Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
Titolo: Modifiche all'articolo 5 della legge n. 898/1970, in materia di assegno di divorzio
Riferimenti: AC N.4605/XVII
Serie: Progetti di legge   Numero: 625
Data: 04/10/2017


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Modifiche all'articolo 5 della legge n. 898/1970, in materia di assegno di divorzio

4 ottobre 2017
Schede di lettura


Indice

Quadro normativo e giurisprudenziale|Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Quadro normativo e giurisprudenziale

Il diritto al mantenimento da parte di uno degli ex coniugi in favore dell'altro viene sancito dal giudice con la sentenza di divorzio.

Assegno di divorzio: cosa dice la leggeL'articolo 5, comma 6, della legge sul divorzio (legge 898/1970, come modificata dalla legge 74/1987) stabilisce che il tribunale dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Tale decisione deve tenere conto di una serie di elementi:

  • condizioni dei coniugi;
  • ragioni della decisione;
  • contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;,
  • reddito di entrambi;
  • durata del matrimonio (alla cui luce vanno valutati i precedenti elementi).

L'accertamento del diritto all'assegno si articola in due fasi: la prima volta ad accertare in astratto il diritto a percepire l'assegno; la seconda, finalizzata alla sua determinazione in concreto.

L'interpretazione della giurisprudenza: il diritto a mantenere il tenore di vita matrimonialeIn relazione al diritto (o meno) di ricevere l'assegno, la giurisprudenza - integrando la scarna normativa - ha concordemente stabilito (su tutte, Cass., Sezioni Unite civili, sentenze nn. 11490 e 11492 del 1990) che il presupposto per concedere l'assegno - l'an debeatur - è costituito dall'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente (tale valutazione deve considerare non solo i redditi, ma anche i cespiti patrimoniali e le altre utilità di cui può disporre) a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza che sia necessario uno stato di bisogno dell'avente diritto. Quindi, il coniuge richiedente può essere anche economicamente autosufficiente, ma se, in dipendenza del divorzio, vi è un l'apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche godute durante il matrimonio, in linea di massima, queste devono queste essere ripristinate dal giudice.

Sempre secondo la giurisprudenza, una volta stabilito il diritto all'assegno di divorzio, la misura concreta dell'assegno – ovvero il quantum debeatur - deve essere fissata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri sopraelencati (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, reddito, ecc.) con riguardo al momento della pronuncia di divorzio. Il giudice, purché ne dia sufficiente giustificazione, non è tenuto ad utilizzare tutti i suddetti criteri, anche in relazione alle deduzioni e richieste delle parti, e dovrà valutarne in ogni caso l'influenza sulla misura dell'assegno stesso, che potrà anche essere escluso sulla base dell'incidenza negativa di uno o più di essi (così, la citata sentenza n. 11490 del 1990).

Gli elementi di valutazione del quantum dell'assegnoSecondo l'interpretazione che la giurisprudenza ha dato alla valutazione di tali elementi:

- nell'ambito delle condizioni dei coniugi vanno comprese quelle sociali e di salute, l'età, le consuetudini ed il sistema di vita dipendenti dal matrimonio, il contesto sociale ed ambientale in cui si vive (e simili), dal punto di vista della loro influenza sulle capacità economiche e di guadagno di entrambi i coniugi;

- le citate ragioni della decisione non appaiono riferite soltanto a quelle indicate dall'art. 3 della legge stessa (come presupposti del divorzio) in quanto tali presupposti sono ricompresi nel più ampio profilo delle ragioni che hanno determinato il fallimento del matrimonio, da valutare non alla stregua del criterio della "colpa" (estraneo ad un divorzio inteso come rimedio di una irreversibile frattura fra i coniugi) ma con riguardo ai comportamenti che hanno cagionato la rottura della comunione spirituale e materiale della famiglia. Tale criterio assolve a una funzione risarcitoria e, sotto tale profilo (anch'esso bilaterale, come tutti gli altri), può essere tutelato il coniuge non responsabile, nel senso che, se è obbligato all'assegno, questo può essere diminuito e, se invece è il titolare del diritto all'assegno, la sua misura potrà più agevolmente essere ancorata alla conservazione del tenore di vita anteriore; se la responsabilità del divorzio risale ad entrambi, il criterio resterà inutilizzabile;

- deve essere considerato ogni contributo fornito da ognuno dei coniugi alla conduzione della famiglia sotto il profilo delle cure dedicate alla persona dell'altro coniuge, alla casa ed ai figli; il contributo deve essere di grado più elevato se, per ragioni particolari (per esempio, stato di salute) tali cure siano state più intense ed assidue.Tale contributo dovrà essere valutato anche sotto il profilo economico, in quanto rivolto alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, anche se realizzato sotto la forma del lavoro domestico;

- il richiamo fatto dal comma 6 ai soli redditi non esclude, ma anzi impone la valutazione delle sostanze, beni ed altre utilità che non danno reddito reale, ma solo figurativo (per es.: la casa di abitazione o la seconda casa), perché, anche ad ammettere il carattere tassativo dell'espressione "redditi", le sostanze ed utilità sopraccennate possono comprendersi nell'ambito delle "condizioni", posto che esse sono quelle sia personali che patrimoniali. D'altra parte, a proposito dell'adeguatezza, la legge non parla di "redditi", ma di mezzi adeguati, che ovviamente comprendono elementi patrimoniali suscettibili di valutazione al di là del puro e semplice reddito;

- infine, ma non ultimo, vale il criterio della durata del matrimonio, che dovrà permeare la valutazione degli altri elementi ed influirà quindi sotto vari aspetti sulla misura in concreto dell'assegno. Il criterio del contributo personale e patrimoniale dovrà, ad esempio, essere dimensionato in rapporto alla durata del matrimonio. Le citate condizioni personali dei coniugi saranno influenzate dalla durata del matrimonio, soprattutto in regime di convivenza; basti pensare al caso della moglie che abbia rinunciato ad un'attività lavorativa extradomestica (o l'abbia ridotta) per lungo periodo, così da rendere difficile o addirittura impossibile il suo inserimento (o reinserimento) nel mondo del lavoro; mentre, al contrario, una breve durata del matrimonio potrà permettere - tenendo conto dell'età e delle altre condizioni, anche di salute - una qualificazione professionale e la ricerca di un'occupazione confacente. A grandi linee - salve situazioni particolari - la durata del matrimonio, quanto più è lunga, tanto più farà conservare all'avente diritto il livello di vita già acquisito durante il matrimonio, mentre lo potrà far perdere una sua breve durata non potendo in tal caso fondarsi una legittima aspettativa di beneficiarne oltre il divorzio.

Il revirement della Cassazione: assegno di divorzio solo in mancanza di indipendenza economica Tale costante orientamento in materia di assegno divorzile  è stato rivoluzionato da un recente arresto giurisprudenziale.
La Prima Sezione della Cassazione Civile, sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, ha ritenuto superato, nell'ambito dei mutamenti economico-sociali intervenuti, il riferimento al diritto a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio, così la sentenza delle S.U. n. 11490 del 1990).
Si legge nella sentenza n. 11504 che occorre "superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva" perché è "ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile. Si deve quindi ritenere - afferma la Cassazione - che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell'ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale". La Corte ha ritenuto che con la sentenza di divorzio "il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale". Dunque, secondo la Suprema Corte - per valutare il diritto (o meno) all'assegno di divorzio (valutazione basata sul principio dell' autoresponsabilità economica di ciascuno degli ex coniugi quali persone singole) - va individuato un "parametro diverso" cioè il "raggiungimento dell'indipendenza economica" del coniuge richiedente: se si accerta la sua indipendenza economica viene meno il diritto all'assegno.
La Cassazione ha individuato tre principali indici di valutazione di tale indipendenza:
  • il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu "imposti" e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente);
  • le capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo);
  • la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Una volta accertato il diritto all'assegno, il giudice del divorzio deve tenere conto - nella valutazione del quantum dell'assegno, informata al principio della "solidarietà economica" nei confronti dell'ex coniuge in quanto "persona" economicamente più debole - di tutti gli elementi indicati dall'art. 5, comma 6, della legge 898/1970 (v. ante), al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno.

La conferma del nuovo corso giurisprudenzialeLa Prima Sezione della Cassazione civile ha confermato il nuovo orientamento con la sentenza n. 15481 del 22 giugno 2017 in cui ha ritenuto che per la revisione dell'assegno d divorzio, alla luce dei nuovi criteri stabiliti dalla recente giurisprudenza, bisogna verificare se i motivi sopravvenuti alla base della richiesta di esonero dal mantenimento giustifichino effettivamente una negazione dello stesso a causa della sopraggiunta indipendenza o autosufficienza economica del beneficiario. A tal fine occorre riferirsi, prosegue la Corte, agli indici individuati con la sentenza numero 11504, da valutare osservando le allegazioni, le deduzioni e le prove offerte dall'obbligato, in capo al quale comunque resta l'onere della prova.

Nella stessa decisione, la Cassazione ha inoltre respinto la richiesta del P.G. (avanzata ex art. 376, secondo comma, c.p.c.) di una pronuncia a Sezioni Unite sulla base della necessità di misurare l'impatto della sentenza n. 11504/2017 sugli assegni divorzili in corso e di dare una migliore definizione degli "indici" della "indipendenza o autosufficienza economica" dettati dalla sentenza stessa, Tale richiesta non è stata accolta in base alle argomentazioni già svolte nella sentenza n. 12962 del 2016 e ribadite nella sentenza 19599 del 2016 in quanto l'istanza di parte volta all'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite e dell'art. 139 disp. att. c.p.c., costituisce mera sollecitazione all'esercizio di un potere discrezionale, che non solo non è soggetto ad un dovere di motivazione, ma non deve neppure necessariamente manifestarsi in uno specifico esame e rigetto di detta istanza. Continua la Cassazione osservando che "la Corte di cassazione ha pronunciato a sezione semplice su numerose questioni variamente collegate a temi socialmente e/o eticamente sensibili (....). Deve, pertanto, ritenersi che non tutte le questioni riguardanti diritti individuali o relazionali di più recente emersione ed attualità sono per ciò solo qualificabili come "di massima di particolare importanza" nell'accezione di cui all'art. 374 c.p.c., comma 2".

Prima giurisprudenza di meritoOltre a ulteriori conferme della nuova linea giurisprudenziale anche in sedi di merito (Tribunale di Milano, ordinanza 22 maggio e sentenza 5 giugno 2017; Tribunale di Palermo, sentenza 26 giugno 2017; Tribunale di Roma, sentenza 1 agosto 2017), va segnalata, contra, la sentenza del Tribunale di Udine del 1° giugno 2017 che si è discostata dal contenuto della sentenza n. 11504/2017 della Cassazione. Tornando al vecchio orientamento maggioritario, per  valutare l'adeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l'assegno, la sentenza ha fatto riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, unitamente agli ulteriori elementi di cui all'articolo 5, comma 6, della legge numero 898/1970.

L'assegno di mantenimento nella separazioneDeve, infine, essere ricordata l'importante precisazione fatta dalla stessa Prima sezione civile della Suprema Corte in relazione al parametro dell'assegno di mantenimento dopo la separazione dei coniugi. Infatti, discostandosi dai contenuti della sua sentenza n. 11504, Cassazione civile, Prima sezione, sentenza n. 12196 del 16 maggio 2017 ha precisato che solo dopo il divorzio, il mantenimento all'ex moglie non va più rapportato al tenore di vita goduto durante il matrimonio, mentre con la separazione resta ancora il vincolo tra i due coniugi. Solo dal divorzio deriva la possibilità di corrispondere un assegno di minore entità (o non corrisponderlo affatto) a titolo di mantenimento dell'ex coniuge avente un proprio reddito. Se, invece, è intervenuta solo la separazione, l'assegno di mantenimento resta legato al tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio.


Contenuto

Le motivazioni della proposta di leggeLa proposta di legge A.C. 4605 (Ferranti ed altri) apporta alcune modifiche alla disciplina in materia di assegno di divorzio con la finalità di mitigare gli effetti della recente  sentenza n. 11504/2017 della Corte di cassazione. 

Secondo la relazione illustrativa della proposta di legge, anche riguardo a decisioni giurisprudenziali (finora solo di merito) contrastanti con il più recente orientamento della Cassazione,  nonchè per adeguare la disciplina sull'assegno di divorzio a quelle della maggior parte dei Paesi europei, appare opportuno modificare il quadro normativo con "una soluzione di equità familiare" che permetta di "evitare, da un lato, che lo scioglimento del matrimonio sia causa di indebito arricchimento e, dall'altro, che sia causa di degrado esistenziale del coniuge economicamente debole che abbia confidato nel programma di vita del matrimonio, dedicandosi alla cura della famiglia rinunciando in tal modo a sviluppare una buona formazione professionale e a svolgere una proficua attività di lavoro o di impresa" .

L'attribuzione dell'assegno di divorzio come compensazioneLa proposta di legge interviene sull'art. 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) ripartendo su due commi i contenuti dell'attuale comma 6 (cui sono apportate significative modifiche) ed aggiungendo due ulteriori disposizioni.

Il nuovo comma 6 dell'art. 5 della legge 898  (art. 1, comma 1, della p.d.l.) prevede che, con la sentenza di divorzio, il tribunale dispone l'attribuzione di un assegno allo scopo di compensare, per quanto possibile, la disparità delle condizioni di vita dei coniugi determinato dallo scioglimento del matrimonio (o dalla cessazione dei suoi effetti civili).

Si osserva che, diversamente dal vigente comma 6, non viene esplicitato che l'obbligo grava sull'altro coniuge.

Un primo elemento di novità sembra dunque riguardare il presupposto per il diritto all'assegno in favore del coniuge economicamente più debole; viene modificata, infatti, la prima delle due fasi che ha finora impegnato i tribunali cioè quella sull'an debeatur: il presupposto, in base alla proposta di legge, è costituito dalla necessità di compensare la disparità nelle condizioni di vita dei coniugi determinata dallo scioglimento del matrimonio.  Di conseguenza, è soppresso il riferimento al possesso di mezzi adeguati (o all'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive) da parte del richiedente come presupposto del diritto all'assegno di divorzio.

I nuovi elementi di valutazione per la determinazione dell'assegnoAltre novità riguardano gli elementi di valutazione nella determinazione dell'assegno periodico da parte del tribunale, che diventano oggetto di un nuovo comma aggiuntivo. In particolare (art. 1, comma 2, della pd.l.):

  • l'attuale ampio concetto di "condizioni dei coniugi" (che, come detto, per la giurisprudenza comprende le condizioni sociali e di salute, l'età, le consuetudini ed il sistema di vita dipendenti dal matrimonio, il contesto sociale ed ambientale in cui si vive, in quanto idonei ad influenzare le capacità economiche e di guadagno dei coniugi) è sostituito da quello più specifico di "condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio" (concetto che, si osserva, sembra comprendere anche l'aspetto reddituale, che rimane invece oggetto di autonoma valutazione da parte della p.d.l.);
  • sono confermati gli elementi già considerati dall'attuale comma 6 dell'art. 5 della legge 898/1970; la durata del matrimonio è tuttavia indicata nella proposta di legge come elemento valutativo autonomo;
  • sono, poi, aggiunti ulteriori elementi di valutazione:

- l'impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili;

- la ridotta capacità di reddito dovuta a ragioni oggettive;

- la mancanza di una adeguata formazione professionale quale conseguenza dell'adempimento di doveri coniugali.

Si tratta sostanzialmente di un rafforzamento, mediante il riconoscimento con legge, di specifici elementi di valutazione già operanti in sede giurisprudenziale.

Assegno temporaneoUn ulteriore nuovo comma introduce un'altra innovazione all'attuale disciplina prevedendo che, ove la ridotta capacità di produrre reddito da parte del coniuge richiedente sia momentanea ("dovuta a ragioni contingenti o superabili"), il tribunale può attribuire l'assegno solo per un determinato periodo.

No all'assegno di divorzioL'unico caso contemplato dalla proposta in esame in cui il tribunale può negare l'assegno di  divorzio riguarda il caso di matrimonio cessato o sciolto per violazione degli obblighi coniugali da parte del richiedente (nuovo nono comma).

Si dovrebbe trattare quindi dei doveri dei coniugi previsti dall'art. 143 c.c. la cui violazione può comportare addebito nella separazione (obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione, a contribuire ai bisogni della famiglia, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo).

Occorrerebbe chiarire se, in base alla formulazione del nuovo nono comma, venga aggiunta all'art. 3 della legge 898/1970 una autonoma ipotesi  di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio "con addebito"; in alternativa, occorrerebbe precisare che l'assegno deve essere negato solo qualora al richiedente sia già stata addebitata la separazione per violazione dei doveri coniugali. 

Estensione alle unioni civili della nuova disciplinaL'art. 1, comma 3, della proposta conferma l'applicazione delle nuove disposizioni dell'art. 5 della legge sull'assegno di divorzio anche agli scioglimenti delle unioni civili, già previsto dall'art. 1, comma 25, della legge 76 del 2016.

Le modifiche a tale ultima disposizione, previste dall'art. 1, comma 4, della p.d.l. hanno, infine, natura di coordinamento con la illustrata novella dell'art. 5 della legge sul divorzio.


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge reca la sola relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

La proposta modifica disposizioni di rango primario. Si giustifica, pertanto, l'impiego dello strumento legislativo.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge interviene sulla materia "ordinamento civile", di esclusiva competenza legislativa statale in base all'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.