Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Altri Autori: | Servizio Rapporti Internazionali | ||
Titolo: | Missione a Tunisi (12-13 luglio 2015) | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 183 | ||
Data: | 10/07/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Missione a Tunisi |
(12-13 luglio 2015) |
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n. 183 |
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10 luglio 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it |
Hanno collaborato: |
Servizio Rapporti
internazionali ( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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INDICE
Schede di
lettura
La transizione politico-istituzionale in Tunisia e la spirale terroristica (a cura del
Servizio Studi) 3
Scheda Paese (a cura del Ministero degli Affari esteri e della
cooperazione internazionale) 17
La politica tunisina di sicurezza e di contrasto al
terrorismo (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione
internazionale) 40
La collaborazione
italo-tunisina in materia migratoria (a cura del Ministero degli Affari esteri e della
cooperazione internazionale) 43
Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia (a cura
dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea) 45
Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia (a cura del
Servizio Rapporti Internazionali) 51
Focus geopolitico
M. Di Liddo ‘Tunisia:
Punto di situazione’, a cura del CeSI, luglio 2015 57
Profili biografici
Beji Caid Essebsi Presidente della Repubblica 65
Rachid Ghannuchi Leader del Partito islamista Ennahdha 67
Taieb Baccouche Ministro degli Affari esteri 70
Bochra Belhaj Hmida Presidente della Commissione dei
diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei
rappresentanti del Popolo 72
Pubblicistica
§
F.
Merone ‘Explaining the jihadi threat in
Tunisia’, in: opendemocracy.net 75
§
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§ L.
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può attendere’, in: Limes, n.
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§ L.
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§
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Mneimneh ‘Tunisia in the Midst of the
Islamist Civil War’, 31 marzo 2015 120
§
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Chabbi ‘Actuelles de l’Ifri – La question
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internationales, 7 aprile 2015 123
§
M.
Yahua ‘The Dark Side of Tunisia’s Success
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§
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§ M.
Pranzetti ‘Tunisia: lo Stato Islamico
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§
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Three Continents’,
in: www.stratfor.com, 26 giugno 2015 137
§ E.
Ardemagni ‘Kuwait, Arabia Saudita e la
risacca jihadista’, in: www.stratfor.com,
29 giugno 2015 140
§
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Militants, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015 142
§ S.
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dello Stato Islamico’, in: Limesonline¸27
giugno 2015 146
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insicuro del Maghreb, Colpa delle purghe della Fratellanza islamica 148
§ M.
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moschee, da noi le aprono’, ne: Il
Giornale, 28 giugno 2015 149
§ F.
Biloslavo ‘Lo stragista di Tunisia
guidava una cellula di jihadisti attivi in Italia’, ne: Il Giornale, 4 luglio 2015 150
§ R.
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‘ Isis alle porte, siamo in guerra’ , in: Nazione-Resto del Carlino-Giorno, 5 luglio 2015 151
§ L.
Declich ‘Il valore locale dell’attentato
dello Stato Islamico in Tunisia’, in: Limesonline
6 luglio 2015 152
§ Editoriale
‘Dal Londonistan alla spiaggia in
Tunisia’, ne: Il Foglio, 7 luglio
2015 154
§
M.
G. Amadio Viceré ‘EU counterterrorism
efforts and the role of High Representative Mogherini’, in: www.aspeninstitute.it, 7 luglio 2015 155
Alla metà di dicembre del 2013, non senza
grandi difficoltà, si raggiungeva un accordo
istituzionale per porre fine all’instabilità che aveva caratterizzato il
paese per tutto il 2013. Il 9 gennaio 2014 effettivamente si dimetteva il premier
Laarayedh, nelle stesse ore in cui la Costituente sanciva, con un
emendamento al progetto costituzionale in via di elaborazione, la completa
parità giuridica tra uomini e donne – già inserita nel testo - anche nelle
assemblee elettive.
La
nuova Costituzione prevede anche, nonostante il riconoscimento dell’Islam come
religione di Stato, l’esclusione della Shari’a
dal quadro delle fonti dell’ordinamento giuridico dello Stato, consentendo invece libertà di fede e coscienza, e
rigettando le ipotesi di apostasia quali figure di reato.
Il
26 gennaio 2014 l’ex ministro
dell’industria Mehdi Jomaa riceveva l’incarico di formare un governo tecnico
frutto del compromesso tra Ennahdha e
le opposizioni.
Il 4
marzo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si recava a Tunisi per la prima missione all’estero del suo mandato:
Renzi ha incontrato le massime cariche istituzionali del vicino paese – oltre
che esponenti della vivace società civile -, alle quali ha rinnovato la
considerazione della centralità del Mediterraneo per l’Italia, in una
prospettiva di dialogo e sviluppo.
Alla fine di maggio il paese tornava a dividersi in merito allo scioglimento della Lega per
la protezione della rivoluzione disposto dal Tribunale civile di Tunisi: la
Lega, una formazione a carattere paramilitare, era stato costante sostegno dei
governi di ispirazione islamista, con forme di violenza fisica nei confronti
degli oppositori, che talvolta erano giunte all’omicidio. Lo scioglimento della
Lega naturalmente determinava reazioni negative da parte del fronte islamista,
ma anche di partiti come il Congresso per la Repubblica - che ha fatto parte
dei governi successivi alla caduta di Ben Alì - si esprimevano in senso
contrario al provvedimento del tribunale civile di Tunisi.
Dall’altra parte le forze che maggiormente
avevano sperimentato le violenze della Lega
salutavano con favore lo scioglimento di essa. Singolare era poi giudicato
in diversi ambienti del paese nordafricano il fatto che di fronte alle
innumerevoli violenze compiute negli ultimi anni dalla Lega lo scioglimento di
essa fosse stato poi decretato per ragioni amministrative, quando lo Stato decideva
di contestare la legalità formale della sua costituzione: indirettamente, ciò
era visto come conferma dell’inerzia della giustizia penale tunisina.
Il 28 maggio la violenza si riaccendeva
nella regione sudoccidentale della Tunisia, a Kasserine, in una zona limitrofa
a una roccaforte dei fondamentalisti ove dall’inizio del 2013 si erano
registrati due assassinii politici e una ventina di morti tra i membri delle
forze dell’ordine: attorno alla mezzanotte alcuni miliziani presumibilmente fondamentalisti uccidevano quattro poliziotti
durante un attacco all’abitazione del ministro degli interni Ben Jeddou, che
tuttavia ne usciva illeso.
La Presidenza
della Repubblica decretava un giorno di lutto nazionale, nelle stesse ore
in cui si inaugurava nella capitale una conferenza internazionale sulla libertà
di espressione nel mondo arabo - promossa da un’organizzazione non governativa
italiana (“Un ponte per”) all’interno
di un progetto cofinanziato dall’Unione europea - nella quale, in riferimento
alla Tunisia, si constatava la persistente difficoltà per la libertà di
espressione a causa dell’opposta pressione di forze populiste - da un lato
quelle integraliste islamiche e dall’altro gruppi risorgenti di persone già
appartenute al sistema di potere di Ben Alì, che proprio nella lotta agli
islamisti cercavano il veicolo per riaccreditarsi sulla scena del paese.
Il 16 luglio si registrava un altro grave
episodio di terrorismo nell’area del monte Chaambi, vicino al confine algerino,
da tempo dichiarata a rischio per la presenza di diversi gruppi terroristici:
proprio uno di tali gruppi perpetrava l’attacco a due basi di controllo
dell’esercito, provocando la morte di 14
militari ed il ferimento di una ventina. Le autorità proclamavano tre
giorni di lutto nazionale, mentre giungeva una rivendicazione da parte di una
brigata appartenente al gruppo jihadista di Ansar al-Sharia, collegato ad
al-Qaida.
La polarizzazione del quadro politica alla vigilia delle elezioni
politiche e presidenziali
La
Tunisia tornava al centro dell’attenzione internazionale verso la fine di
ottobre, in vista delle elezioni legislative fissate per il giorno 26, e delle
presidenziali del 23 novembre. L’attesa
elettorale era funestata il 24 ottobre dall’assalto delle forze dell’ordine ad
una casa alla periferia della capitale dove si erano asserragliati alcuni
presunti terroristi: il bilancio del blitz
è stato di sei morti, tra i quali cinque donne.
La vigilia del voto registrava ancora la
massima incertezza sui risultati, anche in considerazione del divieto di
pubblicazione dei sondaggi durante la campagna elettorale. Comunque, i tunisini
avrebbero scelto i loro rappresentanti tra i candidati di oltre 1.300 liste in
33 circoscrizioni, sei delle quali estere. Certamente nuovo si presentava il
panorama delle forze politiche tunisine, con un’accentuata polarizzazione su due raggruppamenti maggioritari, quello tra Ennahdha, Ettakatol ed il Congresso per
la Repubblica, interprete dei valori più tradizionali e maggiormente legato
all’islamismo; e quello guidato dalla forza politica creata nel giugno 2012 da
Caid Essebsi, NidaaTounes, più legato
al laicismo tradizionale e al nazionalismo tunisino, sulla scia di Habib
Bourghiba.
Proprio Essebsi aveva escluso per tutta la
durata della campagna elettorale ogni possibilità di alleanza con gli islamisti
di Ennahdha.
Più in dettaglio, va osservato come i tre
partiti che avevano fino a quel momento guidato la Tunisia, pur scontando le
differenze tra Ennahdha da un lato, e
i due partiti di centro-sinistra Ettakatol
e Congresso per la Repubblica dall’altro, avevano subito un notevole discredito
proprio dall’insufficiente prova di governo. Per quanto concerne Ennahdha, poi, molti tunisini
rimproveravano al partito islamico moderato di Ghannouci l’eccessiva tolleranza
verso le iniziative aggressive dei salafiti, moltiplicatesi dopo la caduta di
Ben Ali.
A riprova dello smarrimento di Ennahdha, molti osservatori
evidenziavano poi come il partito, pur maggioritario nelle precedenti elezioni,
non avesse un proprio candidato alle presidenziali, a differenza di Ettakatol e del Congresso per la
Repubblica, che presentavano quali candidati per la carica di capo dello Stato
rispettivamente il leader Mustafa ben
Jaafar - presidente dell’Assemblea nazionale costituente - e Moncef Marzouki,
capo dello Stato uscente - peraltro non più alla guida del Congresso per la
Repubblica, al cui vertice si trovava ormai Abderraouf Ayadi.
Per quanto concerne l’altro schieramento, Nidaa Tounes si era visto spesso
rimproverare di essere espressione di personaggi vicini al regime di Ben Ali,
ma un indubbio punto di forza di questo partito era la candidatura di Caid
Essebsi alle presidenziali, per le quali era dato per favorito.
Completavano il quadro delle forze politiche
principali partecipanti alle elezioni legislative il partito repubblicano, nato
nel 2012 dalla fusione di vari partiti di centro, con la figura principale
nella persona di Ahmed Chebbi, anch’egli candidato alle presidenziali; e
l’Unione patriottica libera del facoltoso uomo d’affari Slim Riahi, ugualmente
centrista e con un’ispirazione modernista di mercato - Riahi si era anche
candidato alle presidenziali del 23 novembre.
Il 26
ottobre, fortunatamente, le elezioni
politiche si svolgevano regolarmente e senza incidenti di rilievo, sotto il
controllo di ottantamila appartenenti alla polizia e alle forze armate, e di
circa seicento osservatori internazionali. Il presidente USA Obama salutava le
elezioni come tappa importante nel processo di costruzione democratica della
Tunisia, e a questo giudizio positivo si associava anche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
L’Alta Rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, allora negli ultimi giorni della sua funzione
di Ministro degli esteri italiano, citava la Tunisia come esempio della
possibilità di realizzare quello che era apparso il progetto iniziale delle
Primavere arabe, con la costruzione di istituzioni democratiche attraverso il
confronto politico.
I
risultati delle elezioni vedevano l’affermazione del raggruppamento
raccolto attorno a Nidaa Tounes,
che conquistava una maggioranza relativa dei seggi, e con essa la possibilità
di indicare il nuovo premier. Ennahdha riconosceva la sconfitta elettorale,
complimentandosi con gli avversari ed invitando i propri sostenitori a
festeggiare comunque la tenuta delle elezioni come vittoria del paese.
Va peraltro registrato che i risultati definitivi assegnavano 85
seggi a Nidaa Tounes e 69 ad Ennahdha, prefigurando pertanto lo
scenario di una possibile forzata collaborazione per poter raggiungere la
soglia minima di 109 deputati su 217 complessivi.
Le elezioni presidenziali
Decisivo per il
futuro assetto di governo della Tunisia si presentava pertanto l’appuntamento del 23 novembre, primo turno
di svolgimento delle elezioni presidenziali (il secondo turno si doveva
tenere il 28 dicembre), sia per un riscontro ulteriore della forza dei
rispettivi schieramenti in campo, sia perché sarebbe stato il prossimo
presidente della Repubblica ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo.
Come previsto, le consultazioni
registravano l’affermazione di
Caid Essebsi, il quale tuttavia non
riusciva a raggiungere una quota di voti tale da evitare il ballottaggio con il
secondo classificato, il presidente uscente Moncef Marzouki.
Questi, già familiare con gli ambienti
islamisti per aver governato a lungo nella cosiddetta troika con Ennahdha ed
Ettakatol, sembrava in effetti cercare di recuperare spazio politico e voti
facendo appello agli ambienti islamici radicali e, sul piano internazionale, al
Qatar - che invece con la vittoria nelle elezioni politiche di Nidaa Tounes sembrava aver perso una
parte della propria presa sulla realtà tunisina a favore di Francia e Stati
Uniti, chiaramente schierati a favore del raggruppamento laico.
Va in tal senso precisato che il risultato delle presidenziali già
di per sé aveva registrato un
assottigliamento della distanza tra i due raggruppamenti principali, in quanto
Essebsi sfiorava il 40% dei consensi, ma Marzouki superava il 33% - ciò
evidentemente perché riusciva a far convergere sulla propria persona la
pressoché totalità dei voti espressi dagli elettori di Ennahdha, che pure li aveva lasciati liberi nell’espressione del
voto per le presidenziali.
Il
21 dicembre il ballottaggio delle elezioni presidenziali registrava la prevista
vittoria di Caid Essebsi, che prevaleva
chiaramente sul capo dello Stato in carica Marzouki: per la verità questi
contestava nell’immediato il risultato elettorale, denunciando brogli, e alcuni
suoi sostenitori davano vita nella serata a un raduno di protesta a El Hamma,
disperso dalla polizia. Nella sconfitta di Marzouki aveva probabilmente giocato
anche l’atteggiamento di Ennhadha,
che pure per il ballottaggio aveva lasciato libertà di voto ai propri sostenitori.
La conclusione della tornata elettorale
presidenziale in Tunisia riscontrava nei
giorni successivi l’apprezzamento del Consiglio d’Europa, dell’Amministrazione
USA nonché dell’Alta Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea
Federica Mogherini. Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si
felicitava con il nuovo omologo tunisino. Il 31 dicembre Essebsi ha giurato
innanzi all’Assemblea dei rappresentanti del popolo in seduta plenaria, e alla
presenza dell’esecutivo guidato da Mehdi Jomaa, di rappresentanti dei partiti
politici e di personalità nazionali e del corpo diplomatico accreditato nel
paese.
La procedura per la formazione del nuovo
governo è iniziata il 5 gennaio 2015, quando il presidente Essebsi ha ricevuto
dal partito di maggioranza Nidaa Tounes
la candidatura a futuro premier di Habib Essid. Essid, già
attivo nell’alta burocrazia nel ventennio precedente la rivoluzione tunisina, e
in seguito ministro dell’interno durante l’assetto di governo provvisorio
succeduto alla caduta di Ben Ali, aveva a disposizione un mese di tempo,
prorogabile di un ulteriore analogo periodo, per dar vita al nuovo esecutivo.
Nonostante i positivi segnali di
assestamento della compagine istituzionale tunisina, il clima della sicurezza
continuava a presentare qualche aspetto preoccupante, come quando ad esempio un
importante esponente del gruppo terroristico tunisino Ansar al-Sharia ha
minacciato di morte in un video dalla Siria due giornalisti che avevano aderito
alla condanna del sanguinoso attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, preannunciando una
specifica campagna terroristica contro i mezzi di comunicazione a impronta
laica della Tunisia.
La formazione del nuovo Esecutivo
Il 23 gennaio,
comunque, il premier in carica Essid
ha presentato la sua formazione di governo al capo dello Stato Essebsi, un esecutivo con molti ministri del partito
Nidaa Tounes e alcuni tecnici, ma
privo di esponenti di Afek Tounes e
di Ennahdha. Nei giorni
successivi, evidentemente, Essid comprendeva la difficoltà che la sua
formazione di governo avrebbe incontrato pochi giorni dopo nel voto di fiducia
parlamentare, tanto che il 2 febbraio presentava
una nuova lista di ministri, all’interno della quale era rientrato il
partito Afek Tounes, e figuravano
inoltre l’Unione patriottica libera e l’islamista Ennahdha – cui è andato il ministero della formazione. Con il
governo così configurato - formato da 22 ministri, 2 ministri delegati e 15
segretari di Stato, e con scarsa presenza di tecnici - ha preso corpo la
prospettiva di un governo di larghe intese che già i risultati delle elezioni
legislative, ma soprattutto quelli delle presidenziali avevano fatto presagire.
Il 4
febbraio effettivamente Essid si presentava in Parlamento, dove il
suo governo dopo un lungo dibattito otteneva la fiducia, per entrare in carica
due giorni dopo. Essid riceveva le pronte congratulazioni dell’Alto
rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini e del Presidente del consiglio Matteo Renzi, che
salutava il ruolo della Tunisia saldamente incamminata in un percorso di
sviluppo democratico e di progresso economico.
Il 13 febbraio
Federica Mogherini ha avuto occasione di esprimere direttamente alle autorità tunisine il
proprio compiacimento, nel corso della visita ufficiale durante la quale
ha incontrato il capo della Stato Essebsi e il ministro degli esteri Baccouche,
affrontando tra gli altri in particolare i temi della sicurezza, nella
declinazione della gravissima crisi libica e della lotta al terrorismo, oltre
naturalmente al dossier sui rapporti tra Tunisia e Unione europea - nella
prospettiva di un futuro accordo di libero scambio e di facilitazione dei visti
per il territorio europeo.
Il terrorismo è tornato
in Tunisia in primo piano il 18 febbraio, quando nella pericolosissima
area di Boulaaba, nel Governatorato di Kasserine, verso il confine algerino, quattro
appartenenti alla Guardia nazionale sono stati uccisi: poche ore dopo
proprio la brigata Okba ibn Nafee, legata ad al Qaeda e che nella regione ha il
proprio quartier generale, ha rivendicato i quattro omicidi, avvenuti ancora
una volta nei pressi del Monte Chaambi. L’attentato è stato presentato dai
jihadisti come risposta all’offensiva che le forze di sicurezza tunisine
stavano attuando - ed effettivamente i quattro assassinati facevano parte di
una pattuglia impegnata in un’operazione di rastrellamento.
Il 25 febbraio vi
è stata la visita a Tunisi del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni, il quale ha incontrato
le massime autorità dello Stato, ribadendo il sostegno dell’Italia al percorso
democratico della Tunisia, e auspicando una sempre maggiore collaborazione in
tema di informazioni per la sicurezza e di contrasto al terrorismo.
All’inizio di
marzo sono stati colpiti alcuni gruppi terroristici, anzitutto grazie alla
cooperazione tra Algeria e Tunisia già da tempo in corso: infatti reparti della
Gendarmeria nazionale algerina hanno condotto un’operazione a poca distanza
dalla frontiera con la Tunisia - e quindi dalla zona del Monte Chaambi,
roccaforte dei jihadisti tunisini -, catturando 13 persone e portando un duro
colpo ad un gruppo jihadista algerino affiliato al Daesh, e in rapporti di collaborazione con la brigata tunisina Okba
ibn Nafee. Tre giorni dopo, il 4 marzo, un’operazione tunisina nella regione di
Kasserine ha condotto all’uccisione di due presunti terroristi, a seguito di
un’operazione di rastrellamento ancora una volta nei pressi del monte Chaambi.
La tela sempre più intensa dei rapporti
italo-tunisini ha registrato un nuovo sviluppo il 5 marzo, quando il Ministro dell’interno Alfano ha
incontrato al Viminale l’omologo tunisino Gharsalli, con al centro dei
colloqui il problema dell’immigrazione clandestina e la cooperazione nel contrasto
al terrorismo - con particolare riguardo alla situazione di instabilità della
Libia e alle minacce che derivano.
La collaborazione tra Italia e Tunisia è
proseguita il 17 marzo, quando una
delegazione di magistrati del paese nordafricano è stata ricevuta al Consiglio
superiore della magistratura per un confronto sulla riforma della giustizia
in Tunisia. Nel corso dei colloqui sono emersi l’apprezzamento e l’attenzione
del CSM per l’indipendenza della magistratura quale configurata nella nuova
Costituzione tunisina, esempio di ciò che gli sforzi del sistema giudiziario
italiano si propongono di contribuire a realizzare in tutti i paesi del Nord
Africa impegnati in processi di democratizzazione - in tal senso è stato
preconizzato il possibile avvento, accanto allo spazio giuridico europeo, anche
dello spazio giuridico del Mediterraneo, come fattore essenziale di stabilità
regionale.
Il 17 marzo è stato anche il giorno in cui
la Ministra tunisina del turismo, Selma Ellouni, smentendo notizie allarmistiche
e minacce circolate sul web nei confronti della Tunisia, ha esortato a visitare
il paese, da considerare a suo dire sicuro - e in effetti dopo la crisi del
2011 si è assistito ad una graduale
ripresa, con oltre 250.000 turisti italiani approdati in Tunisia nel 2014.
Gli attentati del 18 marzo
Le parole del
ministro tunisino sono state tragicamente smentite il giorno successivo, 18 marzo, dall’attacco terroristico a Tunisi, quando due jihadisti pesantemente
armati hanno prima tentato di entrare in Parlamento
e, non riuscendovi, hanno ripiegato in direzione del Museo nazionale del Bardo dove, prima di prendere in ostaggio
decine di persone, hanno ucciso 21
persone – in maggioranza turisti a bordo di pullman sbarcati da una nave da
crociera della Costa, tra i quali
quattro nostri connazionali, prima di essere a loro volta uccisi dalle
forze di sicurezza. Il giorno successivo il
Daesh ha rivendicato la strage,
anche se fonti dell’intelligence USA
hanno espresso cautela al proposito.
Il
Consiglio europeo di Bruxelles del 20 marzo ha espresso sostegno alla Tunisia nella lotta al
terrorismo e disponibilità a inviare una missione di sicurezza in Libia dopo
l’eventuale formazione di un governo di unità nazionale: particolarmente forte
l’allarme lanciato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi per una maggiore
attenzione dell’Europa alle minacce provenienti dal Mediterraneo, come si è già
visto capaci di investire l’intero territorio europeo. In ogni modo il
Consiglio europeo ha incaricato l’Alto rappresentante per la politica estera
Federica Mogherini di presentare delle opzioni di intervento per il 20 aprile in relazione alla situazione
libica. L’Italia peraltro ha insistito anche sulla necessità di stipulare
intese di collaborazione tra l’Europa e i paesi del Nord Africa in materia
migratoria, potenziando altresì le missioni di monitoraggio e soccorso nel
Mediterraneo.
Nei giorni successivi Tunisi ha fornito
segnali di forte ripresa, anche in concomitanza del 59º anniversario
dell’indipendenza nazionale del 1956con la progettata riapertura del Museo del
Bardo per il 24 marzo e, soprattutto, la grande marcia dei popoli uniti contro
il terrorismo fissata in apertura del Forum sociale mondiale il 24 marzo.
Nel frattempo sono proseguite con solerzia
le indagini che, oltre ad individuare e ricercare un terzo terrorista implicato
nell’attacco del 18 marzo, hanno portato all’arresto di non meno di 15 persone.
È emerso intanto che i due terroristi uccisi nel blitz delle forze di sicurezza si erano addestrati in Libia, mentre
il Capo dello Stato Essebsi ha
avvalorato la credibilità della rivendicazione del Daesh. Si è anche proceduto a rimuovere diversi alti funzionari
di polizia, riconoscendo indirettamente diverse manchevolezze dell’apparato di
sicurezza della capitale nella giornata del 18 marzo: tra essi il capo del
distretto di Tunisi, il capo della polizia stradale, quello per la sicurezza
dei turisti e il capo della sicurezza del Museo Del Bardo.
Il 24
marzo il Ministro degli esteri Gentiloni si era intanto recato nuovamente
in Tunisia: qui è stato raggiunto un
accordo per la cancellazione di 25 milioni di euro del debito tunisino nei
confronti dell’Italia ma, ancor di più, è stata ribadita la collaborazione
con Roma e Bruxelles nella lotta al terrorismo - in tal senso l’Italia e la
Francia si sono impegnate a tentare di includere la Tunisia tra gli obiettivi
del grande piano di investimenti della Commissione europea (il c.d. piano
Juncker).
Il 25
marzo si è avuto l’arresto di una persona considerata la mente dell’attacco
terroristico del 18 a Tunisi - si tratterebbe di un tunisino residente in
Belgio. È emerso intanto che le persone arrestate nelle indagini successive
all’attentato sarebbero tutte appartenenti alla famigerata brigata Okba
ibn Nafee, il cui capo si
sarebbe in effetti recentemente distaccato dalla fedeltà ad al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI) per
schierarsi dalla parte del Daesh.
Nella stessa giornata il Consiglio dei ministri ha approvato il testo della
nuova legge antiterrorismo, da sottoporre successivamente al parlamento. Si è
inoltre proceduto a chiudere o censire luoghi sospetti per la propaganda
jihadista.
Lo stesso giorno il Presidente Essebsi ha rivolto un appello al popolo a “envoyer un message à l'étranger selon lequel
la Tunisie continue sa lutte contre le terrorisme, mais persiste aussi dans son
attachement aux réformes politiques qu'elle a faites” attraverso la
partecipazione ad una marcia
internazionale per commemorare le vittime dell’attentato, che si è in
effetti svolta nella capitale tunisina domenica
29 marzo.
All’imponente
manifestazione hanno partecipato numerosi leader internazionali tra quali il Presidente
francese François Hollande, il
presidente polacco Bronislaw Komorowski,
quello palestinese Mahmoud Abbas, i
ministri degli Esteri della Germania, Frank Walter Steinmeier,
e della Spagna, José Garcia Margallo,
il premier algerino Abdelmalek
Sellal e l’alta Rappresentante per la Politica estera
dell’Ue Federica Mogherini. Per l’Italia era presente la Presidente della Camera dei
deputati, Laura Boldrini, il
Presidente del Consiglio dei Ministro, Matteo
Renzi ed una delegazione della Commissione Affari esteri della Camera, guidata
dal presidente Fabrizio Cicchitto.
La manifestazione ha visto la presenza di decine di migliaia di persone giunte nella capitale da tutto il paese, nella cornice di un imponente spiegamento di forze militari – inclusa la Guardia nazionale - e di polizia: giungeva frattanto la notizia della liquidazione, nel sud del paese, di Chaled Chaib, capo della cellula Okba ibn Nafee, ucciso in un blitz delle forze di sicurezza assieme ad altri otto jihadisti.
Il
nuovo attacco terroristico di Sousse
Il 18 maggio il Capo dello Stato Sergio Mattarella si è recato a Tunisi per una visita ufficiale, nel corso della quale ha condiviso con le autorità tunisine l’impegno contro il terrorismo e a difesa della pacifica convivenza, in un grande patto di civiltà capace di legare più che in passato le due sponde del Mediterraneo. Questi i contenuti emersi dagli incontri con il presidente Essebsi e il primo ministro Essid, che hanno punteggiato la giornata di Sergio Mattarella assieme alla visita al Museo nazionale del Bardo colpito dall’attentato del 18 marzo. Tra l’altro durante la visita del Capo dello Stato è stato firmato un accordo per un programma triennale di cooperazione italo-tunisino, confermando altresì quanto già annunciato in merito alla conversione, per un totale di 25 milioni di euro, del debito della Tunisia nei confronti del nostro Paese.
Il Presidente della Repubblica è altresì intervenuto nel Parlamento tunisino riunito in seduta straordinaria, riconoscendo il carattere di dramma umanitario senza precedenti alle vicende dei flussi migratori nel Mediterraneo, rispetto ai quali dall’Europa si attende che se ne faccia carico in spirito di solidarietà e di accoglienza. Sergio Mattarella ha peraltro recisamente respinto ogni ipotesi di intervento militare quale soluzione della questione libica, che dovrà necessariamente passare per la decisione politica dei libici di dar vita a un governo di unità nazionale, capace di iniziare la ricostruzione di istituzioni statali funzionanti.
Proprio in relazione all’attentato al Museo del Bardo del 18 marzo va segnalato che la prosecuzione dell’indagine aveva condotto fino al 19 maggio all’arresto di 46 persone ritenute coinvolte a vario titolo nell’episodio terroristico: nella serata del 19 maggio le forze di polizia italiane procedevano all’arresto di Abdel Majid Touil, di nazionalità marocchina ma residente a Gaggiano, nell’hinterland milanese, accusato in un primo tempo di aver fatto parte come fiancheggiatore dell’organizzazione dell’attentato del Bardo: successivamente diverse evidenze sembravano mostrare invece la presenza di Touil in Italia proprio nei giorni in cui era perpetrato l’attentato.
Cionondimeno, le autorità tunisine ribadivano con forza la loro convinzione della colpevolezza di Touil, che sarebbe stato chiamato in causa da alcuni altri arrestati sempre in relazione allo stesso episodio. Dopo diverse schermaglie giuridiche, il 16 giugno la Quinta Corte d’appello di Milano ha confermato la necessità di detenzione in carcere per Touil, ritenendo ancora attuale e concreto il pericolo di fuga dell’indagato, per di più accusato di delitti particolarmente gravi.
La decisione della Quinta Corte d’appello è stata adottata nell’attesa che dalla Tunisia giunga la formale richiesta di estradizione, il cui incartamento dovrebbe contenere accuse ed elementi di prova tali da consentire di precisare i capi d’imputazione a carico di Touil. Nel frattempo, il 28 maggio si sapeva dell’arresto di un altro marocchino, Noureddine Naibi, che secondo le autorità tunisine avrebbe conosciuto in Libia Touil e i due tunisini dell’attentato del Bardo.
Il 25 maggio nella base militare tunisina di Bouchoucha un trentenne caporale dell’esercito, privato della facoltà di portare armi a seguito della manifestazione di problemi mentali, ha sottratto un’arma ad un commilitone e ha aperto il fuoco sui militari presenti durante l’alzabandiera uccidendone sette, tra i quali un colonnello, e ferendone una decina. Mentre le autorità tunisine hanno parlato di un atto completamente scollegato da ogni riferimento al terrorismo, il giorno successivo l’ISIS ha rivendicato la strage, compiuta a suo dire da quello che è stato definito un “leone solitario”. Per la verità alcuni media tunisini hanno riferito di una certa vicinanza del caporale a gruppi estremistici, che sarebbe stata la vera causa delle limitazioni impostegli dalle autorità militari.
La brigata Okba
ibn Nafee è tornata tragicamente all’attenzione generale il 15 giugno, quando
nel luogo simbolo di Sidi Bouzid, dove l’autoimmolazione di un ambulante
vessato dalla polizia di Ben Ali aveva dato inizio nel 2011 alle “Primavere
Arabe”, sono stati uccisi tre agenti della Guardia nazionale in due diversi
attacchi, e vi è stato altresì il ferimento di 11 civili.
La vera ripresa su larga scala del terrorismo in Tunisia doveva purtroppo tuttavia ancora arrivare: il 26 giugno un terrorista, Seiffeddine Rezgui, ha attaccato turisti stranieri sulla spiaggia di Sousse, uccidendone trentotto – 25 dei quali britannici - a colpi di Kalashnikov. La giornata è stata peraltro funestata da altri gravissimi episodi terroristici in Kuwait, dove un’esplosione in una moschea ha provocato 27 morti, e in Somalia, con 50 vittime dopo il lancio di un’autobomba contro una caserma. Nei dintorni di Lione, inoltre, vi è stato il tentativo di far esplodere un impianto di produzione di gas, tentativo non riuscito, senza che ciò impedisse il macabro ritrovamento della testa di un imprenditore.
L’attentato sulla spiaggia di Sousse ha gettato le autorità tunisine nello sconcerto, avendo esso colpito un settore economico, quello del turismo, sul quale il paese conta moltissimo per una sua ripresa - e certamente anche da parte dei terroristi vi è il progetto di danneggiare l’industria turistica tunisina, mettendo in crisi il governo. Le indagini hanno subito ipotizzato l’esistenza di una rete di sostegno per il terrorista Rezgui, del quale è emerso che nel passato aveva lavorato come animatore turistico.
Inoltre è stato sostanzialmente acclarato che Rezgui si sarebbe recato negli ultimi tre mesi in Libia ad addestrarsi in un campo di Ansar al-Sharia, dove avrebbe anche conosciuto i due connazionali attentatori del Bardo. Mentre una serie di arresti venivano effettuati in Tunisia, il governo decideva di schierare quasi duemila agenti supplementari armati per il pattugliamento di spiagge e hotel, nonché di procedere alla chiusura di un’ottantina di moschee considerate al di fuori del controllo statale. Le autorità tunisine riferivano il 30 giugno dell’arresto di un conoscente di Rezgui che sarebbe implicato nella strage di Sousse.
La concomitanza dell’addestramento dei tre terroristi tunisini in Libia portava poi le indagini nella direzione di Seifallah Ben Hassine, leader radicale islamico tunisino che proprio in Libia risiedeva dal 2013, e in quel paese sarebbe stato seguito da molti dei suoi fedeli reclutati dopo la caduta di Ben Ali e nella sostanziale inerzia delle autorità tunisine nel periodo del governo di Ennahdha. Ben Hassine, conosciuto anche come Abu Iyadh, fondatore dell’ala tunisina di Ansar al-Sharia, sarebbe tuttavia morto il 14 giugno in seguito a un attacco dei droni americani in territorio libico, nelle stesse circostanze che avrebbero portato alla morte il terrorista algerino Belmokhtar.
Gli sviluppi
più recenti: la dichiarazione dello stato di emergenza e la costruzione di una
barriera ai confini con la Libia
Il 4 luglio vi è stata la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio tunisino per 30 giorni, ulteriormente rinnovabili. Il presidente Essebsi ne ha dato l’annuncio alla nazione un discorso di 30 minuti, nel quale ha ricordato le circostanze eccezionali che il paese sta vivendo, di fronte alle quali il Capo dello Stato ha il preciso dovere di imporre lo stato di emergenza - secondo Essebsi un altro attentato come quelli del 18 marzo e del 26 giugno potrebbe portare addirittura al crollo della compagine statale, minata dalla paura e dalla sfiducia.
“Abbiamo l’Isis alle porte”, ha detto il Capo dello
Stato alla televisione spiegando la decisione di proclamare lo stato di
emergenza. “La Tunisia sta vivendo
circostanze eccezionali che necessitano di misure eccezionali”, ha aggiunto
precisando: “noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”.
Essebsi ha
giustificato questo provvedimento con la necessità di combattere il terrorismo
in quanto lo Stato islamico vuole instaurare un Califfato, mentre “noi vogliamo un paese democratico con
un sistema repubblicano laico e non torneremo indietro. Noi abbiamo una
Costituzione laica e i terroristi vogliono il Califfato”. Essebsi ha
infine ringraziato “l’Algeria che sta al fianco della Tunisia nella lotta al
terrorismo”.
Lo stato di
emergenza affida maggiori poteri al governo e maggiore autorità a polizia
ed esercito, limitando alcuni diritti quali quello di riunione. Disciplinato
con un decreto legislativo del 1987, sancisce le cause per cui le autorità decidono
di applicare tale misura, gravi attacchi contro l’ordine pubblico o calamità, e
stabilisce inoltre che una volta terminato il periodo d’emergenza le misure
speciali adottate cessano il loro effetto.
Durante il periodo
in cui è in vigore, le autorità possono limitare la circolazione di persone
e autoveicoli; vietare scioperi e
manifestazioni; introdurre nuove regole sul permesso di soggiorno, vietandolo a
tutti coloro che intralciano l’azione delle pubbliche autorità; e procedere al
fermo di persone o al sequestro dei loro beni, per garantire la sicurezza della
nazione.
Inoltre, il Ministero
dell’Interno può disporre l’arresto di qualsiasi persona sospettata di
compiere attività pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico; ordinare a
tutti coloro che posseggono un’arma regolarmente registrata di consegnarla alle
autorità; stabilire la chiusura temporanea di teatri, cinema e luoghi di
incontro, vietando anche assemblee pubbliche per evitare disordini.
In vigore dal 15
gennaio 2011 lo stato di emergenza era stato revocato il 6 marzo 2014. Una revoca, che
non precludeva comunque la possibilità di un supporto militare delle forze di
sicurezza se necessario, né la prosecuzione di operazioni militari specialmente
nelle zone di confine.
Il Parlamento tunisino, l’8 luglio, ha
ratificato il decreto presidenziale che ha proclamato lo stato di emergenza: il
presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo, Mohammed Ennaceur, ha annunciato il sostegno del Parlamento al provvedimento,
sottolineando che “il Paese è nelle mani delle forze di sicurezza”, e che “lo
stato d’emergenza necessita dell’unità di tutto il popolo". Nel
corso della seduta il premier Essid ha ricordato che, dal marzo di quest’anno,
le autorità hanno arrestato circa 1.000
presunti terroristi ed a 15.000 giovani è stato impedito di partire per i
territori di combattimento della Jihad di Siria, Iraq e Libia.
Lo stesso giorno il Premier ha annunciato l'avvio
dei lavori per la costruzione di un muro e di un fossato lungo il confine con
la Libia, nell'ambito del piano volto a fermare l'infiltrazione degli
jihadisti dalla Libia in territorio tunisino. La decisione è stata resa nota
durante un'intervista alla televisione di stato su stato di emergenza e
terrorismo. Il muro sarà lungo 168
chilometri e sarà ultimato entro la fine del 2015. "La
Libia è diventato il primo problema e stiamo studiando anche di installare
apparecchiature elettronico lungo il confine nonostante la spesa"
ha detto Essid. La barriera consentirà
di controllare la parte più a rischio della frontiera con la Libia, quella da
cui, come concordano investigatori ed analisti, è più facile passare, in una
direzione o nell'altra.
(…)
L’Unione
europea intrattiene da lunga data rapporti privilegiati con la Tunisia,
sostenendone le riforme politiche, la modernizzazione economica.
L’accordo di associazione UE Tunisia
A
seguito del lancio del Partenariato euromediterraneo nel 1995 a Barcellona - poi evolutosi nel 2008 nell'Unione per il Mediterraneo - la Tunisia fu il primo paese tra quelli del
Mediterraneo a firmare nel 1995 un accordo
di associazione con l’UE, che
costituisce tuttora la base giuridica delle relazioni tra UE e Tunisia.
L’Accordo
prevede:
·
l’istituzionalizzazione
di un dialogo politico tra UE e Tunisia.
Il dialogo politico si
svolge nell’ambito del consiglio di
associazione, costituito da un lato da membri del Consiglio e della
Commissione, oltre che dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari
esteri e la politica di sicurezza (AR), e dall’altro da membri del Governo
tunisino. E’ previsto inoltre un comitato
d’associazione, che si riunisce a livello di funzionari, con il compito di
seguire l’applicazione dell’accordo e preparare le riunioni del consiglio di
associazione.
·
disposizioni
in materia commerciale, con l’obiettivo di una reciproca e progressiva liberalizzazione degli scambi
di beni agricoli e industriali, nonché previsioni su libertà di
stabilimento, liberalizzazione dei servizi, libera circolazione dei capitali e
concorrenza. Sulla base delle previsioni dell’accordo, una zona di libero scambio dei prodotti industriali è in vigore dal 2008;
Nel mese di ottobre 2015 dovrebbero essere avviati i negoziati per un più comprensivo accordo di libero scambio tra la
UE e la Tunisia.
·
la
cooperazione scientifica, tecnologica e
culturale nonché in materia di giustizia
e affari interni.
Il Piano d’azione 2013-2017 per la
Tunisia nell’ambito della Politica europea di vicinato
Il piano d’azione 2013 -2017[1] per la Tunisia, definito nel 2014 nell’ambito della Politica europea di
vicinato dell’UE, individua le seguenti priorità:
·
consolidamento delle riforme
per la democrazia e lo Stato di diritto;
·
rafforzamento del dialogo
politico e la cooperazione nei seguenti settori: democrazia dei diritti
umani, politica estera e di sicurezza, cooperazione nella lotta contro il
terrorismo;
·
sviluppo di condizioni
favorevoli per gli investimenti diretti esteri e miglioramento delle condizioni per lo sviluppo di imprese e dell’imprenditorialità;
·
cooperazione nel settore dello sviluppo della ricerca scientifica, e dell'istruzione
superiore;
·
graduale ravvicinamento delle legislazione in materia di lavoro e politica sociale alle norme
europee;
·
ravvicinamento delle regolamentazioni
tecniche;
·
rafforzamento delle infrastrutture dei trasporti nazionali e regionali e la loro interconnessione con la rete transeuropea dei trasporti;
·
attuazione del memorandum
d'intesa sulla progressiva integrazione
del mercati dell'elettricità dei paesi del Maghreb nel mercato interno
dell'elettricità dell'UE;
·
gestione efficace dei
flussi migratori, compresa la
possibilità di concludere un accordo di
riammissione;
·
circolazione delle
persone nell'ambito delle norme
vigenti, prevedendo in particolare regimi semplificati per la concessione di
visti di breve durata per alcune categorie di persone.
Partenariato per la mobilità UE -
Tunisia
La
Commissione europea e il Governo tunisino hanno firmato ad aprile 2014 un partenariato
per la mobilità[2] volto a:
·
agevolare
la circolazione delle persone tra
l'UE e la Tunisia, in particolare migliorando l'informazione dei cittadini
tunisini che hanno le qualifiche richieste in merito alle offerte di lavoro, di
studio e formazione disponibili nell'UE, oltre a facilitare il riconoscimento
reciproco delle qualifiche professionali e dei titoli accademici;
·
promuovere
una gestione comune e responsabile dei
flussi migratori, soprattutto semplificando le procedure per il rilascio
del visti;
·
sostenere
gli sforzi delle autorità tunisine impegnate sul fronte dell'asilo, nella prospettiva di istituire
un sistema di protezione dei rifugiati e
dei richiedenti asilo.
Relazione annuale dell'UE
sull'attuazione della politica di vicinato
La
Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno presentato il 25 marzo 2015 la relazione annuale sull'attuazione
della politica di vicinato dell'UE.
Per
quanto riguarda la Tunisia, la Commissione
europea ha espresso le seguenti raccomandazioni
per il 2015:
·
attuare la nuova Costituzione, creare l’insieme degli organi
costituzionali e organizzare le elezioni municipali e regionali;
·
consolidare
il rispetto dei diritti costituzionali
con la modifica degli atti giuridici e regolamentari e delle procedure che
limitano alcune libertà fondamentali;
·
garantire
il rispetto dei diritti delle donne;
·
rendere più efficace il meccanismo di prevenzione della tortura;
·
adottare
le riforme legislative e regolamentari che rafforzano lo stato di diritto, con
particolare attenzione all’indipendenza,
professionalità ed efficacia del sistema giudiziario;
·
adottare
una politica di riforma in materia di
sicurezza, in particolare per quanto riguarda polizia e gestione delle frontiere, nel rispetto dei diritti umani
e degli standard internazionali;
·
adottare
un quadro legislativo che garantisca la protezione
dei rifugiati, dei migranti e dei richiedenti asilo.
Cooperazione in materia di sicurezza e
antiterrorismo
Dopo
l’attentato terroristico al Museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015, il Consiglio europeo del 19 e 20 marzo ha adottato una dichiarazione sulla Tunisia con la
quale l’UE ha espresso la propria determinazione a incrementare la cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo e
a sostenere ulteriormente il paese nel rafforzamento
delle riforme interne.
In
occasione del Consiglio di associazione
UE- Tunisia, che si è svolto lo scorso 17 marzo, l’UE si è impegnata a rafforzare la cooperazione con la Tunisia
in materia di sicurezza e di gestione integrata delle frontiere. L’UE ha
altresì invitato la Tunisia a riformare
la legislazione antiterrorismo rendendola compatibile con i principi
democratici.
La missione navale militare dell’UE nel
Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED)
Il Consiglio affari esteri dell’UE, nella
riunione del 22 giugno 2015, ha
deciso l’avvio dell’operazione navale militare, denominata EUNAVFOR MED, volta a contribuire a
smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani nel
Mediterraneo centromeridionale.
Il
primo ministro tunisino Habib Essid, in occasione di una visita a Bruxelles a
fine maggio 2015, ha indicato che la Tunisia
è contraria ad operazioni militari per contrastare il fenomeno degli
immigranti illegali.
La
missione - condotta nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune
(PSDC) - è stata approvata dal Consiglio
affari del 18 maggio 2015 con la decisione
2015/778, sulla base del mandato conferito dal
Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015.
La
missione sarà realizzata adottando misure
sistematiche per individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o
sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti, in conformità
del diritto internazionale applicabile, incluse l'UNCLOS e le risoluzioni del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il comando operativo di EUNAVFOR MED ha
sede a Roma e comandante
dell'operazione è stato nominato l'ammiraglio
di divisione Enrico Credendino. La missione ha una durata iniziale di 2
mesi per la fase preparatoria e 12 mesi per quella operativa.
La
missione EUNAVFOR MED è condotta in 3
fasi:
a) in una prima
fase, sostiene l'individuazione e il monitoraggio delle reti di migrazione
attraverso la raccolta d'informazioni e il pattugliamento in alto mare
conformemente al diritto internazionale;
b) in una seconda
fase,
-
procede
a fermi, ispezioni, sequestri e
dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il
traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto
internazionale applicabile, in particolare UNCLOS e protocollo per combattere
il traffico di migranti;
- conformemente alle risoluzioni del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello
Stato costiero interessato, procede a fermi,
ispezioni, sequestri e dirottamenti, in alto mare o nelle acque territoriali e
interne di tale Stato, di imbarcazioni sospettate di essere usate per il
traffico e la tratta di esseri umani;
c) in una terza
fase, conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, adotta tutte
le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione
e relativi mezzi, anche eliminandoli
o rendendoli inutilizzabili, che sono sospettati di essere usati per il
traffico e la tratta di esseri umani, nel territorio di tale Stato, alle
condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso.
Per
operare pienamente e in particolare per la seconda
e la terza fase della missione sarà necessario un mandato internazionale attraverso una risoluzione
del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Oltre
all’Italia, partecipano alla missione i seguenti Stati membri: Belgio, Finlandia, Francia, Germania,
Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Spagna,
Svezia e Ungheria.
La missione sarà composta da circa mille
uomini, cinque navi da guerra, due sottomarini, tre aerei da
pattugliamento marittimo, tre elicotteri, e due droni. La nave ammiraglia
dell'operazione navale sarà la portaerei
italiana Cavour.
Il controllo
politico e la direzione strategica della missione è esercitato dal Comitato politico di sicurezza, organo
preparatorio del Consiglio per le materie
relative alla della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della
politica sicurezza e di difesa comune (PSDC).
La missione coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri ed è
previsto prevede un meccanismo di
coordinamento con le agenzie dell’Unione Frontex, Europol, Eurojust, Ufficio europeo di sostegno all’asilo e le
altre missioni PSDC.
Si ricorda, inoltre, che nelle acque territoriali dell’UE sono
attualmente già operative le
operazioni Triton e Poseidon gestire
dall’agenzia Frontex.
L'importo
di riferimento finanziario per i costi
comuni della missione è stato stimato pari a 11,82 milioni di EUR.
L’UE
ha dedicato notevoli risorse finanziarie al paese per aiutarlo a raggiungere i
suoi obiettivi:
·
per il
periodo 2011-2013, in conseguenza
dei cambiamenti politici avvenuti in Tunisia, ai 240 milioni di euro già previsti nell’ambito dello strumento europeo di vicinato e partenariato[3], si sono aggiunti ulteriori 160 milioni di euro per rispondere ai
nuovi bisogni del paese e per rilanciare ripresa economica e occupazione;
·
per il periodo di programmazione finanziaria
dell’UE 2014- 2020[4] è
previsto uno stanziamento complessivo a favore della Tunisia compreso tra 725 e 886 milioni di euro, dei quali
per il periodo 2014-2015 è prevista una cifra tra i 202 e i 246 milioni di euro
destinati a tre settori di intervento:
-
riforme socio-economiche per la crescita inclusiva la competitività e
l’integrazione (cui va il 40% delle risorse totali);
-
rafforzamento
degli strumenti fondamentali della
democrazia (cui va il 15% delle risorse totali):
-
sviluppo sostenibile locale e regionale (cui va il 30% delle risorse totali).
Il
16 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato assistenza macrofinanziaria alla Tunisia, per un importo massimo di
300 milioni di euro, in forma di prestiti a
condizioni molto vantaggiose, al fine di sostenere la stabilizzazione economica
e le riforme del paese. L'assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno della
bilancia dei pagamenti tunisina rilevato dal programma del Fondo monetario
internazionale.
La
Tunisia è inoltre il maggiore beneficiario dei finanziamenti forniti dall’UE
nell’ambito del programma regionale
SPRING (Support for Partnership,
Reform and Inclusive Growth), adottato dalla Commissione a sostegno dei
vicini meridionali in occasione della cosiddetta primavera araba con l’obiettivo
di promuovere indipendenza e efficienza del sistema giudiziario, governance e lotta alla corruzione,
protezione dei diritti umani e dei principi democratici, contrasto al traffico
di esseri umani. Per quanto riguarda la Tunisia, un iniziale finanziamento di
20 milioni di euro nel 2011 è stato seguito da 80 milioni di euro nel 2012 e
ulteriori 55 milioni di euro nel 2013.
In tema di institution-building,
la Tunisia beneficia dei programmi twinning così
come dei programmi Technical Assistance
Information Exchange (TAIEX) e Support for Improvement in Government and Management (SIGMA) con l’obiettivo di migliorare le capacità
amministrative nelle istituzioni pubbliche.
L’UE
è il primo partner commerciale per la Tunisia. Secondo gli ultimi dati
disponibili, nel 2014 l’UE ha esportato merci in Tunisia per
un volume di circa 11 miliardi di Euro
ed ha importato merci dalla Tunisia
per un volume di circa 9,4 miliardi di
euro. Al 2013 gli investimenti
esteri diretti dell’UE in
Tunisia sono pari a 2,6 miliardi di
euro mentre gli investimenti diretti della Tunisia nell’UE sono pari a 300 milioni di euro.
PRESIDENTE
DELL’ASSEMBLEA DEI RAPPRESENTANTI DEL POPOLO |
Mohamed ENNACEUR (Nidaa Tounes,
eletto il 4 dicembre 2014).
RAPPRESENTANTI
DIPLOMATICI |
AMBASCIATORE
D’ITALIA
S. E. Raimondo DE
CARDONA (dal luglio
2013).
AMBASCIATORE DI
TUNISIA
S. E. Naceur MESTIRI (luglio 2011)
Incontri Bilaterali |
La Presidente
della Camera, Laura Boldrini, si
è recata il 28 e 29 marzo 2015 in
visita ufficiale in Tunisia per partecipare alla Marcia della Pace, indetta a seguito dell’attentato al Museo del
Bardo. Nel corso della visita, la Presidente ha avuto un colloquio con il
Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, nel corso del quale nel ribadire la vicinanza e
la solidarietà dell’Italia alla Tunisia, ha auspicato un rafforzamento delle
relazioni tra la Camera dei deputati e l’Assemblea dei Rappresentanti del
Popolo anche a livello di cooperazione amministrativa. La Presidente ha poi
incontrato la Ministra della Cultura e della Salvaguardia del Patrimonio, Latifa Lakddhar, insieme ad alcune
deputate e a rappresentanti della società civile femminile tunisina e ha avuto
un incontro con rappresentanti della comunità italiana.
Il 10
settembre 2014, l’allora Presidente
della Repubblica tunisina, Mohamed Moncef Marzouki, in visita
ufficiale in Italia, è stato ricevuto alla Camera dalla Presidente, Laura
Boldrini; all’incontro era presente anche il Presidente del Senato, Pietro
Grasso. Nell’incontro, il Presidente tunisino ha enfatizzato l’importanza delle
relazioni con l’Italia, sia sotto il profilo bilaterale – sottolineando il
ruolo che l’imprenditoria italiana svolge nel Paese – sia a livello
multilaterale, per la lunga tradizione di rapporti con l’area mediterranea che
consente all’Italia un rapporto privilegiato con la regione.
Di fronte alla drammatica situazione che attraversa
la regione, occorre uno sforzo comune; in particolare, la crisi libica, che ha
portato oltre due milioni di rifugiati in Tunisia, richiede una soluzione in
cui siano coinvolti tutti i paesi transfrontalieri, tra cui l’Italia. Siria,
Libia e Califfato IS costituiscono un pericolo, che – secondo il Presidente
tunisino – è la risultante di 50 anni di politiche sbagliate. Il modello
tunisino rappresenta la via migliore per la costruzione di una società
democratica e laica ed occorre per questo che l’Europa sostenga ed agevoli la
formazione di governi solidi. Per la Presidente Boldrini l’esempio della
Tunisia dimostra che si può uscire da dittatura da soli e andare verso
democrazia; ha auspicato altresì che si possano riallacciare a livello
parlamentare un'attività più intensa, con relazioni istituzionali per
consolidare la tradizione di vicinato.
Il 3 aprile
2013, a latere della Conferenza
dei Presidenti dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione per il Mediterraneo,
la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato il Presidente
dell’Assemblea Costituente tunisina, Moustapha
Ben Jaafar. La Presidente Boldrini ha espresso l’attenzione che l’Italia ha
nei confronti della Tunisia, Paese con il quale ci sono importanti legami di
amicizia, economici e culturali. Il Presidente Ben Jaafar, nel sottolineare il
forte rapporto della Tunisia con l’Italia, ha poi ribadito l’importanza di una
politica dei visti più aperta, che consenta una maggiore libertà di movimento.
Il Presidente dell’Assemblea costituente tunisina si è poi soffermato sulla
situazione interna del Paese, indicando che si registra un miglioramento della
situazione economica e che, relativamente ai lavori della Costituente, entro il
mese di luglio prossimo sarà ultimato il progetto di Costituzione, mentre le
elezioni dovrebbero svolgersi entro l’anno.
Incontri delle Commissioni |
Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 29 al 30 marzo 2015 per partecipare alla Marcia internazionale della pace contro il terrorismo, all’indomani
degli attentati del Bardo (v. sopra). In tale occasione la delegazione
parlamentare ha avuto colloqui con il Presidente
dell’Assemblea dei Rappresentanti
del Popolo, Mohamed Ennaceur, e
con Rached Ghannouchi, capo del
Partito di ispirazione islamica Ennhadha.
La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.
Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal suo Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 19 al 21 gennaio 2015: nel corso della visita i parlamentari sono
stati ricevuti dal Primo Ministro, Mehdi
Jomaa, dal Presidente dell’Assemblea
dei Rappresentanti del Popolo, Ennaceur, insieme a una delegazione di
parlamentari tunisini, dal Segretario di
Stato agli Affari Esteri, Faical
Gouiaa, da Yassin Brahim, leader
di Afek Tounes, quinto Partito del Paese (di orientamento liberale) ed ex
Ministro dei Trasporti, da Rached Ghannouchi,
leader di Ennhadha,e da Hamma Hammami, portavoce del Fronte Popolare. La delegazione è stata
altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.
Altri incontri
L’8 maggio
2014, la Vice Presidente dell'Assemblea Costituente della Repubblica di Tunisia, Maherzia Labidi, è stata audita presso il Comitato Africa ed il
Comitato Diritti umani della Commissione Affari esteri.
Cooperazione
multilaterale
La Tunisia partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito dell’Assemblea parlamentare dell’Unione del
Mediterraneo (AP-UpM),.
Si ricorda che la Tunisia ha esercitato la Presidenza di turno dell’Assemblea Parlamentare dal marzo 2006 al marzo
2007 ed ha organizzato, a Tunisi,
la riunione Plenaria il 16 e 17 marzo
2007.
DIALOGO 5 + 5 La Tunisia partecipa alla dimensione
parlamentare del Dialogo 5 + 5
(Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta e Algeria, Tunisia, Marocco, Libia
e Mauritania), la cui ultima riunione, dedicata ai temi: Dialogo politico e sicurezza regionale, Sviluppo economico e
cambiamenti climatici, Sviluppo sociale, immigrazione e traffico di esseri
umani, si è tenuta a Lisbona, il 20
maggio 2014.
NATO Il Parlamento
tunisino ha lo status
di osservatore nel Gruppo
Speciale del Mediterraneo e del Medio Oriente dell’Assemblea Parlamentare della
NATO (si segnala che nel giugno 2002 si è svolto a Tunisi l’incontro del
Gruppo e in tale occasione è stato conferito alla Camera dei deputati tunisina
tale status[5]). Il Gruppo
Speciale Mediterraneo e Medio oriente (GSM) dell’Assemblea parlamentare
della NATO è un organismo specializzato di tale Assemblea, creato nel 1997, per
intensificare le relazioni con i paesi della riva sud del Mediterraneo; esso
rappresenta un foro di dialogo per i parlamentari dei Paesi NATO e del Medio
Oriente e Nord Africa per discutere questioni politiche e di sicurezza.
OSCE La Tunisia è partner per la cooperazione
mediterranea dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE.
Unione
Interparlamentare
Nell’ambito
dell’Unione interparlamentare opera il Gruppo di amicizia Italia – Tunisia, attualmente in fase di ricostituzione, presieduto
per la parte italiana dal senatore Claudio Martini (PD).
Mappa della Tunisia. Elaborazione Ce.S.I.
Negli ultimi mesi, il processo di transizione democratica e la stabilità
della Tunisia hanno vissuto il loro momento più difficoltoso e drammatico.
Infatti, nonostante il Paese abbia dimostrato una invidiabile maturità politica
attraverso il consolidamento di quelle procedure elettorali e governative che
hanno permesso l’alternanza al vertice dello Stato di formazioni islamiste
moderate (Ennadha) e laiche (Nidaa Tounes), le difficoltà economiche e la crescita
delle attività eversive di matrice terroristica rischiano di compromettere le
poche ma significative conquiste ottenute dopo la Primavera Araba.
In particolare, a partire dalla fine del 2013, la Tunisia ha conosciuto
un drammatico incremento delle attività jihadiste perpetrate da diversi gruppi
locali orbitanti nel network terroristico sia di al-Qaeda nel Maghreb Islamico
(AQMI) sia dello Stato Islamico (IS) di Abu Bakr al-Baghdadi.
Di questi, i più
gravi sono stati l’imboscata ad un convoglio dell’Esercito sui Monti Djebel
Chambi, nella regione occidentale di Kasserine, al confine con l’Algeria (29
luglio 2013, 8 morti), l’attacco al Museo del Bardo di Tunisi (18 marzo 2015,
24 morti, di cui 21 turisti stranieri, tra i quali 4 italiani) e l’assalto al
Riu Imperial Marhaba Hotel di Port el-Kantaoui (26 giugno 2015, 38 morti, tutti
turisti stranieri).
L’analisi dei tre
attacchi in questione, che rappresentano gli episodi di terrorismo più gravi
nella storia del Paese, permette di comprendere a fondo l’evoluzione recente
del fenomeno jihadista tunisino, le sue radici sociali, gli obbiettivi politici
e i legami con la rete trans-nazionale e globale.
Innanzitutto, la
strage del Marhaba Hotel rappresenta un atto terroristico maturamente
anti-occidentale, il cui obbiettivo operativo e simbolico era costituito da
quei cittadini e governi stranieri kuffar
(miscredenti) ritenuti dai movimenti jihadisti nemici del “vero Islam” e,
dunque, avversari da annientare. Inoltre, nel colpire le strutture turistiche
tunisine, il commando terroristico ha inteso attentare ad uno dei simboli
dell’occidentalizzazione del Paese, quale un complesso vacanziero frequentato
da stranieri e in un’area, come quella della costa, dove vive la parte più
laica e cosmopolita della popolazione
In questo senso,
sussiste una profonda differenza con l’attacco all’Esercito sui Monti Djebel
Chambi e con l’assalto al Museo del Bardo, la cui dinamica appare ancora poco
chiara[6], che invece rispondevano ad una logica di destabilizzazione puramente
nazionale, rivolta contro simboli e istituzioni marcatamente nazionali nonché
contro fedeli islamici ritenuti apostati (takfiri).
Questo permette di comprendere come il panorama estremista tunisino sia
composto da due anime, una prettamente nazionale ed una a vocazione
internazionale.
Tuttavia, è bene
sottolineare come la dimensione nazionale e quella internazionale convivono e
sono parti integranti e inscindibili del fenomeno jihadista tunisino e che una
non esclude o sostituisce l’altra. Infatti, al pari di altri scenari nord
africani, saheliani e mediorientali e in accordo alle più recenti tendenze
evolutive della strategia e dell’ideologia jihadista globale, anche il
movimento terroristico tunisino ha riscoperto la propria intima vocazione
locale.
In questo modo,
l’attività dei miliziani tunisini assume la valenza di lotta interna nel
contesto di un più ampio jihad globale. Se a questa dimensione politica si
sovrappone quella logistica della rete di contatti che lega i movimenti
terroristici di tutta la regione, si può comprendere come il terrorismo
tunisino rappresenti la ramificazione nazionale di un fenomeno diffuso dal
Sahel al Medio Oriente. Un esempio concreto di questo fenomeno è offerto dalla
storia degli attentatori del Bardo e del Marhaba Hotel, tutti recatisi a Derna,
uno dei nuclei principali del jihadismo libico, nel periodo immediatamente
precedente al compimento delle stragi. Inoltre, particolarmente significativa è
stata l’uccisione, nella notte tra il 14 e il 15 giugno, dello Sceicco Ben Yassine,
tra i più influenti leader jihadisti tunisini, presso la città libica di
Agedabia, sul Golfo della Sirte a 160 km a sud di Bengasi, avvenuta in seguito
ad un raid aereo da parte delle Forze Armate statunitensi. La presenza di Ben
Yassine a Agedabia, in quella che pare fosse una riunione tra importanti
comandanti miliziani salafiti, permette di comprendere lo stretto collegamento
che sussiste tra i movimenti estremisti dei due Paesi.
Ad oggi, le
principali organizzazioni terroristiche attive in Tunisia sono Ansar al-Sharia,
erede del Gruppo di Combattimento Tunisino (GCT)[7] e la Katiba (Brigata) Uqbah
Ibn Nafaa (UiB)[8], entrambe in contatto con il network di AQMI e di IS e particolarmente
radicate nella regione
centro-occidentale del Paese, precisamente nel “quadrato” compreso tra le città
di Kasserine, el-Kef, Sidi Bouzid e Kairouan. Nello specifico, Kasserine è
capoluogo dell’omonima regione orientale sui cui altopiani sono presenti le
principali basi logistiche e addestrative della UiB; Sidi Bouzid è il centro
nel quale sono iniziate le proteste che
poi hanno condotto alla“Rivoluzione dei Gelsomini” del 2011 e infine Kairouan è
l’epicentro del radicalismo religioso e del qaedismo nazionali. Oltre a
quest’area, gli altri focolai del jihadismo tunisino sono collocati nei
villaggi al confine nord-occidentale con l’Algeria e nelle periferie degradate
delle grandi città della costa, compresa la capitale Tunisi. Infatti, due dei
miliziani responsabili dell’attacco del Bardo (Yassine Labidi e Saber
Khachnaoui) erano originari di Kasserine, mentre l’attentatore del Marhaba
Hotel (Seifiddine Rezgui Yacoubi, conosciuto con il “nom de guerre” di Abu
Yahya al-Qayrawani), proveniva da Kairouan. Inoltre, le zone in questione
rappresentano il principale bacino di reclutamento per i foreign fighters tunisini (circa 4.000) oggi attivi in Siria, Iraq
e Libia.
Non è un caso che
il quadrato Kasserine-el Kef-Sidi Bouzid-Kairouan costituisca il nucleo del
proselitismo e del reclutamento jihadista in Tunisia. Infatti, questa è un’area
tra le più povere e meno alfabetizzate del Paese, caratterizzata da altissimi
tassi di disoccupazione e da marcate volatilità e vulnerabilità sociali. La
cronica arretratezza di questa regione è ulteriormente peggiorata all’indomani
della Rivoluzione dei Gelsomini con l’aggravarsi della crisi economica di tutto
il Paese.
Inoltre, a causa
della parziale sfaldatura dell’apparato di sicurezza, dovuta alla
ristrutturazione degli organi dello Stato, le istituzioni centrali hanno
indebolito la capacità di mantenere il controllo del territorio, favorendo
l’affermazione di forze ad esse opposte e concorrenti.
Il risultato della
concomitanza di questi due fattori ha fatto sì che, in questa parte del Paese,
religiosamente conservatrice e lontana dal cosmopolitismo e dal relativo
benessere delle aree costiere, le organizzazioni salafite hanno sopperito alle
lacune del Governo centrale, costruendo una rete assistenzialistica ed
educativa parallela rispetto a quella statale e finanziata attraverso i
traffici illeciti ed altre attività criminali. In questo modo, con il passare
del tempo, Ansar al-Sharia e le sue milizie hanno conquistato il consenso
popolare locale e sono diventate l’autorità de facto, un para-Stato sommerso e
parallelo in grado di offrire risposte e alternative concrete alle sezioni
emarginate e povere della società. La crescita della radicalizzazione è stata
resa possibile grazie all’ampia rete di moschee e madrase, le uniche
istituzioni che, all’indomani della Primavera Araba, non hanno risentito degli
sconvolgimenti politici del Paese e che hanno potuto usufruire sia del contatto
diretto con la popolazione sia della capillarità della propria diffusione sul
territorio.
Il fatto che il
reclutamento dei terroristi avvenga nelle aree rurali e nelle zone disagiate
rappresenta una evidente cartina di tornasole sulla situazione politica e
sociale tunisina. Infatti, ad oggi, il Paese appare diviso da una profonda
frattura tra le regioni costiere (cosmopolite, ricche e di orientamento
moderato e laico) e le regioni dell’entroterra (religiosamente conservatrici,
povere e di orientamento marcatamente islamista).
Nel contesto di
povertà ed emarginazione dell’entroterra, il jihadismo si è evoluto da semplice
lotta armata a preciso progetto politico il cui obbiettivo finale è la
trasformazione della Tunisia da Paese con una consolidata tradizione
secolarista a emirato governato dalla Sharia (legge islamica). In questo senso,
Ansar al-Sharia pone una sfida diretta al processo di ricostruzione e
democratizzazione tunisino, che sino ad ora ha manifestato segnali davvero
incoraggianti, con l’avvicendamento al governo di forze di orientamento
islamico moderato (Ennadha) e laico (Nidaa Tounes), con la capacità di formare
esecutivi di larghe intese tra partiti ideologicamente agli antipodi, con la
realizzazione di una Carta Costituzionale garantista, equilibrata e mediata tra
le istanze secolari e quelle islamiste. In un momento in cui una larga porzione
di mondo arabo è scossa dal conflitto tra laici e islamisti, l’esperimento
tunisino rappresenta non solo un segnale incoraggiante, ma potrebbe costituire
un modello da esportare. Tale fruttifera strategia del compromesso, forse
possibile in Tunisia grazie al bilanciamento tra l’islamismo politico moderato
e il secolarismo, è avvertita dai salafiti e dagli estremisti come una minaccia
concreta alla propria agenda politica.
Di fronte ad una
minaccia gradualmente e costantemente in crescita, il governo tunisino appare
in notevole difficoltà. Infatti, se dal punto di vista politico le principali
forze del Paese hanno avuto la capacità e la volontà di formare un fronte unito
contro il terrorismo, dal punto di vista operativo il Paese ha sinora
dimostrato pesanti lacune nel contrasto al fenomeno eversivo. Tali mancanze
sono imputabili a due fattori contingenti: le difficoltà economiche e la
necessità di ricostruire un apparato di sicurezza efficace ed efficiente. Per
quanto riguarda il primo aspetto, il prolungato periodo di recessione,
l’esiguità delle casse statali e la politica di austerity seguita negli ultimi
3 anni anno impedito l’avvio di un importante programma di welfare necessario
ad attutire le criticità sociali. Ne consegue che l’impoverimento della
popolazione tunisina è aumentato con il passare del tempo e, con esso, la
disillusione verso le promesse non mantenute della “Rivoluzione dei Gelsomini”.
In questo terreno, le radici dell’eversione jihadista hanno attecchito e
presumibilmente continueranno a farlo in futuro. Allo stesso modo, le carenze
economiche e i cambiamenti strutturali dovuti alla transizione politica da un
sistema politico a un altro sono alla base del secondo fattore. Ad oggi, la
Tunisia dispone di Forze Armate e di sicurezza poco preparate ad affrontare la
minaccia terroristica, sia in termini di metodologie operative che di mezzi ed
equipaggiamento.
Dunque, il Paese
non può affrontare tutte le sue sfide politiche e di sicurezza senza un
indispensabile supporto da parte dei partner europei. Infatti, non bisogna mai
dimenticare che le problematiche della Tunisia sono in diretto legame con
quelle di tutto il Maghreb ed affliggono inevitabilmente la regione
mediterranea. L’eventuale proliferazione del fenomeno jihadista tunisino
rischia non solo di aumentare le già gravi criticità del Nord Africa, ma pone
una minaccia diretta agli interessi nazionali italiani e a quelli dell’Europa.
Infatti, qualora il fenomeno dovesse continuare a crescere, non sarebbe da
escludere un incremento negli attacchi ai cittadini, alle aziende, alle
infrastrutture strategiche europee ed italiane,
nonché un aumento dei traffici illeciti verso la sponda settentrionale
del Mediterraneo. Inoltre, dal punto di vista politico, non si può rischiare di
veder fallire l’unico esperimento democratico positivo e costruttivo sinora
emerso dall’eredità delle Primavere Arabe.
Per questa ragione,
l’Unione Europea dovrebbe pensare a un approccio più strutturato e
onnicomprensivo nel sostegno a Tunisi. Ad esempio, l’elaborazione di piano
d’azione europeo per la Tunisia potrebbe basarsi su due pilastri: economico e
di cooperazione in materia di sicurezza. Per quanto riguarda il primo, appare
fondamentale creare un meccanismo finanziario agevolato in grado di dare
respiro alle casse tunisine e di permettere la costruzione di un sistema di
welfare e di educazione in grado di alleviare le cause sociali del malcontento
e, dunque, del reclutamento jihadista. Inoltre, la ripresa economica e lo
stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro non solo scoraggerebbe i
meccanismi di affiliazione al network terroristico (che in questo somigliano
sempre di più a quello delle organizzazioni criminali italiane), ma
diminuirebbe anche l’emigrazione per cause economiche.
Per quanto riguarda
il secondo pilastro, l’Unione Europea o i governi dei suoi Paesi membri
potrebbero strutturare una serie di accordi di cooperazione militare e di
sicurezza volti a migliorare non solo l’equipaggiamento delle Forze Armate
tunisine, ma soprattutto il loro bagaglio capacitivo. Infatti, la Polizia e
l’Esercito di Tunisi lamentano pesanti lacune operative nella conduzione sia
delle indagini che delle operazioni anti-terrorismo. In questo senso, l’Italia
potrebbe porsi come partner privilegiato e mettere a disposizione il proprio
ampio know how nel settore, raffinato in decine di anni di
lotta la terrorismo nazionale e internazionale nonché alle organizzazioni criminali.
Nato nel 1926 da una famiglia originaria della
Sardegna, è avvocato e uomo politico. Sposato e padre di quattro figli.
Laureato a Parigi nel 1950, inizia la sua carriera di avvocato dal 1952. Sin
dalla sua giovane età milita nel partito del Neo-Destur.
All’indomani dell’indipendenza, è consigliere di Habib
Bourguiba. In seguito è stato Direttore Generale della Sicurezza nazionale
(1963), Ministro dell’Interno nel 1965
poi Ministro della Difesa (dal 1969
al 1970) fino alla sua nomina come Ambasciatore
a Parigi.
La sua adesione al Partito socialista desturiano (PSD)
è “congelata” nel 1971 a causa del suo sostegno alla necessità di riforma del
sistema politico. Espulso nel 1974 dal partito, aderisce nel 1978 al Movimento
dei Democratici Socialisti (co-fondato dall’attuale Presidente dell’Assemblea
Costituente Mustapha Ben Jaafar).
Dirige la rivista di opposizione “Démocratie” fino al suo reintegro al governo con funzioni di
Ministro delegato presso il Primo Ministro nel 1980 e poi come Ministro degli Affari Esteri nel 1981 e
fino al 1986.
Nel 1989 assume la presidenza della Camera dei
Deputati che conserva fino al 1991. Il suo ultimo mandato da Deputato termina
nel 1994. Il suo nome torna alla ribalta dopo la rivoluzione quando, il 27
febbraio 2011 è nominato Primo Ministro
dapprima alla guida di una compagine politica, successivamente (dal 7 marzo) di
un Esecutivo esclusivamente apartitico.
Essebsi
conclude il mandato avvolto in un prestigio
immenso per aver assicurato la prima fase della transizione ed il corretto
svolgimento delle elezioni per la Costituente.
Il 16 giugno 2012 lancia ufficialmente il nuovo
partito Nidaa Tounes (“L’Appello della
Tunisia”), che immagina quale facilitatore di un consenso nazionale sulle
politiche per il Paese, pur nella differenza dei ruoli e nel gennaio 2013
formalizza la nascita dell’Unione per la Tunisia, alleanza con
alcuni partiti di centro-sinistra tra i quali Al Jouhmouri (Repubblicani) e Al
Massar (la Via Democratica e Sociale). Dopo le elezioni del 21 dicembre 2014 è
eletto Presidente della Repubblica con il 55% delle preferenze.
Rachid
Ghannuchi (o Rāshid
al-Ghannūshī) è
nato a Balhama, Tunisia, nel 1941, è il leader del Partito islamista Ennahdha,
risultato vincitore alle elezioni per l’Assemblea costituente della Tunisia,
svoltesi il 23 ottobre 2011.
Cresciuto
in un'umile famiglia, Ghannuchi studiò dapprima a Gabes (dove
completò i corsi elementari), quindi entrò nel 1959 nell'Università al-Zaytuna di Tunisi (il
più importante centro di studi islamici tunisino e uno dei principali centri di
elaborazione del pensiero islamico sunnita), laureandosi in Teologia.
Nel
1964 si trasferì in Egitto, dove frequentò i corsi della Facoltà di Agraria
dell'Università del Cairo.
Ghannuchi rimase inizialmente affascinato dall'ideologia
panaraba nasseriana, fin
a che non fu costretto a lasciare il Paese a causa dell'espulsione dei tunisini
decretata dal regime egiziano a seguito del profondo dissenso politico
intervenuto tra Gamal Abdel Nasser e Habib Bourguiba. Raggiunse allora la
Siria, dove, nel 1968, si laureò in Filosofia presso l’Università di Damasco.
In
tale ambiente si avvicinò al fronte militante islamico,
venendo in contatto col partito Bath al
potere e con la Fratellanza Musulmana.
Successivamente
si trasferì a Parigi dove frequentò i corsi di Filosofia dell’educazione
all’Università la Sorbona.
In
quegli anni cominciò a militare in una formazione politica ispirata a una corrente
islamica fondamentalistica, che si basa sul principio della predicazione
dell'Islam tra gli stessi musulmani. La sconfitta araba nella Guerra dei Sei giorni del
1967 lo aveva infatti convinto della giustezza delle tesi fondamentalistiche e
nel 1969 tornò in patria per insegnare Filosofia nei licei tunisini.
Alla
fine degli anni
settanta Ghannuchi
fondò insieme ad altri il Movimento della Tendenza islamica (Mouvement
de la Tendence Islamique), che propugnava un regime integralista basato
sulla Sharia e la completa re-arabizzazione del Paese. Nel 1984 fu arrestato e
tre anni più tardi condannato a morte.
Il
colpo di Stato operato da Ben Alì contro il regime di Bourguiba gli salvò la
vita. Amnistiato con altri esponenti del MTI, Ghannuchi prese quindi parte alle
elezioni legislative dell'aprile del 1989, in cui la sua formazione definita Partito della Rinascita (Ennahda o Ḥizb
al-Nahḍa)
raccolse il 14,5 % dei consensi ufficiali.
Nel
1991 il MTI fu dichiarato fuori legge dal presidente Ben Ali, con l'accusa di
aver fomentato il rovesciamento violento delle istituzioni. Ghannuchi fu quindi
costretto a riparare nel Regno
Unito,
nella cui capitale ha
a lungo vissuto e operato in piena libertà, condannando pubblicamente la
violenza indiscriminata e assicurando l'abbandono della lotta armata, nella
convinzione di un sicuro successo politico in patria delle tesi da lui
propugnate. Quelli che si sono opposti a tale svolta moderata di Ennahda, sono
poi confluiti nel Fronte Islamico Tunisino, una formazione paramilitare,
nell’ambito della quale alcuni elementi hanno maturato esperienze in Afganistan
e con l’ambiente del jidahismo internazionalista che avrebbe poi alimentato Al
Qaida.
Dopo
il 2005,
Ghannuchi è stato sempre più apertamente contestato in seno al suo stesso
partito da chi gli rimproverava di avere sposato una linea morbida e non più
oltranzista, ma rivolta ad una proposta di “conciliazione nazionale”.
La
sua possibile presenza in un Convegno internazionale svolto a Roma e Napoli e
organizzato dall'Università
degli studi di Napoli "L'Orientale" e
dalla Georgetown University di
Washington D.C., inaugurato da Lamberto
Dini,
ha suscitato articoli di protesta sul "Corriere della Sera"
di Magdi
Allam che
ricordava le sue precedenti prese di posizione in favore della lotta armata nei
paesi arabi con regimi sostenuti dall'Occidente e dello scontro (talvolta
affiancato da azioni terroristiche) contro Israele per
l'irrisolta questione palestinese.
A
seguito degli eventi della
cosiddetta Rivolta dei gelsomini, Ghannuchi è potuto tornare in Patria e
il partito è stato legalizzato il 1º marzo 2011.
Nelle
elezioni per l’Assemblea Costituente del 23
ottobre 2011 il
suo Partito Ennahdha è risultato vincitore di larga misura, assicurandosi 89
seggi su 217.
T
Nasce a Jemmal nel 1944.
Negli anni della sua formazione consegue
numerosi diplomi, tra i quali quelli in storia antica e archeologia, lingua e
letteratura francese, lingua e cultura araba, linguistica, settore nel quale
consegue nel 1980 anche il Dottorato alla Sorbona.
Per quanto concerne le attività pedagogiche e
scientifiche, dal 1969 Baccouche è insegnante e ricercatore dell’Università di
Tunisi, e dal 1984 professore nell’istruzione superiore.
Dal 1995 al 2002 è altresì presidente
dell’associazione tunisina di linguistica.
Oltre a queste attività è coordinatore e
membro di numerosi progetti di ricerca, nonché animatore dei progetti di
ricerca sull’Atlante linguistico tunisino e sulla Terminologia ornitologica
araba.
Negli
anni dal 1981 al 1984 è segretario generale dell’Unione generale
tunisina del lavoro; negli stessi anni dirige il giornale Echaab.
Successivamente, nei 15 anni dal 1996 al 2011, è direttore responsabile della
Rivista araba dei diritti dell’Uomo, e grosso modo nello stesso periodo
presiede l’Istituto arabo dei diritti dell’Uomo.
Dal punto di vista più strettamente politico
si segnala, subito dopo la caduta di Ben Ali, l’assunzione da parte di
Baccouche del ruolo di Ministro
dell’istruzione nazionale e portavoce del Consiglio dei ministri (gennaio-dicembre
2011).
Dal 2012 può conoscere è stato segretario
generale del partito annidato un essere-attualmente partito di maggioranza
relativa nel Parlamento tunisino e principale forza politica di governo-,
carica dalla quale tuttavia si è dimesso alcuni mesi dopo la nomina a ministro
degli esteri.
Bochra Belhaj Hmida, nata a Zaghouan,
Tunisia, avvocato.
Nel 1989 ha fondato l’Associazione tunisina
delle donne democratiche (ATFD). E’ la fondatrice della sezione tunisina di
Amnesty International.
Nel 2011 aderisce al Foro democratico per il lavoro e le libertà e si presenta alle
elezioni per l’Assemblea Costituente, senza tuttavia essere eletta. Aderisce
successivamente al Movimento Nidaa Tounes, di cui diviene membro del Comitato
esecutivo, e nelle elezioni legislative del 26 ottobre 2014 viene eletta
all’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo.
Presiede la Commissione dei diritti, delle
libertà e delle relazioni estere ed è membro della Commissione per i martiri e
i feriti della rivoluzione e per l’applicazione della legge di amnistia
generale e la giustizia transitoria.
[1] I piani d’azione dei paesi partner
nell’ambito della politica europea di vicinato dell’UE sono i documenti
politici che delineano gli obiettivi strategici della cooperazione tra l’UE e i
singoli paesi limitrofi. I piani d’azione stabiliscono un elenco completo di
priorità concordate di comune accordo che devono essere attuate congiuntamente
dall’Unione e da ciascuno dei paesi vicini.
[2] I partenariati per la mobilità tra l’UE e
paesi terzi costituiscono un quadro flessibile, giuridicamente non vincolante,
per una buona gestione della circolazione delle persone tra l'UE e un paese
terzo.
[3] Nel quadro delle prospettive finanziarie
2007-2013, l’assistenza ai paesi del partenariato euromediterraneo è stata
fornita attraverso lo strumento europeo
di vicinato e partenariato
(anche detto ENPI) destinato alla
frontiera esterna dell’UE allargata, con una dotazione finanziaria di oltre 11
miliardi di euro per l’intero periodo. L’ENPI ha sostituito i programmi
geografici e tematici esistenti, compreso il programma MEDA.
[4] Dal 2014 al 2020 l’assistenza ai paesi del
vicinato è fornita attraverso l’ENI, lo strumento per il vicinato, con una
dotazione totale di 15,4 miliardi di euro.
[5] Il Parlamento dell’Egitto, della Tunisia e
il Consiglio Legislativo palestinese hanno lo status di osservatore. Sono
invece membri associati i Parlamenti di Israele, Algeria, Giordania, e Marocco.
[6] La ricostruzione dell’attacco al Museo del Bardo lascia ampi dubbi su quello che fosse il reale obbiettivo del commando jihadista. Infatti, pare che inizialmente i miliziani terroristi volessero fare irruzione nel Parlamento tunisino, posto a poche centinaia di metri dal museo e che, una volta respinti, abbiano ripiegato sul Bardo e sul sequestro dei turisti. Si tratta di un elemento di primaria importanza, in quanto la definizione dell’obbiettivo qualifica la matrice ideologica e le reale intenzioni del commando. Qualora l’ipotesi dell’attacco al Bardo quale “ripiego” fosse confermata, apparirebbe chiaro che i miliziani intendevano attaccare un simbolo politico del Paese, secondo una logica ed un’agenda prettamente nazionale. Al contrario, se il Museo del Bardo fosse stato il vero obbiettivo, allora l’azione jihadista avrebbe assunto una connotazione maturamente internazionale e globale.
[7] Il GCT è stato un gruppo terroristico tunisino prima parte del network di al-Qaeda e confluito definitivamente in essa (come parte di AQMI) nel 2007.
[8]Di questa brigata si hanno poche notizie. Secondo le informazioni sinora ottenute, il gruppo armato sarebbe nato nel 2012 quale cellula secessionista tunisina di AQMI. La brigata prende il nome da un generale musulmano che guidò le conquiste arabe del Maghreb.