Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali , Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo - A.C. 3139 e abb. - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3139/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 315
Data: 24/06/2015
Descrittori:
MALTRATTAMENTI E SEVIZIE   MINORI
RETI DI COMUNICAZIONE E TRASMISSIONE     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo

A.C. 3139 e abb.

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 315

 

 

 

24 giugno 2015

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

 

Servizio Studi – Dipartimento affari sociali

( 066760-4884 – * st_giustizia@affarisociali.it

 

Servizio Studi – Dipartimento trasporti

( 066760-2614 – * st_trasporti@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: gi0384

 


INDICE

Schede di lettura

Bullismo e cyberbullismo: il quadro di riferimento                                       5

Il contenuto delle proposte di legge                                                              12

§  Introduzione                                                                                                   12

§  La proposta di legge C. 3139, approvata dal Senato                                    12

§  La proposta di legge C. 1986 (Campana ed altri)                                         18

§  La proposta di legge C. 2408 (Iori ed altri)                                                    21

§  La proposta di legge C. 2435 (Brambilla)                                                      24

§  La proposta di legge C. 2670 (Iori ed altri)                                                    27

 

 


Schede di lettura

 

 

 


Bullismo e cyberbullismo: il quadro di riferimento

Il termine bullismo deriva dall’inglese bullying, (to bull) che significa “usare prepotenza, maltrattare, intimidire, intimorire”.

Tale definizione è entrata ormai nell’uso corrente per indicare un fenomeno relazionale che si instaura tra soggetti minorenni e che si manifesta essenzialmente sotto forma di pressione fisica e/o psicologica messa in atto da una o più persone (bulli) nei confronti di un altro individuo percepito come più debole (vittima).

L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che lo scenario principale in cui trova principale collocazione il fenomeno del bullismo è il contesto scolastico. Caratteristiche del bullismo sono:

-     l’intenzionalità, gli atti di bullismo derivano dal dolo, la volontà consapevole di compiere determinati atti;

-     la reiterazione nel tempo; la condotta illecita quasi mai è isolata ma persistente nel tempo;

-        l’asimmetria di potere; la relazione che si instaura tra bullo e vittima si basa sulla diseguaglianza (fisica e/o psicologica) tra i protagonisti;

-        l’inconsapevolezza dell’illiceità dei comportamenti; spesso gli autori di atti di bullismo, di fronte alle forze dell’ordine e alla magistratura, mostrano stupore per le conseguenze penali del loro comportamento.

Le conseguenze psicologiche (e spesso fisiche) del bullismo sulla vittima sono di diversa natura ed intensità; normalmente ne deriva un senso di insicurezza, calo dell’autostima, difficoltà di relazione a scuola e in famiglia; non infrequenti i cali nel rendimento scolastico della vittima. Recenti episodi di cronaca hanno persino dimostrato come episodi di bullismo sono stati causa (o concausa) di atti di autolesionismo o addirittura del suicidio di adolescenti.

 

Nonostante il fenomeno sia noto e studiato da anni, il termine "bullismo" è stato utilizzato per la prima volta in una norma di rango legislativo nel 2012: l'art. 50 del D.L. 5/2012, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo (L. conv. 35/2012) ha previsto - nell’ambito delle norme per consolidare e sviluppare l'autonomia scolastica - che con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca fossero emanate linee guida per la definizione, fra l'altro, di un organico di rete territoriale (tra istituzioni scolastiche) finalizzato anche al contrasto dei fenomeni di bullismo.

Sebbene sia stato inquadrato in vario modo da numerosi studi, anche in ambito internazionale, non esiste una definizione legislativa di bullismo ed il nostro ordinamento non prevede disposizioni specifiche per sanzionare il fenomeno.

Il bullismo fa attualmente riferimento a una serie di condotte in gran parte riconducibili a fattispecie di reato punite dal codice penale o da leggi speciali. Senza pretesa di esaustività si tratta prevalentemente delle seguenti:

-     violenza privata (art. 610 c.p.),

-     percosse (art. 581 c.p.)

-     lesioni (artt. 582 c.p.),

-     molestie (art. 660 c.p.)

-     minaccia (art. 612 c.p.),

-     stalking (art. 612-bis c.p.),

-     furto (art. 624 c.p.),

-     estorsione (art. 629 c.p.),

-     danneggiamento di cose altrui (art. 635 c.p.)

-     ingiuria (art. 594 c.p.),

-     diffamazione (art. 595 c.p.),

-     sostituzione di persona (art. 494 c.p.)

-     furto d’identità digitale (art. 640-ter c.p.),

-     trattamento illecito di dati (art. 167, D.Lgs. 196/2003, Codice della privacy).

Costituendo prevalentemente illeciti a forma libera - che quindi si consumano con diversi mezzi o modalità - in assenza di un inquadramento normativo specifico, la giurisprudenza ha fondato numerose pronunce di condanna per atti di bullismo sulle fattispecie penali già esistenti.

In giurisprudenza (Cassazione penale, sentenza n 19070 del 2008), il bullismo è stato anche considerato come circostanza aggravante di altro reato. La sentenza citata ha infatti confermato nei confronti di un ragazzo la condanna inasprita dalla Corte d'appello di Napoli che aveva riconosciuto l'esistenza del concorso in lesioni personali, aggravate dai futili motivi. Secondo la Suprema Corte, si configura l'aggravante quando, senza essere stato provocato, si reagisce alle altrui protesta in maniera violenta, ponendo così in essere un comportamento arrogante e gratuitamente umiliante inteso ad annientare l'altrui personalità.

Sotto il profilo dell’imputabilità a parte i casi di bulli maggiorenni, soggetti alla disciplina ordinaria - l’art. 98 c.p. prevede l’imputabilità del minorenne con più di 14 anni al momento del fatto di cui sia riconosciuta la capacità di intendere e di volere (ma la pena è diminuita).

L’art. 97 c.p. esclude invece l’imputabilità del minore di 14 anni. Tuttavia, ove quest’ultimo sia ritenuto pericoloso, tenuto specialmente conto della gravità del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore è vissuto, il giudice minorile ne ordina il ricovero in riformatorio giudiziario o lo pone in libertà vigilata (art. 224 c.p.).

Gli atti di bullismo, ove connotati da particolare gravità, possono giustificare anche misure cautelari. Nel gennaio 2015 a Salò, in provincia di Brescia, un sedicenne che minacciava, aggrediva e picchiava un coetaneo compagno di scuola, estorcendogli quotidianamente denaro, è stato denunciato dai genitori della vittima ed arrestato dai Carabinieri. ll Tribunale dei Minorenni di Brescia ha convalidato l’arresto e ha applicato al bullo la misura della permanenza in casa; «per non interrompere i processi educativi» è stata data al minore la possibilità di uscire solo per gli impegni scolastici.

Sotto il profilo della responsabilità civile, va ricordato il ruolo dei genitori del minore autore degli atti di bullismo nonché, ove il fatto si verifichi durante le ore scolastiche, degli insegnanti (questi ultimi ex art. 2048, secondo comma c.c.), sia gli uni che gli altri passibili di condanna al risarcimento danni alla vittima per colpa (culpa in educando per i genitori, in vigilando per gli insegnanti). L’esonero dalla responsabilità consegue alla dimostrazione (particolarmente difficile per i genitori, tenuti ai loro obblighi educativi) di non avere in alcun modo impedire il fatto.

Sul punto, Cassazione civile, sentenza  21 febbraio 2003, n. 2657 ha precisato che per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 c.c. grava sull'insegnante per il fatto illecito dell'allievo, non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, dopo l'inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale.

Quando gli atti di bullismo sono compiuti mediante l’uso della rete e, in generale, dei mezzi informatici e telematici, il fenomeno viene comunemente definito come bullismo informatico o cyberbullismo. I relativi atti illeciti sono quindi effettuati tramite mezzi elettronici come l'e-mail, la messaggistica istantanea, i telefoni cellulari, i social media, i blog.

In particolare, gli atti di cyberbullismo sono compiuti, nella grande maggioranza dei casi, da soggetti minorenni e talvolta minori di 14 anni, per i quali il nostro ordinamento giuridico non riconosce l'imputabilità.

Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può produrre conseguenze sul piano civile (art. 2043 c.c.) e penale.

Rispetto al bullismo tradizionale, l'uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche proprie quali:

-       l'anonimato del molestatore; in realtà, l’anonimato è illusorio in quanto ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce. Per la vittima però è difficile risalire da sola al proprio molestatore e, a fronte dell'anonimato del cyberbullo, dati e notizie sul conto della vittima possono essere inoltrate a un ampio numero di persone;

-       la difficile reperibilità; se il cyberbullismo avviene via sms, e-mail, o in un forum on line privato, ad esempio, è più difficile reperirne l'autore e porvi rimedio;

-       l’indebolimento delle remore etiche; le due caratteristiche precedenti, abbinate con la possibilità di essere «un'altra persona» on line (vedi giochi di ruolo), possono indebolire le remore etiche; spesso la gente fa e dice on line cose che non farebbe o direbbe nella vita reale;

-       l’assenza di limiti spazio-temporali; mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il bullismo informatico investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal suo persecutore.

Secondo un inquadramento di tipo psicologico, gli studiosi hanno complessivamente ricostruito le seguenti categorie di cyberbullismo:

-     flaming: messaggi on line violenti e volgari mirati a suscitare battaglie verbali in un forum;

-     molestie (harassment): spedizione ripetuta di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno; denigrazione: sparlare di qualcuno per danneggiare gratuitamente e con cattiveria la sua reputazione, via e-mail, messaggistica istantanea, gruppi su social network eccetera;

-     sostituzione di persona (impersonation): farsi passare per un'altra persona per spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili;

-     rivelazioni (exposure): pubblicare informazioni private o imbarazzanti su un'altra persona; inganno;

-     (trickery): ottenere la fiducia di qualcuno con l'inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici; esclusione: escludere deliberatamente una persona da un gruppo on line per provocare in essa un sentimento di emarginazione;

-     cyber persecuzione (cyberstalking): molestie e denigrazioni ripetute e minacciose mirate a incutere paura.

 

Il dilagare del bullismo ne ha fatto un fenomeno su cui da tempo si è concentrata l’attenzione, soprattutto degli operatori del sociale.

Sulla dimensione e le forme del bullismo in Italia, la Fondazione Censis, su incarico del Ministero dell'istruzione, ha svolto nel 2008 la "Prima indagine nazionale sul Bullismo". Ricerche comparate più recenti condotte da singoli studiosi sono state svolte e presentate nel 2010, nel 2012 e per gli Stati Uniti nel 2014.

Una ricerca realizzata nel 2013 da Save the Children, in collaborazione con Ipsos, evidenziava come 4 minori su 10 sono testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti «diversi» per aspetto fisico (67 per cento), per orientamento sessuale (56 per cento) o perché stranieri (43 per cento).

 

Numerose iniziative in materia sono state negli ultimi anni avviate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR)

Tra le prime si ricorda la direttiva Fioroni 15 marzo 2007 (dal nome dell'allora Ministro della pubblica istruzione) poi integrata con quella del 30 novembre 2007, che ha sanzionato in via disciplinare l'uso di telefoni cellulari nel corso delle lezioni da parte di studenti (e professori) prevedendo il dovere di vigilanza e di corresponsabilità da parte di genitori e docenti.

Altre iniziative del MIUR hanno riguardato:

-     l'istituzione del numero verde 800.66.96.96 e l'indirizzo e-mail «bullismo@istruzione.it» riservato a genitori e studenti per segnalazioni di casi, richieste di informazioni e consigli;

-     la creazione del sito internet «smontailbullo.it» che si occupa di inquadrare il fenomeno da un punto di vista psico-sociologico e culturale fornendo suggerimenti per fronteggiarlo;

-     gli Osservatori regionali permanenti sul bullismo attivi presso gli Uffici scolastici regionali (v. infra art. 8, C 2670) che a breve verranno trasformati in più snelli Nuclei Territoriali di azione e prevenzione del fenomeno che opereranno in stretto raccordo con la Strategia Nazionale per la prevenzione del Bullismo guidata dal MIUR (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca). I Nuclei saranno integrati negli attuali CTS – Centri Territoriali di Supporto già attivati presso ciascun Ufficio scolastico regionale. L'intento è quello di creare un sistema di governance territoriale per la gestione del fenomeno del bullismo e per fornire alle scuole un sistema inter-istituzionale di supporto.

 

Il Ministero ha inoltre promosso e sostenuto azioni volte al contrasto del cyberbullismo nel Piano nazionale denominato «Più scuola meno mafia», realizzando, a partire dal 2010, le seguenti iniziative:

-     il progetto di Milano «Open Eyes: safenet use», un Osservatorio per informare e formare studenti, famiglie e scuole sull'uso e l'abuso della rete informatica e per la gestione dei casi di stalking, cyber bullismo, e, in generale, per il sostegno alle vittime di comportamenti persecutori;

-     il progetto di Caserta «Nausicaa», un Osservatorio di ricerca, formazione, e uno sportello per il sostegno psicologico agli studenti e alle le vittime di reati di bullismo e cyberbullismo.

-     l’adesione al progetto europeo «Tabby in internet» (Threat Assessment of Bullying Behaviour: Valutazione della minaccia di cyber bullismo nei giovani), approvato nel quadro del programma Daphne III (2007-2013) e finalizzato a promuovere una cultura della rete «sana», ad accrescere la conoscenza delle minacce derivanti dall'uso di Internet e/o di altri mezzi di comunicazione informatizzata e ad attivare strategie e interventi mirati alla prevenzione di comportamenti devianti.

Tra le ulteriori iniziative del MIUR va segnalato il progetto «Safer Internet-Generazioni Connesse» per un utilizzo consapevole di internet e dei new media e che si avvale di una apposito sito Internet (www.generazioniconnesse.it). Si tratta di un progetto coordinato dal ministero e cofinanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del programma Safer Internet e che unisce alcune delle principali realtà italiane che si occupano di questo tema: l'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, la Polizia Postale e delle Comunicazioni, Save the children Italia, Telefono Azzurro, Cooperativa E.D.I. e Movimento Difesa del Cittadino.

 

In quanto Centro Nazionale per la Sicurezza in Rete, Generazioni connesse si compone di: un polo di riferimento per la realizzazione di programmi di educazione e sensibilizzazione a livello nazionale, finalizzati ad assicurare un utilizzo positivo e consapevole dei Nuovi Media, rivolti ad adulti – genitori, insegnanti ed educatori –, bambini e adolescenti; una Helpline – un servizio in grado di fornire supporto, in particolare a bambini, adolescenti e genitori in merito a esperienze negative e/o problematiche inerenti l'utilizzo dei Nuovi Media; due Hotlines (una hotline è un servizio riservato agli utenti della Rete che offre la possibilità di segnalare la presenza online di materiale pedopornografico).

 

Nell'ottica del processo di rinnovazione della didattica educativa e della formazione segnato dall'interazione fra tecnologia mobile e concetto di rete, il Ministero ha poi realizzato due social tematici: «www.webimparoweb.eu» e «www.ilsocial.eu», rivolti ai ragazzi under 13 e over 14, i quali sono espressione di una piazza virtuale dove poter comunicare e socializzare le proprie esperienze, emozioni nel rispetto delle regole sulla sicurezza informatica, della netiquette e delle norme sulla privacy.

Sull’uso consapevole di Internet si veda anche l'Accordo della Conferenza Stato-regioni del 25 luglio 2012 concernente la diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado dei progetti e delle azioni di innovazione didattica. Insieme al canale televisivo MTV, con comunicato del 29 settembre 2014, il MIUR ha peraltro promosso un'iniziativa dal titolo #semipostiticancello, una web serie TV in 5 episodi finalizzata al contrasto del cyberbullismo.

Meritevole di segnalazione appare poi il Decreto direttoriale del MIUR n. 791 del 23 ottobre 2014, che contiene il Piano nazionale di educazione al rispetto reciproco, all’affettività, alle pari opportunità e alla lotta al bullismo e al cyberbullismo, volto alla diffusione tra gli studenti di buone pratiche legate alla consapevolezza del proprio ruolo di cittadini attivi nella promozione della cultura della legalità, con particolare riferimento al contrasto della violenza sulle donne e degli atteggiamenti e comportamenti omofobici, all’educazione all’affettività nel rispetto e nella valorizzazione dell’identità di genere e delle pari opportunità, alla lotta a fenomeni e tendenze legate al bullismo e al cyberbullismo. Agli obiettivi del piano il DM. 762 del 2014 (art. 4) ha destinato un finanziamento di 100.000 euro, da utilizzare, in particolare, per la realizzazione di un portale dedicato all’educazione al rispetto reciproco, all'affettività, alle pari opportunità e alla lotta al bullismo e al cyberbullismo.

Più recentemente, con il comunicato del 13 aprile 2015, il MIUR ha presentato delle linee di orientamento per interventi mirati alla prevenzione del bullismo e del cyberbullismo. Tra le azioni prospettate si sottolinea l'indirizzo di inserire nei piani dell'offerta formativa sia la formazione degli studenti mediante specifici moduli didattici di web, prevedendo nel regolamento scolastico una sezione dedicata all'uso degli smartphone e dei pc, sia la formazione degli insegnanti sul piano psico-pedagogico e sulle nuove tecnologie, come previsto anche dal Piano nazionale scuola digitale.

 

Nell’attuale legislatura, per quanto riguarda l’attività parlamentare, si segnala che il disegno di legge del Governo, cd."La Buona scuola" (tuttora in corso di esame parlamentare, v. AS. 1934 e dossier Servizio studi Camera n. 286/1 del 13 maggio 2015), prevede tra gli obiettivi di potenziamento dell’offerta formativa da inserire nella (nuova) programmazione triennale di tale offerta, sia lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti (con particolare riguardo al pensiero computazionale, all'utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media), sia la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di discriminazione e di bullismo, anche informatico (art. 2, comma 3).

Alla Camera dei deputati si ricordano, in particolare, due atti di sindacato ispettivo del maggio 2014 che hanno riguardato in maniera specifica le iniziative in tema di bullismo e cyberbullismo.

Nel primo (interrogazione a risposta in Commissione 5-02483 del 6 maggio 2014), il rappresentante del Governo ha prevalentemente dato conto delle sopra citate iniziative di prevenzione e contrasto messe in campo a tale data dal MIUR.

Nel secondo (seduta dell’Assemblea del 28 maggio 2014), in risposta all'interrogazione 3-00848 (Iniziative, anche normative, per garantire la tutela dei minori nell'utilizzo dei social network), il ministro dell'Interno Alfano ha riferito sulle caratteristiche del fenomeno del bullismo informatico e dell’attività di prevenzione ad opera delle scuole e del crescente impegno della polizia postale.

Secondo il Ministro "chi commette azioni di «prepotenza informatica», anche a causa della giovane età e della facilità di uso del mezzo, può non essere in grado di comprendere adeguatamente la portata lesiva delle azioni compiute e le conseguenze che ne possono derivare. L'emersione di queste forme comportamentali, inoltre, incontra una seria difficoltà nella forte reticenza, da parte delle giovani vittime, a denunciare i casi di aggressione online consistenti talora nel coinvolgimento, infatti, di molestia sessuale, di pornografia o in altri episodi altrettanto capaci di ledere la vulnerabilità della personalità dei minori. Per tali ragioni la forma più efficace di prevenzione deve basarsi su un'azione capillare di informazione e di sensibilizzazione diretta non solo alla fascia dei minorenni, per un uso cosciente e responsabile del mezzo informatico, ma anche agli adulti, al fine di creare un'efficace rete di protezione.

A tale scopo, la polizia di Stato è impegnata da anni a svolgere nelle scuole specifici progetti educativi sui rischi e sui pericoli connessi alla navigazione in Internet, in collaborazione con enti pubblici e privati. Sono stati più di 400 mila i bambini e circa 20 mila gli adulti incontrati, con il coinvolgimento simultaneo dei genitori e degli insegnanti. Sempre in questa direzione è stato sviluppato un progetto informativo itinerante, anche al di fuori del circuito scolastico, denominato «Una vita da social», che vedrà il coinvolgimento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la collaborazione dei principali attori del web, tra i quali Facebook, Google, Youtube, per illustrare i pericoli della rete e incoraggiare i ragazzi a denunciare i casi di cyberbullismo subiti. Infine, la costante attività di monitoraggio della polizia postale su oltre 28 mila siti ha portato all'oscuramento di più di 1.600 siti esteri, per vietarne la visione in Italia. Proprio quest'ultimo dato rende del tutto evidenti le esigenze di sviluppare le più ampie sinergie con le polizie degli altri Paesi e di rafforzare la collaborazione e lo scambio informativo….”.

 

Il contenuto delle proposte di legge

Introduzione

Le cinque proposte abbinate all’esame delle Commissioni Giustizia e Affari sociali (AA.C. 3139, approvata dal Senato, 1986, 2408, 2435 e 2670) prevedono una serie di misure di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e/o del bullismo informatico (cd. cyberbullismo). Due proposte (C. 3139 e C. 2670) propongono interventi relativi al solo bullismo informatico.

Ferme restando le diversità di approccio - sul piano penalistico o sociale - delle diverse proposte di legge, si segnalano tra le caratteristiche principali delle proposte di legge:

·           la definizione degli atti di bullismo e di cyberbullismo;

·           la previsione di specifiche sanzioni penali;

·           il coinvolgimento delle famiglie e l'introduzione dell'ammonimento al minore, prima della denuncia o della querela;

·           l'accesso a una procedura davanti al Garante della privacy a tutela del minore per ottenere l'oscuramento , la rimozione o il blocco dei dati personali illeciti;

·           la previsione di tavoli tecnici intergovernativi e piani d'azione integrati;

·           l'accresciuto ruolo delle istituzioni scolastiche per la prevenzione dei fenomeni illeciti e l'uso consapevole di Internet.

Si segnala che di una delle proposte di legge (C. 1986, Campana) è già stato avviato l’esame in sede referente da parte della Commissione Giustizia della Camera.

Di seguito è data sintetica illustrazione del contenuto delle proposte di legge, a partire dalla proposta C. 3139, approvata dal Senato.

 

La proposta di legge C. 3139, approvata dal Senato

La proposta di legge - composta da sei articoli - propone un complesso di interventi volti alla tutela dei minori dal fenomeno del cyberbullismo. In particolare, la p.d.l. detta una strategia integrata di contrasto del fenomeno che si caratterizza per l'estraneità all'area del diritto penale, privilegiando azioni di carattere preventivo e formativo.

All'articolo 1 è fornita una definizione del cyberbullismo, fenomeno che si manifesta attraverso una serie di atti di diversa natura, tutti aventi come scopo intenzionale e predominante quello di isolare un minore o un gruppo di minori, ponendo in atto un abuso, un attacco dannoso e la loro messa in ridicolo.

Se finalizzati a tale obiettivo ed attuati per via telematica sono atti di cyberbullismo:

-       qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione e trattamento illecito di dati personali, realizzate per via telematica;

-       la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto uno o più componenti della famiglia del minore

 

Nella bozza del Codice di autoregolamentazione del gennaio 2014, predisposta dal Ministero dello sviluppo economico, il cyberbullismo è definito come l’insieme di atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l'e-mail, la messaggistica istantanea, i blog, i telefoni cellulari e/o i siti web posti in essere da un minore, singolo o in gruppo, che colpiscono o danneggiano un proprio coetaneo incapace di difendersi. Il fenomeno è così definito.

 

Come accennato nella parte generale (v. ante), tali condotte fanno riferimento ad alcuni illeciti – qui caratterizzati dall’uso della via telematica – in gran parte già puniti dall’ordinamento penale come reato.

In particolare, in relazione al reato di stalking (art. 612-bis c.p., Atti persecutori), è attualmente previsto un aumento di pena quando il fatto è commesso “attraverso strumenti informatici o telematici”. L’aggravante “telematica”, introdotta nel 2013, si inserisce in un filone di interventi volti a codificare l'estensione dell'applicabilità di fattispecie penali alle condotte commesse attraverso l'uso della rete, affiancando così l'opera della giurisprudenza.

Analogamente, l’addestramento a fini di terrorismo di cui all’art. 570-quinquies c.p., recentemente modificato dal DL 7/2015, punisce con una aggravante il reato commesso “attraverso strumenti informatici o telematici”. In generale, tale locuzione ricorre in riferimento a numerosi reati previsti dal codice penale.

 

Diversamente, la proposta di legge C. 925-B, attualmente all’esame dell’Assemblea della Camera, modifica l’art 595 c.p. prevedendo come aggravante la diffamazione commessa “in via telematica” (art. 2). Analogamente è prevista come fattispecie dell’ingiuria (art. 594 c.p.) la commissione del reato mediante comunicazione telegrafica, telefonica o “telematica”.

Andrebbe quindi valutato se il riferimento, presente nell’art. 1, alla realizzazione del cyberbullismo solo “per via telematica” debba essere coordinato con le diverse locuzioni già utilizzate dalla legislazione vigente.

Si valuti, inoltre, se tutte le manifestazioni del cyberbullismo previste dall'articolo 1 identifichino in modo adeguato le condotte rilevanti; si consideri ad esempio il riferimento a “forme di pressione” sul minore realizzate per via telematica. Analoga considerazione vale in relazione alla “denigrazione”.

 

Il comma 3 dell’articolo 1 definisce quale “gestore del sito Internet” ai fini del provvedimento il prestatore di servizi della società d’informazione, diverso da quello degli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo n. 70/2003, che sulla rete Internet cura la gestione di un sito.

Il decreto legislativo n. 70/2003, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2000/31/CE definisce “servizi della società d’informazione” le attività economiche svolte on line, nonché, attraverso il richiamo all’articolo 1, comma 1, lettera b) della legge n. 317/1986, qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi. Gli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo fanno riferimento a tipologie particolari di prestatori di servizi della società d’informazione vale a dire ai provider che provvedono alla mera trasmissione di dati sulla Rete (attività di mere conduit, art. 14), ovvero alla memorizzazione temporanea di dati (attività di caching, art. 15) o infine alla memorizzazione di più lungo periodo delle informazioni (attività di hosting, art. 16).

In altre parole, appaiono esclusi dalla definizione di “gestore del sito Internet”, e quindi dall’ambito di applicazione del provvedimento, gli access provider (cioè i provider che forniscono connessione ad Internet, come Vodafone o Telecom Italia), nonché i cache provider, cioè i provider che memorizzano temporaneamente siti web, e i motori di ricerca (come Google). Rientrano invece nella definizione di “gestori del sito Internet” tutti i fornitori di contenuti su Internet.

La definizione di “gestore del sito Internet”, che sembra quindi escludere una responsabilità delle tipologie di provider sopra richiamate per i contenuti memorizzati, appare coerente con il principio di non responsabilità affermato dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 70/2003. Infatti tali disposizioni, in coerenza con la direttiva 2000/31/CE, escludono la responsabilità del prestatore di servizi di caching o di hosting a condizione che egli non sia effettivamente al corrente del fatto che i contenuti memorizzati risultino illeciti e che, non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere il contenuto o disabilitarne l'accesso (il principio di non responsabilità è ulteriormente rafforzato per le attività di mere conduit di cui all’articolo 14 per le quali il prestatore è comunque non responsabile a meno che non dia origine o modifichi la trasmissione o non ne selezioni il destinatario).

In senso contrario è però intervenuta nel maggio 2014 la sentenza della Corte di giustizia UE nella causa C-131/12 (cd. “causa Google Spain”) che ha affermato che il gestore di un motore di ricerca è responsabile, ai sensi della normativa UE in materia di tutela della privacy, del trattamento da esso effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi.

A livello di diritto interno, invece, la sentenza n. 29/2015 del gennaio 2015 della Corte d’Appello di Milano che ha escluso la responsabilità di Yahoo per aver pubblicato sulla propria piattaforma di video sharing contenuti tutelati dalle norme sul diritto d’autore e sui quali la società RTI vantava diritti di sfruttamento economico.  

L'articolo 2 istituisce una specifica procedura dinanzi al Garante per la protezione dei dati personali, che consente a ciascun minore ultraquattordicenne o ai genitori della vittima minorenne di ottenere una tutela rafforzata, volta all'adozione di provvedimenti inibitori e prescrittivi (oscuramento, rimozione o blocco dei dati personali diffusi su Internet) che garantiscano la dignità del minore oggetto di atti di cyberbullismo. La tutela è attivabile anche quando la diffusione non concreti un “trattamento illecito di dati” previsto dall’art. 167 del Codice della privacy (D.Lgs. 196/2003) o da altre norme incriminatrici.

La richiesta al Garante può essere proposta:

-        sia quando non sia possibile identificare il titolare del trattamento (o il gestore del sito);

-        sia quando quest'ultimo, richiesto dall'interessato, non abbia provveduto entro 48 ore all'adozione dei provvedimenti inibitori e prescrittivi.

Il Garante, entro 48 ore dalla segnalazione del minore (o del genitore), provvedendo ai sensi degli artt. 143 e 144 del Codice della privacy (D.Lgs. 196/2003), se non invita il titolare ad effettuare il blocco spontaneamente, gli prescrive le misure opportune o necessarie per rendere il trattamento conforme alla legge; in caso di mancato adempimento o anche direttamente, è il Garante a disporre il blocco o a vietare, in tutto o in parte, il trattamento che risulta illecito o non corretto. Analoghe misure possono essere adottate quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per il minore.

 

L’articolo 3, comma 1, dispone l’istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, senza oneri per la finanza pubblica. Il decreto deve essere adottato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame.

Al tavolo si prevedono le partecipazioni di rappresentanti dei Ministeri dell’interno, dell’istruzione, del lavoro, della giustizia, dello sviluppo economico, della salute, dell’ANCI, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, del Garante per la protezione dei dati personali e delle organizzazioni che sono già coinvolte nel programma Safer Internet Italia.

Si ricorda che del citato programma Safer Internet, collegato al sito “generazioni connesse”(v. ante, parte generale) che si propone di promuovere l'utilizzo sicuro di internet sono parte attiva, con il coordinamento del MIUR, la Polizia postale e delle comunicazioni, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Save the Children, Telefono Azzurro, Cooperativa E.D.I. (Educazione, diritti, infanzia) e Movimento Difesa del Cittadino.

 

Al tavolo prende inoltre parte una rappresentanza sia delle associazioni studentesche e dei genitori, sia una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto al bullismo.

Per i soggetti che partecipano ai lavori del tavolo non è prevista la corresponsione di alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque determinato.

Ai sensi del comma 2, il coordinamento del tavolo tecnico è affidato al MIUR. Il tavolo è chiamato a redigere, entro sessanta giorni dal suo insediamento, un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, nel rispetto delle disposizioni dell’Unione Europea in materia e nell’ambito del programma pluriennale UE (v. decisione 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008) relativa ad un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano Internet e altre tecnologie di comunicazione.

I commi 3 e 4 disciplinano i contenuti del predetto piano di azione.

Il piano è integrato con il codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, rivolto sia agli operatori che forniscono servizi di social networking, sia agli altri operatori delle rete Internet.

Il codice deve prevedere l’istituzione di un comitato di monitoraggio al quale è assegnato il compito di identificare procedure e formati standard per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore diffuso in Internet (v. ante art. 2, co. 1, della proposta) e di adottare un marchio di qualità da attribuire ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica e, in ogni caso, ai produttori di dispositivi elettronici che aderiscono ai progetti elaborati dal tavolo tecnico, in base alle modalità stabilite dal DPCM da emanare ai sensi del comma 1.

In proposito si rileva che nella bozza del codice di autoregolamentazione predisposta, come sopra accennato, dal Ministero dello sviluppo economico (v. ante), all’art. 5, è già configurata l’istituzione di un Comitato di monitoraggio, composto da esperti di comprovata esperienza e professionalità sulle tematiche connesse alla protezione dei minori e all’utilizzo delle nuove tecnologie e da tutti i firmatari del Codice medesimo.

 

Anche per i soggetti che partecipano ai lavori del comitato di monitoraggio non è prevista la corresponsione di alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque determinato (comma 3).

Con il piano di azione integrato devono essere inoltre stabilite le iniziative di informazione e di prevenzione del fenomeno del cyberbullismo che sono rivolte ai cittadini (comma 4).

 

L’articolo 4 prevede l’adozione, da parte del MIUR, di linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole, per l’attuazione delle finalità indicate all’articolo 1, comma 1.

L’adozione delle linee di orientamento deve avvenire entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame e senza oneri per la finanza pubblica.

 

Ai sensi del comma 2, le linee di orientamento devono includere i seguenti obiettivi:

-       la formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione per ogni autonomia scolastica di un proprio referente;

-       la promozione di un ruolo attivo degli studenti nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole;

-       la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti;

-       un sistema di governance efficace, diretto dal MIUR.

 

Sul punto, vedi ante, il comunicato del 13 aprile 2015, del MIUR che ha presentato le linee di orientamento per interventi mirati alla prevenzione del bullismo e del cyberbullismo nonché le iniziative in materia contenute nel disegno di legge del Governo su “La Buona Scuola”.

 

Il comma 3 prevede che gli uffici scolastici regionali promuovano la pubblicazione di bandi per il finanziamento di progetti di particolare interesse elaborati da reti di scuole in collaborazione con i servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, le prefetture – uffici territoriali del Governo, gli enti locali e i servizi territoriali, le Forze dell’ordine, le associazioni e gli enti di promozione sul territorio di azioni integrate di contrasto al cyberbullismo ed educazione alla legalità, per favorire nei ragazzi comportamenti di salvaguardia e di contrasto, agevolando e valorizzando il coinvolgimento di soggetti privati nelle attività di formazione e sensibilizzazione.

Il comma 4 stabilisce che le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell’ambito della propria autonomia e delle risorse disponibili a legislazione vigente, promuovono l’educazione all’uso consapevole delle rete Internet, come elemento trasversale alle diverse discipline curricolari, anche realizzando apposite attività progettuali con carattere di continuità tra i diversi gradi di istruzione.

Vedi ante, parte generale, le diverse iniziative del MIUR per un uso consapevole di Internet.

 

L'articolo 5 prevede misure di sostegno all'attività della Polizia postale, cui sono inoltre assegnati obblighi annuali di relazione al tavolo tecnico, che l'art. 3 della p.d.l. istituisce presso la Presidenza del Consiglio, sui risultati dell’attività di  contrasto al cyberbullismo. In particolare, per le attività in ambito scolastico connesse all'uso sicuro di Internet e alla prevenzione del cyberbullismo, è previsto un finanziamento di 220.000 euro all'anno nel biennio 2015-2016 a favore del Fondo per il contrasto alla pedopornografia su Internet, istituito dalla legge 48 del 2008 nello stato di previsione del Ministero dell'interno.

Infine, l'articolo 6 riguarda l’ammonimento del questore, la cui disciplina è mutuata da quella dello stalking (art. 612-bis c.p.) e appare finalizzata sia ad evitare il ricorso alla sanzione penale che a rendere il minore consapevole del disvalore del proprio atto e del carattere lesivo del cyberbullismo.

Viene previsto che, fino a quando non sia stata proposta querela o presentata denuncia da parte delle vittime (per ingiuria, diffamazione, minacce o trattamento illecito di dati personali commessi mediante Internet), il questore - assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti - alla presenza di almeno un genitore (o altro esercente la potestà genitoriale), potrà convocare il minorenne ultraquattordicenne responsabile di atti di cyberbullismo nei confronti di altro minorenne, ammonendolo oralmente ed invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge; dell’ammonimento è redatto processo verbale. L'ammonimento cessa di avere effetto al compimento della maggiore età.

La proposta di legge non prevede misure conseguenti alla violazione delle prescrizioni impartite con l’ammonimento.

 

La proposta di legge C. 1986 (Campana ed altri)

La proposta di legge C. 1986, composta da sei articoli, è volta con azioni di carattere preventivo e repressivo, al contrasto dei fenomeni sia di bullismo che di bullismo informatico in tutte le loro manifestazioni,

Mentre l’articolo 1 individua il citato obiettivo della legge, l’articolo 2 individua gli atti di bullismo ovvero i comportamenti reiterati che si traducono in insulti, offese e derisioni; le voci diffamatorie e le false accuse; i piccoli furti, le minacce, la violenza privata, le aggressioni; le lesioni personali volontarie e il danneggiamento di cose altrui.

Si tratta di condotte quasi tutte già costituenti reato e come tali sanzionate dal codice penale.

 

L'articolo 3 individua, invece, i comportamenti che debbono essere considerati atti di bullismo informatico (cyberbullismo).ovvero: i messaggi on line violenti e volgari mirati a suscitare battaglie verbali in un forum; la spedizione reiterata di messaggi insultanti mirati a ferire la vittima; offendere qualcuno al fine di danneggiarlo gratuitamente e con cattiveria via e-mail, messaggistica istantanea o sui social network; la sostituzione di persona al fine spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili; la pubblicazione di informazioni private o imbarazzanti su un'altra persona; l'ottenimento della fiducia di qualcuno con l'inganno al fine di pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici; l'esclusione deliberata di una persona da gruppi on-line al fine di provocare un sentimento di emarginazione; le molestie e le denigrazioni minacciose mirate a incutere timore; la registrazione con apparecchi elettronici di video o di audio degli atti di bullismo di cui all'articolo 2 e la pubblicazione degli stessi sui siti internet.

 

 

L'articolo 4 introduce il reato di bullismo e di cyberbullismo: è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con le condotte previste dagli articoli 2 e 3, cagiona un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero ingenera un fondato timore per la propria incolumità (comma 1).

Si tratterebbe dunque di un reato di evento ovvero di un reato per la cui esistenza è prevista la realizzazione di un determinato effetto esteriore (in questo caso un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero un fondato timore per la propria incolumità).

Il riferimento alla reiterazione dei comportamenti sembra ricondurre il bullismo alla categoria del reato continuato (art. 81, secondo comma, c.p.). L’illecito sembra infatti compiersi solitamente con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (la vessazione del soggetto più debole), commesse anche in tempi diversi e con più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge. In base a tale ricostruzione, la pena sarebbe quella che dovrebbe essere inflitta per il reato più grave aumentata fino al triplo.

Allo stesso tempo, il bullismo (come il cyberbullismo) potrebbe costituire un reato complesso ovvero un reato cui, secondo l'articolo 84, primo comma, c.p., non si dovrebbero applicare le disposizioni sul concorso di reati, laddove sono considerati come elementi costitutivi fatti che costituirebbero per sé stessi reati. 

Occorre quindi valutare se, per la realizzazione del nuovo reato, sia sufficiente anche una sola delle condotte individuate. In tale caso, infatti, si dovrebbe valutare quando ricorra il nuovo reato e quando invece si applichino le disposizioni relative ai singoli reati che ne costituiscono elemento costitutivo.

 

Il comma 2 dell'articolo 4 prevede che, se l’autore del reato è minore di anni 18, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 98 del codice penale (comma 2)

Si rammenta che, in base all'art. 98 c.p., è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena è diminuita. Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale o dell'autorità maritale. Pertanto, in base al codice, la capacità di intendere e di volere del minore di anni 18 ma non di anni 14 deve essere sempre accertata nel procedimento penale a suo carico: ne consegue l'assenza di un meccanismo presuntivo e la necessità di un accertamento caso per caso tanto della capacità d'intendere quanto della capacità di volere (si veda, da ultimo, Cass. pen. Sez. I, 5 maggio 2011, n. 33750; Cass. pen. Sez. V, 12 novembre 2010, n. 4104). Nei confronti del minore infraquattordicenne che abbia commesso un delitto e sia pericoloso, il giudice, tenuto specialmente conto della gravità del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore è vissuto, applica la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario o della libertà vigilata (art. 224 c.p. e artt. 36 ss. del processo minorile, DPR 448/1988).

In base al comma 3 dell'articolo 4, se il soggetto è minore di anni 14, i genitori e i dirigenti scolastici sono tenuti a predisporre un piano di lavoro straordinario negli istituti scolastici di appartenenza, oltre l'orario scolastico, secondo le modalità più consone e nel rispetto della persona (comma 3).

 

L'articolo 5 stabilisce che, qualora, con gli atti previsti dagli articoli 2 e 3, un minore abbia arrecato danni a una struttura scolastica, egli è chiamato a ripararli. Nei casi di danneggiamento grave i genitori o il tutore, tenuto conto delle condizioni economiche della famiglia, sono tenuti alla riparazione economica del danno in solido con l'istituto scolastico.

Si rammenta che l'art. 2048 c.c. prevede che i genitori (o il tutore) sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi (primo comma).). Tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

 

L'articolo 6 pone obblighi in capo al dirigente scolastico, stabilendo che, qualora venga a conoscenza degli atti di bullismo e di bullismo informatico deve informare prioritariamente le famiglie dei soggetti coinvolti; deve convocare una riunione con i soggetti coinvolti e uno psicologo della Associazione [rectius: Azienda] sanitaria locale di competenza al fine di esaminare la situazione e predisporre percorsi ad personam per l'assistenza alla vittima e la rieducazione del bullo; nei casi più gravi è tenuto a sporgere denuncia all'autorità giudiziaria.

Si rammenta che il dirigente scolastico è un pubblico ufficiale. Come tale è tenuto a fare denuncia quando, nell'esercizio della funzione, ha notizia di un reato perseguibile d'ufficio (art. 331 c.p.p.).

L'articolo 6 della proposta di legge costituisce quindi una deroga all'art. 331 c.p.p. Si osserva, infatti, che non tutti i reati che costituiscono bullismo o cyberbullismo sono perseguibili di ufficio e come tali soggetti ad obbligo di denuncia; sono, ad esempio, procedibili solo a querela di parte i reati di lesioni, percosse, ingiuria, diffamazione, furto semplice.

Sarebbe, inoltre, utile individuare i casi più gravi in presenza dei quali permane l'obbligo di denuncia in capo al dirigente scolastico. Occorre infatti tenere conto del fatto che l'omessa denuncia di reato diverso da quelli punibili a querela, da parte del pubblico ufficiale, è punita dall'art. 361 c.p. con la multa da euro 30 a euro 516.

 

La proposta di legge C. 2408 (Iori ed altri)

La proposta di legge, composta da dodici articoli, è finalizzata al contrasto e alla prevenzione del bullismo, anche informatico.

Come la proposta C. 3139, approvata dal Senato, la p.d.l. in esame è priva di profili di rilievo penale, essendo incentrata su azioni di carattere preventivo, educativo e formativo.

 

L’articolo 1 fornisce la definizione degli atti di bullismo e di bullismo informatico in danno di un minore.

Il primo è definito come qualunque atto, anche solo tentato, di: molestia, ingiuria, diffamazione, minaccia o ricatto; aggressione o persecuzione psicologica, anche non integrante reato; diffusione di voci diffamatorie o false accuse; percosse, lesioni, furti o volontario danneggiamento di cose altrui al fine di molestare la vittima, anche non integranti reato; offese aventi ad oggetto l'orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, l'opinione politica o le condizioni personali o sociali della vittima; furto d'identità, manipolazione, alterazione, sottrazione o trattamento illecito dei dati personali; istigazione al suicidio o all'autolesionismo, in qualunque forma anche non integrante reato.

Il bullismo informatico è inteso, invece, come uno qualunque degli atti sopraindicati perpetrato tramite rete telefonica o telematica, messaggistica istantanea, posta elettronica o social network, nonché la volontaria immissione nella rete internet di immagini, video o altri contenuti multimediali aventi ad oggetto minorenni al fine di offenderne l'onore o il decoro ovvero istigare la commissione di atti di bullismo (come sopradefiniti).

Sia per il bullismo che per il bullismo informatico è previsto il tentativo.

Il delitto tentato è contemplato dall'art. 56 c.p. che stabilisce la punibilità di chi: compie atti diretti in modo non equivoco a commettere un delitto se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.

Fermo restando l’opportunità di valutare la necessità di una apposita previsione di punibilità del tentativo, va segnalato come alcuni dei reati definiti come cyberbullismo appaiono a realizzazione istantanea, difficilmente configurabili nella forma del tentativo (si pensi, ad esempio, all'ingiuria)

 

L’articolo 2 indica finalità e principi generali della proposta di legge ovvero definire e combattere il fenomeno del bullismo e del bullismo informatico, privilegiando le azioni di carattere preventivo, formativo ed educativo. La norma precisa il coinvolgimento in tal senso dello Stato e degli enti locali, nelle azioni rieducative e di recupero dei minori coinvolti.

 

Anche la proposta in esame reca (articolo 3) come le proposte C. 3139 - cui si rinvia per la descrizione - e C. 2435, la disciplina per la procedura presso il Garante della privacy volta alla tutela della riservatezza del minorenne vittima di cyberbullismo in caso di inerzia del titolare del sito Internet. Legittimato alla presentazione della domanda al Garante è qui il solo genitore (o chi ne fa le veci) del minore, mentre nelle proposte di legge C. 3139, C. 2435 e C. 2670 la legittimazione è anche del minore parte lesa.

 

L’articolo 4 dispone l’istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di un tavolo tecnico per la prevenzione ed il contrasto del bullismo e del cyberbullismo, senza oneri per la finanza pubblica. La disposizione è di contenuto analogo a quella di cui all’art. 3 della proposta C. 3139, approvata dal Senato (riferita al solo cyberbullismo), cui si rinvia per la descrizione.

 

L’articolo 5 prevede la nomina fra i docenti, da parte di ogni istituto nell’ambito della propria autonomia, di un referente scolastico per il contrasto del bullismo e del bullismo informatico. Il referente è indicato dal collegio dei docenti e ha il compito di raccogliere dati e di coordinare le misure di prevenzione e di contrasto di entrambi i fenomeni.

L’articolo 6 prevede l’emanazione, da parte del MIUR, di linee guida per la prevenzione, la protezione e il contrasto del fenomeno del bullismo e del bullismo informatico negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (comma 1) (v. ante art. 4, comma 1, C. 3139).

Il comma 2 dispone che le predette linee guida prevedano corsi di formazione per il personale scolastico per garantire l’acquisizione di competenze teoriche e pratiche idonee a prevenire e a contrastare il bullismo e il bullismo informatico e per fornire sostegno alle vittime.

Ai sensi del comma 3, ogni istituto scolastico deve garantire la partecipazione del proprio referente per il contrasto del fenomeno del bullismo e del bullismo informatico (v. ante art. 5) a tali corsi di formazione.

Si stabilisce inoltre (comma 4) che gli uffici scolastici regionali devono garantire l’emanazione di bandi per il finanziamento di progetti di particolare interesse elaborati da reti di scuole in collaborazione con gli enti locali, i servizi territoriali e le Forze dell’ordine e con le associazioni ed enti per la promozione nel territorio di azioni integrate per il contrasto del bullismo e del bullismo informatico.

In merito alle iniziative e ai progetti attualmente già avviati, v. ante, art. 4, comma 3, C. 3139.

Il comma 5 dispone infine che ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, deve svolgere un’attività di controllo sull’incidenza degli atti di bullismo e di bullismo informatico e sui modelli comportamentali ricorrenti nei soggetti che compiono tali atti fra i propri studenti. Tale attività di controllo può essere svolta anche attraverso la predisposizione di sondaggi in forma anonima, al fine di adottare adeguate misure preventive.

 

L’articolo 7 affida alla polizia postale e delle comunicazioni il compito di supportare gli enti locali e le scuole nell’attività informativa nei confronti dei minorenni e le loro famiglie circa i pericoli derivanti dal bullismo e dal cyberbullismo, dall’adescamento e dalla violazione della disciplina a tutela della riservatezza.

 

Alla stessa polizia postale (articolo 11), su richiesta motivata della magistratura, a pena di nullità, sono affidati compiti di contrasto del delitto di istigazione al suicidio (art. 580 c.p.) commesso mediante l’impiego di strumenti informatici o telematici; si tratta, quindi di delitto come conseguenza di atti di cyberbullismo.

L’art. 580 c.p. sanziona chiunque determina altri al suicidio, ne rafforza il proposito ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione. Se il suicidio avviene, la pena è la reclusione da 5 a 12 anni; in caso contrario, vi è la reclusione da 1 a 5 anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima; la pena è aggravata in relazione a condizioni personali della persona istigata (minorenne o infermo di mente). se, invece, se la persona suddetta è minore di 14 anni o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio (reclusione di almeno 21 anni).

Andrebbe chiarito al comma 1 il significato della locuzione ”a pena di nullità”, in quanto non attinente a specifici atti.

Lo stesso art. 11 delega le Asl territoriali e le scuole alla realizzazione di specifici interventi per la prevenzione del suicidio derivante da atti di bullismo e  cyberbullismo.

 

L’articolo 8 dispone che, nell’ambito della propria autonomia e in conformità alle linee guida previste all’articolo 6, ogni istituto scolastico, anche tramite tali linee guida, provvede ad informare ed educare gli studenti circa il corretto e sicuro utilizzo della rete internet (comma 1).

In merito alle iniziative di informazione ed educazione degli studenti attualmente già avviate v. ante (scheda art. 4, comma 4, C. 3139).

Si prevede l’inserimento negli istituti scolastici di ogni ordine e grado della materia relativa all’educazione all’uso consapevole della rete internet, in base a quanto stabilito dalla predette linee guida (comma 2).

 

L’articolo 9 prevede l’obbligo di immediata informazione ai genitori (o chi ne fa le veci) dei minorenni coinvolti, da parte del dirigente scolastico che venga a conoscenza, anche tramite altri docenti, di atti di bullismo o di bullismo informatico, (comma 1). Si dispone inoltre (comma 2) che, valutate la gravità e la reiterazione della condotta di bullismo o di bullismo informatico, il dirigente scolastico può convocare una riunione dei soggetti coinvolti con il referente per la prevenzione (v. ante art. 5) e con le altre figure professionali, tra i quali sono indicati educatori o psicologi con competenze specifiche, per predisporre percorsi personalizzati finalizzati all’assistenza alla vittima e per la rieducazione dell’autore degli atti di bullismo o di bullismo informatico.

Si rinvia alle osservazioni già svolte sugli obblighi di denuncia di reato da parte del dirigente scolastico (cfr. art. 6, proposta C.1986).

 

L’articolo 10 riguarda la disciplina dell’ammonimento del questore, comune a quella dettata dagli artt. 6 della p.d.l. 3139 (alla cui descrizione si rinvia), 10 della C. 2408, 7 della C. 2435 e 5 della C. 2670. Rispetto alla disciplina della C. 3139, non è prevista l’obbligatoria convocazione del genitore (insieme al minore) da parte del questore nonché la cessazione degli effetti dell’ammonimento al compimento dei 18 anni.

 

L’articolo 12, infine, affida alla Presidenza del Consiglio, in collaborazione con il MIUR e l’AGCOM, la predisposizione sui giornali, TV e altri mezzi di comunicazione di campagne di informazione, prevenzione e sensibilizzazione sul problema del bullismo e del bullismo informatico. Le campagne sono avviate in conformità del Piano di azione integrato presentato dal tavolo tecnico presso la stessa Presidenza del Consiglio (cfr. art. 4).

 

La proposta di legge C. 2435 (Brambilla)

La proposta in esame, composta da otto articoli, prevede azioni di contrasto e prevenzione del bullismo e del bullismo informatico.

L’articolo 1 indica le finalità della proposta precisando l’attivo coinvolgimento nell’attività di contrasto delle strutture scolastiche e delle famiglie.

 

L’articolo 2 fornisce, al comma 1, la definizione degli atti di bullismo: comportamenti reiterati che si traducono in insulti, offese e prese in giro che hanno ad oggetto l'orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, l'opinione politica, le condizioni personali o sociali della vittima; atti diffamatori e false accuse; furti anche di lieve entità; estorsione; minacce; violenza privata; giochi violenti; esclusione deliberata di un soggetto da un gruppo al fine di provocare un sentimento di emarginazione; lesioni personali volontarie; percosse volontarie; danneggiamento, compreso quello dell'istituto scolastico e di tutto ciò ad esso pertinente.

Si tratta, anche in tal caso, di condotte di reato già singolarmente sanzionate dal codice penale.

Il comma 2 definisce, invece, come atti di bullismo informatico la registrazione con telefoni cellulari, videocamere o, in generale, con strumenti che consentano la ripresa delle azioni, nonché la pubblicazione on line degli atti di bullismo di cui al comma 1, compiute senza il consenso della persona offesa, allo scopo di renderli visibili a tutti.

 

Le conseguenze sanzionatorie degli atti di bullismo e cyberbullismo sono previste dal successivo articolo 3, di contenuto analogo a quello dell’art. 4 della proposta 1986. Infatti, tali atti sono puniti quando da essi derivi un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero un fondato timore per la propria incolumità. La disposizione in esame aggiunge come conseguenza dell’illecito anche la circostanza che la vittima sia costretta ad alterare le proprie abitudini di vita (comma 1).

Il contenuto dei commi 2 e 3 (disciplina applicabile se il bullo o il cyberbullo è un minore di 18 o 14 anni) è identico a quello dei commi 2 e 3 dell’art. 4 della p.d.l. 1986: è quindi stabilita, rispettivamente, l’applicazione dell’art. 98 c.p. e l’adozione di un piano rieducativo scolastico.

Il comma 4 prevede inoltre, a carico degli autori di atti di bullismo o di cyberbullismo, l'applicabilità delle sanzioni disciplinari previste ai commi 9 e 9-bis dell'articolo 4 del regolamento di cui al DPR 249/1998 (Statuto degli studenti della scuola secondaria) che stabiliscono l'allontanamento dello studente dalla comunità scolastica quando siano stati commessi reati che violano la dignità e il rispetto della persona umana o vi sia pericolo per l'incolumità delle persone (comma 4). Le eventuali impugnazioni sui provvedimenti disciplinari sono proposte ad un organo di garanzia interno della scuola.

 

L’articolo 4 reca la disciplina per l’eventuale risarcimento dei danni derivanti dagli atti di bullismo, anche qui in capo ai genitori (o al tutore del minore). Rispetto alla p.d.l. 1986, che reca una disposizione analoga (art. 5), viene  previsto il risarcimento in capo agli stessi soggetti anche delle spese eventualmente necessarie per la riabilitazione dei soggetti violenti e la cura psicologica dei minori offesi.

In relazione all’imputazione della responsabilità civile nei confronti della vittima di bullismo a scuola, va ricordata la sentenza n. 8108 del 2013 del Tribunale civile di Milano.

Il tribunale ha riconosciuto, a seguito di una consulenza tecnica d’ufficio, l’esistenza di un “danno psicologico” della vittima costituito da una sindrome, causata dall’aggressione e dalle percosse subite. Mentre l’art. 4 della proposta in esame ascrive la responsabilità risarcitoria per le cure psicologiche del minore offeso al genitore del bullo, la sentenza milanese ha condannato al risarcimento la scuola (il MIUR) per colpa in vigilando.

Si legge nella sentenza che l’elemento che viene richiesto per superare la presunzione di responsabilità, che nasce dal contratto di “affidamento alla scuola degli allievi”, è la dimostrazione della concreta adozione di “misure preventive” atte a contenere l’insorgere di situazioni pericolose.

 

L’articolo 5 prevede un obbligo di attivazione del dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di bullismo. Si prevede, previa informazione alle famiglie dei minori coinvolti, la convocazione di una riunione - cui sono chiamati a partecipare i minori e i loro genitori e uno psicologo della ASL – che delinei un percorso rieducativo dell’autore degli atti di bullismo.

L’art. 5 stabilisce che, nei casi più gravi, il dirigente scolastico debba sporgere denuncia alla magistratura.

I pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l’obbligo di denunciare all’autorità giudiziaria o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, la notizia di ogni reato procedibile d’ufficio di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio (art. 331 c.p.p.).

Sull’obbligo di denuncia e la gravità dei reati, si vedano le osservazioni già svolte con riguardo all’articolo 6 della proposta C. 1986.

L’articolo 6 della proposta di legge riproduce il contenuto dell’art. 2 delle p.d.l. 3139, approvata dal Senato (cui si fa rinvio per la descrizione) e di disposizioni analoghe delle altre p.d.l. La disposizione è relativa alla procedura volta a consentire ai genitori, o tutori, di minori vittime di atti di bullismo informatico una tutela rafforzata davanti al Garante per la protezione dei dati personali (diversamente che nella p.d.l. in esame, nella proposta C. 3139, può avanzare la richiesta al Garante anche il minore ultraquattordicenne).

 

L’articolo 7 prevede - come l’art. 6 della citata C. 3139 (v. ante), l’art. 10 della C. 2108 e l’art. 5 della C. 2670 - la procedura di ammonimento del minore da parte del questore. Viene qui previsto che la richiesta di ammonimento provenga anche dal dirigente scolastico, previa esposizione dei fatti di bullismo davanti all’autorità di pubblica sicurezza.

Rispetto alla disciplina della C. 3139 mancano sia la previsione sulla convocazione obbligatoria del genitore (insieme al minore) da parte del questore sia la previsione che gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età.

 

L’articolo 8 della p.d.l. dispone che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, nell’ambito dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, promuove attraverso specifici percorsi didattici:

-       l’educazione digitale finalizzata a sensibilizzare e a responsabilizzare i minori per un uso corretto della rete Internet mirando, in particolare, alla realizzazione di uno specifico programma volto alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno del bullismo informatico;

-       l’educazione alla sessualità, attraverso il rafforzamento dei percorsi didattici già previsti con lo scopo di sensibilizzare, informare e formare gli studenti a un modello culturale corretto di sessualità e di affettività; in particolare si prevede la promozione di azioni di prevenzione della violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere.

Nei percorsi didattici indicati, si prevede il coinvolgimento di ogni altra istituzione competente, ente o associazione operante a livello nazionale o territoriale nell’ambito delle tematiche trattate e di rappresentanze dei genitori (comma 2). Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, allo scopo di realizzare i predetti percorsi didattici, promuove l’istituzione di corsi di formazione del personale scolastico della scuola primaria e secondaria finalizzati all’acquisizione di idonee competenze teoriche e pratiche. Promuove inoltre l’istituzione, nei consigli d’istituto e nei collegi dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado, di referenti per l’educazione digitale e per l’educazione alla sessualità preposti a sollecitare misure educative per gli scopi prefissati (comma 3). Ai sensi del comma 4, infine, si prevede entro tre mesi l’adozione di disposizioni regolamentari da parte del MIUR per l’attuazione di quanto previsto dalla disposizione in esame.

 

La proposta di legge C. 2670 (Iori ed altri)

Il provvedimento, composto da dieci articoli, detta misure di contrasto e prevenzione del solo cyberbullismo.

 

L’articolo 1 indica le finalità della proposta (il contrasto alle diverse forme e manifestazioni di cyberbullismo o bullismo informatico e ai reati ad esso riconducibili).

 

L’articolo 2 concerne le definizioni di cyberbullismo cioè: ogni atto commesso tramite rete telefonica o telematica, messaggistica istantanea, rete internet, e-mail e social network, che contenga: molestia, minaccia, atti persecutori e atti riconducibili all'estorsione; ingiuria, diffamazione e false accuse; offese aventi ad oggetto l'orientamento sessuale, la razza, la lingua, la religione, l'opinione politica e le condizioni personali e sociali della vittima; sostituzione di persona, furto d'identità, manipolazione, alterazione, sottrazione o trattamento illecito dei dati personali; istigazione al suicidio o all'autolesionismo.

Come norma di chiusura, si prevede che costituisca altresì cyberbullismo la volontaria immissione nella rete internet di immagini in formato elettronico, video o altri contenuti multimediali, al fine di offendere l'onore e il decoro della vittima o istigare la commissione di atti di cui al presente articolo.

 

L’articolo 3 prevede che una serie di reati già previsti dal codice penale – e in parte già indicati all’art. 2 - ove commessi mediante la rete Internet, costituiscano reato di cyberbullismo. Si tratta dei seguenti reati: ingiuria, diffamazione, minacce, estorsione, stalking, sostituzione di persona, trattamento illecito di dati personali e istigazione al suicidio. Le sanzioni rimangono quelle già previste dal codice penale per i reati-base, aumentate fino alla metà se la vittima è un minore (l’aggravante comune di cui all’art. 61 c.p., primo comma, n. 5, prevede un aumento fino a un terzo).

Il richiamo all’art. 98 riguarda l’imputabilità del minorenne di età superiore a 14 anni cui sia riconosciuta la capacità di intendere e di volere.

Si osserva che la sanzionabilità dei reati richiamati, anche se commessi tramite Internet, è già prevista dalla legge penale (es. lo stalking, art. 612-bis c.p.) e comunque ammessa dalla giurisprudenza.

L’articolo 4 stabilisce che, nel procedimento penale per cyberbullismo davanti al tribunale dei minorenni, nel caso in cui non sia possibile il perdono giudiziale, il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto o altra misura meno afflittiva, si applichi sempre la messa alla prova del minore.

Il perdono giudiziale è una causa di estinzione del reato e si riferisce a quei reati (puniti con reclusione non superiore a 2 anni o pena pecuniaria non superiore a 5 euro) consumati o tentati da soggetti che al momento del compimento dell’azione criminosa risultano non aver raggiunto la maggiore età. Tale istituto, disciplinato dall’art. 169 c.p., presuppone l’accertamento, sia nella fase delle indagini preliminari, sia in dibattimento di un reato da perdonare e di un giudizio prognostico positivo sul comportamento futuro dell’imputato.

La sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto può essere chiesta dal PM al giudice durante le indagini preliminari quando esistono tre condizioni: il reato è tenue, il comportamento del minorenne è occasionale, l'ulteriore corso del procedimento pregiudicherebbe le esigenze educative del minorenne (art. 27, processo minorile).

La sospensione del processo e messa alla prova dell’imputato minorenne possono essere disposti dal giudice minorile quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova stessa. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a 3 anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 12 anni; negli altri casi per un periodo non superiore ad 1 anno. All’esito positivo della prova, il reato è estinto (art. 28, 29, processo minorile).

 

L’articolo 5 detta la disciplina dell’ammonimento del questore, analoga a quella già prevista dalle proposte nn. 3139, 2408 e 2435. In questo caso, l’ammonimento può riguardare, tuttavia, i soli minori di età superiore a 14 anni.

 

L’articolo 6 detta una disciplina analoga a quella della proposta n. 2408 (art. 10) in materia di attività della polizia postale e delle comunicazioni di contrasto dell’istigazione al suicidio tramite la rete. L’art. 6 prevede, in materia, anche un piano integrato sul territorio promosso dal Ministero dell’interno.

 

Mentre l’articolo 7 prevede – come nelle proposte nn. 3139, 2408 e 2435 - il procedimento di tutela del minore presso il Garante della privacy, volto all’oscuramento e alla rimozione da Internet dei dati personali illecitamente immessi, l’articolo 8 concerne specifici programmi regionali di prevenzione e contrasto del cyberbullismo.

In particolare, l’art. 8 stabilisce in capo agli osservatori regionali permanenti sul fenomeno del bullismo istituiti dalla direttiva del MIUR del 2007, il compito, nell’ambito delle proprie strategie operative, di elaborare azioni di prevenzione, sensibilizzazione e contrasto, anche con riferimento al cyberbullismo, coinvolgendo tutte le componenti delle realtà scolastiche attraverso programmi di intervento rispondenti alle esigenze degli specifici contesti territoriali (comma 1).

Si dispone (comma 2) che tali attività prevedono, anche con il supporto della Polizia postale e delle comunicazioni, corsi di formazione per il personale scolastico al fine di garantire l’acquisizione di competenze teoriche e pratiche idonee a prevenire e contrastare il cyberbullismo, nonché a fornire sostegno alle vittime.

Ciascun istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, deve nominare, fra i docenti, un referente per il fenomeno del cyberbullismo, indicato dal collegio dei docenti, con il compito di monitorare e coordinare le misure di prevenzione e contrasto. Tali misure possono anche prevedere la predisposizione di sondaggi in forma anonima, al fine di adottare adeguate misure di intervento (comma 3).

Analoghe disposizioni sono contenute all’art. 6, commi 4 e 5, della p.d.l. C. 2408 (v. ante).

Nell’ambito della propria autonomia, conformemente ad apposite linee guida, ogni istituto scolastico provvede a informare e a educare gli studenti circa il corretto e sicuro utilizzo della rete internet.

Anche in tal caso, disposizioni analoghe sono previste all’art. 4, comma 4, C 3139, all’art. 8, comma 1, C. 2408, e all’art. 8, comma 1, lett. a), C. 2435.

Si segnala che non è inserita nella disposizione contenuta al comma 1, nè nell’ambito dell’intero provvedimento, la previsione concernente le linee guida indicate, cui tuttavia rinvia l’art. 8, comma 4.

 

L’informazione e l’educazione degli studenti può avvenire anche tramite progetti elaborati da reti di scuole in collaborazione con enti locali, servizi territoriali, Forze di polizia, associazioni ed enti, avvalendosi del supporto fornito dalla Polizia postale e delle comunicazioni, anche al fine di informare i minorenni e le famiglie sui pericoli del cyberbullismo, dell’adescamento e della violazione della privacy, e sui diritti e i doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche (comma 4).

La disposizione è analoga a quella contenuta all’art. 4, comma 3, della proposta di legge C. 3139.

 

L’articolo 9 (analogo all’art. 9 della proposta di legge C. 2408) dispone che, ove il dirigente scolastico venga a conoscenza, anche tramite i docenti, di atti previsti all’articolo 2, informa senza indugio i soggetti esercenti la potestà genitoriale o il tutore dei minorenni coinvolti (comma 1).

Lo stesso dirigente scolastico, ai sensi del comma 2, può, una volta valutata la gravità e la reiterazione della condotta, convocare una riunione con i soggetti coinvolti, il referente per la prevenzione del cyberbullismo e altre figure professionali (tra queste figure la disposizione indica educatori o psicologi con competenze specifiche), allo scopo di predisporre percorsi personalizzati per l’assistenza alla vittima e per l’accompagnamento rieducativo dell’autore degli atti di cyberbullismo.

 

L’articolo 10 prevede, infine, la predisposizione di campagne informative e di prevenzione del cyberbullismo da parte della Presidenza del Consiglio, in collaborazione con MIUR e l’AGCOM.