Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||||
Titolo: | La mediazione civile e commerciale: quadro nazionale e politiche dell'Unione europea | ||||||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 107 | ||||||||
Data: | 24/03/2014 | ||||||||
Descrittori: |
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La mediazione civile e commerciale: quadro nazionale e politiche dell'Unione europea
24 marzo 2014
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Indice |
Quadro normativo interno|Le politiche dell'Unione Europea in materia di mediazione (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione Europea)| |
Quadro normativo internoNella scorsa legislatura la legge 69/2009 – nell’ambito di articolati interventi sul processo civile - ha delegato (art. 60) il Governo a disciplinare la conciliazione delle controversie civili e commerciali. Il Governo ha esercitato la delega con l'emanazione del decreto legislativo 28/2010, prevedendo in particolare che per talune controversie il tentativo di mediazione fosse obbligatorio, ovvero rappresentasse una condizione di procedibilità dell'azione. Procedimenti di mediazione avviati dal 2011 al dicembre 2012 - Rilevazione statistica con proiezione nazionale (Fonte: Ministero della Giustizia - D.O.G. (Direzione generale di statistica), Statistiche al 31 dicembre 2012)
I dati evidenziano una crescente spinta verso la mediazione, dovuta alla previsione della sua obbligatorietà per alcune materie.
Sul punto è intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 272 del 2012 (depositata il 6 dicembre 2012, ma anticipata da un comunicato della Corte di ottobre), che ha dichiarato questo aspetto della disciplina incostituzionale per eccesso di delega, in quanto la legge 69/2009 non aveva introdotto alcun principio o criterio direttivo sul punto dell'obbligatorietà del tentativo di mediazione. Tale intervento demolitorio della Consulta – che aveva depotenziato notevolmente il ruolo deflattivo assegnato dal Governo alla mediazione (come evidenziano chiaramente i dati sui procedimenti iscritti negli ultimi due mesi del 2012) – è stato superato, nell’attuale legislatura, dal decreto-legge 69/2013 (convertito dalla legge 98/2013) che ha reintrodotto le disposizioni sul carattere obbligatorio della mediazione pur affermandone il carattere transitorio e sperimentale (per 4 anni). Il Governo ha inteso superare il vizio di illegittimità costituzionale riconosciuto dalla Corte, introducendo la mediazione obbligatoria con lo strumento del decreto-legge da sottoporre alla conversione parlamentare. Il presupposto è dunque che la mediazione obbligatoria non presenti altri vizi di costituzionalità, ovvero non pregiudichi il diritto d’azione, né la ragionevole durata del processo, né il principio di uguaglianza; la convinzione è sostenuta dal fatto che la Corte ha accolto il primo profilo di censura – l’eccesso di delega – senza pronunciarsi sugli altri, dichiarati assorbiti.
Il provvedimento – a seguito della conversione in legge - ha inoltre:
Da ultimo, con la circolare 27 novembre 2013, il Ministro della Giustizia ha dettato disposizioni interpretative e applicative della mediazione civile e commerciale, a seguito delle novelle contenute nel decreto-legge 69 /2013. La circolare è accompagnata da una direttiva del Ministro nella quale si afferma che «La rinnovata rilevanza attribuita dal legislatore al procedimento di mediazione e conciliazione eleva l'istituto a fondamentale strumento di deflazione del contenzioso civile, volto a incrementare l'efficienza del sistema giudiziario che costituisce, come noto, uno degli elementi sui quali si misura la funzionalità del sistema economico nonché l'affidabilità internazionale del nostro Paese. In consonanza con le linee direttrici dell'azione del Governo, l'istituto della mediazione non deve, pertanto, costituire un vuoto ed oneroso adempimento burocratico, una mera condizione di procedibilità prima di potersi rivolgere al giudice. Al contrario, l'istituto, attesa la sua strettissima correlazione con l'attività giurisdizionale, deve rappresentare un effettivo momento di composizione delle possibili future controversie giudiziarie. [...] Conseguentemente, il Ministero della giustizia dovrà operare affinché una funzione, tanto delicata da potersi definire paragiurisdizionale, si conformi al fondamentale principio di trasparenza che informa tutta l'attività amministrativa, vigilando allo scopo di impedire, in particolare, la costituzione di rapporti di interesse, di qualunque specie o natura, tra gli organismi di mediazione ed i mediatori da una parte, e le parti che partecipano al procedimento dall'altra. A tale fine, dovrà essere cura delle competenti strutture ministeriali di eseguire ogni più rigoroso controllo, nell'esercizio del potere di vigilanza attribuito dalla legge, anche a mezzo dell'Ufficio dell'Ispettorato generale. Si dovrà, infine, garantire che l'accesso al procedimento di mediazione si caratterizzi per il contenimento dei costi per i cittadini, profilo che appare oltremodo necessario nell'attuale difficile momento economico in cui versa il Paese. Non deve, infatti, accadere che la congiuntura economica comprometta l'accesso alla tutela giuridica dei diritti che costituisce, come noto, uno dei compiti primari dello Stato». |
La natura e l'oggetto della mediazioneLa disciplina della mediazione è contenuta nel decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, come modificato dalla conversione del decreto-legge n. 69 del 2013. L’attività di mediazione è affidata ad appositi organismi di mediazione, iscritti in un registro tenuto dal Ministero della Giustizia (disciplinato dal D.M. 180/2010); essa non preclude l’azione ordinaria. Mediazione e conciliazionePer “mediazione”, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo, si intende l’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta di risoluzione della stessa; per “conciliazione” si intende l’esito positivo del procedimento di mediazione, ovvero la composizione della controversia (se la mediazione è il "mezzo", la conciliazione è il "fine"). L’oggetto della mediazione viene circoscritto alle controversie civili e commerciali che abbiano ad oggetto diritti disponibili delle parti (articolo 2). La mediazione può essere obbligatoria o facoltativa. Inoltre, se originariamente, nel 2010, il procedimento di mediazione era pensato esclusivamente per la fase antecedente l’instaurazione della controversia civile, con la finalità di evitare il ricorso al giudice, a seguito della riforma del 2013 il procedimento di mediazione può svolgersi anche rispetto a una controversia già avviata, e proprio dietro impulso del giudice. Controversie per le quali la mediazione è condizione di procedibilitàPer quanto riguarda la fase antecedente l’instaurazione della controversia civile, a seguito della conversione del decreto-legge n. 69/2013, il tentativo di mediazione riveste – in relazione a specifiche controversie e per i quattro anni successivi alla conversione del decreto-legge, ovvero fino a 21 agosto 2017 - carattere obbligatorio, ed è quindi condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. Questa previsione ha carattere sperimentale, dovendo il Ministero della giustizia, a partire dal 21 agosto 2015, attivare un monitoraggio sugli esiti dell’esperienza svolta. La mediazione è dunque oggi obbligatoria in relazione alle seguenti controversie (articolo 5, comma 1-bis):
Per tutte le restanti possibili controversie civili e commerciali la mediazione ha carattere facoltativo. Le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, per le quali originariamente il decreto legislativo prevedeva la mediazione obbligatoria, sono state ricondotte alla mediazione facoltativa da decreto-legge n. 69/2013. Ciò in quanto – come spiegato dalla Relazione illustrativa del d.d.l. di conversione - «operano sul punto gli impulsi alla composizione stragiudiziale di cui agli articoli 148 e 149 del codice delle assicurazioni private» e soprattutto i dati sulla applicazione della mediazione nel periodo tra il 21 marzo 2011 e il 30 giugno 2012 dimostrano l’inutilità dell’istituto per questo tipo di controversie. A fronte di una percentuale generale del 46,4 per cento di raggiungimento dell'accordo nei casi di aderente (alla domanda di mediazione) comparso, le statistiche registrano una percentuale specifica del 96,2 per cento di aderente non comparso: «ne consegue che, per le dinamiche innescate dalla decisiva presenza dell'ente assicurativo, la funzionalità settoriale della mediazione è particolarmente bassa».
Per quanto riguarda la fase successiva all’instaurazione della controversia civile, a seguito della conversione del decreto-legge n. 69/2013, il tentativo di mediazione può svolgersi anche rispetto a controversie già instaurate o addirittura già in appello. L’articolo 5, comma 2, stabilisce che laddove il giudice ritenga, per la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, che sia esperibile una mediazione, potrà disporre che le parti vi procedano; in tal caso, il tentativo di mediazione diviene condizione di procedibilità dell’azione (tanto in primo grado quanto in appello). Al di fuori di queste ipotesi, anche rispetto a controversie già instaurate, l’esperimento di un tentativo di conciliazione avrà carattere facoltativo. Le Controversie per le quali la mediazione non è mai obbligatoriadisposizioni sulla mediazione obbligatoria (tanto rispetto al primo grado quanto all’appello) non si applicano:
Al fine di facilitare il ricorso alla mediazione, si prevede a carico dell’avvocato uno speciale obbligo di informazione nei confronti del cliente, già all'atto del conferimento dell'incarico, relativo alla possibilità, ovvero all’obbligo, di avvalersi del procedimento di mediazione (articolo 4), nonché delle agevolazioni fiscali previste per la procedura. In caso di violazione dell’obbligo di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. |
Il procedimento di mediazioneIl decreto legislativo n. 28 del 2010 opta per una regolamentazione “leggera” del procedimento di mediazione. Tale scelta si traduce nel rinvio al regolamento dell’organismo scelto dalle parti per la disciplina di dettaglio, nell’assenza di formalità per gli atti del procedimento e nella possibilità che esso si svolga secondo modalità telematiche (articolo 3). Organismo di mediazione territorialmente competenteLa domanda di mediazione viene presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo di conciliazione; il decreto-legge n. 69 del 2013 ha precisato che deve trattarsi di un organismo che abbia sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia; in caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolgerà presso l’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda (facendo riferimento alla data del deposito dell’istanza). Ricevuta la domanda, spetta al responsabile dell'organismo di conciliazione designare un mediatore e fissare il primo incontro tra le parti non oltre 30 giorni dal deposito della domanda. Necessaria assistenza dell'avvocatoTanto al primo incontro, quanto ai successivi, le parti dovranno partecipare alla mediazione con l’assistenza di un avvocato. L’obbligo di assistenza non opera dunque solo nella mediazione obbligatoria (art. 5, comma 1-bis) ma anche nella mediazione facoltativa (art. 8, comma 1). In realtà, come ben evidenziano i dati della Direzione generale di statistica del Ministero della Giustizia (relativi al periodo 1° gennaio 2013 - 30 settembre 2013), già prima del 21 settembre 2013 - data a partire dalla quale la presenza dell'avvocato nel procedimento di mediazione è divenuta obbligatoria - i proponenti la mediazione erano nel 71,9% dei casi assistiti da un legale. Anche gli aderenti alla mediazione comparivano dinanzi al mediatore nel 65,5% dei casi assistiti da un avvocato.
Ai sensi dell’articolo 8 già in sede di primo incontro il mediatore deve invitare le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura dimediazione. In caso negativo la mediazione si conclude subito e all’organismo di mediazione non è dovuto alcun compenso. L’art. 5, comma 2-bis, chiarisce che quando la mediazione è condizione di procedibilità dell’azione (in quanto prevista come obbligatoria dal decreto, ovvero prescritta dal giudice) «la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo». Inoltre, se una delle parti non partecipa proprio alla mediazione (e dunque non si presenta al primo incontro), senza giustificato motivo, il giudice potrà desumere da questa condotta argomenti di prova nel successivo giudizio. Durata massima della mediazione: 3 mesiLa durata massima del procedimento è fissata in 3 mesi, calcolati dalla data di deposito della domanda di mediazione (articolo 6; il termine originariamente previsto dal d.lgs. 28/2010 era di 4 mesi). Peraltro, il tempo dedicato alla mediazione (art. 6), nonché il periodo di rinvio del giudizio imposto dal giudice nei casi di mediazione obbligatoria (art. 5, comma 1-bis), non si computano ai fini del rispetto del termine di ragionevole durata del processo previsto dalla legge Pinto (legge n. 89 del 2001). Il procedimento di mediazione è protetto da norme che assicurano alle parti la tutela della riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse. Tali informazioni non saranno utilizzabili in sede processuale, salvo esplicito consenso delle parti, e il mediatore sarà tenuto al segreto professionale su di esse. Quando il mediatore svolge sessioni separate con le singole parti, non potrà rivelare alcuna informazione, acquisita durante tali sessioni, all’altra parte. La finalità della previsione, propria delle esperienze comparate a livello internazionale, è finalizzata a consentire alle parti di svelare ogni dato utile al compromesso, senza timore che poi possa essere oggetto di un uso contro la parte medesima; le parti si sentiranno così libere di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto terzo dotato di adeguata preparazione per comporre la controversia e tenuto all’assoluto riserbo. |
L'esito del procedimentoI possibili risultati della mediazione sono i seguenti (articolo 11):
![]() I dati del Ministero della Giustizia, evidenziano che nel 2013 per i procedimenti di mediazione avviati, l'aderente è comparso nel 32,4% dei casi (nel 10,3% dei procedimenti è stato il proponente a rinunciare prima della conclusione mentre nel 57,3% dei procedimenti avviati l'aderente non è comparso). Quanto la mediazione si è correttamente instaurata, l'accordo è stato raggiunto nel 42,4% dei casi. Il tasso di successo della mediazione cresce al crescere dell'incidenza delle mediazioni volontarie, e diminuisce quando il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità dell'azione. Il tasso di successo della mediazione è infatti al 58,7% quando il DL 689/2013 reintroduce la mediazione obbligatoria; da quel momento l'esito positivo della mediazione si avrà nel 32,9% dei procedimenti.Di contro, quando la mediazione è obbligatoria aumentano le percentuali di comparizione dell'aderente al procedimento (dal 23,3% al 36,5%), consapevole che la sua condotta potrà poi essere valutata dal giudice nel corso dell'eventuale successivo processo civile.
La conciliazione sottoscritta dagli avvocati è titolo esecutivoSe la mediazione si conclude con una conciliazione, il verbale contenente l’accordo, ove «sottoscritto dagli avvocati che assistono tutte le parti», costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. In questo caso dunque non è necessario procedere con l’omologazione da parte del tribunale in quanto spetterà agli avvocati certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi, omologazioneL’art. 12 del decreto legislativo precisa che «in tutti gli altri casi» l’accordo allegato al verbale potrà essere omologato dal presidente del tribunale. Nel caso di fallimento della mediazione per mancata accettazione della proposta, si prevede una disciplina speciale delle spese del successivo giudizio civile: in particolare, a carico della parte vincitrice che non abbia accettato una proposta di mediazione integralmente corrispondente al successivo provvedimento giudiziario, sono previste l’imputazione delle spese processuali e la condanna a versare allo Stato, a titolo di sanzione processuale, una somma parametrata sul contributo unificato (articolo 13). |
Gli organismi di mediazioneEnti pubblici o privati iscritti nel registroIl decreto legislativo n. 28 del 2010, rinviando ad un regolamento di attuazione per la disciplina di dettaglio, ha schematicamente regolato la figura istituzionale degli organismi di mediazione, ovvero degli enti pubblici o privati presso i quali può svolgersi il procedimento di mediazione. Il decreto-legge n. 69/2013, modificando l’articolo 16 del decreto legislativo, ha stabilito inoltre che ma anche avvocati, gli avvocati sono di diritto mediatori. Dovranno comunque iscriversi ad organismi di mediazione ed essere adeguatamente formati in materia di mediazione, conservando la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò focalizzati, nel rispetto di quanto previsto dal codice deontologico. Il decreto legislativo prevede l’istituzione di un Registro degli organismi di mediazione, tenuto e vigilato dal Ministero della giustizia. Al 24 marzo 2014 in tale registro risultavano iscritti 1.015 organismi. In base all’art. 18 del decreto legislativo, anche i consigli degli ordini forensi, consigli degli ordini forensi possono costituire organismi, da iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a disposizione dal presidente del tribunale. consigli degli ordini professionali e Camere di commercioNel Registro possono essere iscritti anche gli organismi di mediazione istituiti, per materie di loro competenza, presso i consigli degli ordini professionali e presso le Camere di commercio (articolo 19); l’iscrizione avviene a semplice domanda, ma previa autorizzazione del Ministero della giustizia, subordinata alla verifica di alcuni requisiti minimi, che consentono all’organismo il materiale svolgimento dell’attività. La facoltà di istituire organismi di mediazione anche presso i consigli di ordini professionali diversi da quelli forensi risponde essenzialmente all’esigenza di sviluppare organismi in grado di dare rapida soluzione alle controversie in determinate materie tecniche (ad es. in materia ingegneristica, informatica, contabile o simili). Fonte: Ministero della Giustizia, D.O.G. - Direzione generale di statistica
Organismi di mediazione iscritti nel registro, e procedimenti di mediazione rispettivamente definiti, al 31 dicembre 2013.
Con la domanda di iscrizione al registro, gli organismi debbono in particolare depositare il regolamento di procedura ed il codice etico. Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati, mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto. Nei casi di parti cui spetta, nel processo, il gratuito patrocinio, l’organismo fornirà la prestazione gratuitamente. Attuazione: DM 180/2010La disciplina della formazione del registro, delle modalità di iscrizione, della sua articolazione in sezioni, dei requisiti di professionalità ed efficienza degli enti di mediazione come dei mediatori-persone fisiche, è ora contenuta nel D.M. n. 180 del 2010 (come modificato dal D.M. n. 145/2011), che ha determinato anche l’ammontare minimo e massimo delle indennità in favore degli organismi di mediazione pubblici, nonché i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi di mediazione privati. Il medesimo DM 180 del 2010 ha istituito presso il Ministero della giustizia l’Elenco dei formatori per la mediazione, dettandone stringenti requisiti di organizzazione, professionalità ed onorabilità.Al 24 marzo 2014 in detto elenco erano iscritti 411 formatori. Sia detto Elenco che il Registro degli organismi di mediazione sono tenuti e vigilati dal Ministero della giustizia attraverso un responsabile che ne cura l’aggiornamento e verifica la sussistenza e permanenza dei requisiti di iscrizione. |
Le agevolazioni fiscaliCredito d'imposta per chi usa la mediazioneAl fine di incentivare il ricorso alla mediazione, il decreto legislativo prevede l’esenzione dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o altro diritto di analoga natura degli atti relativi al procedimento di mediazione, nonché l’esenzione del verbale d’accordo dall’imposta di registro (entro il limite di valore di 50.000 euro); inoltre, ai soggetti che si avvalgono della mediazione stragiudiziale è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità versata all’organismo di conciliazione fino ad un massimo di 500 euro e ridotto della metà in caso di insuccesso della mediazione. Chi ha diritto al gratuito patrocinio non paga la mediazioneQuando è obbligatorio esperire la mediazione, la parte avente diritto all’ammissione al gratuito patrocinio (ovvero titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16) è esentata dal pagamento dell’indennità all’organismo di conciliazione: sarà a tal fine sufficiente il deposito presso quest’ultimo di una autocertificazione, fermo restando il diritto dell’ente a richiedere i documenti giustificativi. |
Statistiche 2013I dati resi disponibili dal Ministero della Giustizia (Dipartimento della organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi - Direzione Generale di Statistica) relativi al periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013, evidenziano come nel 2013 siano stati iscritti 41.604 procedimenti di mediazione.
Iscrizioni mediazioni: confronto 2012 - 2013
Degli oltre 41.000 procedimenti di mediazione avviati nel 2013, il 54,7% sono relativi a controversie a mediazione obbligatoria, con procedimenti instaurati dunque dopo il DL 69/2013. Il 41,9% dei procedimenti iscritti sono riconducibili a mediazione volontaria, l'1,4% a mediazione obbligatoria in forza di una clausola contrattuale e l'1,9% a mediazione demandata dal giudice. Per quanto riguarda la materia della controversia per la quale è promossa la mediazione, la maggior parte delle iscrizioni fanno riferimento a settori per i quali la mediazione ha sempre avuto carattere volontario (11.135, pari al 26,8%), proprio in quanto per la maggior parte dell'anno quella è stata l'unica mediazione possibile. Tra le materie per le quali è stata reintrodotta la mediazione obbligatoria dal D.L. 69/2013 si registrano 7.323 iscrizioni per mediazioni relative a "contratti bvancari" (17,6%), 4.926 iscrizioni relative a "diritti reali" (11,8%), 4.024 iscrizioni per controversie in materia di "condominio" (9,7%) e 3.237 inerenti la "locazione" (7,8%). Seguono i "risarcimenti di danni da responsabilità medica" (6,2%), i "contratti assicurativi" (5,4%) e le "successioni ereditarie" (3,7%). Chiudono la speciale classifica i procedimenti per "risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa" (0,7%) e quelli per patti di famiglia (0,1%). |
Le politiche dell'Unione Europea in materia di mediazione (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione Europea) |
La Direttiva sulla mediazioneNel maggio del 2008 l’Unione europea ha adottato la direttiva n. 2008/52/CE, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale. Scopo dell’intervento normativo era facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuoverne la composizione amichevole incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario. L’obiettivo di migliorare l’accesso dei cittadini europei alla giustizia mediante la promozione di procedure extragiudiziali e alternative di risoluzione delle controversie era stato dichiarato dalle Istituzioni europee fin dal Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999; inoltre, già nel maggio del 2000, il Consiglio aveva adottato conclusioni sui metodi alternativi di risoluzione nelle controversie in materia civile e commerciale.
La direttiva è stata adottata a seguito della pubblicazione del Libro verde del 2002 sui modi alternativi di risoluzione delle controversie, e del codice di condotta per mediatori. La direttiva si applica alle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale; non si estende invece alla materia fiscale, doganale e amministrativa, né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri. Secondo la disciplina gli Stati membri consentono ai tribunali di suggerire alle parti di ricorrere alla mediazione, senza tuttavia obbligarle a tale scelta. Disposizioni particolari riguardano l’esecuzione degli accordi raggiunti attraverso la mediazione: tutti gli Stati membri devono predisporre una procedura che consenta l’esecutività, su istanza delle parti, dell’accordo risultante dalla mediazione attraverso una sentenza, una decisione o una dichiarazione di autenticità emessa da un tribunale o da un organismo pubblico. Norme particolari sono previste per quanto riguarda la sospensione dei termini di decadenza e prescrizione: gli Stati membri devono provvedere affinché alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in seguito ad una mediazione per il fatto che siano scaduti i termini di prescrizione. Secondo la direttiva, inoltre, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione sono obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso, tranne nei casi in cui:
La direttiva infine obbliga gli Stati membri ad incoraggiare la formazione dei mediatori, nonché la redazione e l’applicazione di codici di condotta professionali. |
La valutazione degli effetti della direttivaRebooting the Mediation DirectiveLo scorso febbraio la Direzione generale per le politiche interne – Dipartimento: Diritti dei cittadini e affari costituzionali, del Parlamento europeo ha presentato lo studio “Riavviare la direttiva sulla mediazione: valutazione dell’impatto limitato della sua attuazione negli stati membri e proposte per aumentare il numero di mediazione nell’Ue”. Finora risultati deludentiLo studio, cui hanno contribuito 816 esperti da tutta Europa, mostra una deludente performance della mediazione in quasi tutti i 28 Stati Membri: tale strumento risulta infatti ancora utilizzato in meno dell’1% casi nell’Ue; ciò dipenderebbe - secondo la ricerca - dalla debolezza delle politiche, legislative e non, volte a promuovere tale strumento stragiudiziale. In particolare, secondo lo studio, la direttiva sulla mediazione del 2008 in materia civile e commerciale, pur avendo contribuito a stimolare la riflessione sulla mediazione e sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie (ciò sarebbe dimostrato dalla crescita negli ultimi anni del numero di organismi di mediazione, di pubblicazioni, di conferenze e di corsi di formazione di ogni genere. nonostante tale risultato), non avrebbe in ogni caso raggiunto l’obiettivo fissato nel suo articolo 1: facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario. Lo studio Italia al topriporta che solo l’Italia ha un numero di mediazioni nell’ordine delle 200 mila unità all’anno; seguono Germania, Paesi Bassi, e Regno Unito con un numero di mediazioni che superano di poco le 10 mila unità, mentre un significativo numero di Stati membri non arrivano alle 500 mediazioni annuali. L'importanza di prevedere l'obbligatorietà del tentativoDall’analisi comparativa delle normative nei 28 Stati Membri e dalla valutazione degli effetti prodotti dalla direttiva sulla mediazione, emerge che solo un certo grado di obbligatorietà nel disciplinare il tentativo di conciliazione (obbligatorietà consentita, ma non imposta dalla normativa comunitaria) può determinare un numero significativo di mediazioni; gli altri meccanismi regolatori analizzati nello studio, come la protezione della riservatezza, la frequenza dell’invito alla mediazione da parte dei giudici e un sistema affidabile di accreditamento dei mediatori, non accrescerebbero in modo apprezzabile il volume delle mediazioni. Secondo lo studio, inoltre, aver stabilito normativamente elementi di obbligatorietà nella mediazione può determinare un effetto positivo anche sulle mediazioni volontarie. Ad esempio, in Italia – prosegue lo studio - quando il tentativo di conciliazione non era obbligatorio (fino al 2011) vi erano meno di 2.000 mediazioni all’anno; una volta divenuto il tentativo obbligatorio per legge (marzo 2011 - ottobre 2012), il numero di mediazioni volontarie sarebbe salito a quasi 45.000, rispetto a un totale di circa 220.000; quando il tentativo è tornato a essere solo volontario (ottobre 2012 - settembre 2013), assieme a quello delle mediazioni obbligatorie anche il numero di quelle volontarie sarebbe precipitato quasi a zero. Secondo lo studio, ora che la mediazione è nuovamente un prerequisito del contenzioso, in talune tipologie di casi, il numero di procedure avviate, obbligatorie e volontarie, sarebbe tornato ad alcune decine di migliaia al mese. Lo studio ritiene che in Italia è stato adottato un modello di mediazione obbligatoria “mitigato”, posto che, in certe tipologie di casi, alle parti di una lite è richiesto unicamente di partecipare a un incontro preliminare (e gratuito) con un mediatore, e non di affrontare (e pagare) per una procedura di mediazione completa: ciascuna parte, se non è convinta che la mediazione abbia buone ciance di successo, può uscire dalla procedura durante questo incontro preliminare e rivolgersi direttamente al tribunale senza conseguenze negative. Secondo lo studio tale modello presenta pertanto il vantaggio di ridurre al minimo le preoccupazioni in merito al diritto delle parti di accedere alla giustizia. In sintesi, gli esperti consultati nello studio, da un lato, supportano fortemente una serie di misure non legislative che potrebbero favorire lo sviluppo della mediazione ; dall’altro, suggeriscono (a stragrande maggioranza) che la sola via per l’affermarsi della mediazione nell’Ue sia l’introduzione di una forma “mitigata” di tentativo obbligatorio di conciliazione. Lo studio, infine, propone due strade per “riavviare” la Direttiva sulla mediazione: emendarla oppure (facendo leva sull’articolo 1 del testo in vigore), chiedere a ciascuno Stato membro di fissare, e impegnarsi a raggiungere, un indice di equilibrata relazione tra numero di processi e di mediazioni in campo civile. Si ricorda che ai sensi dell’articolo 11 della direttiva entro il 21 maggio 2016 la Commissione deve presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’attuazione della presente direttiva, in cui è esaminato in particolare lo sviluppo della mediazione nell’Unione europea e l’impatto della stessa negli Stati membri (se del caso, la relazione è corredata di proposte di modifica). La comunicazione è altresì prevista dal Piano di azione della Commissione europea per l’attuazione del Programma di Stoccolma. Si segnala infine che sull’attuazione della direttiva sulla mediazione il Parlamento europeo il 13 settembre 2011 ha approvato una risoluzione non legislativa. |
Il pacchetto ADR- ODRL’Unione europea si è recentemente dotata di nuovi strumenti normativi in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Il pacchetto normativo comprende:
Per ADR – Alternative Dispute Resolution, deve intendersi un sistema di risoluzione delle controversie – alternativo alla giustizia civile – cui le parti ricorrono allo scopo di prevenire e risolvere le liti nel modo più efficiente possibile; tali procedure, comprendenti la conciliazione e l’arbitrato, sono distinte dalla giustizia tradizionale e perseguono alcuni fondamentali obiettivi quali: a) la riduzione dei tempi e dei costi per i litiganti; b) il miglioramento della qualità degli accordi; c) la deflazione del contenzioso presso i Tribunali.
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La direttiva ADRIl Campo d'applicazioneperimetro di applicazione della direttiva ADR (direttiva 2013/11/UE) è, da un lato, più ampio rispetto alla precedente direttiva sulla mediazione, concernendo tutte le procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, sia nazionali che transfrontaliere, attraverso l'intervento di un organismo ADR che propone o impone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole. Dall’altro, la nuova disciplina riguarda esclusivamente le procedure aventi ad oggetto controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell'Unione e consumatori residenti nell'Unione. Inoltre la direttiva ADR non si applica, tra l’altro:
La direttiva stabilisce requisiti armonizzati di qualità in materia di organismi e di procedure di risoluzione alternativa di controversie; tali requisiti sono ispirati ai principi di trasparenza, efficacia, equità e imparzialità. Gli Stati membri possono conservare o introdurre norme che prevedano misure ulteriori rispetto a quanto stabilito dalla direttiva al fine di assicurare un livello superiore di tutela dei consumatori. Per quanto riguarda il rapporto con altri atti giuridici dell'Unione, la direttiva prevede che, salvo ove sia dalla stessa disposto diversamente, in caso di conflitto con un altro atto giuridico dell'Unione riguardante le procedure extragiudiziali di ricorso avviate da un consumatore nei confronti di un professionista, prevale la direttiva stessa. È inoltre previsto che la direttiva si applichi fatta salva la direttiva 2008/52/CE. La direttiva prevede, tra l’altro, che gli Stati membri garantiscano l’obbligo a carico dei professionisti stabiliti nei loro territori di informare i consumatori in merito all'ente cui rivolgersi per affrontare un potenziale contenzioso sui contratti che li opponga ad esse. Durata della procedura: 90 giorniTra i requisiti di efficacia che gli Stati membri devono garantire si segnala che l'esito della procedura ADR deve essere comunicato entro un termine di 90 giorni di calendario dalla data in cui l'organismo ADR ha ricevuto il fascicolo completo del reclamo (in caso di controversie particolarmente complesse, il termine è prorogabile di ulteriori 90 giorni). È, tra l’altro, prevista l’elaborazione da parte della Commissione europea di un elenco di organismi ADR sulla base delle notificazioni delle autorità competenti degli Stati membri che individuano gli organismi ADR che rispettano i requisiti di qualità fissati nella direttiva. La direttiva dovrà essere recepita dagli Stati entro il mese di luglio 2015. |
Il regolamento ODRIl Campo d'applicazione: vendite onlineregolamento ODR istituisce una piattaforma web gratuita, in tutte le lingue dell'UE, per la risoluzione delle controversie sulle vendite online; su tale piattaforma, gestita dalla Commissione, consumatori e professionisti potranno presentare reclami attraverso moduli standard elettronici e reperire le informazioni utili ai fini della scelta del regime di risoluzione più appropriato. Si tratta di uno sportello unico che provvederà a inviare automaticamente il reclamo del consumatore all'ente nazionale competente agevolando la soluzione del contenzioso nel giro di trenta giorni. Il regolamento si applica alla risoluzione extragiudiziale delle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi online tra un consumatore residente nell’Unione e un professionista stabilito nell’Unione attraverso l’intervento di un organismo ADR inserito nell’elenco citato elaborato dalla Commissione europea, e che comporta l’utilizzo della piattaforma ODR; si applica altresì alla risoluzione extragiudiziale delle controversie avviate da un professionista nei confronti di un consumatore, nella misura in cui la legislazione dello Stato membro in cui il consumatore risiede abitualmente autorizza la risoluzione di tali controversie attraverso l’intervento di un organismo ADR. |
Le ultime iniziative della Commissione europea: i Quadri UE di valutazione della giustiziaLa disponibilità di mezzi alternativi di risoluzione alternativa delle controversie (civili e commerciali) presso gli ordinamenti nazionali è uno dei parametri adoperati dalla Commissione europea nell’elaborazione dei Quadri UE di valutazione della giustizia. A partire dal marzo 2013 la Commissione si è impegnata alla presentazione di rapporti annuali di valutazione comparativa dei sistemi giurisdizionali degli Stati membri. I due Quadri di valutazione finora presentati (2013 e 2014) si sono concentrati sul contenzioso civile, commerciale e amministrativo. A tal fine sono stati utilizzati indicatori di efficienza (durata dei procedimenti, tasso di ricambio e numero di cause pendenti), qualità (formazione obbligatoria dei giudici, monitoraggio e valutazione delle attività dei tribunali, risorse umane e finanziarie assegnate ai tribunali e disponibilità di tecnologie dell'informazione e della comunicazione e di metodi alternativi di risoluzione delle controversie), e indipendenza (in particolare dati sulla percezione dell'indipendenza della magistratura) L'edizione 2014 fornisce anche una prima rassegna comparativa generale sulle modalità organizzative dei sistemi giudiziari nazionali a garanzia dell'indipendenza della magistratura nei casi in cui possa essere a rischio; analizza, ad esempio, le garanzie giuridiche contro il trasferimento e la revoca dei giudici. La seguente tabella (Fonte: Consiglio d’Europa) contenuta nel Quadro UE di valutazione della giustizia 2014 evidenzia le tipologie di strumenti di risoluzione alternativa disponibili negli Stati membri:
Non sono tuttavia riportati i volumi di impiego di tali strumenti nei singoli Stati membri (per i quali si rinvia allo studio del parlamento Europeo citato).
Il rapporto 2014 riporta infine i risultati di un sondaggio condotto da Eurobarometro nel 2012 circa l’interesse dei cittadini europei per i metodi di risoluzione alternativa delle controversie: i risultati di tale sondaggio mostrano che l’89 per cento degli intervistati avrebbe cercato un accordo al di fuori del tribunale, mentre l'8% ha affermato che sarebbe in ogni caso andato innanzi ad una corte. Si segnala infine che la Commissione europea ha ribadito, da ultimo, nella comunicazione COM(2014)144 L'agenda per la giustizia dell’Unione europea per il 2020 - Rafforzare la fiducia, mobilità e crescita all'interno dell’Unione, la raccomandazione agli Stati membri di promuovere l'uso di tipologie di ricorso extragiudiziale. |