Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali - A.C. 631 e abb-B
Riferimenti:
AC N. 631-B/XVII   AC N. 631-A/XVII
AC N. 631/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 17    Progressivo: 2
Data: 29/04/2014
Descrittori:
CODICE E CODIFICAZIONI   DIRITTO PENALE
MISURE CAUTELARI E LIBERTA' PERSONALE DELL' IMPUTATO   PROCESSO PENALE
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali

A.C. 631 e abb.-B

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 17/2

 

 

 

29 aprile 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

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File: gi0051b.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Introduzione                                                                                                        3

La disciplina delle misure cautelari personali                                                 5

La proposta di legge modificata dal Senato (AC 631-B)                                 8

Testo a fronte

§  Le novelle al Codice di procedura penale                                                      25

§  La novella all’ordinamento penitenziario sulle visite al familiare affetto da handicap grave                                                                                              59

§  La novella in tema di illeciti disciplinari dei magistrati                                    61

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

La proposta di legge AC 631-B, composta da 17 articoli, è stata approvata dalla Camera dei deputati il 9 gennaio 2014 e modificata dal Senato il 2 aprile 2014.

Il provvedimento è diretto a delimitare - con un effetto di riduzione del sovraffollamento negli istituti penitenziari - l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, attraverso una serie di modifiche al codice di procedura penale che interessano principalmente:

§  la valutazione del giudice,

§  l’idoneità della custodia in carcere,

§  gli obblighi di motivazione del giudice,

§  il procedimento.

 

Il Senato ha inoltre introdotto due articoli diretti a modificare: l’ordinamento penitenziario con riguardo alle visite dei genitori detenuti al minore infermo; la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati.

 

Di seguito, viene sintetizzata la disciplina vigente delle misure cautelari personali e viene poi dato conto del contenuto della proposta di legge. Sono evidenziate, in particolare, le modifiche introdotte nel corso dell’esame al Senato.

Infine, è indicato un testo a fronte delle disposizioni vigenti e delle modifiche introdotte dal testo Camera e dal testo Senato.


La disciplina delle misure cautelari personali

Le misure cautelari personali previste dal codice di procedura penale consistono in limitazioni della libertà personale o della sfera giuridica di una persona.

Titolare alla loro adozione è sempre un giudice – anche nella fase delle indagini - per finalità di cautela processuale, sulla base di specifiche condizioni generali di applicabilità (art. 274) e di criteri di scelta delle misure (art. 275).

L’art. 274 c.p.p. (Esigenze cautelari) prevede che le misure cautelari sono disposte dal giudice sulla base dei tre tradizionali pericoli: di inquinamento delle prove, di fuga dell’imputato; di reiterazione del reato ovvero:

a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti;

b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione;

c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (il limite edittale è stato aumentato da quattro a cinque anni dal recente DL 78/2013).

 

Sono, inoltre, previste dal codice di rito penale particolari modalità di controllo (art. 275-bis), sono indicati i provvedimenti da adottare in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte (art. 276), sono salvaguardati i diritti della persona sottoposta a misure cautelari (art. 277) e disciplinata la determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure (art. 278).

Al PM, titolare della richiesta delle misure cautelari al giudice, è consentita l'adozione solo di misure provvisorie e anticipatorie (cd. precautelari), come il fermo e l'arresto; in via ordinaria è quindi il giudice ad assicurare le esigenze cautelari con provvedimenti di natura giurisdizionale, che assumono la forma di ordinanza.

Avverso le decisioni relative alle sole misure coercitive è sempre possibile il ricorso al giudice del riesame ex art. 309 c.p.p. (cd. tribunale della libertà) o direttamente alla cassazione (per i soli motivi di legittimità); il rimedio per le altre misure consiste nell'appello (art. 310 c.p.p.). Sempre per i soli motivi di legittimità, sia sulle decisioni adottate in fase di riesame che di appello, è analogamente ammesso il ricorso per cassazione.

Di seguito, sono riassunte sinteticamente le misure cautelari personali previste dal codice di procedura penale, distinte in coercitive e interdittive.

 

Le misure coercitive incidono sulla libertà fisica dell'individuo e possono essere, di regola, applicate solo se si procede per delitti puniti con l'ergastolo o con la reclusione superiore nel massimo a 3 anni (art. 280 c.p.p.). Limiti di pena maggiori (5 anni) sono previsti per le misure più afflittive come la custodia carceraria e gli arresti domiciliari.

Tali misure si distinguono, a loro volta, in custodiali o non custodiali.

Le misure coercitive custodiali sono le seguenti:

§  custodia cautelare in carcere (art. 285); consiste nella privazione della libertà attuata in uno stabilimento carcerario; la sua maggiore afflittività ne giustifica la possibile applicazione in relazione a delitti per i quali sia prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti (art. 280, comma 2, c.p.p.);

§  custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri (art. 285-bis); consiste nella privazione della libertà in istituti meno afflittivi; la misura è adottabile nei confronti di donna incinta o madre di prole inferiore a 6 anni (o del padre ove la madre sia deceduta o assulutamente impossibilitata ad assiste re la prile) se lo consentano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza;

§  custodia cautelare in luogo di cura (art. 286); consiste nella privazione della libertà attuata in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero di persona in stato di infermità mentale che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere e di volere;

§  arresti domiciliari (art. 284); consiste nella misura con cui si prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o altro luogo di privata dimora. Il recente D.L. 146/2013 ha introdotto l’uso dei braccialetti elettronici come regola generale nell’applicazione della misura degli arresti domiciliari (art. 275-bis); il giudice dovrà ora esplicitare nell’ordinanza coercitiva le motivazioni per cui non ha disposto l’uso dei braccialetti.

 

Le misure coercitive non custodiali sono le seguenti:

§  divieto di espatrio (art. 281); consiste nella prescrizione all'imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede;

§  obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (art. 282); consiste nella prescrizione all'imputato di presentarsi in giorni ed ore stabiliti ad un determinato ufficio di polizia giudiziaria;

§  allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis); consiste nella prescrizione all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede;

§  divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter); consiste nella prescrizione all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa;

§  divieto di dimora (art. 284); consiste nella prescrizione all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede;

§  obbligo di dimora (art. 284) consiste nella prescrizione all'imputato  di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale.

 

Le misure interdittive incidono, invece, sulla sfera giuridica della persona e sono le seguenti:

§  sospensione dalla potestà genitoriale (art. 288); consiste nella interdizione temporanea dall'esercizio (in tutto in parte) della potestà dei poteri genitoriali;

§  sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289), consiste nella sospensione o interdizione temporanea dell'imputato, in tutto o in parte, dalle attività inerenti all'esercizio di un pubblico ufficio o servizio;

§  divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali (art. 290); consiste nell'interdizione temporanea dell'imputato dall'esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.

 


La proposta di legge modificata dal Senato (AC 631-B)

I primi due articoli del provvedimento novellano l'art. 274 c.p.p. allo scopo di limitare la discrezionalità del giudice nella valutazione delle esigenze cautelari, attualmente individuate nel pericolo di inquinamento delle prove (comma 1, lett. a); nel pericolo di fuga (comma 1, lett. b); nel pericolo di reiterazione dei reati (comma 1, lett. c).

 

Il Senato ha, anzitutto, soppresso l’articolo 1 del testo trasmesso dalla Camera. Tale disposizione modificava l'articolo 274 c.p.p. sopprimendo nel comma 1, sia nella lettera a) sia nella lettera c), il riferimento all’indagato e lasciando in tali previsioni esclusivamente il riferimento alla figura dell'imputato, analogamente a quanto già avviene nella formulazione della lettera b).

In particolare, si prevedeva l'esclusione - per la persona sottoposta alle indagini -  della possibilità di considerare il rifiuto di rendere dichiarazioni o la mancata ammissione degli addebiti ai fini della sussistenza di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova.

 In proposito deve tenersi conto che il disposto dell'articolo 61 del medesimo codice di procedura penale stabilisce, al comma 2, che all’indagato si estende ogni altra disposizione relativa all'imputato, salvo che sia diversamente stabilito.

La modifica in questione è verosimilmente apparsa come avente natura di coordinamento ma priva di effettiva portata normativa.

 

Gli articoli 1 e 2 del testo in esame integrano la formulazione, rispettivamente, delle lettere b) e c) del comma 1 dello stesso articolo 274, prevedendo la necessità, oltre che della concretezza, dell'attualità del pericolo di fuga o di reiterazione del reato (attualità già prevista, invece, per il pericolo di inquinamento delle prove di cui alla lett. a), nonché, in entrambe le ipotesi, che le situazioni di concreto e attuale pericolo non possano essere desunte in via esclusiva dalla gravità del titolo del reato per cui si procede.

Il riferimento fatto dall’art. 1 (art. 274, comma 1, lett. b), c.p.p.) e dall’art. 2 (art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p.) della p.d.l. alla gravità del titolo del reato anziché alla gravità del reato è frutto di una modifica introdotta al Senato.

Dai lavori preparatori al Senato non emergono con chiarezza le ragioni e le conseguenze della modifica introdotta.

 

L’articolo 2 della proposta di legge, rispetto al testo-Camera (ex art. 3), integra ulteriormente la formulazione della lettera c) dell’art. 274 per esigenze di coordinamento con la recente modifica dell’art. 280 c.p.p. (art. 1, comma 1, D.L. 78/2013, convertito dalla L. 94/2013) secondo cui la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per reati per i quali è prevista una pena non inferiore nel massimo a cinque anni nonchè per i reati concernenti il finanziamento illecito dei partiti. Pertanto, a seguito della modifica, se il pericolo di reiterazione riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195.

 

L'articolo 3 - non modificato dal Senato - interviene in materia di scelta delle misure cautelari, con la finalità di escludere sia la custodia in carcere che gli arresti domiciliari quando il giudice ritenga che la eventuale sentenza di condanna non verrà eseguita in carcere.

È a tale scopo riformulato il comma 2-bis dell'articolo 275, che attualmente prevede il divieto di applicazione della custodia in carcere quando il giudice ritenga che con la sentenza possa concedersi la sospensione condizionale della pena (ai sensi dell'art. 163 c.p.).

Le novità introdotte al testo vigente sono, quindi, le seguenti:

      in caso di possibile sospensione condizionale della pena, il divieto in capo al giudice riguarda anche gli arresti domiciliari;

      se il giudice, mediante un giudizio prognostico sull'esito del giudizio, ritenga che sia possibile la sospensione dell'esecuzione della pena ai sensi dell'articolo 656, comma 5, c.p.p. – vale a dire sia possibile applicare le misure alternative dell’affidamento in prova (ordinario e in casi particolari), della detenzione domiciliare speciale e della semilibertà - il nuovo comma 2-bis prevede, anche in questo caso, il divieto di applicazione sia della custodia cautelare in carcere sia degli arresti domiciliari. La modifica al testo vigente, concernente il giudizio prognostico del giudice ai fini dell’applicazione della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari, non investe direttamente la disciplina dei presupposti per la sospensione dell’esecuzione della pena, in particolare quella contenuta nell’art. 656, commi 9 e 10, c.p.p.

 

Si rammenta che il comma 9 dell’art. 656 vieta l’applicazione della sospensione dell’esecuzione della pena – oltre che per i condannati per taluni delitti – per coloro che, per il fatto oggetto di condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.

Il comma 10 dell’art. 656 c.p.p. disciplina il procedimento di sospensione dell’esecuzione della pena per il condannato che si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire.

Sul punto, alcune perplessità circa il rapporto tra la valutazione prognostica del giudice e l’ipotesi di inapplicabilità degli arresti domiciliari sono contenute nel dossier di documentazione del Senato della Repubblica n. 95/gennaio 2014[1].

 

Si rammenta che alcuni recenti interventi legislativi hanno interessato proprio la disciplina della custodia cautelare e delle misure alternative.

 

Il decreto-legge 78/2013, – oltre a innalzare da 4 a 5 anni il limite della pena che consente l'applicazione della custodia cautelare in carcere - ha, in particolare:

·        modificato l'articolo 656 c.p.p. in materia di esecuzione delle pene detentive anticipando, ai fini della sospensione dell'esecuzione della pena e della concessione delle misure alternative alla detenzione, l'applicazione del beneficio della cd. liberazione anticipata (ovvero la detrazione di 45 giorni di pena per ogni semestre di pena scontata). Sarà possibile sospendere l'ordine di esecuzione ogni qualvolta, a seguito del ricalcolo, la pena detentiva da espiare, anche se costituente parte residua di maggior pena, risulti inferiore a  3 anni (a 6 anni, per i reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza); a 4 anni, nei casi previsti per le specifiche categorie di condannati cui è applicabile la detenzione domiciliare speciale). Il calcolo relativo alla liberazione anticipata è applicato anche ai condannati agli arresti domiciliari;

·        eliminato il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione per i plurirecidivi; anche per tale categoria di soggetti, quindi, sarà possibile il ricorso alle misure alternative alla detenzione.

 

Il decreto-legge 146/2013 è ulteriormente intervenuto stabilendo in particolare:

·      la prescrizione da parte del giudice del c.d. braccialetto elettronico, come regola generale cui può derogare qualora non ne ravveda la necessità, nell’applicazione sia degli arresti domiciliari che della detenzione domiciliare;

·      la modifica dell’art. 47 dell’ordinamento penitenziario, con l’innalzamento da tre a quattro anni del limite di pena, anche residua, per l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale, con più ampi poteri del magistrato di sorveglianza per la sua applicazione (non è stata oggetto di modifica la collegata disciplina di cui all’art. 656 c.p.p sulla sospensione dell’esecuzione della pena per l’applicazione delle misure alternative);

·      l’introduzione della liberazione anticipata speciale, che porta da 45 a 75 giorni per semestre - per il periodo dal 1° gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 - la detrazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria in favore del condannato che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione. La misura non è applicabile in relazione ai periodi in cui il condannato è ammesso all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, ai condannati ammessi all’esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovino agli arresti domiciliari ai sensi dell’art. 656, comma 10, c.p.p.; per i condannati per i reati di particolare allarme sociale di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario.

 

Di tale ultima innovazione andrà tenuto conto ai fini del calcolo degli sconti da applicare alla pena detentiva in sede di giudizio prognostico di cui al nuovo comma 2-bis dell’art. 275 c.p.p.

 

Elementi di contatto con la disciplina della sospensione della esecuzione della pena sono poi presenti nella proposta di legge (A.C. 331-927-B), definitivamente approvata dalla Camera dei deputati il 2 aprile 2014, concernente, in particolare, delega al Governo per l'introduzione di pene detentive non carcerarie.

Il provvedimento delega il Governo a riformare il sistema delle pene, eliminando l'attuale pena dell'arresto e introducendo nel codice penale, e nella normativa complementare, pene detentive non carcerarie (reclusione presso il domicilio e arresto presso il domicilio), di durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie, da scontare presso l’abitazione. Tra i principi e criteri direttivi della delega si prevede:

·        l’applicazione dell'arresto domiciliare per tutte le ipotesi nelle quali è attualmente previsto l'arresto;

·        l'applicazione automatica della reclusione domiciliare per tutti i delitti puniti con pena edittale della reclusione nel massimo fino a 3 anni;

·        l'applicazione della reclusione domiciliare a discrezione del giudice (che valuta la gravità del reato ai sensi dell’art. 133 c.p.) per tutti i delitti puniti con la reclusione da 3 a 5 anni.

 

Stante l'esplicito riferimento testuale - nel nuovo comma 2-bis dell’articolo 275 c.p.p. - alla sola custodia "in carcere" e ai soli "arresti domiciliari", nelle indicate ipotesi dovrebbe risultare possibile l'applicazione della custodia cautelare in istituti a custodia attenuata per detenute madri (art. 285-bis c.p.p.), nonché in luoghi di cura (art. 286 c.p.p.). La disposizione attualmente vigente fa infatti riferimento  alla "custodia cautelare" nel cui ambito rientrano sia gli arresti domiciliari ai sensi dell'articolo 284 del codice di procedura penale (il comma 5 dell'articolo 284 prevede espressamente che l'imputato agli arresti domiciliari "si considera in stato di custodia cautelare") sia la custodia cautelare in carcere di cui al successivo articolo 285, sia la custodia cautelare in istituti a custodia attenuata e in luogo di cura di cui agli articoli 285-bis e 286  (v. tra le altre: Cass. penale, sentt. nn. 58, 3607 e 4542 del 1997, 2389 del 2000, 18683 del 2008,  39976 del 2013).

 

Anche gli articoli 4 e 5 del provvedimento (già artt. 3 e 4 del testo Camera) intervengono sull'articolo 275 del codice di procedura penale.

L'articolo 4 – identico al testo-Camera - riformula, anzitutto, il primo periodo del comma 3 dell'articolo 275 che, prevedendo la residualità del ricorso al carcere, attualmente stabilisce che la custodia cautelare in carcere può essere disposta "soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata". La nuova disposizione, confermandone il carattere residuale, specifica ulteriormente che il ricorso alla custodia in carcere è possibile soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive (in luogo di "ogni altra misura"), anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate.

 

L'articolo 5 del testo (art. 6 del testo Camera), modificato dal Senato, riguarda l'applicazione della custodia in carcere per alcuni reati di particolare gravità.

Se, in via generale, vale la regola dell'applicazione della custodia in carcere solo quando le altre misure risultino inadeguate, il secondo e terzo periodo del comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale  - nella formulazione vigente – prevedono peraltro che, in presenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ad uno specifico catalogo di reati ritenuti di particolare gravità, operi una presunzione di idoneità della sola misura carceraria, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.

Quindi, di regola, per tali reati l'adeguatezza della custodia in carcere risulta presunta ex lege ed il giudice non può decidere per l'applicazione di una misura cautelare diversa.

 

Si tratta - in base al vigente art. 275, comma 3, c.p.p. - dei reati di grave allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis (associazione mafiosa o finalizzata al traffico di stupefacenti, riduzione in schiavitù, tratta di persone, sequestro di persona a scopo di estorsione, ecc.), 3-quater (delitti con finalità di terrorismo) del codice di procedura penale, nonché dei delitti di cui agli articoli 575 (omicidio), 600-bis, primo comma (induzione alla prostituzione minorile), 600-ter, (pornografia minorile, esclusa la cessione del materiale, anche gratuita) e 600-quinquies (turismo sessuale) del codice penale, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari (secondo periodo). Analogamente, la custodia in carcere si applica in ordine ai delitti previsti dagli articoli 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi contemplate (terzo periodo).

 

L'articolo 5 della proposta di legge - intervenendo sul secondo periodo del comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale - limita la presunzione di idoneità della misura carceraria in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai soli delitti di associazione sovversiva (art. 270 c.p.), associazione terroristica, anche internazionale (art. 270-bis c.p.), associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) e associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74, Dpr 309/1990); gli ultimi due reati sono stati aggiunti all’elenco nel corso dell’esame al Senato.

Si osserva l’opportunità di valutare l’introduzione, nel secondo periodo del comma 3 dell’art. 275 c.p.p., dell’art. 74 del TU stupefacenti alla luce della giurisprudenza costituzionale. La sentenza 231 del 2011 della Corte costituzionale ha infatti già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, secondo periodo, c.p.p., nella parte in cui - nel prevedere che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 74 del citato TU è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

Secondo la Corte, attraverso un esame comparativo delle diverse fattispecie, già sottoposte in passato al vaglio del giudice delle leggi, il delitto de quo è considerato in maniera diversa rispetto al delitto di associazione di tipo mafioso, l’unico per il quale è ammessa una presunzione assoluta di inadeguatezza delle misure cautelari alternative alla restrizione in carcere. Pur nella particolare gravità che il fatto assume nella considerazione legislativa, precisa la Consulta che la presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia carceraria non può considerarsi rispondente a un dato di esperienza generalizzato, ricollegabile alla «struttura stessa» e alle «connotazioni criminologiche» della figura criminosa dell’associazione finalizzata al traffico di droga. Da qui la declaratoria di illegittimità che in sostanza trasforma in relativa la presunzione assoluta di inadeguatezza delle misure cautelari alternative alla restrizione in carcere quando sussistono gravi indizi di colpevolezza.

Si rammenta che il delitto di cui all’art. 74 TU è ricompreso tra quelli di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. per i quali, in virtù delle previsioni del terzo periodo del comma 3 dell’art. 275 – anche dopo le modifiche introdotte dall’art. 5 della p.d.l. - , non opera un principio di presunzione di idoneità della sola misura carceraria (v. ultra).

 

Il nuovo terzo periodo del comma 3 dell’art. 275 (l’attuale terzo periodo è soppresso per coordinamento dal comma 2 dell’articolo 5 della proposta di legge) prevede, poi - in caso di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il rimanente catalogo di reati - l'applicazione di una clausola di salvaguardia.

Si stabilisce, infatti, - in ordine a tali reati, la possibilità di applicare la custodia in carcere salvo che:

-         siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari

-         o, in relazione al caso concreto,  le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure.

Le modifiche tengono conto della concorde giurisprudenza  costituzionale che, in relazione alla mancanza di tale deroghe all’applicazione della custodia carceraria, ha più volte dichiarato l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’art. 275 c.p.p. (v. Corte cost. sentenze nn. 265/2010, 164/2011, 231/2011 e 110 /2012)

 

Lo stesso articolo 5 aggiunge poi un comma 3-bis all'articolo 275 che introduce l'obbligo del giudice – nel disporre la custodia cautelare in carcere - di spiegare i motivi dell'eventuale inidoneità ad assicurare le esigenze di cautela degli arresti domiciliari con uso dei cd. braccialetti elettronici (ovvero le procedure di controllo di cui all'art. 275-bis, comma 1). Nonostante la norma non lo espliciti, tali motivi dovrebbero essere enunciati nelle motivazioni dell'ordinanza che dispone la misura cautelare carceraria (art. 292 c.p.p.).

 

Gli articoli 6 e 7 del provvedimento in esame (artt. 7 e 8 del testo-Camera) sono stati modificati dal Senato.

L’articolo 6 riformula il comma 1-ter dell'art. 276 c.p.p. che attualmente obbliga il giudice a revocare gli arresti domiciliari e applicare la custodia in carcere in caso di trasgressione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione da parte dell'imputato. Il nuovo comma 1-ter prevede che la citata trasgressione, ove di lieve entità, non comporti automaticamente l’applicazione della più afflittiva misura carceraria. Nel testo trasmesso dalla Camera, il comma 1-ter risultava abrogato.

 

Analoga abrogazione, nel testo-Camera, interessava il comma 5-bis dell’art. 284 c.p.p. che, attualmente, preclude al giudice la concessione degli arresti domiciliari al condannato per evasione nei 5 anni precedenti al fatto per il quale si procede. L’integrazione introdotta dal Senato al primo periodo del comma 5-bis prevede una valutazione del giudice che può comunque permettere l’adozione degli arresti domiciliari (in luogo della custodia in carcere) ove, sulla base di elementi specifici, ritenga:

-        che il fatto sia di lieve entità e

-        che gli arresti domiciliari soddisfino comunque le esigenze cautelari.

 

Il successivo articolo 8 – di modifica dell’art. 289, comma 2, c.p.p. - è stato introdotto ex novo dal Senato.

Attualmente tale disposizione prevede che, nei procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione, l’interdizione temporanea dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio può essere disposta a carico del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di un pubblico servizio) anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287, comma 1 (ergastolo o reclusione superiore nel massimo a tre anni). Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65 (ovvero con le ordinarie modalità dell’interrogatorio).

L’integrazione al comma 2 dell’art. 289 apportata dal Senato stabilisce che se la misura interdittiva a carico del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di un pubblico servizio) è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal PM, l’interrogatorio debba avvenire non oltre 10 giorni dall’esecuzione della misura o dalla sua notificazione (ovvero ai sensi dell’art. 294, comma 1-bis c.p.p.).

 

L’articolo 9 della p.d.l. 631-B, non modificato dal Senato, novella l'art. 292 c.p.p. relativo al contenuto dell'ordinanza di custodia cautelare, con la finalità di rafforzare gli obblighi di motivazione da parte del giudice.

Le identiche modifiche - alle lettere c) e c-bis) del comma 2 – riguardano, infatti, l'obbligo di autonoma valutazione da parte del giudice sia delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi alla base della misura restrittiva, sia delle concrete e specifiche ragioni per le quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 del medesimo codice non possono essere soddisfatte con altre misure. Il riferimento alla "autonoma valutazione" del giudice mira ad evitare motivazioni delle esigenze cautelari "appiattite" su quelle del pubblico ministero richiedente. La mancanza di "autonoma valutazione" è considerata motivo di annullamento dell'ordinanza cautelare in sede di riesame (v. art. 309, comma 9, come modificato dall'art. 12, comma 3, del testo).

 

L'articolo 10, anch’esso non modificato dal Senato, reca un'integrazione del comma 4 dell'art. 299 c.p.p. in base al quale, nell'ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può anche applicare congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva.

 

L'articolo 11 del provvedimento, modificato nel corso dell’esame al Senato, interviene sull'art. 308 c.p.p. che prevede i termini di durata sia delle misure coercitive (diverse dalla custodia cautelare) sia delle misure interdittive. Finalità dell'intervento è, in particolare, quella di dilatare la durata di queste ultime ritenuta troppo esigua.

 

I vigenti commi 2 e 2-bis dell’art. 308 c.p.p. prevedono, rispettivamente, che le misure interdittive perdono efficacia, rispettivamente:

§  decorsi 2 mesi dall'inizio della loro esecuzione (comma 2, primo periodo), fermo restando che, ove  disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre tale termine anche se, in ogni caso, non oltre il doppio dei termini massimi di custodia cautelare (comma 2, secondo periodo),

§  decorsi 6 mesi dall'inizio della loro esecuzione se si procede per una specifica serie di reati contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale; analogamente, ove disposte per esigenze probatorie, le misure possono essere rinnovate oltre il termine semestrale, fermo restando la loro perdita d’efficacia  se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini massimi di custodia cautelare (comma 2-bis).

 

Il testo approvato dalla Camera interveniva sui commi 2 e 2-bis dell’art. 308 c.p.p.:

§    aumentando da 2 a 12 mesi il termine, previsto dal primo periodo del comma 2,  oltre il quale le misure interdittive perdono efficacia;

§    sopprimendo il secondo periodo del comma 2 e abrogando il comma 2-bis, ed eliminando, quindi, sia il regime differenziato di durata delle misure disposte per esigenze probatorie nonché l’analogo diverso regime di durata delle misure disposte in relazione ai procedimenti per il citato elenco di reati contro la PA (si ricorda che il comma 2-bis è stato aggiunto all’art. 308 c.p.p. dalla legge 190/2012, cd. legge anticorruzione)

 

L’articolo 11, nel testo approvato dal Senato, riformula diversamente il comma 2 dell’art. 308 c.p.p.

Il testo-Camera si limitava a portare da 2 a 12 mesi il termine di durata delle misure interdittive con decorso dall’inizio dell’esecuzione e senza possibilità di rinnovazione.

Il testo approvato dal Senato rende più flessibile la nuova disciplina del nuovo comma 2  dell’art. 308, prevedendo:

§  la perdita di efficacia delle misure interdittive decorso il termine stabilito dalla relativa ordinanza;

§  l’aumento, già disposto dalla Camera, da 2 a 12 mesi della durata massima delle misure stesse (non viene tuttavia precisato il dies a quo di decorso del termine);

§  la loro possibile rinnovazione per esigenze probatorie non oltre il limite di durata massima.

 

Per ragioni di coordinamento viene, infine, confermata dall’art. 11 in esame l’abrogazione del comma 2-bis dell’art. 308.

 

L'articolo 12 interviene sugli artt. 309 e 324 del codice processuale penale.

 

All'articolo 309 c.p.p., relativo al riesame presso il cd. tribunale della libertà delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, sono introdotte modifiche ai commi 6, 8-bis, 9 e 10 ed è aggiunto un comma 9-bis:

      una prima novità consiste nel riconoscere all'imputato che lo richieda il diritto di comparire personalmente all'udienza (modifiche relative al comma 6 e al comma 8-bis);

      per rafforzare l'obbligo di motivazione del provvedimento applicativo della misura cautelare si prevede che la mancanza di motivazione o di autonoma valutazione da parte del giudice delle specifiche esigenze cautelari o degli indizi ed elementi forniti dalla difesa dell'imputato è causa di annullamento della misura da parte del tribunale del riesame (comma 9);

      al nuovo comma 9-bis, per consentire alla difesa di prepararsi meglio e, nei casi più complessi, al giudice di studiare più attentamente la vicenda cautelare si prevede inoltre che - su richiesta dell'imputato, da formulare entro 2 giorni dalla notifica dell'avviso della data fissata - l'udienza camerale, se ricorrono giustificati motivi, è differita dal tribunale per un minimo di 5 ed un massimo di 10 giorni.

Il testo approvato dalla Camera prevedeva un secondo periodo del comma 9-bis secondo il quale una analoga proroga di 10 giorni è applicata al termine per la decisione (di annullamento, riforma o conferma) sull'ordinanza oggetto del riesame e per il deposito dell'ordinanza da parte del tribunale (nuovo comma 9-bis).

Il secondo periodo del comma 9-bis è stato riformulato dal Senato; la norma ora stabilisce anche che il tribunale, con provvedimento motivato, può differire anche d’ufficio (sempre da 5 a 10 gg.) la data dell’udienza in base alla complessità del caso e del materiale probatorio. Anche in tal caso, si conferma il corrispondente differimento della data del termine per la decisione e per il deposito dell’ordinanza.

      il comma 10 dell’art. 309 è stato anch’esso modificato dal Senato. Il testo approvato dalla Camera stabiliva che al mancato deposito in cancelleria, entro 30 giorni dalla deliberazione dell'ordinanza del tribunale del riesame, conseguisse la perdita di efficacia dell'ordinanza coercitiva. Il nuovo comma 10 prevede che, se la trasmissione degli atti non avviene entro 5 giorni o se l’ordinanza che decide sul riesame o il suo relativo deposito in cancelleria non avvengono nei termini prescritti (10 gg. dalla ricezione degli atti per la decisione sul merito del riesame; 30 gg. dalla decisione per il deposito in cancelleria, v. ultra), l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e non può essere rinnovata, se non in caso di eccezionali esigenze cautelari specificatamente motivate. Il comma 10 prevede altresì un termine di 30 giorni (dalla decisione) per il deposito dell’ordinanza del tribunale del riesame, fatti salvi i casi in cui la motivazione, per il numero degli arrestati e la gravità delle imputazioni, appare particolarmente complessa; pur in tali casi, il nuovo termine disposto dal giudice per il deposito non può comunque superare i 45 giorni decorrenti dalla decisione del tribunale del riesame.

      con intervento di coordinamento con la novella all’art. 309, viene poi integrata la formulazione del comma 7 dell'art. 324 c.p.p.: in sede di riesame delle ordinanze relative a misure cautelari reali (sequestro conservativo o preventivo), sono applicate le disposizioni del descritto nuovo comma 9-bis dell'articolo 309, ovvero il possibile differimento, per giustificati motivi, della data dell'udienza camerale del tribunale.

 

L'articolo 13, modificato dal Senato, interviene sull’art. 310 c.p.p. relativo all'appello avverso le ordinanze che dispongono misure cautelari personali.

L’art. 13 integra la scarna formulazione dell’ultimo periodo del comma 2 che prevede attualmente che il tribunale decide (sull’appello) entro 20 giorni dalla ricezione degli atti. L’integrazione prevista precisa che la decisione va assunta con ordinanza depositata in cancelleria entro 30 gg. dalla deliberazione.

 

Al comma 2 dell’art. 310, il Senato ha aggiunto due ulteriori periodi con l’intento di coordinare il contenuto della norma con le modifiche introdotte all’art. 309 in tema di riesame. Viene, infatti, previsto:

-        che il rispetto del termine di 30 giorni per il citato deposito in cancelleria dell’ordinanza può essere derogato nei casi in cui la motivazione, per il numero degli arrestati e la gravità delle imputazioni, appare particolarmente complessa;

-        che il nuovo termine disposto dal giudice per il deposito non può in ogni caso essere superiore a 45 giorni decorrenti dalla decisione del tribunale.

 

Si osserva come, nel primo dei due periodi del comma 2 aggiunti dal Senato, possa apparire superfluo l’ulteriore riferimento al deposito in cancelleria entro 30 gg. dell’ordinanza del tribunale già previsto nel precedente periodo.

Appare utile valutare se l’art. 13 della p.d.l. debba ricalcare la struttura del novellato comma 10 dell’art. 309, integrando con due periodi l’articolo 310, comma 2, c.p.p. (il primo periodo sui termini per la decisione del tribunale e quelli per il deposito dell’ordinanza, salvi i casi più complessi; il secondo periodo sul termine più lungo per il deposito comunque non superiore a 45 giorni).

 

L’articolo 14, nel testo approvato dalla Camera, è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato.

La disposizione modificava l’art. 311, comma 1, c.p.p., relativo al ricorso per cassazione contro le decisioni emesse in sede di riesame o di appello avverso le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. Tale ricorso veniva escluso, per il PM richiedente la misura, avverso la decisione di secondo grado che confermava il rigetto o l’inammissibilità di una sua richiesta. L’esclusione dal ricorso per cassazione riguardava quindi il caso di una doppia “bocciatura” dell’ordinanza coercitiva richiesta dal PM.

 

Il nuovo articolo 14 (art. 15 nel testo-Camera) aggiunge all'art. 311 c.p.p. un comma 5-bis in base al quale, nel caso in cui la Cassazione - su ricorso dell'imputato - abbia annullato con rinvio un'ordinanza che aveva disposto o confermato una misura coercitiva ai sensi dell'art. 309, comma 9, il giudice del rinvio:

      decide entro 10 giorni dalla ricezione degli atti;

      deposita in cancelleria l'ordinanza nei 30 gg. dalla deliberazione.

 La mancata decisione (del giudice del rinvio), come pure il mancato deposito dell'ordinanza, nei termini indicati comportano la perdita di efficacia della misura coercitiva.

 

Va ricordato che, al contrario che nell’annullamento senza rinvio, all’annullamento con rinvio dell’ordinanza cautelare da parte della Cassazione non consegue la perdita di efficacia della misura coercitiva originaria, di cui continua l’esecuzione.

 

Fa eccezione alla introdotta regola della perdita di efficacia della misura coercitiva ex comma 5-bis il caso in cui l'esecuzione della misura sia sospesa ai sensi dell'art. 310, comma 3 (si tratta del caso in cui il tribunale, accogliendo l'appello del PM, abbia disposto una misura coercitiva rigettata dal giudice: in tale ipotesi, l'esecuzione della misura è sospesa fino a che essa non sia divenuta definitiva).  

 

Il Senato – in analogia con quanto previsto all’art. 309, comma 10 (v. ante, art. 12, comma 5, della p.d.l.) - ha integrato la formulazione del comma 5-bis prevedendo - in caso di mancata decisione o mancato deposito dell’ordinanza nei termini prescritti - l’impossibilità di una rinnovazione della misura coercitiva, fatte salve “eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate”.

 

Gli articoli 15 e 16 della p.d.l. sono stati introdotti nell’attuale formulazione  dal Senato.

 

L’articolo 15 interviene sull’art. 21-ter dell’ordinamento penitenziario (legge 354/1975) integrando la possibilità di visite dei genitori detenuti al minore infermo.

Attualmente, tale norma prevede che il magistrato di sorveglianza (o nei casi urgenti il direttore del carcere) autorizzi il padre ovvero la madre del minore, imputati o condannati, a recarsi, con le cautele previste dal regolamento, a visitare l'infermo. In caso di ricovero ospedaliero, le modalità della visita sono disposte tenendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia (comma 1). A tali ipotesi è aggiunta quella di visita al figlio portatore di handicap grave; vi è gravità, ex art. 3, comma 3, L. 104/1992, quando la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

 

Analoga modifica riguarda il comma 2 dell’art. 21-ter relativo alla possibilità per la madre condannata, imputata o internata (o il padre condannato, imputato o internato, se la madre è deceduta o del tutto impossibilitata) di essere autorizzata dal giudice almeno 24 ore prima della visita ad assistere il figlio minore di 10 anni durante le visite specialistiche. Con la modifica introdotta al comma 2 si prescinde dal requisito dell’età in presenza di visite specialistiche a figli affetti da handicap grave.

 

 E’, infine, aggiunto all’art. 21-ter un comma 2-bis che estende la citata disciplina del diritto di visita nel caso di coniuge o convivente affetto da handicap grave.

 

Per coordinamento con le modifiche apportate viene, infine, opportunamente integrata la rubrica dell’art. 21-ter dell’ordinamento penitenziario.

 

L’articolo 16, anch’esso introdotto dal Senato, modifica il D.Lgs. 109/2006 che contiene la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati.

 

All’art. 2, comma 1, è integrato (nuova lett. q-bis) l’elenco ivi previsto, con l’aggiunta agli illeciti disciplinari dei magistrati nell’esercizio delle funzioni dell’ipotesi di mancata osservanza dei termini di cui agli artt. 309, comma 10, c.p.p. (per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte dell’autorità giudiziaria procedente, per la decisione sulla richiesta di riesame e per il deposito dell’ordinanza del tribunale in cancelleria) e 311, comma 5-bis (per la decisione del giudice del rinvio e per il deposito della relativa ordinanza in cancelleria).

Dall’aggiunta della lett-q-bis) deriva la modifica della precedente lett. q) dell’art. 2, comma 1, che attualmente prevede costituisca illecito disciplinare il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni. La lettera q) prevede inoltre che il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato.

In relazione a tale ipotesi, sono fatte salve – per un necessario coordinamento - le previsioni di cui alla nuova lettera q-bis) che costituisce autonomo illecito, al quale non pare potersi applicare la presunzione di non gravità. 

 

La modifica all’art. 12, comma 1, lett. e) del D.Lgs 109/2006 prevede in capo al magistrato, per l’inosservanza dei termini di cui all’art. 309, comma 10, e 311, comma 5-bis, c.p.p., una sanzione non inferiore alla censura.

 

L'articolo 17 (art. 16 nel testo-Camera) prevede, infine, in capo al Governo un obbligo di relazione annuale al Parlamento contenente informazioni e dati concernenti le misure cautelari, distinte per tipologia e con i relativi esiti, adottate nell'anno precedente.

 

 

 


 

Testo a fronte

 


 

Le novelle al Codice di procedura penale

Normativa vigente

A.S. 1232
approvato dalla Camera il 9 gennaio 2014

A.C. 631-B
approvato dal Senato il 2 aprile 2014

Codice di procedura penale

Libro IV
Misure cautelari

Titolo I – Misure cautelari personali

Capo I – Disposizioni generali

 

Art. 272

Limitazioni alle libertà della persona

(omissis)

Identico

Identico

 

 

 

Art. 273

Condizioni generali di applicabilità delle misure

(omissis)

Identico

Identico

 

 

 

Art. 274

Esigenze cautelari

 

 

1. Le misure cautelari sono disposte:

1. Identico:

1. Identico:

a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti;

a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti;

a) identico al testo vigente;

b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione;

b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione. Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede;

b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione. Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede;

c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell’imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede.

c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo e attuale che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni. Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell’imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.

 

 

 

Art. 275

Criteri di scelta delle misure

 

 

1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

1. Identico.

1. Identico.

1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c).

1-bis. Identico.

1-bis. Identico.

2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.

2. Identico.

2. Identico.

2-bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.

2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena o se ritiene che all'esito del giudizio l'esecuzione della pena possa essere sospesa ai sensi dell'articolo 656, comma 5[2].

2-bis. Identico al testo Camera.

2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole.

2-ter. Identico.

2-ter. Identico.

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, e 600-quinquies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche in ordine ai delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi contemplate.

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 416-bis e 416-ter del codice penale, nonché ai delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

 

3-bis. Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'articolo 275-bis, comma 1.

 

3-bis. Identico al testo Camera.

4. Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni.

4. Identico.

4. Identico.

4-bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

4-bis. Identico.

4-bis. Identico.

4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.

4-ter. Identico.

4-ter. Identico.

4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

4-quater. Identico.

4-quater. Identico.

4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

4-quinquies. Identico.

4-quinquies. Identico.

 

 

 

Art. 275-bis

Particolari modalità di controllo

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 276

Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte

 

 

1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.

1. Identico.

1. Identico.

1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

1-bis. Identico.

1-bis. Identico.

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere.

Abrogato

1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità.

 

 

 

Art. 277

Salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misure cautelari

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 278

Determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 279

Giudice competente

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Capo II – Misure coercitive

Art. 280

Condizioni di applicabilità delle misure coercitive

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 281

Divieto di espatrio

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 282

Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 282-bis

Allontanamento dalla casa familiare

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 282-ter

Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 282-quater

Obblighi di comunicazione

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 283

Divieto e obbligo di dimora

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 284

Arresti domiciliari

 

 

1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta.

1. Identico.

1. Identico.

1-bis. Il giudice dispone il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare comunque le prioritarie esigenze di tutela della persona offesa dal reato.

1-bis. Identico.

1-bis. Identico.

2. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.

2. Identico.

2. Identico.

3. Se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa.

3. Identico.

3. Identico.

4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato.

4. Identico.

4. Identico.

5. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.

5. Identico.

5. Identico.

5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie.

Abrogato.

5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie.

 

 

 

Art. 285

Custodia cautelare in carcere

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 285-bis

Custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 286

Custodia cautelare in luogo di cura

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 286-bis

Divieto di custodia cautelare

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Capo III - Misure interdittive

Art. 287

Condizioni di applicabilità delle misure interdittive

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 288

Sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 289

Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio

 

 

1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

1. Identico.

1. Identico.

2. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65.

2. Identico.

2. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65. Se la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l’interrogatorio ha luogo nei termini di cui al comma 1-bis dell’articolo 294.

3. La misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare.

3. Identico.

3. Identico.

 

 

 

Art. 290

Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali.

(omissis)

Identico.

Identico.

Capo IV - Forma ed esecuzione dei provvedimenti

Art. 291

Procedimento applicativo

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 292

Ordinanza del giudice

 

 

1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza.

1. Identico.

1. Identico.

2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio:

2. Identico:

2. Identico:

a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;

a) identica;

a) identica;

b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;

b) identica;

b) identica;

c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;

c) l'esposizione e l’autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;

c) identico al testo Camera;

c-bis) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;

c-bis) l'esposizione e l’autonoma valutazione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;

c-bis) identico al testo Camera;

d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274;

d) identica;

d) identica;

e) la data e la sottoscrizione del giudice.

e) identica.

e) identica.

2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.

2-bis. Identico.

2-bis. Identico.

2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327-bis.

2-ter. Identico.

2-ter. Identico.

3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.

3. Identico.

3. Identico.

 

 

 

Art. 293

Adempimenti esecutivi

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 294

Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 295

Verbale di vane ricerche

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 296

Latitanza

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 297

Computo dei termini di durata delle misure

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 298

Sospensione dell'esecuzione delle misure

(omissis)

 

 

Capo V - Estinzione delle misure

Art. 299

Revoca e sostituzione delle misure.

 

 

1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274.

1. Identico.

1. Identico.

2. Salvo quanto previsto dall'art. 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose.

2. Identico.

2. Identico.

2-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa.

2-bis. Identico.

2-bis. Identico.

3. Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'articolo 121. Decorso il predetto termine il giudice procede. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio.

3. Identico.

3. Identico.

3-bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede.

3-bis. Identico.

3-bis. Identico.

3-ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta.

3-ter. Identico.

3-ter. Identico.

4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose.

4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose o applica congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva.

4. Identico al testo Camera.

4-bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste. La richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio.

4-bis. Identico.

4-bis. Identico.

4-ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3.

4-ter. Identico.

4-ter. Identico.

4-quater. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 286-bis, comma 3.

4-quater. Identico.

4-quater. Identico.

 

 

 

Art. 300

Estinzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 301

Estinzione di misure disposte per esigenze probatorie

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 302

Estinzione della custodia per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 303

Termini di durata massima della custodia cautelare

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 304

Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 305

Proroga della custodia cautelare

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 306

Provvedimenti conseguenti alla estinzione delle misure

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 307

Provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini

(omissis)

Identico.

Identico.

 

 

 

Art. 308

Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare.

 

 

1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303.

1. Identico.

 

2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1.

2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi dodici mesi dall'inizio della loro esecuzione.

2. Le misure interdittive non possono avere durata superiore a dodici mesi e perdono efficacia quando è decorso il termine fissato dal giudice nell’ordinanza. In ogni caso, qualora siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione nei limiti temporali previsti dal primo periodo del presente comma.

2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303.

Abrogato

Abrogato

3. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive.

3. Identico.

3. Identico.

 

 

 

Capo VI – Impugnazioni

 

 

Art. 309

Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

 

 

1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento, l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero.

1. Identico.

1. Identico.

2. Per l'imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.

2. Identico.

2. Identico.

3. Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura.

3. Identico.

3. Identico.

3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3.

3-bis. Identico.

3-bis. Identico.

4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583.

4. Identico.

4. Identico.

5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.

5. Identico.

5. Identico.

6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare i nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione.

6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare i nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione e l’imputato può chiedere di comparire personalmente.

6. Identico al testo Camera.

7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza.

7. Identico.

7. Identico.

8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l'applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia.

8. Identico.

8. Identico.

8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7.

8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7. L’imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente.

8-bis. Identico al testo Camera.

9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma e conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso.

9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma e conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa.

9. Identico al testo Camera.

 

9-bis. Su richiesta formulata personalmente dall'imputato entro due giorni dalla notificazione dell'avviso, il tribunale differisce la data dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per la decisione e quello per il deposito dell'ordinanza sono prorogati nella stessa misura.

9-bis. Su richiesta formulata personalmente dall'imputato entro due giorni dalla notificazione dell'avviso, il tribunale differisce la data dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. Il differimento della data dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni può essere disposto anche d'ufficio dal tribunale, con provvedimento motivato sulla base della complessità del caso e del materiale probatorio. In tali casi il termine per la decisione e quello per il deposito dell'ordinanza sono prorogati nella stessa misura.

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia.

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto ovvero se l’ordinanza del tribunale non è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia.

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione.

 

 

 

Art. 310

Appello

 

 

1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 309 comma 1, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi.

1. Identico.

1. Identico.

2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria precedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne la copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti.

2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria precedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne la copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti con ordinanza depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione.

2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria precedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne la copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti con ordinanza depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. L’ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione.

3. L'esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva.

3. Identico.

3. Identico.

 

 

 

Art. 311

Ricorso per cassazione

 

 

1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309.

1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura, eccetto che contro la decisione, emessa a norma dell’articolo 310, di conferma del provvedimento che abbia rigettato o dichiarato inammissibile una sua richiesta.

1. Identico al testo vigente.

2. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.

2. Identico.

2. Identico.

3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione.

3. Identico.

3. Identico.

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione.

4. Identico.

4. Identico.

5. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127.

5. Identico.

5. Identico.

 

5-bis. Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell'imputato, un'ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell'ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l'esecuzione sia sospesa ai sensi dell'articolo 310, comma 3.

5-bis. Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell'imputato, un'ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell'ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l'esecuzione sia sospesa ai sensi dell'articolo 310, comma 3, e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata.

 

 

 

 

 

 

Titolo II

Misure cautelari reali

 

 

Capo III – Impugnazioni

 

 

Art. 324

Procedimento di riesame

 

 

1. La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro.

1. Identico.

1. Identico.

2. La richiesta è presentata con le forme previste dall'articolo 582. Se la richiesta è proposta dall'imputato non detenuto né internato, questi, ove non abbia già dichiarato o eletto domicilio o non si sia proceduto a norma dell'articolo 161 comma 2, deve indicare il domicilio presso il quale intende ricevere l'avviso previsto dal comma 6; in mancanza, l'avviso è notificato mediante consegna al difensore. Se la richiesta è proposta da un'altra persona e questa abbia omesso di dichiarare il proprio domicilio, l'avviso è notificato mediante deposito in cancelleria.

2. Identico.

2. Identico.

3. La cancelleria dà immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame.

3. Identico.

3. Identico.

4. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame, facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione.

4. Identico.

4. Identico.

5. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti.

5. Identico.

5. Identico.

6. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Almeno tre giorni prima, l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria.

6. Identico.

6. Identico.

7. Si applicano le disposizioni dell'articolo 309 commi 9 e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell'articolo 240 comma 2 del codice penale.

7. Si applicano le disposizioni dell'articolo 309 commi 9, 9-bis e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell'articolo 240 comma 2 del codice penale.

7. Identico al testo Camera.

8. Il giudice del riesame, nel caso di contestazione della proprietà, rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro.

8. Identico.

8. Identico.

 


La novella all’ordinamento penitenziario sulle visite al familiare affetto da handicap grave

Normativa vigente

A.S. 1232
approvato dalla Camera il 9 gennaio 2014

A.C. 631-B
approvato dal Senato il 2 aprile 2014

L. 26 luglio 1975, n. 354
Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà

TITOLO I
Trattamento penitenziario

Capo III
Modalità del trattamento

Art. 21-ter

Visite al minore infermo

 

Art. 21-ter

Visite al minore infermo o al figlio, al coniuge o convivente affetto da handicap in situazione di gravità

1. In caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio minore, anche non convivente, la madre condannata, imputata o internata, ovvero il padre che versi nelle stesse condizioni della madre, sono autorizzati, con provvedimento del magistrato di sorveglianza o, in caso di assoluta urgenza, del direttore dell'istituto, a recarsi, con le cautele previste dal regolamento, a visitare l'infermo. In caso di ricovero ospedaliero, le modalità della visita sono disposte tenendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia.

1. Identico.

1. In caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio minore, anche non convivente, ovvero nel caso in cui il figlio sia affetto da handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’articolo 4 della medesima legge la madre condannata, imputata o internata, ovvero il padre che versi nelle stesse condizioni della madre, sono autorizzati, con provvedimento del magistrato di sorveglianza o, in caso di assoluta urgenza, del direttore dell'istituto, a recarsi, con le cautele previste dal regolamento, a visitare l'infermo o il figlio affetto da handicap grave. In caso di ricovero ospedaliero, le modalità della visita sono disposte tenendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia.

2. La condannata, l'imputata o l'internata madre di un bambino di età inferiore a dieci anni, anche se con lei non convivente, ovvero il padre condannato, imputato o internato, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, sono autorizzati, con provvedimento da rilasciarsi da parte del giudice competente non oltre le ventiquattro ore precedenti alla data della visita e con le modalità operative dallo stesso stabilite, ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute.

2. Identico.

2. La condannata, l'imputata o l'internata madre di un bambino di età inferiore a dieci anni, anche se con lei non convivente, o il figlio affetto da handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’articolo 4 della medesima legge ovvero il padre condannato, imputato o internato, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, sono autorizzati, con provvedimento da rilasciarsi da parte del giudice competente non oltre le ventiquattro ore precedenti alla data della visita e con le modalità operative dallo stesso stabilite, ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute.

 

 

2-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche nel caso di coniuge o convivente affetto da handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 


La novella in tema di illeciti disciplinari dei magistrati

Normativa vigente

A.S. 1232
approvato dalla Camera il 9 gennaio 2014

A.C. 631-B
approvato dal Senato il 2 aprile 2014

D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109
Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della L. 25 luglio 2005, n. 150

Capo I
Della responsabilità disciplinare dei magistrati

Sezione I - Degli illeciti disciplinari

Art. 2

Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni

 

 

1. Costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:

1. Identico:

1. Identico

a) fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

a) identica;

a) identica;

b) l'omissione della comunicazione, al Consiglio superiore della magistratura, della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

b) identica;

b) identica;

c) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

c) identica;

c) identica;

d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori;

d) identica;

d) identica;

e) l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro magistrato;

e) identica;

e) identica;

f) l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio, da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze;

f) identica;

f) identica;

g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile;

g) identica;

g) identica;

h) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;

h) identica;

h) identica;

i) [soppresso];

 

 

l) l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta dalla legge;

l) identica;

l) identica;

m) l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali;

m) identica;

m) identica;

n) la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario o sui servizi organizzativi e informatici adottate dagli organi competenti;

n) identica;

n) identica;

o) l'indebito affidamento ad altri di attività rientranti nei propri compiti;

o) identica;

o) identica;

p) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne è derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosità;

p) identica;

p) identica;

q) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;

q) identica;

q) salvo quanto previsto dalla lettera q-bis), il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;

 

 

q-bis) la mancata osservanza dei termini previsti dagli articoli 309, comma 10, e 311, comma 5-bis, del codice di procedura penale;

r) il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all'attività di servizio;

r) identica;

r) identica;

s) per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti;

s) identica;

s) identica;

t) l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;

t) identica;

t) identica;

u) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonchè la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando è idonea a ledere indebitamente diritti altrui;

u) identica;

u) identica;

v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonchè la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106.

v) identica;

v) identica;

z) [soppresso];

 

 

aa) il sollecitare la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;

aa) identica;

aa) identica;

bb) [soppresso];

 

 

cc) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilità tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

cc) identica;

cc) identica;

dd) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio;

dd) identica;

dd) identica;

ee) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente decreto;

ee) identica;

ee) identica;

ff) l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;

ff) identica;

ff) identica;

gg) l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile;

gg) identica;

gg) identica;

gg-bis) l'inosservanza dell'articolo 123 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

gg-bis) identica;

gg-bis) identica;

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.

2. Identico.

2. Identico.

 

 

 

Sezione II - Delle sanzioni disciplinari

 

 

Art. 12

Sanzioni applicabili

 

 

1. Si applica una sanzione non inferiore alla censura per:

1. Identico:

1. Identico:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

a) identica;

a) identica;

b) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

b) identica;

b) identica;

c) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

c) identica;

c) identica;

d) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;

d) identica;

d) identica;

e) i comportamenti previsti dall'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed f);

e) identica;

e) i comportamenti previsti dall'articolo 2, comma 1, lettere d), e), f) e q-bis);

f) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

f) identica;

f) identica;

g) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;

g) identica;

g) identica;

h) la scarsa laboriosità, se abituale;

h) identica;

h) identica;

i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

i) identica;

i) identica;

l) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti;

l) identica;

l) identica;

m) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il fatto non si appalesi di particolare gravità.

m) identica;

m) identica;

2. Si applica una sanzione non inferiore alla perdita dell'anzianità per:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano grave e ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

b) l'uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

c) i comportamenti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera b).

2. Identico.

2. Identico.

3. Si applica la sanzione della incapacità a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo per l'interferenza, nell'attività di altro magistrato, da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave.

3. Identico.

3. Identico.

4. Si applica una sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi e uffici vietati dalla legge ovvero per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non è stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l'entità e la natura dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravità.

4. Identico.

4. Identico.

5. Si applica la sanzione della rimozione al magistrato che sia stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera e), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore a un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del Codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso Codice.

5. Identico.

5. Identico.

 

 

 

 


 

 

 



[1] Sul punto il Servizio Studi del Senato ha osservato: “…La nuova previsione potrebbe però sollevare alcune perplessità innanzitutto con riferimento all'esclusione dell'applicabilità degli arresti domiciliari. Infatti tale esclusione ha senso nel caso del condannato a pena condizionalmente sospesa che, in esecuzione della sentenza di condanna, non risulterà assoggettato a nessuna situazione detentiva. […omissis]. Analoghe considerazioni non valgono per la previsione di cui ora si propone l'introduzione. Infatti, la sospensione dell'ordine di esecuzione della pena ai sensi del comma 5 dell'articolo 656 del codice di procedura penale è finalizzata a consentire al condannato la richiesta di una delle misure alternative alla detenzione indicate nel medesimo comma 5, e ciò per evitare che debba passare per la detenzione in carcere chi potrà essere ritenuto dal tribunale di sorveglianza meritevole di espiare la pena inflitta nel cosiddetto circuito extramurario. In altri termini, il meccanismo di cui all'articolo 656 è volto ad evitare una detenzione in carcere inutile, non una qualsivoglia forma di detenzione. A conferma di ciò si può rilevare che, come noto, fra le misure alternative alla detenzione di cui al predetto comma 5 è inclusa anche la detenzione domiciliare di cui all'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, il cui contenuto è sostanzialmente assimilabile a quello degli arresti domiciliari. Tale conclusione appare confermata dalla previsione di cui al comma 10 del medesimo articolo 656 che delinea una procedura ad hoc di sospensione dell'ordine di esecuzione per il caso in cui il condannato si trovi agli arresti domiciliari, volta a lasciare inalterato lo stato detentivo dello stesso in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza. In sintesi, la circostanza che il giudice ritenga che, all'esito del giudizio, l'imputato presumibilmente potrà beneficiare della sospensione dell'ordine di esecuzione della pena ai sensi del comma 5 dell'articolo 656 del codice di procedura penale non esclude che l'esecuzione della pena consista nell'assoggettamento del condannato ad uno stato detentivo non carcerario e, conseguentemente, la predetta circostanza - secondo la ratio della previsione in esame - dovrebbe escludere l'applicabilità di una detenzione cautelare di tipo carcerario, ma non quella di una detenzione cautelare di tipo non carcerario, quali gli arresti domiciliari.

L'innovazione proposta parrebbe suscitare interrogativi anche da un diverso punto di vista. Come si è detto, il nuovo comma 2-bis stabilisce che il giudice non possa disporre la custodia cautelare in carcere (si omette qui il riferimento agli arresti domiciliari su cui ci si è soffermati in precedenza) se ritiene che, all'esito del giudizio, l'esecuzione della pena possa essere sospesa ai sensi dell'articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale. Tale disposizione sembra però dover essere coordinata con il disposto di cui alla lettera b) del comma 9 del medesimo articolo 656, ai sensi del quale la sospensione dell'ordine di esecuzione della pena non può essere disposta nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva. Si è quindi in presenza: di una norma che stabilisce che la custodia cautelare in carcere non può essere disposta se sussistono presumibilmente i presupposti per sospendere l'ordine di esecuzione della pena; di un'altra disposizione che stabilisce che, ove sia applicata la custodia cautelare in carcere, la predetta sospensione non può aver luogo.

Le due disposizioni, ad una prima lettura, sembrerebbero elidersi reciprocamente e non risulta agevole individuare quale sia lo spazio applicativo specificamente riservato a ciascuna. […omissis…]. In sintesi, con riferimento al divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere, la nuova previsione, valutata in raccordo con il disposto di cui alla sopra menzionata lettera b) del comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale, potrebbe suscitare incertezze sul piano interpretativo e risultare di problematica applicazione”.

[2]     Si ricorda che il comma 5 dell’art. 656 c.p.p. è stato recentemente sostituito dal decreto-legge n. 78 del 2013. La disposizione vigente prevede: «5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni, quattro anni nei casi previsti dall'articolo 47-ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico, l'esecuzione della pena avrà corso immediato».