Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Misure per favorire l'emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata - A.C. 1138 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 1138/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 86
Data: 30/10/2013
Descrittori:
CONFISCA   CRIMINALITA' ORGANIZZATA
IMPRESE   SEQUESTRO GIUDIZIARIO
TUTELA DEI LAVORATORI     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Misure per favorire l'emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata

A.C. 1138

 

 

 

 

 

 

 

n. 86

 

 

 

30 ottobre 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

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File: gi0124.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Introduzione                                                                                                     3

§      Quadro normativo                                                                                            3

§      Dati statistici                                                                                                    7

§      Il contenuto della proposta di legge C.1138                                                    8

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

La proposta di legge, d’iniziativa popolare, è diretta a introdurre una serie di misure a tutela dell’occupazione e del proseguimento dell’attività economica legale nelle aziende sequestrate e confiscate alla mafia.

A tal fine sono introdotte misure organizzative per favorire la trasparenza e la circolazione delle informazioni, tra cui l’istituzione di una banca dati delle aziende.

Sono inoltre previste misure in favore dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate, tra cui l’applicazione degli ammortizzatori sociali.

Tra le misure di sostegno delle aziende, oltre alle agevolazioni fiscali, è istituito un Fondo di garanzia per il credito bancario delle aziende e per il sostegno agli investimenti, l’emersione alla legalità e rilancio e la ristrutturazione aziendali.

Ulteriori disposizioni sono dirette a favorire l’emersione del lavoro irregolare e a garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nelle aziende sequestrate e confiscate, a regolare la fissazione dell’udienza di verifica dei crediti e il saldo dei debitori, a promuovere la destinazione a fini sociali delle aziende confiscate e la formazione dei lavoratori.

A tali fini, la proposta di legge prevede alcune disposizioni che integrano, per lo più senza novellarlo, il codice antimafia.

Quadro normativo

Il Codice antimafia (D.lgs. n. 159 del 2011) non contiene una dettagliata ed organica disciplina della gestione delle aziende sequestrate e confiscate; l’unica norma dedicata a questo tema è l’articolo 41 (rubricato “Gestione delle aziende sequestrate”) che prevede:

§         la scelta dell'amministratore giudiziario - nominato dal tribunale (insieme al giudice delegato alla procedura) con lo stesso decreto di sequestro (art. 35) - nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari;

§         la presentazione, entro sei mesi, al giudice delegato - da parte dello stesso amministratore – di una relazione che contiene:

a) l'indicazione, lo stato e la consistenza dell’azienda;

b) il presumibile valore di mercato dei beni quale stimato dall'amministratore stesso;

c) gli eventuali diritti di terzi sui beni sequestrati;

d) con riguardo specifico ai beni organizzati in azienda, l'indicazione della documentazione reperita e le eventuali difformità tra gli elementi dell'inventario e quelli delle scritture contabili;

e) sempre per i beni organizzati in azienda, una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto ed i suoi familiari, della natura dell'attività esercitata, delle modalità e dell'ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata, della capacità produttiva e del mercato di riferimento.

 

In particolare, la relazione è normalmente frutto di una analisi da parte dell’amministratore giudiziario avente ad oggetto tutti gli aspetti rilevanti dell’azienda. Egli dovrà anzitutto prendere materiale possesso dell'azienda, effettuare la ricognizione dei beni aziendali, del personale, delle rimanenze di merci, materie prime e prodotti finiti, attraverso un inventario analitico; acquisire notizie: sulle cause del sequestro e sull’attività della società e sugli organi sociali; sulla situazione economico-patrimoniale, sui contenziosi in corso in cui è parte l’azienda; sulle eventuali procedure concorsuali. L’amministratore deve poi ottemperare all’accertamento dei diritti dei terzi, alla revisione contabile delle scritture, con particolare riferimento ai crediti, ai debiti ed alle disponibilità finanziarie; controllare le dichiarazioni obbligatorie ai fini fiscali e previdenziali; verificare i rapporti in essere con banche, con fornitori e clienti.

L’obiettivo dichiarato della suddetta dettagliata analisi è l’individuazione della “sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività”, in ordine alla quale assume un ruolo centrale la verifica del grado di attendibilità della contabilità aziendale. Come noto, le imprese “mafiose” presentano spesso scritture contabili che non rispecchiano la reale situazione aziendale e, conseguentemente, il giudizio dell’amministratore giudiziario in merito alla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell’attività può essere inficiato dalla falsità dei dati patrimoniali, economici e finanziari che ne sono alla base.

 

§         la messa in liquidazione dell'impresa; infatti, se mancano concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, il tribunale, acquisito il parere del PM e dell'amministratore giudiziario, dispone la messa in liquidazione dell'impresa. In caso di insolvenza, si applica l'articolo 63, comma 1 (il PM chiede al tribunale competente che venga dichiarato il fallimento dell'imprenditore i cui beni aziendali siano sottoposti a sequestro o a confisca);

§         se, invece, per l’azienda è prospettato un possibile seguito produttivo, l’approvazione, da parte del tribunale con decreto motivato (sentiti l'amministratore giudiziario e il pubblico ministero) del programma di prosecuzione dell’impresa; lo stesso tribunale impartisce le direttive per la gestione aziendale, anche tenuto conto degli indirizzi e delle linee guida adottati (ex art. 112, comma 4, del Codice) dal Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;

§         l’adozione, da parte dell’amministratore giudiziario - coadiuvato dall’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (v. ultra) - degli atti di ordinaria amministrazione funzionali all'attività economica dell'azienda;

§         la possibile adozione, da parte del giudice delegato - tenuto conto dell'attività economica svolta dall'azienda, della forza lavoro da essa occupata, della sua capacità produttiva e del suo mercato di riferimento - di un decreto motivato che indica il limite di valore entro il quale gli atti si ritengono di ordinaria amministrazione (all’Agenzia nazionale sono comunicati per via telematica i provvedimenti di modifica o revoca del sequestro nonché quelli di autorizzazione al compimento di atti di amministrazione straordinaria); l'amministratore giudiziario non può frazionare le operazioni economiche per evitare il superamento di detta soglia. Si osservano per la gestione dell'azienda le disposizioni di cui all'articolo 42 del Codice, in quanto applicabili (Disciplina delle spese, dei compensi e dei rimborsi). Ove non espressamente disposto diversamente, i rapporti giuridici connessi all'amministrazione dell'azienda sono regolati dalle norme del codice civile.

L'amministratore giudiziario (art. 37 del Codice), fermo restando quanto previsto dagli articoli 2214 e seguenti c.c. (relativo alle scritture contabili), tiene un registro, preventivamente vidimato dal giudice delegato alla procedura, sul quale annota tempestivamente le operazioni relative alla sua amministrazione. Nel sequestro di azienda, l'amministratore prende in consegna le scritture contabili e i libri sociali, sui quali devono essere annotati gli estremi del provvedimento di sequestro. Al contrario delle altre somme apprese, riscosse o ricevute a qualsiasi titolo dall'amministratore giudiziario, le somme derivanti dalla gestione di aziende non affluiscono al Fondo unico giustizia. Le somme sono in ogni caso intestate alla procedura e i relativi prelievi possono essere effettuati nei limiti e con le modalità stabilite dal giudice delegato.

Dopo la prima relazione, l’amministratore giudiziario redige, con la frequenza stabilita dal giudice, una relazione periodica sull'amministrazione, che trasmette anche all'Agenzia nazionale, esibendo, ove richiesto, i relativi documenti giustificativi.

Istituita dalla legge 50/2010, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha come missione principale di provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, dopo la confisca definitiva. Ulteriore scopo dell’attività dell’Agenzia è quello di coadiuvare l'amministratore sotto la direzione del giudice nella delicata fase giudiziaria compresa tra il sequestro e la confisca di primo grado (art. 38 del Codice): propone al tribunale l'adozione di tutti i provvedimenti ritenuti necessari per la migliore gestione dell’azienda; può chiedere al tribunale la revoca o la modifica dei provvedimenti di amministrazione dei beni aziendali adottati dal giudice delegato quando ritenga che essi possono recare pregiudizio alla gestione. Dopo decreto di confisca di primo grado, l’Agenzia assume in prima persona la gestione degli stessi beni.

Per garantire un supporto di maggiore professionalità nella gestione delle aziende sequestrate e confiscate, la legge di stabilità 2013 (L. 228 del 2012) - novellando l’art. 111 del Codice antimafia – ha integrato la composizione del Consiglio direttivo dell’Agenzia aggiungendo due qualificati esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali designati, di concerto, dal Ministro dell'interno e dal Ministro dell'economia e delle finanze. Oltre al Direttore dell’Agenzia, che lo presiede, il Consiglio è quindi attualmente composto dai due esperti citati più due magistrati, uno designato dal Ministro della giustizia, l’altro dal Procuratore nazionale antimafia.

La stessa legge 228/2012 ha introdotto nell’art. 113 del Codice antimafia la previsione secondo cui l'Agenzia nazionale può conferire, nei limiti delle disponibilità finanziarie di bilancio, apposito incarico, anche a titolo oneroso, a società a totale o prevalente capitale pubblico per le esigenze connesse alla vendita e alla liquidazione delle aziende e degli altri beni definitivamente confiscati. I rapporti tra l'Agenzia e la società incaricata sono disciplinati da un'apposita convenzione che definisce le modalità. di svolgimento dell'attività affidata ed ogni aspetto relativo alla rendicontazione e al controllo

Conformemente alle determinazioni assunte dal Consiglio direttivo nella riunione del 31 gennaio 2012, l'Agenzia nazionale nel maggio 2013 ha sottoscritto con l’Ordine nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili un protocollo di intesa avente ad oggetto proprio la gestione delle aziende sequestrate e confiscate, con particolare riferimento all’attività di revisione contabile sui bilanci societari e alla valutazione delle aziende.

 

Al termine della gestione, i beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati, con provvedimento dell'Agenzia nazionale, che ne disciplina le modalità operative (art. 48 del Codice):

a) all'affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, a titolo oneroso, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata. Nella scelta dell'affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all'affitto alle cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata se taluno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca, ovvero nel caso in cui nei suoi confronti sia stato emessa condanna definitiva per uno dei reati indicati nell'articolo 15, comma 1 della legge 55/1990 (associazione mafiosa e finalizzata al traffico di droga, specifici delitti contro la pubblica amministrazione e altri gravi reati);

b) alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall'Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l'affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro 30 giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte dell'Agenzia;

c) alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.

I proventi derivanti dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione dei beni aziendali affluiscono, al netto delle spese sostenute, al Fondo unico giustizia per essere versati all'apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per la rassegnazione prevista dalla legge.

Dati statistici

I dati contenuti nell’ultima Relazione annuale dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (2012) sono esclusivamente quelli relativi alla confisca definitiva di aziende (non sono riportati,quindi, dati sui sequestri).

Alla data del 31 dicembre 2012, risultano confiscate definitivamente alla criminalità organizzata 1.708 aziende (114 nel 2012). Di queste ben 623 sono state confiscate in Sicilia, 347 in Campania, 223 in Lombardia, 161 in Calabria, 140 nel Lazio, 131 in Puglia. In queste sei regioni sono state confiscate il 95% del totale delle aziende.

Sul totale di 1.708 aziende confiscate, 1.211 (il 70,9%) sono ancora nella gestione dell’Agenzia (per molte di esse si tratta di aziende senza dipendenti e in attesa di uscita formale dalla gestione); 497 sono invece uscite dalla gestione (il principale motivi di uscita è la cancellazione dal REA, Registro delle imprese e repertorio economico e amministrativo).

Tra le 1.211 aziende in gestione all’Agenzia molte hanno già destinazione impressa:

-          342 sono destinate alla liquidazione;

-          per 189 vi è richiesta di cancellazione dal REA;

-          44 sono destinate alla vendita.

Solo 6 le aziende destinate all’affitto (di queste, 5 a titolo oneroso; 1 a titolo gratuito).

Le aziende con gestione sospesa sono 198, principalmente per fallimento aperto nel corso della fase giudiziaria.

Per qual che riguarda la natura giuridica delle aziende confiscate alla mafia, su 1.708 aziende ben 796 (46,6%) sono società a responsabilità limitata.

Tra le altre principali forme giuridiche si segnalano 408 imprese individuali, 247 società in accomandita semplice e 141 società in nome collettivo.

In relazione, infine, ai settori di attività, il 47,7% delle aziende confiscate (477) operano nel ramo delle costruzioni. L’altro settore preponderante è quello del commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio, che riguarda il 27,6% delle aziende confiscate (471).

Il contenuto della proposta di legge C.1138

La normativa antimafia sulle misure di prevenzione è stata da ultimo interessata ad una serie di modifiche volte a colmare le lacune che nell’applicazione pratica sempre più spesso si sono riscontrate.

In riferimento alla gestione e destinazione di aziende sequestrate e confiscate alle mafie, il riordino della normativa attuata con il cd. Codice antimafia (D.Lgs 159/2011) e con il suo correttivo (D.Lgs 218/2012) non sembra al momento avere risolto le principali criticità che impediscono una gestione delle aziende improntata a criteri di efficienza ed economicità.

Sulla base delle esperienze accumulate negli ultimi anni, è risultata evidente la complessità della situazione i cui viene a trovarsi l'Amministratore giudiziario nel momento in cui è immesso dal tribunale nella gestione delle aziende sequestrate e/o confiscate.

L'adozione della misura cautelare nei confronti di imprese e complessi aziendali provoca molteplici effetti negativi sulla governance dell’azienda: in relazione ai dipendenti, che temono per il prosieguo del rapporto di lavoro, in relazione ai clienti, che si allarmano e cercano di dirottare altrove le commesse; in relazione ai fornitori, che tendono a reclamare immediatamente il saldo dei crediti vantati verso l’impresa; sulle banche, sollecite a preannunciare, da un lato, la revoca degli affidamenti sollecitando l'immediato rientro, dall’altro a chiudere le linee di finanziamento all’azienda.

 

Una conferma delle difficoltà appena richiamate nonché spunti per una riforma nella gestione delle aziende sequestrate e confiscate vengono anche dall’ultima Relazione al Parlamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati (2012). Si legge nella Relazione che “con riferimento ai beni aziendali, già con il sequestro si riscontrano spesso tre grandi criticità:

- revoca dei fidi bancari;

- azzeramento delle commesse;

- innalzamento dei costi di gestione.

Quanto al primo punto, nei casi in cui gli istituti di credito revocano gli affidamenti bancari, l'ex azienda mafiosa, che già opera in un contesto territoriale difficile, non può proseguire la propria attività di impresa.

In questi casi, al fine di scongiurare la chiusura aziendale e di evitare messaggi negativi alla cittadinanza potrebbe essere prevista l'istituzione di un fondo di rotazione che, ricorrendone i presupposti, verrebbe utilizzato dall'Autorità giudiziaria e poi dall'ANBSC, per finanziare le aziende che presentano concrete possibilità di rimanere sul mercato.

L'ulteriore criticità riscontrata è quella dell'azzeramento delle commesse: a tal proposito, oltre a specifiche proposte di legge, si potrebbe creare, da un lato, una sinergia tra le aziende sequestrate e confiscate per la rotazione delle commesse e, dall'altro, una rete virtuosa che, coinvolgendo le associazioni rappresentative degli imprenditori, dovrebbe far rientrare l’ex azienda mafiosa in un circuito di legalità tramite le commesse provenienti dalle società facenti parte della rete.

Per quanto concerne l'innalzamento dei costi di gestione, come noto, già nella fase del sequestro, l'azienda sconta il c.d. “costo della legalità” derivante dalla regolare fatturazione delle commesse e dalla regolarizzazione dei rapporti di lavoro. Sul punto potrebbero essere introdotte delle specifiche agevolazioni, sia sotto il profilo della defiscalizzazione delle imprese sequestrate e confiscate, sia sotto quello della decontribuzione dei rapporti di lavoro, onde consentire il mantenimento dei dipendenti o, addirittura, nuove assunzioni. Inoltre, nel caso di chiusura di azienda, sarebbe auspicabile prevedere dei sistemi di welfare in deroga, tesi a consentire ai lavorati dell'ex azienda mafiosa di essere utilmente ricollocati nel mercato del lavoro.

Infine, sarebbe utile attivare protocolli di intesa per utilizzare manager esperti del mercato di riferimento per la gestione imprenditoriale delle aziende particolarmente complesse”.

 

Per superare le indicate difficoltà di gestione, la proposta di legge C. 1138 intende “proporre un piano d'intervento per il riuso sociale delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità mafiosa”.

Preliminarmente, si osserva che il provvedimento – con l’unica eccezione di una modifica all’art. 57 (relativo all’elenco dei creditori dei beni sequestrati) - non interviene con una novella del Codice antimafia.

 

Le disposizioni della p.d.l. intendono soprattutto tutelare chi lavora nelle aziende sottoposte a sequestro e confisca antimafia favorendo, con misure di diversa natura, l’immediata “emersione alla legalità dell'azienda fin dalla fase giudiziaria, con l'obiettivo di salvaguardare i rapporti di lavoro in essere e l'attività produttiva”.

 

La proposta di legge, composta da 10 articoli, contiene un primo gruppo di disposizioni (artt. 1-3) volte essenzialmente al potenziamento della struttura dell’Agenzia nazionale e delle prefetture-UTG (uffici territoriali del Governo).

 

L’articolo 1, dopo avere introdotto stringenti obblighi informativi a carico dell’autorità giudiziaria in relazione all’avvenuto sequestro di azienda disposto ai sensi del Codice antimafia ovvero alla confisca di azienda di cui all’art. 12-sexies[1] del D.L. 306 del 1992 (oltre all’Agenzia nazionale, devono essere informate le prefetture, la camera di commercio territoriale, le maggiori associazioni sindacali e imprenditoriali), prevede che:

§         l’Agenzia coadiuvi l’autorità giudiziaria nella gestione delle aziende sequestrate; tale supporto è, in realtà, già previsto dall’art. 38 del Codice antimafia; il comma 1 dell’art. 1 precisa peraltro che tale supporto è finalizzato “a salvaguardare i livelli occupazionali e la continuità dell’attività produttiva”;

§          presso la stessa Agenzia sia creata una banca-dati delle aziende sequestrate e confiscate finalizzata ad assicurarne la continuità produttiva.

Si osserva che la norma precisa la divisione in due sezioni della banca dati, di cui sono richiamati gli obiettivi ma non i rispettivi contenuti.

I contenuti della banca dati sono aggiornati semestralmente ed inviati ai competenti uffici delle prefetture, appositamente istituiti.

Si osserva come non risulti evidente se il riferimento sia ai tavoli provinciali permanenti istituiti dall’art. 3 della proposta di legge. Tra le funzioni dei tavoli, tuttavia, non vi sono cenni all’attività di raccolta delle informazioni provenienti dalla banca dati dell’Agenzia.

Tale disposizione dovrebbe, comunque, essere coordinata con le previsioni dell’art. 112, comma, 3 del Codice antimafia che prevede che “l'Agenzia per le attività connesse all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati anche in via non definitiva può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica delle prefetture territorialmente competenti. In tali casi i prefetti costituiscono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un nucleo di supporto cui possono partecipare anche rappresentanti di altre amministrazioni, enti o associazioni”.

 

L’art. 1 prevede la possibile limitazione nella diffusione di tali dati da parte del giudice fino alla fissazione dell’udienza preliminare o dell’udienza camerale prevista dall’art. 23 del Codice (l’udienza cui sono chiamati ad intervenire dal tribunale, prima della decisione sulla confisca, i terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati).

 

L’articolo 2 della proposta istituisce, presso l’Agenzia nazionale, l’Ufficio attività produttive e sindacali.

Composto da 5 membri (uno in rappresentanza della stessa Agenzia, tre rappresentanti dei Ministeri delle attività produttive, del Ministero dell’economia e del Ministero del lavoro, più un membro di Unioncamere) l’Ufficio assolve ad una serie di competenze comunque finalizzate al miglioramento della prassi nella gestione delle aziende sottratte alle organizzazioni criminali (aggiornamento della banca-dati di cui all’art. 1 della p.d.l., controllo della corretta applicazione della normativa sulle gestioni aziendali, analisi delle criticità delle gestioni e conseguenti suggerimenti all’autorità giudiziaria; promozione di formazione professionale dei dipendenti della PA impegnati nella gestione delle aziende; proposte all’Agenzia nazionale di linee guida annuali inerenti alla gestione e destinazione delle aziende, espressione di un parere, obbligatorio ma non vincolante, all’Agenzia in relazione all’assunzione di decisioni sulla gestione dell’impresa).

L’art. 2 prevede, infine, che attraverso specifiche sessioni sia acquisito il contributo delle principali associazioni datoriali e sindacali all’elaborazione impegnate nel settore, all’elaborazione di linee generali dei piani di utilizzo delle aziende e dei beni confiscati nonché all’aggiornamento delle stesse Linee guida sulla gestione e destinazione delle aziende sequestrate e confiscate elaborate, ex art.112, comma 4, del Codice, dal Consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale.

 

L’articolo 3 della proposta in esame istituisce presso ogni Prefettura-UTG tavoli permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate.

I tavoli coordinati e convocati mensilmente dal prefetto sono composti da 5 membri: un rappresentante dell’Agenzia nazionale, uno delle associazioni sindacali più rappresentative, un rappresentante delle associazioni datoriali, uno dei centri provinciali per l’impiego e un rappresentante delle direzioni territoriali e provinciali del lavoro.

La finalità dei tavoli permanenti è quella di favorire la positiva continuazione dell’attività dell’azienda oggetto del provvedimento di prevenzione. A tale scopo, i tavoli promuovono un coordinamento tra istituzioni, sindacati e datori di lavori, raccolgono i dati sulle azioni intraprese dall’autorità giudiziaria, supportano l’Agenzia nazionale, promuovono il coinvolgimento degli operatori economici del territorio per evitare l’isolamento sul mercato dell’azienda, contattano periodicamente gli amministratori giudiziari delle aziende, raccolgono suggerimenti delle parti coinvolte al fine del buone esito della gestione e li trasmettono all’Ufficio attività produttive presso l’Agenzia, convocano riunioni tra le parti in relazioni a specifiche vertenze, danno un parere (anche in tal caso, obbligatorio ma non vincolante) sulle decisioni assunte dall’amministratore giudiziario e dal Consiglio direttivo dell’Agenzia.

 

Un secondo gruppo di disposizioni (artt. 4-10) introducono misure di favore per i lavoratori nonché misure di sostegno delle aziende sequestrate e confiscate.

 

L’articolo 4 del provvedimento prevede che i lavoratori delle aziende oggetto di sequestro e confisca antimafia sottoposte a fallimento o ad altre procedure concorsuali – su richiesta dell’amministratore giudiziario - possano beneficiare delle integrazioni salariali e degli ammortizzatori sociali di cui già beneficiano le imprese sottoposte alle stesse procedure ai sensi della legge 223/1991.

In caso di cessazione, anche temporanea, dell’attività d’impresa, dovrà essere il giudice procedente a chiedere l’accesso dei lavoratori agli stessi benefici economici.

L’art. 3, comma 1, della legge 223/1991 prevede che il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto del Ministro del lavoro, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento viene concesso, su domanda del curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi.

L’art. 4 precisa poi l’obbligo – in capo all’autorità giudiziaria fino alla confisca di primo grado e, successivamente, in capo all’Agenzia nazionale – di disporre, nei momenti di sospensione dell’attività dell’unità produttiva, l’accesso all’integrazione salariale e agli ammortizzatori sociali.

Appare opportuno che sia esplicitato se si tratti di azienda composta da più unità produttive.

La disposizione in esame dispone infine misure fiscali di favore per le imprese che assumano a tempo indeterminato lavoratori delle aziende oggetto di sequestro e confisca antimafia il cui contratto di lavoro non sia stato risolto per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (liste di tali lavoratori devono essere istituite presso i centri provinciali per l’impiego). In particolare è stabilito che, in relazione a tali contratti, si applichi ai datori di lavoro un’aliquota contributiva e assistenziale del 10% (in luogo di quella ordinaria del 33%).

 

L’articolo 5 della proposta di legge introduce ulteriori misure di diversa natura a sostegno delle aziende sequestrate e confiscate.

Anzitutto si prevede l’applicazione a queste ultime della disciplina sul rating di legalità introdotta dall’art. 5-ter del D.L. 1/2012.

L’art. 5-ter prevede che, per promuovere l'introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato sia attribuito il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie al perseguimento del sopraindicato scopo anche in rapporto alla tutela dei consumatori, nonché di procedere, in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno, alla elaborazione ed all'attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza, secondo i criteri e le modalità stabilite dal regolamento di attuazione (v. Deliberazione 14 novembre 2012) dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Al fine dell'attribuzione del rating, possono essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni. Del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta.

Fino a che l’azienda sia destinata o venduta con decreto dell’agenzia nazionale, è poi attribuito uno sconto del 5% sull’IVA dovuta per chiunque usufruisce di lavori, servizi e forniture da parte delle aziende sequestrate e confiscate.

Infine, l’art. 5 attribuisce:

§         ad enti pubblici, società di capitali a partecipazione pubblica la possibilità di stipulare convenzioni per forniture di beni e servizi con le aziende in questione e con le cooperative di lavoratori che tali aziende abbiano rilevato; tali convenzioni debbono essere finalizzate all’incremento delle occasioni di lavoro per i lavoratori delle aziende con priorità per quelle trasformate in cooperative sociali;

§         ad enti pubblici, società di capitali a partecipazione pubblica, imprese private, cooperative sociali e onlus la possibilità di prevedere clausole contrattuali negli appalti di beni e servizi che favoriscano le aziende sequestrate e confiscate.

 

L’articolo 6 mira, in particolare, a garantire la continuità delle linee di credito in favore delle aziende sequestrate e confiscate.

A tal fine istituisce un Fondo di garanzia presso il Ministero dello sviluppo economico, diviso in due sezioni: una per la continuità del credito bancario (la cui copertura è assicurata dalla Cassa depositi e prestiti); l’altro per il sostegno agli investimenti, alla ristrutturazione e rilancio dell’azienda nonché per la sua emersione alla legalità (da parte delle risorse del Fondo unico giustizia).

Le modalità di accesso al Fondo di garanzia saranno disciplinate, entro sei mesi dalla data in vigore del provvedimento in esame, da un decreto del Ministro dello sviluppo economico. Il Ministero si avvale, per la valutazione delle domande di accesso al Fondo della collaborazione dell’Ufficio attività produttive e sindacali presso l’Agenzia nazionale (istituito dall’art. 2 della p.d.l.).

 

L’articolo 7 reca alcune disposizioni volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare nonché la tutela della sicurezza dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate.

In particolare, il comma 1 dispone l’obbligo, per l'amministratore giudiziario delle aziende sottoposte alle procedure di sequestro o confisca in precedenza richiamate, di verificare la congruità dei contratti di lavoro in essere in relazione alla produttività o al volume economico dell'attività aziendale ai fini dell'emersione di forme di lavoro irregolare, nonché l’obbligo di far applicare i relativi Contratti collettivi nazionali di lavoro di settore.

Si segnala, al riguardo, che non appare chiaro cosa si intenda per “congruità dei contratti in relazione alla produttività o al volume economico dell’attività d’azienda”.

Nel caso in cui l'amministratore giudiziario accerti la presenza di manodopera irregolare, anche attraverso l’iniziativa dei lavoratori coinvolti, ne dispone l'immediata regolarizzazione (comma 2).

Il successivo comma 3 prevede l’obbligo, per l'amministratore giudiziario delle aziende sottoposte alle procedure di sequestro o confisca in precedenza richiamate, di verificare la congruità dei contratti di lavoro (rectius: fondo sociale per occupazione e formazione) per la copertura degli oneri derivanti dalla procedura di emersione, compreso il saldo dei mancati contributi previdenziali e assistenziali versati.

L’articolo 18, comma 1, del D.L. 185/2008 ha previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi[2]. Alla lettera a) del comma 1 viene indicato tra i beneficiari di tali risorse il Fondo sociale per occupazione e formazione, che viene appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione.

I successivi commi dell’art. 7 prevedono dei crediti d’imposta per la regolarizzazione, a tempo indeterminato o a tempo parziale, di lavoratori precedentemente impiegati in modo irregolare e per garantire  la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Al riguardo si osserva che non sono previste norme di copertura finanziaria degli oneri.

In particolare, il comma 4 prevede un credito d’imposta per l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori precedentemente impiegati in modo irregolare. Il credito d’imposta è pari al cento per cento degli oneri sociali sostenuti ed è corrisposto per 36 mesi.

Si prevede che il credito possa essere riscosso solo se, alla fine dei 36 mesi, il lavoratore è ancora in pianta organica. Inoltre, qualora dopo 72 mesi dalla data di assunzione il rapporto di lavoro sia decaduto, il credito deve essere restituito.

Al riguardo si osserva che non è specificato che i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato per i quali è concesso il credito d’imposta devono essere aggiuntivi rispetto a quelli esistenti. In assenza di una tale disposizione le aziende, per usufruire del credito d’imposta, potrebbero assumere nuovi lavoratori e nello stesso tempo licenziarne altri. Pare utile valutare l’opportunità di indicare come condizione che l’azienda interessata debba realizzare un incremento del numero di dipendenti, comprendendo in tale numero anche i dipendenti a tempo parziale e a tempo determinato e che il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo di agevolazione.

Si osserva, inoltre, che la disposizione non specifica che il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso. Nè risulta chiaro in quale periodo si possa fruire del credito.

Il comma 5 prevede un credito d'imposta, calcolato in modo proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle previste dal CCNL di categoria, per l’assunzione a tempo parziale dei lavoratori precedentemente impiegati in modo irregolare, una volta accertata dal giudice delegato la buona fede dei lavoratori coinvolti.

Al riguardo, ferme restando le osservazioni precedenti, non risulta chiara la misura del credito d’imposta.

 

Il comma 6 prevede un credito d'imposta pari al 50 per cento degli oneri sostenuti dall'azienda per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, come previsto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. A tale fine l'autorità giudiziaria, o un suo delegato, e l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, o un suo delegato, si possono avvalere della consulenza dei tavoli permanenti e della direzione territoriale o provinciale del lavoro.

L’articolo 8 del provvedimento interviene, anzitutto, sulla disciplina dei diritti dei terzi sui beni confiscati, riformulando l’art. 57, comma 2, del Codice antimafia (comma 1).

Tale norma attualmente stabilisce che il giudice delegato, anche prima della confisca, assegna ai creditori un termine perentorio, non superiore a 90 giorni, per il deposito delle istanze di accertamento dei rispettivi diritti e fissa la data dell'udienza di verifica dei crediti entro i 30 giorni successivi. Il decreto è immediatamente notificato agli interessati, a cura dell'amministratore giudiziario.

Il nuovo comma 2 dell’art. 57 prevede che l’assegnazione del citato termine ai creditori da parte del giudice delegato avvenga dopo l’emissione del decreto di confisca.

L’art. 8 estende, poi, alle aziende sottoposte a sequestro e confisca antimafia la disciplina del concordato per classi di creditori prevista dall’art. 4-bis della cd. legge Marzano ovvero il D.L. 347/2003 “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza” (conv. dalla L. 39/2004).

La legge Marzano (che succede alla legge Prodi-bis n. 270 del 1999 ed è stata adottata a seguito del crack Parmalat) si applica, in particolare, a imprese aventi:

a) da almeno un anno, almeno 500 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni;

b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro.

Il citato art. 4-bis, dopo avere previsto al comma 1 che nel programma di ristrutturazione dell’azienda presentato al Ministro dello sviluppo economico può essere proposta la soddisfazione dei creditori mediante il concordato, prevede che la proposta possa contenere la suddivisione dei creditori in classi e che la suddivisione debba essere effettuata secondo la posizione giuridica e secondo interessi omogenei, con possibilità di costituire autonome classi per i piccoli creditori e per i possessori di obbligazioni emesse o garantite dalla società in amministrazione straordinaria.

Oltre alla costituzione in classi, il concordato può prevedere:

§         trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse;

§         la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma tecnica, o giuridica, anche mediante accollo, fusione o altra operazione societaria;

§         la conversione di capitale di debito in capitale di rischio mediante l'attribuzione ai creditori, o ad alcune categorie di essi nonché a società da questi partecipate, di azioni o quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito della società ammessa alla procedura.

E’ prevista inoltre dall’art. 4-bis la possibilità di attribuzione ad un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato.

La procedura prevede i seguenti passaggi.

§         deposito della proposta di concordato presso la cancelleria del tribunale;

§         fissazione da parte del giudice delegato di un termine per le osservazioni e il deposito di documenti da parte dei creditori che, se non compresi nell’elenco, possono domandare l’ammissione dei propri crediti;

§         decorsi 60 gg dal termine indicato, il giudice delegato, con la collaborazione del commissario straordinario, deposita il nuovo elenco dei creditori in cancelleria, indicando le eventuali cause di prelazione; l’elenco è reso esecutivo con decreto dello stesso giudice;

§         il commissario straordinario provvede alle pubblicazioni e comunica agli interessati, con raccomandata a/r, sia il deposito dell’elenco dei creditori che il provvedimento con cui il giudice stabilisce le modalità e il termine per la votazione sul concordato da parte dei crediti ammessi e di quelli ammessi con riserva; entro 15 gg i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione o impugnazione;

§         il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori ammessi al voto che rappresentino la maggioranza di ogni classe; chi non fa pervenire il proprio voto si ritiene abbia votato a favore del concordato;

§         ove la maggioranza delle classi abbia approvato il concordato ma una o più classi di creditori sia stata contraria, il tribunale può approvare ugualmente il concordato ma solo ove ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle altre alternative concretamente praticabili.

§         la sentenza che approva o respinge il concordato, pubblicata nelle forme di legge, è provvisoriamente esecutiva e produce effetti nei confronti di tutti i creditori per titolo, fatto, ragione o causa anteriore all'apertura della procedura di amministrazione straordinaria;

§         la sentenza può essere impugnata dall'imprenditore insolvente, dai creditori e dal commissario straordinario, avanti la corte d'appello, entro 15 gg. dalla pubblicazione della stessa; l'impugnazione della sentenza non ne sospende l'efficacia esecutiva;

§         la procedura si chiude con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato.

 

L’articolo 9 della proposta di legge riguarda le cooperative costituite dai lavoratori delle aziende confiscate.

Il comma 1 riconosce a tali aziende un diritto di prelazione nella fruizione degli incentivi economici previsti dalla legge n. 266/1997.

Poiché la legge n. 266/1997, recante “Interventi urgenti per l'economia”, prevede numerose disposizioni che prevedono incentivi di differenti tipologie alle imprese, sembrerebbe opportuno che la norma in esame individuasse con precisione gli incentivi per i quali ritiene di dover riconoscere il diritto di prelazione per le cooperative in questione.

Il comma 2 prevede la facoltà, per le cooperative costituite ai sensi del precedente comma, di impiegare il personale con qualifica dirigenziale (il cui rapporto di lavoro sia cessato) nella fase di avvio dell'attività produttiva successiva alla rilevazione e comunque per un periodo non superiore a cinque anni.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 10, comma 4, del D.Lgs. 368/2001, il contratto a termine con il personale dirigenziale può essere stipulato in deroga a quanto previsto per la generalità dei dipendenti, a condizione che la durata dello stesso non superi i 5 anni; tuttavia il dirigente può comunque recedere trascorso un triennio, dando regolare preavviso. E’ inoltre ammessa la proroga del contratto a termine purché il rapporto di lavoro non superi complessivamente i 5 anni.

In tal caso, per tale personale può essere utilizzata l’agevolazione contributiva prevista dall’articolo 20 della L. 266/1997, con diritto di prelazione rispetto al reimpiego dei dirigenti presso aziende non confiscate.

Il richiamato articolo 20 ha previsto che le agenzie per l'impiego e i sindacati dei dirigenti più rappresentativi possano stipulare apposite convenzioni mirate allo svolgimento di attività volte alla ricollocazione dei dirigenti il cui rapporto di lavoro sia cessato. In particolare, alle imprese con meno di 250 dipendenti (e loro consorzi) che assumano, anche con contratto di lavoro a termine, dirigenti privi di occupazione, è concesso, per ciascuno dei predetti lavoratori, un contributo pari al 50% della contribuzione complessiva dovuta agli istituti di previdenza per una durata non superiore a 12 mesi e nei limiti di specifiche autorizzazioni di spesa. Ai fini della concessione del richiamato beneficio (che viene erogato tramite conguaglio) sono stipulate apposite convenzioni.

Il comma 3 dell’art. 9 estende alle cooperative costituite da ex lavoratori delle aziende confiscate le agevolazioni e le misure di sostegno previste dagli artt. 5, 6 e 7 per le aziende sequestrate e confiscate.

 

L’articolo 10 del provvedimento in esame dispone, infine, la facoltà, per gli organismi coinvolti nella gestione, amministrazione e destinazione delle aziende sottoposte a sequestro o confisca in precedenza individuate, di stipulare apposite convenzioni con l'obiettivo di organizzare programmi formativi rivolti ai lavoratori. E’ stabilito altresì l’obbligo, per le aziende o cooperative che intendano avvalersi dei suddetti programmi, di adeguarsi alle disposizioni vigenti in materia di iscrizione ai fondi interprofessionali per la formazione continua.

I fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua sono costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, per ciascuno dei settori economici dell’industria, dell’agricoltura, del terziario e dell’artigianato. Viene fatta salva la possibilità che gli stessi accordi costituiscano fondi anche per settori diversi.

I fondi finanziano, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali, concordati tra le parti sociali, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti.

Ai sensi dell’articolo 10 del D.L. 138/2011, dal 2011 i fondi possono impiegare parte delle proprie risorse per misure di formazione in favore di apprendisti e di collaboratori a progetto.

Tali fondi – articolati, previo accordo tra le parti, su scala regionale o territoriale - sono attivati con autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.

La quota del gettito complessivo da destinare ai fondi è stabilita nel 50% a valere sul terzo delle risorse derivanti dal contributo integrativo destinato al Fondo di rotazione per la formazione.

Con riferimento ai datori che aderiscono ai medesimi fondi, le entrate derivanti dall'addizionale contributiva dello 0,30% - destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale - sono trasferite dall'INPS al fondo indicato dal datore, entro specifici termini e limiti.

 

 

 


 

 



[1] L’art. 1 della p.d.l. fa riferimento al sequestro di cui all’art. 12-sexies quando invece la norma si riferisce alle ipotesi particolari di confisca previste in caso di possesso di beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

[2]  Gli altri fondi indicati nella norma sono il Fondo infrastrutture, di cui all’articolo 6-quinquies del D.L. 112/2008, anche per la messa in sicurezza delle scuole, per le opere di risanamento ambientale, per l'edilizia carceraria, per le infrastrutture museali ed archeologiche, per l'innovazione tecnologica e le infrastrutture strategiche per la mobilità e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.