Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Esercizio abusivo di una professione - A.C. 2281 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 230 | ||
Data: | 20/10/2014 | ||
Descrittori: |
| ||
Organi della Camera: | II-Giustizia |
Esercizio abusivo di una professione
20 ottobre 2014
|
Indice |
Normativa vigente|Contenuto della proposta di legge|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
Il provvedimento all'esame della Commissione Giustizia, già approvato dal Senato, inasprisce le pene previste per il delitto di esercizio abusivo di una professione (art. 1).
Il provvedimento, inoltre:
Normativa vigenteL'Reclusione fino a 6 mesi o multa da 103 a 516 euroesercizio abusivo di una professione è punito dall'art. 348 del codice penale con la pena alternativa della reclusione fino a 6 mesi o della multa da 103 a 516 euro. La sanzione si applica nei confronti di chiunque abusivamente eserciti una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. La fattispecie si applica quindi a chiunque eserciti una professione regolamentata per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, in assenza dei requisiti appositamente richiesti dalla legislazione statale. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11545 del 2012, ha affermato che «Gli atti nonché gli adempimenti delle professioni regolamentate sono riservati a coloro che sono iscritti agli albi; qualsiasi attività tipica e di competenza specifica va a configurare il reato di esercizio abusivo della professione. Commette, quindi, il reato di esercizio abusivo della professione il soggetto che svolge attività "tipica e di competenza specifica" della professione regolamentata senza però essere iscritto all'Albo professionale».
La norma penale dell'art. 348 presuppone e rimanda ad altre disposizioni che determinano le condizioni oggettive e soggettive in difetto delle quali non è consentito, ed è quindi abusivo, l'esercizio dell'attività protetta (Cass., Sez. VI, 3.4.1995). La Corte costituzionale (sentenza 27 aprile 1993, n. 199) ha peraltro escluso che l'art. 348 c.p. rappresenti una norma penale in bianco, affermando che «l'art. 348 c.p. lungi dall'operare un meccanico rinvio ad altre fonti dell'ordinamento quali elementi strutturali del precetto, delinea esaurientemente la fattispecie in tutte le sue componenti essenziali. Il fatto costitutivo del reato, infatti, assume i connotati dell'antigiuridicità attraverso la realizzazione dell'atto o degli atti mediante i quali "abusivamente" viene esercitata una determinata professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato».
Il carattere abusivo dell'esercizio sussiste allorquando l'agente sia sfornito del titolo, ovvero non abbia adempiuto alle formalità prescritte, oppure si trovi temporaneamente interdetto o inabilitato dall'esercizio della professione. In ogni caso, secondo la giurisprudenza, l'esame circa la sussistenza delle condizioni sopra menzionate va effettuato in concreto. Occorre a tal fine verificare se, in relazione all'attività effettivamente svolta, il soggetto potesse dirsi legittimato secondo la legislazione statale.
Il codice penale, con questo delitto, intende tutelare l'interesse generale a che determinate professioni, in ragione della loro peculiarità e della competenza richiesta per il loro esercizio, siano svolte solo da chi sia provvisto di standard professionali accertati da una speciale abilitazione rilasciata dallo Stato. Dal momento che il reato tutela l'interesse generale, e non l'affidamento del singolo sulle capacità professionali e tecniche del soggetto cui si rivolge per lo svolgimento di attività inerenti professioni protette, il delitto in parola sussiste anche in caso di possesso, in capo al soggetto non legittimato, dei requisiti tecnici ed attudinali richiesti per l'esercizio della professione, quando non accertati e documentati mediante l'iscrizione all'apposito albo professionale, o tramite il possesso dell'abilitazione (Cass., Sez. VI, 10.3.1989), ovvero nel caso in cui il soggetto, pur avendo superato l'esame di Stato necessario a conseguire la relativa abilitazione, non sia comunque iscritto nel relativo albo professionale (Cass., Sez. VI, 5.3.2004). Alla mancanza del titolo di abilitazione viene equiparata, oltre all'ipotesi di invalidità dello stesso (Cass., Sez. VI, 5.6.2006), l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione (Cass., Sez. VI, 15.2.2007), conseguente tanto ad una condanna per i delitti commessi con l'abuso di una professione, quanto all'esistenza di una situazione di incompatibilità derivante dalle condizioni soggettive dell'agente, ma non l'esercizio della professione in violazione delle regole di competenza territoriale.
L'esercizio abusivo della professione è un reato solo eventualmente abituale, in quanto lo stesso può essere integrato dal compimento anche di un solo atto tipico o proprio della professione. |
Contenuto della proposta di leggeL'Modifiche al codice penalearticolo 1 della proposta di legge interviene sul codice penale. In particolare, il comma 1 sostituisce l'art. 348 del codice penale, apportandovi le seguenti modifiche:
In relazione alla previsione della confisca obbligatoria delle attrezzature, si valuti la possibilità di escludere l'applicazione dell'istituto quando il bene appartiene a persona estranea al reato, in analogia con quanto già disposto dall'art. 240 del codice penale, che disciplina la confisca penale. Il comma 2 inserisce un nuovo comma nell'Art. 589 c.p.articolo 589 del codice penale, relativo al delitto di omicidio colposo. La modifica è volta a prevedere l'applicazione della pena aggravata della reclusione da 3 a 10 anni (già prevista in relazione ad alcune specifiche ipotesi di violazione della disciplina sulla circolazione stradale: fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope) quando la morte per colpa è causata nell'esercizio abusivo di una professione o di un'arte sanitaria. Infine, il comma 3 Art. 590 c.p.interviene sul delitto di lesioni personali colpose, di cui all'art. 590 del codice penale, di nuovo per prevedere una pena aggravata quando la lesione grave o gravissima sia cagionata nell'esercizio abusivo di una professione o di un'arte sanitaria. In particolare,
Anche in questo caso, la pena aggravata per le lesioni gravi e gravissime cagionate nell'esercizio abusivo di una profesisone o di un'arte sanitaria è identica a quella già prevista dal codice in relazione alla violazione della disciplina sulla circolazione stradale con fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. L'articolo 2 della proposta modifica il testo unico delle leggi sanitarie, R.D. 1265 del 1934, intervenendo sull'art. 123 relativo alla professione di farmacista, sostanzialmente per depenalizzare la condotta di Detenzione di farmaci scaduti, guasti o imperfettidetenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti quando dalle particolari modalità della stessa sia possibile desumere che i farmaci non siano destinati al commercio. L'art. 123 del testo unico delle leggi sanitarie rinvia all'art. 443 c.p. nel caso in cui il titolare della farmacia trasgredisca l'obbligo di curare che i medicinali, dei quali la farmacia è provvista, non siano nè guasti nè imperfetti. A sua volte il codice penale, all'art. 443, punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, e con la multa non inferiore a 103 euro chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti. Se il fatto è commesso per colpa, in base all'art. 452 del codice penale, la pena prevista dall'art. 443 è ridotta da un terzo a un sesto. La detenzione di medicinali scaduti integra il delitto, in quanto da un lato sussiste una presunzione assoluta di pericolosità del medicinale scaduto basata sulla previsione di perdita di efficacia dello stesso e, dall'altra, per la previsione di tale reato è richiesta la semplice imperfezione del farmaco, sussistente dopo la sua scadenza (Cass., Sez. IV, 22.1.2013, n. 11481).
La giurisprudenza ha precisato che ai fini della sussistenza del reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti, nel caso in cui sia stata accertata la detenzione per la vendita, nei locali di una farmacia, di medicinali aventi validità scaduta, non è necessario provare anche la effettiva somministrazione degli stessi (Cass., Sez. I, 31.10.2007). Secondo l'orientamento della Suprema Corte, l'elemento della detenzione per il commercio si realizza ogni qualvolta il medicinale irregolare si trovi nei locali di esercizio commerciale - nella specie farmacia - a disposizione del pubblico, ancorché il medesimo non abbia formato oggetto, in concreto, di un negozio di compravendita. A tal fine vanno intesi quali locali adibiti al commercio non soltanto quelli di diretto accesso per gli acquirenti, ma anche i cosiddetti retrobottega, ove i prodotti sono conservati, quali scorta, pronti ad essere prelevati in caso di bisogno (così Cass., Sez. I, 10.1.1994; v. altresì Cass., Sez. IV, 8.10.1999).
Sotto il profilo soggettivo occorre il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di detenere per il commercio, porre in commercio o somministrare medicinali che siano guasti o imperfetti, conoscendo detta condizione, mentre irrilevanti sono il fine o il motivo dell'azione del reo. La Corte di cassazione ha affermato che la prova dell'elemento soggettivo può ricavarsi dalla circostanza che tali medicinali si trovino insieme ad altri regolari e siano in numero tale da escludere che siano lasciati tra le scorte per mera dimenticanza del soggetto agente (C., Sez. I, 10.1.1994). Nella giurisprudenza di merito v., di recente, corte app. Milano, Sez. II, 16.1.2008, che ha escluso la ricorrenza dell'elemento soggettivo (colpa), necessario perché si configuri il reato di somministrazione di medicinali guasti o imperfetti di cui agli artt. 443 e 452, in capo al farmacista che, avendo adottato ogni misura necessaria per verificare tempestivamente la scadenza dei farmaci, abbia per errore detenuto un'unica confezione di vaccino influenzale scaduto.
La proposta di legge, intervenendo sull'art. 123, introduce unaSanzione amministrativa sanzione amministrativa pecuniaria (da 500 a 1.500 euro) a carico del farmacista che detenga farmaci scaduti, guasti o imperfetti quando, per le modalità della condotta, sia possibile escludere il commercio e la somministrazione e dunque escludere la rilevanza penale della condotta. Il legislatore individua nella modesta quantità di farmaci, nelle modalità di conservazione e nell'ammontare complessivo delle riserve gli indici che valgono ad escludere la destinazione al commercio. Si osserva che dovrebbe continuare ad applicarsi l'art. 443 c.p. nei casi di destinazione al commercio di farmaci scaduti. Si consideri peraltro che la formulazione letterale del nuovo illecito amministrativo fa riferimento alla concreta possibilità di escludere la destinazione al commercio ("si può concretamente escludere"). Occorre pertanto considerare la portata applicativa del nuovo illecito amministrativo. L'articolo 3 della proposta di legge modifica l'art. 141 del testo unico delle leggi sanitarie, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria per l'esercizio abusivo di un'arte ausiliaria delle professioni sanitarie. La proposta aumenta l'entità di tale sanzione (da 2.500 a 7.500 euro). Per Professioni sanitarie e arti ausiliarie delle professioni sanitariequanto riguarda la terminologia utilizzata nella proposta di legge, si ricorda che l'art. 1 della legge n. 43 del 2006 ha stabilito che «sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2001, n. 251 [...] i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione».
Alcune professioni sanitarie sono costituite in Ordini e Collegi, con sede in ciascuna delle province del territorio nazionale. Di seguito indichiamo le professioni sanitarie:
L'articolo 4 modifica l'articolo 8 della legge n. 39 del 1989, concernente la disciplina della Mediatore: due illeciti amministrativi fanno un reatoprofessione di mediatore. Si tratta della disposizione che oggi sanziona con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 7.500 a 15.000 euro chiunque esercita l'attività di mediazione senza essere iscritto nel ruolo. In base al comma 2, a coloro che siano incorsi per tre volte nella suddetta sanzione amministrativa, si applicano le pene previste dall'articolo 348 c.p. per l'esercizio abusivo di una professione. La proposta di legge prevede l'applicazione della sanzione penale alla prima reiterazione della condotta illecita, senza attendere la terza violazione. |
Relazioni allegate o richiesteIl provvedimento all'esame della Commissione è frutto dell'approvazione al Senato dell'A.S. 471, d'iniziativa dei senatori Marinello e altri. Il disegno di legge originario, e gli abbinati disegni di legge A.S. 596 e A.S. 730 erano tutti accompagnati dalla sola relazione illustrativa. |
Necessità dell'intervento con leggeL'A.C. 2281 novella il codice penale e fonti di rango primario. Ciò giustifica l'intervento con legge. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteL'articolo 1 interessa fattispecie penali ed è pertanto riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., con riguardo all'ordinamento penale. In termini analoghi vanno considerati l'art. 2, che produce una parziale depenalizzazione della fattispecie prevista dall'art. 443 c.p., e l'art. 4, che modifica una fattispecie penale esistente. L'articolo 3 modifica la disciplina delle sanzioni amministrative nei confronti di chi eserciti un'arte ausiliaria delle professioni sanitarie e pare riconducibile alla materia "ordinamento civile", di competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.). |