Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale - A.C. 4220- Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4220/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 546
Data: 15/03/2017
Descrittori:
DIRITTO PENALE   LEGGE DELEGA
REATI   TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale

A.C. 4220

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 546

 

 

 

15 marzo 2017

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: gi0577.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Introduzione                                                                                                     3

§  La delega al Governo (art. 1, comma 1)                                                          5

§  Le definizioni di bene culturale e di bene paesaggistico (art. 1, comma 2)     7

§  I principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega  (art. 1, comma 3)        10

§  Il procedimento per l’esercizio della delega  (art. 2, commi 1-2)                    24

§  La clausola di invarianza finanziaria (art. 2, comma 3)                                  25

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

Il disegno di legge A.C. 4220 contiene una delega al Governo per la riforma delle disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, disposizioni attualmente contenute nel codice penale e nel Codice dei beni culturali.

 

Il tentativo di riorganizzare il quadro sanzionatorio penale a tutela del nostro patrimonio culturale risale ormai a due legislature fa, quando fu avviato l’esame alla Camera del disegno di legge A.C. 2806; nella scorsa legislatura il disegno di legge del Governo A.S. 3016 fu invece presentato al Senato. In entrambi i casi il progetto riformatore non ha superato la fase dell’esame da parte delle commissioni parlamentari in sede referente.

La relazione illustrativa del disegno di legge sottolinea che «l'esigenza di un intervento normativo organico e sistematico nella materia è resa indefettibile non solo dalle rilevanti criticità emerse nella prassi applicativa in riferimento alle disposizioni legislative vigenti, ma anche – e soprattutto – dalla circostanza che le previsioni normative in materia di repressione dei reati contro il patrimonio culturale…risultano attualmente inadeguate rispetto al sistema di valori delineato dalla Carta fondamentale. La Costituzione, infatti, in base al chiaro disposto degli articoli 9 e 42, richiede che alla tutela penale del patrimonio culturale sia assegnato un rilievo preminente e differenziato nell'ambito dell'ordinamento giuridico e colloca con tutta evidenza la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione a un livello superiore rispetto alla mera difesa del diritto all'integrità del patrimonio individuale dei consociati».

 

Il disegno di legge all’esame della Commissione Giustizia riprende in parte i provvedimenti delle scorse legislature e, secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa,  si caratterizza per i seguenti aspetti:

-             favorire la coerenza sistematica del quadro sanzionatorio penale, attualmente ripartito tra codice penale e codice dei beni culturali;

-             assicurare l’omogeneità terminologica di tutte le disposizioni incriminatrici, riconducendole al concetto di reati contro il patrimonio culturale;

-             introdurre nuove fattispecie di reato;

-             innalzare le pene edittali vigenti, così da attuare pienamente il disposto costituzionale in forza del quale il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela differenziata e preminente rispetto a quella offerta alla tutela della proprietà privata;

-             introdurre aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali.

 


La delega al Governo
(art. 1, comma 1)

 

L’articolo 1, comma 1, del disegno di legge, delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 del Codice dei beni culturali (d.lgs. n. 42/2004), il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.

Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.

Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all'art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.

 

A tal fine, il Governo è autorizzato ad apportare modifiche e integrazioni ai seguenti gruppi di disposizioni, che circoscrivono il perimetro della riforma:

 

§   codice penale;

 

Si ricorda che nel codice penale non sono numerose le disposizioni che possono essere specificamente ricondotte alla tutela dei beni culturali. Esse hanno:

natura delittuosa. E’ il caso dei delitti di danneggiamento (art. 635), deturpamento e imbrattamento di cose di interesse storico o artistico (art. 639) nei quali la qualità della cosa offesa del reato comporta l’applicazione di una specifica aggravante;

natura contravvenzionale. E’ il caso del reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico, di cui all’art. 733, e del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, di cui all’art. 734.

 

§   codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare, la delega circoscrive la riforma alla parte IV, titolo II (sanzioni penali), capi I e II (artt. 169-181) del d.lgs. n. 42 del 2004;

 

La disciplina sanzionatoria richiamata ricalca sostanzialmente il sistema delineato dal previgente testo unico dei beni culturali n. 490 del 1999, e individua:

reati a tutela dei beni culturali (articoli da 169 a 172). Sono volti a tutelare i beni culturali elencati nell’articolo 10 del codice, che contiene, al comma 1, una definizione generale di «bene culturale» («sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico») e ulteriori «elenchi» di specifici beni culturali ai commi successivi. Si tratta di contravvenzioni relative alla realizzazione di opere illecite su beni culturali (art. 169), all’uso illecito dei beni culturali (art. 170), alla collocazione e rimozione illecita degli stessi beni (art. 171) e all’inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta (art. 172);

reati di tutela del patrimonio culturale nazionale (articoli da 173 a 176). Si tratta di una serie di disposizioni, di natura tanto delittuosa quanto contravvenzionale, che mirano a impedire il depauperamento del patrimonio nazionale. In particolare, quanto ai delitti, il Codice prevede la violazione delle norme in materia di alienazione ed esportazione delle opere culturali (artt. 173 e 174), l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (art. 176); quanto alle contravvenzioni, la violazione delle disposizioni in materia di ricerche archeologiche (art. 175);

reati a tutela della genuinità dell’opera d’arte. Si tratta della fattispecie prevista dall’art. 178 del Codice, che punisce a titolo di delitto la contraffazione di opere d’arte.

Infine, il Codice contiene anche una disposizione (art. 181) a tutela dei beni paesaggistici, che punisce chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici.

 

§   TU edilizia, D.P.R. n. 380 del 2001. La riforma del TU edilizia è limitata alla necessaria armonizzazione delle definizioni di bene culturale o paesaggistico, e alle fattispecie penali previste dall’art. 44, comma 1, lett. c) del TU

 

L’art. 44, comma 1, lett. c), prevede infatti l'arresto fino a 2 anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290 euro per il reato di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

 


 

Le definizioni di bene culturale e di bene paesaggistico
(art. 1, comma 2)

 

Il comma 2 dell’articolo 1 stabilisce quali sono le definizioni di bene culturale e di bene paesaggistico da applicare ai fini penali.

 

In particolare, in base alla lettera a), per «beni culturali» si intendono le cose e i beni sottoposti a tutela ai sensi e per gli effetti delle disposizioni della parte II del Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004)

 

Le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del d.lgs. 42/2004 hanno ad oggetto i beni culturali.

 

L'art. 10, co. 2, del Codice considera beni culturali, ex lege, qualora appartenenti a soggetti pubblici (cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico):

a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi;

b) gli archivi e i singoli documenti;

c) le raccolte librarie delle biblioteche (escluse le raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche popolari, delle biblioteche del contadino nelle zone di riforma, dei centri bibliotecari di educazione permanente, indicati all'art. 47, co. 2, D.P.R. 616/1977)[1].

 

Ai sensi del co. 1 del medesimo art. 10, sono, altresì, beni culturali le cose (immobili e mobili) appartenenti ai medesimi soggetti pubblici indicati al co. 2, nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico: si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12.

 

L'art. 10, co. 3, individua, a sua volta, altri beni, i quali, a chiunque appartenenti, sono considerati beni culturali quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale di cui agli artt. 13 ss. Si tratta, in particolare, di:

a) cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante;

b) archivi e singoli documenti che rivestono interesse storico particolarmente importante;

c) raccolte librarie di eccezionale interesse culturale;

d) cose immobili e mobili che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;

e) collezioni o serie di oggetti che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse.

In particolare, ai sensi dell’art. 10, co. 4, possono essere riconosciuti quali beni culturali, nell’ambito delle cose indicate al co. 1 e al co. 3, lett. a):

a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;

b) le cose di interesse numismatico che, in rapporto all'epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio;

c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;

d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;

e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche e i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;

f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;

g) le pubbliche piazze, le vie, le strade e gli altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;

h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;

i) le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;

j) le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale.

 

Le cose indicate all'art. 10, co. 1, del Codice, opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, sono sottoposte alle disposizioni di tutela – e per esse, quindi, vige la presunzione di interesse culturale – fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.

Per completezza si ricorda che non sono soggette alle disposizioni di tutela le cose indicate all'art. 10, co. 1, opera di autore vivente o la cui esecuzione risalga, se mobili, a meno di 50 anni o, se immobili, a meno di 70 anni, nonché le cose indicate al co. 3, lett. a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di cinquanta anni (art. 10, co. 5, come modificato dall'art. 4, co. 16, lett. a), del D.L. 70/2011 – L. 106/2011).

L’art. 4, comma 16, del D.L. 70/2011 è stato poi abrogato. Al riguardo, appare utile ricordare che, con parere del 3 agosto 2016, l’Ufficio legislativo del Mibact ha evidenziato che l’abrogazione dell’art. 4, co. 16, del D.L. 70/2011, operata dall’art. 217, co. 1, lett. v), del d.lgs. 50/2016, non determina la reviviscenza della disciplina recata dal testo dell’art. 10, co. 5, del d.lgs. 42/2004 previgente alle modifiche apportate dallo stesso art. 4, co. 16).

Ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. 42/2012 – come modificato, da ultimo, dall'art. 4, co. 16, lett. b), del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) – la verifica della sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (c.d. interesse culturale), richiesto ai fini della definizione di bene culturale, è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali.

In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.

 

In base all'art. 13 del d.lgs. 42/2004, la dichiarazione di interesse culturale accerta la sussistenza dell'interesse richiesto dall'art. 10, co. 3, ai fini della definizione dei "beni culturali", sottoponendo così il bene privato ai "vincoli" di tutela dettati dalla normativa. La dichiarazione dell'interesse culturale è adottata dal Ministero a conclusione di un procedimento avviato dal soprintendente (anche su motivata richiesta della regione o di ogni altro ente territoriale interessato) (art. 14). La dichiarazione è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto (art. 15).

 

 

In base alla lettera b), per «beni paesaggistici» si intendono le aree e gli immobili di cui all’art. 134 del Codice dei beni culturali, che individua i seguenti beni:

·     gli immobili e le aree individuati dall’art. 136 e che sono dichiarati (in seguito ad apposito procedimento) di “notevole interesse pubblico” o sono sottoposti a tutela da un piano paesaggistico regionale. L’art. 136 elenca i seguenti beni: cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; ville, giardini e parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza; complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; bellezze panoramiche e punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze;

·     le aree che risultano essere tutelate per legge (cioè indipendentemente da una dichiarazione di interesse pubblico) e che l’art. 142 individua in maniera precisa in un lungo elenco che può essere riassunto, in linea di massima: nei territori costieri o contermini ai laghi, nei corsi d’acqua, nelle zone alte di montagna, ghiacciai; parchi e riserve nazionali o regionali; foreste e boschi; zone umide; vulcani e zone di interesse archeologico.

 


 

I principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega
(art. 1, comma 3)

 

Il comma 3 individua 19 principi e criteri direttivi (lettere da a) a u)) che dovranno orientare il Governo nell’esercizio della delega.

 

a) prevedere i delitti di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici, delineandone i contorni penali e processuali penali

In  base alla lettera a) il Governo dovrà qualificare le condotte di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici come autonome fattispecie di reato, di natura delittuosa. In sostanza, l’attuale disciplina prevista dagli articoli 635, 639, 733 e 734 del codice penale dovrà essere rivista per inasprire la repressione dei reati, considerando tutte le condotte come delitto e trasformando le attuali aggravanti in autonomi illeciti penali. Contestualmente, il Governo dovrà abrogare le aggravanti degli articoli 635 e 639 c.p. nonché le contravvenzioni degli artt. 733 e 734 c.p.

 

Si ricorda che attualmente l’art. 635 c.p. considera come circostanza aggravante il danneggiamento di cose di interesse storico o artistico ovunque ubicate rispetto al reato base di danneggiamento (distruzione, dispersione, deterioramento di cose mobili o immobili altrui). Mentre il reato base è punito a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro, la presenza della citata circostanza aggravante comporta attualmente la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la procedibilità d'ufficio. Inoltre, in caso di reato aggravato, la sospensione condizionale della pena è subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Analogamente, l’art. 639 c.p. delinea il delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui e qualifica come aggravato il fatto commesso su cose di interesse storico o artistico (reclusione da 3 mesi a un anno e multa da 1.000 a 3.000 euro; in caso di recidiva reclusione da 3 mesi a 2 anni e multa fino a 10.000 euro). In queste ipotesi aggravate il delitto è procedibile d’ufficio e il giudice può disporre l'obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi ovvero, qualora ciò non sia possibile, l'obbligo a sostenerne le relative spese o a rimborsare quelle a tal fine sostenute, ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate nella sentenza di condanna.

L’art. 733 c.p. punisce a titolo di contravvenzione chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio. La pena, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale è l'arresto fino ad un anno o l'ammenda non inferiore a 2.065 euro. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata.

L’art. 734 c.p. punisce a titolo di contravvenzione la distruzione o il deturpamento di bellezze naturali, commessi mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo. Deve trattarsi di luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità e la pena è l'ammenda da 1.032 a 6.197 euro.

 

Per ciascuno di tali delitti il Governo dovrà prevedere:

§   la pena della reclusione non inferiore a un anno e non superiore a 5 anni; si valuti se: la disposizione di delega sia diretta a stabilire la medesima pena per i diversi delitti, fissando il minimo e il massimo di pena; oppure consenta la differenziazione della pena per ciascun reato, senza indicare alcun limite nella determinazione del minimo e del massimo della pena edittale;

§   ipotesi colpose, con una pena ridotta in misura non superiore alla metà; la relazione illustrativa del disegno di legge evidenzia che si tratta del primo caso di fattispecie colposa di delitto contro il patrimonio e che tale scelta è da ricondurre alla preminenza che la Costituzione riconosce al patrimonio culturale;

§   la procedibilità d’ufficio;

§   la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

 

Il Governo è delegato anche a coordinare i delitti contro i beni culturali e paesaggistici di nuova introduzione con:

 

§  i reati previsti dagli articoli 169 e 170 del Codice dei beni culturali;

 

L’art. 169 del codice (Opere illecite) punisce con l'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da 775 a 38.734 euro:

a) chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura o esegue opere di qualunque genere sui beni di cui all'articolo 10;

b) chiunque, senza autorizzazione, procede al distacco di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni, tabernacoli e altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, e anche se non vi sia stata la dichiarazione di interesse culturale, prevista dall'articolo 13;

c) chiunque esegue lavori di assoluta urgenza, volti a impedire danni notevoli ai beni, senza dare immediata comunicazione alla Soprintendenza ovvero senza inviare i progetti dei lavori definitivi per l'autorizzazione;

d) chiunque non osserva l'ordine di sospensione lavori impartito dal soprintendente.

 

L'art. 170 (Uso illecito) punisce «chiunque destina i beni culturali ad uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità». La contravvenzione è punita con l’arresto da sei mesi ad un anno e l’ammenda da 775 a 38.774 euro. In questa ipotesi (uso illecito), quindi, oggetto del disvalore della disposizione non è l'alterazione del bene nella sua materialità, quanto la distorsione dell'uso del bene dalla sua finalità tipica, distorsione che può (anche) comportare conseguenze pregiudizievoli sul piano della integrità materiale del bene medesimo. Occorre osservare, peraltro, come in relazione alla indeterminatezza della disposizione in esame sono stati da tempo sollevati dubbi di legittimità costituzionale per possibile violazione del principio di tassatività.

 

§  i delitti di inquinamento ambientale, di disastro ambientale aggravati, per inquinamento prodotto in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, previsti dal Titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente) del codice penale.

 

Si ricorda che l'articolo 1 della legge n. 68 del 2015 ha introdotto nel libro secondo del codice penale il nuovo Titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente), con il quale si prevedono sei nuovi delitti:

- inquinamento ambientale;

- disastro ambientale;

- traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività;

- impedimento del controllo

- omessa bonifica;

- ispezione di fondali marini.

In particolare, il nuovo articolo 452-bis del codice penale punisce l'inquinamento ambientale sanzionando con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento "significativi e misurabili" dello stato preesistente "delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo e del sottosuolo" (n. 1) o "di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna" (n. 2).

Il secondo comma prevede un'ipotesi aggravata (aumento di pena fino a un terzo), quando il delitto sia commesso in un'area naturale protetta o sottoposta a specifici vincoli, ovvero un danno di specie animali o vegetali protette.

L'articolo 452-quater è relativo alla fattispecie di disastro ambientale, punito con la pena della reclusione da 5 a 15 anni. Il delitto è definito, alternativamente, come:

- un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;

- un'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

- l'offesa all'incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo.

Anche il disastro ambientale è aggravato se commesso in un'area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

 

Tanto il delitto di inquinamento ambientale quanto quello di disastro ambientale possono essere commessi per colpa. In tali casi, le pene per i reati-base sono diminuite – art. 452-quinquies - fino ad un massimo di due terzi (primo comma). Una ulteriore diminuzione di un terzo della pena è prevista per il delitto colposo di pericolo ovverosia quando dai comportamenti di cui agli artt. 452-bis e 452-quater derivi il pericolo di inquinamento ambientale e disastro ambientale.

 

b) prevedere il delitto di furto di bene culturale

Attualmente, infatti, l’ordinamento penale non prevede una specifica fattispecie penale né un’aggravante.

 

Quando il bene culturale appartiene a un privato si applica la disciplina generale del codice penale e dunque l’art. 624 c.p. (Furto), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 154 a 516 euro chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri. Si applicano anche, se ricorrono, le aggravanti previste dal codice penale (art. 625 c.p.) anche per il furto in abitazione (art. 624-bis), nonché le attenuanti (art. 625-bis).

Quando il bene culturale appartiene non a privati ma allo Stato, si applica l’art. 176 del Codice dei beni culturali, che punisce con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 31 a 516 euro, l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato. È prevista una aggravante speciale (reclusione da uno a sei anni e multa da 103 a 1.033 euro) se il fatto è commesso da chi abbia ottenuto concessione di ricerca.

 

Per questo nuovo delitto dovrà essere prevista una pena base significativamente più elevata rispetto a quella prevista per il furto: reclusione da 2 a 8 anni.

In presenza di circostanze aggravanti, quali quelle già individuate dal codice penale, reclusione da 4 a 12 anni. Il disegno di legge richiama le circostanze aggravanti comuni, previste dell’art. 61 c.p. e le specifiche aggravanti del delitto di furto previste dall’art. 625 c.p.

 

c) prevedere l’aggravante del delitto di devastazione e saccheggio, quando la condotta riguarda beni culturali

La lettera c) delega il Governo a intervenire sul delitto di devastazione e saccheggio, previsto dall’art. 419 del codice penale, per introdurre un’ipotesi aggravata quando il fatto è commesso su beni culturali o istituti e luoghi della cultura.

 

 

 

L’art. 419 del codice penale punisce con la reclusione da 8 a 15 anni chiunque commette fatti di devastazione o di saccheggio senza con questo intendere attentare alla sicurezza dello Stato (fattispecie di devastazione, saccheggio e strage di cui all’art. 285 c.p.). La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito.

Quanto ai luoghi della cultura, si ricorda che ai sensi dell’art. 101 del d.lgs. 42/2004 – come modificato dall'art. 2, co.1, lett. rrr), del d.lgs. 62/2008, sono istituti e luoghi della cultura i musei (struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio), le biblioteche (struttura permanente che raccoglie, cataloga e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio), gli archivi (struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva documenti originali di interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca), le aree e i parchi archeologici (rispettivamente, sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica e ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all'aperto), i complessi monumentali (insieme formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse, che con il tempo hanno acquisito, come insieme, una autonoma rilevanza artistica, storica o etnoantropologica).

Gli istituti ed i luoghi della cultura che appartengono a soggetti pubblici sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico.

Le strutture espositive e di consultazione nonché i luoghi della cultura che appartengono a soggetti privati e sono aperti al pubblico espletano un servizio privato di utilità sociale.

 

Quando il delitto abbia ad oggetto i beni culturali e i luoghi di cultura, dunque, il Governo dovrà prevedere l’aumento della pena (della reclusione da 8 a 15 anni) in misura non inferiore a un terzo e non superiore alla metà.

 

d) prevedere l’aggravante del delitto di ricettazione, quando la condotta ha ad oggetto beni culturali

Il governo dovrà prevedere un aumento di pena in misura non superiore alla metà quando il delitto di ricettazione, di cui all’art. 648 c.p., abbia ad oggetto beni culturali.

 

Si ricorda che l’art. 648 c.p. punisce a titolo di ricettazione con la reclusione da 2 a 8 anni e con la multa da 516 a 10.329 euro chi, fuori dei casi di concorso nel reato, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, ovvero di furto aggravato. Se invece il fatto è di particolare tenuità, la pena è della reclusione sino a 6 anni e della multa sino a 516 euro.

 

e) prevedere il delitto di illecita detenzione di un bene culturale

Il Governo dovrà introdurre una nuova fattispecie penale per punire l’illecita detenzione di un bene culturale.

Il delitto, che troverà applicazione quando il fatto non integri gli estremi della più grave ricettazione, consiste nel fatto di detenere un bene culturale conoscendone la provenienza illecita, e dovrà essere punito con la pena della reclusione non superiore, nel massimo, a 8 anni e della multa non superiore, nel massimo, a 20.000 euro.

 

f) innalzare le pene per il delitto di alienazione beni culturali

Il Governo dovrà intervenire sul delitto di alienazione di beni culturali, previsto dall’art. 173 del Codice dei beni culturali, per innalzarne le pene.

La delega non prevede la riforma della fattispecie penale, ma solo un intervento sulla sanzione penale.

 

L'articolo 173 del Codice dei beni culturali, d. lgs.n. 42 del 2004, punisce con la reclusione fino a un anno e con la multa da 1.549,50 a 77.469 euro le violazioni delle disposizioni esistenti in materia di alienazione. Nello specifico, commette il reato:

a) chiunque aliena beni culturali senza autorizzazione (ivi compresi beni ecclesiastici);

b) chiunque, essendovi tenuto, non presenta la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali;

c) l'alienante di un bene culturale che consegna la cosa soggetta a prelazione, in pendenza del termine previsto per l'esercizio del relativo diritto.

 

La pena dovrà essere così rivista:

 

Normativa vigente

AC. 4220

Violazioni in materia di alienazione di beni culturali (art. 173)

Reclusione fino a un anno e multa da 1.549,50 a 77.469 euro

Reclusione fino a 2 anni e multa non superiore a 80.000 euro

 

g) prevedere l’aggravante del delitto di esportazione illecita, quando il bene culturale ha un valore rilevante

 

La lettera g) delega il Governo a intervenire sul delitto di uscita o esportazione illecite di beni culturali, previsto dall’art. 174 del Codice dei beni culturali, per innalzare la pena quando il delitto abbia ad oggetto beni culturali di rilevante valore.

 

L'articolo 174 punisce l'illecita uscita o esportazione (trasferimento all'estero) di beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, ovvero il mancato rientro dei beni di cui sia stata autorizzata l'uscita, alla scadenza del termine previsto. Si tratta, nel caso di specie, di delitto, punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni o con la multa da 258 a 5.165 euro.

Oltre ai beni culturali espressamente richiamati, il delitto ricorre anche nei casi in cui la condotta illecita riguardi i beni di cui all'articolo 11 del codice, lettere f) (fotografie esemplari di opere cinematografiche e simili), lettera g) (mezzi di trasporto aventi più di 75 anni), lettera h) (beni e strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica). È prevista la confisca delle cose, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato. Nel caso in cui il reato sia commesso da «chi esercita attività di vendita al pubblico o di esposizione a fine di commercio di oggetti culturali, è prevista la pena accessoria dell'interdizione da una professione o da un'arte, ex articolo 30 c.p.».

 

Il Governo dovrà sanzionare l’illecito penale con la pena della reclusione non inferiore a 2 anni e non superiore a 5 anni, quando i beni culturali trasferiti all’estero abbiano «rilevante valore».

Trattandosi dell’applicazione di una norma penale, si valuti se occorra delegare il Governo anche a definire i parametri per l’applicazione dell’aggravante circoscrivendo il concetto di rilevante valore.

 

 

h) prevedere la reato di possesso ingiustificato di strumenti per compiere ricerche archeologiche

In base alla lettera g) il Governo dovrà introdurre una nuova contravvenzione, a carico di chiunque sia ingiustificatamente colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in aree di interesse archeologico.

 

Si ricorda che attualmente l’articolo 175 del Codice dei beni culturali (Violazioni in materia di ricerche archeologiche) punisce con l'arresto fino a un anno e l'ammenda da 310 a 3.099 euro:

a) chiunque esegue ricerche archeologiche ovvero opere per il ritrovamento di beni culturali senza concessione o non osserva le prescrizioni imposte;

b) ovvero ancora chi non denuncia nel termine prescritto le cose rinvenute fortuitamente ovvero non provvede alla loro custodia temporanea. Il reato di omessa denuncia ha carattere omissivo permanente (Cassazione penale, sezione III, 17 giugno 1997 n. 5732). Sempre per la Cassazione (sezione III, 5 ottobre 1994 n. 10401) devono considerarsi ritrovamenti per ricerca solo quelli su concessione espressamente finalizzata al ritrovamento di cose di interesse archeologico, mentre devono considerarsi rinvenimenti fortuiti tutti quelli che avvengono fuori di un programma di scavi archeologici.

 

Il possesso ingiustificato degli attrezzi dovrà realizzarsi all’interno dei seguenti luoghi:

·        siti oggetto di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante (art. 10, comma 3, e art. 13 del Codice);

·        aree e parchi archeologici (art. 101, comma 2, lettere d) ed e), del Codice);

·        zone di interesse archeologico (art. 142, comma 1, lettera m), del Codice);

·        aree sottoposte a verifica preventiva dell'interesse archeologico (art. 28, comma 4, del Codice e art. 25 del d. lgs. n. 50 del 2016[2];

La pena per il reato viene individuata nell’arresto non superiore nel massimo a due anni.

 

i) inasprire le pene per il reato di contraffazione di opere d’arte

Il Governo è delegato a rivedere la disciplina sanzionatoria del delitto di contraffazione di opere d’arte, previsto dall’art. 178 del Codice.

 

L'articolo 178 prevede la pena della reclusione da tre mesi a 4 anni e la multa da 103 a 3.099 euro (con aggravante se il reato è commesso da chi esercita attività commerciale e interdizione dalla professione) per la contraffazione di opere d’arte.

Il reato è commesso da chiunque:

a) al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un'opera di pittura, scultura o grafica, ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;

b) anche senza aver concorso nei casi precedenti, pone in commercio o detiene per il commercio, o introduce nello Stato o comunque pone in circolazione come autentiche, le cose sub a);

c) autentica le cose sub a), conoscendone la falsità;

d) ovvero, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette, ovvero mediante altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare come autentiche le cose sub a), conoscendone la falsità.

Alla sentenza di condanna consegue la confisca delle cose di cui alla lett. a) e la pubblicazione della sentenza su tre quotidiani.

Secondo la giurisprudenza, si tratta di un reato plurioffensivo, in quanto lesivo del mercato delle opere d'arte, del patrimonio artistico e della pubblica fede (Cassazione penale, sezione III, 31 marzo 2000 n. 4084). La giurisprudenza ha, altresì, chiarito che e per la configurazione del reato in questione è necessario un particolare valore della cosa contraffatta (Cassazione penale, sezione V, 20 aprile 1983 n. 3293).

 

Rispetto alla disciplina vigente, il Governo dovrà:

·        innalzare la pena prevedendo la reclusione non inferiore a un anno e non superiore a 6 anni e la multa non superiore a 10.000 euro;

·        configurare come delitto anche la contraffazione di opere che non sono soggette alle disposizioni di tutela, in quanto realizzate da autore vivente o la cui esecuzione risalga, se mobili, a meno di 50 anni o, se immobili, a meno di 70 anni (art. 10, comma 5, del Codice);

·        prevedere per questo delitto la pena della reclusione non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni e della multa non superiore a 5.000 euro.

 

l) prevedere l’aggravante del delitto di riciclaggio, quando la condotta ha ad oggetto un bene culturale

Il Governo è delegato a introdurre una aggravante del delitto di riciclaggio, di cui all’art. 648-bis c.p., per inasprire la repressione del reato che abbia ad oggetto beni culturali.

 

Si ricorda che, in base all’art. 648-bis c.p., fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da 5.000 a 25.000 euro.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.

 

La pena per la fattispecie aggravata dovrà essere aumentata fino alla metà.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire se l’aggravante del delitto di riciclaggio abbia ad oggetto beni culturali quando tali beni hanno provenienza illecita ovvero quando la provenienza illecita riguarda il denaro utilizzato per acquistare beni culturali.

 

m) prevedere il delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali

La lettera m) delega il Governo a introdurre una autonoma fattispecie penale per reprimere il traffico organizzato di opere d’arte, con le seguenti caratteristiche:

·        reato comune (chiunque)

·        elemento soggettivo: dolo (al fine di conseguire un ingiusto profitto o vantaggio)

·        condotta: con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, trasferisce, aliena, scava clandestinamente e comunque gestisce illecitamente beni culturali

·        pena: reclusione non inferiore a 2 anni e non superiore a 6 anni;

·        PM competente: procura distrettuale.

In relazione a questo delitto il Governo dovrà consentire operazioni sottocopertura (v. infra, lett. q) e disciplinare la responsabilità delle persone giuridiche (v. infra, lett. r).

 

n) prevedere un’attenuante per la collaborazione alle indagini

In base alla lettera n), il Governo dovrà disciplinare, in relazione tanto ai reati di nuova introduzione, quanto a quelli preesistenti, un’attenuante per colui che collabori concretamente con le autorità, al fine di evitare conseguenze ulteriori dell'attività delittuosa:

·        nella ricostruzione del fatto,

·        nell’individuazione degli autori,

·        nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

Le pene potranno essere diminuite in misura non inferiore alla metà e non superiore a due terzi.

Il Governo dovrà inoltre coordinare le attenuanti di nuova introduzione con l’art. 177 del Codice dei beni culturali.

 

Il citato art. 177 del Codice stabilisce, per l’uscita o l’esportazione illecite e per l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (artt. 174 e 176 del Codice), una riduzione della pena da uno a due terzi qualora il colpevole fornisca una collaborazione decisiva o comunque di notevole rilevanza per il recupero dei beni illecitamente sottratti o trasferiti all'estero.

 

o) prevedere un’aggravante quando il fatto cagioni un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale o sia commesso nell’esercizio di un’attività professionale

In relazione ai reati aventi ad oggetto beni culturali o beni paesaggistici, il Governo dovrà introdurre aggravanti per l’ipotesi in cui i fatti:

·        cagionino un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale;

·        siano commessi nell’esercizio di un’attività professionale o commerciale. In questo caso l'applicazione dell’aggravante comporterà anche l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dalla professione (ex art. 30 c.p.).

 

Si ricorda che attualmente, in base all’art. 174 del Codice dei beni culturali, se l’esportazione illecita di beni culturali è commessa da chi esercita attività di vendita al pubblico o di esportazione a fine di commercio di oggetti di interesse culturale, alla sentenza di condanna consegue l’interdizione ai sensi dell’art. 30 c.p.

Analogamente, in base all’art. 178, tale pena accessoria si applica anche per il reato di contraffazione di opere d’arte quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività commerciale. In questo caso è già prevista anche un’aggravante.

 

p) prevedere che i beni mobili registrati sequestrati nell’ambito di operazioni di tutela dei beni culturali siano impiegati in attività di tutela dei medesimi beni

In base alla lettera p), il Governo dovrà consentire l’impiego, per le finalità di tutela dei beni culturali, delle imbarcazioni, degli aeromobili e dei veicoli che siano sequestrati nell’ambito delle operazioni di contrasto ai commerci illeciti di tali beni. Saranno le forze di polizia a dover richiedere l’affidamento in custodia dei beni sequestrati.

 

Già attualmente l’ordinamento contempla norme di questo tipo, pur consentendo una destinazione alle forze di polizia per la generica attività di repressione dei reati.

Si ricorda, ad esempio, l’art. 301-bis del TU in materia doganale (D.P.R. n. 43 del 1973), in base al quale i beni mobili compresi quelli iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria anticontrabbando, sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

Il Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011) prevede, all’art. 48, commi 12 e 12-bis, che i beni mobili, anche iscritti in pubblici registri, quando confiscati possono essere utilizzati dall'Agenzia per l'impiego in attività istituzionali ovvero destinati ad altri organi dello Stato, agli enti territoriali o ad associazioni di volontariato che operano nel sociale. Sono destinati in via prioritaria al Corpo nazionale dei vigili del fuoco autocarri, mezzi d'opera, macchine operatrici, carrelli elevatori e ogni altro mezzo per uso speciale, funzionali alle esigenze del soccorso pubblico.

 

q) applicare la disciplina delle attività sotto-copertura alle indagini sul delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali

Il Governo è delegato a estendere l’applicazione dell’art. 9 della legge n. 146 del 2006, norma quadro sulle indagini sotto-copertura, anche alle attività di contrasto e di repressione del delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali (che dovrà essere introdotto in base alla lettera m).

In particolare, si dovranno applicare le disposizioni sulla causa di non punibilità, sulla facoltà di omettere o ritardare gli atti di propria competenza, sull’acquisto simulato di beni e le relative attività di intermediazione; l’autorità giudiziaria, informata delle attività, potrà differire il sequestro fino alla conclusione delle indagini. In particolare, nelle operazioni sotto copertura potranno essere attivati e utilizzati siti nelle reti telematiche.

 

Si ricorda che l’art. 9 della legge n. 146 del 2006, di ratifica della Convenzione e dei Protocolli ONU contro il crimine organizzato transnazionale, detta una disciplina generale delle operazioni sotto copertura, che sono autorizzate esclusivamente in relazione ad un catalogo di delitti (dalla falsità in monete alla contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi; dalla estorsione al sequestro di persona; dall'usura al riciclaggio all’ impiego di denaro di provenienza illecita; nonché gravi altri reati previsti dal codice penale, dal T.U. immigrazione e dal T.U. stupefacenti; dalle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ai delitti con finalità di terrorismo e di eversione).

La normativa nazionale esclude la punibilità degli ufficiali e agenti delle forze di polizia che, nei limiti delle proprie competenze, nel corso di specifiche operazioni di polizia, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai suddetti delitti, «danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego o compiono attività prodromiche e strumentali».

L'esecuzione delle operazioni sotto copertura deve essere autorizzata e l’organo che dispone l'esecuzione delle operazioni deve darne preventiva comunicazione all'autorità giudiziaria competente per le indagini.

Nell’ambito di operazioni sotto copertura, gli agenti possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, compiere attività controllate di pagamento di riscatti, ritardare l’esecuzione di provvedimenti di sequestro o l’applicazione di misure cautelari, dandone tempestiva comunicazione al PM.

A tutela della riservatezza sulle operazioni e di coloro che le svolgono è prevista la reclusione da 2 a 6 anni per chiunque indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni.

 

r) prevedere la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando il delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali sia commesso a loro vantaggio

In base alla lettera r), il Governo è delegato a integrare il catalogo dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al D.Lgs. 231/2001, con l’inserimento del nuovo delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali.

Come noto, la disciplina di cui al D.Lgs. 231 concerne gli enti, società ed associazioni (anche prive di personalità giuridica) privati, nonché gli enti pubblici economici, i quali sono responsabili (sulla base della specifica normativa) sotto il profilo amministrativo, per i reati commessi da determinati soggetti nell'interesse o a vantaggio dell'ente (o società o associazione).

La sanzione pecuniaria a carico dell'ente "responsabile" del reato di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali dovrà essere stabilita in un numero di quote fino a 1.000 e dovranno essere previste anche sanzioni interdittive.

 

In base all’art. 9 del decreto legislativo n. 231 del 2001, le sanzioni interdittive sono:

a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;

e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

 

s) coordinare il nuovo quadro sanzionatorio penale con la normativa vigente

In base alla lettera s), il Governo dovrà coordinare le nuove fattispecie penali, le nuove aggravanti e le modifiche introdotte con la riforma, con il codice penale e il Codice dei beni culturali, operando le eventuali abrogazioni necessarie.

 

t) armonizzare le definizioni di beni culturali o paesaggistici, anche con riferimento ai reati edilizi

La lettera t) contiene l’unico principio e criterio direttivo che attiene a un seppur circoscritto intervento sul TU delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).

In base a questa lettera, infatti, il Governo dovrà:

·        armonizzare i riferimenti normativi ai beni culturali o paesaggistici, ovunque rilevanti nella legislazione vigente ai fini penali, con le definizioni di cui agli articoli 10 e 134 del Codice dei beni culturali.

In realtà, l’armonizzazione dovrà essere operata con le disposizioni consequenziali alle definizioni previste dall’art. 1, comma 2, del disegno di legge in esame.

·        estendere tale armonizzazione all’art. 44, comma 1, lettera c), del TU edilizia.

 

Si ricorda che l’art. 44, comma 1, lett. c) del TU prevede l'arresto fino a 2 anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290 euro per il reato di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

 

u) prevedere per i reati contro il patrimonio culturale la confisca penale obbligatoria

In base alla lettera u), il Governo dovrà disciplinare la confisca penale obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il profitto o il prezzo. La confisca dovrà scattare tanto a seguito tanto della condanna quanto a seguito del patteggiamento della pena per uno dei reati disciplinati dalla riforma.

Il legislatore delegato dovrà anche disciplinare la confisca per equivalente, quando non è possibile la confisca penale, cioè la confisca dei beni di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al predetto prezzo o profitto.

 


 

Il procedimento per l’esercizio della delega
(art. 2, commi 1-2)

 

In base all’articolo 2 del disegno di legge, nell’attuazione della delega conferita dall’art. 1 dovrà essere rispettato per ciascun decreto il seguente procedimento (comma 1):

·        proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti;

·        approvazione degli schemi di decreto legislativo da parte del Consiglio dei ministri;

·        trasmissione alle Camere per l'espressione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari;

·        30 giorni per l’espressione del parere parlamentare;

·        in assenza di parere i decreti possono essere comunque emanati.

 

Analoga procedura – e rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi – si applica ai decreti legislativi integrativi e correttivi. Per questi, in base al comma 2,  la delega resta aperta per 24 mesi (dalla data di entrata in vigore del decreto o di ciascuno dei decreti legislativi attuativi).

 


 

La clausola di invarianza finanziaria
(art. 2, comma 3)

 

Il comma 3 dell’articolo 2 reca la consueta clausola di invarianza finanziaria, disponendo che dall'attuazione della riforma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate dovranno provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 



[1]     Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica (art. 13, co. 2, Codice).

[2]     Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.