Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/93/UE in materia di lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile Atto del Governo n° 46 Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 46/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 46
Data: 17/12/2013
Descrittori:
DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA   MINORI
PORNOGRAFIA   REATI SESSUALI
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/93/UE in materia di lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI

Schema di D.Lgs. n. 46

(art. 1 della legge 6 agosto 2013, n. 96)

 

 

 

 

 

 

n. 46

 

 

 

17 dicembre 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: gi0148.doc


INDICE

Schede di lettura

Confronto tra la Direttiva 2011/93/UE e le norme nazionali di contrasto della pedopornografia e dello sfruttamento sessuale dei minori 5

§  Le norme penali 6

§  Le norme processuali 13

§  La responsabilità della persona giuridica  15

§  Le misure di prevenzione  15

§  Le misure di sostegno della vittima  16

§  Internet 18

La delega (art. 1, legge 96/2013) 18

Contenuto dello schema di decreto legislativo  21

§  Articolo 1 (Modifiche al codice penale) 21

§  Articolo 2 (Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313) 28

§  Articolo 3 (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) 30

§  Articolo 4 (Modifiche al codice di procedura penale) 32

§  Articolo 5 (Copertura finanziaria) 33

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Confronto tra la Direttiva 2011/93/UE
e
le norme nazionali di contrasto della pedopornografia e dello sfruttamento sessuale dei minori

Lo schema di decreto legislativo AG 46 dà attuazione nel nostro ordinamento alla Direttiva 2011/93/UE, in tema di lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.

 

La direttiva 2011/93, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI. Essa si pone l’obiettivo di ravvicinare ulteriormente le legislazioni penali degli Stati membri in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, pornografia minorile e adescamento di minori per scopi sessuali, stabilendo norme minime relative alla definizione dei suddetti reati e delle relative sanzioni, nonché l’obiettivo di introdurre disposizioni intese a rafforzare la prevenzione di tali reati e la protezione delle vittime minorenni.

 

Dal momento che alcune vittime della tratta di esseri umani sono anche vittime minorenni di abusi sessuali o di sfruttamento sessuale, la direttiva va considerata complementare alla direttiva concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani (2011/36, il cui recepimento è realizzato dallo schema di decreto legislativo A.G. 51).

 

La direttiva sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI (adottata il 22 dicembre 2003), attuata dall’Italia con la legge n. 36 del 2008, contenente disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet.

Peraltro, successivamente, il nostro Parlamento ha anche approvato la legge n. 172 del 2012, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote), recante rilevanti disposizioni di adeguamento interno.

A seguito di questi due recenti interventi, la legislazione italiana di contrasto della pedofilia e dello sfruttamento sessuale dei minori ha raggiunto un livello avanzato di tutela; ciò consente anche alla relazione di accompagnamento dello schema di decreto legislativo di affermare che il nostro ordinamento penale si caratterizza per «puntualità e completezza […] sia sul versante sostanziale che processuale» e per un «regime assai più rigoroso rispetto alla soglia minima di tutela individuata dallo strumento sopranazionale».

Per esplicitare questa affermazione, di seguito si confrontano i contenuti della Direttiva dell’Unione Europea con le disposizioni già vigenti nel nostro ordinamento, al fine di individuare i profili rispetto ai quali è necessario un intervento normativo.

 

Dopo avere chiarito l’oggetto dell’intervento normativo (articolo 1), la direttiva all’articolo 2 contiene le consuete definizioni, che non pongono problemi di adeguamento interno.

 

In particolare, la direttiva rimette agli Stati membri la individuazione dell’età del consenso sessuale, al di sotto della quale è vietato compiere atti sessuali con un minore. Si ricorda che il nostro codice penale individua nei 14 anni l’età al di sotto della quale gli atti sessuali con un minorenne sono considerati violenza sessuale (16 anni se il rapporto è con qualcuno legato al minore da vincoli di convivenza o di cura); il consenso sessuale è considerato prestato anche dal tredicenne se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.

 

Le norme penali

In particolare, quanto ai reati e alle relative pene, la direttiva definisce una ventina di fattispecie, suddivise in quattro categorie, ed impone agli Stati di prevedere pene detentive massime superiori a talune soglie (che vanno da uno a dieci anni in relazione alla gravità dei fatti e al fatto che il minore abbia raggiunto o meno l’età del consenso sessuale); impone poi agli Stati di attribuire rilevanza penale all’istigazione a commettere quei reati. Si tratta di:

§  reati di abuso sessuale, come compiere attività sessuali con un minore che non ha raggiunto l’età del consenso sessuale o costringerlo a compiere tali attività con un’altra persona;

§  reati di sfruttamento sessuale, come ad esempio costringere un minore a prostituirsi o a partecipare a spettacoli pornografici;

§  reati di pornografia minorile: possedere, accedere, distribuire, fornire e produrre materiale pedopornografico;

§  reati di adescamento di minori su internet per scopi sessuali: proporre su Internet un incontro con un minore con l’intento di commettere abusi sessuali o incoraggiarlo, con lo stesso mezzo, a fornire materiale pornografico che ritragga tale minore.

 

 

 

Reati di abuso sessuale (art. 3): conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva

Contenuto della direttiva

Normativa nazionale vigente

Chiunque, per scopi sessuali, induce un minore, che non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, ad assistere anche senza partecipare ad atti sessuali, è punito con una pena detentiva massima di almeno un anno.

Chiunque, per scopi sessuali, induce un minore, che non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, ad assistere anche senza partecipare ad abusi sessuali è punito con una pena detentiva massima di almeno due anni.

L’art. 609-quinquies del codice penale (Corruzione di minorenne) punisce con la reclusione da uno a cinque anni «chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chiunque fa assistere una persona minore di anni quattordici al compimento di atti sessuali, ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali».

Chiunque compie atti sessuali con un minore che non ha raggiunto l'età del consenso sessuale è punito con una pena detentiva massima di almeno cinque anni.

 

 

 

Chiunque compie atti sessuali con un minore, e a tal fine:

i) abusa di una posizione riconosciuta di fiducia, autorità o influenza sul minore, è punito con una pena detentiva massima di almeno otto anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno tre anni, se il minore ha raggiunto tale età;

L’art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne) prevede l’applicazione delle pene previste per la violenza sessuale (art. 609-bis, reclusione da 5 a 10 anni) a carico di chiunque «al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo», compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto non ha compiuto gli anni quattordici (ovvero, non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza).

Fuori dei casi previsti dall'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

ii) abusa della situazione di particolare vulnerabilità del minore, dovuta soprattutto a disabilità fisica o psichica o a uno stato di dipendenza, è punito con pena detentiva massima di almeno otto anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno tre anni, se il minore ha raggiunto tale età; oppure.

In base all’art. 609-bis, secondo comma, si applica la reclusione da 5 a 10 anni a chiunque induce taluno a compiere o subire atti sessuali «abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto». Se il fatto è commesso in danno di un minore di 14 anni la reclusione è da 6 a 12 anni; da 7 a 14 se la vittima ha meno di dieci anni.

iii) fa uso di coercizione, forza o minaccia, è punito con una pena detentiva massima di almeno dieci anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore ha raggiunto tale età.

In merito, l’art. 609-bis del codice penale (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da cinque a dieci anni «chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali».

Chiunque costringe, con l'uso di violenza o minaccia, un minore a compiere atti sessuali con un terzo è punito con una pena detentiva massima di almeno dieci anni, se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore ha raggiunto tale età.

L’art. 609-bis del codice penale (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da cinque a dieci anni «chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali». In base all’art. 609-ter, se il fatto è commesso nei confronti di un minore che non ha compiuto i 14 anni, la reclusione va da sei a dodici anni; se il fatto è commesso nei confronti di un minore che non ha compiuto 10 anni, la reclusione va da sette a quattordici anni.

 

Reati di sfruttamento sessuale (art. 4): conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva

Contenuto della direttiva

Normativa nazionale vigente

Chiunque induce un minore a partecipare a spettacoli pornografici, ovvero lo recluta o ne trae profitto o altrimenti lo sfrutta a tali fini, è punito con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno due anni se il minore ha raggiunto tale età.

L’art. 600-ter del codice penale (Pornografia minorile) punisce con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

- utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;

- recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.

Chiunque costringe o fa uso di violenza nei confronti di un minore affinché partecipi a spettacoli pornografici, ovvero lo minaccia a tali fini, è punito con una pena detentiva massima di almeno otto anni se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore ha raggiunto tale età.

Fermo quanto sopra, la costrizione può comportare l’applicazione della fattispecie di violenza sessuale, aggravata dalla minore età (v. sopra, artt. 609-bis e 609-ter, c.p.).

Chiunque consapevolmente assiste a spettacoli pornografici ai quali partecipano minori è punito con una pena detentiva massima di almeno due anni se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno un anno se il minore ha raggiunto tale età.

L’art. 600-ter c.p., sesto comma, stabilisce che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000»

Chiunque induce un minore a partecipare alla prostituzione minorile, ovvero lo recluta o ne trae profitto o altrimenti lo sfrutta a tali fini, è punito con una pena detentiva massima di almeno otto anni se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore ha raggiunto tale età.

L’art. 600-bis del codice penale (Prostituzione minorile) punisce con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque:

1) recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto;

2) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto.

In base all’art. 602-bis, c.p., la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso in danno di un minore degli anni sedici.

Chiunque costringe o fa uso di violenza o minaccia nei confronti di un minore a fini di prostituzione minorile, è punito con una pena detentiva massima di almeno dieci anni se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore ha raggiunto tale età.

L’art. 602-bis del codice penale prevede che la pena per il delitto di prostituzione minorile (v. sopra) sia aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso con violenza o minaccia.

Chiunque compie atti sessuali con un minore, ricorrendo alla prostituzione minorile, è punito con una pena detentiva massima di almeno cinque anni se il minore non ha raggiunto l'età del consenso sessuale, e con una pena detentiva massima di almeno due anni se il minore ha raggiunto tale età.

L’art. 600-bis del codice penale dispone anche che «chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000».

 

Reati di pornografia minorile (art. 5): conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva

Contenuto della direttiva

Normativa nazionale vigente

L'acquisto o il possesso di materiale pedopornografico è punito con una pena detentiva massima di almeno un anno.

L'accesso consapevole, a mezzo di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, a materiale pedopornografico è punito con una pena detentiva massima di almeno un anno.

L’art. 600-quater (Detenzione di materiale pornografico) punisce con la reclusione fino a 3 anni e con la multa non inferiore a 1.549 euro chiunque consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18.

La disposizione si applica anche quando il materiale è scaricato da internet.

La distribuzione, la diffusione o la trasmissione di materiale pedopornografico è punita con una pena detentiva massima di almeno 2 anni.

L'offerta, la fornitura o la messa a disposizione di materiale pedopornografico è punita con una pena detentiva massima di almeno 2 anni.

Ferma l’applicabilità dell’articolo precedente, l’art. 600-ter (Pornografia minorile) sanziona chiunque faccia commercio di materiale pedopornografico (secondo comma) con la reclusione da 6 a 12 e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000.

La produzione di materiale pedopornografico è punita con una pena detentiva massima di almeno 3 anni.

L’art. 600-ter (Pornografia minorile) punisce con la reclusione da 6 a 12 anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque utilizzando minorenni realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico.

 

Reati di adescamento di minori su internet per scopi sessuali (art. 6): conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva

Contenuto della direttiva

Normativa nazionale vigente

Se un adulto propone, a mezzo di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, a un minore che non ha raggiunto l'età del consenso sessuale di incontrarlo con l'intento di commettere atti sessuali o produzione di materiale pedopornografico, e ove tale proposta sia stata seguita da atti materiali finalizzati a tale incontro, il fatto è punito con una pena detentiva massima di almeno un anno.

L’art. 609-undecies (Adescamento di minorenni) punisce, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici. La norma precisa che per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che sia punito il tentativo, per mezzo di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di commettere i reati di acquisto o possesso di materiale pedopornografico, da parte di un adulto il quale adeschi un minore che non abbia raggiunto l'età del consenso sessuale per fornire materiale pedopornografico che ritragga tale minore.

Il tentativo di adescamento è punito nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 56 del codice penale

 

Reati di istigazione, favoreggiamento, concorso e tentativo (art. 7): conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva

Contenuto della direttiva

Normativa nazionale vigente

Punire l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione dei reati a sfondo sessuale in danno di minori di cui agli articoli da 3 a 6.

La legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote (n. 172/2012) ha introdotto nel codice penale l’art. 414-bis, Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia, che punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni – sempre che in fatto non costituisca più grave reato – chiunque «con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione, pubblicamente istiga a commettere, in danno di minorenni, uno o più delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies». Alla stessa pena soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti previsti dal primo comma.

Per quanto riguarda il favoreggiamento, si applica l’art. 378 c.p., mentre per il concorso opera l’art. 110 c.p.

Punire il tentativo di commissione dei reati.

Il tentativo è punito nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 56 del codice penale

 

Per quanto concerne le attività sessuali consensuali, l’articolo 8 della direttiva lascia gli Stati membri liberi di decidere se certe pratiche siano o meno punibili quando coinvolgono persone vicine per età, grado di maturità fisica e psicologica e che possono essere considerate come la normale scoperta della sessualità.

In merito si veda l’art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne) che, al terzo comma, dispone che «Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni».

 

Circostanze aggravanti (art. 9): necessità di adeguamento

La direttiva prevede diverse circostanze aggravanti, in particolare quando il reato è commesso nei confronti di un minore in situazione di particolare vulnerabilità o da un familiare del minore, o da una persona che ha abusato della sua posizione di fiducia o di autorità, o ancora quando l'autore è già stato condannato per reati della stessa indole (art. 9).

 

Contenuto della direttiva

Normativa nazionale vigente

Il reato è stato commesso nei confronti di un minore in situazione di particolare vulnerabilità, quale un minore con una disabilità psichica o fisica o in uno stato di dipendenza o in uno stato di incapacità fisica o psichica.

L’art. 602-ter, sesto comma, c.p. prevede un’aggravante (pena aumentata dalla metà ai due terzi) quando i fatti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, sono commessi in danno di un minore in stato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata.

Il reato è stato commesso da un familiare del minore, da una persona che con il minore ha una relazione di convivenza o da altra persona che ha abusato della sua riconosciuta posizione di fiducia o di autorità.

L’art. 602-ter, sesto comma, c.p. prevede un’aggravante (pena aumentata dalla metà ai due terzi) quando i fatti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, sono commessi da un ascendente, dal genitore adottivo, o dal loro coniuge o convivente, dal coniuge o da affini entro il secondo grado, da parenti fino al quarto grado collaterale, dal tutore o da persona a cui il minore è stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, lavoro, ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni.

Il reato è stato commesso da più persone riunite.

Il nostro ordinamento non contempla questa specifica aggravante speciale per i delitti di pedopornografia. Si applica l’art. 112 del codice penale che prevede, al primo comma, numero 1), un’aggravante comune «se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, è di 5 o più».

Il reato è stato commesso nel contesto di un'organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata.

La legge n. 172 del 2012 ha novellato l’art. 416 del codice penale (Associazione per delinquere) prevedendo che se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di violenza sessuale in danno di minori, si applica la reclusione da 4 a 8 ai promotori dell’associazione e la reclusione da 2 a 6 anni agli associati.

L'autore del reato è stato già condannato per reati della stessa indole.

Il nostro ordinamento non contempla questa specifica aggravante speciale per i delitti di pedopornografia. In base all’art. 99 c.p., peraltro, chi – dopo essere stato condannato per un delitto non colposo – ne commette un altro della stessa indole, può essere sottoposto ad un aumento di pena fino alla metà.

L'autore del reato, deliberatamente o per negligenza, ha messo in pericolo la vita del minore; oppure il reato è stato commesso ricorrendo a violenze gravi o ha causato al minore un pregiudizio grave.

Il nostro ordinamento non contempla questa specifica aggravante speciale per i delitti di pedopornografia. Una aggravante di questo tenore è prevista dall’art. 602-ter, ma esclusivamente per i delitti di tratta (artt. 600, 601 e 602 c.p.).

Si rammenta peraltro che l’art. 61, primo comma, numero 4), c.p., prevede come aggravante comune l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone.

 

Sequestro e confisca (art. 11): conformità dell’ordinamento nazionale alla direttiva

Gli Stati dovranno prevedere il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi dei reati di sfruttamento sessuale in danno di minori. In merito alla confisca, si ricorda che la legge di ratifica della convenzione di Lanzarote ha sostituito l’art. 600-septies del codice penale stabilendo che nel caso di condanna (o di patteggiamento della pena) per i delitti di sfruttamento sessuale dei minori, «é sempre ordinata, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento dei danni, la confisca dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. Ove essa non sia possibile, il giudice dispone la confisca di beni di valore equivalente a quelli che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato e di cui il condannato abbia, anche indirettamente o per interposta persona, la disponibilità».

Le norme processuali

Dal punto di vista processuale-penale, la direttiva richiede che i minorenni coinvolti nei reati di sfruttamento sessuale e conseguentemente obbligati a compiere ulteriori attività criminali non siano perseguiti (articolo 14). Nel nostro ordinamento manca una disciplina specifica ma sono comunque applicabili anche in questo caso i principi generali degli articoli 45 (Caso fortuito o forza maggiore), 46 (Costringimento fisico) e 54 (Stato di necessità) del codice penale.

 

L’articolo 15 della direttiva richiede che le indagini e le azioni legali relative a questi reati non siano subordinate alla querela o alla denuncia formulate dalla vittima e afferma che il procedimento penale deve continuare, anche se la persona ha ritirato la sua dichiarazione. Il nostro ordinamento prevede che tanto i delitti pedopornografici (artt. 600-bis e ss. c.p.), quanto ai delitti di sfruttamento sessuale dei minori (artt. 609-bis e ss. c.p.), siano perseguibili d’ufficio (art. 609-septies).

La stessa disposizione della direttiva richiede che, per i reati più gravi, l’azione penale possa essere consentita per un congruo periodo di tempo dopo che la vittima ha raggiunto la maggiore età. In merito si ricorda che l’art. 157 del codice penale, recentemente novellato dalla legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote, prevede che i termini di prescrizione del reato siano raddoppiati per i reati di cui alla sezione I del capo III del titolo XII del libro II (Delitti contro la personalità individuale) e di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies. Nel nostro ordinamento, peraltro, il termine di prescrizione decorre dal giorno della commissione del reato, non rilevando la minore età della vittima. Sul punto, dunque, potrebbe essere necessaria una novella all’art. 158 c.p. (Decorrenza del termine della prescrizione).

Sul versante delle indagini, l’articolo 15 della direttiva richiede agli Stati di garantire anche alla repressione di questo tipo di criminalità strumenti investigativi efficaci, analoghi a quelli applicati per le indagini sulla criminalità organizzata.

Si ricorda che, nel nostro ordinamento, le indagini sullo sfruttamento sessuale dei minori e la pedopornografia sono affidate alla procura distrettuale (art. 51, comma 3-quinquies, c.p.p.) e che le intercettazioni sono consentite in base all’art. 266 c.p.p. in quanto si tratta generalmente di delitti non colposi puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a 5 anni. L’unico reato di sfruttamento dei minori per il quale non sono consentite le intercettazioni, avendo una pena massima pari alla reclusione fino a 3 anni, è il delitto di adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.).

 

L’articolo 17 della direttiva prevede inoltre che gli Stati debbano stabilire la propria giurisdizione per i reati di sfruttamento sessuale dei minori non solo quando il fatto è commesso sul proprio territorio, ma anche quando l’autore del reato è un loro cittadino, anche se il reato è commesso all’estero. Gli Stati possono inoltre affermare la propria giurisdizione anche quando i reati di sfruttamento sessuale dei minori sono commessi fuori del proprio territorio ma:

-        in danno di un proprio cittadino o di un residente nel proprio territorio;

-        a vantaggio di una persona giuridica che ha sede nel proprio territorio;

-        da parte di colui che risiede abitualmente nel proprio territorio;

-        attraverso tecnologie di comunicazione alle quali l’autore del delitto ha avuto accesso dal proprio territorio.

Lo Stato membro non deve subordinare la propria giurisdizione né alla condizione che i fatti costituiscano reato nel Paese nel quale sono commessi, né alla eventuale condizione di procedibilità della querela della persona offesa.

Per quanto riguarda il nostro ordinamento penale, si ricordano le disposizioni generali di cui agli articoli 6 (Reati commessi nel territorio dello Stato), 7 (Reati commessi all’estero), 9 (Delitto comune del cittadino all’estero) e 10 (Delitto comune dello straniero all’estero) del codice penale, che già attualmente consentono di affermare la giurisdizione italiana. Si ricorda inoltre che l’art. 604 del codice penale (Fatto commesso all’estero), recentemente novellato dalla legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote, preevde che le disposizioni della legge penale italiana relative ai reati di sfruttamento sessuale dei minori si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da un cittadino italiano, ovvero in danno di un cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con il cittadino.

 

La responsabilità della persona giuridica

Gli articoli 12 e 13 della Direttiva 2011/93/UE prevedono che gli Stati membri debbano assicurare che anche le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili e sanzionate qualora il reato di sfruttamento sessuale dei minori sia commesso per loro conto da una persona che eserciti potere decisionale.

Quanto alla responsabilità degli enti dipendente da reato, già la legge n. 38 del 2006 (di attuazione della decisione quadro 2004/68/GAI) ha novellato il decreto legislativo n. 231 del 2001, inserendo all’art. 25-quinquies le sanzioni per l’ente a seguito della commissione di uno dei delitti di sfruttamento sessuale dei minori. L’unico delitto di sfruttamento sessuale dei minori che è attualmente escluso dalla responsabilità dell’ente è quello introdotto dalla legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote all’art. 609-undecies c.p., Adescamento di minorenni.

 

Le misure di prevenzione

La direttiva detta una particolare disciplina in relazione alle attività professionali a contatto con i minori. Per evitare il rischio di recidiva, gli autori di uno dei reati di sfruttamento sessuale dei minori previsto dalla direttiva dovrebbero essere interdetti dall’esercizio di attività professionali che comportano contatti regolari e diretti con minori (articolo 10, par. 1).

In merito si ricorda che la legge n. 172 del 2012, di ratifica della convenzione di Lanzarote, ha inserito nel codice penale l’art. 600-septies.2 (Pene accessorie), in base al quale alla condanna (e al patteggiamento della pena) per un delitto di pedopornografia, consegue, tra l’altro, «l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori».

L’articolo 10 della direttiva prevede, inoltre, che i datori di lavoro hanno il diritto di essere informati dell’esistenza di una condanna o delle misure interdittive esistenti. Tali informazioni devono inoltre essere trasmesse agli altri Stati membri onde evitare che un pedofilo possa usufruire della libera circolazione dei lavoratori nell’UE per lavorare con minori in un altro paese. Sul punto il nostro ordinamento necessita di un adeguamento.

 

Possono essere ricondotte a finalità preventive anche le disposizioni dell’articolo 21 della direttiva che, in relazione al c.d. turismo sessuale, prevede che l’organizzazione di viaggi finalizzati a commettere i reati di abuso sessuale, sfruttamento sessuale su minori o ancora di pornografia infantile, debba essere vietata.

Il nostro ordinamento va ben oltre tale previsione, se si considera che l’art. 600-quinquies c.p. punisce con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.493 a euro 154.937 chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività. L’articolo 17 della legge n. 38 del 2006 aggiunge che i tour operator che organizzano viaggi collettivi o individuali in Paesi esteri hanno l'obbligo di inserire in maniera evidente nei materiali propagandistici, nei programmi, nei documenti di viaggio consegnati agli utenti, nonché nei propri cataloghi generali o relativi a singole destinazioni, l’avvertenza che la legge italiana punisce con la reclusione i reati concernenti la prostituzione e la pornografia minorile, anche se commessi all'estero. La violazione dell’obbligo comporta applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 6.000 euro.

 

Gli articoli 22 e 24 della direttiva prevedono programmi specifici per ridurre il rischio di recidiva che devono essere offerti alle persone condannate o perseguite per reati sessuali contro i minori nonché a coloro che ritengano di poter commettere i reati di sfruttamento sessuale dei minor. Tali persone devono inoltre essere valutate per determinare il pericolo che esse rappresentano e il rischio di recidiva. Sul punto manca a livello nazionale una disciplina specifica.

 

Le misure di sostegno della vittima

In conformità con le disposizioni previste dalla direttiva relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, la Direttiva 2011/93/UE prevede che si debba assicurare un’assistenza e un sostegno alle vittime prima, durante e dopo il procedimento penale.

L’articolo 16 della Direttiva richiede che gli operatori suscettibili di entrare in contatto con le vittime minorenni di abuso e sfruttamento sessuale possano segnalare tale convincimento alle autorità competenti, senza che disposizioni sulla privacy possano costituire un ostacolo alla pronta assistenza. Gli Stati membri dovranno incoraggiare la denuncia di tali fatti. Sul punto nel nostro ordinamento manca una disciplina specifica. Per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio si applica l’art. 331 c.p.p., che li obbliga alla denuncia quando nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, abbiano notizia di un reato perseguibile d’ufficio.

Gli articoli da 18 a 20 della Direttiva dettano ulteriori disposizioni di protezione, volte ad assicurare alla vittima tempestiva assistenza e sostegno (art. 18), soprattutto nel caso in cui l’aggressore sia un familiare del minore.

Inoltre, le giovani vittime devono avere accesso immediato alla consulenza legale e all’assistenza legale, se necessario, e a titolo gratuito (art. 20). Particolari cautele dovranno inoltre essere applicate all’esame processuale della vittima.

Nel nostro ordinamento, si ricorda che l’art. 609-decies dispone (Comunicazione al tribunale per i minorenni) dispone che quando si procede per un delitto di sfruttamento sessuale dei minori o di violenza sessuale in danno di minori, nonché per un delitto di maltrattamenti in famiglia o atti persecutori, se commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore, il PM ne dà notizia al tribunale per i minorenni; La comunicazione si considera effettuata anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti sull’affidamento e sulla decadenza dalla responsabilità genitoriale. In tali casi, peraltro, l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne, nonché di gruppi, fondazioni, associazioni od organizzazioni non governative di comprovata esperienza nel settore dell'assistenza e del supporto alle vittime dei reati di cui al primo comma e iscritti in apposito elenco dei soggetti legittimati a tale scopo, con il consenso del minorenne, e ammessi dall'autorità giudiziaria che procede. In ogni caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali.

Quanto all’assistenza legale, si ricorda che l’art. 9 della legge n. 172 del 2012 ha novellato l’art. 76 del TU spese di giustizia affermando che «la persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito».

Sul versante del processo penale particolari cautele per l’esame del testimone o della vittima minorenne sono previste dagli articoli 190-bis, 350, 398 e 498 del codice di procedura penale: in particolare, la polizia giudiziaria e l’autorità giudiziaria debbono avvalersi di persona qualificato, possono assumere la prova con modalità particolari, anche in incidente probatorio.

 

Internet

In relazione alla pornografia infantile su internet, l’articolo 25 della Direttiva stabilisce che gli Stati membri devono garantire la tempestiva rimozione delle pagine web che contengono o diffondono materiale pedopornografico ospitate nel loro territorio e adoperarsi per ottenere la rimozione di pagine ospitate al di fuori del loro territorio. In determinate condizioni di trasparenza e di informazione degli utenti internet, hanno altresì facoltà di bloccare l’accesso a tali siti.

Si ricorda che la legge n. 38 del 2006 ha novellato la precedente legge n. 269 del 1998 proprio per consentire un tempestivo intervento quando materiale pedopornografico sia diffuso su internet (in particolare, prevedendo specifici obblighi per i fornitori dei servizi della società dell'informazione anche relativi ad impedire l'accesso ai siti che diffondono materiale pedopornografico.

Per ottenere l’oscuramento del sito, si utilizza anche l’art. 321 c.p.p. in tema di sequestro preventivo.

 

 

 

La delega (art. 1, legge 96/2013)

La delega per l’attuazione della direttiva 2011/93/UE è contenuta nella legge 6 agosto 2013, n. 96 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2013).

In particolare, l’articolo 1, comma 1, delega il Governo ad adottare, secondo le procedure, i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 234/2012 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B. La direttiva 2011/93/UE è inserita nell’allegato B.

Il comma 2 individua il termine per l’esercizio della delega mediante rinvio all’art. 31, comma 1, della legge n. 234 del 2012.

La norma citata dispone, analogamente a quanto previsto in precedenza per le leggi comunitarie annuali, che il termine per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea sia di due mesi antecedenti il termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive. Per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, o scada nei tre mesi successivi, la delega deve essere esercitata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il termine per l’esercizio della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

Si ricorda che il comma 5 dell’art. 31 della legge n. 234 prevede inoltre che il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati in base alla delega conferita con la legge di delegazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge stessa.

 

Il comma 3 prevede che gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell’allegato B siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Tale procedura è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all’allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.

 

La disposizione ripropone lo schema procedurale applicato nelle precedenti leggi comunitarie e ora disciplinato in via generale dall’art. 31, comma 3, della legge 234 del 2012. Essa prevede che gli schemi di decreto legislativo, una volta acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge, siano trasmessi alle Camere per l’espressione del parere e che, decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti siano emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l’esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega è prorogato di tre mesi. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Il comma 9 del medesimo art. 31 prevede altresì che ove il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi dagli organi parlamentari relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi, ritrasmette i testi alle Camere, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 

Sugli schemi di decreto legislativo che comportano conseguenze finanziarie è prevista inoltre l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari (ovvero le Commissioni Bilancio delle due Camere).

Tale procedura, anch’essa mutuata dalle precedenti leggi comunitarie e disciplinata in via generale dall’art. 31, comma 4, della legge n. 234, prevede altresì che il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate al fine di garantire la copertura finanziaria ai sensi dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, deve sottoporre i testi (corredati delle necessarie informazioni integrative) a un nuovo parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che si esprimono entro 20 giorni.

 

Principi e criteri direttivi (art. 32, legge 234/2012)

Essendo la direttiva 2011/93/UE inserita nell’allegato B della legge di delegazione europea 2013, non esistono specifici principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega.

Occorre fare riferimento ai principi e criteri generali fissati all’art. 32 della legge n. 234 del 2012 per l’attuazione del diritto dell’Unione europea, e dunque:

a)       le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti;

b)       ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi;

c)       gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse (c.d. gold plating);

d)       ove necessario, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi;

e)       al recepimento di direttive o di altri atti che modificano precedenti direttive o di atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione;

f)        nella redazione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g)       quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti territoriali;

h)       le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi vengono attuate con un unico decreto legislativo, compatibilmente con i diversi termini di recepimento;

i)         è sempre assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

 

 

 


Contenuto dello schema di decreto legislativo

Lo schema di decreto legislativo AG 46 fa parte di un gruppo di schemi di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 dicembre 2013, in prossimità della scadenza dei termini per l'esercizio della delega (4 dicembre).

In questo modo il Governo può avvalersi, nell'esercizio della potestà legislativa delegata, di un meccanismo di scorrimento dei termini, disposto in via generale dall'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante le norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.

In base a tale norma, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi (vale a dire, nel caso di specie, fino al 4 marzo 2014).

Si ricorda che il termine per il recepimento della direttiva scade il 18 dicembre 2013.

 

Articolo 1
(Modifiche al codice penale)

La disposizione novella cinque articoli del codice penale (artt. 600-quater, 602-ter, 609-ter, 609-quinquies e 609-undecies).

 

In ordine alla formulazione del testo si evidenzia che la rubrica dell’art. 1, «Modifiche al Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, recante “Approvazione del testo definitivo del Codice penale”» dovrebbe essere corretta in «Modifiche al codice penale» giacché il suddetto codice del 1930 è un allegato del regio decreto. Occorre fare richiamo diretto al “codice penale”.

 

In particolare, il comma 1 interviene sul delitto di detenzione di materiale pornografico di cui all’art. 600-quater del codice penale, inserendovi una ulteriore circostanza aggravante.

 

Normativa vigente

A.G. 46

Codice penale

Art. 600-quater

Detenzione di materiale pornografico

Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549.

Identico.

La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità.

Identico.

 

La pena è aumentata nel caso in cui il contenuto pedopornografico di informazioni o dati sia stato occultato mediante l’utilizzo di appositi strumenti tecnologici o programmi informatici.

 

Ai sensi del nuovo terzo comma, la pena è aumentata quando attraverso strumenti informatici si sia tentato di occultare il contenuto pedopornografico delle informazioni o dei dati.

In merito si rileva che questa novella al codice penale non trova riscontro nel contenuto della direttiva in recepimento.

Si evidenzia inoltre che i commi del codice penale non sono numerati; occorre pertanto fare riferimento alla collocazione dei commi secondo la numerazione ordinale e non secondo quella cardinale.

 

Il comma 2 interviene sull’art. 602-ter del codice penale, che riguarda le circostanze aggravanti dei delitti contro la personalità individuale (artt. da 600 a 602), inserendovi due ulteriori commi.

 

Normativa vigente

A.G. 46

Codice penale

Art. 602-ter

Circostanze aggravanti

La pena per i reati previsti dagli articoli 600, 601 e 602 è aumentata da un terzo alla metà:

a) se la persona offesa è minore degli anni diciotto;

b) se i fatti sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi;

c) se dal fatto deriva un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.

Identico.

Se i fatti previsti dal titolo VII, capo III, del presente libro sono commessi al fine di realizzare od agevolare i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, le pene ivi previste sono aumentate da un terzo alla metà.

Identico.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, la pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso con violenza o minaccia.

Identico.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo e secondo comma, 600-ter, primo comma, e 600-quinquies, la pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso approfittando della situazione di necessità del minore.

Identico.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo e secondo comma, 600-ter e 600-quinquies, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso in danno di un minore degli anni sedici.

Identico.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, nonché, se il fatto è commesso in danno di un minore degli anni diciotto, dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso da un ascendente, dal genitore adottivo, o dal loro coniuge o convivente, dal coniuge o da affini entro il secondo grado, da parenti fino al quarto grado collaterale, dal tutore o da persona a cui il minore è stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, lavoro, ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni ovvero ancora se è commesso in danno di un minore in stato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata.

Identico.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso mediante somministrazione di sostanze alcoliche, narcotiche, stupefacenti o comunque pregiudizievoli per la salute fisica o psichica del minore, ovvero se è commesso nei confronti di tre o più persone.

Identico.

 

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1 e 600-quinquies, la pena è aumentata:

a) se il reato è commesso da più persone riunite;

b) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;

c) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.

 

Le pene previste per i reati di cui al comma precedente sono aumentate in misura non eccedente i due terzi nei casi in cui gli stessi siano compiuti con l’utilizzo di mezzi atti ad impedire l’identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche.

Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le circostanze aggravanti di cui alla presente sezione, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Identico.

 

In attuazione dell’articolo 9 della Direttiva 2011/93/UE, il Governo inserisce nell’articolo 620-ter c.p. una serie di ulteriori circostanze che aggravano i delitti di pedopornografia (prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, pornografia virtuale).

In particolare, il nuovo ottavo comma prevede aggravanti quando il reato è commesso da più persone riunite; dal componente di un’associazione a delinquere e al fine di agevolarne l’attività; con violenze gravi o con grave pregiudizio del minore «a causa della reiterazione delle condotte».

In ordine a quest’ultima aggravante, si osserva che la direttiva europea non fa riferimento in questo contesto alla reiterazione delle condotte, evidentemente ritenendo che il minore possa incorrere in un grave pregiudizio anche quando la condotta è singola e non reiterata.

Per quanto riguarda il delitto commesso da un associato, si ricorda che la legge n. 172 del 2012 ha novellato l’art. 416 del codice penale (Associazione per delinquere) prevedendo che se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di violenza sessuale in danno di minori, si applica la reclusione da 4 a 8 anni ai promotori dell’associazione e la reclusione da 2 a 6 anni agli associati.

 

Il nuovo nono comma aggrava ulteriormente le pene per i reati di pedopornografia, quando gli stessi siano commessi avvalendosi di tecnologie informatiche volte a impedire l’identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche.

Si evidenzia che questa aggravante non trova un puntale riscontro nella direttiva 2011/93/UE.

 

Il comma 3 novella l’art. 609-ter del codice penale che individua le fattispecie aggravate del delitto di violenza sessuale.

 

Normativa vigente

A.G. 46

Codice penale

Art. 609-ter

Circostanze aggravanti

La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo 609-bis sono commessi:

Identico:

1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;

1) identico;

2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;

2) identico;

3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;

3) identico;

4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;

4) identico;

5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore;

5) identico;

5-bis) all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa;

5-bis) identico;

5-ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza;

5-ter) identico;

5-quater) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza.

5-quater) identico.

 

5-quinquies) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività.

 

5-sexies) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.

La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.

 

 

Anche in questo caso il Governo intende recepire l’articolo 9 della direttiva europea ed in particolare le circostanza previste dalle lettere d) (il reato è stato commesso nel contesto di un'organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata) e g) (il reato è stato commesso ricorrendo a violenze gravi o ha causato al minore un pregiudizio grave).

Per quanto riguarda il reato commesso dall’associato pare di non facile individuazione l’ipotesi di un delitto di violenza sessuale commesso da un associato a delinquere – quale che sia la finalizzazione dell’associazione – allo scopo di agevolare l’attività dell’associazione stessa.

Per quanto riguarda l’aggravante in caso di pregiudizio grave per il minore, si osserva anche in questo caso che in base alla normativa europea il pregiudizio grave può ben ricorrere anche a prescindere da una reiterazione delle condotte.

In ordine alla formulazione del testo si rileva l’esigenza di coordinare le novelle con l’alinea del primo comma dell’art. 609-ter, evitando la ripetizione “se il fatto è commesso”.

 

Il comma 4 interviene sull’art. 609-quinquies del codice penale, che punisce il delitto di corruzione di minorenne, introducendovi nuove circostanze aggravanti. Analogamente a quanto previsto dalle disposizioni precedenti, il delitto è aggravato quando è commesso:

-        da più persone riunite;

-        da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;

-        con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.

 

Normativa vigente

A.G. 46

Codice penale

Art. 609-quinquies

Corruzione di minorenne

Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Identico.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chiunque fa assistere una persona minore di anni quattordici al compimento di atti sessuali, ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali.

Identico.

 

La pena è aumentata:

a) se il reato è commesso da più persone riunite;

b) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;

c)se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.

La pena è aumentata fino alla metà quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di stabile convivenza.

Identico.

 

 

Il comma 5 introduce nel codice penale l’articolo 609-dundecies, volto ad aggravare le pene per i delitti di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo e adescamento di minorenne, quando i reati siano commessi con l’utilizzo di mezzi atti ad impedire l’identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche. La pena è aumentata in misura non eccedente la metà.

Occorre valutare in che misura questa aggravante possa ricorrere in caso di commissione dei delitti di violenza sessuale. Il terreno classico di applicazione di quest’aggravio di pena pare infatti essere quello dell’adescamento di minorenne, che già attualmente prevede l’eventuale commissione attraverso l’uso di internet.

Si sottolinea anche in questo caso che si tratta di un’aggravante che non trova puntuale riscontro nella direttiva europea.


Articolo 2
(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313)

L’articolo 2 interviene sul Testo Unico in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (D.P.R. 313/2002), inserendovi l’art. 25-bis, che disciplina il certificato penale del casellario giudiziale che può essere richiesto dal datore di lavoro.

 

Si ricorda che il certificato del casellario giudiziale consente la conoscenza dei provvedimenti di condanna definitivi e di alcuni provvedimenti in materia civile ed amministrativa a carico di una determinata persona. In particolare, l’ufficio del casellario giudiziale, esistente presso ogni Procura della Repubblica, rilascia i seguenti certificati:

§  certificato generale: contiene i provvedimenti definitivi in materia penale, civile ed amministrativa (riassume i certificati penale e civile)

§  certificato penale: contiene i provvedimenti penali di condanna definitivi con le esclusioni previste dall’art. 25 del TU;

§  certificato civile: contiene i provvedimenti relativi alla capacità della persona (interdizione giudiziale, inabilitazione, interdizione legale, amministrazione di sostegno), i provvedimenti relativi ai fallimenti (i quali non sono più iscrivibili dal 1°gennaio 2008), i provvedimenti di espulsione e i ricorsi avverso questi.

Attualmente il certificato può essere richiesto:

-        dall’interessato

-        dalle pubbliche amministrazioni e dai gestori di pubblici servizi, quando il certificato è necessario per l’espletamento delle loro funzioni

-        dall’autorità giudiziaria penale, che provvede direttamente alla sua acquisizione.

Il certificato ha una validità di 6 mesi dalla data di rilascio.

 

Il nuovo articolo 25-bis dispone che il certificato penale debba essere chiesto da colui che intende impiegare una persona per «lo svolgimento di attività organizzate, professionali o volontarie, che comportino contatti diretti e regolari con minori», al fine di poter verificare l’esistenza di condanne per un delitto di pedopornografia e sfruttamento sessuale dei minori, ovvero l’applicazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti con i minori.

 

La disposizione dunque:

-        pone un obbligo, peraltro non sanzionato, a carico del datore di lavoro, di procurarsi il certificato penale di colui che intende assumere;

-        non collega alla “scoperta” di eventuali condanne per pedopornografia alcuna conseguenza, evidentemente intendendo esclusivamente responsabilizzare il datore di lavoro.

Con questa previsione il Governo intende attuare l’articolo 10 della Direttiva 2011/93/UE che al paragrafo 2 invita gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per assicurare che «i datori di lavoro, al momento dell'assunzione di una persona per attività professionali o attività volontarie organizzate che comportano contatti diretti e regolari con minori, abbiano il diritto di chiedere informazioni, conformemente alla normativa nazionale e con ogni mezzo appropriato, quali l'accesso su richiesta o tramite l'interessato, sull'esistenza di condanne penali per i reati di cui agli articoli da 3 a 7, iscritte nel casellario giudiziario, o dell'esistenza di eventuali misure interdittive dell'esercizio di attività che comportano contatti diretti e regolari con minori derivanti da tali condanne penali».

La formulazione dell’art. 25-bis riprende quasi alla lettera la previsione europea; il riferimento alle sanzioni interdittive va considerato riferito alla pena accessoria recentemente introdotta dalla legge 172/2012.

 

In merito si ricorda che la legge n. 172 del 2012, di ratifica della convenzione di Lanzarote, ha inserito nel codice penale l’art. 600-septies.2 (Pene accessorie), in base al quale alla condanna (e al patteggiamento della pena) per un delitto di pedopornografia, consegue, tra l’altro, «l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori».


Articolo 3
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)

 

L’articolo 3 novella l’articolo 25-quinquies del decreto legislativo 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato.

 

Il D. Lgs. n. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 1) e prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss), possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca, pubblicazione della sentenza (art. 9).

Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.

Le sanzioni interdittive sono le seguenti (artt. 9, 13-18, 23):

-      l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

-      la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

-      il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

-      l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.

La sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 10, è applicate per quote, in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

Infine, il decreto legislativo prevede che la responsabilità per fatti antecedenti permanga anche in caso di successiva trasformazione, fusione o scissione dell’ente; la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente è dello stesso giudice penale competente per i reati dai quali essi dipendono.

 

Si ricorda che già la legge n. 38 del 2006 (di attuazione della decisione quadro 2004/68/GAI, poi sostituita dalla Direttiva in recepimento) ha novellato il decreto legislativo n. 231 del 2001, inserendo all’art. 25-quinquies le sanzioni per l’ente a seguito della commissione di uno dei delitti di sfruttamento sessuale dei minori. L’unico delitto di sfruttamento sessuale dei minori che è attualmente escluso dalla responsabilità dell’ente è quello introdotto dalla legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote all’art. 609-undecies c.p., Adescamento di minorenni.

Tale lacuna viene colmata dalla disposizione in esame, che appunto aggiunge al catalogo dei delitti previsti dall’art. 25-quinquies l’art. 609-undecies.


Articolo 4
(Modifiche al codice di procedura penale)

 

L’articolo 4 apporta limitate modifiche al codice di procedura penale.

In ordine alla formulazione del testo si valuti l’opportunità di modificare la rubrica dell’art. 4 facendo riferimento al Codice di procedura penale invece che al DPR che lo contiene come allegato.

 

In particolare, il comma 1 interviene sulla disciplina delle intercettazioni di cui all’art. 266 c.p.p. per aggiungere al catalogo dei reati per i quali le l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita anche l’adescamento di minorenne previsto dall’art. 609-undecies c.p.

La disposizione recepisce l’art. 15, par. 3 della direttiva, che richiede agli Stati di dotare le investigazioni sui delitti di sfruttamento sessuale dei minori degli stessi strumenti previsti per le indagini sulla criminalità organizzata.

 

Il comma 2 novella l’art. 62 del codice di rito, in tema di divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell'imputato.

Si tratta della disposizione che esclude che le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o dalla persona sottoposta alle indagini possano formare oggetto di testimonianza.

Per prevenire la recidiva, il Governo aggiunge un ultimo comma ed esclude altresì che possano formare oggetto di testimonianza le dichiarazioni che l’imputato renda nel corso di programmi terapeutici diretti a ridurre il rischio che questi commetta delitti sessuali a danno di minori.

L’obiettivo è dunque quello di incentivare la partecipazione attiva al programma terapeutico.


Articolo 5
(Copertura finanziaria)

La disposizione prevede la consueta clausola di invarianza finanziaria: il recepimento della direttiva 2011/93/UE dovrà avvenire attraverso le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza ulteriori oneri per il bilancio dello Stato.