Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Modifica dell'art. 52 del codice penale, in materia di legittima difesa - A.C. 2892 SECONDA EDIZIONE | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 370 | ||
Data: | 13/11/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
Modifica dell'art. 52 del codice penale, in materia di legittima difesa
13 novembre 2015
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Le proposte di legge A.C. 2892 e A.C. 3384 integrano entrambe la formulazione dell'art. 52 del codice penale. Mentre la prima introduce una presunzione legale di legittima difesa, la p.d.l. 3384 prevede una specifica ipotesi in cui, ai fini della configurabilità della scriminante, non si tiene conto dell'altrimenti necessario rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa.
Quadro normativoL'istituto della legittima difesa si colloca tra le cause di giustificazione del reato e trova il suo fondamento nella necessità di autotutela della persona che si manifesta nel momento in cui, in assenza dell'ordinaria tutela apprestata dall'ordinamento, viene riconosciuta entro determinati limiti una deroga al monopolio dello Stato dell'uso della forza (vim vi repellere licet). La relativa disciplina è contenuta nell'art. 52 del codice penale. I requisiti della legittima difesa appaiono quindi (primo comma):
La legittima difesa dalle intrusioni nel domicilioIl secondo e terzo comma dell'art. 52 sono stati aggiunti dalla legge n. 59 del 2006 che ha introdotto la cd. legittima difesa domiciliare (o legittima difesa allargata). Mediante il riferimento all'art. 614 c.p. (violazione di domicilio) è stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma) oltre che in un negozio o un ufficio (terzo comma). In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso a "un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo" per la difesa legittima della "propria o altrui incolumità" o dei "beni propri o altrui"; in relazione alla difesa dei beni patrimoniali, ai fini della sussistenza della scriminante: a) il reo non deve avere desistito (dall'azione illecita) e b) deve sussistere il pericolo di aggressione. In presenza delle indicate condizioni, è stata introdotta una sorta di presunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa e offesa.
In generale, in relazione al rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa ai fini della configurabilità della sussistenza della legittima difesa, dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto opportuno di non limitarsi ad un confronto puramente statico tra i due beni contrapposti bensì di pervenire a un giudizio più articolato che tenga conto:
Va rilevato come l'art. 52, secondo comma, non chiarisca espressamente a quali beni si riferisce il pericolo di aggressione (bene della vita e incolumità personale e/o beni patrimoniali). Tuttavia, che tale pericolo debba intendersi riferito alla vita e alla incolumità delle persone presenti nel domicilio, oltre che da motivi sistematici, si ricava dagli stessi lavori preparatori della legge 59/2006. Nella seduta del Senato del 19 ottobre 2004, sia il primo firmatario della proposta di legge, sen. Gubetti, sia il relatore di maggioranza, sen. Ziccone, ribadirono tale impostazione: il primo precisò che "il pericolo di aggressione si riferisce alle persone e non alle cose..."; esemplificativamente, il sen. Ziccone affermò come il comportamento di chi spara alle spalle del ladro che scappa "era e rimarrà punibile anche dopo l'approvazione di questo disegno di legge, perchè deve non solo, ripeto, non esserci la desistenza, ma deve esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (...) lo chiarisco in questa sede per evitare equivoci" . Del resto, se il pericolo di aggressione fosse stato riferito solo ai beni patrimoniali, l'art. 52, secondo comma, c.p. risulterebbe in contrasto con l'art. 2, comma 2, della CEDU, che ammette la liceità dell'uccisione di una persona da parte del soggetto aggredito soltanto ove tale comportamento risulti "assolutamente necessario" per respingere una violenza illegittima in atto contro una persona e non una mera aggressione al patrimonio.
La scriminante prevista dalla legge 59 del 2006 è apparsa, a parte della dottrina, caratterizzata da autonomia rispetto all'ipotesi base del primo comma dell'art. 52, risultando la scriminante da legittima difesa domiciliare assimilata a quella dell'uso legittimo delle armi (art. 53 c.p.); autonomia che si sostanzia nella deroga alla disciplina generale sulla legittima difesa prevista dalla presunzione di proporzionalità. Va ricordato che l'art. 31 del progetto di riforma del codice penale della cd. Commissione Nordio (istituita nel 2001 dall'allora ministro della giustizia Castelli) aveva previsto che fosse scriminato il fatto di chi fa uso di armi perchè costretto dalla necessita' di difendere l'inviolabilità del domicilio contro un'intromissione ingiusta, violenta o clandestina e tale da destare ragionevole timore per l'incolumità o la libertà delle persone presenti nel domicilio.
La corrente di pensiero maggioritaria ritiene, invece, l'ipotesi di cui all'art. 52, secondo e terzo comma, c.p., una ipotesi speciale di legittima difesa con la conseguenza che, per la sussistenza della scriminante, devono ricorrere gli altri requisiti di liceità di cui al comma 1 dello stesso art. 52.
Complementare alla legittima difesa appare il tema dell'abuso della scriminante di cui all'art. 52. Si parla di eccesso colposo di legittima difesa, a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c'è volontà di commettere un reato ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva. L'art. 55 c.p. prevede che quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
E' quindi interesse del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante. La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, che terrà conto di un complesso di circostanze oggettive: anche in tal caso, si tratta dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso; del bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce. |
La giurisprudenza in materia di legittima difesaLa giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 ha, in definitiva, dimostrato come la presunzione legale introdotta per la violazione di domicilio non sia stata in grado di superare i rigorosi limiti di liceità della legittima difesa previsti dall'art. 52, primo comma, del codice penale. Tale presunzione - secondo giurisprudenza consolidata - incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venir meno la necessità da parte del giudice di accertare la sussistenza degli altri requisiti, il pericolo attuale, l'offesa ingiusta e la necessità-inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi (in tal senso, tra le altre, Cassazione, sentenze n. 691/2013, n. 23221/2010, n. 25653/2008, n. 16677/2007). Secondo una recente pronuncia (Cassazione, sentenza n. 50909 del 2014), in tema di legittima difesa, la legge n. 59 del 2006, introducendo il comma secondo dell'art. 52 del codice penale, ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza, ferma restando la necessità del concorso dei presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità.
Come previsto dall'art. 52, secondo comma, c.p., nell'ipotesi in cui l'aggredito agisca per difendere beni patrimoniali necessita il duplice requisito della non desistenza e del pericolo di aggressione. Si ricorda che una scriminante generale per la legittima difesa di beni patrimoniali - poi abbandonata dal codice Rocco - fosse già prevista dall'art. 376 del codice Zanardelli che escludeva la punibilità, in applicazione dell'art. 49, comma 2, qualora l'agente avesse posto in essere un delitto contro la persona se ciò fosse stato necessario per difendere i propri beni dai reati di saccheggio, rapina, estorsione o ricatto.
Secondo la giurisprudenza, la non desistenza ha bisogno della persistente attualità dell'aggressione al patrimonio; sostanzialmente, il requisito manca se, ad esempio, il ladro si dia alla fuga abbandonando la refurtiva. Al contrario, non vi è desistenza se il ladro si sia dato alla fuga con la refurtiva (l'aggressione ai beni patrimoniali è, quindi, in corso); in tal caso, di regola, per la sussistenza della legittima difesa manca l'ulteriore requisito del pericolo di aggressione alla vita e all'incolumità del proprietario che solo potrebbe legittimarlo all'uso delle armi Proprio la legittimità della difesa dei beni patrimoniali è stata oggetto di pronunce che - ferma restando la necessità del doppio citato requisito (non desistenza e pericolo di aggressione) - ha sempre valutato rigorosamente anche la presunzione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa di cui al secondo comma dell'art. 52. Importanza dirimente continua ad avere, ai fini del giudizio di proporzione, il confronto tra il bene dell'aggredito (posto in pericolo dall'aggressore) e il bene dell'aggressore (posto in pericolo dalla reazione dell'aggredito). In tale direzione, le posizioni giurisprudenziali (oltre che dottrinarie) in materia appaiono consolidate fin dai primi casi sottoposti al giudizio della Cassazione dopo la riforma del 2006. Nella sentenza n. 32282 del 29 settembre 2006 - successiva alla novella introdotta all'art. 52 c.p. - la Cassazione affrontò un caso in cui all'imputato era contestato l'eccesso di legittima difesa per avere esploso un colpo di pistola dalla finestra dell'abitazione contro la vittima in fuga, che in seguito moriva per le lesioni riportate (quest'ultimo si era introdotto nella sua abitazione per un tentativo di furto, previa effrazione di una finestra). Dopo che in primo grado l'imputato era stato assolto (perché il fatto non sussiste), la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, riconosceva la responsabilità penale dell'imputato. Secondo i giudici di legittimità, anche dopo la novella legislativa del 2006, non viene meno il rapporto di proporzione di cui al primo comma dell'art. 52 c.p. e si concretizza l'esimente quando l'uso di un'arma ha come fine ultimo quello di "difendere la propria o altrui incolumità", ovvero "i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione". La Corte ha ritenuto, pertanto, l'imputato colpevole dell'eccesso di legittima difesa in quanto dalle risultanze processuali si evinceva che non sussisteva un "pericolo di aggressione" e la vittima, dandosi alla fuga, aveva in sostanza desistito dal suo iniziale intento aggressivo. Per la Cassazione, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, per integrare la scriminante della legittima difesa, deve essere vagliato secondo il criterio della proporzione di cui al primo comma art. 52 c.p e tale valutazione deve pur sempre operare in relazione alla situazione concreta sussistente nel momento in cui si faccia uso dell'arma. Analoghe posizioni sono state confermate più recentemente; Cassazione, sentenza n. 28802 del 3 luglio 2014, ha ritenuto che, anche la presunzione legale di proporzionalità nella legittima difesa domiciliare non potrà giustificare l'uccisione con uso legittimo delle armi di un ladro introdottosi in casa quando sia messo in pericolo soltanto un bene patrimoniale dell'aggredito (anche nel caso in oggetto, il proprietario, dopo aver sorpreso il ladro in casa, gli aveva sparato dalla finestra della propria abitazione per impedire il furto della propria autovettura). Si può concludere quindi che a diversa conclusione sarebbero potuti pervenire i giudici di legittimità ove l'aggressione al bene patrimoniale fosse stata accompagnata dal pericolo di una offesa alla vita o comunque all'incolumità fisica del proprietario della vettura o di un terzo. |
Contenuto delle proposte di leggeLa proposta di legge C. 2892L'articolo unico della proposta di legge C. 2892 aggiunge all'art. 52 del codice penale un ultimo comma che introduce una nuova presunzione legale in materia di legittima difesa domiciliare. La causa di non punibilità dell'art. 52 ricorre quando l'aggredito compie atti volti a respingere l'ingresso (in una abitazione privata o in ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale) mediante effrazione o contro la volontà del proprietario con violenza o minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite. I requisiti sulla cui base opera la presunzione legale riguardano quindi:
In particolare - oltre che per i citati specifici requisiti - la presunzione legale in esame si caratterizza, rispetto a quella introdotta dalla legge 59 del 2006 per il mancato riferimento all'uso legittimo delle armi legittimamente detenute e, soprattutto, per il mancato, esplicito riferimento al rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa. Come indicato dalla relazione illustrativa della proposta di legge, la disposizione in esame è modellata su analoga disposizione in materia di legittima difesa domiciliare prevista dal codice penale francese. La proposta di legge C. 3384L'articolo unico della proposta di legge C. 3384 introduce all'art. 52 c.p. un comma, dopo il primo, che prevede che non si tenga conto del rapporto di proporzionalità tra offesa ingiusta (dell'aggressore) e reazione difensiva (dell'aggredito) nelle seguenti ipotesi:
Si tratta quindi, nel primo caso, di situazioni in cui l'aggredito non abbia, nell'immediatezza dell'evento, sufficienti elementi di valutazione dell'effettivo pericolo portato dall'aggressore (in mancanza di specificazione dell'articolo unico si deve ritenere che ci si riferisca all'offesa sia alla persona sia ai beni patrimoniali); nel secondo caso, si tratta delle ipotesi in cui l'aggressore approfitti di situazioni in cui la vittima non sia pienamente in grado di difendersi a causa dell'età o in ragione delle circostanze di tempo e di luogo in cui avviene l'aggressione. L'ipotesi della minorata difesa pare sufficientemente tipizzata, sussistendo in presenza di condizioni tali da ostacolare o ridurre la possibilità di difesa da parte della vittima (si tratta di casi analoghi a quelli previsti come aggravante comune dall'art. 61 c.p., cioè l'avere commesso il reato approfittando di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età). Diversamente, il riferimento alla "imprevedibilità concreta" delle condotte offensive risulta invece essere suscettibile di più complesse verifiche, caso per caso, in sede applicativa e interpretativa. Non si può escludere, inoltre, che la stessa imprevedibilità dell'offesa possa dipendere anche dalle condizioni di minorata difesa dell'aggredito. Si pensi ad esempio al caso del ladro che si introduca in piena notte all'interno di una abitazione privata; in tali situazioni, l'oscurità (minorata difesa) potrebbe impedire, ad esempio, al proprietario di valutare se l'intruso, sorpreso in casa, stia puntandogli addosso un'arma o comunque sia sul punto di aggredirlo (imprevedibilità dell'offesa). |
Relazioni allegate o richiesteLa proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è corredata dalla sola relazione illustrativa. |
Necessità dell'intervento con leggeL'intervento legislativo è necessario, in considerazione della riserva di legge in materia penale. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLa modifica legislativa è riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale, con riguardo all'ordinamento penale (art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.). |