Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Istituzione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo A.C. 1609 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 1609/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 93
Data: 27/11/2013
Descrittori:
DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA E ANTITERRORISMO   DIREZIONI DISTRETTUALI ANTIMAFIA
ISTITUZIONE DI SEDI ED UFFICI PUBBLICI     
Organi della Camera: II-Giustizia


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Istituzione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo

27 novembre 2013
Elementi per l'istruttoria legislativa



Indice

Quadro normativo|Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Formulazione del testo|



La proposta di legge A.C. 1609 (On. Dambruoso) è diretta a intensificare le attività di indagine in relazione ai delitti di terrorismo attraverso:


Quadro normativo

Le direzioni distrettuali antimafia e la direzione nazionale antimafia sono nuove forme organizzative delle attività di indagine sulla criminalità organizzata, finalizzate alla specializzazione ed al coordinamento tra gli uffici del pubblico ministero, introdotte nel nostro ordinamento dal decreto-legge n. 367 del 1991 (Coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito dalla legge n. 8/1992).

Le direzioni distrettuali antimafia (DDA)

In primo luogo, il decreto-legge del 1991 ha novellato l'ordinamento giudiziario (R.D. 12/1941, art. 70-bis) prevedendo che all'interno di ciascuna delle ventisei procure della Repubblica con sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello fosse istituita una direzione distrettuale antimafia (DDA); la disciplina delle DDA è ora confluita nel Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. n. 159 del 2011), all'art. 102.

Le direzioni distrettuali antimafia sono competenti a svolgere tutte le indagini relative ai reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

Il riferimento ai delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., riguarda i delitti di grave allarme sociale previsti dagli articoli 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla tratta o alla riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù o all'acquisto e vendita di schiavi nonché all'immigrazione clandestina) e settimo comma (associazione per delinquere finalizzata a commettere un delitto di sfruttamento sessuale di minori o di violenza sessuale in danno di minori), 416 realizzato allo scopo di commettere i delitti di cui agli articoli 473 e 474 (associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione e all'introduzione nello Stato e commercio di prodotti contraffatti), 600 (riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e vendita di schiavi), 416-bis (associazione mafiosa) e 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione) del codice penale; ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni d'intimidazione previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose, nonché dei delitti previsti dall'articolo 74 del DPR 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), dall'articolo 291-quater del DPR 43/1973 (TU doganale) (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri) e dall'art. 260 del D.lgs n. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).
Occorre rilevare che dal 1991 ad oggi il catalogo dei delitti ricompresi nell'art. 51, comma 3-bis, si è notevolmente ampliato e, conseguentemente, si è estesa l'area di intervento delle direzioni distrettuali antimafia e del procuratore nazionale antimafia (v. infra). Nel 1991, infatti, il novero dei delitti di competenza distrettuale era circoscritto ai reati di associazione mafiosa, al sequestro di persona a scopo di estorsione, all'associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p. oppure al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.
Peraltro, secondo la giurisprudenza della Cassazione, la competenza della direzione distrettuale antimafia, legittimamente radicata in relazione ad un delitto previsto dall'art. 51, co. 3-bis, c.p.p., si estende a tutti i reati connessi e agli imputati giudicati nello stesso procedimento.

L'art. 102 del Codice antimafia prevede che, per la trattazione dei procedimenti relativi ai suddetti reati, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell'ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia, designando i magistrati che devono farne parte per la durata non inferiore a due anni. La designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia (v. infra).

All'interno delle procure distrettuali il legislatore ha concentrato le funzioni inquirenti e requirenti che la legge prevede siano svolte dal pubblico ministero; la stessa giurisprudenza della Cassazione è costante nel qualificare la direzione distrettuale antimafia come una mera articolazione interna dell'ufficio di procura, come tale priva di qualsivoglia rilevanza esterna sia in sede procedimentale che in sede processuale, e pertanto l'eventuale esercizio delle relative funzioni da parte di magistrati diversi da quelli designati per la composizione della stessa non ha conseguenze in termini di nullità.

Le attività investigative delle direzioni distrettuali antimafia sono coordinate, sia pur nel rispetto di un'ampia autonomia locale, da un Procuratore nazionale antimafia.

La direzione nazionale antimafia (DNA)

La Direzione nazionale antimafia (DNA) è stata introdotta nel nostro ordinamento giudiziario per rispondere a un'esigenza di scambio di informazioni tra magistrati nonché di coordinamento delle indagini relative alla criminalità organizzata. A tal fine, il decreto-legge n. 367/1991 ha inserito nel R.D. n. 12 del 1941 l'art. 76-bis, dedicato al Procuratore nazionale antimafia. La disposizione è stata recentemente abrogata, a seguito dell'entrata in vigore del Codice antimafia, nel quale la disciplina della Procura nazionale antimafia è interamente confluita (v. ora art. 103 del Codice).

La DNA, istituita nell'ambito della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, ha il compito di coordinare, in ambito nazionale, le indagini relative alla criminalità organizzata. Alla Direzione è preposto il Procuratore Nazionale Antimafia, che è nominato «sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata» (art. 103, comma 2) e gode di una posizione di larga autonomia, da esercitare, peraltro, sotto la sorveglianza del Procuratore Generale presso la Cassazione (art. 104).

Con l'istituzione della DNA il legislatore ha scelto di affrontare il tema delle indagini antimafia preferendo alla rigida concentrazione a livello nazionale dei poteri di investigazione una più elastica forma di coordinamento delle indagini svolte tra le diverse realtà territoriali: il Procuratore nazionale antimafia è infatti l'organo del pubblico ministero chiamato a coordinare le indagini operate dalle ventisei procure distrettuali antimafia, istituite presso i tribunali dei capoluoghi di distretto di Corte d'appello, esercitando poteri di indirizzo, impulso, direzione ed avocazione delle indagini.

Analiticamente, le funzioni svolte dalla DNA sono indicate dall'art. 371-bis del codice di procedura penale.

Il comma 1 definisce il campo d'intervento del Procuratore nazionale antimafia, prevedendo che egli esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia.

Per esercitare le sue funzioni il Procuratore nazionale antimafia dispone della direzione investigativa antimafia (ora disciplinata dall'art. 108 del Codice) e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia (comma 1).

La Direzione Investigativa Antimafia, DIA, istituita dal decreto-legge n. 345 del 1991, poco prima della DNA e delle direzioni distrettuali, è un organismo investigativo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, a composizione interforze, con compiti investigativi di tipo specializzato nella lotta contro le associazioni mafiose o similari. In particolare, la DIA ha il compito di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative a delitti di associazione di tipo mafioso e di assicurare lo svolgimento delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata.

Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle indagini (comma 2). La normativa non attribuisce dunque al PNA alcun compito diretto d'indagine né di esercizio dell'azione penale (tranne l'ipotesi di avocazione, v. infra), creando invece una struttura di servizio e sostegno delle procure distrettuali.

In particolare (comma 3), il procuratore nazionale:

  • assicura, d'intesa con i procuratori distrettuali interessati, il coordinamento investigativo, anche per mezzo dei magistrati del proprio ufficio (lett. a);
  • dispone applicazioni temporanee di magistrati dalla DNA o delle DDA per la trattazione di procedimenti di particolare complessità o che richiedano specifiche professionalità, ogni qualvolta ciò risulti necessario (lett. b). A tal fine l'art. 105 del Codice antimafia (che ha sostituito l'art. 110-bis dell'ordinamento giudiziario) dispone che per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell'articolo 51, co. 3-bis, c.p.p., quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, il procuratore nazionale antimafia possa applicare non solo «i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia», ma anche «con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali». Analoga applicazione di magistrati può essere disposta dal Procuratore nazionale antimafia per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale (art. 106 del Codice antimafia, già art. 110-ter dell'ordinamento giudiziario);
  • per potere realizzare il coordinamento, provvede all'acquisizione di notizie, informazioni e dati sulla criminalità organizzata (lett. c): il codice prevede dunque una gestione centralizzata delle informazioni.
A tal fine l'articolo 117, comma 2-bis, c.p.p., prevede che il procuratore nazionale antimafia possa accedere al registro delle notizie di reato e alle banche dati istituite presso le direzioni distrettuali antimafia. L'art. 18-bis dell'ordinamento penitenziario (l. 354 del 1975) prevede altresì che il Procuratore nazionale antimafia, ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento, possa procedere a colloqui personali con detenuti e internati, senza necessità di autorizzazione.
  • impartisce specifiche direttive ai procuratori distrettuali per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità del coordinamento investigativo (lett. f) e li riunisce al fine di risolvere i contrasti eventualmente sorti e realizzare il coordinamento (lett. g). Si ricorda che, ai sensi dell'art. 54-ter del codice di procedura penale, quando sussiste un contrasto, negativo o positivo, in materia di criminalità organizzata, tra pubblici ministeri di uffici distrettuali diversi, il procuratore generale presso la Cassazione provvede, sentito il Procuratore nazionale antimafia; analogamente, se il contrasto è tra ufficio distrettuale e procura circondariale dislocata presso un tribunale non distrettuale, deve essere risolto dal procuratore generale presso la corte d'appello, che dovrà informare dei provvedimenti adottati il procuratore nazionale antimafia;
  • avoca le indagini preliminari quando – svolte tutte le attività precedenti – non sia riuscito a realizzare il coordinamento delle indagini per «perdurante e ingiustificata inerzia nelle attività di indagine» o «ingiustificata e reiterata violazione dei doveri» di coordinarsi (lett. h). L'avocazione è disposta con decreto motivato reclamabile al Procuratore generale presso la Cassazione. Il comma 4 precisa che il procuratore nazionale antimafia provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni, personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale; salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero.

 

La riforma del 1991
Codice antimafia, art. 102
Le indagini di competenza delle DDA
Codice antimafia, art. 103
L'art. 371-bis c.p.p.
Direzione investigativa antimafia (DIA)
Applicazione temporanea di magistrati
La gestione centralizzata delle informazioni
L'avocazione delle indagini


Contenuto

La proposta di legge A.C. 1609 consta di 4 articoli: il primo delinea gli obiettivi dell'intervento legislativo, che sono poi concretamente sviluppati dagli articoli 2 e 3, attraverso novelle del Codice antimafia e del codice di procedura penale; l'articolo 4 reca una norma transitoria e di coordinamento.

La Relazione illustrativa afferma che la proposta di legge ha come finalità «l'istituzione di un raccordo giudiziario nei procedimenti che hanno ad oggetto crimini di terrorismo attraverso l'istituzione di uffici della procura e di sezioni giudicanti specializzate». Si osserva come solo il primo profilo - relativo all'istituzione di uffici della procura dedicati espressamente alle indagini antiterrorismo - è in realtà sviluppato nell'articolato della proposta di legge.

In particolare, l'articolo 1, che sintetizza i contenuti della riforma,

  • attribuisce all'attuale Direzione Nazionale Antimafia la nuova denominazione di Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo;
  • estende le competenze della Direzione nazionale alle indagini relative ai reati di cui all'art. 51, comma 3-quater, c.p.p., ai reati di associazione per delinquere con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico (art. 270-bis c.p.) e a tutti i delitti connotati dalla finalità terroristica (ai sensi dell'art. 270-sexies c.p.), nonché per i reati ad essi collegati o connessi;
  • istituisce le Direzioni distrettuali antiterrorismo, mutuandone la struttura dalle direzioni distrettuali antimafia e attribuendo loro la competenza per le indagini relative ai reati di cui all'art. 51, comma 3-quater, ai reati di associazione per delinquere con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico (art. 270-bis c.p.) e a tutti i delitti connotati dalla finalità terroristica (ai sensi dell'art. 270-sexies c.p.), nonché per i reati ad essi collegati o connessi.
Si ricorda che l'art. 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale attribuisce alla Procura presso il tribunale distrettuale la competenza per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo.
Gli articoli da 270-bis a 270-sexies del codice penale sono stati introdotti e modificati in anni recenti sulla spinta del necessario contrasto al terrorismo internazionale. In particolare, il decreto-legge n. 374 del 2001 (Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale) ha ridenominato il reato di cui all'art. 270-bis c.p., che è ora volto a sanzionare le Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico. Il nucleo essenziale della fattispecie punita (abbia o meno essa carattere internazionale) è rappresentato dall'esistenza di un'associazione, di un gruppo di persone collegate tra loro da una struttura, anche rudimentale, idonea ad attuare la continuità del programma criminoso avuto di mira dall'associazione. All'interno di tale organizzazione sono poi state distinte le condotte di "rango superiore" (promotore, costituente, dirigente, organizzatore e finanziatore) punite con una sanzione più grave, da quelle di "rango inferiore" (partecipe) punite con una sanzione meno grave; merita rilievo l'inserimento, tra le condotte punibili, della condotta di finanziamento. Lo stesso decreto-legge del 2001 ha inserito nel codice penale l'art. 270-ter, rubricato Assistenza agli associati.
Misure antiterrorismo di diversa natura e di particolare ampiezza sono state introdotte nell'ordinamento dal decreto-legge n. 144 del 2005 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), c.d. Decreto Pisanu. In particolare, il provvedimento, ha previsto:
- la costituzione, ad opera del Ministro dell'interno, di apposite unità investigative interforze, "per le esigenze connesse alle indagini di polizia giudiziaria conseguenti ai delitti di terrorismo di rilevante gravità";
- l'introduzione nel codice penale di nuove fattispecie delittuose riferite al terrorismo: l'arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (articolo 270-quater) e l'addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (articolo 270-quinquies);
- l'introduzione nel codice penale dell'art. 270-sexies, che definisce le condotte con finalità di terrorismo. Nello specifico, l'art. 270-sexies c.p. prevede che siano considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia.

Gli intenti affermati dall'art. 1 sono poi sviluppati dall'articolo 2 della proposta, che novella il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011), introducendovi l'art. 102-bis, dedicato alle nuove direzioni distrettuali antiterrorismo, modificandone l'art. 103, relativo alla Direzione Nazionale, e novellando anche l'art. 105, relativo all'applicazione di magistrati del pubblico ministero in casi particolari.

Con l'emanazione del decreto legislativo n. 159 del 2011 si è ritenuto opportuno ricondurre al Codice della leggi antimafia e delle misure di prevenzione tutta la normativa di contrasto della criminalità organizzata che è entrata in vigore negli ultimi decenni e che sino a quel momento si trovava dispersa in fonti eterogenee. Ciò ha giustificato l'abrogazione delle disposizioni dell'ordinamento giudiziario relative a DNA e DDA, che sono confluite correttamente nel codice.

La novella proposta pare perseguire una finalità diversa da quella prevista dal Codice antimafia. Risulta pertanto utile valutare l'opportunità di inserire all'interno del codice anche i nuovi strumenti di indagine contro il terrorismo.

Come si evince dal testo a fronte che segue, le nuove direzioni distrettuali antiterrorismo hanno una struttura identica a quella sperimentata per le Direzioni distrettuali antimafia. L'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto dovrà dunque dotarsi - tenendo conto delle «specifiche attitudini e delle esperienze professionali» dei magistrati assegnati - tanto di una direzione distrettuale antimafia, quanto di una direzione distrettuale antiterrorismo.

Normativa vigente
art. 102, Codice Antimafia
Direzione distrettuale antimafia
A.C. 1609
art. 102-bis, Codice Antimafia
Direzione distrettuale antiterrorismo

1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell'ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per la durata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali. Della direzione distrettuale non possono fare parte magistrati in tirocinio. La composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura.

1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati negli articoli 270-bis e 270-sexies del codice penale e 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale nonché a quelli ad essi collegati o connessi, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell'ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antiterrorismo designando i magistrati che devono farne parte per un periodo non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali. Della direzione non possono fare parte magistrati in tirocinio. La composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura.

2. Il procuratore distrettuale o un suo delegato è preposto all'attività della direzione e cura, in particolare, che i magistrati addetti ottemperino all'obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca informazione sull'andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per il coordinamento delle investigazioni e l'impiego della polizia giudiziaria.

2. Il procuratore distrettuale o un suo delegato è preposto all'attività della direzione distrettuale antiterrorismo e cura, in particolare, che i magistrati addetti ottemperino all'obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca informazione sull'andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per il coordinamento delle investigazioni e per l'impiego della polizia giudiziaria.

3. Salvi casi eccezionali, il procuratore distrettuale designa per l'esercizio delle funzioni di pubblico ministero, nei procedimenti riguardanti i reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, i magistrati addetti alla direzione.

3. Fatti salvi casi eccezionali, il procuratore distrettuale designa per l'esercizio delle funzioni di pubblico ministero, nei procedimenti riguardanti i reati indicati negli articoli 270-bis e 270-sexies del codice penale e 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale nonché quelli ad essi collegati o connessi, i magistrati addetti alla direzione distrettuale antiterrorismo.

4. Salvo che nell'ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antimafia la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione, il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia.

4. Salvo che nell'ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antiterrorismo, la designazione dei magistrati avviene sentito il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione, il Procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

La novella dell'art. 103 del Codice antimafia, oggi relativo alla Direzione nazionale antimafia, comporta esclusivamente la modifica della denominazione dell'ufficio, che diviene Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. I magistrati che saranno preposti all'ufficio dovranno conseguentemente aver maturato esperienze non soltanto nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata, ma anche in procedimenti relativi al terrorismo.

Si osserva che la proposta di legge non novella l'art. 104 del Codice Antimafia, relativo alla vigilanza sul Procuratore nazionale antimafia da parte del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Anche tale previsione è però da ritenersi aggiornata con la nuova denominazione "Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo" per effetto della disposizione generale dell'art. 4 (v. infra).

L'articolo 2 della proposta di legge sostituisce inoltre l'art. 105 del Codice antimafia, relativo all'applicazione di magistrati del pubblico ministero in casi particolari. Anche in questo caso si tratta di un intervento di coordinamento volto a prevedere l'istituto dell'applicazione per la trattazione non solo di procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, ma anche per delitti commessi con finalità di terrorismo.

L'articolo 3 della proposta di legge sostituisce l'art. 371-bis del codice di procedura penale. Rispetto alla formulazione vigente la proposta di legge:

  • integra la denominazione del procuratore nazionale, ora Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (nella rubrica dell'articolo e nei vari commi);
  • integra il catalogo dei procedimenti rispetto ai quali il Procuratore nazionale svolge le proprie funzioni, aggiungendo ai delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., e ai procedimenti di prevenzione antimafia, i delitti di cui all'art. 51, comma 3-quater, c.p.p. e quelli caratterizzati dalla finalità terroristica di cui agli articoli 270-bis e 270-sexies del codice penale; specifica, codificando quanto ampiamente affermato dalla giurisprudenza, che il procuratore nazionale, al pari delle procure distrettuali, è competente anche per i delitti collegati o connessi a quelli espressamente richiamati (comma 1). Per gli stessi procedimenti il Procuratore nazionale potrà procedere eventualmente ad avocazione delle indagini (comma 3, lett. f);
  • stabilisce che, se nel coordinamento delle indagini antimafia il procuratore si avvale della DIA e dei servizi centrali e interprovinciali delle Forze di polizia, per il coordinamento delle indagini antiterrorismo si avvale esclusivamente dei servizi centrali e interprovinciali delle Forze di polizia (comma 1).

Si rileva che, presumibilmente a causa di un refuso, la disposizione fa riferimento anziché alla Direzione investigativa antimafia (DIA), come attualmente previsto, alla Direzione nazionale antimafia.

L'articolo 4, con disposizione di carattere transitorio, stabilisce che alla data di entrata in vigore della legge l'incarico di Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo sarà assunto dal Procuratore nazionale antimafia. La disposizione precisa che, con l'entrata in vigore della riforma, le denominazioni "Direzione nazionale antimafia" e "Procuratore nazionale antimafia" dovranno intendersi sostituite da "Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo" e "Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo", ovunque ricorrano.

 

Art. 1: finalità dell'intervento
Le indagini di competenza delle direzioni distrettuali antiterrorismo
Le novelle al Codice antimafia: l'art. 102-bis (Direzioni distrettuali antiterrorismo)
Art. 103 (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo)
Art. 105 (Applicazione di magistrati del PM in casi particolari)
La sostituzione dell'art. 371-bis c.p.p.
Norma transitoria


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è accompagnata dalla sola relazione illustrativa.



Necessità dell'intervento con legge

La modifica di disposizioni del Codice antimafia (decreto-legislativo n. 159 del 2011) e del codice di procedura penale non più che realizzarsi con fonte primaria.



Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta attiene alla materia "giurisdizione e norme processuali" che l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato.



Formulazione del testo

In relazione all'articolo 3, che sostituisce l'art. 371-bis del codice di procedura penale, si valuti l'esigenza di sostituire, al comma 1, il riferimento alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo con il riferimento alla Direzione investigativa antimafia. La disposizione tratta infatti in quel contesto di attività investigative svolte dalle forze di polizia a disposizione del Procuratore nazionale.