Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Norme di attuazione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000 - Atto del Governo 387 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 386 | ||
Data: | 03/03/2017 | ||
Organi della Camera: | II-Giustizia | ||
Altri riferimenti: |
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Servizio
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giustizia e cultura
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Dossier n. 454
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Atti del Governo n.
386
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Gi0568
INDICE
Schede di lettura
§ Introduzione................................................................................................... 3
La norma di delega........................................................................................ 11
Il contenuto dello schema di
decreto legislativo.............................................. 15
§ Articolo
1 (Oggetto)..................................................................................... 15
§ Articolo
2 (Definizioni)............................................................................... 16
§ Articolo
3 (Richiesta
di assistenza nei procedimenti per l'applicazione di sanzioni amministrative).............................................................................. 17
§ Articolo
4 (Richiesta
di altro Stato Parte nei procedimenti per l'applicazione di sanzioni amministrative)......................................................................... 18
§ Articolo
5 (Richiesta
di assistenza per le notificazioni a mezzo posta)..... 19
§ Articolo
6 (Assistenza
all’autorità di uno Stato Parte per le notificazioni) 21
§ Articolo
7 (Modalità
di trasmissione della richiesta di assistenza).......... 22
§ Articolo
8 (Esecuzione
della richiesta di assistenza di uno Stato Parte per attività probatoria)...................................................................................... 24
§ Articolo
9 (Scambio
spontaneo di informazioni)........................................ 26
§ Articolo
10 (Richiesta di uno Stato Parte di restituzione all’avente diritto di beni
provenienti da reato)........................................................................... 28
§ Articolo
11 (Trasferimento temporaneo in territorio nazionale di persona detenuta)....................................................................................................... 30
§ Articolo
12 (Trasferimento temporaneo in uno Stato Parte di persona detenuta in
Italia)........................................................................................ 31
§ Articolo
13 (Audizione mediante videoconferenza
richiesta da uno Stato Parte)............................................................................................................ 33
§ Articolo
14 (Richiesta di audizione mediante
videoconferenza in uno Stato Parte)............................................................................................................ 35
§ Articolo
15 (Audizione dei testimoni e dei periti
mediante conferenza telefonica richiesta da uno Stato Parte)...................................................... 36
§ Articolo
16 (Ritardo o omissione degli atti di
sequestro, arresto e fermo e attività di indagine sotto copertura)........................................................... 37
§ Articolo
17 (Responsabilità penale e civile del
funzionario dello Stato Parte) 39
§ Articolo
18 (Squadre investigative comuni)................................................ 40
§ Articolo
19 (Esecuzione della richiesta di
assistenza tecnica mediante ordine all’operatore di rete)................................................................................... 42
§ Articolo
20 (Esecuzione della richiesta di
assistenza tecnica previo controllo del giudice)................................................................................................... 44
§ Articolo
21 (Intercettazione disposta ed eseguita
da uno Stato Parte nel territorio dello Stato)................................................................................... 45
§ Articolo
22 (Richiesta di assistenza a uno Stato
Parte per le operazioni di intercettazione)............................................................................................ 46
§ Articolo
23 (Notifica a uno Stato Parte delle
operazioni di intercettazione) 47
§ Articolo
24 (Protezione dei dati personali)................................................ 48
§ Articolo
25 (Clausola di invarianza finanziaria)....................................... 49
§ Articolo
26 (Entrata in vigore).................................................................... 50
L’Atto del Governo n. 387 introduce disposizioni per attuare nel nostro ordinamento la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea (c.d. Convenzione di Bruxelles del 2000), ratificata con la legge n. 149 del 2016.
Si tratta di una Convenzione volta a favorire lo scambio diretto di richieste di collaborazione in ambito giudiziario penale tra le diverse autorità dei Paesi membri dell’Unione.
La Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000 sull'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati UE risponde all'esigenza di "completare", quindi integrare e non sostituire, strumenti convenzionali preesistenti e appartenenti ad altri ambiti giuridici (Consiglio d'Europa, Schengen, ecc.), allo scopo di migliorare la collaborazione giudiziaria in materia penale attraverso un'assistenza giudiziaria rapida, efficace, compatibile con i principi fondamentali del diritto interno degli Stati membri e con i principi della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo del 1950.
La Convenzione individua l’ambito dell’attività comune e favorisce per quanto possibile lo scambio diretto di richieste tra le autorità giudiziarie dell’Unione. Costituisce uno strumento generale di cooperazione e, al contempo, disciplina nello specifico forme particolari di assistenza.
Il testo della Convenzione si compone di un preambolo e di trenta articoli, suddivisi in cinque titoli.
La prima parte, relativa al Titolo I, reca principalmente indicazioni per uniformare le procedure e le formalità con cui devono svolgersi le rogatorie; Nelle disposizioni generali di cui all'articolo 1 vengono innanzitutto definiti i rapporti della Convenzione in esame con altri strumenti concernenti l'assistenza giudiziaria in materia penale, in particolare la Convenzione del Consiglio di Europa del 20 aprile 1959 e il suo Protocollo aggiuntivo, firmato il 17 marzo 1978. È inoltre specificato che la Convenzione non pregiudica l'applicazione di disposizioni più favorevoli contenute in accordi bilaterali o multilaterali stipulati dagli Stati membri dell'Unione. Per quanto concerne l'acquis di Schengen, vengono modificate alcune disposizioni dell'Accordo concluso dal Consiglio dell'Unione Europea con Norvegia e Islanda, relativo all'eliminazione dei controlli delle persone alle frontiere comuni, e abrogati alcuni articoli della Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen del 19 giugno 1990 (articolo 2).
All'articolo 3 vengono individuati i procedimenti, in particolare quelli relativi alla materia penale, per i quali gli Stati contraenti si impegnano a prestarsi reciprocamente l'assistenza giudiziaria. Rispetto alla Convenzione europea del 1959, quella in esame ne amplia il campo di applicazione estendendo le ipotesi di assistenza giudiziaria anche ai procedimenti penali che sono di competenza di un'autorità amministrativa.
Le formalità e le procedure concernenti le richieste di assistenza giudiziaria sono oggetto di disciplina da parte dell'articolo 4: lo Stato membro cui viene richiesta l'assistenza è tenuto ad osservare le procedure indicate dallo Stato richiedente, sempre che queste siano conformi con i principi giuridici fondamentali vigenti al suo interno.
L'articolo 5 prevede il ricorso sistematico al servizio postale per l'invio e la consegna degli atti dei procedimento alle persone che si trovano nel territorio di un altro Stato membro, salvo alcune eccezioni per le quali l'invio può avvenire tramite le autorità competenti dello Stato richiesto e cioè: indirizzo sconosciuto o incerto del destinatario; necessità di una prova, diversa da quella fornita a mezzo posta, dell'effettuata consegna dell'atto; impossibilità di inviare l'atto per posta; l'invio a mezzo posta sia ritenuto, per fondati motivi, inefficace o inadeguato dallo Stato richiedente. Viene sancito anche l'obbligo di traduzione del testo dell'atto del procedimento nel caso in cui il destinatario non comprenda la lingua in cui esso è stato redatto, nonché quello di corredare tutti gli atti del procedimento con un avviso che specifichi che il destinatario può ottenere informazioni dalle autorità competenti dello Stato richiedente circa i propri diritti e gli obblighi derivanti dall'atto del procedimento.
In base a quanto disposto dall'articolo 6 le richieste di assistenza giudiziaria, da effettuarsi o registrarsi sempre per iscritto, non sono più trasmesse (o rinviate) attraverso i canali diplomatici e ministeriali, ma direttamente fra le autorità giudiziarie competenti per territorio, fatti salvi alcuni casi specifici. Per motivi di urgenza le richieste possono essere inoltrate anche mediante l'Interpol. Lo scambio diretto ai fini della trasmissione ed esecuzione delle rogatorie è previsto anche nei casi in cui l'autorità richiedente e quella richiesta non appartengano allo stesso ordine. È invece espressamente stabilito che debbano essere inviate tramite le autorità centrali degli Stati membri le richieste di trasferimento temporaneo o transito di persone detenute e le notifiche relative a condanne.
L'articolo 7 prevede che le autorità competenti degli Stati membri possano scambiarsi direttamente informazioni relative a reati, senza che sia stata presentata in precedenza una richiesta a tal fine;
Il Titolo II regolamenta le richieste relative a forme specifiche di assistenza giudiziaria (restituzione al legittimo proprietario, appartenente allo Stato richiedente, dei beni provento di reato; possibilità di trasferire temporaneamente un detenuto da uno Stato membro all'altro, ogni qualvolta la sua presenza sia necessaria per lo svolgimento dell'indagine; audizione di testimoni mediante videoconferenza o conferenza telefonica; squadre investigative comuni; indagini sulla criminalità attraverso agenti infiltrati o sotto falsa identità; responsabilità penale e civile in relazione ai reati subiti o commessi o ai danni causati da funzionari che agiscono nel caso di consegne sorvegliate, di squadre investigative comuni o di operazioni di infiltrazione).
Più in dettaglio, l'articolo 8 contempla la restituzione al legittimo proprietario, appartenente allo Stato richiedente, dei beni provento di reato che si trovano nel territorio dello Stato membro richiesto, fatti salvi in ogni caso i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
L'articolo 9 prevede la possibilità di trasferire temporaneamente un detenuto da uno Stato membro all'altro, sempre in stato di detenzione, ogni qualvolta la sua presenza sia necessaria per lo svolgimento dell'indagine, sulla base di un accordo tra le autorità competenti degli Stati membri interessati che specifichi le modalità del trasferimento del detenuto e il termine entro il quale questi deve rientrare nel territorio dello Stato richiedente. Viene infine espressamente stabilito che il periodo di detenzione trascorso presso lo Stato richiedente venga dedotto per il calcolo del fine pena.
Il ricorso all'audizione di testimoni, periti o degli stessi imputati è disciplinato dagli articoli 10 e 11. Nel primo è prevista l'audizione mediante videoconferenza, sempre che ciò non sia contrario ai principi fondamentali del diritto nazionale dello Stato richiesto e che questi abbia a disposizione gli strumenti tecnici necessari. All'audizione, condotta direttamente dall'autorità giudiziaria dello Stato membro richiedente, è presente anche un'autorità dello Stato membro richiesto. La persona da ascoltare, assistita se necessario da un interprete, può avvalersi della facoltà di non testimoniare prevista dal diritto nazionale dei due Stati membri interessati. Sempre a garanzia del corretto svolgimento dell'audizione, l'autorità giudiziaria dello Stato membro richiesto redige al termine un processo verbale, che viene poi trasmesso allo Stato membro richiedente. Le audizioni di imputati possono invece essere effettuate soltanto a determinate condizioni, concordate dagli Stati membri interessati, e previo consenso dell'imputato stesso. Anche per lo svolgimento dell'audizione mediante conferenza telefonica è necessario, ai sensi dell'articolo 11, il consenso del testimone o del perito; le modalità pratiche per effettuare l'audizione sono stabilite di comune accordo dagli stessi Stati interessati.
Nell'ambito di indagini penali relative a reati passibili di estradizione, l'articolo 12 prevede che possano effettuarsi, su richiesta di uno Stato membro, consegne sorvegliate secondo le disposizioni e le procedure vigenti nello Stato membro richiesto, che mantiene il diritto di iniziativa, la direzione e il controllo delle operazioni.
L'articolo 13 stabilisce che due o più Stati membri possano costituire una squadra investigativa comune per lo svolgimento di indagini di natura penale in uno o più degli Stati membri che compongono la squadra, in particolare nel caso di inchieste difficili e che esigono un'azione coordinata e concertata. In base alle modalità organizzative e operative descritte dall'articolo in esame, ciascuna squadra investigativa è costituita per uno scopo determinato e ha durata limitata nel tempo, che può essere prorogata con il consenso di tutti gli Stati interessati.
Secondo le disposizioni dell'articolo 14 è possibile che lo Stato membro richiedente e quello richiesto collaborino tra loro per svolgere indagini sulla criminalità avvalendosi di agenti infiltrati o sotto falsa identità. Le operazioni di infiltrazione vanno effettuate secondo il diritto e le procedure nazionali dello Stato membro nel cui territorio sono condotte.
Gli articoli 15 e 16 disciplinano rispettivamente la responsabilità penale e quella civile in relazione ai reati subiti o commessi o ai danni causati da funzionari che agiscono nel caso di consegne sorvegliate, di squadre investigative comuni o di operazioni di infiltrazione.
Il Titolo III (articoli dal 17 al 22) è interamente dedicato al tema dell'intercettazione delle telecomunicazioni (autorità competenti; contenuto della richiesta di intercettazione; ricorso a fornitori di servizi appositamente designati; costi). Dopo avere individuato l'autorità competente a ordinare l'intercettazione (articolo 17), le disposizioni successive di cui all'articolo 18 descrivono in modo dettagliato il contenuto della richiesta di intercettazione trasmessa dallo Stato membro richiedente. Derogando all'articolo 14 della Convenzione europea del 1959, l'articolo in esame stabilisce che le richieste devono includere, tra l'altro: la conferma dell'emissione di un ordine o di un provvedimento legittimo di intercettazione con riferimento ad un'indagine penale; informazioni per l'identificazione della persona sottoposta ad intercettazione; l'indicazione della condotta criminale soggetta all'indagine e la durata auspicata dell'intercettazione.
Per l'esecuzione delle attività di intercettazione, l'articolo 19 prevede la possibilità di ricorrere a specifici fornitori di servizi appositamente designati, senza coinvolgere direttamente lo Stato nel cui territorio è situata una stazione di ingresso.
L'articolo 20 detta specifiche disposizioni relative ai casi in cui le intercettazioni, autorizzate da uno Stato membro nel corso di indagini penali svolte per individuare gli autori di un illecito penale, siano condotte sul territorio di un altro Stato membro senza il diretto coinvolgimento a livello di assistenza tecnica di quest'ultimo.
Per quanto concerne gli oneri dei costi sostenuti dagli operatori delle telecomunicazioni o dai fornitori di servizi per le attività di intercettazione, l'articolo 21 dispone che questi siano a carico dello Stato membro richiedente.
L'articolo 22 stabilisce espressamente che nessuna disposizione in materia di intercettazione delle telecomunicazioni, di cui al Titolo III della Convenzione, pregiudica eventuali intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri, stipulate allo scopo di realizzare un migliore sfruttamento delle possibilità tecniche.
Il Titolo IV (art. 23) tratta il tema della protezione dei dati personali. È stabilito che i dati trasmessi sulla base della Convenzione in esame possano essere utilizzati dallo Stato membro a cui sono stati trasferiti esclusivamente ai fini dei procedimenti cui si applica la Convenzione o per altri procedimenti giudiziari e amministrativi direttamente connessi, nonché per la prevenzione di un pericolo grave e immediato per la sicurezza pubblica. Per finalità diverse, l'uso dei dati è soggetto a preventiva autorizzazione dello Stato che trasmette i dati, a meno che lo Stato che intenda utilizzarli abbia ottenuto il consenso della persona interessata. In ogni caso è sancito il principio per cui le disposizioni contenute nell'articolo in esame non si applicano ai dati personali ottenuti da uno Stato membro, ai sensi della Convenzione e originari dello Stato medesimo.
Il Titolo V (articoli dal 24 al 30) detta le disposizioni finali (autorità competenti; entrata in vigore della Convenzione; specificazione che le disposizioni contenute nella Convenzione non hanno effetto retroattivo e si applicano all'assistenza giudiziaria tra Stati membri avviata successivamente alla data di entrata in vigore della stessa). L'articolo 24 disciplina la natura e la portata delle dichiarazioni successive all'entrata in vigore della Convenzione con cui ciascuno Stato membro designa le autorità competenti ad applicare la Convenzione, in aggiunta a quelle già indicate per la Convenzione europea del 1959 e per il Trattato Benelux. Ai sensi dell'articolo 25 non sono ammesse ulteriori riserve a quelle espressamente previste nel testo della Convenzione. L'articolo 26 regolamenta l'applicazione territoriale della Convenzione nei confronti di Gibilterra e del Regno Unito.
Per l'entrata in vigore della Convenzione, l'articolo 27 prevede la notifica di almeno otto Stati membri al Segretario generale del Consiglio dell'Unione Europea, depositario della Convenzione ai sensi dell'articolo 30, dell'avvenuto espletamento delle procedure costituzionali per l'adozione dello strumento in esame. Le disposizioni contenute nella Convenzione non hanno effetto retroattivo e si applicano all'assistenza giudiziaria tra Stati membri avviata successivamente alla data di entrata in vigore della stessa.
Infine, gli articoli dal 28 al 30 concernono rispettivamente l'adesione di nuovi Stati membri, l'entrata in vigore nei confronti di Norvegia e Islanda e le funzioni del depositario.
Tale collaborazione è realizzata con uno strumento di diritto internazionale – la Convenzione appunto – in quanto prima del Trattato di Lisbona la disciplina dello "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" era oggetto del c.d. terzo pilastro, era cioè rimessa a decisioni intergovernative, estranee all'applicazione delle procedure legislative dell’Unione europea.
Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, (e la cd. "comunitarizzazione" del Terzo pilastro) l’articolo 9 del protocollo sulle disposizioni transitorie ha stabilito che gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione adottati in base al Trattato sull'Unione europea prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona fossero mantenuti fino alla loro abrogazione, modifica o annullamento in applicazione dei trattati. Tra tali atti deve essere ricompresa anche la Convezione in esame.
Come si rileva nella relazione illustrativa dello schema di decreto, con riguardo ai Paesi membri dell’Unione europea, le corrispondenti disposizioni della Convenzione sono destinate a essere sostituite dalla direttiva 2014/41/UE relativa all'ordine europeo di indagine penale (si veda art. 34 della direttiva).
In base all'art. 35 della citata direttiva è previsto, inoltre, che «le richieste di assistenza giudiziaria ricevute anteriormente al 22 maggio 2017 continuino ad essere disciplinate dagli strumenti esistenti relativi all'assistenza giudiziaria in materia penale».
Il recepimento nell’ordinamento nazionale della direttiva 2014/41/UE è previsto dalla legge n. 170 del 2016 (legge di delegazione europea) entro il 22 maggio 2017.
L’art. 1 della citata legge
170, analogamente a quanto previsto in precedenza per le leggi comunitarie
annuali, ha stabilito che il termine per
l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione
europea sia di due mesi antecedenti il
termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; nel caso della
direttiva 2014/41, detto termine viene, quindi, a cadere il 22 marzo 2017.
Lo schema di decreto legislativo di attuazione della indicata delega non risulta ancora presentato al Parlamento.
La direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale è volta a istituire un unico strumento denominato "ordine europeo d'indagine" (OEI) che garantisca l'acquisizione delle prove da uno Stato all'altro nell'ambito dei procedimenti penali transfrontalieri, al fine di superare la frammentarietà e la complessità dell'attuale quadro giuridico. Essa viene incontro all'esigenza di uniformità già espressa dal Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009, nel quale si ravvisava l'opportunità di istituire un sistema generale di acquisizione delle prove nei procedimenti aventi dimensione transfrontaliera, che fosse basato sul principio del reciproco riconoscimento, ma che tenesse conto anche della flessibilità del sistema tradizionale di assistenza giudiziaria.
Ai sensi dell'art. 1 della direttiva, l'ordine europeo d'indagine (OEI) è una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un'autorità competente di uno Stato membro ("Stato di emissione") per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro ("Stato di esecuzione") ai fini di acquisire prove. Esso può anche essere emesso per ottenere prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione. In base al principio del reciproco riconoscimento, gli Stati membri hanno l'obbligo di darvi esecuzione. L'emissione di un OEI può essere richiesta da una persona sottoposta a indagini o da un imputato, o da un avvocato che agisce per conto di questi ultimi, nel quadro dei diritti della difesa applicabili conformemente al diritto e alla procedura penale nazionale.
L'OEI deve essere emesso - secondo il modello allegato alla direttiva (allegato A) - da: un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero; oppure deve essere convalidato da questi ultimi, prima della trasmissione all'autorità di esecuzione, qualora sia stato disposto da un'altra autorità (art. 2). La sua emissione deve essere in relazione a un procedimento penale o nel quadro di procedimenti amministrativi aventi implicazioni penali (art. 4).
L'OEI ha una portata orizzontale e trova applicazione in tutti gli atti di indagine finalizzati all'acquisizione di prove. Tuttavia, l'istituzione di una squadra investigativa comune e l'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra richiedono disposizioni specifiche, che continueranno a essere regolate dagli strumenti esistenti (la Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, del 12 luglio 2000, e la decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio).
La direttiva stabilisce procedure e garanzie per lo Stato di emissione (capo II) e per lo Stato di esecuzione (capo III). L'autorità di emissione può emettere un OEI solamente quando ritiene soddisfatte le seguenti condizioni: l'emissione dell'OEI è necessaria e proporzionata ai fini del procedimento, tenendo conto dei diritti della persona sottoposta a indagini o imputata; l'atto o gli atti di indagine richiesti nell'OEI avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo (art. 6). L'OEI è trasmesso dall'autorità di emissione all'autorità di esecuzione con ogni mezzo che consenta di conservare una traccia scritta che permetta allo Stato di esecuzione di stabilirne l'autenticità (art. 7). L'autorità competente dello Stato di esecuzione che riceve un OEI trasmette una comunicazione di ricevuta, senza ritardo e comunque entro una settimana dalla ricezione, compilando e inviando il modulo allegato alla direttiva (allegato B). Il riconoscimento e l'esecuzione dell'OEI avvengono senza alcuna ulteriore formalità, adottando immediatamente tutte le misure necessarie, secondo le stesse modalità che sarebbero osservate qualora l'atto di indagine fosse stato disposto da un'autorità dello Stato di esecuzione (art. 9), salvo che quest'ultima adduca uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione indicati dall'art. 11. Il riconoscimento o l'esecuzione dell'OEI possono pertanto essere rifiutati qualora: il diritto dello Stato di esecuzione preveda immunità o privilegi che rendono impossibile l'esecuzione dell'OEI, o specifiche norme relative alla libertà di stampa; l'esecuzione leda interessi essenziali di sicurezza nazionale; l'esecuzione dell'OEI sia contraria al ne bis in idem; la condotta riguardo alla quale è stato emesso l'OEI non costituisca reato in base al diritto dello Stato di esecuzione, a meno che riguardi un reato elencato nelle categorie figuranti nell'allegato D, come i reati di terrorismo o la tratta di esseri umani, e questo sia punibile nello Stato di emissione con una pena o una misura di sicurezza detentiva della durata massima di almeno tre anni. Secondo una previsione posta a garanzia dello Stato di esecuzione, qualora l'atto di indagine richiesto nell'OEI non sia previsto dal diritto dello Stato di esecuzione, oppure non sia disponibile in un caso interno analogo, l'autorità di esecuzione dispone, ove possibile, un atto di indagine alternativo (art. 10).
Per quanto concerne i termini per il riconoscimento o l'esecuzione, la direttiva prescrive che la decisione abbia luogo con la stessa celerità e priorità usate in casi interni analoghi (art. 12). In particolare, tale decisione deve essere adottata il più rapidamente possibile e, in ogni caso, entro 30 giorni, eventualmente prorogabili per un massimo di 30 giorni, previa informativa all'autorità competente dello Stato di emissione. L'autorità di esecuzione deve compiere l'atto di indagine senza ritardo ed entro 90 giorni dall'adozione della decisione. L'autorità di esecuzione deve inoltre trasferire all'autorità di emissione, senza indebito ritardo, le prove acquisite o già in suo possesso; se richiesto nell'OEI e consentito dalla legislazione nazionale dello Stato di esecuzione, le prove sono trasferite immediatamente alle autorità competenti dello Stato di emissione che partecipano all'esecuzione dell'OEI (art. 13). Nella procedura volta ad acquisire la prova deve essere, in ogni caso, assicurata la riservatezza dell'indagine (art. 19) e il rispetto dei diritti fondamentali e dei princìpi sanciti dall'art. 6 del Trattato sull'Unione europea, compresi i diritti alla difesa delle persone sottoposte a procedimento penale. Lo Stato di esecuzione deve sostenere tutti i costi gravanti nel proprio territorio e connessi all'esecuzione di un OEI. Tuttavia, qualora ritenga che tali costi siano eccezionalmente elevati, l'autorità di esecuzione può consultare l'autorità di emissione sulla possibilità e le modalità di condivisione delle spese o di modifica dell'OEI (art. 21).
Sono previste disposizioni specifiche per determinati atti di indagine, che richiedano il trasferimento temporaneo nello Stato di emissione di persone detenute, l'audizione mediante videoconferenza o teleconferenza, l'acquisizione di informazioni relative a conti bancari o ad altre operazioni finanziarie, le consegne controllate o le operazioni di infiltrazione (artt. 22-29). Si precisa, infine, che è possibile ricorrere all'OEI anche per le operazioni di intercettazione di telecomunicazioni (artt. 30 e 31). In tal caso, l'OEI deve contenere: informazioni necessarie ai fini dell'identificazione della persona sottoposta all'intercettazione; la durata auspicata dell'intercettazione; sufficienti dati tecnici, in particolare gli elementi di identificazione dell'obiettivo, per assicurare che l'OEI possa essere eseguito. L'art. 36 fissa al 22 maggio 2017 il termine ultimo per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri.
L'intervento legislativo in esame si rende quindi necessario al fine di
dare applicazione alla Convenzione per tutte le richieste che potrebbero
pervenire fino al 22 maggio 2017.
La Convenzione continuerà
a trovare applicazione anche oltre quella data con riguardo alla cooperazione
con l'Islanda e la Norvegia, Paesi associati all'attuazione dell'acquis di Schengen e ai suoi sviluppi.
Lo schema di decreto legislativo Atto Governo n. 387 è trasmesso alle Camere in attuazione dell’articolo 3 della legge n. 149 del 2016.
Si tratta della legge che, oltre ad autorizzare la ratifica della Convenzione di Bruxelles, ha delegato il Governo ad adottare - entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima (5 agosto 2016) - uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla Convenzione, individuando numerosi principi e criteri direttivi.
In particolare, in base all’articolo 3, il Governo dovrà prevedere norme volte a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Stati parte della Convenzione e apportare le modifiche legislative necessarie a garantire una rapida ed efficace attuazione dell'assistenza giudiziaria prestata dall'Italia agli altri Stati, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
Nell’attuazione della delega il Governo è chiamato a:
Nell’attuare la delega su questi temi il Governo dovrà altresì tenere conto di ulteriori principi e criteri direttivi dettati dalla stessa legge n. 149 per la riforma del libro XI del codice di procedura penale.
Nell’articolo 4 della legge, infatti, è confluito il contenuto del disegno di legge governativo AC. 2813, recante delega al Governo per la riforma del Libro XI del codice di procedura penale.
In particolare, il provvedimento individua i principi e criteri direttivi per la riforma del libro XI del codice di rito, in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, precisando che nella riforma il Governo dovrà tenere distinti i rapporti con le autorità di Stati membri dell'Unione europea da quelli con le autorità di Stati diversi.
In relazione ai primi, infatti, la cooperazione giudiziaria in materia penale dovrà essere realizzata nel rispetto dei Trattati e degli atti normativi UE; solo in assenza di disposizioni specifiche, si potranno applicare le convenzioni internazionali e le norme di diritto internazionale generale e, in via residuale, le disposizioni del codice di procedura.
L’intervento in esame si inserisce in un quadro normativo sostanzialmente delineato dall’art. 696 c.p.p. - che stabilisce la prevalenza sul diritto interno delle convenzioni e del diritto internazionale generale – e dal titolo III (Rapporti giurisdizionali autorità straniere) del libro XI dello stesso codice di procedura penale (artt. 723-729), relativo alla disciplina delle rogatorie all’estero e dall’estero.
Nei rapporti con gli Stati non membri dell'Unione europea la cooperazione giudiziaria si dovrà svolgere nel rispetto delle convenzioni internazionali e del diritto internazionale e, in via residuale, nel rispetto di quanto disciplinato dal codice di procedura penale. In entrambi i casi è riconosciuto il potere del Ministro della giustizia di rifiutare la cooperazione se lo Stato richiedente assistenza non fornisce idonee garanzie di reciprocità.
Questa distinzione è ripresa anche dai principi relativi alla disciplina processuale dell'assistenza giudiziaria a fini di giustizia penale, delineando a seconda dei casi diversi poteri di intervento del Ministro della giustizia. La delega per la riforma dell'assistenza giudiziaria prevede inoltre principi e criteri direttivi in tema di:
· acquisizioni probatorie;
· risoluzione dei conflitti quando gli atti da compiere investano le competenze di distretti giudiziari diversi;
· presupposti per poter dar corso a richieste di assistenza giudiziaria;
· impiego della videoconferenza;
· squadre investigative comuni;
· trasferimento temporaneo di persone detenute a fini investigativi;
· estradizione;
· riconoscimento di sentenze penali straniere e mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei rapporti con Stati membri UE.
L’articolo 3, comma 2, delinea la procedura per l'emanazione dei decreti legislativi, che prevede:
§ la proposta dei Ministri della giustizia e degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
§ la trasmissione degli schemi dei decreti legislativi alle Camere per l’espressione – entro 30 giorni - del parere da parte delle commissioni parlamentari competenti (per materia e per i profili finanziari);
§ la possibilità per il Governo di adottare i decreti decorso tale termine, anche in assenza di parere;
§ la proroga di 60 giorni del termine per l’esercizio della delega se il termine per l'espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine finale per l'esercizio della delega o successivamente.
Il Governo ha trasmesso alle
Camere lo schema A.G. 387 il 3 febbraio 2017. In virtù della sopracitata
proroga, la delega da parte del
Governo deve essere esercitata entro il
6 aprile 2017, cioè nei 60 giorni successivi al 5 febbraio 2017, data di
scadenza originaria della delega.
Il parere parlamentare deve essere espresso entro il 5 marzo 2017.
L'articolo 1 definisce l'oggetto del provvedimento: la compiuta attuazione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000 (v. supra).
Dopo l’approvazione della
legge n. 149 del 2016, la Convenzione risulta ratificata da 25 dei 28 Stati
membri dell'Unione europea: manca ancora la ratifica da parte di Grecia,
Croazia e Irlanda. Cionondimeno, la Convenzione risulta in vigore nei
rapporti reciproci tra gli Stati che hanno provveduto al deposito dello
strumento di ratifica, con date che variano in funzione dei tempi del
deposito. L'Italia non ha ancora
effettuato il deposito.
Si segnala, altresì, che il 16 ottobre 2001 il Consiglio dell'Unione Europea ha adottato un Protocollo alla Convenzione in esame, relativo alla richiesta di informazioni sui conti bancari e sulle operazioni bancarie, nonché sui reati fiscali e politici. L'entrata in vigore del Protocollo, soggetta alle stesse disposizioni previste dalla Convenzione, ha riguardato sinora 23 dei 28 Stati membri: infatti, oltre all'Italia, non risultano aver ratificato il Protocollo Estonia, Grecia, Croazia e Irlanda. Anche in questo caso tuttavia il Protocollo risulta in vigore nei rapporti bilaterali tra tutti gli Stati ratificanti, in date diverse, dipendenti dalle date di deposito delle rispettive ratifiche.
L'articolo 2 introduce alcune definizioni, esplicitando il significato delle parole-chiave attorno a cui ruota la disciplina dettata dal decreto legislativo.
Ai fini del decreto, chiarisce l'articolo, per "Convenzione", si intende "la Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000 (si veda la scheda relativa all'art. 1).
L'espressione "autorità competente di altro Stato Parte" allude invece a "l'autorità che, secondo l'ordinamento dello Stato nei cui confronti sia in vigore la Convenzione, è competente a dare assistenza ad una richiesta proveniente dall'autorità giudiziaria o dal Ministro della giustizia.
Con riguardo all'ambito di applicazione territoriale la Convenzione è stata sottoscritta da tutti gli Stati membri dell'UE.
Risultano altresì vincolati dalla Convenzione la Norvegia e l'Islanda: tali Paesi hanno firmato il 19 dicembre 2003, un Accordo con l'UE sull'applicazione di alcune disposizioni della Convenzione e del relativo protocollo del 2001. Tale Accordo è entrato in vigore il 1 gennaio 2013. La Convenzione prevede inoltre, all'articolo 26, disposizioni relative all'applicazione nei confronti di Gibilterra, delle Isole Normanne e dell'isola di Man. In base a tale articolo la Convenzione potrà trovare applicazione con riguardo a Gibilterra solo successivamente all'estensione a quest'ultima della Convenzione europea di assistenza giudiziaria del 1959 da parte del Regno Unito; circostanza questa non ancora avvenuta. Analogamente con riguardo agli altri due territori l'applicazione della Convenzione è subordinata ad un atto (non ancora adottato) del Regno Unito con il quale venga notificato al Consiglio la volontà di estendere l'applicazione della Convenzione del 2000.
Infine la disposizione identifica l'"autorità richiedente" nell'autorità competente, secondo l'ordinamento dello Stato Parte, a richiedere assistenza all'autorità giudiziaria o al Ministro della Giustizia.
La Convenzione, pur delineando forme di assistenza tendenzialmente attivabili mediante la diretta corrispondenza tra le autorità competenti dei diversi Stati, fa comunque salva la possibilità di conservare in capo all'autorità centrale le tradizionali attribuzioni in materia.
Articolo 3
(Richiesta
di assistenza nei procedimenti per l'applicazione di sanzioni amministrative)
La
disposizione, dando attuazione a quanto previsto dall'art. 3 della Convenzione, prevede che gli organi addetti al
controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista
una sanzione amministrativa possono chiedere, per il tramite del Ministro della
giustizia, alla autorità competente di altro Stato Parte, il compimento degli
atti di accertamento previsti dall'art. 13 della L. 689/1981 (comma 1).
Il
Ministro della giustizia dà corso alla richiesta per il compimento degli atti
di accertamento, qualora ritenga che tali atti non compromettano la sovranità,
la sicurezza ed altri interessi essenziali dello Stato (comma 2).
L'articolo 3 della Convenzione estende l'ambito della cooperazione anche ai procedimenti per l'accertamento di illeciti amministrativi, quando sia comunque previsto che avverso i relativi provvedimenti sanzionatori sia ammesso ricorso davanti all'autorità giudiziaria.
L’art. 13 della L. 689/81 disciplina l' accertamento, fase iniziale del procedimento sanzionatorio. Ai sensi di tale articolo, gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni, procedere ad ispezioni di luoghi diversi dalla privata dimora, senza che, nell'esercizio di questa potestà accertativi, trovino applicazione le disposizioni del codice di procedura penale. All'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate.
L'articolo, sempre con riguardo alla cooperazione nell'ambito di procedimenti per l'accertamento di illeciti amministrativi, disciplina l'ipotesi di richieste provenienti da uno Stato Parte.
La disposizione più nel dettaglio, al comma 1, prevede che in tali casi il Ministro della giustizia, ricevuta la richiesta dell'autorità competente di altro Stato Parte per il compimento di atti di accertamento nell'ambito di un procedimento amministrativo, ne dispone la trasmissione al prefetto del luogo nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti. Nel caso in cui tale luogo non sia individuabile, competente ad eseguire la rogatoria è il prefetto di Roma a condizione che
§ -contro la decisione dell'autorità amministrativa sia ammesso ricorso innanzi all'autorità giudiziaria;
§ l'esecuzione degli atti richiesti non comprometta la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.
Il prefetto, nell'ambito delle proprie attribuzioni, può delegare gli accertamenti richiesti alle singole amministrazioni competenti per settore (comma 2).
Articolo 5
(Richiesta
di assistenza per le notificazioni a mezzo posta)
L'articolo 5, in attuazione dell'art. 5 della Convenzione, prevede il principio generale della notificazione a mezzo del servizio postale sia in materia penale, che nell'ambito di procedimenti amministrativi.
Più in particolare, la disposizione stabilisce che quando il destinatario risiede o dimora abitualmente in altro Stato Parte le notificazioni di atti di un procedimento penale o amministrativo debbano essere effettuate a mezzo del servizio postale o a mezzo PEC se possibile (comma 1).
Qualora la notificazione a mezzo posta non sia possibile o perché l'indirizzo del destinatario non è conosciuto o è incerto ovvero perché tale modalità si rivela inidonea ad assicurare la prova della conoscenza dell'atto l'autorità che procede può fare richiesta di assistenza all'autorità competente di altro Stato Parte affinché provveda alle necessarie ricerche del destinatario o alla notificazione con modalità diverse (comma 2).
Quando l'autorità che procede ha motivo di ritenere che il destinatario non conosce la lingua italiana l'atto da notificare deve essere tradotto nella lingua o in una delle lingue dello Stato Parte (comma 3) o, nel caso in cui il destinatario non conosce neanche queste lingue, l'atto deve essere tradotto nella lingua che risulta essere conosciuta dal destinatario(comma 4).
L’articolo 5 della Convenzione
prevede il ricorso sistematico al
servizio postale per l’invio e la consegna degli atti dei procedimento alle
persone che si trovano nel territorio di un altro Stato membro, salvo alcune
eccezioni per le quali l’invio può avvenire tramite le autorità competenti
dello Stato richiesto e cioè:
§ indirizzo sconosciuto o incerto del destinatario;
§ necessità di una prova, diversa da quella fornita a mezzo posta, dell’effettuata consegna dell’atto;
§ impossibilità di inviare l’atto per posta; l’invio a mezzo posta sia ritenuto, per fondati motivi, inefficace o inadeguato dallo Stato richiedente.
L'articolo sancisce inoltre l’obbligo di traduzione del testo dell’atto del procedimento nel caso in cui il destinatario non comprenda la lingua in cui esso è stato redatto, nonché quello di corredare tutti gli atti del procedimento con un avviso che specifichi che il destinatario può ottenere informazioni dalle autorità competenti dello Stato richiedente circa i propri diritti e gli obblighi derivanti dall’atto del procedimento.
Con riguardo alle notificazioni, in materia penale, a soggetti residenti o dimoranti all'estero, è opportuno ricordare quanto previsto dagli artt. 154 e 169 c.p.p.. In particolare, con riguardo alla notificazione alla persona offesa, qualora dagli atti risulti che il soggetto risieda o dimori all'estero, l'art. 154 c.p.p. prevede che essa è invitata mediante raccomandata con avviso di ricevimento a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato.
Con riguardo alle notificazioni all'imputato all'estero l'art. 169 c.p.p. prevede che qualora l'imputato (o indagato) sia residente o dimorante all'estero, e dagli atti ricevuti competizione il relativo luogo, la notificazione avviene mediante inoltro di raccomandata con avviso di ricevimento indicativa dell'autorità che procede, del titolo del reato e della data e del luogo in cui è stato commesso, nonché recante l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio nazionale, invito che deve essere tradotto nella lingua noto al destinatario qualora risulti che egli ignori l'italiano. La procedura si applica anche nel caso in cui la persona risulta essersi trasferita all'estero successivamente al decreto di irreperibilità. Nell'ipotesi in cui la persona nei cui confronti si deve procedere risiede o ora all'estero, ma il luogo non è conosciuto, l'autorità giudiziaria prima di pronunciare decreto di reperibilità, dispone che vengano effettuate ricerche anche fuori dal territorio dello Stato, nei limiti consentiti dalle convenzioni internazionali. Tale tali previsioni trovano applicazione anche nel caso in cui dagli atti risulti che la persona è detenuta all'estero.
Articolo 6
(Assistenza
all’autorità di uno Stato Parte per le notificazioni)
L'articolo 6 - sempre in attuazione dell'art. 5 della Convenzione (vedi supra) - attribuisce al procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto in cui la notificazione deve essere effettuata il compito di provvedere sulle richieste di assistenza (procedura passiva) relative alla notificazione degli atti di un procedimento penale o amministrativo (comma 1).
Questi deve altresì curarne la traduzione, nelle ipotesi contemplata dall'art. 143 c.p.p. ovvero nel caso in cui ciò venga richiesto dall'autorità richiedente dello Stato Parte.
Inoltre il PM deve dare avviso al destinatario che ha facoltà di richiedere informazioni circa il procedimento all'autorità che ha fatto richiesta di assistenza per la notificazione (comma 2).
Come si precisa nella relazione illustrativa la previsione in esame
riguarda in ogni caso anche persone diverse dall'imputato o dalla persona
offesa ed è destinata a trovare applicazione anche nei confronti dei testimoni,
dei periti, dei consulenti o di altri soggetti processuali comunque
interessati.
L'art. 143 c.p.p., come modificato dal d.lgs. 32/2014, nel disciplinare
la nomina dell'interprete, prevede
che l'imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto di farsi assistere
gratuitamente, indipendentemente dall’esito del procedimento, da un interprete
al fine di poter comprendere l’accusa contro di lui formulata e di seguire il
compimento degli atti e lo svolgimento delle udienze cui partecipa. Ha altresì
diritto all’assistenza gratuita di un interprete per le comunicazioni con il
difensore prima di rendere un interrogatorio, ovvero al fine di presentare una
richiesta o una memoria nel corso del procedimento. La conoscenza della lingua
italiana è presunta fino a prova contraria per chi sia cittadino italiano. La
nomina dell’interprete è obbligatoria anche quando il giudice, il pubblico
ministero o l’ufficiale di polizia giudiziaria abbiano personale conoscenza
della lingua o del dialetto da interpretare.
Articolo 7
(Modalità
di trasmissione della richiesta di assistenza)
L'articolo 7, dando attuazione all'art. 6 della Convenzione, detta le modalità di trasmissione delle richieste di assistenza tra le autorità giudiziarie degli Stati.
Tali richieste devono essere trasmesse dall'autorità giudiziaria direttamente all'autorità competente dello Stato Parte, unitamente alle indicazioni relative alle forme e ai modi previsti dalla legge per l'assunzione dell'atto richiesto. Al fine di consentire una più efficace e spedita esecuzione della richiesta di assistenza una copia della richiesta deve essere altresì trasmessa al Ministro della giustizia, quale organo ausiliario, ove necessario, alla trasmissione delle richieste (comma 1).
La disposizione, in linea con la Convenzione, sancisce il principio della diretta corrispondenza fra autorità ai fini della trasmissione delle richieste di assistenza. Come accennato (vedi scheda relativa art. 2), tale principio trova, in base alla medesima Convenzione alcune deroghe: la Convenzione stabilisce infatti che in alcuni casi la trasmissione e la restituzione di richieste avvenga tra autorità centrali degli Stati membri sul rilievo che "è opportuno che una particolare richiesta venga trattata da un'autorità centrale di uno Stato Parte, ad esempio, nei casi complessi o quando la richiesta è indirizzata a più autorità competenti nello Stato Parte richiesto".
La trasmissione può essere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo ad assicurare l'autenticità della documentazione e della provenienza, anche con l'ausilio, ove necessario, del Ministero della giustizia (comma 2).
Fra gli strumenti idonei ad accertare l'autenticità della provenienza, la relazione illustrativa richiama a titolo esemplificativo, la posta elettronica.
Le richieste di assistenza dirette alle autorità del Regno Unito e dell'Irlanda devono essere trasmesse per il tramite del Ministero della giustizia, fino a quando i predetti Stati non si avvalgano delle facoltà di trasmissione diretta ai sensi del paragrafo 1 dell'articolo 6 della Convenzione (comma 3).
In base a quanto disposto dall’articolo 6 le richieste di assistenza giudiziaria, da effettuarsi o registrarsi sempre per iscritto, non sono più trasmesse (o rinviate) attraverso i canali diplomatici e ministeriali, ma direttamente fra le autorità giudiziarie competenti per territorio, fatti salvi alcuni casi specifici.(paragrafo 1). Per motivi di urgenza le richieste possono essere inoltrate anche mediante l’Interpol. In deroga a tale disposizione, il paragrafo 3 dell'articolo 6 prevede che il Regno Unito e l’Irlanda possono rispettivamente, all’atto della notifica di cui all’articolo 27, paragrafo 2, dichiarare che le richieste e le comunicazioni loro dirette, come precisato nella dichiarazione, devono essere trasmesse attraverso le rispettive autorità centrali. In qualsiasi momento tali Stati membri possono, mediante un’ulteriore dichiarazione, limitare la portata di tale dichiarazione allo scopo di dare maggiore efficacia al paragrafo 1.
Articolo 8
(Esecuzione
della richiesta di assistenza di uno Stato Parte per attività probatoria)
La disposizione disciplina l'esecuzione delle richieste di assistenza di uno Stato Parte per attività probatoria, individuando in primo luogo quale autorità giudiziaria competente il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti. Questi deve provvedere tempestivamente e con decreto motivato (comma 1).
La scelta dell'organo inquirente quale esecutore elettivo della richiesta di assistenza discende, come si precisa nella relazione illustrativa, dalla valutazione dei compiti, anche di indagine, presupposti dalla richiesta, che possono esigere attività di accertamento articolate e complesse tipicamente afferenti alla sfera di competenze degli uffici inquirenti. Inoltre l'individuazione dell'autorità competente nel procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello del luogo in cui l'atto o gli atti devono essere compiuti risponde ad una scelta funzionale alle esigenze di speditezza imposte dalla Convenzione stessa.
Nel caso di atti che devono essere compiuti o sono compiuti dal giudice delle indagini preliminari, in attuazione dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, il PM presenta la richiesta di assistenza al medesimo Gip che provvede tempestivamente all'evasione dell'istanza (comma 2).
La scelta di attribuire al PM la direzione delle indagini appare coerente, come si osserva nella relazione illustrativa, "con le esigenze di coordinamento effettivo degli sforzi di collaborazione anticrimine e con le linee evolutive del sistema internazionale della cooperazione giudiziaria verso obiettivi di massima semplificazione e duttile celerità del rito".
Nel caso in cui la richiesta di assistenza riguardi atti da eseguirsi in più distretti, è competente il procuratore del distretto nel quale deve compiersi il maggior numero di atti. Nell'ipotesi, invece, di più richieste di assistenza tra loro collegate l'esecuzione è demandata al procuratore competente per la richiesta di assistenza iniziale. Trovano applicazione gli articoli 54, 54-bis e 54-ter c.p.p. in materia di regolamentazione della competenza (comma 3).
L'esecuzione dell'atto probatorio richiesto avviene secondo le forme richieste dall'autorità giudiziaria istante, a condizione che esse non si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano (comma 4). In quest'ultimo caso, il procuratore della Repubblica ne informa tempestivamente l'autorità richiedente, indicando le condizioni alle quali la richiesta può essere accolta (comma 5).
Tali previsioni si pongono in linea con quanto previsto dall'art. 4 della Convenzione, il quale, nel disciplinare le formalità e le procedure concernenti le richieste di assistenza giudiziaria, prevede che lo Stato membro cui viene richiesta l’assistenza è tenuto ad osservare le procedure indicate dallo Stato richiedente, sempre che queste siano conformi con i principi giuridici fondamentali vigenti al suo interno.
Analoghi obblighi informativi gravano sul procuratore nel caso in cui sussistano motivi ostativi all'accoglimento della richiesta, quali un pregiudizio per le indagini o per un procedimento in corso (comma 6).
Articolo 9
(Scambio
spontaneo di informazioni)
L'articolo 9, in attuazione dell'art. 7 della Convenzione (vedi infra), disciplina lo scambio spontaneo e diretto di informazioni e di atti nell'ambito di procedimenti penali o amministrativi tra autorità competenti degli Stati Parte (comma 1).
Si tratta di una previsione, come si precisa nella relazione illustrativa, "del tutto funzionale al pronto soddisfacimento delle esigenze investigative e del più efficace coordinamento delle attività richieste". La medesima relazione rileva inoltre come per atti del tutto peculiari, in ragione della loro complessità e delicatezza, assunti nell'ambito delle "consegne sorvegliate" e delle attività sotto copertura, quando svolte sul territorio nazionale, debba trovare applicazione esclusiva la legge italiana, sulla base di quanto previsto dagli artt. 12-14 della Convenzione di Bruxelles.
Le informazioni e gli atti scambiati sono utilizzabili nei limiti indicati dall'autorità competente dello Stato parte (comma 2).
La disposizione fa salvo quanto previsto dall'art. 78 delle disp. di att. al c.p.p., di cui al d.lgs 271/1989 (comma 3).
L'articolo 78, nel disciplinare
l'acquisizione di atti di un procedimento penale straniero, prevede che la
documentazione di atti di un procedimento penale compiuti da autorità
giudiziaria straniera può essere acquisita a norma dell'articolo
238 c.p. (che disciplina per l'appunto l'acquisizione e la valutazione dei
verbali di prova in altri procedimenti). Gli atti non ripetibili compiuti dalla
polizia straniera possono essere acquisiti nel fascicolo per il dibattimento se
le parti vi consentono ovvero dopo l'esame testimoniale dell'autore degli
stessi, compiuto anche mediante rogatoria all'estero in contraddittorio.
Il sistema di circolazione europea di informazioni, già previsto dall'Accordo di Schengen[1] e dalla relativa Convenzione di applicazione[2] ha registrato significativi progressi dapprima con la creazione nel 1995 di Europol[3] e successivamente proprio con la Convenzione di Bruxelles.
Quest'ultima infatti, all'art. 7 prevede che "nei limiti previsti dal diritto interno, le autorità competenti degli Stati membri possono procedere ad uno scambio di informazioni, senza che sia presentata una richiesta a tal fine, relative a reati, nonché ad infrazioni a norme di diritto di cui all'art. 3, par. 1 perseguibili da parte dell'autorità destinataria al momento della trasmissione delle infrazioni".
E' indubbio che, a livello europeo, sotto la spinta propulsiva del Programma dell'Aja, il principio della disponibilità informativa ha trovato una più completa attuazione, da un lato, attraverso il Trattato di Prum[4] e la creazione di nuovi circuiti di interconnessione tra le banche dati nazionali in funzione del rafforzamento della cooperazione di polizia e giudiziaria[5] e, dall'altro, attraverso e il perfezionamento del sistema di circolazione di dati fondato sull'operatività di archivi centralizzati a livello europeo[6].
L’articolo 10, in attuazione dell'art. 8 della Convenzione, interviene in materia di restituzione delle cose sequestrate prevedendo che, fuori dei casi previsti dagli artt. 75 e ss. del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) con riguardo ai beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro, il PM provvede sulla richiesta di uno Stato parte di restituzione all'avente diritto di beni provenienti da reato oggetto di sequestro (comma 1).
Alla restituzione dei beni il PM provvede a condizione che la loro appartenenza non sia dubbia e quindi oggetto di contenzioso.
Tale previsione, come si precisa nella relazione illustrativa, appare in linea con quanto stabilito- in generale- dall'art. 263 c.p.p. (relativo al procedimento per la restituzione delle cose sequestrate). Nella relazione tecnica si fa invece riferimento all'art. 323 c.p.p. relativo alla perdita di efficacia del sequestro preventivo.
Al fine di tutelare le esigenze probatorie, la disposizione poi precisa che la restituzione può essere disposta quando non è necessario mantenere il sequestro o la confisca ai fini di prova (comma 2).
L'articolo 8 della Convenzione contempla la restituzione al legittimo proprietario, appartenente allo Stato richiedente, dei beni provento di reato che si trovano nel territorio dello Stato membro richiesto, fatti salvi in ogni caso i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. Si tratta di una norma che peraltro trova riscontro anche nel decreto legislativo n. 35 del 2016 di attuazione della decisione quadro 2003/577/GAI concernente i provvedimenti di blocco di beni e di sequestro probatorio e la restituzione dei medesimi.
Gli artt. 75-86 del d.lgs. 42/2004 (come modificati dal d.lgs 2/2016) disciplinano il procedimento di restituzione dei beni culturali usciti illecitamente da uno Stato membro. L'azione di restituzione è proposta dallo Stato richiedente davanti all'autorità giudiziaria ordinaria dello Stato richiesto e si conclude, in caso di accoglimento, con la restituzione del bene; l'atto di citazione viene notificato, oltre che al possessore/detentore del bene, al Ministero per i beni e le attività culturali che redige apposito registro delle domande giudiziali di restituzione. Il Ministero è tenuto a fornire assistenza e collaborazione agli Stati UE attraverso i suoi organi periferici e con la cooperazione di altri organi dello Stato, regioni ed enti pubblici territoriali; in questo quadro è prevista, tra l'altro, l'esecuzione di ricerche volte alla localizzazione di un bene e la notifica allo Stato interessato del ritrovamento nel territorio nazionale di un bene culturale la cui illecita uscita da uno Stato membro possa presumersi per indizi precisi. Sono infine attivate procedure informative e di collaborazione con i Paesi UE e sono previste la costituzione presso il Ministero di una banca dati dei beni illecitamente sottratti e obblighi informativi alla Commissione europea e al Parlamento italiano.
Articolo 11
(Trasferimento
temporaneo in territorio nazionale di persona detenuta)
La disposizione disciplina il trasferimento temporaneo nel territorio nazionale di persone detenute in uno degli Stati Parte, attraverso la richiesta di assistenza avanzata dallo Stato interessato ai fini del compimento di atti di acquisizione probatoria da compiersi in Italia. Il trasferimento temporaneo è comunque subordinato al consenso della persona detenuta (comma 1 e 4).
La richiesta viene ricevuta dal Ministero della giustizia e trasmessa al procuratore della Repubblica al quale compete l'esecuzione della richiesta di trasferimento temporaneo. L'esecuzione può essere rifiutata nel caso in cui si ritenga che essa comprometta la sovranità, sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato ovvero nel caso in cui l'autorità richiedente non abbia trasmesso copia della dichiarazione di consenso della persona detenuta.
La definizione delle modalità del trasferimento e del termine di rientro nello Stato richiedente sono concordate dal procuratore della Repubblica con l'autorità richiedente. La persona temporaneamente trasferita è custodita, per la durata del trasferimento temporaneo, nella casa circondariale del luogo di esecuzione della richiesta. (commi 2 e 3)
La persona trasferita beneficia di un'immunità nel periodo di trasferimento che la pone al riparo da qualsiasi azione giudiziaria nei suoi confronti per fatti - diversi da quelli per i quali è stato disposto il trasferimento- commessi o per condanne pronunciate prima della sua partenza. Tale immunità ha termine se la persona trasferita, pur avendo avuto la possibilità di lasciare il territorio per quindici giorni consecutivi dalla data in cui la sua presenza non era più richiesta, sia rimasta comunque nel territorio ovvero vi sia tornata dopo averlo lasciato (comma 5).
Con riguardo al trasferimento temporaneo di detenuto è opportuno ricordare come tale istituto sia già contemplato a legislazione vigente nell'ambito delle ordinarie attività di cooperazione giudiziaria internazionale. Nella relazione tecnica si ricorda in proposito quanto previsto dall'articolo 11 della legge n. 215 del 1961 di ratifica della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959.
Articolo 12
(Trasferimento
temporaneo in uno Stato Parte di persona detenuta in Italia)
La disposizione disciplina l'ipotesi del trasferimento temporaneo di persone detenute o internate in Italia per raccogliere elementi di prova attraverso la loro presenza.
Anche in questo caso la
richiesta di trasferimento può essere rifiutata nel caso in cui la persona
detenuta non presti il consenso al trasferimento.
Compete all'autorità giudiziaria, d'accordo con l'autorità competente dello Stato Parte, la definizione delle modalità del trasferimento e la fissazione, nel rispetto dei termini massimi di custodia cautelare o del termine di cessazione della pena in esecuzione, del termine di rientro in Italia(commi 1 e 3).
Ai sensi del comma 2, il Ministro, cui deve rivolgersi l'autorità interna per la trasmissione della richiesta, può intervenire in presenza di esigenze collegate alla sovranità, alla sicurezza o ad altri interessi essenziali dello Stato. Altrimenti trasmette la richiesta all’autorità competente dello Stato parte.
Come si rileva nella relazione illustrativa, il trasferimento temporaneo all'estero di persona detenuta rientra espressamente tra i casi in cui l'opportunità dell'intervento del Ministro è presunta (ai sensi degli artt. 6 e 9 della Convenzione). L'art. 3 della legge 149/2016, alla lettera d), stabilisce tra i criteri di delega la previsione di forme specifiche di assistenza giudiziaria proprio relativamente alle procedure atte a consentire il trasferimento delle persone detenute a fini investigativi ai sensi dell'art. 9, par. 2, della Convenzione.
Il trasferimento è disposto previa autorizzazione del giudice che procede o del magistrato di sorveglianza in caso di persona condannata in via definitiva o internata (comma 4).
I diritti difensivi trovano riconoscimento laconico, nel comma 5, secondo cui il consenso al trasferimento risultante da atto scritto si considera validamente prestato solo se la persona detenuta ha avuto modo di conferire con il proprio difensore.
Viene poi precisato che il periodo di detenzione trascorso all'estero, da un lato, è computato a ogni effetto nella durata della custodia cautelare (comma 6) e dall'altro è considerato, nel caso di detenuto in espiazione della pena, come trascorso in Italia (comma 7).
Con riguardo alla previsione di cui al comma 6, nella relazione illustrativa si osserva come in tal modo si sia inteso aderire alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza 143/2008), con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 33 della l. 146/2006 e 72 c.p.p. In quell'occasione la Consulta ha infatti rilevato: "l'equivalenza tra custodia all'estero e custodia cautelare in Italia è stata affermata con riferimento all'estradizione stessa, a maggior ragione, deve operare in relazione ad uno strumento - quale il mandato d'arresto europeo - che poggia sul principio dell'immediato e reciproco riconoscimento del provvedimento giurisdizionale".
Articolo 13
(Audizione mediante videoconferenza
richiesta da uno Stato Parte)
L’articolo 13, in attuazione dell’articolo 10 della Convenzione, disciplina la richiesta, formulata dall’autorità giudiziaria di un altro Stato Parte della Convenzione alle autorità italiane, di procedere con videoconferenza all’audizione della persona sottoposta ad indagini, dell’imputato, del testimone, del consulente tecnico o del perito che si trovino sul territorio nazionale.
La disposizione (comma 1) prevede un accordo tra le autorità dei rispettivi paesi relativamente alle modalità dell’audizione, anche per eventualmente poter proteggere la persona da ascoltare, e assicura nei casi previsti dalla legge un interprete.
Il richiamo alla legge è da intendersi riferito agli articoli 143 e seguenti del codice di procedura penale, nonché alle disposizioni di attuazione del codice, come modificate a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 32 del 2014 (Attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali).
Con specifico riguardo all’audizione dell’indagato o dell’imputato, la disposizione precisa che l’autorità italiana potrà dare corso alla richiesta solo se gli interessati acconsentono a rendere dichiarazioni. Analogamente, quando a essere audito sia un testimone, l’autorità italiana dovrà assicurare la facoltà di astensione prevista dal nostro ordinamento (artt. 199 e ss. c.p.p.).
Il PM o il giudice - «ciascuno nell’ambito delle rispettive attribuzioni» - provvederanno all’identificazione della persona da audire, le notificheranno ora e luogo dell’audizione in videoconferenza, citeranno il testimone, il consulente tecnico o il perito, e inviteranno l’indagato o l’imputato a comparire, nel rispetto del codice di procedura penale e informandoli dei diritti e delle facoltà riconosciute dall’ordinamento dello Stato parte ed espressamente indicati dall’autorità richiedente (comma 2).
La relazione illustrativa precisa che è attribuita di regola al PM l’esecuzione della richiesta proveniente dall’autorità di altro Stato. Tuttavia quando, secondo la legge processuale interna o perché espressamente indicata in richiesta, sia il giudice a dover assumere l’atto, provvederà il GIP.
Spetterà all’autorità richiedente condurre o dirigere l’audizione, il cui verbale sarà poi trasmesso (commi 3 e 4).
L’articolo 13, infine, stabilisce l’applicabilità, ai fatti commessi nel corso della videoconferenza, di alcuni delitti contro l’attività giudiziaria previsti dal codice penale.
In particolare, vengono richiamate le fattispecie di rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.), di simulazione di reato (art. 367 c.p.), di calunnia (art. 368 c.p.), di autocalunnia (art. 369 c.p.), di false informazioni al PM (art. 371-bis c.p.) e di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) e falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.).
La disposizione dà così attuazione al comma 8 dell’art. 10 della Convenzione, che chiede agli Stati di adottare le misure necessarie per assicurare che, nelle audizioni di testimoni o periti effettuate nel suo territorio, nel caso in cui questi rifiutino del testimoniare pur avendone l'obbligo o non testimonino il vero, si applichi il diritto nazionale, alla stessa stregua delle audizioni effettuate in un procedimento nazionale.
Articolo 14
(Richiesta di audizione mediante
videoconferenza in uno Stato Parte)
L’articolo 14, sempre in attuazione dell’art. 10 della Convenzione, disciplina l’ipotesi in cui siano le autorità giudiziarie italiane a richiedere all’autorità competente di altro Stato parte della Convenzione di svolgere nel proprio territorio l’audizione a distanza e con videoconferenza di testimoni, periti, consulenti tecnici e persone informate dei fatti (comma 1).
L’audizione mediante videoconferenza all’estero non è dunque prevista per indagati e imputati. Il legislatore si è avvalso della possibilità offerta dal comma 9 dell’art. 10, in base al quale gli Stati membri possono applicare, a loro discrezione, le disposizioni dell’art. 10 alle audizioni di imputati mediante videoconferenza. In questo caso, la decisione di tenere la videoconferenza, nonché le condizioni alle quali essa è effettuata, sono concordate dagli Stati membri interessati, secondo il loro diritto nazionale e i pertinenti strumenti internazionali, compresa la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950.
L’audizione di testimoni, periti, consulenti e persone informate dei fatti potrà essere svolta (comma 2):
§ quando la persona da sentire si trovi sul territorio dell’altro Stato Parte e ricorrano giustificati motivi per evitare la sua presenza in Italia;
§ quando la persona da sentire si trovi detenuta nell’altro Stato Parte;
§ nei casi previsti dall’art. 147-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Si ricorda che l’art. 147-bis disp.att. c.p.p. consente l’esame a distanza mediante videoconferenza di persone ammesse al piano provvisorio di protezione e alle speciali misure di protezione dei collaboratori di giustizia; di persone che abbiano usufruito del cambiamento delle generalità; della persona imputata in un procedimento connesso ad un procedimento penale di grave allarme sociale (art. 51, comma 3-bis c.p.p.) o di terrorismo; di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, anche di organismi di polizia esteri, in relazione ad operazioni sotto copertura.
L’articolo 15, in attuazione dell’art. 11 della Convenzione, disciplina la possibilità di audire con il mezzo telefonico, anziché con la videoconferenza, testimoni, consulenti tecnici e periti.
Non essendo tale modalità disciplinata nel nostro ordinamento, l’art. 15 la prevede esclusivamente quando la richiesta provenga da autorità giudiziarie di altro Stato parte.
La disposizione, che quanto alla procedura da seguire per l’audizione rinvia all’articolo 13 dello schema di decreto legislativo in quanto compatibile (v. sopra), richiede che:
§ la richiesta provenga dall’autorità giudiziaria dell’altro Stato parte;
§ il testimone, il consulente tecnico o il perito abbiano prestato il proprio consenso.
Sul punto lo schema riprende il contenuto dell’art. 11 della Convenzione, che espressamente richiede, per la conferenza telefonica, il consenso degli interessati nonché la sua non contrarietà ai principi fondamentali del diritto nazionale dello Stato membro nel territorio del quale si trova la persona che deve essere ascoltata in qualità di testimone o di perito dalle autorità giudiziarie di un altro Stato membro.
Per l’attuazione degli articoli 12 e 14 della Convenzione, relativi alle consegne sorvegliate e alle operazioni di infiltrazione, l’articolo 16 dello schema di decreto legislativo rinvia alla disciplina nazionale delle operazioni sotto copertura, di cui all’art. 9 della legge n. 146 del 2006.
In base all’art. 12 della Convenzione, ciascuno Stato si impegna a garantire che, su richiesta di un altro Stato membro, possano essere effettuate consegne sorvegliate nel suo territorio nel quadro di indagini penali relative a reati per i quali sia consentita l’estradizione. Come chiarisce la Relazione illustrativa, la perifrasi “consegne sorvegliate” fa riferimento alle attività di controllo sulla consegna di beni illeciti («si pensi al trasporto di un carico di sostanza stupefacente di cui l’autorità giudiziaria ha notizia e per il quale il sequestro immediato non è opportuno o utile a fini investigativi»).
L’art. 14 stabilisce che più Stati membri della Convenzione possano collaborare tra loro per lo svolgimento di indagini sulla criminalità da parte di infiltrati o soggetti sotto falsa identità (operazioni di infiltrazione): la durata dell'operazione di infiltrazione, le condizioni particolareggiate e lo status giuridico degli agenti coinvolti durante le operazioni di infiltrazione sono convenuti dai due Stati membri nel rispetto del loro diritto e delle loro procedure nazionali.
Le operazioni di infiltrazione sono effettuate secondo il diritto e le procedure nazionali dello Stato membro nel cui territorio è effettuata l'operazione di infiltrazione.
Si ricorda che l’art. 9 della legge n. 146 del 2006, di ratifica della Convenzione e dei Protocolli ONU contro il crimine organizzato transnazionale, detta una disciplina generale delle operazioni sotto copertura, che sono autorizzate esclusivamente in relazione ai seguenti delitti:
§ di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo, di cui agli articoli 453, 454, 455, 460 e 461 c.p.;
§ di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, brevetti, modelli e disegni di cui all'art. 473 c.p. e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi di cui all’art. 474 c.p.;
§ di estorsione ex art. 629 c.p., sequestro di persona ex art. 630 c.p., usura ex art. 644 c.p.; di riciclaggio ex art. 648 bis c.p. ed impiego di denaro di provenienza illecita ex art. 648 ter c.p.;
§ contro la personalità individuale, di cui al Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione I, del codice penale;
§ concernenti armi, munizioni, esplosivi;
§ in materia di immigrazione clandestina previsti dall'art. 12 del T.U. immigrazione;
§ in materia di stupefacenti di cui al T.U. stupefacenti;
§ di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all'art. 260 del Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006);
§ in materia di sfruttamento della prostituzione di cui all'art. 3 della legge n. 75 del 1958;
§ con finalità di terrorismo e di eversione.
La normativa nazionale esclude la punibilità degli ufficiali e agenti delle forze di polizia che, nei limiti delle proprie competenze, nel corso di specifiche operazioni di polizia, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai suddetti delitti, «danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego o compiono attività prodromiche e strumentali».
L'esecuzione delle operazioni sotto copertura deve essere autorizzata e l’organo che dispone l'esecuzione delle operazioni deve darne preventiva comunicazione all'autorità giudiziaria competente per le indagini.
Nell’ambito di operazioni sotto copertura, gli agenti possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, compiere attività controllate di pagamento di riscatti, ritardare l’esecuzione di provvedimenti di sequestro o l’applicazione di misure cautelari, dandone tempestiva comunicazione al PM.
A tutela della riservatezza sulle operazioni e di coloro che le svolgono è prevista la reclusione da 2 a 6 anni per chiunque indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni.
Articolo 17
(Responsabilità penale e civile del
funzionario dello Stato Parte)
L’articolo 17, comma 1, attribuisce al funzionario dello Stato parte che compie nel nostro paese attività di consegna controllata o operazioni sotto copertura la qualifica di pubblico ufficiale. Ciò consente l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 9, comma 1, della legge n. 146 del 2006 (v. sopra).
Si ricorda infatti che, se le operazioni sotto copertura sono autorizzate e si svolgono nel rispetto dell’art. 9 della legge, gli ufficiali ed agenti che le compiono non sono punibili, fermo quanto disposto dall'articolo 51 c.p. sull’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere.
Il comma 2 della disposizione riguarda invece la responsabilità civile per eventuali danni causati nel corso delle operazioni. Lo schema di decreto legislativo prevede che il risarcimento venga pagato dallo Stato, che potrà poi rivalersi sull’altro Stato Parte della Convenzione.
Articolo 18
(Squadre investigative comuni)
All’attuazione dell’articolo 13 della Convenzione, che disciplina la costituzione di squadre investigative comuni, provvede l’art. 18 dello schema rinviando a quanto previsto dal decreto legislativo n. 34 del 2016, recante norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni.
Il decreto legislativo n. 34 del 2016 dà attuazione alla decisione quadro 2002/465/GAI che, a sua volta, riproponeva integralmente il contenuto dell’articolo 13 della Convenzione di Bruxelles.
Il provvedimento disciplina la richiesta di costituzione di squadra investigativa comune presentata dall’autorità giudiziaria italiana e la procedura che segue ad un’analoga richiesta proveniente da Stato estero.
In particolare, per quanto riguarda la c.d. procedura attiva, l’articolo 2 stabilisce che la richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune può essere presentata da ciascun procuratore della Repubblica. Nel caso in cui diversi uffici del pubblico ministero procedono ad indagini collegate, la richiesta è formulata d’intesa fra loro.
La richiesta può essere presentata quando sussista l’esigenza di compiere:
indagini in relazione a delitti puniti con pena massima non inferiore a 5 anni di reclusione o ai delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale;
indagini particolarmente complesse sul territorio di più Stati o di assicurare il loro coordinamento.
La richiesta di istituzione della squadra investigativa comune oltre ad essere trasmessa all'autorità competente dello Stato membro o degli Stati membri con cui si intende istituire una squadra, deve essere comunicata anche al procuratore generale presso la Corte d’appello.
Con riguardo alla c.d. procedura passiva, ovvero alla richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune proveniente da uno Stato membro, il procuratore della Repubblica informa della richiesta il procuratore generale presso la Corte d’appello, così che questi possa eventualmente avvisare della richiesta stessa gli altri pubblici ministeri del distretto che possano essere interessati alle indagini, al fine del coordinamento delle stesse. Il procuratore della Repubblica, sentito il procuratore generale presso la Corte d’appello o, per i reati di propria competenza, il procuratore antimafia e antiterrorismo, deve comunicare senza ritardo all’autorità dello Stato estero richiedente la decisione di non dare corso alla richiesta, qualora questa comporti il compimento di atti espressamente vietati dalla legge o contrari ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. Tale decisione deve essere altresì comunicata anche al Ministro della giustizia.
L’atto costitutivo della squadra investigativa comune, che deve essere sottoscritto dal Procuratore della Repubblica e dall’autorità competente dello Stato membro o degli Stati membri coinvolti, deve indicare:
§ i componenti della squadra;
§ il direttore della squadra, scelto tra i suoi componenti;
§ l’oggetto e le finalità dell’indagine;
§ il termine entro il quale la squadra investigativa comune può operare;
§ il pubblico ministero sotto la cui direzione opera la squadra investigativa comune, nell’ipotesi in cui la richiesta sia stata formulata d’intesa fra diversi uffici del pubblico ministero.
All’atto costitutivo è allegato il piano di azione operativo, contenente le misure organizzative e l’indicazione delle modalità di esecuzione.
La squadra investigativa comune che opera sul territorio italiano è sottoposta alla direzione del pubblico ministero.
Il decreto legislativo attribuisce ai componenti della squadra la qualifica di pubblico ufficiale, ai fini dell’esclusione dalla punibilità, e limita la responsabilità dello Stato italiano ai soli danni causati dai propri componenti della squadra investigativa comune e derivanti dalle attività della squadra stessa. Se i componenti della squadra hanno causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato italiano è tenuto a rimborsare integralmente a quest’ultimo le somme dal medesimo versate per ristorare il danno subito dalle parti lese. Per i danni cagionati dai componenti della squadra investigativa comune sul territorio italiano è responsabile lo Stato italiano, che a tal fine provvederà al risarcimento salvo poi agire in rivalsa nei confronti dello Stato di appartenenza dei membri distaccati per ottenere il rimborso delle somme versate.
Articolo 19
(Esecuzione della richiesta di assistenza
tecnica mediante ordine all’operatore di rete)
L’articolo 19 apre il Titolo III dello schema di decreto legislativo, interamente dedicato alle intercettazioni.
Si ricorda, infatti, che anche il Titolo III (articoli dal 17 al 22) della Convenzione è interamente dedicato al tema dell'intercettazione delle telecomunicazioni. Dopo aver individuato l'autorità competente a ordinare l'intercettazione (articolo 17), l'articolo 18 descrive in modo dettagliato il contenuto della richiesta di intercettazione trasmessa dallo Stato membro richiedente. Derogando all'articolo 14 della Convenzione europea del 1959, la disposizione stabilisce che le richieste devono includere, tra l'altro:
§ la conferma dell'emissione di un ordine o di un provvedimento legittimo di intercettazione con riferimento ad un'indagine penale;
§ informazioni per l'identificazione della persona sottoposta ad intercettazione;
§ l'indicazione della condotta criminale soggetta all'indagine e
§ la durata auspicata dell'intercettazione.
Per l'esecuzione delle attività di intercettazione, l'articolo 19 prevede la possibilità di ricorrere a specifici fornitori di servizi appositamente designati, senza coinvolgere direttamente lo Stato nel cui territorio è situata una stazione di ingresso.
L'articolo 20 detta specifiche disposizioni relative ai casi in cui le intercettazioni, autorizzate da uno Stato membro nel corso di indagini penali svolte per individuare gli autori di un illecito penale, siano condotte sul territorio di un altro Stato membro senza il diretto coinvolgimento a livello di assistenza tecnica di quest'ultimo.
Per quanto concerne gli oneri dei costi sostenuti dagli operatori delle telecomunicazioni o dai fornitori di servizi per le attività di intercettazione, l'articolo 21 dispone che questi siano a carico dello Stato membro richiedente.
L'articolo 22 stabilisce espressamente che nessuna disposizione in materia di intercettazione delle telecomunicazioni, di cui al Titolo III della Convenzione, pregiudica eventuali intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri, stipulate allo scopo di realizzare un migliore sfruttamento delle possibilità tecniche.
In particolare, l’articolo 19 disciplina l’ipotesi in cui uno Stato parte debba procedere ad un’intercettazione sul proprio territorio o sul territorio di un altro Paese parte della Convenzione ma abbia bisogno dell’assistenza tecnica degli operatori delle telecomunicazioni italiani.
La persona da intercettare, in questo caso, non si trova in Italia, ma all’autorità estera occorre accedere ai sistemi gestiti nel territorio italiano dai nostri operatori.
Occorre ricordare, infatti, che si dà attuazione ad una Convenzione del 2000 che, sul fronte delle tecniche di intercettazione, non può che essere datata, a distanza di 17 anni.
Come specifica anche la Relazione illustrativa «Per quanto alla luce delle moderne tecnologie l’ascolto all’estero sia di fatto reso del tutto agevole, in ragione del transito dei dati relativi sulla base di diffusi accordi di roaming tra operatori, e non sia quindi necessaria l’assistenza tecnica dello Stato estero, la convenzione impone che sia data comunicazione, quanto più immediata, da parte di chi procede tutte le volte che “l’utenza della persona specificata nell’ordine di intercettazione è utilizzata nel territorio di un altro Stato membro”.
La disposizione prevede che spetta al PM verificare la regolarità formale della richiesta (autorità procedente; esistenza del titolo che dispone o autorizza l’intercettazione, con l’indicazione del reato per cui si procede; dati tecnici necessari; durata dell’intercettazione) per poi trasmettere l’ordine di prestare assistenza all’operatore di rete, al quale sarà altresì trasmessa copia del provvedimento di richiesta.
Si fa riferimento all’obbligo - previsto dall’art. 96 del Codice delle comunicazioni (d.lgs. n. 259 del 2003) - per gli operatori di rete di svolgere le prestazioni a fini di giustizia richieste da parte delle competenti autorità giudiziarie. Modalità, tempi e costi delle operazioni sono oggetto di un DM giustizia.
Articolo 20
(Esecuzione della richiesta di assistenza
tecnica previo controllo del giudice)
Quando invece l’assistenza tecnica sia richiesta in relazione ad un soggetto da intercettare che si trovi sul territorio italiano, l’articolo 20 prevede che non sia sufficiente l’intervento del PM, richiedendo che questi trasmetta la richiesta dell’autorità di altro Stato Parte al giudice per le indagini preliminari.
Per potere autorizzare l’assistenza, il GIP dovrà verificare non solo la regolarità formale della richiesta, intesa come la completezza delle informazioni fornite (autorità giudiziaria che procede, indicazione del reato per il quale si procede ed estremi del provvedimento che autorizza l’intercettazione, durata dell’intercettazione e dati tecnici necessari ad effettuarla), ma soprattutto che «l’intercettazione sia disposta per un reato corrispondente ad uno o più tra quelli per i quali, secondo l’ordinamento interno, l’intercettazione è consentita» (comma 1).
Il controllo non è quindi esteso agli altri presupposti previsti dalla normativa nazionale (art. 267 c.c.p.), cioè la presenza dei gravi indizi di reato e l’assoluta indispensabilità delle intercettazioni per lo svolgimento delle indagini.
Solo in caso di urgenza, l’autorizzazione potrà essere concessa dal PM rimettendo al GIP la convalida.
Si osserva che non è previsto alcun termine per la convalida.
Il PM, previa
consultazione con l’autorità estera, provvede all’esecuzione con la trasmissione
immediata dei flussi comunicativi ovvero con la successiva trasmissione delle
registrazioni (comma 2). La
disposizione distingue due distinte modalità esecutive: automatica trasmissione
dei flussi e successiva trasmissione delle registrazioni.
Il comma 3 precisa poi in quali ipotesi il PM debba procedere con le
modalità indicate dal comma 1: richiesta di assistenza tecnica per lo
svolgimento di operazioni di intercettazione, registrazione e successiva
trasmissione dei risultati. In tal caso, al termine delle operazioni, su richiesta
sono trasmessi i verbali delle operazioni di intercettazione.
Si osserva che non è chiaro il campo di applicazione del comma 3.
Articolo 21
(Intercettazione disposta ed eseguita da
uno Stato Parte nel territorio dello Stato)
L’articolo 21 disciplina l’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria di uno Stato parte della Convenzione intenda eseguire una intercettazione di un dispositivo in uso a persona che si trovi in Italia, senza per questo avere bisogno di assistenza tecnica. La Convenzione impone comunque che delle operazioni sia data tempestiva notizia alle autorità nazionali, che vengono individuate nel Procuratore della Repubblica.
Una volta ricevuta notificazione dell’avvio delle operazioni, il PM, se il soggetto da intercettare si trova in Italia, trasmetterà gli atti al giudice per le indagini preliminari che potrà prendere le seguenti decisioni:
§ ordinare l’esecuzione delle operazioni;
§ ordinare la prosecuzione dell’esecuzione delle operazioni;
§ ordinare l’immediata cessazione delle operazioni.
Le valutazioni del GIP dipenderanno dal reato per il quale si procede all’estero: le intercettazioni saranno infatti autorizzate solo se il reato per il quale si procede corrisponde a uno o più tra quelli per i quali, secondo l’ordinamento interno, l’intercettazione è consentita.
In ogni caso il GIP,
qualora intenda ordinare la cessazione delle intercettazioni, deve rispettare
quanto previsto dall’art. 20, par. 4, della Convenzione, concernente termini e
motivazione della decisione.
Spetterà poi al PM comunicare senza ritardo all’autorità dello Stato estero i provvedimenti del GIP.
Articolo 22
(Richiesta di assistenza a uno Stato
Parte per le operazioni di intercettazione)
L’articolo 22 disciplina l’ipotesi in cui la cooperazione sia richiesta dalle autorità giudiziarie italiane a quelle di altri Stati Parte della Convenzione e stabilisce che sia il pubblico ministero a rivolgersi direttamente all’autorità estera, quando abbia bisogno di assistenza per lo svolgimento di intercettazioni.
La richiesta del PM dovrà contenere:
§ l’indicazione dell’autorità giudiziaria che procede;
§ il titolo che autorizza lo svolgimento delle intercettazioni con l’indicazione del reato per il quale si procede;
§ i dati tecnici necessari allo svolgimento dell’intercettazione;
§ la durata dell’intercettazione.
Articolo 23
(Notifica a uno Stato Parte delle
operazioni di intercettazione)
L’articolo 23 disciplina la comunicazione che le autorità giudiziarie nazionali devono dare alle autorità estere quando il dispositivo controllato si trovi in un altro Stato Parte della Convenzione (comma 1).
Spetta al pubblico ministero che dà esecuzione al decreto di intercettazione informare l’autorità competente di quello Stato, trasmettendogli una copia del provvedimento di intercettazione, contenente le seguenti informazioni (comma 2):
§ l’indicazione dell’autorità giudiziaria che procede;
§ le informazioni utili ai fini dell’identificazione della persona che ha in uso il dispositivo da intercettare;
§ la durata prevista dell’intercettazione.
Si osserva che tra le informazioni da trasmettere non è indicato il
titolo di reato per il quale si procede. Presumibilmente si ritiene che si
tratti di un’informazione ricavabile dal provvedimento che dispone
l’intercettazione. Si valuti comunque l’opportunità di esplicitare anche tale
elemento.
L’informazione alle autorità dell’altro Stato dovranno essere fornite non appena il PM acquisisce notizia che il dispositivo controllato si trova nel territorio di altro Stato parte (comma 3). Altrettanto immediato dovrà essere il provvedimento del PM, che ordina la cessazione delle operazioni, quando l’autorità dell’altro Stato Parte comunica che le intercettazioni non possono essere proseguite (comma 4). In quest’ultimo caso, in base all’art. 20, par. 4 della Convenzione, lo Stato estero potrà esigere che il materiale già intercettato, raccolto quando la persona soggetta ad intercettazione si trovava nel suo territorio, non sia utilizzato o sia utilizzato solo a talune condizioni da esso specificate (comma 5).
Articolo 24
(Protezione dei dati personali)
L’articolo 24 rinvia alle disposizioni del Codice della privacy (D.lgs. n. 196 del 2003) per il trattamento dei dati personali svolto in esecuzione delle operazioni previste dalla attuazione della Convenzione.
Tale disposizione appare riferita alla disciplina del D.Lgs. 196/2003 sul trattamento dei dati per ragioni di giustizia
L’art. 47 del Codice della privacy stabilisce che al trattamento dei dati effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il CSM, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano se il trattamento è effettuato per ragioni di giustizia le disposizioni del Codice relative: alla richiesta di accesso ai dati da parte dell’interessato (art. 9 e 10); agli obblighi deontologici del titolare del trattamento (art. 12); all’obbligo di informativa all’interessato (art. 13) e a quelli connessi alla cessazione del trattamento (art. 16); alle regole ulteriori dettate per i soggetti pubblici (18-22); agli obblighi di notificazione del trattamento e di comunicazione preventiva al Garante (artt. 37-39), al regime autorizzatorio del trattamento dei dati da parte dello stesso Garante (artt. 40 e 41); al trasferimento dei dati all’estero (artt. 42-45); alla tutela amministrativa davanti al Garante, alternativa a quella giurisdizionale (artt. 145-151).
Articolo 25
(Clausola di invarianza finanziaria)
L’articolo 25 prevede che dall’attuazione delle disposizioni del decreto legislativo non debbano derivare oneri per la finanza pubblica, conseguentemente disponendo che le amministrazioni interessate debbano provvedere con le risorse disponibili a legislazione vigente.
Articolo 26
(Entrata in vigore)
Nel silenzio dell’art. 26, il decreto legislativo entrerà in vigore trascorso l’ordinario periodo di vacatio legis, ovvero il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L’articolo 26 specifica però che l’efficacia delle disposizioni del decreto legislativo decorrerà dall’entrata in vigore per l’Italia della Convenzione. In base all’art. 27, par. 4, della Convenzione, la stessa entra in vigore per il nostro Paese trascorsi 90 giorni dalla notifica al Segretario generale del Consiglio dell’Unione europea della ratifica.
Della scadenza di tale termine sarà data notizia nella Gazzetta ufficiale.
Risulta che a oggi l’Italia, al pari di Grecia, Croazia ed Irlanda, non abbia ancora depositato lo strumento di ratifica della Convenzione.
[1] L'Accordo di Schengen all'articolo 9 nel proclamare il principio della libera circolazione, ha sancito espressamente l'esigenza di "migliorare lo scambio di informazioni e di intensificarlo per quanto riguarda le informazioni che possono presentare un interesse" per la lotta a gravi forme di criminalità, quali il traffico illecito di stupefacenti e di armi, l'ingresso e il soggiorno irregolare di persone, la frode fiscale e doganale e il contrabbando.
[2] La Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen ha previsto l'istituzione del Sistema informativo Schengen (SIS), nonché la possibilità di una trasmissione di dati, tra gli Stati interessati, spontanea o a richiesta delle autorità di polizia, senza però esplicitare alcun obbligo di risposta.
[3] La Convenzione istitutiva di Europol prevedeva proprio fra le funzioni di tale soggetto l'agevolazione degli scambi di informazioni tra gli Stati membri.
[4] Il Trattato di Prum disciplina (dettandone le finalità e le modalità) la circolazione di diverse tipologie di dati. Rilievo preminente, in ragione della delicatezza della tematica, riveste la disciplina relativa alla circolazione di informazioni genetiche per le investigazioni criminali. Tale Trattato è stato ratificato in Italia con legge 85/2009.
[5] Si vedano in proposito il SID (Sistema informativo doganale), il TECS (The Europol Computer system) e l'EPOC (European Pool against organized Crime)
[6] Si consideri in proposito alla Decisione quadro 2009/315/GAI, sullo scambio fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziale (attuata in Italia con il D.Lgs. 74/2016) e la Decisione quadro 2009/316/GAI, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS) (attuata in Italia con il D.Lgs. 75/2016)