Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Altri Autori: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: Missione a Tunisi (12-13 luglio 2015)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 183
Data: 10/07/2015
Descrittori:
TUNISI   TUNISIA
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Missione a Tunisi

(12-13 luglio 2015)

 

 

 

 

 

 

n. 183

 

 

 

10 luglio 2015

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

Hanno collaborato:

Servizio Rapporti internazionali

( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: es0379.docx

 


INDICE

Schede di lettura

La transizione politico-istituzionale in Tunisia  e la spirale terroristica (a cura del Servizio Studi)                                                                                                 3

Scheda Paese (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                                                                                                    17

La politica tunisina di sicurezza e di contrasto al terrorismo (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                      40

La collaborazione italo-tunisina in materia migratoria (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                                      43

Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)                                                                                               45

Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)                                                                                                     51

Focus geopolitico

M. Di Liddo ‘Tunisia: Punto di situazione’, a cura del CeSI, luglio 2015     57

Profili biografici

Beji Caid Essebsi Presidente della Repubblica                                             65

Rachid Ghannuchi Leader del Partito islamista Ennahdha                          67

Taieb Baccouche Ministro degli Affari esteri                                                70

Bochra Belhaj Hmida Presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei rappresentanti del Popolo         72

Pubblicistica

§  F. Merone ‘Explaining the jihadi threat in Tunisia’, in: opendemocracy.net   75

§  A. Jamaoui ‘The impact of the coalition on Ennahda and Nidaa Tounes’, in: opendemocracy.net                                                                                       79

§  M. Chabbi ‘Armée et transition démocratique en Tunisie’, in: Politique étrangère, n. 1/2015                                                                                       84

§  S. Labat ‘Tunisie: transition démocratique et problématiques sécuritaires nationales et régionales’, in: Les printemps arabes, Revue Défense Nationale, febbraio 2015                                                                                                 95

§  L. Declich ‘In Tunisia la vera rivoluzione può attendere’, in: Limes, n. 3/2015 102

§  L. Declich ‘La Tunisia e il tempo delle scelte in Europa’, in: Limesonline, 19 marzo 2015                                                                                                  109

§  S. Olmati ‘La lunga guerra della Tunisia contro il jihadismo’, in: Limesonline, 20 marzo 2015                                                                                                  111

§  I. Ingrao ‘La Santa Sede, la transizione tunisina e l’uso della forza contro ISIS’, in: www.aspeninstitute.it, 23 marzo 2015                                                    114

§  R. Aliboni ‘Dopo il Bardo - Tunisia, sicurezza e democrazia questioni irrisolte’, in: www.affarinternazionali.it, 26 marzo 2015                                              118

§  Hassan Mneimneh ‘Tunisia in the Midst of the Islamist Civil War’, 31 marzo 2015                                                                                                             120

§  Mourad Chabbi ‘Actuelles de l’Ifri – La question sécuritaire en Tunisie’, in: Institut français des relations internationales, 7 aprile 2015                        123

§  M. Yahua ‘The Dark Side of Tunisia’s Success Story’, in: Carnegie Middle East Center, 11 giugno 2015                                                                               127

§  N. Marzouki, H Mebbed ‘Tunisia: Democratic Miracle or Mirage’, in: Carnegie in Middle East Center, 11 giugno 2015                                                        129

§  M. Pranzetti ‘Tunisia: lo Stato Islamico prepara nuovi attacchi’, in: Lookoutnews, 17 giugno 2015                                                                     134

§  ’Analysis - Ramadan Attacks Strike Three Continents’, in: www.stratfor.com, 26 giugno 2015                                                                                                 137

§  E. Ardemagni ‘Kuwait, Arabia Saudita e la risacca jihadista’, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015                                                              140

§  ’Analysis – Tunisia Struggles With Militants, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015                                                                                                             142

§  S. Olmati ‘Perché la Tunisia è una priorità dello Stato Islamico’, in: Limesonline¸27 giugno 2015                                                                        146

§  C. Panella ‘La Tunisia è il posto più insicuro del Maghreb, Colpa delle purghe della Fratellanza islamica                                                                             148

§  M. Cristiano Allam ‘La Tunisia chiude le moschee, da noi le aprono’, ne: Il Giornale, 28 giugno 2015                                                                             149

§  F. Biloslavo ‘Lo stragista di Tunisia guidava una cellula di jihadisti attivi in Italia’, ne: Il Giornale, 4 luglio 2015                                                              150

§  R. Est., ’La Tunisia abbassa la saracinesca ‘ Isis alle porte, siamo in guerra’ , in: Nazione-Resto del Carlino-Giorno, 5 luglio 2015                                    151

§  L. Declich ‘Il valore locale dell’attentato dello Stato Islamico in Tunisia’, in: Limesonline 6 luglio 2015                                                                            152

§  Editoriale ‘Dal Londonistan alla spiaggia in Tunisia’, ne: Il Foglio, 7 luglio 2015 154

§  M. G. Amadio Viceré ‘EU counterterrorism efforts and the role of High Representative Mogherini’, in: www.aspeninstitute.it, 7 luglio 2015            155

 

 

 


Schede di lettura

 


La transizione politico-istituzionale in Tunisia
e la spirale terroristica
(a cura del Servizio Studi)

 

Alla metà di dicembre del 2013, non senza grandi difficoltà, si raggiungeva un accordo istituzionale per porre fine all’instabilità che aveva caratterizzato il paese per tutto il 2013. Il 9 gennaio 2014 effettivamente si dimetteva il premier Laarayedh, nelle stesse ore in cui la Costituente sanciva, con un emendamento al progetto costituzionale in via di elaborazione, la completa parità giuridica tra uomini e donne – già inserita nel testo - anche nelle assemblee elettive.

La nuova Costituzione prevede anche, nonostante il riconoscimento dell’Islam come religione di Stato, l’esclusione della Shari’a dal quadro delle fonti dell’ordinamento giuridico dello Stato, consentendo invece libertà di fede e coscienza, e rigettando le ipotesi di apostasia quali figure di reato.

Il 26 gennaio 2014 l’ex ministro dell’industria Mehdi Jomaa riceveva l’incarico di formare un governo tecnico frutto del compromesso tra Ennahdha e le opposizioni.

Il 4 marzo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si recava a Tunisi per la prima missione all’estero del suo mandato: Renzi ha incontrato le massime cariche istituzionali del vicino paese – oltre che esponenti della vivace società civile -, alle quali ha rinnovato la considerazione della centralità del Mediterraneo per l’Italia, in una prospettiva di dialogo e sviluppo.

Alla fine di maggio il paese tornava a dividersi in merito allo scioglimento della Lega per la protezione della rivoluzione disposto dal Tribunale civile di Tunisi: la Lega, una formazione a carattere paramilitare, era stato costante sostegno dei governi di ispirazione islamista, con forme di violenza fisica nei confronti degli oppositori, che talvolta erano giunte all’omicidio. Lo scioglimento della Lega naturalmente determinava reazioni negative da parte del fronte islamista, ma anche di partiti come il Congresso per la Repubblica - che ha fatto parte dei governi successivi alla caduta di Ben Alì - si esprimevano in senso contrario al provvedimento del tribunale civile di Tunisi.

Dall’altra parte le forze che maggiormente avevano sperimentato le violenze della Lega salutavano con favore lo scioglimento di essa. Singolare era poi giudicato in diversi ambienti del paese nordafricano il fatto che di fronte alle innumerevoli violenze compiute negli ultimi anni dalla Lega lo scioglimento di essa fosse stato poi decretato per ragioni amministrative, quando lo Stato decideva di contestare la legalità formale della sua costituzione: indirettamente, ciò era visto come conferma dell’inerzia della giustizia penale tunisina.

Il 28 maggio la violenza si riaccendeva nella regione sudoccidentale della Tunisia, a Kasserine, in una zona limitrofa a una roccaforte dei fondamentalisti ove dall’inizio del 2013 si erano registrati due assassinii politici e una ventina di morti tra i membri delle forze dell’ordine: attorno alla mezzanotte alcuni miliziani presumibilmente fondamentalisti uccidevano quattro poliziotti durante un attacco all’abitazione del ministro degli interni Ben Jeddou, che tuttavia ne usciva illeso.

La Presidenza della Repubblica decretava un giorno di lutto nazionale, nelle stesse ore in cui si inaugurava nella capitale una conferenza internazionale sulla libertà di espressione nel mondo arabo - promossa da un’organizzazione non governativa italiana (“Un ponte per”) all’interno di un progetto cofinanziato dall’Unione europea - nella quale, in riferimento alla Tunisia, si constatava la persistente difficoltà per la libertà di espressione a causa dell’opposta pressione di forze populiste - da un lato quelle integraliste islamiche e dall’altro gruppi risorgenti di persone già appartenute al sistema di potere di Ben Alì, che proprio nella lotta agli islamisti cercavano il veicolo per riaccreditarsi sulla scena del paese.

Il 16 luglio si registrava un altro grave episodio di terrorismo nell’area del monte Chaambi, vicino al confine algerino, da tempo dichiarata a rischio per la presenza di diversi gruppi terroristici: proprio uno di tali gruppi perpetrava l’attacco a due basi di controllo dell’esercito, provocando la morte di 14 militari ed il ferimento di una ventina. Le autorità proclamavano tre giorni di lutto nazionale, mentre giungeva una rivendicazione da parte di una brigata appartenente al gruppo jihadista di Ansar al-Sharia, collegato ad al-Qaida.

 

La polarizzazione del quadro politica alla vigilia delle elezioni politiche e presidenziali

La Tunisia tornava al centro dell’attenzione internazionale verso la fine di ottobre, in vista delle elezioni legislative fissate per il giorno 26, e delle presidenziali del 23 novembre. L’attesa elettorale era funestata il 24 ottobre dall’assalto delle forze dell’ordine ad una casa alla periferia della capitale dove si erano asserragliati alcuni presunti terroristi: il bilancio del blitz è stato di sei morti, tra i quali cinque donne.

La vigilia del voto registrava ancora la massima incertezza sui risultati, anche in considerazione del divieto di pubblicazione dei sondaggi durante la campagna elettorale. Comunque, i tunisini avrebbero scelto i loro rappresentanti tra i candidati di oltre 1.300 liste in 33 circoscrizioni, sei delle quali estere. Certamente nuovo si presentava il panorama delle forze politiche tunisine, con un’accentuata polarizzazione su due raggruppamenti maggioritari, quello tra Ennahdha, Ettakatol ed il Congresso per la Repubblica, interprete dei valori più tradizionali e maggiormente legato all’islamismo; e quello guidato dalla forza politica creata nel giugno 2012 da Caid Essebsi, NidaaTounes, più legato al laicismo tradizionale e al nazionalismo tunisino, sulla scia di Habib Bourghiba.

Proprio Essebsi aveva escluso per tutta la durata della campagna elettorale ogni possibilità di alleanza con gli islamisti di Ennahdha.

Più in dettaglio, va osservato come i tre partiti che avevano fino a quel momento guidato la Tunisia, pur scontando le differenze tra Ennahdha da un lato, e i due partiti di centro-sinistra Ettakatol e Congresso per la Repubblica dall’altro, avevano subito un notevole discredito proprio dall’insufficiente prova di governo. Per quanto concerne Ennahdha, poi, molti tunisini rimproveravano al partito islamico moderato di Ghannouci l’eccessiva tolleranza verso le iniziative aggressive dei salafiti, moltiplicatesi dopo la caduta di Ben Ali.

A riprova dello smarrimento di Ennahdha, molti osservatori evidenziavano poi come il partito, pur maggioritario nelle precedenti elezioni, non avesse un proprio candidato alle presidenziali, a differenza di Ettakatol e del Congresso per la Repubblica, che presentavano quali candidati per la carica di capo dello Stato rispettivamente il leader Mustafa ben Jaafar - presidente dell’Assemblea nazionale costituente - e Moncef Marzouki, capo dello Stato uscente - peraltro non più alla guida del Congresso per la Repubblica, al cui vertice si trovava ormai Abderraouf Ayadi.

Per quanto concerne l’altro schieramento, Nidaa Tounes si era visto spesso rimproverare di essere espressione di personaggi vicini al regime di Ben Ali, ma un indubbio punto di forza di questo partito era la candidatura di Caid Essebsi alle presidenziali, per le quali era dato per favorito.

Completavano il quadro delle forze politiche principali partecipanti alle elezioni legislative il partito repubblicano, nato nel 2012 dalla fusione di vari partiti di centro, con la figura principale nella persona di Ahmed Chebbi, anch’egli candidato alle presidenziali; e l’Unione patriottica libera del facoltoso uomo d’affari Slim Riahi, ugualmente centrista e con un’ispirazione modernista di mercato - Riahi si era anche candidato alle presidenziali del 23 novembre.

Il 26 ottobre, fortunatamente, le elezioni politiche si svolgevano regolarmente e senza incidenti di rilievo, sotto il controllo di ottantamila appartenenti alla polizia e alle forze armate, e di circa seicento osservatori internazionali. Il presidente USA Obama salutava le elezioni come tappa importante nel processo di costruzione democratica della Tunisia, e a questo giudizio positivo si associava anche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’Alta Rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, allora negli ultimi giorni della sua funzione di Ministro degli esteri italiano, citava la Tunisia come esempio della possibilità di realizzare quello che era apparso il progetto iniziale delle Primavere arabe, con la costruzione di istituzioni democratiche attraverso il confronto politico.

I risultati delle elezioni vedevano l’affermazione del raggruppamento raccolto attorno a Nidaa Tounes, che conquistava una maggioranza relativa dei seggi, e con essa la possibilità di indicare il nuovo premier. Ennahdha  riconosceva la sconfitta elettorale, complimentandosi con gli avversari ed invitando i propri sostenitori a festeggiare comunque la tenuta delle elezioni come vittoria del paese.

Va peraltro registrato che i risultati definitivi assegnavano 85 seggi a Nidaa Tounes e 69 ad Ennahdha, prefigurando pertanto lo scenario di una possibile forzata collaborazione per poter raggiungere la soglia minima di 109 deputati su 217 complessivi.

 

Le elezioni presidenziali

Decisivo per il futuro assetto di governo della Tunisia si presentava pertanto l’appuntamento del 23 novembre, primo turno di svolgimento delle elezioni presidenziali (il secondo turno si doveva tenere il 28 dicembre), sia per un riscontro ulteriore della forza dei rispettivi schieramenti in campo, sia perché sarebbe stato il prossimo presidente della Repubblica ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo. Come previsto, le consultazioni  registravano l’affermazione di Caid Essebsi, il quale tuttavia non riusciva a raggiungere una quota di voti tale da evitare il ballottaggio con il secondo classificato, il presidente uscente Moncef Marzouki.

Questi, già familiare con gli ambienti islamisti per aver governato a lungo nella cosiddetta troika con Ennahdha ed Ettakatol, sembrava in effetti cercare di recuperare spazio politico e voti facendo appello agli ambienti islamici radicali e, sul piano internazionale, al Qatar - che invece con la vittoria nelle elezioni politiche di Nidaa Tounes sembrava aver perso una parte della propria presa sulla realtà tunisina a favore di Francia e Stati Uniti, chiaramente schierati a favore del raggruppamento laico.

Va in tal senso precisato che il risultato delle presidenziali già di per sé  aveva registrato un assottigliamento della distanza tra i due raggruppamenti principali, in quanto Essebsi sfiorava il 40% dei consensi, ma Marzouki superava il 33% - ciò evidentemente perché riusciva a far convergere sulla propria persona la pressoché totalità dei voti espressi dagli elettori di Ennahdha, che pure li aveva lasciati liberi nell’espressione del voto per le presidenziali.

Il 21 dicembre il ballottaggio delle elezioni presidenziali registrava la prevista vittoria di Caid Essebsi, che prevaleva chiaramente sul capo dello Stato in carica Marzouki: per la verità questi contestava nell’immediato il risultato elettorale, denunciando brogli, e alcuni suoi sostenitori davano vita nella serata a un raduno di protesta a El Hamma, disperso dalla polizia. Nella sconfitta di Marzouki aveva probabilmente giocato anche l’atteggiamento di Ennhadha, che pure per il ballottaggio aveva lasciato libertà di voto ai propri sostenitori.

La conclusione della tornata elettorale presidenziale in Tunisia  riscontrava nei giorni successivi l’apprezzamento del Consiglio d’Europa, dell’Amministrazione USA nonché dell’Alta Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini. Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si felicitava con il nuovo omologo tunisino. Il 31 dicembre Essebsi ha giurato innanzi all’Assemblea dei rappresentanti del popolo in seduta plenaria, e alla presenza dell’esecutivo guidato da Mehdi Jomaa, di rappresentanti dei partiti politici e di personalità nazionali e del corpo diplomatico accreditato nel paese.

La procedura per la formazione del nuovo governo è iniziata il 5 gennaio 2015, quando il presidente Essebsi ha ricevuto dal partito di maggioranza Nidaa Tounes la candidatura a futuro premier di Habib Essid. Essid, già attivo nell’alta burocrazia nel ventennio precedente la rivoluzione tunisina, e in seguito ministro dell’interno durante l’assetto di governo provvisorio succeduto alla caduta di Ben Ali, aveva a disposizione un mese di tempo, prorogabile di un ulteriore analogo periodo, per dar vita al nuovo esecutivo.

Nonostante i positivi segnali di assestamento della compagine istituzionale tunisina, il clima della sicurezza continuava a presentare qualche aspetto preoccupante, come quando ad esempio un importante esponente del gruppo terroristico tunisino Ansar al-Sharia ha minacciato di morte in un video dalla Siria due giornalisti che avevano aderito alla condanna del sanguinoso attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, preannunciando una specifica campagna terroristica contro i mezzi di comunicazione a impronta laica della Tunisia.

 

La formazione del nuovo Esecutivo

Il 23 gennaio, comunque, il premier in carica Essid ha presentato la sua formazione di governo al capo dello Stato Essebsi, un esecutivo con molti ministri del partito Nidaa Tounes e alcuni tecnici, ma privo di esponenti di Afek Tounes e di Ennahdha. Nei giorni successivi, evidentemente, Essid comprendeva la difficoltà che la sua formazione di governo avrebbe incontrato pochi giorni dopo nel voto di fiducia parlamentare, tanto che il 2 febbraio presentava una nuova lista di ministri, all’interno della quale era rientrato il partito Afek Tounes, e figuravano inoltre l’Unione patriottica libera e l’islamista Ennahdha – cui è andato il ministero della formazione. Con il governo così configurato - formato da 22 ministri, 2 ministri delegati e 15 segretari di Stato, e con scarsa presenza di tecnici - ha preso corpo la prospettiva di un governo di larghe intese che già i risultati delle elezioni legislative, ma soprattutto quelli delle presidenziali avevano fatto presagire.

Il 4 febbraio effettivamente Essid si presentava in Parlamento, dove il suo governo dopo un lungo dibattito otteneva la fiducia, per entrare in carica due giorni dopo. Essid riceveva le pronte congratulazioni dell’Alto rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini e del  Presidente del consiglio Matteo Renzi, che salutava il ruolo della Tunisia saldamente incamminata in un percorso di sviluppo democratico e di progresso economico.

Il 13 febbraio Federica Mogherini ha avuto occasione di esprimere direttamente alle autorità tunisine il proprio compiacimento, nel corso della visita ufficiale durante la quale ha incontrato il capo della Stato Essebsi e il ministro degli esteri Baccouche, affrontando tra gli altri in particolare i temi della sicurezza, nella declinazione della gravissima crisi libica e della lotta al terrorismo, oltre naturalmente al dossier sui rapporti tra Tunisia e Unione europea - nella prospettiva di un futuro accordo di libero scambio e di facilitazione dei visti per il territorio europeo.

Il terrorismo è tornato in Tunisia in primo piano il 18 febbraio, quando nella pericolosissima area di Boulaaba, nel Governatorato di Kasserine, verso il confine algerino, quattro appartenenti alla Guardia nazionale sono stati uccisi: poche ore dopo proprio la brigata Okba ibn Nafee, legata ad al Qaeda e che nella regione ha il proprio quartier generale, ha rivendicato i quattro omicidi, avvenuti ancora una volta nei pressi del Monte Chaambi. L’attentato è stato presentato dai jihadisti come risposta all’offensiva che le forze di sicurezza tunisine stavano attuando - ed effettivamente i quattro assassinati facevano parte di una pattuglia impegnata in un’operazione di rastrellamento.

Il 25 febbraio vi è stata la visita a Tunisi del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni, il quale ha incontrato le massime autorità dello Stato, ribadendo il sostegno dell’Italia al percorso democratico della Tunisia, e auspicando una sempre maggiore collaborazione in tema di informazioni per la sicurezza e di contrasto al terrorismo.

All’inizio di marzo sono stati colpiti alcuni gruppi terroristici, anzitutto grazie alla cooperazione tra Algeria e Tunisia già da tempo in corso: infatti reparti della Gendarmeria nazionale algerina hanno condotto un’operazione a poca distanza dalla frontiera con la Tunisia - e quindi dalla zona del Monte Chaambi, roccaforte dei jihadisti tunisini -, catturando 13 persone e portando un duro colpo ad un gruppo jihadista algerino affiliato al Daesh, e in rapporti di collaborazione con la brigata tunisina Okba ibn Nafee. Tre giorni dopo, il 4 marzo, un’operazione tunisina nella regione di Kasserine ha condotto all’uccisione di due presunti terroristi, a seguito di un’operazione di rastrellamento ancora una volta nei pressi del monte Chaambi.

La tela sempre più intensa dei rapporti italo-tunisini ha registrato un nuovo sviluppo il 5 marzo, quando il Ministro dell’interno Alfano ha incontrato al Viminale l’omologo tunisino Gharsalli, con al centro dei colloqui il problema dell’immigrazione clandestina e la cooperazione nel contrasto al terrorismo - con particolare riguardo alla situazione di instabilità della Libia e alle minacce che derivano.

La collaborazione tra Italia e Tunisia è proseguita il 17 marzo, quando una delegazione di magistrati del paese nordafricano è stata ricevuta al Consiglio superiore della magistratura per un confronto sulla riforma della giustizia in Tunisia. Nel corso dei colloqui sono emersi l’apprezzamento e l’attenzione del CSM per l’indipendenza della magistratura quale configurata nella nuova Costituzione tunisina, esempio di ciò che gli sforzi del sistema giudiziario italiano si propongono di contribuire a realizzare in tutti i paesi del Nord Africa impegnati in processi di democratizzazione - in tal senso è stato preconizzato il possibile avvento, accanto allo spazio giuridico europeo, anche dello spazio giuridico del Mediterraneo, come fattore essenziale di stabilità regionale.

Il 17 marzo è stato anche il giorno in cui la Ministra tunisina del turismo, Selma Ellouni, smentendo notizie allarmistiche e minacce circolate sul web nei confronti della Tunisia, ha esortato a visitare il paese, da considerare a suo dire sicuro - e in effetti dopo la crisi del 2011 si è assistito ad una graduale ripresa, con oltre 250.000 turisti italiani approdati in Tunisia nel 2014.

 

Gli attentati del 18 marzo

Le parole del ministro tunisino sono state tragicamente smentite il giorno successivo, 18 marzo, dall’attacco terroristico a Tunisi, quando due jihadisti pesantemente armati hanno prima tentato di entrare in Parlamento e, non riuscendovi, hanno ripiegato in direzione del Museo nazionale del Bardo dove, prima di prendere in ostaggio decine di persone, hanno ucciso 21 persone – in maggioranza turisti a bordo di pullman sbarcati da una nave da crociera della Costa, tra i quali quattro nostri connazionali, prima di essere a loro volta uccisi dalle forze di sicurezza. Il giorno successivo il Daesh ha rivendicato la strage, anche se fonti dell’intelligence USA hanno espresso cautela al proposito.

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 20 marzo ha espresso sostegno alla Tunisia nella lotta al terrorismo e disponibilità a inviare una missione di sicurezza in Libia dopo l’eventuale formazione di un governo di unità nazionale: particolarmente forte l’allarme lanciato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi per una maggiore attenzione dell’Europa alle minacce provenienti dal Mediterraneo, come si è già visto capaci di investire l’intero territorio europeo. In ogni modo il Consiglio europeo ha incaricato l’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini di presentare delle opzioni di intervento per il  20 aprile in relazione alla situazione libica. L’Italia peraltro ha insistito anche sulla necessità di stipulare intese di collaborazione tra l’Europa e i paesi del Nord Africa in materia migratoria, potenziando altresì le missioni di monitoraggio e soccorso nel Mediterraneo.

Nei giorni successivi Tunisi ha fornito segnali di forte ripresa, anche in concomitanza del 59º anniversario dell’indipendenza nazionale del 1956con la progettata riapertura del Museo del Bardo per il 24 marzo e, soprattutto, la grande marcia dei popoli uniti contro il terrorismo fissata in apertura del Forum sociale mondiale il 24 marzo.

Nel frattempo sono proseguite con solerzia le indagini che, oltre ad individuare e ricercare un terzo terrorista implicato nell’attacco del 18 marzo, hanno portato all’arresto di non meno di 15 persone. È emerso intanto che i due terroristi uccisi nel blitz delle forze di sicurezza si erano addestrati in Libia, mentre il Capo dello Stato Essebsi ha avvalorato la credibilità della rivendicazione del Daesh. Si è anche proceduto a rimuovere diversi alti funzionari di polizia, riconoscendo indirettamente diverse manchevolezze dell’apparato di sicurezza della capitale nella giornata del 18 marzo: tra essi il capo del distretto di Tunisi, il capo della polizia stradale, quello per la sicurezza dei turisti e il capo della sicurezza del Museo Del Bardo.

Il 24 marzo il Ministro degli esteri Gentiloni si era intanto recato nuovamente in Tunisia: qui è stato raggiunto un accordo per la cancellazione di 25 milioni di euro del debito tunisino nei confronti dell’Italia ma, ancor di più, è stata ribadita la collaborazione con Roma e Bruxelles nella lotta al terrorismo - in tal senso l’Italia e la Francia si sono impegnate a tentare di includere la Tunisia tra gli obiettivi del grande piano di investimenti della Commissione europea (il c.d. piano Juncker).

Il 25 marzo si è avuto l’arresto di una persona considerata la mente dell’attacco terroristico del 18 a Tunisi - si tratterebbe di un tunisino residente in Belgio. È emerso intanto che le persone arrestate nelle indagini successive all’attentato sarebbero tutte appartenenti alla famigerata brigata Okba ibn Nafee, il cui capo si sarebbe in effetti recentemente distaccato dalla fedeltà ad al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI) per schierarsi dalla parte del Daesh. Nella stessa giornata il Consiglio dei ministri ha approvato il testo della nuova legge antiterrorismo, da sottoporre successivamente al parlamento. Si è inoltre proceduto a chiudere o censire luoghi sospetti per la propaganda jihadista.

Lo stesso giorno il Presidente Essebsi ha rivolto un appello al popolo a “envoyer un message à l'étranger selon lequel la Tunisie continue sa lutte contre le terrorisme, mais persiste aussi dans son attachement aux réformes politiques qu'elle a faitesattraverso la partecipazione ad una marcia internazionale per commemorare le vittime dell’attentato, che si è in effetti svolta nella capitale tunisina domenica 29 marzo.

All’imponente manifestazione hanno partecipato numerosi leader internazionali tra quali il Presidente francese François Hollande, il presidente polacco Bronislaw Komorowski, quello palestinese Mahmoud Abbas, i ministri degli Esteri della Germania, Frank Walter Steinmeier, e della Spagna, José Garcia Margallo, il premier algerino Abdelmalek Sellal e l’alta Rappresentante per la Politica estera dell’Ue Federica Mogherini.  Per l’Italia era presente la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, il Presidente del Consiglio dei Ministro, Matteo Renzi ed una delegazione della Commissione Affari esteri della Camera, guidata dal presidente Fabrizio Cicchitto.

La manifestazione ha visto la presenza di decine di migliaia di persone giunte nella capitale da tutto il paese, nella cornice di un imponente spiegamento di forze militari – inclusa la Guardia nazionale - e di polizia: giungeva frattanto la notizia della liquidazione, nel sud del paese, di Chaled Chaib, capo della cellula Okba ibn Nafee, ucciso in un blitz delle forze di sicurezza assieme ad altri otto jihadisti.

 

Il nuovo attacco terroristico di Sousse

Il 18 maggio il Capo dello Stato Sergio Mattarella si è recato a Tunisi per una visita ufficiale, nel corso della quale ha condiviso  con le autorità tunisine l’impegno contro il terrorismo e a difesa della pacifica convivenza, in un grande patto di civiltà capace di legare più che in passato le due sponde del Mediterraneo. Questi i contenuti emersi dagli incontri con il presidente Essebsi e il primo ministro Essid, che hanno punteggiato la giornata di Sergio Mattarella assieme alla visita al Museo nazionale del Bardo colpito dall’attentato del 18 marzo. Tra l’altro durante la visita del Capo dello Stato è stato firmato un accordo per un programma triennale di cooperazione italo-tunisino, confermando altresì quanto già annunciato in merito alla conversione, per un totale di 25 milioni di euro, del debito della Tunisia nei confronti del nostro Paese.

Il Presidente della Repubblica è altresì intervenuto nel Parlamento tunisino riunito in seduta straordinaria, riconoscendo il carattere di dramma umanitario senza precedenti alle vicende dei flussi migratori nel Mediterraneo, rispetto ai quali dall’Europa si attende che se ne faccia carico in spirito di solidarietà e di accoglienza. Sergio Mattarella ha peraltro recisamente respinto ogni ipotesi di intervento militare quale soluzione della questione libica, che dovrà necessariamente passare per la decisione politica dei libici di dar vita a un governo di unità nazionale, capace di iniziare la ricostruzione di istituzioni statali funzionanti.

Proprio in relazione all’attentato al Museo del Bardo del 18 marzo va segnalato che la prosecuzione dell’indagine aveva condotto fino al 19 maggio all’arresto di 46 persone ritenute coinvolte a vario titolo nell’episodio terroristico: nella serata del 19 maggio le forze di polizia italiane procedevano all’arresto di Abdel Majid Touil, di nazionalità marocchina ma residente a Gaggiano, nell’hinterland milanese, accusato in un primo tempo di aver fatto parte come fiancheggiatore dell’organizzazione dell’attentato del Bardo: successivamente diverse evidenze sembravano mostrare invece la presenza di Touil in Italia proprio nei giorni in cui era perpetrato l’attentato.

Cionondimeno, le autorità tunisine ribadivano con forza la loro convinzione della colpevolezza di Touil, che sarebbe stato chiamato in causa da alcuni altri arrestati sempre in relazione allo stesso episodio. Dopo diverse schermaglie giuridiche, il 16 giugno la Quinta Corte d’appello di Milano ha confermato la necessità di detenzione in carcere per Touil, ritenendo ancora attuale e concreto il pericolo di fuga dell’indagato, per di più accusato di delitti particolarmente gravi.

La decisione della Quinta Corte d’appello è stata adottata nell’attesa che dalla Tunisia giunga la formale richiesta di estradizione, il cui incartamento dovrebbe contenere accuse ed elementi di prova tali da consentire di precisare i capi d’imputazione a carico di Touil. Nel frattempo, il 28 maggio si sapeva dell’arresto di un altro marocchino, Noureddine Naibi, che secondo le autorità tunisine avrebbe conosciuto in Libia Touil e i due tunisini dell’attentato del Bardo.

Il 25 maggio nella base militare tunisina di Bouchoucha un trentenne caporale dell’esercito, privato della facoltà di portare armi a seguito della manifestazione di problemi mentali, ha sottratto un’arma ad un commilitone e ha aperto il fuoco sui militari presenti durante  l’alzabandiera uccidendone sette, tra i quali un colonnello, e ferendone una decina. Mentre le autorità tunisine hanno parlato di un atto completamente scollegato da ogni riferimento al terrorismo, il giorno successivo l’ISIS ha rivendicato la strage, compiuta a suo dire da quello che è stato definito un “leone solitario”. Per la verità alcuni media tunisini hanno riferito di una certa vicinanza del caporale a gruppi estremistici, che sarebbe stata la vera causa delle limitazioni impostegli dalle autorità militari.

La brigata Okba ibn Nafee è tornata tragicamente all’attenzione generale il 15 giugno, quando nel luogo simbolo di Sidi Bouzid, dove l’autoimmolazione di un ambulante vessato dalla polizia di Ben Ali aveva dato inizio nel 2011 alle “Primavere Arabe”, sono stati uccisi tre agenti della Guardia nazionale in due diversi attacchi, e vi è stato altresì il ferimento di 11 civili.

La vera ripresa su larga scala del terrorismo in Tunisia doveva purtroppo tuttavia ancora arrivare: il 26 giugno un terrorista, Seiffeddine Rezgui, ha attaccato turisti stranieri sulla spiaggia di Sousse, uccidendone trentotto – 25 dei quali britannici - a colpi di Kalashnikov. La giornata è stata peraltro funestata da altri gravissimi episodi terroristici in Kuwait, dove un’esplosione in una moschea ha provocato 27 morti, e in Somalia, con 50 vittime dopo il lancio di un’autobomba contro una caserma. Nei dintorni di Lione, inoltre, vi è stato il tentativo di far esplodere un impianto di produzione di gas, tentativo non riuscito, senza che ciò impedisse il macabro ritrovamento della testa di un imprenditore.

L’attentato sulla spiaggia di Sousse ha gettato le autorità tunisine nello sconcerto, avendo esso colpito un settore economico, quello del turismo, sul quale il paese conta moltissimo per una sua ripresa - e certamente anche da parte dei terroristi vi è il progetto di danneggiare l’industria turistica tunisina, mettendo in crisi il governo. Le indagini hanno subito ipotizzato l’esistenza di una rete di sostegno per il terrorista Rezgui, del quale è emerso che nel passato aveva lavorato come animatore turistico.

Inoltre è stato sostanzialmente acclarato che Rezgui si sarebbe recato negli ultimi tre mesi in Libia ad addestrarsi in un campo di Ansar al-Sharia, dove avrebbe anche conosciuto i due connazionali attentatori del Bardo. Mentre una serie di arresti venivano effettuati in Tunisia, il governo decideva di schierare quasi duemila agenti supplementari armati per il pattugliamento di spiagge e hotel, nonché di procedere alla chiusura di un’ottantina di moschee considerate al di fuori del controllo statale. Le autorità tunisine riferivano il 30 giugno dell’arresto di un conoscente di Rezgui che sarebbe implicato nella strage di Sousse.

La concomitanza dell’addestramento dei tre terroristi tunisini in Libia portava poi le indagini nella direzione di Seifallah Ben Hassine, leader radicale islamico tunisino che proprio in Libia risiedeva dal 2013, e in quel paese sarebbe stato seguito da molti dei suoi fedeli reclutati dopo la caduta di Ben Ali e nella sostanziale inerzia delle autorità tunisine nel periodo del governo di Ennahdha. Ben Hassine, conosciuto anche come Abu Iyadh, fondatore dell’ala tunisina di Ansar al-Sharia, sarebbe tuttavia morto il 14 giugno in seguito a un attacco dei droni americani in territorio libico, nelle stesse circostanze che avrebbero portato alla morte il terrorista algerino Belmokhtar.

 

Gli sviluppi più recenti: la dichiarazione dello stato di emergenza e la costruzione di una barriera ai confini con la Libia

Il 4 luglio vi è stata la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio tunisino per 30 giorni, ulteriormente rinnovabili. Il presidente Essebsi ne ha dato l’annuncio alla nazione un discorso di 30 minuti, nel quale ha ricordato le circostanze eccezionali che il paese sta vivendo, di fronte alle quali il Capo dello Stato ha il preciso dovere di imporre lo stato di emergenza - secondo Essebsi  un altro attentato come quelli del 18 marzo e del 26 giugno potrebbe portare addirittura al crollo della compagine statale, minata dalla paura e dalla sfiducia.

Abbiamo l’Isis alle porte”, ha detto il Capo dello Stato alla televisione spiegando la decisione di proclamare lo stato di emergenza. “La Tunisia sta vivendo circostanze eccezionali che necessitano di misure eccezionali”, ha aggiunto precisando: “noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”.

Essebsi ha giustificato questo provvedimento con la necessità di combattere il terrorismo in quanto lo Stato islamico vuole instaurare un Califfato, mentre “noi vogliamo un paese democratico con un sistema repubblicano laico e non torneremo indietro. Noi abbiamo una Costituzione laica e i terroristi vogliono il Califfato”. Essebsi ha infine ringraziato “l’Algeria che sta al fianco della Tunisia nella lotta al terrorismo”.

Lo stato di emergenza affida maggiori poteri al governo e maggiore autorità a polizia ed esercito, limitando alcuni diritti quali quello di riunione. Disciplinato con un decreto legislativo del 1987, sancisce le cause per cui le autorità decidono di applicare tale misura, gravi attacchi contro l’ordine pubblico o calamità, e stabilisce inoltre che una volta terminato il periodo d’emergenza le misure speciali adottate cessano il loro effetto.

Durante il periodo in cui è in vigore, le autorità possono limitare la circolazione di persone e autoveicoli; vietare scioperi e manifestazioni; introdurre nuove regole sul permesso di soggiorno, vietandolo a tutti coloro che intralciano l’azione delle pubbliche autorità; e procedere al fermo di persone o al sequestro dei loro beni, per garantire la sicurezza della nazione.

Inoltre, il Ministero dell’Interno può disporre l’arresto di qualsiasi persona sospettata di compiere attività pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico; ordinare a tutti coloro che posseggono un’arma regolarmente registrata di consegnarla alle autorità; stabilire la chiusura temporanea di teatri, cinema e luoghi di incontro, vietando anche assemblee pubbliche per evitare disordini.

In vigore dal 15 gennaio 2011 lo stato di emergenza era stato revocato il 6 marzo 2014. Una revoca, che non precludeva comunque la possibilità di un supporto militare delle forze di sicurezza se necessario, né la prosecuzione di operazioni militari specialmente nelle zone di confine.

Il Parlamento tunisino, l’8 luglio, ha ratificato il decreto presidenziale che ha proclamato lo stato di emergenza: il presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo, Mohammed Ennaceur, ha annunciato il sostegno del Parlamento al provvedimento, sottolineando che “il Paese è nelle mani delle forze di sicurezza”, e che “lo stato d’emergenza necessita dell’unità di tutto il popolo". Nel corso della seduta il premier Essid ha ricordato che, dal marzo di quest’anno, le autorità hanno arrestato circa 1.000 presunti terroristi ed a 15.000 giovani è stato impedito di partire per i territori di combattimento della Jihad di Siria, Iraq e Libia.  

Lo stesso giorno il Premier ha annunciato l'avvio dei lavori per la costruzione di un muro e di un fossato lungo il confine con la Libia, nell'ambito del piano volto a fermare l'infiltrazione degli jihadisti dalla Libia in territorio tunisino. La decisione è stata resa nota durante un'intervista alla televisione di stato su stato di emergenza e terrorismo. Il muro sarà lungo 168 chilometri e sarà ultimato entro la fine del 2015. "La Libia è diventato il primo problema e stiamo studiando anche di installare apparecchiature elettronico lungo il confine nonostante la spesa" ha detto Essid. La barriera  consentirà di controllare la parte più a rischio della frontiera con la Libia, quella da cui, come concordano investigatori ed analisti, è più facile passare, in una direzione o nell'altra.

 

 

 


 

 


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Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

 

L’Unione europea intrattiene da lunga data rapporti privilegiati con la Tunisia, sostenendone le riforme politiche, la modernizzazione economica.

L’accordo di associazione UE Tunisia

A seguito del lancio del Partenariato euromediterraneo nel 1995 a Barcellona - poi evolutosi nel 2008 nell'Unione per il Mediterraneo - la Tunisia fu il primo paese tra quelli del Mediterraneo a firmare nel 1995 un accordo di associazione con l’UE, che costituisce tuttora la base giuridica delle relazioni tra UE e Tunisia.

L’Accordo prevede:

·        l’istituzionalizzazione di un dialogo politico tra UE e Tunisia.

Il dialogo politico si svolge nell’ambito del consiglio di associazione, costituito da un lato da membri del Consiglio e della Commissione, oltre che dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), e dall’altro da membri del Governo tunisino. E’ previsto inoltre un comitato d’associazione, che si riunisce a livello di funzionari, con il compito di seguire l’applicazione dell’accordo e preparare le riunioni del consiglio di associazione.

·        disposizioni in materia commerciale, con l’obiettivo di una reciproca e progressiva liberalizzazione degli scambi di beni agricoli e industriali, nonché previsioni su libertà di stabilimento, liberalizzazione dei servizi, libera circolazione dei capitali e concorrenza. Sulla base delle previsioni dell’accordo, una zona di libero scambio dei prodotti industriali è in vigore dal 2008;

Nel mese di ottobre 2015 dovrebbero essere avviati i negoziati per un più comprensivo accordo di libero scambio tra la UE e la Tunisia.

·        la cooperazione scientifica, tecnologica e culturale nonché in materia di giustizia e affari interni.


 

Il Piano d’azione 2013-2017 per la Tunisia nell’ambito della Politica europea di vicinato

Il piano d’azione 2013 -2017[1] per la Tunisia, definito nel 2014 nell’ambito della Politica europea di vicinato dell’UE, individua le seguenti priorità:

·        consolidamento delle riforme per la democrazia e lo Stato di diritto;

·        rafforzamento del dialogo politico e la cooperazione nei seguenti settori: democrazia dei diritti umani, politica estera e di sicurezza, cooperazione nella lotta contro il terrorismo;

·        sviluppo di condizioni favorevoli per gli investimenti diretti esteri e  miglioramento delle condizioni per lo sviluppo di imprese e dell’imprenditorialità;

·        cooperazione nel settore dello sviluppo della ricerca scientifica, e dell'istruzione superiore;

·        graduale ravvicinamento delle legislazione in materia di lavoro e politica sociale alle norme europee;

·        ravvicinamento delle regolamentazioni tecniche;

·        rafforzamento delle infrastrutture dei trasporti nazionali e regionali e la loro interconnessione con la rete transeuropea dei trasporti;

·        attuazione del memorandum d'intesa sulla progressiva integrazione del mercati dell'elettricità dei paesi del Maghreb nel mercato interno dell'elettricità dell'UE;

·        gestione efficace dei flussi migratori, compresa la possibilità di concludere un accordo di riammissione;

·        circolazione delle persone nell'ambito delle norme vigenti, prevedendo in particolare regimi semplificati per la concessione di visti di breve durata per alcune categorie di persone.

Partenariato per la mobilità UE - Tunisia

La Commissione europea e il Governo tunisino hanno firmato ad aprile 2014 un partenariato per la mobilità[2] volto a:

·        agevolare la circolazione delle persone tra l'UE e la Tunisia, in particolare migliorando l'informazione dei cittadini tunisini che hanno le qualifiche richieste in merito alle offerte di lavoro, di studio e formazione disponibili nell'UE, oltre a facilitare il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali e dei titoli accademici;

·        promuovere una gestione comune e responsabile dei flussi migratori, soprattutto semplificando le procedure per il rilascio del visti;

·        sostenere gli sforzi delle autorità tunisine impegnate sul fronte dell'asilo, nella prospettiva di istituire un sistema di protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

Relazione annuale dell'UE sull'attuazione della politica di vicinato

La Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno presentato il 25 marzo 2015 la relazione annuale sull'attuazione della politica di vicinato dell'UE.

Per quanto riguarda la Tunisia, la Commissione europea ha espresso le seguenti raccomandazioni per il 2015:

·      attuare la nuova Costituzione, creare l’insieme degli organi costituzionali e organizzare le elezioni municipali e regionali;

·      consolidare il rispetto dei diritti costituzionali con la modifica degli atti giuridici e regolamentari e delle procedure che limitano alcune libertà fondamentali;

·      garantire il rispetto dei diritti delle donne;

·       rendere più efficace il meccanismo di prevenzione della tortura;

·      adottare le riforme legislative e regolamentari che rafforzano lo stato di diritto, con particolare attenzione all’indipendenza, professionalità ed efficacia del sistema giudiziario;

·      adottare una politica di riforma in materia di sicurezza, in particolare per quanto riguarda polizia e gestione delle frontiere, nel rispetto dei diritti umani e degli standard internazionali;

·      adottare un quadro legislativo che garantisca la protezione dei rifugiati, dei migranti e dei richiedenti asilo.

Cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo

Dopo l’attentato terroristico al Museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015, il Consiglio europeo del 19 e 20 marzo ha adottato una dichiarazione sulla Tunisia con la quale l’UE ha espresso la propria determinazione a incrementare la cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo e a sostenere ulteriormente il paese nel rafforzamento delle riforme interne.

In occasione del Consiglio di associazione UE- Tunisia, che si è svolto lo scorso 17 marzo, l’UE si è impegnata a rafforzare la cooperazione con la Tunisia in materia di sicurezza e di gestione integrata delle frontiere. L’UE ha altresì invitato la Tunisia a riformare la legislazione antiterrorismo rendendola compatibile con i principi democratici.

La missione navale militare dell’UE nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED)

Il Consiglio affari esteri dell’UE, nella riunione del 22 giugno 2015, ha deciso l’avvio dell’operazione navale militare, denominata EUNAVFOR MED, volta a contribuire a smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.

Il primo ministro tunisino Habib Essid, in occasione di una visita a Bruxelles a fine maggio 2015, ha indicato che la Tunisia è contraria ad operazioni militari per contrastare il fenomeno degli immigranti illegali.

La missione - condotta nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - è stata approvata dal Consiglio affari del 18 maggio 2015 con la decisione 2015/778, sulla base del mandato conferito dal Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015.

La missione sarà realizzata adottando misure sistematiche per individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti, in conformità del diritto internazionale applicabile, incluse l'UNCLOS e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il comando operativo di EUNAVFOR MED ha sede a Roma  e comandante dell'operazione è stato nominato l'ammiraglio di divisione Enrico Credendino. La missione ha una durata iniziale di 2 mesi per la fase preparatoria e 12 mesi per quella operativa.

La missione EUNAVFOR MED è condotta in 3 fasi:

a)    in una prima fase, sostiene l'individuazione e il monitoraggio delle reti di migrazione attraverso la raccolta d'informazioni e il pattugliamento in alto mare conformemente al diritto internazionale;

b)    in una seconda fase,

-     procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile, in particolare UNCLOS e protocollo per combattere il traffico di migranti;

-     conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti, in alto mare o nelle acque territoriali e interne di tale Stato, di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani;

c) in una terza fase, conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, adotta tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi, anche eliminandoli o rendendoli inutilizzabili, che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, nel territorio di tale Stato, alle condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso.

Per operare pienamente e in particolare per la seconda e la terza fase della missione sarà necessario un mandato internazionale attraverso una  risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Oltre all’Italia, partecipano alla missione i seguenti Stati membri: Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

La missione sarà composta da circa mille uomini, cinque navi da guerra, due sottomarini, tre aerei da pattugliamento marittimo, tre elicotteri, e due droni. La nave ammiraglia dell'operazione navale sarà la portaerei italiana Cavour.

Il controllo politico e la direzione strategica della missione è esercitato dal Comitato politico di sicurezza, organo preparatorio del Consiglio per le materie  relative alla della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica sicurezza e di difesa comune (PSDC).

La missione coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri ed è previsto prevede un meccanismo di coordinamento con le agenzie dell’Unione Frontex, Europol, Eurojust, Ufficio europeo di sostegno all’asilo e le altre missioni PSDC.

Si ricorda, inoltre, che nelle acque territoriali dell’UE sono attualmente già operative le operazioni Triton e Poseidon gestire dall’agenzia Frontex.

L'importo di riferimento finanziario per i costi comuni della missione è stato stimato pari a 11,82 milioni di EUR.

Assistenza finanziaria

L’UE ha dedicato notevoli risorse finanziarie al paese per aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi:

·      per il periodo 2011-2013, in conseguenza dei cambiamenti politici avvenuti in Tunisia, ai 240 milioni di euro già previsti nell’ambito dello strumento europeo di vicinato e partenariato[3], si sono aggiunti ulteriori 160 milioni di euro per rispondere ai nuovi bisogni del paese e per rilanciare ripresa economica e occupazione;

·      per il periodo di programmazione finanziaria dell’UE 2014- 2020[4]  è previsto uno stanziamento complessivo a favore della Tunisia compreso tra 725 e 886 milioni di euro, dei quali per il periodo 2014-2015 è prevista una cifra tra i 202 e i 246 milioni di euro destinati a tre settori di intervento:

-     riforme socio-economiche per la crescita inclusiva la competitività e l’integrazione (cui va il 40% delle risorse totali);

-     rafforzamento degli strumenti fondamentali della democrazia (cui va il 15% delle risorse totali):

-     sviluppo sostenibile locale e regionale (cui va il 30% delle risorse totali).

Il 16 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato assistenza macrofinanziaria alla Tunisia, per un importo massimo di 300 milioni di euro, in forma di prestiti a condizioni molto vantaggiose, al fine di sostenere la stabilizzazione economica e le riforme del paese. L'assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno della bilancia dei pagamenti tunisina rilevato dal programma del Fondo monetario internazionale.

La Tunisia è inoltre il maggiore beneficiario dei finanziamenti forniti dall’UE nell’ambito del programma regionale SPRING (Support for Partnership, Reform and Inclusive Growth), adottato dalla Commissione a sostegno dei vicini meridionali in occasione della cosiddetta primavera araba con l’obiettivo di promuovere indipendenza e efficienza del sistema giudiziario, governance e lotta alla corruzione, protezione dei diritti umani e dei principi democratici, contrasto al traffico di esseri umani. Per quanto riguarda la Tunisia, un iniziale finanziamento di 20 milioni di euro nel 2011 è stato seguito da 80 milioni di euro nel 2012 e ulteriori 55 milioni di euro nel 2013.

In tema di institution-building, la Tunisia beneficia dei programmi twinning così come dei programmi Technical Assistance Information Exchange (TAIEX) e Support for Improvement in Government and Management (SIGMA) con l’obiettivo di migliorare le capacità amministrative nelle istituzioni pubbliche.

Relazioni commerciali

L’UE è il primo partner commerciale per la Tunisia. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2014 l’UE ha esportato merci in Tunisia per un volume di circa 11 miliardi di Euro ed ha importato merci dalla Tunisia per un volume di circa 9,4 miliardi di euro. Al 2013 gli investimenti esteri diretti dell’UE in Tunisia sono pari a 2,6 miliardi di euro mentre gli investimenti diretti della Tunisia nell’UE sono pari a 300 milioni di euro.

 

 

 


Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

 

 

PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA DEI RAPPRESENTANTI DEL POPOLO

 

Mohamed ENNACEUR (Nidaa Tounes, eletto il 4 dicembre 2014).

 

 

RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

 

AMBASCIATORE D’ITALIA

S. E. Raimondo DE CARDONA (dal luglio 2013).

 

AMBASCIATORE DI TUNISIA

S. E. Naceur MESTIRI  (luglio 2011)

 

 

Incontri Bilaterali

La Presidente della Camera, Laura Boldrini, si è recata il 28 e 29 marzo 2015 in visita ufficiale in Tunisia per partecipare alla Marcia della Pace, indetta a seguito dell’attentato al Museo del Bardo. Nel corso della visita, la Presidente ha avuto un colloquio con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, nel corso del quale nel ribadire la vicinanza e la solidarietà dell’Italia alla Tunisia, ha auspicato un rafforzamento delle relazioni tra la Camera dei deputati e l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo anche a livello di cooperazione amministrativa. La Presidente ha poi incontrato la Ministra della Cultura e della Salvaguardia del Patrimonio, Latifa Lakddhar, insieme ad alcune deputate e a rappresentanti della società civile femminile tunisina e ha avuto un incontro con rappresentanti della comunità italiana.

Il 10 settembre 2014, l’allora Presidente della Repubblica tunisina, Mohamed Moncef Marzouki, in visita ufficiale in Italia, è stato ricevuto alla Camera dalla Presidente, Laura Boldrini; all’incontro era presente anche il Presidente del Senato, Pietro Grasso. Nell’incontro, il Presidente tunisino ha enfatizzato l’importanza delle relazioni con l’Italia, sia sotto il profilo bilaterale – sottolineando il ruolo che l’imprenditoria italiana svolge nel Paese – sia a livello multilaterale, per la lunga tradizione di rapporti con l’area mediterranea che consente all’Italia un rapporto privilegiato con la regione.

Di fronte alla drammatica situazione che attraversa la regione, occorre uno sforzo comune; in particolare, la crisi libica, che ha portato oltre due milioni di rifugiati in Tunisia, richiede una soluzione in cui siano coinvolti tutti i paesi transfrontalieri, tra cui l’Italia. Siria, Libia e Califfato IS costituiscono un pericolo, che – secondo il Presidente tunisino – è la risultante di 50 anni di politiche sbagliate. Il modello tunisino rappresenta la via migliore per la costruzione di una società democratica e laica ed occorre per questo che l’Europa sostenga ed agevoli la formazione di governi solidi. Per la Presidente Boldrini l’esempio della Tunisia dimostra che si può uscire da dittatura da soli e andare verso democrazia; ha auspicato altresì che si possano riallacciare a livello parlamentare un'attività più intensa, con relazioni istituzionali per consolidare la tradizione di vicinato.

Il 3 aprile 2013, a latere della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione per il Mediterraneo, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato il Presidente dell’Assemblea Costituente tunisina, Moustapha Ben Jaafar. La Presidente Boldrini ha espresso l’attenzione che l’Italia ha nei confronti della Tunisia, Paese con il quale ci sono importanti legami di amicizia, economici e culturali. Il Presidente Ben Jaafar, nel sottolineare il forte rapporto della Tunisia con l’Italia, ha poi ribadito l’importanza di una politica dei visti più aperta, che consenta una maggiore libertà di movimento. Il Presidente dell’Assemblea costituente tunisina si è poi soffermato sulla situazione interna del Paese, indicando che si registra un miglioramento della situazione economica e che, relativamente ai lavori della Costituente, entro il mese di luglio prossimo sarà ultimato il progetto di Costituzione, mentre le elezioni dovrebbero svolgersi entro l’anno.

 

Incontri delle Commissioni

Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 29 al 30 marzo 2015 per partecipare alla Marcia internazionale della pace contro il terrorismo, all’indomani degli attentati del Bardo (v. sopra). In tale occasione la delegazione parlamentare ha avuto colloqui con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, e con Rached Ghannouchi, capo del Partito di ispirazione islamica Ennhadha. La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal suo Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 19 al 21 gennaio 2015: nel corso della visita i parlamentari sono stati ricevuti dal Primo Ministro, Mehdi Jomaa, dal Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Ennaceur, insieme a una delegazione di parlamentari tunisini, dal Segretario di Stato agli Affari Esteri, Faical Gouiaa, da Yassin Brahim, leader di Afek Tounes, quinto Partito del Paese (di orientamento liberale) ed ex Ministro dei Trasporti, da Rached Ghannouchi, leader di Ennhadha,e da Hamma Hammami, portavoce del Fronte Popolare. La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

 

Altri incontri

L’8 maggio 2014, la Vice Presidente dell'Assemblea Costituente della Repubblica di Tunisia, Maherzia Labidi, è stata audita presso il Comitato Africa ed il Comitato Diritti umani della Commissione Affari esteri.

 

Cooperazione multilaterale

La Tunisia partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito dell’Assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo (AP-UpM),.

Si ricorda che la Tunisia ha esercitato la Presidenza di turno dell’Assemblea Parlamentare dal marzo 2006 al marzo 2007 ed ha organizzato, a Tunisi, la riunione Plenaria il 16 e 17 marzo 2007.

 

DIALOGO 5 + 5 La Tunisia partecipa alla dimensione parlamentare del Dialogo 5 + 5 (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta e Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania), la cui ultima riunione, dedicata ai temi: Dialogo politico e sicurezza regionale, Sviluppo economico e cambiamenti climatici, Sviluppo sociale, immigrazione e traffico di esseri umani, si è tenuta a Lisbona, il 20 maggio 2014.

 

NATO Il Parlamento tunisino ha lo status di osservatore nel Gruppo Speciale del Mediterraneo e del Medio Oriente dell’Assemblea Parlamentare della NATO (si segnala che nel giugno 2002 si è svolto a Tunisi l’incontro del Gruppo e in tale occasione è stato conferito alla Camera dei deputati tunisina tale status[5]). Il Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio oriente (GSM) dell’Assemblea parlamentare della NATO è un organismo specializzato di tale Assemblea, creato nel 1997, per intensificare le relazioni con i paesi della riva sud del Mediterraneo; esso rappresenta un foro di dialogo per i parlamentari dei Paesi NATO e del Medio Oriente e Nord Africa per discutere questioni politiche e di sicurezza.

 

OSCE La Tunisia è partner per la cooperazione mediterranea dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE.

 

Unione Interparlamentare

Nell’ambito dell’Unione interparlamentare opera il Gruppo di amicizia Italia – Tunisia, attualmente in fase di ricostituzione, presieduto per la parte italiana dal senatore Claudio Martini (PD).

 

 

 

 

 

 


Focus geopolitico

 


M. Di Liddo ‘Tunisia: Punto di situazione’,
a cura del CeSI, luglio 2015

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Mappa della Tunisia. Elaborazione Ce.S.I.

Negli ultimi mesi, il processo di transizione democratica e la stabilità della Tunisia hanno vissuto il loro momento più difficoltoso e drammatico. Infatti, nonostante il Paese abbia dimostrato una invidiabile maturità politica attraverso il consolidamento di quelle procedure elettorali e governative che hanno permesso l’alternanza al vertice dello Stato di formazioni islamiste moderate (Ennadha) e laiche (Nidaa Tounes), le difficoltà economiche e la crescita delle attività eversive di matrice terroristica rischiano di compromettere le poche ma significative conquiste ottenute dopo la Primavera Araba.  

In particolare, a partire dalla fine del 2013, la Tunisia ha conosciuto un drammatico incremento delle attività jihadiste perpetrate da diversi gruppi locali orbitanti nel network terroristico sia di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) sia dello Stato Islamico (IS) di Abu Bakr al-Baghdadi.

Di questi, i più gravi sono stati l’imboscata ad un convoglio dell’Esercito sui Monti Djebel Chambi, nella regione occidentale di Kasserine, al confine con l’Algeria (29 luglio 2013, 8 morti), l’attacco al Museo del Bardo di Tunisi (18 marzo 2015, 24 morti, di cui 21 turisti stranieri, tra i quali 4 italiani) e l’assalto al Riu Imperial Marhaba Hotel di Port el-Kantaoui (26 giugno 2015, 38 morti, tutti turisti stranieri).

L’analisi dei tre attacchi in questione, che rappresentano gli episodi di terrorismo più gravi nella storia del Paese, permette di comprendere a fondo l’evoluzione recente del fenomeno jihadista tunisino, le sue radici sociali, gli obbiettivi politici e i legami con la rete trans-nazionale e globale.

Innanzitutto, la strage del Marhaba Hotel rappresenta un atto terroristico maturamente anti-occidentale, il cui obbiettivo operativo e simbolico era costituito da quei cittadini e governi stranieri kuffar (miscredenti) ritenuti dai movimenti jihadisti nemici del “vero Islam” e, dunque, avversari da annientare. Inoltre, nel colpire le strutture turistiche tunisine, il commando terroristico ha inteso attentare ad uno dei simboli dell’occidentalizzazione del Paese, quale un complesso vacanziero frequentato da stranieri e in un’area, come quella della costa, dove vive la parte più laica e cosmopolita della popolazione

In questo senso, sussiste una profonda differenza con l’attacco all’Esercito sui Monti Djebel Chambi e con l’assalto al Museo del Bardo, la cui dinamica appare ancora poco chiara[6], che invece rispondevano ad una logica di destabilizzazione puramente nazionale, rivolta contro simboli e istituzioni marcatamente nazionali nonché contro fedeli islamici ritenuti apostati (takfiri). Questo permette di comprendere come il panorama estremista tunisino sia composto da due anime, una prettamente nazionale ed una a vocazione internazionale.

Tuttavia, è bene sottolineare come la dimensione nazionale e quella internazionale convivono e sono parti integranti e inscindibili del fenomeno jihadista tunisino e che una non esclude o sostituisce l’altra. Infatti, al pari di altri scenari nord africani, saheliani e mediorientali e in accordo alle più recenti tendenze evolutive della strategia e dell’ideologia jihadista globale, anche il movimento terroristico tunisino ha riscoperto la propria intima vocazione locale.

In questo modo, l’attività dei miliziani tunisini assume la valenza di lotta interna nel contesto di un più ampio jihad globale. Se a questa dimensione politica si sovrappone quella logistica della rete di contatti che lega i movimenti terroristici di tutta la regione, si può comprendere come il terrorismo tunisino rappresenti la ramificazione nazionale di un fenomeno diffuso dal Sahel al Medio Oriente. Un esempio concreto di questo fenomeno è offerto dalla storia degli attentatori del Bardo e del Marhaba Hotel, tutti recatisi a Derna, uno dei nuclei principali del jihadismo libico, nel periodo immediatamente precedente al compimento delle stragi. Inoltre, particolarmente significativa è stata l’uccisione, nella notte tra il 14 e il 15 giugno, dello Sceicco Ben Yassine, tra i più influenti leader jihadisti tunisini, presso la città libica di Agedabia, sul Golfo della Sirte a 160 km a sud di Bengasi, avvenuta in seguito ad un raid aereo da parte delle Forze Armate statunitensi. La presenza di Ben Yassine a Agedabia, in quella che pare fosse una riunione tra importanti comandanti miliziani salafiti, permette di comprendere lo stretto collegamento che sussiste tra i movimenti estremisti dei due Paesi.

Ad oggi, le principali organizzazioni terroristiche attive in Tunisia sono Ansar al-Sharia, erede del Gruppo di Combattimento Tunisino (GCT)[7] e la Katiba (Brigata) Uqbah Ibn Nafaa (UiB)[8], entrambe in contatto con il network di AQMI e di IS e particolarmente radicate  nella regione centro-occidentale del Paese, precisamente nel “quadrato” compreso tra le città di Kasserine, el-Kef, Sidi Bouzid e Kairouan. Nello specifico, Kasserine è capoluogo dell’omonima regione orientale sui cui altopiani sono presenti le principali basi logistiche e addestrative della UiB; Sidi Bouzid è il centro nel quale  sono iniziate le proteste che poi hanno condotto alla“Rivoluzione dei Gelsomini” del 2011 e infine Kairouan è l’epicentro del radicalismo religioso e del qaedismo nazionali. Oltre a quest’area, gli altri focolai del jihadismo tunisino sono collocati nei villaggi al confine nord-occidentale con l’Algeria e nelle periferie degradate delle grandi città della costa, compresa la capitale Tunisi. Infatti, due dei miliziani responsabili dell’attacco del Bardo (Yassine Labidi e Saber Khachnaoui) erano originari di Kasserine, mentre l’attentatore del Marhaba Hotel (Seifiddine Rezgui Yacoubi, conosciuto con il “nom de guerre” di Abu Yahya al-Qayrawani), proveniva da Kairouan. Inoltre, le zone in questione rappresentano il principale bacino di reclutamento per i foreign fighters tunisini (circa 4.000) oggi attivi in Siria, Iraq e Libia.

Non è un caso che il quadrato Kasserine-el Kef-Sidi Bouzid-Kairouan costituisca il nucleo del proselitismo e del reclutamento jihadista in Tunisia. Infatti, questa è un’area tra le più povere e meno alfabetizzate del Paese, caratterizzata da altissimi tassi di disoccupazione e da marcate volatilità e vulnerabilità sociali. La cronica arretratezza di questa regione è ulteriormente peggiorata all’indomani della Rivoluzione dei Gelsomini con l’aggravarsi della crisi economica di tutto il Paese.

Inoltre, a causa della parziale sfaldatura dell’apparato di sicurezza, dovuta alla ristrutturazione degli organi dello Stato, le istituzioni centrali hanno indebolito la capacità di mantenere il controllo del territorio, favorendo l’affermazione di forze ad esse opposte e concorrenti.

Il risultato della concomitanza di questi due fattori ha fatto sì che, in questa parte del Paese, religiosamente conservatrice e lontana dal cosmopolitismo e dal relativo benessere delle aree costiere, le organizzazioni salafite hanno sopperito alle lacune del Governo centrale, costruendo una rete assistenzialistica ed educativa parallela rispetto a quella statale e finanziata attraverso i traffici illeciti ed altre attività criminali. In questo modo, con il passare del tempo, Ansar al-Sharia e le sue milizie hanno conquistato il consenso popolare locale e sono diventate l’autorità de facto, un para-Stato sommerso e parallelo in grado di offrire risposte e alternative concrete alle sezioni emarginate e povere della società. La crescita della radicalizzazione è stata resa possibile grazie all’ampia rete di moschee e madrase, le uniche istituzioni che, all’indomani della Primavera Araba, non hanno risentito degli sconvolgimenti politici del Paese e che hanno potuto usufruire sia del contatto diretto con la popolazione sia della capillarità della propria diffusione sul territorio.  

Il fatto che il reclutamento dei terroristi avvenga nelle aree rurali e nelle zone disagiate rappresenta una evidente cartina di tornasole sulla situazione politica e sociale tunisina. Infatti, ad oggi, il Paese appare diviso da una profonda frattura tra le regioni costiere (cosmopolite, ricche e di orientamento moderato e laico) e le regioni dell’entroterra (religiosamente conservatrici, povere e di orientamento marcatamente islamista).  

Nel contesto di povertà ed emarginazione dell’entroterra, il jihadismo si è evoluto da semplice lotta armata a preciso progetto politico il cui obbiettivo finale è la trasformazione della Tunisia da Paese con una consolidata tradizione secolarista a emirato governato dalla Sharia (legge islamica). In questo senso, Ansar al-Sharia pone una sfida diretta al processo di ricostruzione e democratizzazione tunisino, che sino ad ora ha manifestato segnali davvero incoraggianti, con l’avvicendamento al governo di forze di orientamento islamico moderato (Ennadha) e laico (Nidaa Tounes), con la capacità di formare esecutivi di larghe intese tra partiti ideologicamente agli antipodi, con la realizzazione di una Carta Costituzionale garantista, equilibrata e mediata tra le istanze secolari e quelle islamiste. In un momento in cui una larga porzione di mondo arabo è scossa dal conflitto tra laici e islamisti, l’esperimento tunisino rappresenta non solo un segnale incoraggiante, ma potrebbe costituire un modello da esportare. Tale fruttifera strategia del compromesso, forse possibile in Tunisia grazie al bilanciamento tra l’islamismo politico moderato e il secolarismo, è avvertita dai salafiti e dagli estremisti come una minaccia concreta alla propria agenda politica.  

Di fronte ad una minaccia gradualmente e costantemente in crescita, il governo tunisino appare in notevole difficoltà. Infatti, se dal punto di vista politico le principali forze del Paese hanno avuto la capacità e la volontà di formare un fronte unito contro il terrorismo, dal punto di vista operativo il Paese ha sinora dimostrato pesanti lacune nel contrasto al fenomeno eversivo. Tali mancanze sono imputabili a due fattori contingenti: le difficoltà economiche e la necessità di ricostruire un apparato di sicurezza efficace ed efficiente. Per quanto riguarda il primo aspetto, il prolungato periodo di recessione, l’esiguità delle casse statali e la politica di austerity seguita negli ultimi 3 anni anno impedito l’avvio di un importante programma di welfare necessario ad attutire le criticità sociali. Ne consegue che l’impoverimento della popolazione tunisina è aumentato con il passare del tempo e, con esso, la disillusione verso le promesse non mantenute della “Rivoluzione dei Gelsomini”. In questo terreno, le radici dell’eversione jihadista hanno attecchito e presumibilmente continueranno a farlo in futuro. Allo stesso modo, le carenze economiche e i cambiamenti strutturali dovuti alla transizione politica da un sistema politico a un altro sono alla base del secondo fattore. Ad oggi, la Tunisia dispone di Forze Armate e di sicurezza poco preparate ad affrontare la minaccia terroristica, sia in termini di metodologie operative che di mezzi ed equipaggiamento.

Dunque, il Paese non può affrontare tutte le sue sfide politiche e di sicurezza senza un indispensabile supporto da parte dei partner europei. Infatti, non bisogna mai dimenticare che le problematiche della Tunisia sono in diretto legame con quelle di tutto il Maghreb ed affliggono inevitabilmente la regione mediterranea. L’eventuale proliferazione del fenomeno jihadista tunisino rischia non solo di aumentare le già gravi criticità del Nord Africa, ma pone una minaccia diretta agli interessi nazionali italiani e a quelli dell’Europa. Infatti, qualora il fenomeno dovesse continuare a crescere, non sarebbe da escludere un incremento negli attacchi ai cittadini, alle aziende, alle infrastrutture strategiche europee ed italiane,  nonché un aumento dei traffici illeciti verso la sponda settentrionale del Mediterraneo. Inoltre, dal punto di vista politico, non si può rischiare di veder fallire l’unico esperimento democratico positivo e costruttivo sinora emerso dall’eredità delle Primavere Arabe.

Per questa ragione, l’Unione Europea dovrebbe pensare a un approccio più strutturato e onnicomprensivo nel sostegno a Tunisi. Ad esempio, l’elaborazione di piano d’azione europeo per la Tunisia potrebbe basarsi su due pilastri: economico e di cooperazione in materia di sicurezza. Per quanto riguarda il primo, appare fondamentale creare un meccanismo finanziario agevolato in grado di dare respiro alle casse tunisine e di permettere la costruzione di un sistema di welfare e di educazione in grado di alleviare le cause sociali del malcontento e, dunque, del reclutamento jihadista. Inoltre, la ripresa economica e lo stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro non solo scoraggerebbe i meccanismi di affiliazione al network terroristico (che in questo somigliano sempre di più a quello delle organizzazioni criminali italiane), ma diminuirebbe anche l’emigrazione per cause economiche.

Per quanto riguarda il secondo pilastro, l’Unione Europea o i governi dei suoi Paesi membri potrebbero strutturare una serie di accordi di cooperazione militare e di sicurezza volti a migliorare non solo l’equipaggiamento delle Forze Armate tunisine, ma soprattutto il loro bagaglio capacitivo. Infatti, la Polizia e l’Esercito di Tunisi lamentano pesanti lacune operative nella conduzione sia delle indagini che delle operazioni anti-terrorismo. In questo senso, l’Italia potrebbe porsi come partner privilegiato e mettere a disposizione il proprio ampio know how  nel settore, raffinato in decine di anni di lotta la terrorismo nazionale e internazionale nonché alle organizzazioni criminali.

 

 

 

 


Profili biografici

 

 

 


Beji Caid Essebsi
Presidente della Repubblica

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Nato nel 1926 da una famiglia originaria della Sardegna, è avvocato e uomo politico. Sposato e padre di quattro figli. Laureato a Parigi nel 1950, inizia la sua carriera di avvocato dal 1952. Sin dalla sua giovane età milita nel partito del Neo-Destur.

All’indomani dell’indipendenza, è consigliere di Habib Bourguiba. In seguito è stato Direttore Generale della Sicurezza nazionale (1963), Ministro dell’Interno nel 1965 poi Ministro della Difesa (dal 1969 al 1970) fino alla sua nomina come Ambasciatore a Parigi.

La sua adesione al Partito socialista desturiano (PSD) è “congelata” nel 1971 a causa del suo sostegno alla necessità di riforma del sistema politico. Espulso nel 1974 dal partito, aderisce nel 1978 al Movimento dei Democratici Socialisti (co-fondato dall’attuale Presidente dell’Assemblea Costituente Mustapha Ben Jaafar).

Dirige la rivista di opposizione “Démocratie” fino al suo reintegro al governo con funzioni di Ministro delegato presso il Primo Ministro nel 1980 e poi come Ministro degli Affari Esteri nel 1981 e fino al 1986.

Nel 1989 assume la presidenza della Camera dei Deputati che conserva fino al 1991. Il suo ultimo mandato da Deputato termina nel 1994. Il suo nome torna alla ribalta dopo la rivoluzione quando, il 27 febbraio 2011 è nominato Primo Ministro dapprima alla guida di una compagine politica, successivamente (dal 7 marzo) di un Esecutivo esclusivamente apartitico.

Essebsi conclude il mandato avvolto in un prestigio immenso per aver assicurato la prima fase della transizione ed il corretto svolgimento delle elezioni per la Costituente. 

Il 16 giugno 2012 lancia ufficialmente il nuovo partito Nidaa Tounes (“L’Appello della Tunisia”), che immagina quale facilitatore di un consenso nazionale sulle politiche per il Paese, pur nella differenza dei ruoli e nel gennaio 2013 formalizza la nascita dell’Unione per la Tunisia, alleanza con alcuni partiti di centro-sinistra tra i quali Al Jouhmouri (Repubblicani) e Al Massar (la Via Democratica e Sociale). Dopo le elezioni del 21 dicembre 2014 è eletto Presidente della Repubblica con il 55% delle preferenze.


 

Rachid Ghannuchi
Leader del Partito islamista Ennahdha

 

 

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Rachid Ghannuchi (o Rāshid al-Ghannūshī) è nato a Balhama, Tunisia, nel 1941, è il leader del Partito islamista Ennahdha, risultato vincitore alle elezioni per l’Assemblea costituente della Tunisia, svoltesi il 23 ottobre 2011.

Cresciuto in un'umile famiglia, Ghannuchi studiò dapprima a Gabes (dove completò i corsi elementari), quindi entrò nel 1959 nell'Università al-Zaytuna di Tunisi (il più importante centro di studi islamici tunisino e uno dei principali centri di elaborazione del pensiero islamico sunnita), laureandosi in Teologia.

Nel 1964 si trasferì in Egitto, dove frequentò i corsi della Facoltà di Agraria dell'Università del Cairo. Ghannuchi rimase inizialmente affascinato dall'ideologia panaraba nasseriana, fin a che non fu costretto a lasciare il Paese a causa dell'espulsione dei tunisini decretata dal regime egiziano a seguito del profondo dissenso politico intervenuto tra Gamal Abdel Nasser e Habib Bourguiba. Raggiunse allora la Siria, dove, nel 1968, si laureò in Filosofia presso l’Università di Damasco.

In tale ambiente si avvicinò al fronte militante islamico, venendo in contatto col partito Bath al potere e con la Fratellanza Musulmana.

Successivamente si trasferì a Parigi dove frequentò i corsi di Filosofia dell’educazione all’Università la Sorbona.

In quegli anni cominciò a militare in una formazione politica ispirata a una corrente islamica fondamentalistica, che si basa sul principio della predicazione dell'Islam tra gli stessi musulmani. La sconfitta araba nella Guerra dei Sei giorni del 1967 lo aveva infatti convinto della giustezza delle tesi fondamentalistiche e nel 1969 tornò in patria per insegnare Filosofia nei licei tunisini.

Alla fine degli anni settanta Ghannuchi fondò insieme ad altri il Movimento della Tendenza islamica (Mouvement de la Tendence Islamique), che propugnava un regime integralista basato sulla Sharia e la completa re-arabizzazione del Paese. Nel 1984 fu arrestato e tre anni più tardi condannato a morte.

Il colpo di Stato operato da Ben Alì contro il regime di Bourguiba gli salvò la vita. Amnistiato con altri esponenti del MTI, Ghannuchi prese quindi parte alle elezioni legislative dell'aprile del 1989, in cui la sua formazione definita Partito della Rinascita (Ennahda o izb al-Naha) raccolse il 14,5 % dei consensi ufficiali.

Nel 1991 il MTI fu dichiarato fuori legge dal presidente Ben Ali, con l'accusa di aver fomentato il rovesciamento violento delle istituzioni. Ghannuchi fu quindi costretto a riparare nel Regno Unito, nella cui capitale ha a lungo vissuto e operato in piena libertà, condannando pubblicamente la violenza indiscriminata e assicurando l'abbandono della lotta armata, nella convinzione di un sicuro successo politico in patria delle tesi da lui propugnate. Quelli che si sono opposti a tale svolta moderata di Ennahda, sono poi confluiti nel Fronte Islamico Tunisino, una formazione paramilitare, nell’ambito della quale alcuni elementi hanno maturato esperienze in Afganistan e con l’ambiente del jidahismo internazionalista che avrebbe poi alimentato Al Qaida.

Dopo il 2005, Ghannuchi è stato sempre più apertamente contestato in seno al suo stesso partito da chi gli rimproverava di avere sposato una linea morbida e non più oltranzista, ma rivolta ad una proposta di “conciliazione nazionale”.

La sua possibile presenza in un Convegno internazionale svolto a Roma e Napoli e organizzato dall'Università degli studi di Napoli "L'Orientale" e dalla Georgetown University di Washington D.C., inaugurato da Lamberto Dini, ha suscitato articoli di protesta sul "Corriere della Sera" di Magdi Allam che ricordava le sue precedenti prese di posizione in favore della lotta armata nei paesi arabi con regimi sostenuti dall'Occidente e dello scontro (talvolta affiancato da azioni terroristiche) contro Israele per l'irrisolta questione palestinese.

A seguito degli eventi della cosiddetta Rivolta dei gelsomini, Ghannuchi è potuto tornare in Patria e il partito è stato legalizzato il 1º marzo 2011.

Nelle elezioni per l’Assemblea Costituente del 23 ottobre 2011 il suo Partito Ennahdha è risultato vincitore di larga misura, assicurandosi 89 seggi su 217.

 

 


 

 

Taieb Baccouche
Ministro degli Affari esteri

 

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Nasce a Jemmal nel 1944.

Negli anni della sua formazione consegue numerosi diplomi, tra i quali quelli in storia antica e archeologia, lingua e letteratura francese, lingua e cultura araba, linguistica, settore nel quale consegue nel 1980 anche il Dottorato alla Sorbona.

Per quanto concerne le attività pedagogiche e scientifiche, dal 1969 Baccouche è insegnante e ricercatore dell’Università di Tunisi, e dal 1984 professore nell’istruzione superiore.

Dal 1995 al 2002 è altresì presidente dell’associazione tunisina di linguistica.

Oltre a queste attività è coordinatore e membro di numerosi progetti di ricerca, nonché animatore dei progetti di ricerca sull’Atlante linguistico tunisino e sulla Terminologia ornitologica araba.

Negli anni dal 1981 al 1984 è segretario generale dell’Unione generale tunisina del lavoro; negli stessi anni dirige il giornale Echaab. Successivamente, nei 15 anni dal 1996 al 2011, è direttore responsabile della Rivista araba dei diritti dell’Uomo, e grosso modo nello stesso periodo presiede l’Istituto arabo dei diritti dell’Uomo.

Dal punto di vista più strettamente politico si segnala, subito dopo la caduta di Ben Ali, l’assunzione da parte di Baccouche del ruolo di Ministro dell’istruzione nazionale e portavoce del Consiglio dei ministri (gennaio-dicembre 2011).

Dal 2012 può conoscere è stato segretario generale del partito annidato un essere-attualmente partito di maggioranza relativa nel Parlamento tunisino e principale forza politica di governo-, carica dalla quale tuttavia si è dimesso alcuni mesi dopo la nomina a ministro degli esteri.


 

 

Bochra Belhaj Hmida
Presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei rappresentanti del Popolo

 

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Bochra Belhaj Hmida, nata a Zaghouan, Tunisia, avvocato.

 

Nel 1989 ha fondato l’Associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD). E’ la fondatrice della sezione tunisina di Amnesty International.

Nel 2011 aderisce al Foro democratico per il lavoro e le libertà e si presenta alle elezioni per l’Assemblea Costituente, senza tuttavia essere eletta. Aderisce successivamente al Movimento Nidaa Tounes, di cui diviene membro del Comitato esecutivo, e nelle elezioni legislative del 26 ottobre 2014 viene eletta all’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo.

Presiede la Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere ed è membro della Commissione per i martiri e i feriti della rivoluzione e per l’applicazione della legge di amnistia generale e la giustizia transitoria.

 

 


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[1]     I piani d’azione dei paesi partner nell’ambito della politica europea di vicinato dell’UE sono i documenti politici che delineano gli obiettivi strategici della cooperazione tra l’UE e i singoli paesi limitrofi. I piani d’azione stabiliscono un elenco completo di priorità concordate di comune accordo che devono essere attuate congiuntamente dall’Unione e da ciascuno dei paesi vicini.

[2]     I partenariati per la mobilità tra l’UE e paesi terzi costituiscono un quadro flessibile, giuridicamente non vincolante, per una buona gestione della circolazione delle persone tra l'UE e un paese terzo.

[3]     Nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, l’assistenza ai paesi del partenariato euromediterraneo è stata fornita attraverso lo strumento europeo di vicinato e partenariato (anche detto ENPI) destinato alla frontiera esterna dell’UE allargata, con una dotazione finanziaria di oltre 11 miliardi di euro per l’intero periodo. L’ENPI ha sostituito i programmi geografici e tematici esistenti, compreso il programma MEDA.

[4]     Dal 2014 al 2020 l’assistenza ai paesi del vicinato è fornita attraverso l’ENI, lo strumento per il vicinato, con una dotazione totale di 15,4 miliardi di euro.

[5]     Il Parlamento dell’Egitto, della Tunisia e il Consiglio Legislativo palestinese hanno lo status di osservatore. Sono invece membri associati i Parlamenti di Israele, Algeria, Giordania, e Marocco.

[6] La ricostruzione dell’attacco al Museo del Bardo lascia ampi dubbi su quello che fosse il reale obbiettivo del commando jihadista. Infatti, pare che inizialmente i miliziani terroristi volessero fare irruzione nel Parlamento tunisino, posto a poche centinaia di metri dal museo e che, una volta respinti, abbiano ripiegato sul Bardo e sul sequestro dei turisti. Si tratta di un elemento di primaria importanza, in quanto la definizione dell’obbiettivo qualifica la matrice ideologica e le reale intenzioni del commando. Qualora l’ipotesi dell’attacco al Bardo quale “ripiego” fosse confermata, apparirebbe chiaro che i miliziani intendevano attaccare un simbolo politico del Paese, secondo una logica ed un’agenda prettamente nazionale. Al contrario, se il Museo del Bardo fosse stato il vero obbiettivo, allora l’azione jihadista avrebbe assunto una connotazione maturamente internazionale e globale. 

[7] Il GCT è stato un gruppo terroristico tunisino prima parte del network di al-Qaeda e confluito definitivamente in essa (come parte di AQMI) nel 2007.

[8]Di questa brigata si hanno poche notizie. Secondo le informazioni sinora ottenute, il gruppo armato sarebbe nato nel 2012 quale cellula secessionista tunisina di AQMI. La brigata prende il nome da un generale musulmano che guidò le conquiste arabe del Maghreb.

SERVIZIO STUDI

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Missione a Tunisi

(12-13 luglio 2015)

 

 

 

 

 

 

n. 183

 

 

 

10 luglio 2015

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

Hanno collaborato:

Servizio Rapporti internazionali

( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: es0379.docx

 


INDICE

Schede di lettura

La transizione politico-istituzionale in Tunisia  e la spirale terroristica (a cura del Servizio Studi)                                                                                                 3

Scheda Paese (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                                                                                                    17

La politica tunisina di sicurezza e di contrasto al terrorismo (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                      40

La collaborazione italo-tunisina in materia migratoria (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                                      43

Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)                                                                                               45

Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)                                                                                                     51

Focus geopolitico

M. Di Liddo ‘Tunisia: Punto di situazione’, a cura del CeSI, luglio 2015     57

Profili biografici

Beji Caid Essebsi Presidente della Repubblica                                             65

Rachid Ghannuchi Leader del Partito islamista Ennahdha                          67

Taieb Baccouche Ministro degli Affari esteri                                                70

Bochra Belhaj Hmida Presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei rappresentanti del Popolo         72

Pubblicistica

§  F. Merone ‘Explaining the jihadi threat in Tunisia’, in: opendemocracy.net   75

§  A. Jamaoui ‘The impact of the coalition on Ennahda and Nidaa Tounes’, in: opendemocracy.net                                                                                       79

§  M. Chabbi ‘Armée et transition démocratique en Tunisie’, in: Politique étrangère, n. 1/2015                                                                                       84

§  S. Labat ‘Tunisie: transition démocratique et problématiques sécuritaires nationales et régionales’, in: Les printemps arabes, Revue Défense Nationale, febbraio 2015                                                                                                 95

§  L. Declich ‘In Tunisia la vera rivoluzione può attendere’, in: Limes, n. 3/2015 102

§  L. Declich ‘La Tunisia e il tempo delle scelte in Europa’, in: Limesonline, 19 marzo 2015                                                                                                  109

§  S. Olmati ‘La lunga guerra della Tunisia contro il jihadismo’, in: Limesonline, 20 marzo 2015                                                                                                  111

§  I. Ingrao ‘La Santa Sede, la transizione tunisina e l’uso della forza contro ISIS’, in: www.aspeninstitute.it, 23 marzo 2015                                                    114

§  R. Aliboni ‘Dopo il Bardo - Tunisia, sicurezza e democrazia questioni irrisolte’, in: www.affarinternazionali.it, 26 marzo 2015                                              118

§  Hassan Mneimneh ‘Tunisia in the Midst of the Islamist Civil War’, 31 marzo 2015                                                                                                             120

§  Mourad Chabbi ‘Actuelles de l’Ifri – La question sécuritaire en Tunisie’, in: Institut français des relations internationales, 7 aprile 2015                        123

§  M. Yahua ‘The Dark Side of Tunisia’s Success Story’, in: Carnegie Middle East Center, 11 giugno 2015                                                                               127

§  N. Marzouki, H Mebbed ‘Tunisia: Democratic Miracle or Mirage’, in: Carnegie in Middle East Center, 11 giugno 2015                                                        129

§  M. Pranzetti ‘Tunisia: lo Stato Islamico prepara nuovi attacchi’, in: Lookoutnews, 17 giugno 2015                                                                     134

§  ’Analysis - Ramadan Attacks Strike Three Continents’, in: www.stratfor.com, 26 giugno 2015                                                                                                 137

§  E. Ardemagni ‘Kuwait, Arabia Saudita e la risacca jihadista’, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015                                                              140

§  ’Analysis – Tunisia Struggles With Militants, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015                                                                                                             142

§  S. Olmati ‘Perché la Tunisia è una priorità dello Stato Islamico’, in: Limesonline¸27 giugno 2015                                                                        146

§  C. Panella ‘La Tunisia è il posto più insicuro del Maghreb, Colpa delle purghe della Fratellanza islamica                                                                             148

§  M. Cristiano Allam ‘La Tunisia chiude le moschee, da noi le aprono’, ne: Il Giornale, 28 giugno 2015                                                                             149

§  F. Biloslavo ‘Lo stragista di Tunisia guidava una cellula di jihadisti attivi in Italia’, ne: Il Giornale, 4 luglio 2015                                                              150

§  R. Est., ’La Tunisia abbassa la saracinesca ‘ Isis alle porte, siamo in guerra’ , in: Nazione-Resto del Carlino-Giorno, 5 luglio 2015                                    151

§  L. Declich ‘Il valore locale dell’attentato dello Stato Islamico in Tunisia’, in: Limesonline 6 luglio 2015                                                                            152

§  Editoriale ‘Dal Londonistan alla spiaggia in Tunisia’, ne: Il Foglio, 7 luglio 2015 154

§  M. G. Amadio Viceré ‘EU counterterrorism efforts and the role of High Representative Mogherini’, in: www.aspeninstitute.it, 7 luglio 2015            155

 

 

 


Schede di lettura

 


La transizione politico-istituzionale in Tunisia
e la spirale terroristica
(a cura del Servizio Studi)

 

Alla metà di dicembre del 2013, non senza grandi difficoltà, si raggiungeva un accordo istituzionale per porre fine all’instabilità che aveva caratterizzato il paese per tutto il 2013. Il 9 gennaio 2014 effettivamente si dimetteva il premier Laarayedh, nelle stesse ore in cui la Costituente sanciva, con un emendamento al progetto costituzionale in via di elaborazione, la completa parità giuridica tra uomini e donne – già inserita nel testo - anche nelle assemblee elettive.

La nuova Costituzione prevede anche, nonostante il riconoscimento dell’Islam come religione di Stato, l’esclusione della Shari’a dal quadro delle fonti dell’ordinamento giuridico dello Stato, consentendo invece libertà di fede e coscienza, e rigettando le ipotesi di apostasia quali figure di reato.

Il 26 gennaio 2014 l’ex ministro dell’industria Mehdi Jomaa riceveva l’incarico di formare un governo tecnico frutto del compromesso tra Ennahdha e le opposizioni.

Il 4 marzo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si recava a Tunisi per la prima missione all’estero del suo mandato: Renzi ha incontrato le massime cariche istituzionali del vicino paese – oltre che esponenti della vivace società civile -, alle quali ha rinnovato la considerazione della centralità del Mediterraneo per l’Italia, in una prospettiva di dialogo e sviluppo.

Alla fine di maggio il paese tornava a dividersi in merito allo scioglimento della Lega per la protezione della rivoluzione disposto dal Tribunale civile di Tunisi: la Lega, una formazione a carattere paramilitare, era stato costante sostegno dei governi di ispirazione islamista, con forme di violenza fisica nei confronti degli oppositori, che talvolta erano giunte all’omicidio. Lo scioglimento della Lega naturalmente determinava reazioni negative da parte del fronte islamista, ma anche di partiti come il Congresso per la Repubblica - che ha fatto parte dei governi successivi alla caduta di Ben Alì - si esprimevano in senso contrario al provvedimento del tribunale civile di Tunisi.

Dall’altra parte le forze che maggiormente avevano sperimentato le violenze della Lega salutavano con favore lo scioglimento di essa. Singolare era poi giudicato in diversi ambienti del paese nordafricano il fatto che di fronte alle innumerevoli violenze compiute negli ultimi anni dalla Lega lo scioglimento di essa fosse stato poi decretato per ragioni amministrative, quando lo Stato decideva di contestare la legalità formale della sua costituzione: indirettamente, ciò era visto come conferma dell’inerzia della giustizia penale tunisina.

Il 28 maggio la violenza si riaccendeva nella regione sudoccidentale della Tunisia, a Kasserine, in una zona limitrofa a una roccaforte dei fondamentalisti ove dall’inizio del 2013 si erano registrati due assassinii politici e una ventina di morti tra i membri delle forze dell’ordine: attorno alla mezzanotte alcuni miliziani presumibilmente fondamentalisti uccidevano quattro poliziotti durante un attacco all’abitazione del ministro degli interni Ben Jeddou, che tuttavia ne usciva illeso.

La Presidenza della Repubblica decretava un giorno di lutto nazionale, nelle stesse ore in cui si inaugurava nella capitale una conferenza internazionale sulla libertà di espressione nel mondo arabo - promossa da un’organizzazione non governativa italiana (“Un ponte per”) all’interno di un progetto cofinanziato dall’Unione europea - nella quale, in riferimento alla Tunisia, si constatava la persistente difficoltà per la libertà di espressione a causa dell’opposta pressione di forze populiste - da un lato quelle integraliste islamiche e dall’altro gruppi risorgenti di persone già appartenute al sistema di potere di Ben Alì, che proprio nella lotta agli islamisti cercavano il veicolo per riaccreditarsi sulla scena del paese.

Il 16 luglio si registrava un altro grave episodio di terrorismo nell’area del monte Chaambi, vicino al confine algerino, da tempo dichiarata a rischio per la presenza di diversi gruppi terroristici: proprio uno di tali gruppi perpetrava l’attacco a due basi di controllo dell’esercito, provocando la morte di 14 militari ed il ferimento di una ventina. Le autorità proclamavano tre giorni di lutto nazionale, mentre giungeva una rivendicazione da parte di una brigata appartenente al gruppo jihadista di Ansar al-Sharia, collegato ad al-Qaida.

 

La polarizzazione del quadro politica alla vigilia delle elezioni politiche e presidenziali

La Tunisia tornava al centro dell’attenzione internazionale verso la fine di ottobre, in vista delle elezioni legislative fissate per il giorno 26, e delle presidenziali del 23 novembre. L’attesa elettorale era funestata il 24 ottobre dall’assalto delle forze dell’ordine ad una casa alla periferia della capitale dove si erano asserragliati alcuni presunti terroristi: il bilancio del blitz è stato di sei morti, tra i quali cinque donne.

La vigilia del voto registrava ancora la massima incertezza sui risultati, anche in considerazione del divieto di pubblicazione dei sondaggi durante la campagna elettorale. Comunque, i tunisini avrebbero scelto i loro rappresentanti tra i candidati di oltre 1.300 liste in 33 circoscrizioni, sei delle quali estere. Certamente nuovo si presentava il panorama delle forze politiche tunisine, con un’accentuata polarizzazione su due raggruppamenti maggioritari, quello tra Ennahdha, Ettakatol ed il Congresso per la Repubblica, interprete dei valori più tradizionali e maggiormente legato all’islamismo; e quello guidato dalla forza politica creata nel giugno 2012 da Caid Essebsi, NidaaTounes, più legato al laicismo tradizionale e al nazionalismo tunisino, sulla scia di Habib Bourghiba.

Proprio Essebsi aveva escluso per tutta la durata della campagna elettorale ogni possibilità di alleanza con gli islamisti di Ennahdha.

Più in dettaglio, va osservato come i tre partiti che avevano fino a quel momento guidato la Tunisia, pur scontando le differenze tra Ennahdha da un lato, e i due partiti di centro-sinistra Ettakatol e Congresso per la Repubblica dall’altro, avevano subito un notevole discredito proprio dall’insufficiente prova di governo. Per quanto concerne Ennahdha, poi, molti tunisini rimproveravano al partito islamico moderato di Ghannouci l’eccessiva tolleranza verso le iniziative aggressive dei salafiti, moltiplicatesi dopo la caduta di Ben Ali.

A riprova dello smarrimento di Ennahdha, molti osservatori evidenziavano poi come il partito, pur maggioritario nelle precedenti elezioni, non avesse un proprio candidato alle presidenziali, a differenza di Ettakatol e del Congresso per la Repubblica, che presentavano quali candidati per la carica di capo dello Stato rispettivamente il leader Mustafa ben Jaafar - presidente dell’Assemblea nazionale costituente - e Moncef Marzouki, capo dello Stato uscente - peraltro non più alla guida del Congresso per la Repubblica, al cui vertice si trovava ormai Abderraouf Ayadi.

Per quanto concerne l’altro schieramento, Nidaa Tounes si era visto spesso rimproverare di essere espressione di personaggi vicini al regime di Ben Ali, ma un indubbio punto di forza di questo partito era la candidatura di Caid Essebsi alle presidenziali, per le quali era dato per favorito.

Completavano il quadro delle forze politiche principali partecipanti alle elezioni legislative il partito repubblicano, nato nel 2012 dalla fusione di vari partiti di centro, con la figura principale nella persona di Ahmed Chebbi, anch’egli candidato alle presidenziali; e l’Unione patriottica libera del facoltoso uomo d’affari Slim Riahi, ugualmente centrista e con un’ispirazione modernista di mercato - Riahi si era anche candidato alle presidenziali del 23 novembre.

Il 26 ottobre, fortunatamente, le elezioni politiche si svolgevano regolarmente e senza incidenti di rilievo, sotto il controllo di ottantamila appartenenti alla polizia e alle forze armate, e di circa seicento osservatori internazionali. Il presidente USA Obama salutava le elezioni come tappa importante nel processo di costruzione democratica della Tunisia, e a questo giudizio positivo si associava anche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’Alta Rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, allora negli ultimi giorni della sua funzione di Ministro degli esteri italiano, citava la Tunisia come esempio della possibilità di realizzare quello che era apparso il progetto iniziale delle Primavere arabe, con la costruzione di istituzioni democratiche attraverso il confronto politico.

I risultati delle elezioni vedevano l’affermazione del raggruppamento raccolto attorno a Nidaa Tounes, che conquistava una maggioranza relativa dei seggi, e con essa la possibilità di indicare il nuovo premier. Ennahdha  riconosceva la sconfitta elettorale, complimentandosi con gli avversari ed invitando i propri sostenitori a festeggiare comunque la tenuta delle elezioni come vittoria del paese.

Va peraltro registrato che i risultati definitivi assegnavano 85 seggi a Nidaa Tounes e 69 ad Ennahdha, prefigurando pertanto lo scenario di una possibile forzata collaborazione per poter raggiungere la soglia minima di 109 deputati su 217 complessivi.

 

Le elezioni presidenziali

Decisivo per il futuro assetto di governo della Tunisia si presentava pertanto l’appuntamento del 23 novembre, primo turno di svolgimento delle elezioni presidenziali (il secondo turno si doveva tenere il 28 dicembre), sia per un riscontro ulteriore della forza dei rispettivi schieramenti in campo, sia perché sarebbe stato il prossimo presidente della Repubblica ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo. Come previsto, le consultazioni  registravano l’affermazione di Caid Essebsi, il quale tuttavia non riusciva a raggiungere una quota di voti tale da evitare il ballottaggio con il secondo classificato, il presidente uscente Moncef Marzouki.

Questi, già familiare con gli ambienti islamisti per aver governato a lungo nella cosiddetta troika con Ennahdha ed Ettakatol, sembrava in effetti cercare di recuperare spazio politico e voti facendo appello agli ambienti islamici radicali e, sul piano internazionale, al Qatar - che invece con la vittoria nelle elezioni politiche di Nidaa Tounes sembrava aver perso una parte della propria presa sulla realtà tunisina a favore di Francia e Stati Uniti, chiaramente schierati a favore del raggruppamento laico.

Va in tal senso precisato che il risultato delle presidenziali già di per sé  aveva registrato un assottigliamento della distanza tra i due raggruppamenti principali, in quanto Essebsi sfiorava il 40% dei consensi, ma Marzouki superava il 33% - ciò evidentemente perché riusciva a far convergere sulla propria persona la pressoché totalità dei voti espressi dagli elettori di Ennahdha, che pure li aveva lasciati liberi nell’espressione del voto per le presidenziali.

Il 21 dicembre il ballottaggio delle elezioni presidenziali registrava la prevista vittoria di Caid Essebsi, che prevaleva chiaramente sul capo dello Stato in carica Marzouki: per la verità questi contestava nell’immediato il risultato elettorale, denunciando brogli, e alcuni suoi sostenitori davano vita nella serata a un raduno di protesta a El Hamma, disperso dalla polizia. Nella sconfitta di Marzouki aveva probabilmente giocato anche l’atteggiamento di Ennhadha, che pure per il ballottaggio aveva lasciato libertà di voto ai propri sostenitori.

La conclusione della tornata elettorale presidenziale in Tunisia  riscontrava nei giorni successivi l’apprezzamento del Consiglio d’Europa, dell’Amministrazione USA nonché dell’Alta Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini. Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si felicitava con il nuovo omologo tunisino. Il 31 dicembre Essebsi ha giurato innanzi all’Assemblea dei rappresentanti del popolo in seduta plenaria, e alla presenza dell’esecutivo guidato da Mehdi Jomaa, di rappresentanti dei partiti politici e di personalità nazionali e del corpo diplomatico accreditato nel paese.

La procedura per la formazione del nuovo governo è iniziata il 5 gennaio 2015, quando il presidente Essebsi ha ricevuto dal partito di maggioranza Nidaa Tounes la candidatura a futuro premier di Habib Essid. Essid, già attivo nell’alta burocrazia nel ventennio precedente la rivoluzione tunisina, e in seguito ministro dell’interno durante l’assetto di governo provvisorio succeduto alla caduta di Ben Ali, aveva a disposizione un mese di tempo, prorogabile di un ulteriore analogo periodo, per dar vita al nuovo esecutivo.

Nonostante i positivi segnali di assestamento della compagine istituzionale tunisina, il clima della sicurezza continuava a presentare qualche aspetto preoccupante, come quando ad esempio un importante esponente del gruppo terroristico tunisino Ansar al-Sharia ha minacciato di morte in un video dalla Siria due giornalisti che avevano aderito alla condanna del sanguinoso attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, preannunciando una specifica campagna terroristica contro i mezzi di comunicazione a impronta laica della Tunisia.

 

La formazione del nuovo Esecutivo

Il 23 gennaio, comunque, il premier in carica Essid ha presentato la sua formazione di governo al capo dello Stato Essebsi, un esecutivo con molti ministri del partito Nidaa Tounes e alcuni tecnici, ma privo di esponenti di Afek Tounes e di Ennahdha. Nei giorni successivi, evidentemente, Essid comprendeva la difficoltà che la sua formazione di governo avrebbe incontrato pochi giorni dopo nel voto di fiducia parlamentare, tanto che il 2 febbraio presentava una nuova lista di ministri, all’interno della quale era rientrato il partito Afek Tounes, e figuravano inoltre l’Unione patriottica libera e l’islamista Ennahdha – cui è andato il ministero della formazione. Con il governo così configurato - formato da 22 ministri, 2 ministri delegati e 15 segretari di Stato, e con scarsa presenza di tecnici - ha preso corpo la prospettiva di un governo di larghe intese che già i risultati delle elezioni legislative, ma soprattutto quelli delle presidenziali avevano fatto presagire.

Il 4 febbraio effettivamente Essid si presentava in Parlamento, dove il suo governo dopo un lungo dibattito otteneva la fiducia, per entrare in carica due giorni dopo. Essid riceveva le pronte congratulazioni dell’Alto rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini e del  Presidente del consiglio Matteo Renzi, che salutava il ruolo della Tunisia saldamente incamminata in un percorso di sviluppo democratico e di progresso economico.

Il 13 febbraio Federica Mogherini ha avuto occasione di esprimere direttamente alle autorità tunisine il proprio compiacimento, nel corso della visita ufficiale durante la quale ha incontrato il capo della Stato Essebsi e il ministro degli esteri Baccouche, affrontando tra gli altri in particolare i temi della sicurezza, nella declinazione della gravissima crisi libica e della lotta al terrorismo, oltre naturalmente al dossier sui rapporti tra Tunisia e Unione europea - nella prospettiva di un futuro accordo di libero scambio e di facilitazione dei visti per il territorio europeo.

Il terrorismo è tornato in Tunisia in primo piano il 18 febbraio, quando nella pericolosissima area di Boulaaba, nel Governatorato di Kasserine, verso il confine algerino, quattro appartenenti alla Guardia nazionale sono stati uccisi: poche ore dopo proprio la brigata Okba ibn Nafee, legata ad al Qaeda e che nella regione ha il proprio quartier generale, ha rivendicato i quattro omicidi, avvenuti ancora una volta nei pressi del Monte Chaambi. L’attentato è stato presentato dai jihadisti come risposta all’offensiva che le forze di sicurezza tunisine stavano attuando - ed effettivamente i quattro assassinati facevano parte di una pattuglia impegnata in un’operazione di rastrellamento.

Il 25 febbraio vi è stata la visita a Tunisi del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni, il quale ha incontrato le massime autorità dello Stato, ribadendo il sostegno dell’Italia al percorso democratico della Tunisia, e auspicando una sempre maggiore collaborazione in tema di informazioni per la sicurezza e di contrasto al terrorismo.

All’inizio di marzo sono stati colpiti alcuni gruppi terroristici, anzitutto grazie alla cooperazione tra Algeria e Tunisia già da tempo in corso: infatti reparti della Gendarmeria nazionale algerina hanno condotto un’operazione a poca distanza dalla frontiera con la Tunisia - e quindi dalla zona del Monte Chaambi, roccaforte dei jihadisti tunisini -, catturando 13 persone e portando un duro colpo ad un gruppo jihadista algerino affiliato al Daesh, e in rapporti di collaborazione con la brigata tunisina Okba ibn Nafee. Tre giorni dopo, il 4 marzo, un’operazione tunisina nella regione di Kasserine ha condotto all’uccisione di due presunti terroristi, a seguito di un’operazione di rastrellamento ancora una volta nei pressi del monte Chaambi.

La tela sempre più intensa dei rapporti italo-tunisini ha registrato un nuovo sviluppo il 5 marzo, quando il Ministro dell’interno Alfano ha incontrato al Viminale l’omologo tunisino Gharsalli, con al centro dei colloqui il problema dell’immigrazione clandestina e la cooperazione nel contrasto al terrorismo - con particolare riguardo alla situazione di instabilità della Libia e alle minacce che derivano.

La collaborazione tra Italia e Tunisia è proseguita il 17 marzo, quando una delegazione di magistrati del paese nordafricano è stata ricevuta al Consiglio superiore della magistratura per un confronto sulla riforma della giustizia in Tunisia. Nel corso dei colloqui sono emersi l’apprezzamento e l’attenzione del CSM per l’indipendenza della magistratura quale configurata nella nuova Costituzione tunisina, esempio di ciò che gli sforzi del sistema giudiziario italiano si propongono di contribuire a realizzare in tutti i paesi del Nord Africa impegnati in processi di democratizzazione - in tal senso è stato preconizzato il possibile avvento, accanto allo spazio giuridico europeo, anche dello spazio giuridico del Mediterraneo, come fattore essenziale di stabilità regionale.

Il 17 marzo è stato anche il giorno in cui la Ministra tunisina del turismo, Selma Ellouni, smentendo notizie allarmistiche e minacce circolate sul web nei confronti della Tunisia, ha esortato a visitare il paese, da considerare a suo dire sicuro - e in effetti dopo la crisi del 2011 si è assistito ad una graduale ripresa, con oltre 250.000 turisti italiani approdati in Tunisia nel 2014.

 

Gli attentati del 18 marzo

Le parole del ministro tunisino sono state tragicamente smentite il giorno successivo, 18 marzo, dall’attacco terroristico a Tunisi, quando due jihadisti pesantemente armati hanno prima tentato di entrare in Parlamento e, non riuscendovi, hanno ripiegato in direzione del Museo nazionale del Bardo dove, prima di prendere in ostaggio decine di persone, hanno ucciso 21 persone – in maggioranza turisti a bordo di pullman sbarcati da una nave da crociera della Costa, tra i quali quattro nostri connazionali, prima di essere a loro volta uccisi dalle forze di sicurezza. Il giorno successivo il Daesh ha rivendicato la strage, anche se fonti dell’intelligence USA hanno espresso cautela al proposito.

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 20 marzo ha espresso sostegno alla Tunisia nella lotta al terrorismo e disponibilità a inviare una missione di sicurezza in Libia dopo l’eventuale formazione di un governo di unità nazionale: particolarmente forte l’allarme lanciato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi per una maggiore attenzione dell’Europa alle minacce provenienti dal Mediterraneo, come si è già visto capaci di investire l’intero territorio europeo. In ogni modo il Consiglio europeo ha incaricato l’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini di presentare delle opzioni di intervento per il  20 aprile in relazione alla situazione libica. L’Italia peraltro ha insistito anche sulla necessità di stipulare intese di collaborazione tra l’Europa e i paesi del Nord Africa in materia migratoria, potenziando altresì le missioni di monitoraggio e soccorso nel Mediterraneo.

Nei giorni successivi Tunisi ha fornito segnali di forte ripresa, anche in concomitanza del 59º anniversario dell’indipendenza nazionale del 1956con la progettata riapertura del Museo del Bardo per il 24 marzo e, soprattutto, la grande marcia dei popoli uniti contro il terrorismo fissata in apertura del Forum sociale mondiale il 24 marzo.

Nel frattempo sono proseguite con solerzia le indagini che, oltre ad individuare e ricercare un terzo terrorista implicato nell’attacco del 18 marzo, hanno portato all’arresto di non meno di 15 persone. È emerso intanto che i due terroristi uccisi nel blitz delle forze di sicurezza si erano addestrati in Libia, mentre il Capo dello Stato Essebsi ha avvalorato la credibilità della rivendicazione del Daesh. Si è anche proceduto a rimuovere diversi alti funzionari di polizia, riconoscendo indirettamente diverse manchevolezze dell’apparato di sicurezza della capitale nella giornata del 18 marzo: tra essi il capo del distretto di Tunisi, il capo della polizia stradale, quello per la sicurezza dei turisti e il capo della sicurezza del Museo Del Bardo.

Il 24 marzo il Ministro degli esteri Gentiloni si era intanto recato nuovamente in Tunisia: qui è stato raggiunto un accordo per la cancellazione di 25 milioni di euro del debito tunisino nei confronti dell’Italia ma, ancor di più, è stata ribadita la collaborazione con Roma e Bruxelles nella lotta al terrorismo - in tal senso l’Italia e la Francia si sono impegnate a tentare di includere la Tunisia tra gli obiettivi del grande piano di investimenti della Commissione europea (il c.d. piano Juncker).

Il 25 marzo si è avuto l’arresto di una persona considerata la mente dell’attacco terroristico del 18 a Tunisi - si tratterebbe di un tunisino residente in Belgio. È emerso intanto che le persone arrestate nelle indagini successive all’attentato sarebbero tutte appartenenti alla famigerata brigata Okba ibn Nafee, il cui capo si sarebbe in effetti recentemente distaccato dalla fedeltà ad al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI) per schierarsi dalla parte del Daesh. Nella stessa giornata il Consiglio dei ministri ha approvato il testo della nuova legge antiterrorismo, da sottoporre successivamente al parlamento. Si è inoltre proceduto a chiudere o censire luoghi sospetti per la propaganda jihadista.

Lo stesso giorno il Presidente Essebsi ha rivolto un appello al popolo a “envoyer un message à l'étranger selon lequel la Tunisie continue sa lutte contre le terrorisme, mais persiste aussi dans son attachement aux réformes politiques qu'elle a faitesattraverso la partecipazione ad una marcia internazionale per commemorare le vittime dell’attentato, che si è in effetti svolta nella capitale tunisina domenica 29 marzo.

All’imponente manifestazione hanno partecipato numerosi leader internazionali tra quali il Presidente francese François Hollande, il presidente polacco Bronislaw Komorowski, quello palestinese Mahmoud Abbas, i ministri degli Esteri della Germania, Frank Walter Steinmeier, e della Spagna, José Garcia Margallo, il premier algerino Abdelmalek Sellal e l’alta Rappresentante per la Politica estera dell’Ue Federica Mogherini.  Per l’Italia era presente la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, il Presidente del Consiglio dei Ministro, Matteo Renzi ed una delegazione della Commissione Affari esteri della Camera, guidata dal presidente Fabrizio Cicchitto.

La manifestazione ha visto la presenza di decine di migliaia di persone giunte nella capitale da tutto il paese, nella cornice di un imponente spiegamento di forze militari – inclusa la Guardia nazionale - e di polizia: giungeva frattanto la notizia della liquidazione, nel sud del paese, di Chaled Chaib, capo della cellula Okba ibn Nafee, ucciso in un blitz delle forze di sicurezza assieme ad altri otto jihadisti.

 

Il nuovo attacco terroristico di Sousse

Il 18 maggio il Capo dello Stato Sergio Mattarella si è recato a Tunisi per una visita ufficiale, nel corso della quale ha condiviso  con le autorità tunisine l’impegno contro il terrorismo e a difesa della pacifica convivenza, in un grande patto di civiltà capace di legare più che in passato le due sponde del Mediterraneo. Questi i contenuti emersi dagli incontri con il presidente Essebsi e il primo ministro Essid, che hanno punteggiato la giornata di Sergio Mattarella assieme alla visita al Museo nazionale del Bardo colpito dall’attentato del 18 marzo. Tra l’altro durante la visita del Capo dello Stato è stato firmato un accordo per un programma triennale di cooperazione italo-tunisino, confermando altresì quanto già annunciato in merito alla conversione, per un totale di 25 milioni di euro, del debito della Tunisia nei confronti del nostro Paese.

Il Presidente della Repubblica è altresì intervenuto nel Parlamento tunisino riunito in seduta straordinaria, riconoscendo il carattere di dramma umanitario senza precedenti alle vicende dei flussi migratori nel Mediterraneo, rispetto ai quali dall’Europa si attende che se ne faccia carico in spirito di solidarietà e di accoglienza. Sergio Mattarella ha peraltro recisamente respinto ogni ipotesi di intervento militare quale soluzione della questione libica, che dovrà necessariamente passare per la decisione politica dei libici di dar vita a un governo di unità nazionale, capace di iniziare la ricostruzione di istituzioni statali funzionanti.

Proprio in relazione all’attentato al Museo del Bardo del 18 marzo va segnalato che la prosecuzione dell’indagine aveva condotto fino al 19 maggio all’arresto di 46 persone ritenute coinvolte a vario titolo nell’episodio terroristico: nella serata del 19 maggio le forze di polizia italiane procedevano all’arresto di Abdel Majid Touil, di nazionalità marocchina ma residente a Gaggiano, nell’hinterland milanese, accusato in un primo tempo di aver fatto parte come fiancheggiatore dell’organizzazione dell’attentato del Bardo: successivamente diverse evidenze sembravano mostrare invece la presenza di Touil in Italia proprio nei giorni in cui era perpetrato l’attentato.

Cionondimeno, le autorità tunisine ribadivano con forza la loro convinzione della colpevolezza di Touil, che sarebbe stato chiamato in causa da alcuni altri arrestati sempre in relazione allo stesso episodio. Dopo diverse schermaglie giuridiche, il 16 giugno la Quinta Corte d’appello di Milano ha confermato la necessità di detenzione in carcere per Touil, ritenendo ancora attuale e concreto il pericolo di fuga dell’indagato, per di più accusato di delitti particolarmente gravi.

La decisione della Quinta Corte d’appello è stata adottata nell’attesa che dalla Tunisia giunga la formale richiesta di estradizione, il cui incartamento dovrebbe contenere accuse ed elementi di prova tali da consentire di precisare i capi d’imputazione a carico di Touil. Nel frattempo, il 28 maggio si sapeva dell’arresto di un altro marocchino, Noureddine Naibi, che secondo le autorità tunisine avrebbe conosciuto in Libia Touil e i due tunisini dell’attentato del Bardo.

Il 25 maggio nella base militare tunisina di Bouchoucha un trentenne caporale dell’esercito, privato della facoltà di portare armi a seguito della manifestazione di problemi mentali, ha sottratto un’arma ad un commilitone e ha aperto il fuoco sui militari presenti durante  l’alzabandiera uccidendone sette, tra i quali un colonnello, e ferendone una decina. Mentre le autorità tunisine hanno parlato di un atto completamente scollegato da ogni riferimento al terrorismo, il giorno successivo l’ISIS ha rivendicato la strage, compiuta a suo dire da quello che è stato definito un “leone solitario”. Per la verità alcuni media tunisini hanno riferito di una certa vicinanza del caporale a gruppi estremistici, che sarebbe stata la vera causa delle limitazioni impostegli dalle autorità militari.

La brigata Okba ibn Nafee è tornata tragicamente all’attenzione generale il 15 giugno, quando nel luogo simbolo di Sidi Bouzid, dove l’autoimmolazione di un ambulante vessato dalla polizia di Ben Ali aveva dato inizio nel 2011 alle “Primavere Arabe”, sono stati uccisi tre agenti della Guardia nazionale in due diversi attacchi, e vi è stato altresì il ferimento di 11 civili.

La vera ripresa su larga scala del terrorismo in Tunisia doveva purtroppo tuttavia ancora arrivare: il 26 giugno un terrorista, Seiffeddine Rezgui, ha attaccato turisti stranieri sulla spiaggia di Sousse, uccidendone trentotto – 25 dei quali britannici - a colpi di Kalashnikov. La giornata è stata peraltro funestata da altri gravissimi episodi terroristici in Kuwait, dove un’esplosione in una moschea ha provocato 27 morti, e in Somalia, con 50 vittime dopo il lancio di un’autobomba contro una caserma. Nei dintorni di Lione, inoltre, vi è stato il tentativo di far esplodere un impianto di produzione di gas, tentativo non riuscito, senza che ciò impedisse il macabro ritrovamento della testa di un imprenditore.

L’attentato sulla spiaggia di Sousse ha gettato le autorità tunisine nello sconcerto, avendo esso colpito un settore economico, quello del turismo, sul quale il paese conta moltissimo per una sua ripresa - e certamente anche da parte dei terroristi vi è il progetto di danneggiare l’industria turistica tunisina, mettendo in crisi il governo. Le indagini hanno subito ipotizzato l’esistenza di una rete di sostegno per il terrorista Rezgui, del quale è emerso che nel passato aveva lavorato come animatore turistico.

Inoltre è stato sostanzialmente acclarato che Rezgui si sarebbe recato negli ultimi tre mesi in Libia ad addestrarsi in un campo di Ansar al-Sharia, dove avrebbe anche conosciuto i due connazionali attentatori del Bardo. Mentre una serie di arresti venivano effettuati in Tunisia, il governo decideva di schierare quasi duemila agenti supplementari armati per il pattugliamento di spiagge e hotel, nonché di procedere alla chiusura di un’ottantina di moschee considerate al di fuori del controllo statale. Le autorità tunisine riferivano il 30 giugno dell’arresto di un conoscente di Rezgui che sarebbe implicato nella strage di Sousse.

La concomitanza dell’addestramento dei tre terroristi tunisini in Libia portava poi le indagini nella direzione di Seifallah Ben Hassine, leader radicale islamico tunisino che proprio in Libia risiedeva dal 2013, e in quel paese sarebbe stato seguito da molti dei suoi fedeli reclutati dopo la caduta di Ben Ali e nella sostanziale inerzia delle autorità tunisine nel periodo del governo di Ennahdha. Ben Hassine, conosciuto anche come Abu Iyadh, fondatore dell’ala tunisina di Ansar al-Sharia, sarebbe tuttavia morto il 14 giugno in seguito a un attacco dei droni americani in territorio libico, nelle stesse circostanze che avrebbero portato alla morte il terrorista algerino Belmokhtar.

 

Gli sviluppi più recenti: la dichiarazione dello stato di emergenza e la costruzione di una barriera ai confini con la Libia

Il 4 luglio vi è stata la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio tunisino per 30 giorni, ulteriormente rinnovabili. Il presidente Essebsi ne ha dato l’annuncio alla nazione un discorso di 30 minuti, nel quale ha ricordato le circostanze eccezionali che il paese sta vivendo, di fronte alle quali il Capo dello Stato ha il preciso dovere di imporre lo stato di emergenza - secondo Essebsi  un altro attentato come quelli del 18 marzo e del 26 giugno potrebbe portare addirittura al crollo della compagine statale, minata dalla paura e dalla sfiducia.

Abbiamo l’Isis alle porte”, ha detto il Capo dello Stato alla televisione spiegando la decisione di proclamare lo stato di emergenza. “La Tunisia sta vivendo circostanze eccezionali che necessitano di misure eccezionali”, ha aggiunto precisando: “noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”.

Essebsi ha giustificato questo provvedimento con la necessità di combattere il terrorismo in quanto lo Stato islamico vuole instaurare un Califfato, mentre “noi vogliamo un paese democratico con un sistema repubblicano laico e non torneremo indietro. Noi abbiamo una Costituzione laica e i terroristi vogliono il Califfato”. Essebsi ha infine ringraziato “l’Algeria che sta al fianco della Tunisia nella lotta al terrorismo”.

Lo stato di emergenza affida maggiori poteri al governo e maggiore autorità a polizia ed esercito, limitando alcuni diritti quali quello di riunione. Disciplinato con un decreto legislativo del 1987, sancisce le cause per cui le autorità decidono di applicare tale misura, gravi attacchi contro l’ordine pubblico o calamità, e stabilisce inoltre che una volta terminato il periodo d’emergenza le misure speciali adottate cessano il loro effetto.

Durante il periodo in cui è in vigore, le autorità possono limitare la circolazione di persone e autoveicoli; vietare scioperi e manifestazioni; introdurre nuove regole sul permesso di soggiorno, vietandolo a tutti coloro che intralciano l’azione delle pubbliche autorità; e procedere al fermo di persone o al sequestro dei loro beni, per garantire la sicurezza della nazione.

Inoltre, il Ministero dell’Interno può disporre l’arresto di qualsiasi persona sospettata di compiere attività pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico; ordinare a tutti coloro che posseggono un’arma regolarmente registrata di consegnarla alle autorità; stabilire la chiusura temporanea di teatri, cinema e luoghi di incontro, vietando anche assemblee pubbliche per evitare disordini.

In vigore dal 15 gennaio 2011 lo stato di emergenza era stato revocato il 6 marzo 2014. Una revoca, che non precludeva comunque la possibilità di un supporto militare delle forze di sicurezza se necessario, né la prosecuzione di operazioni militari specialmente nelle zone di confine.

Il Parlamento tunisino, l’8 luglio, ha ratificato il decreto presidenziale che ha proclamato lo stato di emergenza: il presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo, Mohammed Ennaceur, ha annunciato il sostegno del Parlamento al provvedimento, sottolineando che “il Paese è nelle mani delle forze di sicurezza”, e che “lo stato d’emergenza necessita dell’unità di tutto il popolo". Nel corso della seduta il premier Essid ha ricordato che, dal marzo di quest’anno, le autorità hanno arrestato circa 1.000 presunti terroristi ed a 15.000 giovani è stato impedito di partire per i territori di combattimento della Jihad di Siria, Iraq e Libia.  

Lo stesso giorno il Premier ha annunciato l'avvio dei lavori per la costruzione di un muro e di un fossato lungo il confine con la Libia, nell'ambito del piano volto a fermare l'infiltrazione degli jihadisti dalla Libia in territorio tunisino. La decisione è stata resa nota durante un'intervista alla televisione di stato su stato di emergenza e terrorismo. Il muro sarà lungo 168 chilometri e sarà ultimato entro la fine del 2015. "La Libia è diventato il primo problema e stiamo studiando anche di installare apparecchiature elettronico lungo il confine nonostante la spesa" ha detto Essid. La barriera  consentirà di controllare la parte più a rischio della frontiera con la Libia, quella da cui, come concordano investigatori ed analisti, è più facile passare, in una direzione o nell'altra.

 

 

 


 

 


(…)


 

Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

 

L’Unione europea intrattiene da lunga data rapporti privilegiati con la Tunisia, sostenendone le riforme politiche, la modernizzazione economica.

L’accordo di associazione UE Tunisia

A seguito del lancio del Partenariato euromediterraneo nel 1995 a Barcellona - poi evolutosi nel 2008 nell'Unione per il Mediterraneo - la Tunisia fu il primo paese tra quelli del Mediterraneo a firmare nel 1995 un accordo di associazione con l’UE, che costituisce tuttora la base giuridica delle relazioni tra UE e Tunisia.

L’Accordo prevede:

·        l’istituzionalizzazione di un dialogo politico tra UE e Tunisia.

Il dialogo politico si svolge nell’ambito del consiglio di associazione, costituito da un lato da membri del Consiglio e della Commissione, oltre che dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), e dall’altro da membri del Governo tunisino. E’ previsto inoltre un comitato d’associazione, che si riunisce a livello di funzionari, con il compito di seguire l’applicazione dell’accordo e preparare le riunioni del consiglio di associazione.

·        disposizioni in materia commerciale, con l’obiettivo di una reciproca e progressiva liberalizzazione degli scambi di beni agricoli e industriali, nonché previsioni su libertà di stabilimento, liberalizzazione dei servizi, libera circolazione dei capitali e concorrenza. Sulla base delle previsioni dell’accordo, una zona di libero scambio dei prodotti industriali è in vigore dal 2008;

Nel mese di ottobre 2015 dovrebbero essere avviati i negoziati per un più comprensivo accordo di libero scambio tra la UE e la Tunisia.

·        la cooperazione scientifica, tecnologica e culturale nonché in materia di giustizia e affari interni.


 

Il Piano d’azione 2013-2017 per la Tunisia nell’ambito della Politica europea di vicinato

Il piano d’azione 2013 -2017[1] per la Tunisia, definito nel 2014 nell’ambito della Politica europea di vicinato dell’UE, individua le seguenti priorità:

·        consolidamento delle riforme per la democrazia e lo Stato di diritto;

·        rafforzamento del dialogo politico e la cooperazione nei seguenti settori: democrazia dei diritti umani, politica estera e di sicurezza, cooperazione nella lotta contro il terrorismo;

·        sviluppo di condizioni favorevoli per gli investimenti diretti esteri e  miglioramento delle condizioni per lo sviluppo di imprese e dell’imprenditorialità;

·        cooperazione nel settore dello sviluppo della ricerca scientifica, e dell'istruzione superiore;

·        graduale ravvicinamento delle legislazione in materia di lavoro e politica sociale alle norme europee;

·        ravvicinamento delle regolamentazioni tecniche;

·        rafforzamento delle infrastrutture dei trasporti nazionali e regionali e la loro interconnessione con la rete transeuropea dei trasporti;

·        attuazione del memorandum d'intesa sulla progressiva integrazione del mercati dell'elettricità dei paesi del Maghreb nel mercato interno dell'elettricità dell'UE;

·        gestione efficace dei flussi migratori, compresa la possibilità di concludere un accordo di riammissione;

·        circolazione delle persone nell'ambito delle norme vigenti, prevedendo in particolare regimi semplificati per la concessione di visti di breve durata per alcune categorie di persone.

Partenariato per la mobilità UE - Tunisia

La Commissione europea e il Governo tunisino hanno firmato ad aprile 2014 un partenariato per la mobilità[2] volto a:

·        agevolare la circolazione delle persone tra l'UE e la Tunisia, in particolare migliorando l'informazione dei cittadini tunisini che hanno le qualifiche richieste in merito alle offerte di lavoro, di studio e formazione disponibili nell'UE, oltre a facilitare il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali e dei titoli accademici;

·        promuovere una gestione comune e responsabile dei flussi migratori, soprattutto semplificando le procedure per il rilascio del visti;

·        sostenere gli sforzi delle autorità tunisine impegnate sul fronte dell'asilo, nella prospettiva di istituire un sistema di protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

Relazione annuale dell'UE sull'attuazione della politica di vicinato

La Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno presentato il 25 marzo 2015 la relazione annuale sull'attuazione della politica di vicinato dell'UE.

Per quanto riguarda la Tunisia, la Commissione europea ha espresso le seguenti raccomandazioni per il 2015:

·      attuare la nuova Costituzione, creare l’insieme degli organi costituzionali e organizzare le elezioni municipali e regionali;

·      consolidare il rispetto dei diritti costituzionali con la modifica degli atti giuridici e regolamentari e delle procedure che limitano alcune libertà fondamentali;

·      garantire il rispetto dei diritti delle donne;

·       rendere più efficace il meccanismo di prevenzione della tortura;

·      adottare le riforme legislative e regolamentari che rafforzano lo stato di diritto, con particolare attenzione all’indipendenza, professionalità ed efficacia del sistema giudiziario;

·      adottare una politica di riforma in materia di sicurezza, in particolare per quanto riguarda polizia e gestione delle frontiere, nel rispetto dei diritti umani e degli standard internazionali;

·      adottare un quadro legislativo che garantisca la protezione dei rifugiati, dei migranti e dei richiedenti asilo.

Cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo

Dopo l’attentato terroristico al Museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015, il Consiglio europeo del 19 e 20 marzo ha adottato una dichiarazione sulla Tunisia con la quale l’UE ha espresso la propria determinazione a incrementare la cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo e a sostenere ulteriormente il paese nel rafforzamento delle riforme interne.

In occasione del Consiglio di associazione UE- Tunisia, che si è svolto lo scorso 17 marzo, l’UE si è impegnata a rafforzare la cooperazione con la Tunisia in materia di sicurezza e di gestione integrata delle frontiere. L’UE ha altresì invitato la Tunisia a riformare la legislazione antiterrorismo rendendola compatibile con i principi democratici.

La missione navale militare dell’UE nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED)

Il Consiglio affari esteri dell’UE, nella riunione del 22 giugno 2015, ha deciso l’avvio dell’operazione navale militare, denominata EUNAVFOR MED, volta a contribuire a smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.

Il primo ministro tunisino Habib Essid, in occasione di una visita a Bruxelles a fine maggio 2015, ha indicato che la Tunisia è contraria ad operazioni militari per contrastare il fenomeno degli immigranti illegali.

La missione - condotta nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - è stata approvata dal Consiglio affari del 18 maggio 2015 con la decisione 2015/778, sulla base del mandato conferito dal Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015.

La missione sarà realizzata adottando misure sistematiche per individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti, in conformità del diritto internazionale applicabile, incluse l'UNCLOS e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il comando operativo di EUNAVFOR MED ha sede a Roma  e comandante dell'operazione è stato nominato l'ammiraglio di divisione Enrico Credendino. La missione ha una durata iniziale di 2 mesi per la fase preparatoria e 12 mesi per quella operativa.

La missione EUNAVFOR MED è condotta in 3 fasi:

a)    in una prima fase, sostiene l'individuazione e il monitoraggio delle reti di migrazione attraverso la raccolta d'informazioni e il pattugliamento in alto mare conformemente al diritto internazionale;

b)    in una seconda fase,

-     procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile, in particolare UNCLOS e protocollo per combattere il traffico di migranti;

-     conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti, in alto mare o nelle acque territoriali e interne di tale Stato, di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani;

c) in una terza fase, conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, adotta tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi, anche eliminandoli o rendendoli inutilizzabili, che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, nel territorio di tale Stato, alle condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso.

Per operare pienamente e in particolare per la seconda e la terza fase della missione sarà necessario un mandato internazionale attraverso una  risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Oltre all’Italia, partecipano alla missione i seguenti Stati membri: Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

La missione sarà composta da circa mille uomini, cinque navi da guerra, due sottomarini, tre aerei da pattugliamento marittimo, tre elicotteri, e due droni. La nave ammiraglia dell'operazione navale sarà la portaerei italiana Cavour.

Il controllo politico e la direzione strategica della missione è esercitato dal Comitato politico di sicurezza, organo preparatorio del Consiglio per le materie  relative alla della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica sicurezza e di difesa comune (PSDC).

La missione coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri ed è previsto prevede un meccanismo di coordinamento con le agenzie dell’Unione Frontex, Europol, Eurojust, Ufficio europeo di sostegno all’asilo e le altre missioni PSDC.

Si ricorda, inoltre, che nelle acque territoriali dell’UE sono attualmente già operative le operazioni Triton e Poseidon gestire dall’agenzia Frontex.

L'importo di riferimento finanziario per i costi comuni della missione è stato stimato pari a 11,82 milioni di EUR.

Assistenza finanziaria

L’UE ha dedicato notevoli risorse finanziarie al paese per aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi:

·      per il periodo 2011-2013, in conseguenza dei cambiamenti politici avvenuti in Tunisia, ai 240 milioni di euro già previsti nell’ambito dello strumento europeo di vicinato e partenariato[3], si sono aggiunti ulteriori 160 milioni di euro per rispondere ai nuovi bisogni del paese e per rilanciare ripresa economica e occupazione;

·      per il periodo di programmazione finanziaria dell’UE 2014- 2020[4]  è previsto uno stanziamento complessivo a favore della Tunisia compreso tra 725 e 886 milioni di euro, dei quali per il periodo 2014-2015 è prevista una cifra tra i 202 e i 246 milioni di euro destinati a tre settori di intervento:

-     riforme socio-economiche per la crescita inclusiva la competitività e l’integrazione (cui va il 40% delle risorse totali);

-     rafforzamento degli strumenti fondamentali della democrazia (cui va il 15% delle risorse totali):

-     sviluppo sostenibile locale e regionale (cui va il 30% delle risorse totali).

Il 16 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato assistenza macrofinanziaria alla Tunisia, per un importo massimo di 300 milioni di euro, in forma di prestiti a condizioni molto vantaggiose, al fine di sostenere la stabilizzazione economica e le riforme del paese. L'assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno della bilancia dei pagamenti tunisina rilevato dal programma del Fondo monetario internazionale.

La Tunisia è inoltre il maggiore beneficiario dei finanziamenti forniti dall’UE nell’ambito del programma regionale SPRING (Support for Partnership, Reform and Inclusive Growth), adottato dalla Commissione a sostegno dei vicini meridionali in occasione della cosiddetta primavera araba con l’obiettivo di promuovere indipendenza e efficienza del sistema giudiziario, governance e lotta alla corruzione, protezione dei diritti umani e dei principi democratici, contrasto al traffico di esseri umani. Per quanto riguarda la Tunisia, un iniziale finanziamento di 20 milioni di euro nel 2011 è stato seguito da 80 milioni di euro nel 2012 e ulteriori 55 milioni di euro nel 2013.

In tema di institution-building, la Tunisia beneficia dei programmi twinning così come dei programmi Technical Assistance Information Exchange (TAIEX) e Support for Improvement in Government and Management (SIGMA) con l’obiettivo di migliorare le capacità amministrative nelle istituzioni pubbliche.

Relazioni commerciali

L’UE è il primo partner commerciale per la Tunisia. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2014 l’UE ha esportato merci in Tunisia per un volume di circa 11 miliardi di Euro ed ha importato merci dalla Tunisia per un volume di circa 9,4 miliardi di euro. Al 2013 gli investimenti esteri diretti dell’UE in Tunisia sono pari a 2,6 miliardi di euro mentre gli investimenti diretti della Tunisia nell’UE sono pari a 300 milioni di euro.

 

 

 


Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

 

 

PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA DEI RAPPRESENTANTI DEL POPOLO

 

Mohamed ENNACEUR (Nidaa Tounes, eletto il 4 dicembre 2014).

 

 

RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

 

AMBASCIATORE D’ITALIA

S. E. Raimondo DE CARDONA (dal luglio 2013).

 

AMBASCIATORE DI TUNISIA

S. E. Naceur MESTIRI  (luglio 2011)

 

 

Incontri Bilaterali

La Presidente della Camera, Laura Boldrini, si è recata il 28 e 29 marzo 2015 in visita ufficiale in Tunisia per partecipare alla Marcia della Pace, indetta a seguito dell’attentato al Museo del Bardo. Nel corso della visita, la Presidente ha avuto un colloquio con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, nel corso del quale nel ribadire la vicinanza e la solidarietà dell’Italia alla Tunisia, ha auspicato un rafforzamento delle relazioni tra la Camera dei deputati e l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo anche a livello di cooperazione amministrativa. La Presidente ha poi incontrato la Ministra della Cultura e della Salvaguardia del Patrimonio, Latifa Lakddhar, insieme ad alcune deputate e a rappresentanti della società civile femminile tunisina e ha avuto un incontro con rappresentanti della comunità italiana.

Il 10 settembre 2014, l’allora Presidente della Repubblica tunisina, Mohamed Moncef Marzouki, in visita ufficiale in Italia, è stato ricevuto alla Camera dalla Presidente, Laura Boldrini; all’incontro era presente anche il Presidente del Senato, Pietro Grasso. Nell’incontro, il Presidente tunisino ha enfatizzato l’importanza delle relazioni con l’Italia, sia sotto il profilo bilaterale – sottolineando il ruolo che l’imprenditoria italiana svolge nel Paese – sia a livello multilaterale, per la lunga tradizione di rapporti con l’area mediterranea che consente all’Italia un rapporto privilegiato con la regione.

Di fronte alla drammatica situazione che attraversa la regione, occorre uno sforzo comune; in particolare, la crisi libica, che ha portato oltre due milioni di rifugiati in Tunisia, richiede una soluzione in cui siano coinvolti tutti i paesi transfrontalieri, tra cui l’Italia. Siria, Libia e Califfato IS costituiscono un pericolo, che – secondo il Presidente tunisino – è la risultante di 50 anni di politiche sbagliate. Il modello tunisino rappresenta la via migliore per la costruzione di una società democratica e laica ed occorre per questo che l’Europa sostenga ed agevoli la formazione di governi solidi. Per la Presidente Boldrini l’esempio della Tunisia dimostra che si può uscire da dittatura da soli e andare verso democrazia; ha auspicato altresì che si possano riallacciare a livello parlamentare un'attività più intensa, con relazioni istituzionali per consolidare la tradizione di vicinato.

Il 3 aprile 2013, a latere della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione per il Mediterraneo, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato il Presidente dell’Assemblea Costituente tunisina, Moustapha Ben Jaafar. La Presidente Boldrini ha espresso l’attenzione che l’Italia ha nei confronti della Tunisia, Paese con il quale ci sono importanti legami di amicizia, economici e culturali. Il Presidente Ben Jaafar, nel sottolineare il forte rapporto della Tunisia con l’Italia, ha poi ribadito l’importanza di una politica dei visti più aperta, che consenta una maggiore libertà di movimento. Il Presidente dell’Assemblea costituente tunisina si è poi soffermato sulla situazione interna del Paese, indicando che si registra un miglioramento della situazione economica e che, relativamente ai lavori della Costituente, entro il mese di luglio prossimo sarà ultimato il progetto di Costituzione, mentre le elezioni dovrebbero svolgersi entro l’anno.

 

Incontri delle Commissioni

Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 29 al 30 marzo 2015 per partecipare alla Marcia internazionale della pace contro il terrorismo, all’indomani degli attentati del Bardo (v. sopra). In tale occasione la delegazione parlamentare ha avuto colloqui con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, e con Rached Ghannouchi, capo del Partito di ispirazione islamica Ennhadha. La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal suo Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 19 al 21 gennaio 2015: nel corso della visita i parlamentari sono stati ricevuti dal Primo Ministro, Mehdi Jomaa, dal Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Ennaceur, insieme a una delegazione di parlamentari tunisini, dal Segretario di Stato agli Affari Esteri, Faical Gouiaa, da Yassin Brahim, leader di Afek Tounes, quinto Partito del Paese (di orientamento liberale) ed ex Ministro dei Trasporti, da Rached Ghannouchi, leader di Ennhadha,e da Hamma Hammami, portavoce del Fronte Popolare. La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

 

Altri incontri

L’8 maggio 2014, la Vice Presidente dell'Assemblea Costituente della Repubblica di Tunisia, Maherzia Labidi, è stata audita presso il Comitato Africa ed il Comitato Diritti umani della Commissione Affari esteri.

 

Cooperazione multilaterale

La Tunisia partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito dell’Assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo (AP-UpM),.

Si ricorda che la Tunisia ha esercitato la Presidenza di turno dell’Assemblea Parlamentare dal marzo 2006 al marzo 2007 ed ha organizzato, a Tunisi, la riunione Plenaria il 16 e 17 marzo 2007.

 

DIALOGO 5 + 5 La Tunisia partecipa alla dimensione parlamentare del Dialogo 5 + 5 (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta e Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania), la cui ultima riunione, dedicata ai temi: Dialogo politico e sicurezza regionale, Sviluppo economico e cambiamenti climatici, Sviluppo sociale, immigrazione e traffico di esseri umani, si è tenuta a Lisbona, il 20 maggio 2014.

 

NATO Il Parlamento tunisino ha lo status di osservatore nel Gruppo Speciale del Mediterraneo e del Medio Oriente dell’Assemblea Parlamentare della NATO (si segnala che nel giugno 2002 si è svolto a Tunisi l’incontro del Gruppo e in tale occasione è stato conferito alla Camera dei deputati tunisina tale status[5]). Il Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio oriente (GSM) dell’Assemblea parlamentare della NATO è un organismo specializzato di tale Assemblea, creato nel 1997, per intensificare le relazioni con i paesi della riva sud del Mediterraneo; esso rappresenta un foro di dialogo per i parlamentari dei Paesi NATO e del Medio Oriente e Nord Africa per discutere questioni politiche e di sicurezza.

 

OSCE La Tunisia è partner per la cooperazione mediterranea dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE.

 

Unione Interparlamentare

Nell’ambito dell’Unione interparlamentare opera il Gruppo di amicizia Italia – Tunisia, attualmente in fase di ricostituzione, presieduto per la parte italiana dal senatore Claudio Martini (PD).

 

 

 

 

 

 


Focus geopolitico

 


M. Di Liddo ‘Tunisia: Punto di situazione’,
a cura del CeSI, luglio 2015

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Mappa della Tunisia. Elaborazione Ce.S.I.

Negli ultimi mesi, il processo di transizione democratica e la stabilità della Tunisia hanno vissuto il loro momento più difficoltoso e drammatico. Infatti, nonostante il Paese abbia dimostrato una invidiabile maturità politica attraverso il consolidamento di quelle procedure elettorali e governative che hanno permesso l’alternanza al vertice dello Stato di formazioni islamiste moderate (Ennadha) e laiche (Nidaa Tounes), le difficoltà economiche e la crescita delle attività eversive di matrice terroristica rischiano di compromettere le poche ma significative conquiste ottenute dopo la Primavera Araba.  

In particolare, a partire dalla fine del 2013, la Tunisia ha conosciuto un drammatico incremento delle attività jihadiste perpetrate da diversi gruppi locali orbitanti nel network terroristico sia di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) sia dello Stato Islamico (IS) di Abu Bakr al-Baghdadi.

Di questi, i più gravi sono stati l’imboscata ad un convoglio dell’Esercito sui Monti Djebel Chambi, nella regione occidentale di Kasserine, al confine con l’Algeria (29 luglio 2013, 8 morti), l’attacco al Museo del Bardo di Tunisi (18 marzo 2015, 24 morti, di cui 21 turisti stranieri, tra i quali 4 italiani) e l’assalto al Riu Imperial Marhaba Hotel di Port el-Kantaoui (26 giugno 2015, 38 morti, tutti turisti stranieri).

L’analisi dei tre attacchi in questione, che rappresentano gli episodi di terrorismo più gravi nella storia del Paese, permette di comprendere a fondo l’evoluzione recente del fenomeno jihadista tunisino, le sue radici sociali, gli obbiettivi politici e i legami con la rete trans-nazionale e globale.

Innanzitutto, la strage del Marhaba Hotel rappresenta un atto terroristico maturamente anti-occidentale, il cui obbiettivo operativo e simbolico era costituito da quei cittadini e governi stranieri kuffar (miscredenti) ritenuti dai movimenti jihadisti nemici del “vero Islam” e, dunque, avversari da annientare. Inoltre, nel colpire le strutture turistiche tunisine, il commando terroristico ha inteso attentare ad uno dei simboli dell’occidentalizzazione del Paese, quale un complesso vacanziero frequentato da stranieri e in un’area, come quella della costa, dove vive la parte più laica e cosmopolita della popolazione

In questo senso, sussiste una profonda differenza con l’attacco all’Esercito sui Monti Djebel Chambi e con l’assalto al Museo del Bardo, la cui dinamica appare ancora poco chiara[6], che invece rispondevano ad una logica di destabilizzazione puramente nazionale, rivolta contro simboli e istituzioni marcatamente nazionali nonché contro fedeli islamici ritenuti apostati (takfiri). Questo permette di comprendere come il panorama estremista tunisino sia composto da due anime, una prettamente nazionale ed una a vocazione internazionale.

Tuttavia, è bene sottolineare come la dimensione nazionale e quella internazionale convivono e sono parti integranti e inscindibili del fenomeno jihadista tunisino e che una non esclude o sostituisce l’altra. Infatti, al pari di altri scenari nord africani, saheliani e mediorientali e in accordo alle più recenti tendenze evolutive della strategia e dell’ideologia jihadista globale, anche il movimento terroristico tunisino ha riscoperto la propria intima vocazione locale.

In questo modo, l’attività dei miliziani tunisini assume la valenza di lotta interna nel contesto di un più ampio jihad globale. Se a questa dimensione politica si sovrappone quella logistica della rete di contatti che lega i movimenti terroristici di tutta la regione, si può comprendere come il terrorismo tunisino rappresenti la ramificazione nazionale di un fenomeno diffuso dal Sahel al Medio Oriente. Un esempio concreto di questo fenomeno è offerto dalla storia degli attentatori del Bardo e del Marhaba Hotel, tutti recatisi a Derna, uno dei nuclei principali del jihadismo libico, nel periodo immediatamente precedente al compimento delle stragi. Inoltre, particolarmente significativa è stata l’uccisione, nella notte tra il 14 e il 15 giugno, dello Sceicco Ben Yassine, tra i più influenti leader jihadisti tunisini, presso la città libica di Agedabia, sul Golfo della Sirte a 160 km a sud di Bengasi, avvenuta in seguito ad un raid aereo da parte delle Forze Armate statunitensi. La presenza di Ben Yassine a Agedabia, in quella che pare fosse una riunione tra importanti comandanti miliziani salafiti, permette di comprendere lo stretto collegamento che sussiste tra i movimenti estremisti dei due Paesi.

Ad oggi, le principali organizzazioni terroristiche attive in Tunisia sono Ansar al-Sharia, erede del Gruppo di Combattimento Tunisino (GCT)[7] e la Katiba (Brigata) Uqbah Ibn Nafaa (UiB)[8], entrambe in contatto con il network di AQMI e di IS e particolarmente radicate  nella regione centro-occidentale del Paese, precisamente nel “quadrato” compreso tra le città di Kasserine, el-Kef, Sidi Bouzid e Kairouan. Nello specifico, Kasserine è capoluogo dell’omonima regione orientale sui cui altopiani sono presenti le principali basi logistiche e addestrative della UiB; Sidi Bouzid è il centro nel quale  sono iniziate le proteste che poi hanno condotto alla“Rivoluzione dei Gelsomini” del 2011 e infine Kairouan è l’epicentro del radicalismo religioso e del qaedismo nazionali. Oltre a quest’area, gli altri focolai del jihadismo tunisino sono collocati nei villaggi al confine nord-occidentale con l’Algeria e nelle periferie degradate delle grandi città della costa, compresa la capitale Tunisi. Infatti, due dei miliziani responsabili dell’attacco del Bardo (Yassine Labidi e Saber Khachnaoui) erano originari di Kasserine, mentre l’attentatore del Marhaba Hotel (Seifiddine Rezgui Yacoubi, conosciuto con il “nom de guerre” di Abu Yahya al-Qayrawani), proveniva da Kairouan. Inoltre, le zone in questione rappresentano il principale bacino di reclutamento per i foreign fighters tunisini (circa 4.000) oggi attivi in Siria, Iraq e Libia.

Non è un caso che il quadrato Kasserine-el Kef-Sidi Bouzid-Kairouan costituisca il nucleo del proselitismo e del reclutamento jihadista in Tunisia. Infatti, questa è un’area tra le più povere e meno alfabetizzate del Paese, caratterizzata da altissimi tassi di disoccupazione e da marcate volatilità e vulnerabilità sociali. La cronica arretratezza di questa regione è ulteriormente peggiorata all’indomani della Rivoluzione dei Gelsomini con l’aggravarsi della crisi economica di tutto il Paese.

Inoltre, a causa della parziale sfaldatura dell’apparato di sicurezza, dovuta alla ristrutturazione degli organi dello Stato, le istituzioni centrali hanno indebolito la capacità di mantenere il controllo del territorio, favorendo l’affermazione di forze ad esse opposte e concorrenti.

Il risultato della concomitanza di questi due fattori ha fatto sì che, in questa parte del Paese, religiosamente conservatrice e lontana dal cosmopolitismo e dal relativo benessere delle aree costiere, le organizzazioni salafite hanno sopperito alle lacune del Governo centrale, costruendo una rete assistenzialistica ed educativa parallela rispetto a quella statale e finanziata attraverso i traffici illeciti ed altre attività criminali. In questo modo, con il passare del tempo, Ansar al-Sharia e le sue milizie hanno conquistato il consenso popolare locale e sono diventate l’autorità de facto, un para-Stato sommerso e parallelo in grado di offrire risposte e alternative concrete alle sezioni emarginate e povere della società. La crescita della radicalizzazione è stata resa possibile grazie all’ampia rete di moschee e madrase, le uniche istituzioni che, all’indomani della Primavera Araba, non hanno risentito degli sconvolgimenti politici del Paese e che hanno potuto usufruire sia del contatto diretto con la popolazione sia della capillarità della propria diffusione sul territorio.  

Il fatto che il reclutamento dei terroristi avvenga nelle aree rurali e nelle zone disagiate rappresenta una evidente cartina di tornasole sulla situazione politica e sociale tunisina. Infatti, ad oggi, il Paese appare diviso da una profonda frattura tra le regioni costiere (cosmopolite, ricche e di orientamento moderato e laico) e le regioni dell’entroterra (religiosamente conservatrici, povere e di orientamento marcatamente islamista).  

Nel contesto di povertà ed emarginazione dell’entroterra, il jihadismo si è evoluto da semplice lotta armata a preciso progetto politico il cui obbiettivo finale è la trasformazione della Tunisia da Paese con una consolidata tradizione secolarista a emirato governato dalla Sharia (legge islamica). In questo senso, Ansar al-Sharia pone una sfida diretta al processo di ricostruzione e democratizzazione tunisino, che sino ad ora ha manifestato segnali davvero incoraggianti, con l’avvicendamento al governo di forze di orientamento islamico moderato (Ennadha) e laico (Nidaa Tounes), con la capacità di formare esecutivi di larghe intese tra partiti ideologicamente agli antipodi, con la realizzazione di una Carta Costituzionale garantista, equilibrata e mediata tra le istanze secolari e quelle islamiste. In un momento in cui una larga porzione di mondo arabo è scossa dal conflitto tra laici e islamisti, l’esperimento tunisino rappresenta non solo un segnale incoraggiante, ma potrebbe costituire un modello da esportare. Tale fruttifera strategia del compromesso, forse possibile in Tunisia grazie al bilanciamento tra l’islamismo politico moderato e il secolarismo, è avvertita dai salafiti e dagli estremisti come una minaccia concreta alla propria agenda politica.  

Di fronte ad una minaccia gradualmente e costantemente in crescita, il governo tunisino appare in notevole difficoltà. Infatti, se dal punto di vista politico le principali forze del Paese hanno avuto la capacità e la volontà di formare un fronte unito contro il terrorismo, dal punto di vista operativo il Paese ha sinora dimostrato pesanti lacune nel contrasto al fenomeno eversivo. Tali mancanze sono imputabili a due fattori contingenti: le difficoltà economiche e la necessità di ricostruire un apparato di sicurezza efficace ed efficiente. Per quanto riguarda il primo aspetto, il prolungato periodo di recessione, l’esiguità delle casse statali e la politica di austerity seguita negli ultimi 3 anni anno impedito l’avvio di un importante programma di welfare necessario ad attutire le criticità sociali. Ne consegue che l’impoverimento della popolazione tunisina è aumentato con il passare del tempo e, con esso, la disillusione verso le promesse non mantenute della “Rivoluzione dei Gelsomini”. In questo terreno, le radici dell’eversione jihadista hanno attecchito e presumibilmente continueranno a farlo in futuro. Allo stesso modo, le carenze economiche e i cambiamenti strutturali dovuti alla transizione politica da un sistema politico a un altro sono alla base del secondo fattore. Ad oggi, la Tunisia dispone di Forze Armate e di sicurezza poco preparate ad affrontare la minaccia terroristica, sia in termini di metodologie operative che di mezzi ed equipaggiamento.

Dunque, il Paese non può affrontare tutte le sue sfide politiche e di sicurezza senza un indispensabile supporto da parte dei partner europei. Infatti, non bisogna mai dimenticare che le problematiche della Tunisia sono in diretto legame con quelle di tutto il Maghreb ed affliggono inevitabilmente la regione mediterranea. L’eventuale proliferazione del fenomeno jihadista tunisino rischia non solo di aumentare le già gravi criticità del Nord Africa, ma pone una minaccia diretta agli interessi nazionali italiani e a quelli dell’Europa. Infatti, qualora il fenomeno dovesse continuare a crescere, non sarebbe da escludere un incremento negli attacchi ai cittadini, alle aziende, alle infrastrutture strategiche europee ed italiane,  nonché un aumento dei traffici illeciti verso la sponda settentrionale del Mediterraneo. Inoltre, dal punto di vista politico, non si può rischiare di veder fallire l’unico esperimento democratico positivo e costruttivo sinora emerso dall’eredità delle Primavere Arabe.

Per questa ragione, l’Unione Europea dovrebbe pensare a un approccio più strutturato e onnicomprensivo nel sostegno a Tunisi. Ad esempio, l’elaborazione di piano d’azione europeo per la Tunisia potrebbe basarsi su due pilastri: economico e di cooperazione in materia di sicurezza. Per quanto riguarda il primo, appare fondamentale creare un meccanismo finanziario agevolato in grado di dare respiro alle casse tunisine e di permettere la costruzione di un sistema di welfare e di educazione in grado di alleviare le cause sociali del malcontento e, dunque, del reclutamento jihadista. Inoltre, la ripresa economica e lo stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro non solo scoraggerebbe i meccanismi di affiliazione al network terroristico (che in questo somigliano sempre di più a quello delle organizzazioni criminali italiane), ma diminuirebbe anche l’emigrazione per cause economiche.

Per quanto riguarda il secondo pilastro, l’Unione Europea o i governi dei suoi Paesi membri potrebbero strutturare una serie di accordi di cooperazione militare e di sicurezza volti a migliorare non solo l’equipaggiamento delle Forze Armate tunisine, ma soprattutto il loro bagaglio capacitivo. Infatti, la Polizia e l’Esercito di Tunisi lamentano pesanti lacune operative nella conduzione sia delle indagini che delle operazioni anti-terrorismo. In questo senso, l’Italia potrebbe porsi come partner privilegiato e mettere a disposizione il proprio ampio know how  nel settore, raffinato in decine di anni di lotta la terrorismo nazionale e internazionale nonché alle organizzazioni criminali.

 

 

 

 


Profili biografici

 

 

 


Beji Caid Essebsi
Presidente della Repubblica

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Nato nel 1926 da una famiglia originaria della Sardegna, è avvocato e uomo politico. Sposato e padre di quattro figli. Laureato a Parigi nel 1950, inizia la sua carriera di avvocato dal 1952. Sin dalla sua giovane età milita nel partito del Neo-Destur.

All’indomani dell’indipendenza, è consigliere di Habib Bourguiba. In seguito è stato Direttore Generale della Sicurezza nazionale (1963), Ministro dell’Interno nel 1965 poi Ministro della Difesa (dal 1969 al 1970) fino alla sua nomina come Ambasciatore a Parigi.

La sua adesione al Partito socialista desturiano (PSD) è “congelata” nel 1971 a causa del suo sostegno alla necessità di riforma del sistema politico. Espulso nel 1974 dal partito, aderisce nel 1978 al Movimento dei Democratici Socialisti (co-fondato dall’attuale Presidente dell’Assemblea Costituente Mustapha Ben Jaafar).

Dirige la rivista di opposizione “Démocratie” fino al suo reintegro al governo con funzioni di Ministro delegato presso il Primo Ministro nel 1980 e poi come Ministro degli Affari Esteri nel 1981 e fino al 1986.

Nel 1989 assume la presidenza della Camera dei Deputati che conserva fino al 1991. Il suo ultimo mandato da Deputato termina nel 1994. Il suo nome torna alla ribalta dopo la rivoluzione quando, il 27 febbraio 2011 è nominato Primo Ministro dapprima alla guida di una compagine politica, successivamente (dal 7 marzo) di un Esecutivo esclusivamente apartitico.

Essebsi conclude il mandato avvolto in un prestigio immenso per aver assicurato la prima fase della transizione ed il corretto svolgimento delle elezioni per la Costituente. 

Il 16 giugno 2012 lancia ufficialmente il nuovo partito Nidaa Tounes (“L’Appello della Tunisia”), che immagina quale facilitatore di un consenso nazionale sulle politiche per il Paese, pur nella differenza dei ruoli e nel gennaio 2013 formalizza la nascita dell’Unione per la Tunisia, alleanza con alcuni partiti di centro-sinistra tra i quali Al Jouhmouri (Repubblicani) e Al Massar (la Via Democratica e Sociale). Dopo le elezioni del 21 dicembre 2014 è eletto Presidente della Repubblica con il 55% delle preferenze.


 

Rachid Ghannuchi
Leader del Partito islamista Ennahdha

 

 

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Rachid Ghannuchi (o Rāshid al-Ghannūshī) è nato a Balhama, Tunisia, nel 1941, è il leader del Partito islamista Ennahdha, risultato vincitore alle elezioni per l’Assemblea costituente della Tunisia, svoltesi il 23 ottobre 2011.

Cresciuto in un'umile famiglia, Ghannuchi studiò dapprima a Gabes (dove completò i corsi elementari), quindi entrò nel 1959 nell'Università al-Zaytuna di Tunisi (il più importante centro di studi islamici tunisino e uno dei principali centri di elaborazione del pensiero islamico sunnita), laureandosi in Teologia.

Nel 1964 si trasferì in Egitto, dove frequentò i corsi della Facoltà di Agraria dell'Università del Cairo. Ghannuchi rimase inizialmente affascinato dall'ideologia panaraba nasseriana, fin a che non fu costretto a lasciare il Paese a causa dell'espulsione dei tunisini decretata dal regime egiziano a seguito del profondo dissenso politico intervenuto tra Gamal Abdel Nasser e Habib Bourguiba. Raggiunse allora la Siria, dove, nel 1968, si laureò in Filosofia presso l’Università di Damasco.

In tale ambiente si avvicinò al fronte militante islamico, venendo in contatto col partito Bath al potere e con la Fratellanza Musulmana.

Successivamente si trasferì a Parigi dove frequentò i corsi di Filosofia dell’educazione all’Università la Sorbona.

In quegli anni cominciò a militare in una formazione politica ispirata a una corrente islamica fondamentalistica, che si basa sul principio della predicazione dell'Islam tra gli stessi musulmani. La sconfitta araba nella Guerra dei Sei giorni del 1967 lo aveva infatti convinto della giustezza delle tesi fondamentalistiche e nel 1969 tornò in patria per insegnare Filosofia nei licei tunisini.

Alla fine degli anni settanta Ghannuchi fondò insieme ad altri il Movimento della Tendenza islamica (Mouvement de la Tendence Islamique), che propugnava un regime integralista basato sulla Sharia e la completa re-arabizzazione del Paese. Nel 1984 fu arrestato e tre anni più tardi condannato a morte.

Il colpo di Stato operato da Ben Alì contro il regime di Bourguiba gli salvò la vita. Amnistiato con altri esponenti del MTI, Ghannuchi prese quindi parte alle elezioni legislative dell'aprile del 1989, in cui la sua formazione definita Partito della Rinascita (Ennahda o izb al-Naha) raccolse il 14,5 % dei consensi ufficiali.

Nel 1991 il MTI fu dichiarato fuori legge dal presidente Ben Ali, con l'accusa di aver fomentato il rovesciamento violento delle istituzioni. Ghannuchi fu quindi costretto a riparare nel Regno Unito, nella cui capitale ha a lungo vissuto e operato in piena libertà, condannando pubblicamente la violenza indiscriminata e assicurando l'abbandono della lotta armata, nella convinzione di un sicuro successo politico in patria delle tesi da lui propugnate. Quelli che si sono opposti a tale svolta moderata di Ennahda, sono poi confluiti nel Fronte Islamico Tunisino, una formazione paramilitare, nell’ambito della quale alcuni elementi hanno maturato esperienze in Afganistan e con l’ambiente del jidahismo internazionalista che avrebbe poi alimentato Al Qaida.

Dopo il 2005, Ghannuchi è stato sempre più apertamente contestato in seno al suo stesso partito da chi gli rimproverava di avere sposato una linea morbida e non più oltranzista, ma rivolta ad una proposta di “conciliazione nazionale”.

La sua possibile presenza in un Convegno internazionale svolto a Roma e Napoli e organizzato dall'Università degli studi di Napoli "L'Orientale" e dalla Georgetown University di Washington D.C., inaugurato da Lamberto Dini, ha suscitato articoli di protesta sul "Corriere della Sera" di Magdi Allam che ricordava le sue precedenti prese di posizione in favore della lotta armata nei paesi arabi con regimi sostenuti dall'Occidente e dello scontro (talvolta affiancato da azioni terroristiche) contro Israele per l'irrisolta questione palestinese.

A seguito degli eventi della cosiddetta Rivolta dei gelsomini, Ghannuchi è potuto tornare in Patria e il partito è stato legalizzato il 1º marzo 2011.

Nelle elezioni per l’Assemblea Costituente del 23 ottobre 2011 il suo Partito Ennahdha è risultato vincitore di larga misura, assicurandosi 89 seggi su 217.

 

 


 

 

Taieb Baccouche
Ministro degli Affari esteri

 

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Nasce a Jemmal nel 1944.

Negli anni della sua formazione consegue numerosi diplomi, tra i quali quelli in storia antica e archeologia, lingua e letteratura francese, lingua e cultura araba, linguistica, settore nel quale consegue nel 1980 anche il Dottorato alla Sorbona.

Per quanto concerne le attività pedagogiche e scientifiche, dal 1969 Baccouche è insegnante e ricercatore dell’Università di Tunisi, e dal 1984 professore nell’istruzione superiore.

Dal 1995 al 2002 è altresì presidente dell’associazione tunisina di linguistica.

Oltre a queste attività è coordinatore e membro di numerosi progetti di ricerca, nonché animatore dei progetti di ricerca sull’Atlante linguistico tunisino e sulla Terminologia ornitologica araba.

Negli anni dal 1981 al 1984 è segretario generale dell’Unione generale tunisina del lavoro; negli stessi anni dirige il giornale Echaab. Successivamente, nei 15 anni dal 1996 al 2011, è direttore responsabile della Rivista araba dei diritti dell’Uomo, e grosso modo nello stesso periodo presiede l’Istituto arabo dei diritti dell’Uomo.

Dal punto di vista più strettamente politico si segnala, subito dopo la caduta di Ben Ali, l’assunzione da parte di Baccouche del ruolo di Ministro dell’istruzione nazionale e portavoce del Consiglio dei ministri (gennaio-dicembre 2011).

Dal 2012 può conoscere è stato segretario generale del partito annidato un essere-attualmente partito di maggioranza relativa nel Parlamento tunisino e principale forza politica di governo-, carica dalla quale tuttavia si è dimesso alcuni mesi dopo la nomina a ministro degli esteri.


 

 

Bochra Belhaj Hmida
Presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei rappresentanti del Popolo

 

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Bochra Belhaj Hmida, nata a Zaghouan, Tunisia, avvocato.

 

Nel 1989 ha fondato l’Associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD). E’ la fondatrice della sezione tunisina di Amnesty International.

Nel 2011 aderisce al Foro democratico per il lavoro e le libertà e si presenta alle elezioni per l’Assemblea Costituente, senza tuttavia essere eletta. Aderisce successivamente al Movimento Nidaa Tounes, di cui diviene membro del Comitato esecutivo, e nelle elezioni legislative del 26 ottobre 2014 viene eletta all’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo.

Presiede la Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere ed è membro della Commissione per i martiri e i feriti della rivoluzione e per l’applicazione della legge di amnistia generale e la giustizia transitoria.

 

 


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[1]     I piani d’azione dei paesi partner nell’ambito della politica europea di vicinato dell’UE sono i documenti politici che delineano gli obiettivi strategici della cooperazione tra l’UE e i singoli paesi limitrofi. I piani d’azione stabiliscono un elenco completo di priorità concordate di comune accordo che devono essere attuate congiuntamente dall’Unione e da ciascuno dei paesi vicini.

[2]     I partenariati per la mobilità tra l’UE e paesi terzi costituiscono un quadro flessibile, giuridicamente non vincolante, per una buona gestione della circolazione delle persone tra l'UE e un paese terzo.

[3]     Nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, l’assistenza ai paesi del partenariato euromediterraneo è stata fornita attraverso lo strumento europeo di vicinato e partenariato (anche detto ENPI) destinato alla frontiera esterna dell’UE allargata, con una dotazione finanziaria di oltre 11 miliardi di euro per l’intero periodo. L’ENPI ha sostituito i programmi geografici e tematici esistenti, compreso il programma MEDA.

[4]     Dal 2014 al 2020 l’assistenza ai paesi del vicinato è fornita attraverso l’ENI, lo strumento per il vicinato, con una dotazione totale di 15,4 miliardi di euro.

[5]     Il Parlamento dell’Egitto, della Tunisia e il Consiglio Legislativo palestinese hanno lo status di osservatore. Sono invece membri associati i Parlamenti di Israele, Algeria, Giordania, e Marocco.

[6] La ricostruzione dell’attacco al Museo del Bardo lascia ampi dubbi su quello che fosse il reale obbiettivo del commando jihadista. Infatti, pare che inizialmente i miliziani terroristi volessero fare irruzione nel Parlamento tunisino, posto a poche centinaia di metri dal museo e che, una volta respinti, abbiano ripiegato sul Bardo e sul sequestro dei turisti. Si tratta di un elemento di primaria importanza, in quanto la definizione dell’obbiettivo qualifica la matrice ideologica e le reale intenzioni del commando. Qualora l’ipotesi dell’attacco al Bardo quale “ripiego” fosse confermata, apparirebbe chiaro che i miliziani intendevano attaccare un simbolo politico del Paese, secondo una logica ed un’agenda prettamente nazionale. Al contrario, se il Museo del Bardo fosse stato il vero obbiettivo, allora l’azione jihadista avrebbe assunto una connotazione maturamente internazionale e globale. 

[7] Il GCT è stato un gruppo terroristico tunisino prima parte del network di al-Qaeda e confluito definitivamente in essa (come parte di AQMI) nel 2007.

[8]Di questa brigata si hanno poche notizie. Secondo le informazioni sinora ottenute, il gruppo armato sarebbe nato nel 2012 quale cellula secessionista tunisina di AQMI. La brigata prende il nome da un generale musulmano che guidò le conquiste arabe del Maghreb.

SERVIZIO STUDI

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Missione a Tunisi

(12-13 luglio 2015)

 

 

 

 

 

 

n. 183

 

 

 

10 luglio 2015

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

Hanno collaborato:

Servizio Rapporti internazionali

( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: es0379.docx

 


INDICE

Schede di lettura

La transizione politico-istituzionale in Tunisia  e la spirale terroristica (a cura del Servizio Studi)                                                                                                 3

Scheda Paese (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                                                                                                    17

La politica tunisina di sicurezza e di contrasto al terrorismo (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                      40

La collaborazione italo-tunisina in materia migratoria (a cura del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)                                      43

Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)                                                                                               45

Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)                                                                                                     51

Focus geopolitico

M. Di Liddo ‘Tunisia: Punto di situazione’, a cura del CeSI, luglio 2015     57

Profili biografici

Beji Caid Essebsi Presidente della Repubblica                                             65

Rachid Ghannuchi Leader del Partito islamista Ennahdha                          67

Taieb Baccouche Ministro degli Affari esteri                                                70

Bochra Belhaj Hmida Presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei rappresentanti del Popolo         72

Pubblicistica

§  F. Merone ‘Explaining the jihadi threat in Tunisia’, in: opendemocracy.net   75

§  A. Jamaoui ‘The impact of the coalition on Ennahda and Nidaa Tounes’, in: opendemocracy.net                                                                                       79

§  M. Chabbi ‘Armée et transition démocratique en Tunisie’, in: Politique étrangère, n. 1/2015                                                                                       84

§  S. Labat ‘Tunisie: transition démocratique et problématiques sécuritaires nationales et régionales’, in: Les printemps arabes, Revue Défense Nationale, febbraio 2015                                                                                                 95

§  L. Declich ‘In Tunisia la vera rivoluzione può attendere’, in: Limes, n. 3/2015 102

§  L. Declich ‘La Tunisia e il tempo delle scelte in Europa’, in: Limesonline, 19 marzo 2015                                                                                                  109

§  S. Olmati ‘La lunga guerra della Tunisia contro il jihadismo’, in: Limesonline, 20 marzo 2015                                                                                                  111

§  I. Ingrao ‘La Santa Sede, la transizione tunisina e l’uso della forza contro ISIS’, in: www.aspeninstitute.it, 23 marzo 2015                                                    114

§  R. Aliboni ‘Dopo il Bardo - Tunisia, sicurezza e democrazia questioni irrisolte’, in: www.affarinternazionali.it, 26 marzo 2015                                              118

§  Hassan Mneimneh ‘Tunisia in the Midst of the Islamist Civil War’, 31 marzo 2015                                                                                                             120

§  Mourad Chabbi ‘Actuelles de l’Ifri – La question sécuritaire en Tunisie’, in: Institut français des relations internationales, 7 aprile 2015                        123

§  M. Yahua ‘The Dark Side of Tunisia’s Success Story’, in: Carnegie Middle East Center, 11 giugno 2015                                                                               127

§  N. Marzouki, H Mebbed ‘Tunisia: Democratic Miracle or Mirage’, in: Carnegie in Middle East Center, 11 giugno 2015                                                        129

§  M. Pranzetti ‘Tunisia: lo Stato Islamico prepara nuovi attacchi’, in: Lookoutnews, 17 giugno 2015                                                                     134

§  ’Analysis - Ramadan Attacks Strike Three Continents’, in: www.stratfor.com, 26 giugno 2015                                                                                                 137

§  E. Ardemagni ‘Kuwait, Arabia Saudita e la risacca jihadista’, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015                                                              140

§  ’Analysis – Tunisia Struggles With Militants, in: www.stratfor.com, 29 giugno 2015                                                                                                             142

§  S. Olmati ‘Perché la Tunisia è una priorità dello Stato Islamico’, in: Limesonline¸27 giugno 2015                                                                        146

§  C. Panella ‘La Tunisia è il posto più insicuro del Maghreb, Colpa delle purghe della Fratellanza islamica                                                                             148

§  M. Cristiano Allam ‘La Tunisia chiude le moschee, da noi le aprono’, ne: Il Giornale, 28 giugno 2015                                                                             149

§  F. Biloslavo ‘Lo stragista di Tunisia guidava una cellula di jihadisti attivi in Italia’, ne: Il Giornale, 4 luglio 2015                                                              150

§  R. Est., ’La Tunisia abbassa la saracinesca ‘ Isis alle porte, siamo in guerra’ , in: Nazione-Resto del Carlino-Giorno, 5 luglio 2015                                    151

§  L. Declich ‘Il valore locale dell’attentato dello Stato Islamico in Tunisia’, in: Limesonline 6 luglio 2015                                                                            152

§  Editoriale ‘Dal Londonistan alla spiaggia in Tunisia’, ne: Il Foglio, 7 luglio 2015 154

§  M. G. Amadio Viceré ‘EU counterterrorism efforts and the role of High Representative Mogherini’, in: www.aspeninstitute.it, 7 luglio 2015            155

 

 

 


Schede di lettura

 


La transizione politico-istituzionale in Tunisia
e la spirale terroristica
(a cura del Servizio Studi)

 

Alla metà di dicembre del 2013, non senza grandi difficoltà, si raggiungeva un accordo istituzionale per porre fine all’instabilità che aveva caratterizzato il paese per tutto il 2013. Il 9 gennaio 2014 effettivamente si dimetteva il premier Laarayedh, nelle stesse ore in cui la Costituente sanciva, con un emendamento al progetto costituzionale in via di elaborazione, la completa parità giuridica tra uomini e donne – già inserita nel testo - anche nelle assemblee elettive.

La nuova Costituzione prevede anche, nonostante il riconoscimento dell’Islam come religione di Stato, l’esclusione della Shari’a dal quadro delle fonti dell’ordinamento giuridico dello Stato, consentendo invece libertà di fede e coscienza, e rigettando le ipotesi di apostasia quali figure di reato.

Il 26 gennaio 2014 l’ex ministro dell’industria Mehdi Jomaa riceveva l’incarico di formare un governo tecnico frutto del compromesso tra Ennahdha e le opposizioni.

Il 4 marzo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si recava a Tunisi per la prima missione all’estero del suo mandato: Renzi ha incontrato le massime cariche istituzionali del vicino paese – oltre che esponenti della vivace società civile -, alle quali ha rinnovato la considerazione della centralità del Mediterraneo per l’Italia, in una prospettiva di dialogo e sviluppo.

Alla fine di maggio il paese tornava a dividersi in merito allo scioglimento della Lega per la protezione della rivoluzione disposto dal Tribunale civile di Tunisi: la Lega, una formazione a carattere paramilitare, era stato costante sostegno dei governi di ispirazione islamista, con forme di violenza fisica nei confronti degli oppositori, che talvolta erano giunte all’omicidio. Lo scioglimento della Lega naturalmente determinava reazioni negative da parte del fronte islamista, ma anche di partiti come il Congresso per la Repubblica - che ha fatto parte dei governi successivi alla caduta di Ben Alì - si esprimevano in senso contrario al provvedimento del tribunale civile di Tunisi.

Dall’altra parte le forze che maggiormente avevano sperimentato le violenze della Lega salutavano con favore lo scioglimento di essa. Singolare era poi giudicato in diversi ambienti del paese nordafricano il fatto che di fronte alle innumerevoli violenze compiute negli ultimi anni dalla Lega lo scioglimento di essa fosse stato poi decretato per ragioni amministrative, quando lo Stato decideva di contestare la legalità formale della sua costituzione: indirettamente, ciò era visto come conferma dell’inerzia della giustizia penale tunisina.

Il 28 maggio la violenza si riaccendeva nella regione sudoccidentale della Tunisia, a Kasserine, in una zona limitrofa a una roccaforte dei fondamentalisti ove dall’inizio del 2013 si erano registrati due assassinii politici e una ventina di morti tra i membri delle forze dell’ordine: attorno alla mezzanotte alcuni miliziani presumibilmente fondamentalisti uccidevano quattro poliziotti durante un attacco all’abitazione del ministro degli interni Ben Jeddou, che tuttavia ne usciva illeso.

La Presidenza della Repubblica decretava un giorno di lutto nazionale, nelle stesse ore in cui si inaugurava nella capitale una conferenza internazionale sulla libertà di espressione nel mondo arabo - promossa da un’organizzazione non governativa italiana (“Un ponte per”) all’interno di un progetto cofinanziato dall’Unione europea - nella quale, in riferimento alla Tunisia, si constatava la persistente difficoltà per la libertà di espressione a causa dell’opposta pressione di forze populiste - da un lato quelle integraliste islamiche e dall’altro gruppi risorgenti di persone già appartenute al sistema di potere di Ben Alì, che proprio nella lotta agli islamisti cercavano il veicolo per riaccreditarsi sulla scena del paese.

Il 16 luglio si registrava un altro grave episodio di terrorismo nell’area del monte Chaambi, vicino al confine algerino, da tempo dichiarata a rischio per la presenza di diversi gruppi terroristici: proprio uno di tali gruppi perpetrava l’attacco a due basi di controllo dell’esercito, provocando la morte di 14 militari ed il ferimento di una ventina. Le autorità proclamavano tre giorni di lutto nazionale, mentre giungeva una rivendicazione da parte di una brigata appartenente al gruppo jihadista di Ansar al-Sharia, collegato ad al-Qaida.

 

La polarizzazione del quadro politica alla vigilia delle elezioni politiche e presidenziali

La Tunisia tornava al centro dell’attenzione internazionale verso la fine di ottobre, in vista delle elezioni legislative fissate per il giorno 26, e delle presidenziali del 23 novembre. L’attesa elettorale era funestata il 24 ottobre dall’assalto delle forze dell’ordine ad una casa alla periferia della capitale dove si erano asserragliati alcuni presunti terroristi: il bilancio del blitz è stato di sei morti, tra i quali cinque donne.

La vigilia del voto registrava ancora la massima incertezza sui risultati, anche in considerazione del divieto di pubblicazione dei sondaggi durante la campagna elettorale. Comunque, i tunisini avrebbero scelto i loro rappresentanti tra i candidati di oltre 1.300 liste in 33 circoscrizioni, sei delle quali estere. Certamente nuovo si presentava il panorama delle forze politiche tunisine, con un’accentuata polarizzazione su due raggruppamenti maggioritari, quello tra Ennahdha, Ettakatol ed il Congresso per la Repubblica, interprete dei valori più tradizionali e maggiormente legato all’islamismo; e quello guidato dalla forza politica creata nel giugno 2012 da Caid Essebsi, NidaaTounes, più legato al laicismo tradizionale e al nazionalismo tunisino, sulla scia di Habib Bourghiba.

Proprio Essebsi aveva escluso per tutta la durata della campagna elettorale ogni possibilità di alleanza con gli islamisti di Ennahdha.

Più in dettaglio, va osservato come i tre partiti che avevano fino a quel momento guidato la Tunisia, pur scontando le differenze tra Ennahdha da un lato, e i due partiti di centro-sinistra Ettakatol e Congresso per la Repubblica dall’altro, avevano subito un notevole discredito proprio dall’insufficiente prova di governo. Per quanto concerne Ennahdha, poi, molti tunisini rimproveravano al partito islamico moderato di Ghannouci l’eccessiva tolleranza verso le iniziative aggressive dei salafiti, moltiplicatesi dopo la caduta di Ben Ali.

A riprova dello smarrimento di Ennahdha, molti osservatori evidenziavano poi come il partito, pur maggioritario nelle precedenti elezioni, non avesse un proprio candidato alle presidenziali, a differenza di Ettakatol e del Congresso per la Repubblica, che presentavano quali candidati per la carica di capo dello Stato rispettivamente il leader Mustafa ben Jaafar - presidente dell’Assemblea nazionale costituente - e Moncef Marzouki, capo dello Stato uscente - peraltro non più alla guida del Congresso per la Repubblica, al cui vertice si trovava ormai Abderraouf Ayadi.

Per quanto concerne l’altro schieramento, Nidaa Tounes si era visto spesso rimproverare di essere espressione di personaggi vicini al regime di Ben Ali, ma un indubbio punto di forza di questo partito era la candidatura di Caid Essebsi alle presidenziali, per le quali era dato per favorito.

Completavano il quadro delle forze politiche principali partecipanti alle elezioni legislative il partito repubblicano, nato nel 2012 dalla fusione di vari partiti di centro, con la figura principale nella persona di Ahmed Chebbi, anch’egli candidato alle presidenziali; e l’Unione patriottica libera del facoltoso uomo d’affari Slim Riahi, ugualmente centrista e con un’ispirazione modernista di mercato - Riahi si era anche candidato alle presidenziali del 23 novembre.

Il 26 ottobre, fortunatamente, le elezioni politiche si svolgevano regolarmente e senza incidenti di rilievo, sotto il controllo di ottantamila appartenenti alla polizia e alle forze armate, e di circa seicento osservatori internazionali. Il presidente USA Obama salutava le elezioni come tappa importante nel processo di costruzione democratica della Tunisia, e a questo giudizio positivo si associava anche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’Alta Rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, allora negli ultimi giorni della sua funzione di Ministro degli esteri italiano, citava la Tunisia come esempio della possibilità di realizzare quello che era apparso il progetto iniziale delle Primavere arabe, con la costruzione di istituzioni democratiche attraverso il confronto politico.

I risultati delle elezioni vedevano l’affermazione del raggruppamento raccolto attorno a Nidaa Tounes, che conquistava una maggioranza relativa dei seggi, e con essa la possibilità di indicare il nuovo premier. Ennahdha  riconosceva la sconfitta elettorale, complimentandosi con gli avversari ed invitando i propri sostenitori a festeggiare comunque la tenuta delle elezioni come vittoria del paese.

Va peraltro registrato che i risultati definitivi assegnavano 85 seggi a Nidaa Tounes e 69 ad Ennahdha, prefigurando pertanto lo scenario di una possibile forzata collaborazione per poter raggiungere la soglia minima di 109 deputati su 217 complessivi.

 

Le elezioni presidenziali

Decisivo per il futuro assetto di governo della Tunisia si presentava pertanto l’appuntamento del 23 novembre, primo turno di svolgimento delle elezioni presidenziali (il secondo turno si doveva tenere il 28 dicembre), sia per un riscontro ulteriore della forza dei rispettivi schieramenti in campo, sia perché sarebbe stato il prossimo presidente della Repubblica ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo. Come previsto, le consultazioni  registravano l’affermazione di Caid Essebsi, il quale tuttavia non riusciva a raggiungere una quota di voti tale da evitare il ballottaggio con il secondo classificato, il presidente uscente Moncef Marzouki.

Questi, già familiare con gli ambienti islamisti per aver governato a lungo nella cosiddetta troika con Ennahdha ed Ettakatol, sembrava in effetti cercare di recuperare spazio politico e voti facendo appello agli ambienti islamici radicali e, sul piano internazionale, al Qatar - che invece con la vittoria nelle elezioni politiche di Nidaa Tounes sembrava aver perso una parte della propria presa sulla realtà tunisina a favore di Francia e Stati Uniti, chiaramente schierati a favore del raggruppamento laico.

Va in tal senso precisato che il risultato delle presidenziali già di per sé  aveva registrato un assottigliamento della distanza tra i due raggruppamenti principali, in quanto Essebsi sfiorava il 40% dei consensi, ma Marzouki superava il 33% - ciò evidentemente perché riusciva a far convergere sulla propria persona la pressoché totalità dei voti espressi dagli elettori di Ennahdha, che pure li aveva lasciati liberi nell’espressione del voto per le presidenziali.

Il 21 dicembre il ballottaggio delle elezioni presidenziali registrava la prevista vittoria di Caid Essebsi, che prevaleva chiaramente sul capo dello Stato in carica Marzouki: per la verità questi contestava nell’immediato il risultato elettorale, denunciando brogli, e alcuni suoi sostenitori davano vita nella serata a un raduno di protesta a El Hamma, disperso dalla polizia. Nella sconfitta di Marzouki aveva probabilmente giocato anche l’atteggiamento di Ennhadha, che pure per il ballottaggio aveva lasciato libertà di voto ai propri sostenitori.

La conclusione della tornata elettorale presidenziale in Tunisia  riscontrava nei giorni successivi l’apprezzamento del Consiglio d’Europa, dell’Amministrazione USA nonché dell’Alta Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini. Anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si felicitava con il nuovo omologo tunisino. Il 31 dicembre Essebsi ha giurato innanzi all’Assemblea dei rappresentanti del popolo in seduta plenaria, e alla presenza dell’esecutivo guidato da Mehdi Jomaa, di rappresentanti dei partiti politici e di personalità nazionali e del corpo diplomatico accreditato nel paese.

La procedura per la formazione del nuovo governo è iniziata il 5 gennaio 2015, quando il presidente Essebsi ha ricevuto dal partito di maggioranza Nidaa Tounes la candidatura a futuro premier di Habib Essid. Essid, già attivo nell’alta burocrazia nel ventennio precedente la rivoluzione tunisina, e in seguito ministro dell’interno durante l’assetto di governo provvisorio succeduto alla caduta di Ben Ali, aveva a disposizione un mese di tempo, prorogabile di un ulteriore analogo periodo, per dar vita al nuovo esecutivo.

Nonostante i positivi segnali di assestamento della compagine istituzionale tunisina, il clima della sicurezza continuava a presentare qualche aspetto preoccupante, come quando ad esempio un importante esponente del gruppo terroristico tunisino Ansar al-Sharia ha minacciato di morte in un video dalla Siria due giornalisti che avevano aderito alla condanna del sanguinoso attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, preannunciando una specifica campagna terroristica contro i mezzi di comunicazione a impronta laica della Tunisia.

 

La formazione del nuovo Esecutivo

Il 23 gennaio, comunque, il premier in carica Essid ha presentato la sua formazione di governo al capo dello Stato Essebsi, un esecutivo con molti ministri del partito Nidaa Tounes e alcuni tecnici, ma privo di esponenti di Afek Tounes e di Ennahdha. Nei giorni successivi, evidentemente, Essid comprendeva la difficoltà che la sua formazione di governo avrebbe incontrato pochi giorni dopo nel voto di fiducia parlamentare, tanto che il 2 febbraio presentava una nuova lista di ministri, all’interno della quale era rientrato il partito Afek Tounes, e figuravano inoltre l’Unione patriottica libera e l’islamista Ennahdha – cui è andato il ministero della formazione. Con il governo così configurato - formato da 22 ministri, 2 ministri delegati e 15 segretari di Stato, e con scarsa presenza di tecnici - ha preso corpo la prospettiva di un governo di larghe intese che già i risultati delle elezioni legislative, ma soprattutto quelli delle presidenziali avevano fatto presagire.

Il 4 febbraio effettivamente Essid si presentava in Parlamento, dove il suo governo dopo un lungo dibattito otteneva la fiducia, per entrare in carica due giorni dopo. Essid riceveva le pronte congratulazioni dell’Alto rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini e del  Presidente del consiglio Matteo Renzi, che salutava il ruolo della Tunisia saldamente incamminata in un percorso di sviluppo democratico e di progresso economico.

Il 13 febbraio Federica Mogherini ha avuto occasione di esprimere direttamente alle autorità tunisine il proprio compiacimento, nel corso della visita ufficiale durante la quale ha incontrato il capo della Stato Essebsi e il ministro degli esteri Baccouche, affrontando tra gli altri in particolare i temi della sicurezza, nella declinazione della gravissima crisi libica e della lotta al terrorismo, oltre naturalmente al dossier sui rapporti tra Tunisia e Unione europea - nella prospettiva di un futuro accordo di libero scambio e di facilitazione dei visti per il territorio europeo.

Il terrorismo è tornato in Tunisia in primo piano il 18 febbraio, quando nella pericolosissima area di Boulaaba, nel Governatorato di Kasserine, verso il confine algerino, quattro appartenenti alla Guardia nazionale sono stati uccisi: poche ore dopo proprio la brigata Okba ibn Nafee, legata ad al Qaeda e che nella regione ha il proprio quartier generale, ha rivendicato i quattro omicidi, avvenuti ancora una volta nei pressi del Monte Chaambi. L’attentato è stato presentato dai jihadisti come risposta all’offensiva che le forze di sicurezza tunisine stavano attuando - ed effettivamente i quattro assassinati facevano parte di una pattuglia impegnata in un’operazione di rastrellamento.

Il 25 febbraio vi è stata la visita a Tunisi del Ministro degli esteri Paolo Gentiloni, il quale ha incontrato le massime autorità dello Stato, ribadendo il sostegno dell’Italia al percorso democratico della Tunisia, e auspicando una sempre maggiore collaborazione in tema di informazioni per la sicurezza e di contrasto al terrorismo.

All’inizio di marzo sono stati colpiti alcuni gruppi terroristici, anzitutto grazie alla cooperazione tra Algeria e Tunisia già da tempo in corso: infatti reparti della Gendarmeria nazionale algerina hanno condotto un’operazione a poca distanza dalla frontiera con la Tunisia - e quindi dalla zona del Monte Chaambi, roccaforte dei jihadisti tunisini -, catturando 13 persone e portando un duro colpo ad un gruppo jihadista algerino affiliato al Daesh, e in rapporti di collaborazione con la brigata tunisina Okba ibn Nafee. Tre giorni dopo, il 4 marzo, un’operazione tunisina nella regione di Kasserine ha condotto all’uccisione di due presunti terroristi, a seguito di un’operazione di rastrellamento ancora una volta nei pressi del monte Chaambi.

La tela sempre più intensa dei rapporti italo-tunisini ha registrato un nuovo sviluppo il 5 marzo, quando il Ministro dell’interno Alfano ha incontrato al Viminale l’omologo tunisino Gharsalli, con al centro dei colloqui il problema dell’immigrazione clandestina e la cooperazione nel contrasto al terrorismo - con particolare riguardo alla situazione di instabilità della Libia e alle minacce che derivano.

La collaborazione tra Italia e Tunisia è proseguita il 17 marzo, quando una delegazione di magistrati del paese nordafricano è stata ricevuta al Consiglio superiore della magistratura per un confronto sulla riforma della giustizia in Tunisia. Nel corso dei colloqui sono emersi l’apprezzamento e l’attenzione del CSM per l’indipendenza della magistratura quale configurata nella nuova Costituzione tunisina, esempio di ciò che gli sforzi del sistema giudiziario italiano si propongono di contribuire a realizzare in tutti i paesi del Nord Africa impegnati in processi di democratizzazione - in tal senso è stato preconizzato il possibile avvento, accanto allo spazio giuridico europeo, anche dello spazio giuridico del Mediterraneo, come fattore essenziale di stabilità regionale.

Il 17 marzo è stato anche il giorno in cui la Ministra tunisina del turismo, Selma Ellouni, smentendo notizie allarmistiche e minacce circolate sul web nei confronti della Tunisia, ha esortato a visitare il paese, da considerare a suo dire sicuro - e in effetti dopo la crisi del 2011 si è assistito ad una graduale ripresa, con oltre 250.000 turisti italiani approdati in Tunisia nel 2014.

 

Gli attentati del 18 marzo

Le parole del ministro tunisino sono state tragicamente smentite il giorno successivo, 18 marzo, dall’attacco terroristico a Tunisi, quando due jihadisti pesantemente armati hanno prima tentato di entrare in Parlamento e, non riuscendovi, hanno ripiegato in direzione del Museo nazionale del Bardo dove, prima di prendere in ostaggio decine di persone, hanno ucciso 21 persone – in maggioranza turisti a bordo di pullman sbarcati da una nave da crociera della Costa, tra i quali quattro nostri connazionali, prima di essere a loro volta uccisi dalle forze di sicurezza. Il giorno successivo il Daesh ha rivendicato la strage, anche se fonti dell’intelligence USA hanno espresso cautela al proposito.

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 20 marzo ha espresso sostegno alla Tunisia nella lotta al terrorismo e disponibilità a inviare una missione di sicurezza in Libia dopo l’eventuale formazione di un governo di unità nazionale: particolarmente forte l’allarme lanciato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi per una maggiore attenzione dell’Europa alle minacce provenienti dal Mediterraneo, come si è già visto capaci di investire l’intero territorio europeo. In ogni modo il Consiglio europeo ha incaricato l’Alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini di presentare delle opzioni di intervento per il  20 aprile in relazione alla situazione libica. L’Italia peraltro ha insistito anche sulla necessità di stipulare intese di collaborazione tra l’Europa e i paesi del Nord Africa in materia migratoria, potenziando altresì le missioni di monitoraggio e soccorso nel Mediterraneo.

Nei giorni successivi Tunisi ha fornito segnali di forte ripresa, anche in concomitanza del 59º anniversario dell’indipendenza nazionale del 1956con la progettata riapertura del Museo del Bardo per il 24 marzo e, soprattutto, la grande marcia dei popoli uniti contro il terrorismo fissata in apertura del Forum sociale mondiale il 24 marzo.

Nel frattempo sono proseguite con solerzia le indagini che, oltre ad individuare e ricercare un terzo terrorista implicato nell’attacco del 18 marzo, hanno portato all’arresto di non meno di 15 persone. È emerso intanto che i due terroristi uccisi nel blitz delle forze di sicurezza si erano addestrati in Libia, mentre il Capo dello Stato Essebsi ha avvalorato la credibilità della rivendicazione del Daesh. Si è anche proceduto a rimuovere diversi alti funzionari di polizia, riconoscendo indirettamente diverse manchevolezze dell’apparato di sicurezza della capitale nella giornata del 18 marzo: tra essi il capo del distretto di Tunisi, il capo della polizia stradale, quello per la sicurezza dei turisti e il capo della sicurezza del Museo Del Bardo.

Il 24 marzo il Ministro degli esteri Gentiloni si era intanto recato nuovamente in Tunisia: qui è stato raggiunto un accordo per la cancellazione di 25 milioni di euro del debito tunisino nei confronti dell’Italia ma, ancor di più, è stata ribadita la collaborazione con Roma e Bruxelles nella lotta al terrorismo - in tal senso l’Italia e la Francia si sono impegnate a tentare di includere la Tunisia tra gli obiettivi del grande piano di investimenti della Commissione europea (il c.d. piano Juncker).

Il 25 marzo si è avuto l’arresto di una persona considerata la mente dell’attacco terroristico del 18 a Tunisi - si tratterebbe di un tunisino residente in Belgio. È emerso intanto che le persone arrestate nelle indagini successive all’attentato sarebbero tutte appartenenti alla famigerata brigata Okba ibn Nafee, il cui capo si sarebbe in effetti recentemente distaccato dalla fedeltà ad al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI) per schierarsi dalla parte del Daesh. Nella stessa giornata il Consiglio dei ministri ha approvato il testo della nuova legge antiterrorismo, da sottoporre successivamente al parlamento. Si è inoltre proceduto a chiudere o censire luoghi sospetti per la propaganda jihadista.

Lo stesso giorno il Presidente Essebsi ha rivolto un appello al popolo a “envoyer un message à l'étranger selon lequel la Tunisie continue sa lutte contre le terrorisme, mais persiste aussi dans son attachement aux réformes politiques qu'elle a faitesattraverso la partecipazione ad una marcia internazionale per commemorare le vittime dell’attentato, che si è in effetti svolta nella capitale tunisina domenica 29 marzo.

All’imponente manifestazione hanno partecipato numerosi leader internazionali tra quali il Presidente francese François Hollande, il presidente polacco Bronislaw Komorowski, quello palestinese Mahmoud Abbas, i ministri degli Esteri della Germania, Frank Walter Steinmeier, e della Spagna, José Garcia Margallo, il premier algerino Abdelmalek Sellal e l’alta Rappresentante per la Politica estera dell’Ue Federica Mogherini.  Per l’Italia era presente la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, il Presidente del Consiglio dei Ministro, Matteo Renzi ed una delegazione della Commissione Affari esteri della Camera, guidata dal presidente Fabrizio Cicchitto.

La manifestazione ha visto la presenza di decine di migliaia di persone giunte nella capitale da tutto il paese, nella cornice di un imponente spiegamento di forze militari – inclusa la Guardia nazionale - e di polizia: giungeva frattanto la notizia della liquidazione, nel sud del paese, di Chaled Chaib, capo della cellula Okba ibn Nafee, ucciso in un blitz delle forze di sicurezza assieme ad altri otto jihadisti.

 

Il nuovo attacco terroristico di Sousse

Il 18 maggio il Capo dello Stato Sergio Mattarella si è recato a Tunisi per una visita ufficiale, nel corso della quale ha condiviso  con le autorità tunisine l’impegno contro il terrorismo e a difesa della pacifica convivenza, in un grande patto di civiltà capace di legare più che in passato le due sponde del Mediterraneo. Questi i contenuti emersi dagli incontri con il presidente Essebsi e il primo ministro Essid, che hanno punteggiato la giornata di Sergio Mattarella assieme alla visita al Museo nazionale del Bardo colpito dall’attentato del 18 marzo. Tra l’altro durante la visita del Capo dello Stato è stato firmato un accordo per un programma triennale di cooperazione italo-tunisino, confermando altresì quanto già annunciato in merito alla conversione, per un totale di 25 milioni di euro, del debito della Tunisia nei confronti del nostro Paese.

Il Presidente della Repubblica è altresì intervenuto nel Parlamento tunisino riunito in seduta straordinaria, riconoscendo il carattere di dramma umanitario senza precedenti alle vicende dei flussi migratori nel Mediterraneo, rispetto ai quali dall’Europa si attende che se ne faccia carico in spirito di solidarietà e di accoglienza. Sergio Mattarella ha peraltro recisamente respinto ogni ipotesi di intervento militare quale soluzione della questione libica, che dovrà necessariamente passare per la decisione politica dei libici di dar vita a un governo di unità nazionale, capace di iniziare la ricostruzione di istituzioni statali funzionanti.

Proprio in relazione all’attentato al Museo del Bardo del 18 marzo va segnalato che la prosecuzione dell’indagine aveva condotto fino al 19 maggio all’arresto di 46 persone ritenute coinvolte a vario titolo nell’episodio terroristico: nella serata del 19 maggio le forze di polizia italiane procedevano all’arresto di Abdel Majid Touil, di nazionalità marocchina ma residente a Gaggiano, nell’hinterland milanese, accusato in un primo tempo di aver fatto parte come fiancheggiatore dell’organizzazione dell’attentato del Bardo: successivamente diverse evidenze sembravano mostrare invece la presenza di Touil in Italia proprio nei giorni in cui era perpetrato l’attentato.

Cionondimeno, le autorità tunisine ribadivano con forza la loro convinzione della colpevolezza di Touil, che sarebbe stato chiamato in causa da alcuni altri arrestati sempre in relazione allo stesso episodio. Dopo diverse schermaglie giuridiche, il 16 giugno la Quinta Corte d’appello di Milano ha confermato la necessità di detenzione in carcere per Touil, ritenendo ancora attuale e concreto il pericolo di fuga dell’indagato, per di più accusato di delitti particolarmente gravi.

La decisione della Quinta Corte d’appello è stata adottata nell’attesa che dalla Tunisia giunga la formale richiesta di estradizione, il cui incartamento dovrebbe contenere accuse ed elementi di prova tali da consentire di precisare i capi d’imputazione a carico di Touil. Nel frattempo, il 28 maggio si sapeva dell’arresto di un altro marocchino, Noureddine Naibi, che secondo le autorità tunisine avrebbe conosciuto in Libia Touil e i due tunisini dell’attentato del Bardo.

Il 25 maggio nella base militare tunisina di Bouchoucha un trentenne caporale dell’esercito, privato della facoltà di portare armi a seguito della manifestazione di problemi mentali, ha sottratto un’arma ad un commilitone e ha aperto il fuoco sui militari presenti durante  l’alzabandiera uccidendone sette, tra i quali un colonnello, e ferendone una decina. Mentre le autorità tunisine hanno parlato di un atto completamente scollegato da ogni riferimento al terrorismo, il giorno successivo l’ISIS ha rivendicato la strage, compiuta a suo dire da quello che è stato definito un “leone solitario”. Per la verità alcuni media tunisini hanno riferito di una certa vicinanza del caporale a gruppi estremistici, che sarebbe stata la vera causa delle limitazioni impostegli dalle autorità militari.

La brigata Okba ibn Nafee è tornata tragicamente all’attenzione generale il 15 giugno, quando nel luogo simbolo di Sidi Bouzid, dove l’autoimmolazione di un ambulante vessato dalla polizia di Ben Ali aveva dato inizio nel 2011 alle “Primavere Arabe”, sono stati uccisi tre agenti della Guardia nazionale in due diversi attacchi, e vi è stato altresì il ferimento di 11 civili.

La vera ripresa su larga scala del terrorismo in Tunisia doveva purtroppo tuttavia ancora arrivare: il 26 giugno un terrorista, Seiffeddine Rezgui, ha attaccato turisti stranieri sulla spiaggia di Sousse, uccidendone trentotto – 25 dei quali britannici - a colpi di Kalashnikov. La giornata è stata peraltro funestata da altri gravissimi episodi terroristici in Kuwait, dove un’esplosione in una moschea ha provocato 27 morti, e in Somalia, con 50 vittime dopo il lancio di un’autobomba contro una caserma. Nei dintorni di Lione, inoltre, vi è stato il tentativo di far esplodere un impianto di produzione di gas, tentativo non riuscito, senza che ciò impedisse il macabro ritrovamento della testa di un imprenditore.

L’attentato sulla spiaggia di Sousse ha gettato le autorità tunisine nello sconcerto, avendo esso colpito un settore economico, quello del turismo, sul quale il paese conta moltissimo per una sua ripresa - e certamente anche da parte dei terroristi vi è il progetto di danneggiare l’industria turistica tunisina, mettendo in crisi il governo. Le indagini hanno subito ipotizzato l’esistenza di una rete di sostegno per il terrorista Rezgui, del quale è emerso che nel passato aveva lavorato come animatore turistico.

Inoltre è stato sostanzialmente acclarato che Rezgui si sarebbe recato negli ultimi tre mesi in Libia ad addestrarsi in un campo di Ansar al-Sharia, dove avrebbe anche conosciuto i due connazionali attentatori del Bardo. Mentre una serie di arresti venivano effettuati in Tunisia, il governo decideva di schierare quasi duemila agenti supplementari armati per il pattugliamento di spiagge e hotel, nonché di procedere alla chiusura di un’ottantina di moschee considerate al di fuori del controllo statale. Le autorità tunisine riferivano il 30 giugno dell’arresto di un conoscente di Rezgui che sarebbe implicato nella strage di Sousse.

La concomitanza dell’addestramento dei tre terroristi tunisini in Libia portava poi le indagini nella direzione di Seifallah Ben Hassine, leader radicale islamico tunisino che proprio in Libia risiedeva dal 2013, e in quel paese sarebbe stato seguito da molti dei suoi fedeli reclutati dopo la caduta di Ben Ali e nella sostanziale inerzia delle autorità tunisine nel periodo del governo di Ennahdha. Ben Hassine, conosciuto anche come Abu Iyadh, fondatore dell’ala tunisina di Ansar al-Sharia, sarebbe tuttavia morto il 14 giugno in seguito a un attacco dei droni americani in territorio libico, nelle stesse circostanze che avrebbero portato alla morte il terrorista algerino Belmokhtar.

 

Gli sviluppi più recenti: la dichiarazione dello stato di emergenza e la costruzione di una barriera ai confini con la Libia

Il 4 luglio vi è stata la dichiarazione dello stato di emergenza su tutto il territorio tunisino per 30 giorni, ulteriormente rinnovabili. Il presidente Essebsi ne ha dato l’annuncio alla nazione un discorso di 30 minuti, nel quale ha ricordato le circostanze eccezionali che il paese sta vivendo, di fronte alle quali il Capo dello Stato ha il preciso dovere di imporre lo stato di emergenza - secondo Essebsi  un altro attentato come quelli del 18 marzo e del 26 giugno potrebbe portare addirittura al crollo della compagine statale, minata dalla paura e dalla sfiducia.

Abbiamo l’Isis alle porte”, ha detto il Capo dello Stato alla televisione spiegando la decisione di proclamare lo stato di emergenza. “La Tunisia sta vivendo circostanze eccezionali che necessitano di misure eccezionali”, ha aggiunto precisando: “noi non abbiamo la cultura del terrorismo, è un problema regionale”.

Essebsi ha giustificato questo provvedimento con la necessità di combattere il terrorismo in quanto lo Stato islamico vuole instaurare un Califfato, mentre “noi vogliamo un paese democratico con un sistema repubblicano laico e non torneremo indietro. Noi abbiamo una Costituzione laica e i terroristi vogliono il Califfato”. Essebsi ha infine ringraziato “l’Algeria che sta al fianco della Tunisia nella lotta al terrorismo”.

Lo stato di emergenza affida maggiori poteri al governo e maggiore autorità a polizia ed esercito, limitando alcuni diritti quali quello di riunione. Disciplinato con un decreto legislativo del 1987, sancisce le cause per cui le autorità decidono di applicare tale misura, gravi attacchi contro l’ordine pubblico o calamità, e stabilisce inoltre che una volta terminato il periodo d’emergenza le misure speciali adottate cessano il loro effetto.

Durante il periodo in cui è in vigore, le autorità possono limitare la circolazione di persone e autoveicoli; vietare scioperi e manifestazioni; introdurre nuove regole sul permesso di soggiorno, vietandolo a tutti coloro che intralciano l’azione delle pubbliche autorità; e procedere al fermo di persone o al sequestro dei loro beni, per garantire la sicurezza della nazione.

Inoltre, il Ministero dell’Interno può disporre l’arresto di qualsiasi persona sospettata di compiere attività pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico; ordinare a tutti coloro che posseggono un’arma regolarmente registrata di consegnarla alle autorità; stabilire la chiusura temporanea di teatri, cinema e luoghi di incontro, vietando anche assemblee pubbliche per evitare disordini.

In vigore dal 15 gennaio 2011 lo stato di emergenza era stato revocato il 6 marzo 2014. Una revoca, che non precludeva comunque la possibilità di un supporto militare delle forze di sicurezza se necessario, né la prosecuzione di operazioni militari specialmente nelle zone di confine.

Il Parlamento tunisino, l’8 luglio, ha ratificato il decreto presidenziale che ha proclamato lo stato di emergenza: il presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo, Mohammed Ennaceur, ha annunciato il sostegno del Parlamento al provvedimento, sottolineando che “il Paese è nelle mani delle forze di sicurezza”, e che “lo stato d’emergenza necessita dell’unità di tutto il popolo". Nel corso della seduta il premier Essid ha ricordato che, dal marzo di quest’anno, le autorità hanno arrestato circa 1.000 presunti terroristi ed a 15.000 giovani è stato impedito di partire per i territori di combattimento della Jihad di Siria, Iraq e Libia.  

Lo stesso giorno il Premier ha annunciato l'avvio dei lavori per la costruzione di un muro e di un fossato lungo il confine con la Libia, nell'ambito del piano volto a fermare l'infiltrazione degli jihadisti dalla Libia in territorio tunisino. La decisione è stata resa nota durante un'intervista alla televisione di stato su stato di emergenza e terrorismo. Il muro sarà lungo 168 chilometri e sarà ultimato entro la fine del 2015. "La Libia è diventato il primo problema e stiamo studiando anche di installare apparecchiature elettronico lungo il confine nonostante la spesa" ha detto Essid. La barriera  consentirà di controllare la parte più a rischio della frontiera con la Libia, quella da cui, come concordano investigatori ed analisti, è più facile passare, in una direzione o nell'altra.

 

 

 


 

 


(…)


 

Rapporti tra l’Unione europea e la Tunisia
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

 

L’Unione europea intrattiene da lunga data rapporti privilegiati con la Tunisia, sostenendone le riforme politiche, la modernizzazione economica.

L’accordo di associazione UE Tunisia

A seguito del lancio del Partenariato euromediterraneo nel 1995 a Barcellona - poi evolutosi nel 2008 nell'Unione per il Mediterraneo - la Tunisia fu il primo paese tra quelli del Mediterraneo a firmare nel 1995 un accordo di associazione con l’UE, che costituisce tuttora la base giuridica delle relazioni tra UE e Tunisia.

L’Accordo prevede:

·        l’istituzionalizzazione di un dialogo politico tra UE e Tunisia.

Il dialogo politico si svolge nell’ambito del consiglio di associazione, costituito da un lato da membri del Consiglio e della Commissione, oltre che dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), e dall’altro da membri del Governo tunisino. E’ previsto inoltre un comitato d’associazione, che si riunisce a livello di funzionari, con il compito di seguire l’applicazione dell’accordo e preparare le riunioni del consiglio di associazione.

·        disposizioni in materia commerciale, con l’obiettivo di una reciproca e progressiva liberalizzazione degli scambi di beni agricoli e industriali, nonché previsioni su libertà di stabilimento, liberalizzazione dei servizi, libera circolazione dei capitali e concorrenza. Sulla base delle previsioni dell’accordo, una zona di libero scambio dei prodotti industriali è in vigore dal 2008;

Nel mese di ottobre 2015 dovrebbero essere avviati i negoziati per un più comprensivo accordo di libero scambio tra la UE e la Tunisia.

·        la cooperazione scientifica, tecnologica e culturale nonché in materia di giustizia e affari interni.


 

Il Piano d’azione 2013-2017 per la Tunisia nell’ambito della Politica europea di vicinato

Il piano d’azione 2013 -2017[1] per la Tunisia, definito nel 2014 nell’ambito della Politica europea di vicinato dell’UE, individua le seguenti priorità:

·        consolidamento delle riforme per la democrazia e lo Stato di diritto;

·        rafforzamento del dialogo politico e la cooperazione nei seguenti settori: democrazia dei diritti umani, politica estera e di sicurezza, cooperazione nella lotta contro il terrorismo;

·        sviluppo di condizioni favorevoli per gli investimenti diretti esteri e  miglioramento delle condizioni per lo sviluppo di imprese e dell’imprenditorialità;

·        cooperazione nel settore dello sviluppo della ricerca scientifica, e dell'istruzione superiore;

·        graduale ravvicinamento delle legislazione in materia di lavoro e politica sociale alle norme europee;

·        ravvicinamento delle regolamentazioni tecniche;

·        rafforzamento delle infrastrutture dei trasporti nazionali e regionali e la loro interconnessione con la rete transeuropea dei trasporti;

·        attuazione del memorandum d'intesa sulla progressiva integrazione del mercati dell'elettricità dei paesi del Maghreb nel mercato interno dell'elettricità dell'UE;

·        gestione efficace dei flussi migratori, compresa la possibilità di concludere un accordo di riammissione;

·        circolazione delle persone nell'ambito delle norme vigenti, prevedendo in particolare regimi semplificati per la concessione di visti di breve durata per alcune categorie di persone.

Partenariato per la mobilità UE - Tunisia

La Commissione europea e il Governo tunisino hanno firmato ad aprile 2014 un partenariato per la mobilità[2] volto a:

·        agevolare la circolazione delle persone tra l'UE e la Tunisia, in particolare migliorando l'informazione dei cittadini tunisini che hanno le qualifiche richieste in merito alle offerte di lavoro, di studio e formazione disponibili nell'UE, oltre a facilitare il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali e dei titoli accademici;

·        promuovere una gestione comune e responsabile dei flussi migratori, soprattutto semplificando le procedure per il rilascio del visti;

·        sostenere gli sforzi delle autorità tunisine impegnate sul fronte dell'asilo, nella prospettiva di istituire un sistema di protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

Relazione annuale dell'UE sull'attuazione della politica di vicinato

La Commissione europea e l’Alto rappresentante hanno presentato il 25 marzo 2015 la relazione annuale sull'attuazione della politica di vicinato dell'UE.

Per quanto riguarda la Tunisia, la Commissione europea ha espresso le seguenti raccomandazioni per il 2015:

·      attuare la nuova Costituzione, creare l’insieme degli organi costituzionali e organizzare le elezioni municipali e regionali;

·      consolidare il rispetto dei diritti costituzionali con la modifica degli atti giuridici e regolamentari e delle procedure che limitano alcune libertà fondamentali;

·      garantire il rispetto dei diritti delle donne;

·       rendere più efficace il meccanismo di prevenzione della tortura;

·      adottare le riforme legislative e regolamentari che rafforzano lo stato di diritto, con particolare attenzione all’indipendenza, professionalità ed efficacia del sistema giudiziario;

·      adottare una politica di riforma in materia di sicurezza, in particolare per quanto riguarda polizia e gestione delle frontiere, nel rispetto dei diritti umani e degli standard internazionali;

·      adottare un quadro legislativo che garantisca la protezione dei rifugiati, dei migranti e dei richiedenti asilo.

Cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo

Dopo l’attentato terroristico al Museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015, il Consiglio europeo del 19 e 20 marzo ha adottato una dichiarazione sulla Tunisia con la quale l’UE ha espresso la propria determinazione a incrementare la cooperazione in materia di sicurezza e antiterrorismo e a sostenere ulteriormente il paese nel rafforzamento delle riforme interne.

In occasione del Consiglio di associazione UE- Tunisia, che si è svolto lo scorso 17 marzo, l’UE si è impegnata a rafforzare la cooperazione con la Tunisia in materia di sicurezza e di gestione integrata delle frontiere. L’UE ha altresì invitato la Tunisia a riformare la legislazione antiterrorismo rendendola compatibile con i principi democratici.

La missione navale militare dell’UE nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED)

Il Consiglio affari esteri dell’UE, nella riunione del 22 giugno 2015, ha deciso l’avvio dell’operazione navale militare, denominata EUNAVFOR MED, volta a contribuire a smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.

Il primo ministro tunisino Habib Essid, in occasione di una visita a Bruxelles a fine maggio 2015, ha indicato che la Tunisia è contraria ad operazioni militari per contrastare il fenomeno degli immigranti illegali.

La missione - condotta nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - è stata approvata dal Consiglio affari del 18 maggio 2015 con la decisione 2015/778, sulla base del mandato conferito dal Consiglio europeo straordinario del 23 aprile 2015.

La missione sarà realizzata adottando misure sistematiche per individuare, fermare ed eliminare imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti, in conformità del diritto internazionale applicabile, incluse l'UNCLOS e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il comando operativo di EUNAVFOR MED ha sede a Roma  e comandante dell'operazione è stato nominato l'ammiraglio di divisione Enrico Credendino. La missione ha una durata iniziale di 2 mesi per la fase preparatoria e 12 mesi per quella operativa.

La missione EUNAVFOR MED è condotta in 3 fasi:

a)    in una prima fase, sostiene l'individuazione e il monitoraggio delle reti di migrazione attraverso la raccolta d'informazioni e il pattugliamento in alto mare conformemente al diritto internazionale;

b)    in una seconda fase,

-     procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile, in particolare UNCLOS e protocollo per combattere il traffico di migranti;

-     conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti, in alto mare o nelle acque territoriali e interne di tale Stato, di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani;

c) in una terza fase, conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, adotta tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi, anche eliminandoli o rendendoli inutilizzabili, che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, nel territorio di tale Stato, alle condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso.

Per operare pienamente e in particolare per la seconda e la terza fase della missione sarà necessario un mandato internazionale attraverso una  risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Oltre all’Italia, partecipano alla missione i seguenti Stati membri: Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

La missione sarà composta da circa mille uomini, cinque navi da guerra, due sottomarini, tre aerei da pattugliamento marittimo, tre elicotteri, e due droni. La nave ammiraglia dell'operazione navale sarà la portaerei italiana Cavour.

Il controllo politico e la direzione strategica della missione è esercitato dal Comitato politico di sicurezza, organo preparatorio del Consiglio per le materie  relative alla della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica sicurezza e di difesa comune (PSDC).

La missione coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri ed è previsto prevede un meccanismo di coordinamento con le agenzie dell’Unione Frontex, Europol, Eurojust, Ufficio europeo di sostegno all’asilo e le altre missioni PSDC.

Si ricorda, inoltre, che nelle acque territoriali dell’UE sono attualmente già operative le operazioni Triton e Poseidon gestire dall’agenzia Frontex.

L'importo di riferimento finanziario per i costi comuni della missione è stato stimato pari a 11,82 milioni di EUR.

Assistenza finanziaria

L’UE ha dedicato notevoli risorse finanziarie al paese per aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi:

·      per il periodo 2011-2013, in conseguenza dei cambiamenti politici avvenuti in Tunisia, ai 240 milioni di euro già previsti nell’ambito dello strumento europeo di vicinato e partenariato[3], si sono aggiunti ulteriori 160 milioni di euro per rispondere ai nuovi bisogni del paese e per rilanciare ripresa economica e occupazione;

·      per il periodo di programmazione finanziaria dell’UE 2014- 2020[4]  è previsto uno stanziamento complessivo a favore della Tunisia compreso tra 725 e 886 milioni di euro, dei quali per il periodo 2014-2015 è prevista una cifra tra i 202 e i 246 milioni di euro destinati a tre settori di intervento:

-     riforme socio-economiche per la crescita inclusiva la competitività e l’integrazione (cui va il 40% delle risorse totali);

-     rafforzamento degli strumenti fondamentali della democrazia (cui va il 15% delle risorse totali):

-     sviluppo sostenibile locale e regionale (cui va il 30% delle risorse totali).

Il 16 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato assistenza macrofinanziaria alla Tunisia, per un importo massimo di 300 milioni di euro, in forma di prestiti a condizioni molto vantaggiose, al fine di sostenere la stabilizzazione economica e le riforme del paese. L'assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno della bilancia dei pagamenti tunisina rilevato dal programma del Fondo monetario internazionale.

La Tunisia è inoltre il maggiore beneficiario dei finanziamenti forniti dall’UE nell’ambito del programma regionale SPRING (Support for Partnership, Reform and Inclusive Growth), adottato dalla Commissione a sostegno dei vicini meridionali in occasione della cosiddetta primavera araba con l’obiettivo di promuovere indipendenza e efficienza del sistema giudiziario, governance e lotta alla corruzione, protezione dei diritti umani e dei principi democratici, contrasto al traffico di esseri umani. Per quanto riguarda la Tunisia, un iniziale finanziamento di 20 milioni di euro nel 2011 è stato seguito da 80 milioni di euro nel 2012 e ulteriori 55 milioni di euro nel 2013.

In tema di institution-building, la Tunisia beneficia dei programmi twinning così come dei programmi Technical Assistance Information Exchange (TAIEX) e Support for Improvement in Government and Management (SIGMA) con l’obiettivo di migliorare le capacità amministrative nelle istituzioni pubbliche.

Relazioni commerciali

L’UE è il primo partner commerciale per la Tunisia. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2014 l’UE ha esportato merci in Tunisia per un volume di circa 11 miliardi di Euro ed ha importato merci dalla Tunisia per un volume di circa 9,4 miliardi di euro. Al 2013 gli investimenti esteri diretti dell’UE in Tunisia sono pari a 2,6 miliardi di euro mentre gli investimenti diretti della Tunisia nell’UE sono pari a 300 milioni di euro.

 

 

 


Relazioni parlamentari tra l’Italia e la Tunisia
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

 

 

PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA DEI RAPPRESENTANTI DEL POPOLO

 

Mohamed ENNACEUR (Nidaa Tounes, eletto il 4 dicembre 2014).

 

 

RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI

 

AMBASCIATORE D’ITALIA

S. E. Raimondo DE CARDONA (dal luglio 2013).

 

AMBASCIATORE DI TUNISIA

S. E. Naceur MESTIRI  (luglio 2011)

 

 

Incontri Bilaterali

La Presidente della Camera, Laura Boldrini, si è recata il 28 e 29 marzo 2015 in visita ufficiale in Tunisia per partecipare alla Marcia della Pace, indetta a seguito dell’attentato al Museo del Bardo. Nel corso della visita, la Presidente ha avuto un colloquio con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, nel corso del quale nel ribadire la vicinanza e la solidarietà dell’Italia alla Tunisia, ha auspicato un rafforzamento delle relazioni tra la Camera dei deputati e l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo anche a livello di cooperazione amministrativa. La Presidente ha poi incontrato la Ministra della Cultura e della Salvaguardia del Patrimonio, Latifa Lakddhar, insieme ad alcune deputate e a rappresentanti della società civile femminile tunisina e ha avuto un incontro con rappresentanti della comunità italiana.

Il 10 settembre 2014, l’allora Presidente della Repubblica tunisina, Mohamed Moncef Marzouki, in visita ufficiale in Italia, è stato ricevuto alla Camera dalla Presidente, Laura Boldrini; all’incontro era presente anche il Presidente del Senato, Pietro Grasso. Nell’incontro, il Presidente tunisino ha enfatizzato l’importanza delle relazioni con l’Italia, sia sotto il profilo bilaterale – sottolineando il ruolo che l’imprenditoria italiana svolge nel Paese – sia a livello multilaterale, per la lunga tradizione di rapporti con l’area mediterranea che consente all’Italia un rapporto privilegiato con la regione.

Di fronte alla drammatica situazione che attraversa la regione, occorre uno sforzo comune; in particolare, la crisi libica, che ha portato oltre due milioni di rifugiati in Tunisia, richiede una soluzione in cui siano coinvolti tutti i paesi transfrontalieri, tra cui l’Italia. Siria, Libia e Califfato IS costituiscono un pericolo, che – secondo il Presidente tunisino – è la risultante di 50 anni di politiche sbagliate. Il modello tunisino rappresenta la via migliore per la costruzione di una società democratica e laica ed occorre per questo che l’Europa sostenga ed agevoli la formazione di governi solidi. Per la Presidente Boldrini l’esempio della Tunisia dimostra che si può uscire da dittatura da soli e andare verso democrazia; ha auspicato altresì che si possano riallacciare a livello parlamentare un'attività più intensa, con relazioni istituzionali per consolidare la tradizione di vicinato.

Il 3 aprile 2013, a latere della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dei Paesi membri dell’Unione per il Mediterraneo, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato il Presidente dell’Assemblea Costituente tunisina, Moustapha Ben Jaafar. La Presidente Boldrini ha espresso l’attenzione che l’Italia ha nei confronti della Tunisia, Paese con il quale ci sono importanti legami di amicizia, economici e culturali. Il Presidente Ben Jaafar, nel sottolineare il forte rapporto della Tunisia con l’Italia, ha poi ribadito l’importanza di una politica dei visti più aperta, che consenta una maggiore libertà di movimento. Il Presidente dell’Assemblea costituente tunisina si è poi soffermato sulla situazione interna del Paese, indicando che si registra un miglioramento della situazione economica e che, relativamente ai lavori della Costituente, entro il mese di luglio prossimo sarà ultimato il progetto di Costituzione, mentre le elezioni dovrebbero svolgersi entro l’anno.

 

Incontri delle Commissioni

Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 29 al 30 marzo 2015 per partecipare alla Marcia internazionale della pace contro il terrorismo, all’indomani degli attentati del Bardo (v. sopra). In tale occasione la delegazione parlamentare ha avuto colloqui con il Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, e con Rached Ghannouchi, capo del Partito di ispirazione islamica Ennhadha. La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

Una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal suo Presidente, Fabrizio Cicchitto, si è recata a Tunisi, dal 19 al 21 gennaio 2015: nel corso della visita i parlamentari sono stati ricevuti dal Primo Ministro, Mehdi Jomaa, dal Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Ennaceur, insieme a una delegazione di parlamentari tunisini, dal Segretario di Stato agli Affari Esteri, Faical Gouiaa, da Yassin Brahim, leader di Afek Tounes, quinto Partito del Paese (di orientamento liberale) ed ex Ministro dei Trasporti, da Rached Ghannouchi, leader di Ennhadha,e da Hamma Hammami, portavoce del Fronte Popolare. La delegazione è stata altresì ricevuta dal Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

 

Altri incontri

L’8 maggio 2014, la Vice Presidente dell'Assemblea Costituente della Repubblica di Tunisia, Maherzia Labidi, è stata audita presso il Comitato Africa ed il Comitato Diritti umani della Commissione Affari esteri.

 

Cooperazione multilaterale

La Tunisia partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito dell’Assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo (AP-UpM),.

Si ricorda che la Tunisia ha esercitato la Presidenza di turno dell’Assemblea Parlamentare dal marzo 2006 al marzo 2007 ed ha organizzato, a Tunisi, la riunione Plenaria il 16 e 17 marzo 2007.

 

DIALOGO 5 + 5 La Tunisia partecipa alla dimensione parlamentare del Dialogo 5 + 5 (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta e Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania), la cui ultima riunione, dedicata ai temi: Dialogo politico e sicurezza regionale, Sviluppo economico e cambiamenti climatici, Sviluppo sociale, immigrazione e traffico di esseri umani, si è tenuta a Lisbona, il 20 maggio 2014.

 

NATO Il Parlamento tunisino ha lo status di osservatore nel Gruppo Speciale del Mediterraneo e del Medio Oriente dell’Assemblea Parlamentare della NATO (si segnala che nel giugno 2002 si è svolto a Tunisi l’incontro del Gruppo e in tale occasione è stato conferito alla Camera dei deputati tunisina tale status[5]). Il Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio oriente (GSM) dell’Assemblea parlamentare della NATO è un organismo specializzato di tale Assemblea, creato nel 1997, per intensificare le relazioni con i paesi della riva sud del Mediterraneo; esso rappresenta un foro di dialogo per i parlamentari dei Paesi NATO e del Medio Oriente e Nord Africa per discutere questioni politiche e di sicurezza.

 

OSCE La Tunisia è partner per la cooperazione mediterranea dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE.

 

Unione Interparlamentare

Nell’ambito dell’Unione interparlamentare opera il Gruppo di amicizia Italia – Tunisia, attualmente in fase di ricostituzione, presieduto per la parte italiana dal senatore Claudio Martini (PD).

 

 

 

 

 

 


Focus geopolitico

 


M. Di Liddo ‘Tunisia: Punto di situazione’,
a cura del CeSI, luglio 2015

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Mappa della Tunisia. Elaborazione Ce.S.I.

Negli ultimi mesi, il processo di transizione democratica e la stabilità della Tunisia hanno vissuto il loro momento più difficoltoso e drammatico. Infatti, nonostante il Paese abbia dimostrato una invidiabile maturità politica attraverso il consolidamento di quelle procedure elettorali e governative che hanno permesso l’alternanza al vertice dello Stato di formazioni islamiste moderate (Ennadha) e laiche (Nidaa Tounes), le difficoltà economiche e la crescita delle attività eversive di matrice terroristica rischiano di compromettere le poche ma significative conquiste ottenute dopo la Primavera Araba.  

In particolare, a partire dalla fine del 2013, la Tunisia ha conosciuto un drammatico incremento delle attività jihadiste perpetrate da diversi gruppi locali orbitanti nel network terroristico sia di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) sia dello Stato Islamico (IS) di Abu Bakr al-Baghdadi.

Di questi, i più gravi sono stati l’imboscata ad un convoglio dell’Esercito sui Monti Djebel Chambi, nella regione occidentale di Kasserine, al confine con l’Algeria (29 luglio 2013, 8 morti), l’attacco al Museo del Bardo di Tunisi (18 marzo 2015, 24 morti, di cui 21 turisti stranieri, tra i quali 4 italiani) e l’assalto al Riu Imperial Marhaba Hotel di Port el-Kantaoui (26 giugno 2015, 38 morti, tutti turisti stranieri).

L’analisi dei tre attacchi in questione, che rappresentano gli episodi di terrorismo più gravi nella storia del Paese, permette di comprendere a fondo l’evoluzione recente del fenomeno jihadista tunisino, le sue radici sociali, gli obbiettivi politici e i legami con la rete trans-nazionale e globale.

Innanzitutto, la strage del Marhaba Hotel rappresenta un atto terroristico maturamente anti-occidentale, il cui obbiettivo operativo e simbolico era costituito da quei cittadini e governi stranieri kuffar (miscredenti) ritenuti dai movimenti jihadisti nemici del “vero Islam” e, dunque, avversari da annientare. Inoltre, nel colpire le strutture turistiche tunisine, il commando terroristico ha inteso attentare ad uno dei simboli dell’occidentalizzazione del Paese, quale un complesso vacanziero frequentato da stranieri e in un’area, come quella della costa, dove vive la parte più laica e cosmopolita della popolazione

In questo senso, sussiste una profonda differenza con l’attacco all’Esercito sui Monti Djebel Chambi e con l’assalto al Museo del Bardo, la cui dinamica appare ancora poco chiara[6], che invece rispondevano ad una logica di destabilizzazione puramente nazionale, rivolta contro simboli e istituzioni marcatamente nazionali nonché contro fedeli islamici ritenuti apostati (takfiri). Questo permette di comprendere come il panorama estremista tunisino sia composto da due anime, una prettamente nazionale ed una a vocazione internazionale.

Tuttavia, è bene sottolineare come la dimensione nazionale e quella internazionale convivono e sono parti integranti e inscindibili del fenomeno jihadista tunisino e che una non esclude o sostituisce l’altra. Infatti, al pari di altri scenari nord africani, saheliani e mediorientali e in accordo alle più recenti tendenze evolutive della strategia e dell’ideologia jihadista globale, anche il movimento terroristico tunisino ha riscoperto la propria intima vocazione locale.

In questo modo, l’attività dei miliziani tunisini assume la valenza di lotta interna nel contesto di un più ampio jihad globale. Se a questa dimensione politica si sovrappone quella logistica della rete di contatti che lega i movimenti terroristici di tutta la regione, si può comprendere come il terrorismo tunisino rappresenti la ramificazione nazionale di un fenomeno diffuso dal Sahel al Medio Oriente. Un esempio concreto di questo fenomeno è offerto dalla storia degli attentatori del Bardo e del Marhaba Hotel, tutti recatisi a Derna, uno dei nuclei principali del jihadismo libico, nel periodo immediatamente precedente al compimento delle stragi. Inoltre, particolarmente significativa è stata l’uccisione, nella notte tra il 14 e il 15 giugno, dello Sceicco Ben Yassine, tra i più influenti leader jihadisti tunisini, presso la città libica di Agedabia, sul Golfo della Sirte a 160 km a sud di Bengasi, avvenuta in seguito ad un raid aereo da parte delle Forze Armate statunitensi. La presenza di Ben Yassine a Agedabia, in quella che pare fosse una riunione tra importanti comandanti miliziani salafiti, permette di comprendere lo stretto collegamento che sussiste tra i movimenti estremisti dei due Paesi.

Ad oggi, le principali organizzazioni terroristiche attive in Tunisia sono Ansar al-Sharia, erede del Gruppo di Combattimento Tunisino (GCT)[7] e la Katiba (Brigata) Uqbah Ibn Nafaa (UiB)[8], entrambe in contatto con il network di AQMI e di IS e particolarmente radicate  nella regione centro-occidentale del Paese, precisamente nel “quadrato” compreso tra le città di Kasserine, el-Kef, Sidi Bouzid e Kairouan. Nello specifico, Kasserine è capoluogo dell’omonima regione orientale sui cui altopiani sono presenti le principali basi logistiche e addestrative della UiB; Sidi Bouzid è il centro nel quale  sono iniziate le proteste che poi hanno condotto alla“Rivoluzione dei Gelsomini” del 2011 e infine Kairouan è l’epicentro del radicalismo religioso e del qaedismo nazionali. Oltre a quest’area, gli altri focolai del jihadismo tunisino sono collocati nei villaggi al confine nord-occidentale con l’Algeria e nelle periferie degradate delle grandi città della costa, compresa la capitale Tunisi. Infatti, due dei miliziani responsabili dell’attacco del Bardo (Yassine Labidi e Saber Khachnaoui) erano originari di Kasserine, mentre l’attentatore del Marhaba Hotel (Seifiddine Rezgui Yacoubi, conosciuto con il “nom de guerre” di Abu Yahya al-Qayrawani), proveniva da Kairouan. Inoltre, le zone in questione rappresentano il principale bacino di reclutamento per i foreign fighters tunisini (circa 4.000) oggi attivi in Siria, Iraq e Libia.

Non è un caso che il quadrato Kasserine-el Kef-Sidi Bouzid-Kairouan costituisca il nucleo del proselitismo e del reclutamento jihadista in Tunisia. Infatti, questa è un’area tra le più povere e meno alfabetizzate del Paese, caratterizzata da altissimi tassi di disoccupazione e da marcate volatilità e vulnerabilità sociali. La cronica arretratezza di questa regione è ulteriormente peggiorata all’indomani della Rivoluzione dei Gelsomini con l’aggravarsi della crisi economica di tutto il Paese.

Inoltre, a causa della parziale sfaldatura dell’apparato di sicurezza, dovuta alla ristrutturazione degli organi dello Stato, le istituzioni centrali hanno indebolito la capacità di mantenere il controllo del territorio, favorendo l’affermazione di forze ad esse opposte e concorrenti.

Il risultato della concomitanza di questi due fattori ha fatto sì che, in questa parte del Paese, religiosamente conservatrice e lontana dal cosmopolitismo e dal relativo benessere delle aree costiere, le organizzazioni salafite hanno sopperito alle lacune del Governo centrale, costruendo una rete assistenzialistica ed educativa parallela rispetto a quella statale e finanziata attraverso i traffici illeciti ed altre attività criminali. In questo modo, con il passare del tempo, Ansar al-Sharia e le sue milizie hanno conquistato il consenso popolare locale e sono diventate l’autorità de facto, un para-Stato sommerso e parallelo in grado di offrire risposte e alternative concrete alle sezioni emarginate e povere della società. La crescita della radicalizzazione è stata resa possibile grazie all’ampia rete di moschee e madrase, le uniche istituzioni che, all’indomani della Primavera Araba, non hanno risentito degli sconvolgimenti politici del Paese e che hanno potuto usufruire sia del contatto diretto con la popolazione sia della capillarità della propria diffusione sul territorio.  

Il fatto che il reclutamento dei terroristi avvenga nelle aree rurali e nelle zone disagiate rappresenta una evidente cartina di tornasole sulla situazione politica e sociale tunisina. Infatti, ad oggi, il Paese appare diviso da una profonda frattura tra le regioni costiere (cosmopolite, ricche e di orientamento moderato e laico) e le regioni dell’entroterra (religiosamente conservatrici, povere e di orientamento marcatamente islamista).  

Nel contesto di povertà ed emarginazione dell’entroterra, il jihadismo si è evoluto da semplice lotta armata a preciso progetto politico il cui obbiettivo finale è la trasformazione della Tunisia da Paese con una consolidata tradizione secolarista a emirato governato dalla Sharia (legge islamica). In questo senso, Ansar al-Sharia pone una sfida diretta al processo di ricostruzione e democratizzazione tunisino, che sino ad ora ha manifestato segnali davvero incoraggianti, con l’avvicendamento al governo di forze di orientamento islamico moderato (Ennadha) e laico (Nidaa Tounes), con la capacità di formare esecutivi di larghe intese tra partiti ideologicamente agli antipodi, con la realizzazione di una Carta Costituzionale garantista, equilibrata e mediata tra le istanze secolari e quelle islamiste. In un momento in cui una larga porzione di mondo arabo è scossa dal conflitto tra laici e islamisti, l’esperimento tunisino rappresenta non solo un segnale incoraggiante, ma potrebbe costituire un modello da esportare. Tale fruttifera strategia del compromesso, forse possibile in Tunisia grazie al bilanciamento tra l’islamismo politico moderato e il secolarismo, è avvertita dai salafiti e dagli estremisti come una minaccia concreta alla propria agenda politica.  

Di fronte ad una minaccia gradualmente e costantemente in crescita, il governo tunisino appare in notevole difficoltà. Infatti, se dal punto di vista politico le principali forze del Paese hanno avuto la capacità e la volontà di formare un fronte unito contro il terrorismo, dal punto di vista operativo il Paese ha sinora dimostrato pesanti lacune nel contrasto al fenomeno eversivo. Tali mancanze sono imputabili a due fattori contingenti: le difficoltà economiche e la necessità di ricostruire un apparato di sicurezza efficace ed efficiente. Per quanto riguarda il primo aspetto, il prolungato periodo di recessione, l’esiguità delle casse statali e la politica di austerity seguita negli ultimi 3 anni anno impedito l’avvio di un importante programma di welfare necessario ad attutire le criticità sociali. Ne consegue che l’impoverimento della popolazione tunisina è aumentato con il passare del tempo e, con esso, la disillusione verso le promesse non mantenute della “Rivoluzione dei Gelsomini”. In questo terreno, le radici dell’eversione jihadista hanno attecchito e presumibilmente continueranno a farlo in futuro. Allo stesso modo, le carenze economiche e i cambiamenti strutturali dovuti alla transizione politica da un sistema politico a un altro sono alla base del secondo fattore. Ad oggi, la Tunisia dispone di Forze Armate e di sicurezza poco preparate ad affrontare la minaccia terroristica, sia in termini di metodologie operative che di mezzi ed equipaggiamento.

Dunque, il Paese non può affrontare tutte le sue sfide politiche e di sicurezza senza un indispensabile supporto da parte dei partner europei. Infatti, non bisogna mai dimenticare che le problematiche della Tunisia sono in diretto legame con quelle di tutto il Maghreb ed affliggono inevitabilmente la regione mediterranea. L’eventuale proliferazione del fenomeno jihadista tunisino rischia non solo di aumentare le già gravi criticità del Nord Africa, ma pone una minaccia diretta agli interessi nazionali italiani e a quelli dell’Europa. Infatti, qualora il fenomeno dovesse continuare a crescere, non sarebbe da escludere un incremento negli attacchi ai cittadini, alle aziende, alle infrastrutture strategiche europee ed italiane,  nonché un aumento dei traffici illeciti verso la sponda settentrionale del Mediterraneo. Inoltre, dal punto di vista politico, non si può rischiare di veder fallire l’unico esperimento democratico positivo e costruttivo sinora emerso dall’eredità delle Primavere Arabe.

Per questa ragione, l’Unione Europea dovrebbe pensare a un approccio più strutturato e onnicomprensivo nel sostegno a Tunisi. Ad esempio, l’elaborazione di piano d’azione europeo per la Tunisia potrebbe basarsi su due pilastri: economico e di cooperazione in materia di sicurezza. Per quanto riguarda il primo, appare fondamentale creare un meccanismo finanziario agevolato in grado di dare respiro alle casse tunisine e di permettere la costruzione di un sistema di welfare e di educazione in grado di alleviare le cause sociali del malcontento e, dunque, del reclutamento jihadista. Inoltre, la ripresa economica e lo stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro non solo scoraggerebbe i meccanismi di affiliazione al network terroristico (che in questo somigliano sempre di più a quello delle organizzazioni criminali italiane), ma diminuirebbe anche l’emigrazione per cause economiche.

Per quanto riguarda il secondo pilastro, l’Unione Europea o i governi dei suoi Paesi membri potrebbero strutturare una serie di accordi di cooperazione militare e di sicurezza volti a migliorare non solo l’equipaggiamento delle Forze Armate tunisine, ma soprattutto il loro bagaglio capacitivo. Infatti, la Polizia e l’Esercito di Tunisi lamentano pesanti lacune operative nella conduzione sia delle indagini che delle operazioni anti-terrorismo. In questo senso, l’Italia potrebbe porsi come partner privilegiato e mettere a disposizione il proprio ampio know how  nel settore, raffinato in decine di anni di lotta la terrorismo nazionale e internazionale nonché alle organizzazioni criminali.

 

 

 

 


Profili biografici

 

 

 


Beji Caid Essebsi
Presidente della Repubblica

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Nato nel 1926 da una famiglia originaria della Sardegna, è avvocato e uomo politico. Sposato e padre di quattro figli. Laureato a Parigi nel 1950, inizia la sua carriera di avvocato dal 1952. Sin dalla sua giovane età milita nel partito del Neo-Destur.

All’indomani dell’indipendenza, è consigliere di Habib Bourguiba. In seguito è stato Direttore Generale della Sicurezza nazionale (1963), Ministro dell’Interno nel 1965 poi Ministro della Difesa (dal 1969 al 1970) fino alla sua nomina come Ambasciatore a Parigi.

La sua adesione al Partito socialista desturiano (PSD) è “congelata” nel 1971 a causa del suo sostegno alla necessità di riforma del sistema politico. Espulso nel 1974 dal partito, aderisce nel 1978 al Movimento dei Democratici Socialisti (co-fondato dall’attuale Presidente dell’Assemblea Costituente Mustapha Ben Jaafar).

Dirige la rivista di opposizione “Démocratie” fino al suo reintegro al governo con funzioni di Ministro delegato presso il Primo Ministro nel 1980 e poi come Ministro degli Affari Esteri nel 1981 e fino al 1986.

Nel 1989 assume la presidenza della Camera dei Deputati che conserva fino al 1991. Il suo ultimo mandato da Deputato termina nel 1994. Il suo nome torna alla ribalta dopo la rivoluzione quando, il 27 febbraio 2011 è nominato Primo Ministro dapprima alla guida di una compagine politica, successivamente (dal 7 marzo) di un Esecutivo esclusivamente apartitico.

Essebsi conclude il mandato avvolto in un prestigio immenso per aver assicurato la prima fase della transizione ed il corretto svolgimento delle elezioni per la Costituente. 

Il 16 giugno 2012 lancia ufficialmente il nuovo partito Nidaa Tounes (“L’Appello della Tunisia”), che immagina quale facilitatore di un consenso nazionale sulle politiche per il Paese, pur nella differenza dei ruoli e nel gennaio 2013 formalizza la nascita dell’Unione per la Tunisia, alleanza con alcuni partiti di centro-sinistra tra i quali Al Jouhmouri (Repubblicani) e Al Massar (la Via Democratica e Sociale). Dopo le elezioni del 21 dicembre 2014 è eletto Presidente della Repubblica con il 55% delle preferenze.


 

Rachid Ghannuchi
Leader del Partito islamista Ennahdha

 

 

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Rachid Ghannuchi (o Rāshid al-Ghannūshī) è nato a Balhama, Tunisia, nel 1941, è il leader del Partito islamista Ennahdha, risultato vincitore alle elezioni per l’Assemblea costituente della Tunisia, svoltesi il 23 ottobre 2011.

Cresciuto in un'umile famiglia, Ghannuchi studiò dapprima a Gabes (dove completò i corsi elementari), quindi entrò nel 1959 nell'Università al-Zaytuna di Tunisi (il più importante centro di studi islamici tunisino e uno dei principali centri di elaborazione del pensiero islamico sunnita), laureandosi in Teologia.

Nel 1964 si trasferì in Egitto, dove frequentò i corsi della Facoltà di Agraria dell'Università del Cairo. Ghannuchi rimase inizialmente affascinato dall'ideologia panaraba nasseriana, fin a che non fu costretto a lasciare il Paese a causa dell'espulsione dei tunisini decretata dal regime egiziano a seguito del profondo dissenso politico intervenuto tra Gamal Abdel Nasser e Habib Bourguiba. Raggiunse allora la Siria, dove, nel 1968, si laureò in Filosofia presso l’Università di Damasco.

In tale ambiente si avvicinò al fronte militante islamico, venendo in contatto col partito Bath al potere e con la Fratellanza Musulmana.

Successivamente si trasferì a Parigi dove frequentò i corsi di Filosofia dell’educazione all’Università la Sorbona.

In quegli anni cominciò a militare in una formazione politica ispirata a una corrente islamica fondamentalistica, che si basa sul principio della predicazione dell'Islam tra gli stessi musulmani. La sconfitta araba nella Guerra dei Sei giorni del 1967 lo aveva infatti convinto della giustezza delle tesi fondamentalistiche e nel 1969 tornò in patria per insegnare Filosofia nei licei tunisini.

Alla fine degli anni settanta Ghannuchi fondò insieme ad altri il Movimento della Tendenza islamica (Mouvement de la Tendence Islamique), che propugnava un regime integralista basato sulla Sharia e la completa re-arabizzazione del Paese. Nel 1984 fu arrestato e tre anni più tardi condannato a morte.

Il colpo di Stato operato da Ben Alì contro il regime di Bourguiba gli salvò la vita. Amnistiato con altri esponenti del MTI, Ghannuchi prese quindi parte alle elezioni legislative dell'aprile del 1989, in cui la sua formazione definita Partito della Rinascita (Ennahda o izb al-Naha) raccolse il 14,5 % dei consensi ufficiali.

Nel 1991 il MTI fu dichiarato fuori legge dal presidente Ben Ali, con l'accusa di aver fomentato il rovesciamento violento delle istituzioni. Ghannuchi fu quindi costretto a riparare nel Regno Unito, nella cui capitale ha a lungo vissuto e operato in piena libertà, condannando pubblicamente la violenza indiscriminata e assicurando l'abbandono della lotta armata, nella convinzione di un sicuro successo politico in patria delle tesi da lui propugnate. Quelli che si sono opposti a tale svolta moderata di Ennahda, sono poi confluiti nel Fronte Islamico Tunisino, una formazione paramilitare, nell’ambito della quale alcuni elementi hanno maturato esperienze in Afganistan e con l’ambiente del jidahismo internazionalista che avrebbe poi alimentato Al Qaida.

Dopo il 2005, Ghannuchi è stato sempre più apertamente contestato in seno al suo stesso partito da chi gli rimproverava di avere sposato una linea morbida e non più oltranzista, ma rivolta ad una proposta di “conciliazione nazionale”.

La sua possibile presenza in un Convegno internazionale svolto a Roma e Napoli e organizzato dall'Università degli studi di Napoli "L'Orientale" e dalla Georgetown University di Washington D.C., inaugurato da Lamberto Dini, ha suscitato articoli di protesta sul "Corriere della Sera" di Magdi Allam che ricordava le sue precedenti prese di posizione in favore della lotta armata nei paesi arabi con regimi sostenuti dall'Occidente e dello scontro (talvolta affiancato da azioni terroristiche) contro Israele per l'irrisolta questione palestinese.

A seguito degli eventi della cosiddetta Rivolta dei gelsomini, Ghannuchi è potuto tornare in Patria e il partito è stato legalizzato il 1º marzo 2011.

Nelle elezioni per l’Assemblea Costituente del 23 ottobre 2011 il suo Partito Ennahdha è risultato vincitore di larga misura, assicurandosi 89 seggi su 217.

 

 


 

 

Taieb Baccouche
Ministro degli Affari esteri

 

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Nasce a Jemmal nel 1944.

Negli anni della sua formazione consegue numerosi diplomi, tra i quali quelli in storia antica e archeologia, lingua e letteratura francese, lingua e cultura araba, linguistica, settore nel quale consegue nel 1980 anche il Dottorato alla Sorbona.

Per quanto concerne le attività pedagogiche e scientifiche, dal 1969 Baccouche è insegnante e ricercatore dell’Università di Tunisi, e dal 1984 professore nell’istruzione superiore.

Dal 1995 al 2002 è altresì presidente dell’associazione tunisina di linguistica.

Oltre a queste attività è coordinatore e membro di numerosi progetti di ricerca, nonché animatore dei progetti di ricerca sull’Atlante linguistico tunisino e sulla Terminologia ornitologica araba.

Negli anni dal 1981 al 1984 è segretario generale dell’Unione generale tunisina del lavoro; negli stessi anni dirige il giornale Echaab. Successivamente, nei 15 anni dal 1996 al 2011, è direttore responsabile della Rivista araba dei diritti dell’Uomo, e grosso modo nello stesso periodo presiede l’Istituto arabo dei diritti dell’Uomo.

Dal punto di vista più strettamente politico si segnala, subito dopo la caduta di Ben Ali, l’assunzione da parte di Baccouche del ruolo di Ministro dell’istruzione nazionale e portavoce del Consiglio dei ministri (gennaio-dicembre 2011).

Dal 2012 può conoscere è stato segretario generale del partito annidato un essere-attualmente partito di maggioranza relativa nel Parlamento tunisino e principale forza politica di governo-, carica dalla quale tuttavia si è dimesso alcuni mesi dopo la nomina a ministro degli esteri.


 

 

Bochra Belhaj Hmida
Presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell’Assemblea dei rappresentanti del Popolo

 

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Bochra Belhaj Hmida, nata a Zaghouan, Tunisia, avvocato.

 

Nel 1989 ha fondato l’Associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD). E’ la fondatrice della sezione tunisina di Amnesty International.

Nel 2011 aderisce al Foro democratico per il lavoro e le libertà e si presenta alle elezioni per l’Assemblea Costituente, senza tuttavia essere eletta. Aderisce successivamente al Movimento Nidaa Tounes, di cui diviene membro del Comitato esecutivo, e nelle elezioni legislative del 26 ottobre 2014 viene eletta all’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo.

Presiede la Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere ed è membro della Commissione per i martiri e i feriti della rivoluzione e per l’applicazione della legge di amnistia generale e la giustizia transitoria.

 

 


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[1]     I piani d’azione dei paesi partner nell’ambito della politica europea di vicinato dell’UE sono i documenti politici che delineano gli obiettivi strategici della cooperazione tra l’UE e i singoli paesi limitrofi. I piani d’azione stabiliscono un elenco completo di priorità concordate di comune accordo che devono essere attuate congiuntamente dall’Unione e da ciascuno dei paesi vicini.

[2]     I partenariati per la mobilità tra l’UE e paesi terzi costituiscono un quadro flessibile, giuridicamente non vincolante, per una buona gestione della circolazione delle persone tra l'UE e un paese terzo.

[3]     Nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013, l’assistenza ai paesi del partenariato euromediterraneo è stata fornita attraverso lo strumento europeo di vicinato e partenariato (anche detto ENPI) destinato alla frontiera esterna dell’UE allargata, con una dotazione finanziaria di oltre 11 miliardi di euro per l’intero periodo. L’ENPI ha sostituito i programmi geografici e tematici esistenti, compreso il programma MEDA.

[4]     Dal 2014 al 2020 l’assistenza ai paesi del vicinato è fornita attraverso l’ENI, lo strumento per il vicinato, con una dotazione totale di 15,4 miliardi di euro.

[5]     Il Parlamento dell’Egitto, della Tunisia e il Consiglio Legislativo palestinese hanno lo status di osservatore. Sono invece membri associati i Parlamenti di Israele, Algeria, Giordania, e Marocco.

[6] La ricostruzione dell’attacco al Museo del Bardo lascia ampi dubbi su quello che fosse il reale obbiettivo del commando jihadista. Infatti, pare che inizialmente i miliziani terroristi volessero fare irruzione nel Parlamento tunisino, posto a poche centinaia di metri dal museo e che, una volta respinti, abbiano ripiegato sul Bardo e sul sequestro dei turisti. Si tratta di un elemento di primaria importanza, in quanto la definizione dell’obbiettivo qualifica la matrice ideologica e le reale intenzioni del commando. Qualora l’ipotesi dell’attacco al Bardo quale “ripiego” fosse confermata, apparirebbe chiaro che i miliziani intendevano attaccare un simbolo politico del Paese, secondo una logica ed un’agenda prettamente nazionale. Al contrario, se il Museo del Bardo fosse stato il vero obbiettivo, allora l’azione jihadista avrebbe assunto una connotazione maturamente internazionale e globale. 

[7] Il GCT è stato un gruppo terroristico tunisino prima parte del network di al-Qaeda e confluito definitivamente in essa (come parte di AQMI) nel 2007.

[8]Di questa brigata si hanno poche notizie. Secondo le informazioni sinora ottenute, il gruppo armato sarebbe nato nel 2012 quale cellula secessionista tunisina di AQMI. La brigata prende il nome da un generale musulmano che guidò le conquiste arabe del Maghreb.