità con la delega dell'applicabilità delle circostanze aggravanti previste dall'art. 602-ter del codice penale (v. sopra).

La lett. h) inserisce nel codice penale, tra i delitti contro la libertà individuale, una nuova sezione dedicata ai I reati di discriminazione (lett. h)delitti contro l'uguaglianza (sez. I-bis); vengono ricollocate nel codice penale le fattispecie di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione, attualmente contenuti nell'art. 3 della legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966.

Si ricorda che il testo vigente dell'art. 3 è frutto dell'entrata in vigore della legge 205 del 1993, di conversione del DL 122 del 1993 (nota come legge Mancino), che ne ha integralmente sostituito la formulazione e, da ultimo, della recente legge n. 115 del 2016 ( legge sul negazionismo), che ha inserito il comma 3-bis. Analiticamente, l'articolo 3 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato:
  • chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. a): reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro;
  • chiunque, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. b): reclusione da 6 mesi a 4 anni;
  • chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 6 mesi a 4 anni);
  • chiunque promuove o dirige organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 1 a 6 anni).
Il comma 3-bis, introdotto dalla legge n. 115 del 2016, prevede la reclusione da 2 a 6 anni nei casi in cui la propaganda, l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondino "in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale.
Si ricorda, inoltre, che il decreto-legge n. 122 del 1993 (convertito dalla legge 205/1993, c.d. Legge Mancino) ha introdotto (articolo 1) pene accessorie in caso di condanna per uno dei delitti previsti dall'art. 3 della legge del 1975 (dall'obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività all'obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; dalla sospensione della patente di guida o del passaporto al divieto di detenzione di armi, al divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale).
Inoltre, facendo costante rinvio alle fattispecie di cui all'articolo 3 della legge 654/1975, l'articolo 2 del decreto-legge ha previsto sanzioni penali per:
  • chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull'odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all'art. 3 della legge n. 654/1975 (art. 2, comma 1: reclusione fino a 3 anni e multa da 103 a 258 euro);
  • chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati (art. 2, comma 2: arresto da 3 mesi ad un anno).
 Infine, il decreto-legge ha introdotto (articolo 3) la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: per qualsiasi reato - ad eccezione di quelli per i quali è previsto l'ergastolo - commesso per le finalità di discriminazione di cui alla legge n. 654/75, la pena viene aumentata fino alla metà. In caso di concorso di circostanze, il comma 2 stabilisce che il giudice non può ritenere le attenuanti equivalenti o prevalenti rispetto all'aggravante della finalità di discriminazione e che le eventuali diminuzioni di pena devono essere calcolate sulla pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante. Tale principio non opera rispetto all'attenuante della minore età (di cui all'art. 98 del codice penale).

Il contenuto dell'art. 3 della n. 654 del 1975 è integralmente trasposto nel codice penale, attraverso l'inserimento dell'art. 604-bis. Rispetto alla formulazione attuale sono soppressi il richiamo dell'art. 4 della Convenzione di New York  e il richiamo alla legge di ratifica dello Statuto della Corte penale internazionale.

Si valuti la possibilità di inserire nella nuova sezione dedicata ai delitti contro l'uguaglianza anche la circostanza aggravante attualmente prevista dall'art. 3 del decreto-legge n. 122 del 1993. Si tratta della disposizione che «Per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità» prevede che la pena sia aumentata fino alla metà (comma 1); la stessa disposizione aggiunge che «le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98 del codice penale, concorrenti con l'aggravante di cui al comma 1, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante» (comma 2).

Si ricorda che sono attualmente all'esame del Parlamento alcune proposte di legge volte a modificare l'art. 3 della legge n. 654 del 1975. Si tratta in particolare:
  • dell'art. 5 (Disposizioni per la completa attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale – Caso EU Pilot 8184/15/JUST) dell'AC 4505-B (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017), già approvato dalla Camera e modificato dal Senato;
  • dell'art. 3 dell'A.S. 2461 (Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003), già approvato dalla Camera.

Le disposizioni penali a tutela dell'ambiente (art. 3)

L'articolo 3 dello schema inserisce, nel titolo VI-bis relativo ai delitti contro l'ambiente (artt. 452-bis e seguenti), il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (nuovo art. 452-quaterdecies), attualmente previsto dall'art. 260 del Codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006).

Si tratta della disposizione che punisce con la reclusione da 1 a 6 anni chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti (comma 1). In caso di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da 3 a 8 anni (comma 2).
Alla condanna, quando il delitto non è colposo, conseguono (comma 3) le pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici (art. 28 c.p.), da una professione o da un'arte (art. 30 c.p.), dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (art. 32-bis c.p.) e l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (art. 32-ter c.p.). Il giudice, con la sentenza di condanna o con il patteggiamento, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente (comma 4). Inoltre, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca (comma 4-bis).

Il delitto viene inserito tal quale nel codice penale e viene contestualmente coordinato il testo dell'art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, per confermare la competenza per le indagini su questo delitto del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto.

Lo schema non trasferisce nel codice penale gli altri numerosi reati contro l'ambiente contenuti nella legislazione speciale, ritenendo che per lo più si tratti di appendici sanzionatorie di complessi di precetti e procedure analiticamente disciplinate da testi unici o da leggi organiche.


Le disposizioni penali a tutela del sistema finanziario (art. 4)

L'articolo 4 sposta all'interno del codice due distinte fattispecie penali, attualmente contemplate dalla normativa antiriciclaggio e dal c.d. decreto-legge Scotti-Martelli del1992 sul contrasto alla criminalità mafiosa.

In particolare, la Indebito utilizzo e falsificazione di carte di creditolettera a) interviene sul titolo VII del libro dei delitti, relativo ai delitti contro la fede pubblica, per inserire nel capo sulla falsità in atti, il delitto di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento, fattispecie ora prevista dall'art. 55, comm 5, del d.lgs. n. 231 del 2007 come recentemente riscritto dal d.lgs. n. 90 del 2017.

Si ricorda che il comma 5 dell'art. 55 del decreto legislativo sulla prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, punisce con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da 310 a 1.550 euro chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi. Analoga pena è prevista per chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
Il comma 6 - secondo periodo - aggiunge che, in caso di condanna o di patteggiamento per questo delitto è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca per equivalente, ovvero di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. Gli strumenti sequestrati ai fini della suddetta confisca sono affidati dall'Autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta (comma 7).

La riforma inserisce il delitto nel nuovo art. 493-ter del codice penale, nel quale viene descritta la fattispecie penale, prevista la confisca obbligatoria e l'affidamento dei beni sequestrati agli organi di polizia. Le corrispondenti disposizioni vigenti vengono abrogate (v. art. 7, lett. q)).



La Trasferimento fraudolento di valorilettera b) inserisce, sempre nel titolo VII, relativo ai delitti contro la fede pubblica, un nuovo capo III-bis, a tutela dell'integrità del sistema finanziario. Nel nuovo capo è inserito il reato di trasferimento fraudolento di valori, oggi previsto dall'art. 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 306 del 1992 (decreto-legge Scotti-Martelli).

L'art. 12-quinquies del decreto-legge, salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di un delitto di ricettazione (art. 648 c.p.), di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) o di impiego di denaro o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter).

Il delitto è inserito all'art. 493-quater c.p., che esaurisce il contento del nuovo capo.

Si valuti se la fattispecie penale sia effettivamente finalizzata a tutelare l'integrità del sistema finanziario. Si valuti inoltre la collocazione all'interno del titolo VII, relativo ai delitti contro la fede pubblica, in considerazione del fatto che la relazione colloca la nuova fattispecie nel titolo VIII , dedicato ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio.

Il comma 2 dell'articolo 4, per coordinamento, interviene sull'art. 33-bis del codice di procedura penale per sostituire l'art. 12-quinquies con il nuovo riferimento normativo, così da confermare su questo delitto la competenza del tribunale in composizione collegiale.


Le disposizioni penali di contrasto alla mafia e al terrorismo (art. 5)

L'articolo 5 inserisce nel codice penale tre nuovi articoli relativi a circostanze aggravanti e attenuanti da applicare ai delitti di terrorismo e di mafia.

In particolare, la Aggravante del reato transnazionalelettera a) introduce nella parte generale del codice penale la circostanza aggravante del reato transnazionale, oggi prevista dall'art. 4 della legge n. 146 del 2006, di ratifica della Convenzione ONU contro il crimine organizzato.

Si tratta della disposizione che prevede un aumento di pena da un terzo alla metà per i reati puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato. E' escluso il bilanciamento tra questa aggravante e altre circostanze attenuanti, conseguentemente le diminuzioni di pena dovranno essere calcolate sulla quantità di pena risultante dall'applicazione dell'aggravante del reato transnazionale (in base al rinvio all'art. 7, comma 2, del decreto-legge n. 152 del 1991 contenuto nel comma 2 dell'art. 4).

La circostanza aggravante è inserita nel nuovo articolo 61-bis del codice penale; quanto al divieto di bilanciamento delle circostanze, il codice non rinvia alla legge speciale (art. 7 del d.l. n. 152/1991) bensì all'art. 416-bis.1, di nuova introduzione (v. infra).

La Aggravante e attenuante dei reati di terrorismolettera b) riconduce al codice penale le circostanze aggravanti e attenuanti del delitti di terrorismo, attualmente previste dalla c.d. legge Cossiga (decreto-legge n. 625 del 1979).

Il decreto-legge n. 625 del 1979 prevede:
  • all'art. 1, una aggravante di tutti i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, punibili con pena diversa dall'ergastolo. In tali casi la pena è sempre aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato. In caso di concorso di aggravanti, si applica per primo l'aumento di pena previsto per la finalità di terrorismo o eversione; in caso di concorso di attenuanti (diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale) è escluso il bilanciamento e la riduzione di pena si calcola sulla pena risultante dall'applicazione dell'aggravante do terrorismo;
  • all'art. 4, una attenuante per il dissociato. Quanto i delitti sono commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, il concorrente nel reato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia e l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti: la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da 12 a 20 anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà. Al dissociato non si applica l'aggravante per finalità di terrorismo o eversione;
  • all'art. 5, una causa di non punibilità per il colpevole di un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico che volontariamente impedisce l'evento e fornisce elementi di prova determinanti per la esatta ricostruzione del fatto e per la individuazione degli eventuali concorrenti.

Le circostante del reato e la causa di non punibilità vengono inserite nel nuovo art. 270-bis.1 del codice penale, collocato tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato, subito dopo le associazioni con finalità di terrorismo (art. 270-bis).

La formulazione delle disposizioni viene integralmente confermata e le previsioni della legge Cossiga vengono contestualmente abrogate (v. art. 7, lettera e)).

La Aggravante e attenuante dei reati di mafialettera c) inserisce nel codice penale l'articolo 416-bis.1, nel quale colloca le circostanze aggravanti e attenuanti dei delitti connessi ad attività mafiose, attualmente previste dal decreto-legge n. 152 del 1991 e conseguentemente abrogate (v. art. 7, lett. g)).

Gli articoli 7 e 8 del decreto-legge n. 152 del 1991 prevedono, rispettivamente:
  • una aggravante, che determina un aumento di pena da un terzo alla metà, per i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose. E' escluso il bilanciamento tra questa aggravante e altre circostanze attenuanti, conseguentemente le diminuzioni di pena dovranno essere calcolate sulla quantità di pena risultante dall'applicazione dell'aggravante mafiosa;
  • una attenuante, che determina la trasformazione dell'ergastolo in reclusione da 12 a 20 anni e la diminuzione da un terzo alla metà delle altre pene, per i delitti di cui all'articolo 416-bis c.p. e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni mafiose ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati. In caso di dissociazione, non si applica l'aggravante mafiosa.

La confisca allargata e la confisca per equivalente (art. 6)

L'articolo 6 inserisce nel codice penale l'articolo 240-bis, rubricato "confisca in casi particolari", nel quale viene spostato l'attuale contenuto dell'art. 12-sexies del decreto-legge Scotti-Martelli (d.l. n. 306 del 1992), ovvero la disposizione che, in relazione alla commissione di uno specifico catalogo di reati, detta le misure di sicurezza patrimoniali della confisca allargata e della confisca per equivalente. Le specifiche disposizioni del decreto relative alla confisca allargata per i reati previsti dal TU stupefacenti e dal TU dogane vengono invece inserite in quei testi normativi, attraverso il nuovo art. 85-bis del D.P.R. n. 309 del 1990 e art. 5-bis del D.P.R. n. 43 del 1973.

Come è noto con l'espressione confisca allargata si intende la possibilità, a fronte della condanna o del patteggiamento della pena, di confiscare il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica.
La confisca allargata si applica al seguente catalogo di delitti: peculato (art. 316), malversazione (art. 316-bis), indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter), concussione (art. 317), corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318), corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater), corruzione di incaricato di pubblico servizio (art. 320), istigazione alla corruzione (art. 322), reati contro la p.a. commessi da funzionari europei (art. 322-bis), utilizzazione di invenzioni conosciute per ragioni d'ufficio (art. 325), associazione a delinquere finalizzata a commettere specifici delitti (art. 416, sesto comma e 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 517-ter e 517-quater), associazione mafiosa (art. 416-bis), disastro ambientale (art. 452-quater), associazione a delinquere finalizzata ai delitti contro l'ambiente (art. 452-octies, primo comma), riduzione in schiavitù (art. 600), sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-bis, primo comma), pornografia minorile e commercio di materiale pornografico (art. 600-ter, primo e secondo comma), pornografia virtuale (art. 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico), turismo sessuale (art. 600-quinquies), tratta di persone (art. 601), commercio di schiavi (art. 602), caporalato (art. 603-bis), estorsione (art. 629), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630), usura (art. 644), ricettazione (art. 648, esclusa la particolare tenuità), riciclaggio (art. 648-bis), impiego di denaro o beni di provenienza illecita (art. 648-ter), autoriciclaggio (art. 648-ter.1), corruzione tra privati (art. 2635 del codice civile), attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006), trasferimento fraudolento di valori (art.12-quinquies, comma 1, D.L. n. 306 del 1992), indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito (art. 55 d.lgs. n. 231 del 2007), produzione, traffico, detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (artt. 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 DPR n. 309 del 1990), delitti commessi per finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine costituzionale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni mafiose o per agevolare l'attività di associazioni mafiose, delitti in materia di contrabbando (art. 295 del TU dogane), nonché - quando le condotte riguardano tre o più sistemi - delitti di installazione di apparecchiature volte a intercettare o interferire in comunicazioni informatiche (articoli 617-quinquies), alterazione del contenuto di comunicazioni informatiche (art. 617-sexies), danneggiamento di sistema informatico (artt. 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies).
Si usa invece l'espressione confisca per equivalente quando, non potendo procedere alla confisca penale (dei beni che costituiscono il prodotto o il frutto del reato) o alla confisca allargata, si procede alla confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona. In base all'art. 12-sexies del d.l. 306/1992 la confisca per equivalente è possibile solo in caso di condanna per delitti commessi avvalendosi delle condizioni mafiose o per agevolare l'attività di associazioni mafiose nonché per i delitti in materia di contrabbando (art. 295 del TU dogane). Si ricorda peraltro che specifiche ipotesi di confisca per equivalente sono già previste dal codice penale agli articoli 322-ter e 648-quater.
La legge speciale prevede inoltre l'applicazione delle disposizioni del Codice antimafia circa il sequestro e l'amministrazione dei beni sequestrati e circa la nomina degli amministratori.

La riforma abroga l'art. 12-sexies (v. art. 7, lett. h)) e ne trasferisce il contenuto all'interno del capo relativo alle L'art. 240-bis c.p.misure di sicurezza patrimoniali, subito dopo l'art. 240 sulla confisca. La confisca in casi particolari dell'art. 240-bis riprende la formulazione attuale dell'art. 12-sexies, correggendo il richiamo alle fattispecie di traffico di rifiuti, di trasferimento fraudolento di valori e di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito. Il richiamo alla disciplina antimafia è formulato senza citare espressamente il d.lgs. n. 159 del 2011, ma riferendosi alle «disposizioni delle leggi antimafia in materia di misure di prevenzione».

In merito si ricorda che l'art. 31 dell'A.C. 1039 e abb.-B, di riforma del codice antimafia, approvato definitivamente dalla Camera dei deputati il 27 settembre 2017, riscrive pressoché integralmente il contenuto dell'art. 12-sexies. Il testo dello schema di decreto legislativo non è coordinato con tali modifiche, non ancora entrate in vigore (la legge è in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).

Il comma 2 dell'articolo 6 interviene sul Modifiche a TU stupefacenti e doganeTU stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990) per inserire la disposizione sulla confisca allargata all'articolo 85-bis. Per l'applicazione della disciplina si rinvia alla legislazione antimafia e, in quanto compatibili, alle disposizioni dell'art. 240-bis c.p..

Analogamente, il comma 3 interviene sul TU dogane (D.P.R. n. 43 del 1973) per inserirvi all'articolo 5-bis la disciplina della confisca allargata.

Lo schema di decreto, con finalità di coordinamento, integra pertanto il contenuto di fattispecie criminose diverse da quelle del codice.

In generale, si valuti la conformità dell'articolo 6 con la delega. Si valuti in particolare se il principio della riserva di codice relativamente a fattispecie criminose consenta al legislatore delegato di intervenire anche sulla disciplina della confisca.

In merito, la relazione illustrativa afferma che «l'articolo 6 si giustifica, per ragioni di coerenza sistematica, con l'esigenza di dettare una disciplina organica in ambito codicistico delle misure di sicurezza patrimoniali».


Abrogazioni (art. 7), coordinamento (art. 8) e clausola di invarianza (art. 9)

L'articolo 7 abroga le disposizioni delle leggi speciali che sono confluite nel codice penale.

Il successivo articolo 8 prescrive che, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, i richiami alle disposizioni abrogate, ovunque presenti nella legislazione, debbano intendersi riferiti alle corrispondenti disposizioni del codice penale, come indicato dalla tabella allegata allo schema di decreto. I richiami all'art. 12-sexies andranno riferiti all'art. 240-bis c.p. o alle specifiche disposizioni del TU stupefacenti e del TU dogane.

L'articolo 9 reca la clausola di invarianza finanziaria.

DiTabella di corrispondenzasposizioni abrogate (art. 7)
Corrispondenti disposizioni del codice penale
art. 1152 del Codice della Navigazione
art. 601, terzo comma
art. 1153 del Codice della Navigazione
art. 601, quarto comma
art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970
art. 570, secondo comma
art. 3 della legge n. 654 del 1975
art. 604-bis
art. 17 della legge n. 194 del 1978
art. 593-bis
art. 18 della legge n. 194 del 1978
art. 593-ter
art. 1 del d.l. n. 625 del 1979
art. 270-bis.1, primo e secondo comma
art. 4 del d.l. n. 625 del 1979
art. 270-bis.1, terzo e quarto comma
art. 5 del d.l. n. 625 del 1979
art. 270-bis.1, quinto comma
art. 3 della legge n. 718 del 1985
art. 289-ter, primo, secondo e terzo comma
art. 4 della legge n. 718 del 1985
art. 289-ter, quarto comma
art. 7 del d.l. n. 152 del 1991
art. 416-bis.1, primo e secondo comma
art. 8 del d.l. n. 152 del 1991
art. 416-bis.1, terzo e quarto comma
art. 12-quinquies del d.l. n. 306 del 1992
art. 493-quater
art. 12-sexies del d.l. n. 306 del 1992
art. 240-bis
art. 85-bis del DPR n. 309 del 1990
art. 5-bis del DPR n. 43 del 1973
art. 22-bis della legge n. 91 del 1999
art. 601-bis, secondo e terzo comma
art. 9 della legge n. 376 del 2000
art. 586-bis
art. 6 della legge n. 154 del 2001
art. 388, secondo comma
art. 3 della legge n. 54 del 2006
art. 570, secondo comma
art. 4 della legge n. 146 del 2006
art. 61-bis
art. 260 del d.lgs. n. 152 del 2006
art. 452-quaterdecies
art. 55, commi 5 e 6 (II periodo) del d.lgs. n. 231 del 2007
art. 493-ter

Relazioni e pareri allegati

Lo schema di decreto legislativo è accompagnato dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnica, dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi di impatto della regolamentazione.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Lo schema di decreto legislativo costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento penale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), Cost..