Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Vertice annuale 2015 del Forum globale delle Women in Parliaments - (Addis Abeba, 23-25 marzo 2015) | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 160 | ||||
Data: | 20/03/2015 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||||
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Vertice
annuale 2015 del Forum globale
delle Women in Parliaments |
(Addis Abeba,
23-25 marzo 2015) |
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n. 160 |
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20 marzo 2015 |
Servizio responsabile: |
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Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it |
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documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la
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File:
es0342.docx |
INDICE
Programma 3
Notizie utili 17
Il Vertice annuale del Forum
globale delle Women in Parliaments (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
WOMEN IN
PARLIAMENT GLOBAL FORUM Annual Summit 2015 Addis Abeba, Etiopia, 23-25 marzo 2015 21
Profili biografici (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Nikolina
Angelkova, 25
Michelle
Bachelet 27
Joyce
Banda 29
Zainab
Hawa Bangura 31
Irina
Bokova 33
Gordon
Brown 35
Aicha
Bah Diallo 37
Hailè
Mariàm Desalegn 38
Bineta
Diop 39
Marisol
Espinoza Cruz 41
Fahri
Hamza 43
Begoña
Lasagabaster 44
Carlos
Lopes 45
Sumitra
Mahajan 47
Neven
Mimica 49
Lakshmi
Puri 51
Kailash
Satyarthi 53
Abadula
Gemeda 55
Erastus
Mwencha 56
Hanna
s. Tetteh 57
Schede tematiche
Il raggiungimento degli
Obiettivi di Sviluppo del Millenni: un
quadro riepilogativo 61
Vertice delle Nazioni
Unite sull’Agenda dello Sviluppo
Sostenibile post-2015 (New York, 25-27 settembre 2015) (a
cura del Ministero degli Affari esteri e della
Cooperazione internazionale) 65
L’Unione africana (a cura del Ministero degli Affari esteri e
della Cooperazione internazionale) 67
I programmi di
cooperazione con i parlamenti africani (a cura del Servizio Rapporti Internazionali) 73
La partecipazione delle donne alla vita politica
e istituzionale 79
Imprenditoria
femminile 103
Scheda paese sull’Etiopia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali) 111
Documentazione
§ Millennium
Development Goals: 2014 Progress Chart 121
INSERIRE PDF
ES0342_PROGRAMMA_COLORI_DA PAG. 3-14
NOTIZIE UTILI
+ 2 ore
AMBASCIATA ADDIS ABEBA
AMBASCIATORE: GIUSEPPE MISTRETTA
Indirizzo: Villa Italia -
Kebenà - P.O. Box 1105 - Addis Abeba
Tel: +25 11 11235684 - +25
11 11235717
Fax: +25 11 11235689
Homepage: www.ambaddisabeba.esteri.it
E-mail: ambasciata.addisabeba@esteri.it
Tel. +251 1123
Mob. +251
Fax. +251
Consigliere Giuliana Del
Papa
Deputy Head of Mission
Embassy of Italy in Addis Ababa
Tel. +251 11 1235717
Mob. +251 911526306
Fax. +251 11 1235689
Email: giuliana.delpapa@esteri.it
Consigliere Giuliano
Franito
HOTEL
Rasisson blu Addis Ababa
Kazanchis
Business District, Kirkos Subcity Kebele 17/18, Addis Ababa, Etiopia
Telefono:+251 11 515 7600
Temperatura: di giorno 27 gradi, più fresco la sera
Piano voli
Partenza
Domenica 22 marzo 2015:
VOLO |
N. |
NOME |
Roma Fiumicino 22:55 - Addis
Abeba 7:05 del 23 marzo |
ET 713 |
On. Pia Elda Locatelli Dott.ssa Maria Teresa Calabrò |
Ritorno
Mercoledì 25 marzo 2015:
VOLO |
N. |
NOME |
Addis Abeba 23:55 - Roma Fiumicino 4:15 del 26 marzo
|
ET 702 |
On. Pia Elda Locatelli Dott.ssa Maria Teresa Calabrò |
Recapiti
On. Pia Elda Locatelli 0039 333 4444250
Dott. Maria Teresa Calabrò
0039 335 7663416
Il Vertice annuale del Forum globale
delle Women in Parliaments
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Il Women in Parliament Global Forum (WIP) è una rete globale delle donne
parlamentari, che riunisce oltre 9000 donne e si
prefigge l’obiettivo di favorire lo sviluppo sociale costruendo una rete tra le
Donne in Parlamento.
È una fondazione internazionale, indipendente, apartitica e non profit, con sede a Zurigo, Svizzera. I membri del Forum sono membri dei Parlamenti nazionali, ivi inclusi i membri del Parlamento europeo-
La struttura giuridica della Fondazione è stata definita dallo studio legale svizzero Niederer Kraft & Frey, con sede a Zurigo. Le risorse finanziarie e l’amministrazione del Forum sono gestiti da Interhold AG.
Il prossimo Vertice WIP è in programma dal 23 al 25 marzo 2015, ad Addis Abeba (Etiopia), co-ospitato dall’Unione africana e co-finanziata dalla Commissione europea.
Il tema del Vertice 2015 sarà “Una nuova leadership per le sfide globali”. Si dedicherà particolare attenzione al ruolo svolto dalle parlamentari donne nella definizione e nell’attuazione degli obiettivi internazionali quali la Agenda Post-2015, la Dichiarazione di Pechino e la Piattaforma di Azione. Il Vertice WIP celebrerà anche il ventennale della Dichiarazione di Pechino e della Piattaforma d’Azione.
La Conferenza avrà inizio lunedì 23 marzo. Aprirà i lavori il Presidente della Commissione per l’Unione
africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, cui seguiranno gli interventi del Commissario
europeo per la cooperazione internazionale e lo sviluppo, Neven Mimica; del
Primo Ministro dell’Etiopia, Hailemariam Desalegn; del Presidente del
Parlamento pan-africano, Bethel Nnaemeka Amadi e della fondatrice del Women in
Parliament Global Forum (WIP), Silvana Koch-Mehrin.
La Conferenza sarà articolata in una serie di sessioni durante le quali interverranno esperti di fama in rappresentanza della società civile, del mondo della politica, degli affari e di quello universitario. Ogni sessione sarà seguita da un breve dibattito aperto a tutti i partecipanti.
Lunedì 23 marzo la prima sessione sarà dedicata ad un’analisi degli Obiettivi del Millennio per fare il punto sui risultati conseguiti negli ultimi 15 anni ed assumere nuovi impegni, avendo particolare riguardo al ruolo delle donne. La seconda sessione sarà dedicata al futuro dell’istruzione, quale strumento di cambiamento. In particolare, le parlamentari individueranno le modalità di superamento della disparità di accesso all’istruzione sulla base della differenza di genere e le azioni necessarie per rendere il diritto all’istruzione una priorità. La terza sessione si incentrerà sul diritto alla salute con l’obiettivo di migliorare l’accesso alle cure sanitarie per le donne e aumentare la consapevolezza dell’esistenza di specifiche malattie legate al genere. Si parlerà quindi di cooperazione regionale e, infine, di donne e carriera politica con l’intento di eliminare gli ostacoli alla piena partecipazione femminile alla vita politica.
Martedì 24 marzo, dopo la prima sessione dedicata alla definizione di un nuovo tipo di leadership, flessibile e innovativa, al passo con i tempi, sono previsti alcuni gruppi di lavoro dedicati ai seguiti della Dichiarazione di Pechino, al ruolo dei network parlamentari, al rapporto tra donne parlamentari e media.
I lavori si concluderanno mercoledì 25 marzo con una cerimonia.
Durante il Vertice, verranno conferiti i Premi WIP a quei Paesi che si sono particolarmente impegnati nell’empowerment delle donne e a quelli che si sono adoperati per la riduzione del vuoto di genere in politica. I premi si basano sulle valutazioni del World Economic Forum’s “Global Gender Gap Report”, elaborato in collaborazione con l’Università della California, Berkeley.
L’onorevole Pia Elda Locatelli (Misto - Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) ha partecipato, in rappresentanza della Camera dei deputati, al WIP Summer Summit 2014, tenutosi a Kigali, in Ruanda, dal 1° al 3 luglio 2014, ed ha presenziato alle celebrazioni per il ventesimo anniversario della liberazione del Ruanda, svoltesi il 4 luglio 2014.
Profili biografici
a cura del Servizio Rapporti Internazionali
Ministero for Transport of Bulgaria
Born on 30 November, 1979, Nikolina Angelkova has graduated the Harvard
Business School – Boston, the USA under the programme for management personnel
"Leadership Development". Angelkova has also obtained an MA in Law
from the University of National and World Economy in Sofia, Bulgaria,
graduating with a diploma with honours under the specialty "Business
Management" at the Post-Graduate Institute of the University of National
and World Economy.
Angelkova has specialized in financial management of the EU Structural
Funds, European Law and Regional Policy and Structural Funds Institute of
Public Administration in Maastricht, and the Regional Institute for
Administrative Reform in Nantes, France.
From 2002 to 2006 Nikolina Angelkova was assigned for a chairperson of
the Association for Legal Development and Legal Counsel to the Parliamentary
Committee on Regional Policy and Public Works. From 2005 to 2007 she was a
trainee in Directorate-General for the Environment of the European Commission
and an adviser to the head of the Bulgarian delegation in the EPP Group in the
European Parliament, where she worked in the field of regional development,
transport and the environment.
Within the period 2005-2010, she was the owner of Nikolova and Partners
Consult, and Director-General of Herchesa Bulgaria Ltd. (2007-2009) and Director of Helektor Bulgaria Ltd.
(2009-2010).
In 2010-2011, Angelkova was a Head of Control, Communication and
Coordination Unit to the Minister of Regional Development and Public Works. In
2011, she was a member of the Management Board of the Road Infrastructure
Agency, and up to 2013 she was a Deputy Minister of Regional Development and
Public Works in charge of European affairs, relations with international
institutions, European Territorial Cooperation and Strategic Planning of
Regional Development; National contact person for the Danube Strategy.
In March 2014, Angelkova was chosen as one of the 214 young global
leaders of the Community of Young Global Leaders of 2014 (Young Global
Leaders). The prestigious honours are awarded by the World Economic Forum and
are recognition for f the excessive achievements in the management and
leadership both on professional and social level.
Nikolina Angelkova is an Interim Minister of Transport, Information
Technologies and Communications in the Government of the Republic of Bulgaria
with a caretaker Prime Minister Prof. Georgi Bliznashki.
Fluent in English, Spanish, Italian, French and
Russian.
Married with one
child.
PRESIDENTE DEL CILE
Michelle Bachelet
è stata Presidente della Repubblica del Cile dall’11
marzo 2006 all’11 marzo 2010, diventando il primo Capo di Stato donna nella
storia dei Paesi latinoamericani. E’ stata nuovamente eletta il 15 dicembre
2013 e l’11 marzo 2014 ha cominciato il suo secondo mandato.
Nata a Santiago
del Cile il 29 settembre 1951, è figlia del Generale dell’Aeronautica Alberto
Bachelet, oppositore del Governo militare di Augusto Pinochet, arrestato con
accuse di tradimento e deceduto in carcere nel 1974. Il 10 gennaio 1975 anche Michelle e sua madre furono arrestate e
vennero detenute e torturate a Villa Grimaldi, noto centro di detenzione di Santiago, per 21
giorni. Grazie ad alcune conoscenze familiari, le due donne vennero esiliate e
raggiunsero in Australia il fratello maggiore del padre di Michelle,
Alberto. La Bachelet e sua madre si spostarono quindi in Germania Est, dove Michelle intraprese gli studi medici presso
l'Università Humboldt di Berlino.
Rientrata in Cile
nel 1979, si è laureata nel 1982 in Medicina presso l’Università del Cile, come
medico chirurgo; quindi si è specializzata in pediatria. Negli anni ottanta
inizia a partecipare attivamente alle attività di opposizione al regime
militare, venendo a contatto con i principali dirigenti politici che fonderanno
alcuni anni dopo la coalizione di centro-sinistra,
denominata Concertaciòn.
Nel 1990, con il
ritorno della democrazia, entra a far parte del Servizio di Salute
Metropolitano Occidentale, svolgendo altresì il ruolo di consulente presso
l’Organizzazione Panamericana della Salute, l’Organizzazione Mondiale della
Salute e l’Agenzia tedesca di Cooperazione Tecnica (GTZ).
Partecipa
attivamente alla campagna elettorale del Presidente Ricardo Lagos e nel 2000 viene nominata Ministro della Salute. Nel 2002, a seguito di
modifiche nella composizione dell’esecutivo, viene
designata quale Ministro della Difesa, ruolo che svolge fino al mese di ottobre
2004, quando annuncia pubblicamente la volontà di candidarsi alla Presidenza
della Repubblica.
Vicina per
tradizione familiare e per interesse personale al mondo militare, ha effettuato studi di perfezionamento in Strategia Militare
presso l’Accademia Nazionale di Studi Politici e Strategici ed un Corso di
Difesa Continentale presso il Collegio Interamericano di Difesa di Washington.
Bachelet è madre separata di tre figli e parla spagnolo, inglese, tedesco, portoghese, francese ed un po' di russo.
Rapporti con
l’Italia
XIV legislatura
italiana
Nell’aprile 2004, ha effettuato
una visita in Italia come Ministro della Difesa e ha incontrato l’allora
Ministro della Difesa, On. Antonio Martino, con il quale ha sottoscritto un
accordo di cooperazione tecnica tra i Carabinieri dei due Paesi.
In tale occasione la Bachelet si recò anche in
visita alla Camera dei Deputati, dove incontrò l’allora Presidente Pier
Ferdinando Casini e svolse un intervento davanti alla Commissione difesa.
XV legislatura
italiana
Successivamente, nella veste di
Presidente della Repubblica del Cile, Michelle Bachelet, a Roma per partecipare
alla III Conferenza nazionale
Italia-America latina svoltasi il 16 e
il 17 ottobre 2007 presso il Ministero degli Esteri, ha incontrato, il 15 ottobre 2007, l’allora Presidente
della Camera, Fausto Bertinotti, ed ha inaugurato l’anno accademico
dell’Università di Roma Tre.
XVI legislatura
italiana
Sempre nella veste di Presidente della Repubblica cilena, la Bachelet ha
ricevuto, a Santiago del Cile, la delegazione del Gruppo di collaborazione
parlamentare italo-cileno in occasione della prima riunione dello stesso,
tenutasi a Valparaiso dal 6
all’8 gennaio 2009. Nel corso della riunione vennero
avviati i lavori del Seminario parlamentare dal titolo: “Parlamento, politica e cittadinanza”, la cui seconda parte si è
svolta, concludendone i lavori, a Roma il 12 luglio 2011
President of Malawi (2012-2014)
Joyce Hilda Banda (née Mtila; born 12 April 1950) is a Malawian politician who was the President of Malawi from 7 April 2012 to
31 May 2014. She is the founder and leader of the People's Party, created in 2011.
An educator and grassroots women's rights activist, she was Minister of
Foreign Affairs from 2006 to 2009 and Vice-President of Malawi from May 2009 to
April 2012.
Banda took office as president following the sudden death of President Bingu wa Mutharika. She was Malawi's
fourth president and its first female president. Before becoming president, she
served as the country's first female vice-president.
She was a member
of parliament and Minister for Gender, Children's Affairs and Community
Services. Before her active career in politics she was the founder of the Joyce
Banda Foundation, founder of the National Association of Business Women (NABW),
Young Women Leaders Network and the Hunger Project.
In 2014, Forbes named President Banda
as the 40th most powerful woman in the world and the most powerful woman in
Africa.
Banda has been
involved with many grassroots projects with women since the age of 25 to bring
about policy change, particularly in education. She founded the Joyce Banda
Foundation for Better Education. She founded the Young Women Leaders Network,
National Association of Business Women and the Hunger Project in Malawi. She
(jointly with PresidentJoaquim Chissano of Mozambique)
was awarded the 1997 Africa Prize for Leadership for the Sustainable End of
Hunger by the Hunger Project, a New York-based
non-governmental organisation. She used the prize money to fund the building of
the Joyce Banda foundation for children. In 2006, she received the
International Award for the Health and Dignity of Women for her dedication to
the rights of the women of Malawi by the Americans for United Nations
Population Fund.
She served as
commissioner for "Bridging a World Divided" alongside personalities
such as Bishop Desmond Tutu, and United Nations
Human Rights Commissioner, Mary Robinson. Banda was also member of the
Advisory Board for Education in Washington DC, and on the advisory board for
the Federation of World Peace and Love in Taiwan (China).
In 2010, Banda
became a member of the Global Leaders Council for Reproductive Health, a
group of sixteen sitting and former heads of state, high-level policymakers and
other leaders committed to advancing reproductive health for lasting
development and prosperity. Chaired by
former President of Ireland Mary Robinson, these leaders seek
to mobilise the political will and financial resources necessary to achieve
universal access to reproductive health by 2015 – a key target of the UN
Millennium Development Goals.
RAPPRESENTANTE SPECIALE ONU
PER LA VIOLENZA ALLE DONNE DURANTE I
CONFLITTI
Il 22 giugno 2012, il Segretario Generale
ONU, Ban Ki Moon ha annunciato la nomina di Zainab Hawa Bangura (Sierra Leone) quale suo Speciale Rappresentante in tema di violenza
sessuale nei conflitti (con il rango di Vice Segretario Generale). La signora
Bangura prende
il posto di Margot Wallström
(Svezia).
Precedentemente, la signora Bangura è stata Ministro della Sanità nel Governo della Sierra Leone (2010-2012).
Vanta un’esperienza ventennale nel campo della
politica, della diplomazia, della governance, della soluzione dei conflitti e
della riconciliazione in Africa.
E’ stata Ministro degli Esteri dal 2007 al 2010, seconda donna nella Sierra
Leone ad occupare tale carica dopo Shirley Gbujama.
Nata in un piccolo villaggio della parte
settentrionale del Paese nel 1959, è riuscita a compiere studi superiori
specializzandosi nel ramo assicurativo nel Regno Unito. A trent’anni, era già
alla guida di una delle più importanti compagnie assicurative del Paese.
Ha cominciato a dedicarsi alla politica
durante il periodo in cui la Sierra Leone era governata da una giunta militare.
Nel 1994 ha fondato l’organizzazione W.O.M.E.N. (Women
Organized for a Morally Enlighted Nation), il primo gruppo di difesa dei
diritti delle donne non-partisan del Paese. Negli anni seguenti ha formato la
Compaign for Good Governance (CGG). Usando la CGG come piattaforma, ha
appoggiato la campagna per la tenuta di elezioni politiche che hanno estromesso
la giunta militare e portato ad elezioni democratiche
dopo 25 anni. L’opinione pubblica l’ha riconosciuta come una fra i principali
protagonisti di tale successo.
Nel corso della guerra civile (1991-2002) la
signora Bangura ha protestato con forza contro le atrocità commesse contro la
popolazione dal Fronte Unito Rivoluzionario (RUF) ed è stata oggetto di ripetuti
tentativi di omicidio. Ha inoltre denunciato la corruzione del governo del
Presidente Ahamd Tejan Kabbah e le atrocità commesse anche dai soldati a danno
dei civili. Nel 2002 ha partecipato alle elezioni presidenziali contro Kabbah,
abbandonando per la prima volta la sua posizione non-partisan. Ha ottenuto meno
dell’1% dei voti, mentre il suo partito, il Movimento
per il Progresso (MOP) non è riuscito ad ottenere alcun seggio in parlamento.
Per questo insuccesso, la Bangura ha dato la colpa
alla corruzione dilagante nel sistema elettorale.
In seguito a tale insuccesso, ha fondato il
National Accountability Grop (NAG) la cui missione era quella
di combattere contro la corruzione, promuovere la trasparenza e la
responsabilità dei governanti. Nel 2006 ha lasciato la Sierra Leone, dove è
stata nominata Direttore dell’Ufficio per gli Affari Civili della Missione ONU
in Liberia (UNMIL) e le è stato conferito l’incarico di ricostruire 16 ministeri e 30 agenzie governative dopo le devastazioni
della guerra civile.
Tornata in Sierra Leone nel 2007, è stata nominata Ministro degli Esteri a seguito della
vittoria presidenziale di Ernest Bai Koroma.
RICONOSCIMENTI:
·
African International Award
of Merit for Leadership (Nigeria, 1999);
·
Human Rights Award (Lawyers
Committee for Human Rights, New York, 2000);
·
Bayard Rustin Humanitarian
Award (Philip Randolph Institute, Washington, DC, 2002);
·
Democracy Award (National
Endowment for Democracy, Washigton, DC, 2006)
Secretary-General UNESCO
Born on 12 July 1952
in Sofia (Bulgaria) has been the Director-General of UNESCO since 15 November
2009, and reelected for a second term in 2013. She is the first woman to lead
the Organization.
Having graduated from Moscow State Institute of International Relations,
and studied at the University of Maryland (Washington) and the John F. Kennedy
School of Government (Harvard University), Irina Bokova joined the United
Nations Department at the Ministry of Foreign Affairs of Bulgaria in 1977.
Appointed in charge of political and legal affairs at the Permanent Mission of
Bulgaria to the United Nations in New York, she was also a member of the
Bulgarian Delegation at the United Nations conferences on the equality of women
in Copenhagen (1980), Nairobi (1985) and Beijing (1995). As Member of
Parliament (1990-1991 and 2001-2005), she participated in the drafting of
Bulgaria’s new Constitution, which contributed significantly to the country’s
accession to the European Union.
Irina Bokova was Minister for Foreign Affairs, Coordinator of
Bulgaria-European Union relations and Ambassador of Bulgaria to France, Monaco
and UNESCO and Personal Representative of the President of the Republic of
Bulgaria to the "Organisation Internationale de la Francophonie"
(OIF). As Secretary of State for European integration and as Foreign Minister,
Irina Bokova has always advocated for European integration. Active member of
many international experts networks, active in civil
society and especially President and founding member of the European Policy
Forum, she has worked to overcome European divisions and to foster the values
of dialogue, diversity, human dignity and human rights.
As Director-General of UNESCO, Irina Bokova is actively engaged in
international efforts to advance quality education for all, gender equality,
cultural dialogue and scientific cooperation for sustainable development and is
leading UNESCO as a global advocate for safety of journalists and freedom of
expression.
Irina Bokova is Executive Secretary of the Steering Committee of the UN
Secretary-General’s Global Education First Initiative (GEFI) and co-Vice-Chair
of the Broadband Commission.
Irina Bokova has received state distinctions from countries across the
world and is Doctor honoris causa of leading
universities.
In addition to her mother tongue, she speaks English, French, Spanish
and Russian.
UNITED NATIONS SPECIAL ENVOY FOR GLOBAL EDUCATION
Gordon Brown is the United Nations Special Envoy for
Global Education, appointed by UN Secretary-General Ban Ki-Moon in July 2012.
He also serves as a Member of Parliament for Kirkcaldy
and Cowdenbeath in the United Kingdom, he is Chair of the Policy and
Initiatives Board of the World Economic Forum and he also serves as a Global
Fellow of New York University as well as the Chancellor of Adam Smith College
in Kirkcaldy. He is on the Board of Sir Tim Berners-Lee’s World Wide Web
Foundation and is Patron of the Burma Campaign. He has recently
completed a research project on globalisation and education at Harvard
University’s Kennedy School of Government.
He served as Prime Minister of the United Kingdom from
2007 to 2010 and is widely credited with preventing a second Great Depression
through his stewardship of the 2009 London G20 summit. He was one of the
first leaders during the global crisis to initiate calls for global financial
action, while introducing a range of rescue measures in the UK. In April 2009,
he hosted the G20 Summit in London where world leaders committed to make an
additional $1.1 trillion available to help the world economy through the crisis
and restore credit, growth and jobs. They also pledged to strengthen
financial supervision and regulation.
Previously, he served as Chancellor of the Exchequer
from 1997 to 2007, making him the longest-serving Chancellor in modern history.
During ten years at the Treasury, Gordon masterminded many of Labour’s proudest
achievements including the Minimum Wage, Sure Start, the
Winter Fuel Allowance, the Child Trust Fund, the Child Tax Credit and paid
paternity leave. His record on global justice includes his negotiation of debt
cancellation for the world’s poorest nations and the tripling of the budget for
life-saving aid. His time as Chancellor was also marked by major reform of
Britain’s monetary and fiscal policy as well as the sustained investment in
health, education and overseas aid.
His role in government continued to shape his views on
the importance of education as a fundamental right of every child in the world
and the key to unlocking better health, greater social stability, more rights
and opportunities for women and a higher standard of living. He is a
passionate advocate for global action to ensure education for all and co-chairs
a High Level Panel on Global Education with Graça Machel. In his role as
UN Special Envoy for Global Education, he works closely with key partners to
help galvanise support for the UN Secretary General’s Global Education
First Initiative, which aims to achieve quality, relevance, and
inclusive education for every child.
Gordon is the author of several books including Beyond
the Crash: Overcoming the First Crisis of Globalisation and a
forthcoming work 2025: Shaping a New Future. Gordon has a PhD
in History from the University of Edinburgh and spent his early career working
as a lecturer. He was elected to Parliament in 1983 and continues to hold
his seat. He is married to Sarah Brown, the Chair of the Global Business
Coalition for Education, and the couple live in London and Fife, Scotland
with their two sons, John and Fraser.
FOUNDING MEMBER OF
THE FORUM
FOR AFRICAN WOMAN AND EDUCATIONALIST
Born in 1942, Ms Bah Diallo obtained a
B.A. in Chemistry at the Pennsylvania State University (USA) and an M.A. in
Biochemistry at Conakry University (Guinea).
Director of
Conakry high school between 1966 and 1984, Ms Bah Diallo was
appointed National Director for External Relations and Projects at the Guinean
Ministry of Social Affairs and Women Promotion in 1984
She worked as Chief of Staff at the
Ministry of Planning and International Cooperation from 1986 before being
promoted Secretary of State for pre-higher education in 1989.
From 1992 to 1996, Ms Bah Diallo was the
Guinean Minister for pre-higher education and professional education.
She started her career at UNESCO in 1996 as Director
of the Division for Basic Education.
Ms Bah Diallo has occupied twice the
position of Assistant Director-General for Education ad interim.
Primo Ministro
dell’Etiopia
Hailè Mariàm Desalegn è nato a Boloso Sore, Etiopia, il 19 luglio 1965. Si è laureato in Ingegneria civile all’Università
di Addis Abeba nel 1988. Ha conseguito un Master
in ingegneria sanitaria all’Università di Tampere, Finlandia, dove aveva vinto
una borsa di studio. Ha lavorato per 13 anni
all’Istituto di tecnologia idrica, ricoprendo diverse posizioni tra cui quella
di preside.
Alla fine degli anni ’90 è entrato in politica
nelle fila del Fronte Democratico Rivoluzionario d'Etiopia (EPRDF), di cui è
Presidente dal 15 settembre 2012.
È stato Vice Presidente e poi Presidente
(2001-2006) della Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud (SNNPR),
una regione dell’Etiopia sud-orientale abitata da oltre 45
gruppi etnici.
Dal 2005 è membro della Camera dei rappresentanti.
Ha ricoperto la carica di Vice Primo Ministro e
Ministro degli Affari Esteri dal 2010 al 2012.
È Primo Ministro dell'Etiopia dal 2012, a seguito dell'improvvisa morte di Meles Zenawi.
È stato Presidente dell’Unione africana dal 2013 al
2014.
African Union Special
Envoy for Women Peace and Security
Ms.
Bineta Diop of Senegal is the Founder and President of Femmes Africa Solidarité
(FAS) and the Special Envoy of the Chairperson of the AU Commission on
Women Peace and Security. She has led numerous peacebuilding programmes,
including a women, peace and security initiative that
resulted in the creation of a strong West African women’s movement, the Mano
River Women’s Peace Network, which was awarded the United Nations General
Assembly Prize in Human Rights in 2003.
Ms.
Diop has led teams to observe elections in post-conflict countries such as
Liberia and solidarity missions to women in crisis situations, as in the case
of Guinea. She has facilitated peace talks among women, particularly during the
Burundi and the Democratic Republic of the Congo peace negotiations. Ms. Diop
played an instrumental role in achieving gender parity within the African Union
Commission in 2003, which culminated in the election of five female
Commissioners, and the adoption of the African Charter on Women and Peoples’
Rights (Maputo Protocol) and the Solemn Declaration on Gender Equality in
Africa.
Ms.
Diop has been elected President of the African Union ECOSOCC Gender Cluster.
She is involved in various NGO Working Groups that monitor United Nations
Security Council Resolution 1325 on women, peace and security. Ms. Diop is a
member of the Global Agenda Council on Conflict Prevention of the World
Economic Forum, and previously served in the 6th Advisory Group of the
International Committee of the Red Cross, and as a member of the Board of
Directors of the Centre for Humanitarian Dialogue. In March 2010, she
co-chaired the high-level Civil Society Advisory Group on Resolution 1325 with
H.E. Mary Robinson.
Ms.
Diop has received numerous honours and awards and in 2011 was named by TIME
magazine as one of the 100 Most Influential People in the World. In 2012, the
United Nations-mandated University for Peace awarded her a “Doctor Honoris
Causa in International Peace Studies”.
FIRST VICE PRESIDENT OF THE REPUBLIC OF PERU
Marisol Espinoza Cruz (born July 30, 1967) is a Peruvian politician who has been First Vice President
of Peru since 2011. She has been a Congresswoman representing Piura since 2006. Espinoza belongs to thePeruvian Nationalist
Party.
Marisol Espinoza was
born in Piura. She attended San José de Tarbes School in her home town. From 1985 to
1991 she studied Information science and Liberal Arts with focus on Journalism
at the University of Piura. From 1988 to 1989 she was trainee editor for the local daily La Industria. In 1991 she worked as a redactor and reporter for RBC Channel 11. From 1991 to 1992 she edited international news for América Televisión. In December 1992 she changed to the newspaper El Tiempo of Piura where she became head of the Economics page in 2002. Espinoza
took part in postgraduate programs ofFlorida International
University and Northwestern
University. From 1999 to 2000 she returned to her Alma Mater to study for a
Master's degree in Economics.
In January 2005
Marisol Espinoza joined the Union for Peru party. She was elected Congresswoman representing Piura in the 2006 legislative
election. Since July 2009 she has been speaker of the Nationalist bench in the Congress. In the 2011 presidential
election Espinoza was Ollanta Humala's running mate as candidate for First Vice President of Peru on the Peru Winsticket. On June 5 Humala was elected President, and Espinoza First Vice President,
with 51,5% of the votes and took office on 28 July 2011.
VICE
PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI RAPPRESENTANTI DELL’INDONESIA
Nato il 10 ottobre 1971.
Ha studiato presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Mataram fino 1992, quindi ha optato per la facoltà di Economia dell’Università degli Studi dell’Indonesia.
Durante gli anni dell’Università ha cominciato ad impegnarsi politicamente organizzando movimento di opposizione ai Presidenti Suharto e Habibie.
Dal 1999 al 2002 è stato nominato consulente per la modifica della Costituzione in vigore dal 1945.
Appartiene al Partito della Giustizia e della Prosperita, islamico integralista ed è stato eletto al Parlamento nel 2004.
Nel 2014 è stato nominato Vice Presidente per un mandato di cinque anni.
Capo Esecutivo della Divisione Politica di UN Women
Nata
il 22 settembre 1962 è un’avvocata e politica spagnola originaria della Regione
basca. Si è laureata in diritto presso l’Università di Salamanca e si è
specializzata in Diritto europeo presso il Collegio Europeo a Bruges.
Aderisce
al Partito “Eusko Alkartasuna” ed è stata deputata al Congresso spagnolo dal
1996 al 2008. Durante questo periodo si è battuta attivamente per il sostegno e
la difesa dei diritti delle donne, proponendo più di 150 proposte di legge per
il rafforzamento della parità di genere, la lotta alla
violenza contro le donne, la cooperazione economica in campo internazionale, la
difesa dei diritti civili e sociali.
Prima
di diventare Capo Esecutivo della Divisione Politica di UN Women, ha Capo della
Sezione Leadership e Governance.
Executive
Secretary, United Nations Economic Commission for Africa
Dr. Carlos Lopes was appointed
by Secretary-General Ban Ki-moon as the eighth Executive Secretary of the
Economic Commission for Africa, at the level of UN Under
Secretary-General, in September 2012. Dr. Lopes previously served as Executive
Director of the United Nations Institute for Training and Research (UNITAR) in
Geneva and Director of the UN System Staff College in Turin at the level of
Assistant Secretary-General from March 2007 to August 2012.
Dr. Lopes was appointed UN
Assistant-Secretary-General and Director for Political Affairs in the Executive
Office of the Secretary-General during the period 2005 to 2007.
Dr. Lopes has actively
contributed to research on development issues. Specialized in development and
strategic planning, he has authored or edited 22 books and taught at
Universities and academic institutions in Lisbon, Coimbra, Zurich, Uppsala,
Mexico, São Paulo and Rio de Janeiro. He is affiliated with a number of
academic networks, and has helped establish various non-governmental
organizations and centers for social research, in particular in Africa. Dr.
Lopes currently serves as Member of Governing Boards or advisory and editorial
committees of about a dozen institutions including Kofi Annan Foundation, World
Economic Forum African Council, ISCTE Lisbon University Institute, Instituto
Ethos, Geneva Graduate Institute of International and Development Studies, and
journals such as Géopolitique Africaine, African Sociological Review, African
Identities and Strategic Review for Southern Africa.
Following his service in the
public sector of his native Guinea-Bissau in areas of research, diplomacy and
planning, Dr. Lopes joined the United Nations Development Programme (UNDP), as
a development economist in 1988. While at UNDP, he occupied various positions,
including Deputy Director at the Office of Evaluation and Strategic Planning,
as well as Deputy, and later Director of the New York-based Bureau for
Development Policy. Dr. Lopes was a member of UNDP’s executive team, in recognition of the role he played in developing
UNDP’s decentralized policy advisory services and knowledge networking systems.
He also managed UNDP’s global programme, with a portfolio of $1 billion. He
served as United Nations Resident Coordinator and UNDP Resident Representative
Zimbabwe and Brazil.
Carlos Lopes holds a PhD in
history from the University of Paris 1
Panthéon-Sorbonne and a research master from the Geneva Graduate Institute of
International and Development Studies. He has also received an Honorary PhD in
Social Sciences from the University of Cândido Mendes, Rio de Janeiro, Brazil.
Speaker del
Lok Sabha (Camera bassa)
Sumitra Mahajan (born 12 April
1943) was born to Usha and Purushotam Sathe in Chiplun, Maharashtra, in
a Chitpavan family. She
learned her M.A. and LL.B from Indore University (now Devi Ahilya University)
after marrying late Jayant Mahajan of Indore. (M.P.)
Sumitra Mahajan hobbies include reading, Music, drama and cinema.
1984-85 Deputy Mayor,
Municipal Corporation, Indore
1989 Elected to 9th Lok
Sabha
1990-91 Member,
Consultative Committee, Ministry of Health and Family WelfarePresident, Mahila
Morcha, Bharatiya Janata Party (B.J.P.), Madhya Pradesh
1991 Re-elected to 10th
Lok Sabha (2nd term)
1991-92 Member, Joint
Committee for 73rd Constitution Amendment Bill
1991-93 Member, Joint
Committee for Pre-Natal Diagnostic Techniques (Regulation and Prevention of
Misuse) Bill, 1991
1991-96 Member,
Consultative Committee, Ministry of Communications
1992-94 Vice-President,
B.J.P., Madhya Pradesh
1995-96 Secretary, B.J.P.,
Parliamentary Board
Chairman, Parliamentary Board, Madhya Pradesh
1996 Re-elected to 11th
Lok Sabha (3rd term)
1996 onwards Secretary,
B.J.P.
1997 Member, Committee on
Public Accounts
1998 Re-elected to 12th
Lok Sabha (4th term)
1998 onwards
General-Secretary, B.J.P.
1998-99 Convenor,
Sub-Committee on Drug Control, Committee on Human Resource Development Member,
Committee on Human Resource Development and its Sub-Committee-I on Value-based
Education Member, Joint Committee on the Empowerment of Women and its
Sub-Committee on Appraisal of Laws relating to Women—Criminal Laws Member,
Committee on Members of Parliament Local Area Development Scheme (MPLADs)
Member, Consultative Committee, Ministry of Human Resource Development
1999 Re-elected to 13th
Lok Sabha (5th term)
Oct. 1999- Jun. 2002 Union Minister of
State, Ministry of Human Resource Development
Jul. 2002 - May 2003 Union Minister of
State, Ministry of Communication & Information Technology
24 May 2003- May 2004 Union Minister of
State, Ministry of Petroleum and Natural Gas
2004 Re-elected to 14th
Lok Sabha( 6th term)
2004-2009 Member, General
Purposes Committee Chairperson, Committee on Social Justice and Empowerment
Member, Panel of Chairmen
2005 Prabhari, Mahilla
Morcha, B.J.P. Member, Consultative Committee on Civil Aviation
5 Aug. 2007 - May 2009 Chairperson,
Standing Committee on Social Justice & Empowerment
2009 Re-elected to 15th
Lok Sabha (7th term)
Jun. 2009 Member, Panel of
Chairmen
31 Aug. 2009 Chairperson,
Standing Committee on Rural Development
23 Sep. 2009 Member, Committee
on Empowerment of Women
On 6 June 2014, Mahajan was
unanimously elected as Speaker of the 16th
Lok Sabha. She had earlier worked as a member of the
‘Panel of Chairmen’ in the Lok Sabha.
Commissario europeo per la cooperazione internazionale e lo sviluppo
Neven Mimica è nato a Spalato, Croazia, il 12 ottobre
1953. È sposato e ha due figli. Si è laureato in Economia all’Università di Zagabria
nel 1976.
È Commissario europeo per la cooperazione internazionale
e lo sviluppo nella Commissione Juncker dal 1º novembre 2014. È stato commissario europeo per la tutela dei
consumatori nella Commissione Barroso II dal 1º luglio 2013 al 31 ottobre 2014.
Dal 2011 al 2013 è stato Vice Primo Ministro della
Croazia, con delega per gli affari interni, esteri e dell’integrazione europea.
È stato eletto al Parlamento croato nel 2003, nelle fila
del Partito socila democratico di Croazia. Dal 2008 al 2011 è stato vice
Presidente del Parlamento e Presidente della Commissione parlamentare per
l’integrazione europea.
Ha ricoperto la carica di Ministro per l’integrazione
europea dal 2001 al 2003.
Nel 1997 è stato Assistente del Ministro
dell'Economia e capo negoziatore per l'adesione della Croazia all'Organizzazione Mondiale del Commercio e per la stipula dell'Accordo di
Stabilizzazione e Associazione con l'Unione
europea.
Dal 1987 al 1997 ha lavorato per il servizio diplomatico
della Repubblica socialista federale di Jugoslavia e Croazia. Ha lavorato per
la Commissione Affari esteri dal 1978 al 1980, ricoprendo poi la carica di
consigliere della Commissione dal 1980 al 1983 ed di
assistente del Presidente della Commissione dal 1983 al 1987.
Deputy Executive Director, UN Women
Lakshmi Puri (born in 1952,
in India) is the Assistant
Secretary-General for Intergovernmental Support and Strategic Partnerships at
the United
Nations Entity for Gender Equality and the Empowerment of Women (UN Women).
She was appointed to this position by United Nations Secretary-General Ban
Ki-Moon on 11 March 2011. Puri is the Deputy
Executive Director of UN Women.
Puri has pursued
studies in history, public policy and administration, international relations
and law, and economic development. She has a B.A. in First Division from Delhi
University and a postgraduate degree from Punjab University, as well as
professional diplomas.
Puri has more than
37 years’ experience in economic and development policy-making as well as in
political, peace and security, humanitarian and human rights–related diplomacy.
More than twenty years of these have been in relation to the United Nations
system. She has promoted the gender equality and women’s empowerment agenda
throughout her career. She has considerable experience and professional
background in all the thematic and functional areas of UN Women. She has been
actively involved in pioneering efforts to analyse and advocate positive
linkages between economic development and gender equality. She has worked on
ensuring inclusion of a gender perspective in trade investment, migration and
labour mobility, financial flows, environment and climate change, energy,
agriculture and food security, and access to essential services, among other
issues. Puri has contributed to policy-related research in think tanks,
academic institutions and in the context of development banks.
Puri held the rank
of Permanent Secretary of the Government of India, was
Ambassador of India to Hungary and accredited
to Bosnia and Herzegovina. In that capacity
she worked closely with the Peacekeeping Mission there through coordination
with the Special Representative of the Secretary-General and the Indian
peacekeeping contingent.
During her
diplomatic postings in Geneva, including as Deputy Permanent Representative
of India, she developed an
expertise in human rights and humanitarian affairs and played an active role in
the Commission on Human Rights and its subsidiary bodies. Puri joined the
United Nations as Director of UNCTAD’s largest division
and led the work of the organization in making trade work for development in
all its dimensions and, in particular, for the achievement of the Millennium Development Goals. She was acting
Deputy Secretary General of UNCTAD from 2007 to 2009. She was appointed
Director in the Office of the High Representative for the Least Developed
Countries, Landlocked Developing Countries and Small Islands Developing States
in December 2009, and she actively directed the preparations for the United
Nations LDC IV conference in Istanbul in 2011.
PREMIO NOBEL
PER LA PACE 2014
Nato a Vidisha, l’11 gennaio 1954 è un attivista indiano nel campo dei diritti umani
Attivo nel movimento indiano contro il lavoro
minorile a partire dal 1990, insieme alla sua
organizzazione Bachpan Bachao Andolan, ha liberato oltre 80.000 bambini da
varie forme di schiavitù e aiutandoli con successo nella loro reintegrazione,
riabilitazione e formazione.
Ha vinto il Premio Nobel per la pace nel 2014, assieme alla pakistana Malala Yousafzai, per le loro lotte in favore dell'educazione
e la salvaguardia dei bambini. La motivazione del Comitato per il Nobel norvegese è stata: “per la loro lotta contro la
sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini
all'istruzione”.
Nato a Vidisha nel distretto di Madhya Pradesh
(India), ha studiato ingegneria elettrica presso l'istituto tecnologico Samrat
Ashok di Vidisha, proseguendo poi gli studi post-laurea in ingegneria dell'alta
tensione. Ha poi insegnato come docente in una scuola di Bhopal per pochi anni. Nel 1980, abbandonò la sua
carriera di insegnante e divenne segretario generale
del Fronte di Liberazione dalla Schiavitù per Debiti (Bonded Labor Liberation
Front); ha anche fondato nello stesso anno il movimento Bachpan Bachao Andolan
(Missione Salvare l'Infanzia).
È stato anche coinvolto dal movimento Marcia
Globale contro il lavoro dei bambini e dal suo ufficio legale internazionale,
il Centro Internazionale sul lavoro e l'educazione minorile, che sono
coalizioni di ONG a livello mondiale di insegnanti e
sindacalisti. Ha anche ricoperto il ruolo di presidente della coalizione
internazionale Campagna Globale per l'Educazione, dalla sua nascita nel 1999 al
2011, essendo stato uno dei suoi quattro fondatori insieme ad ActionAid, Oxfam e la Internazionale dell'Educazione. Inoltre,
ha fondato il network Rugmark (ora conosciuto come GoodWeave International)
come primo sistema volontario di etichettatura, monitoraggio e certificazione
di tappeti fabbricati senza l'utilizzo di lavoro minorile in Asia meridionale.
Quest'ultima organizzazione ha operato una campagna
in Europa e negli Stati Uniti alla fine del 1980 e all'inizio del 1990 con
l'intento di aumentare la consapevolezza dei consumatori delle questioni relative alla responsabilità delle multinazionali in materia
di consumo e commercio socialmente responsabile. Satyarthi ha evidenziato il
lavoro minorile come una questione di diritti umani e una questione di
benessere e causa di beneficenza: ha sostenuto che il lavoro minorile genera
povertà, disoccupazione, analfabetismo, crescita incontrollata della
popolazione ed altri problemi sociali. Ha anche avuto
un ruolo di collegamento tra il movimento contro il lavoro minorile per il
raggiungimento dell'obbiettivo "Istruzione per
tutti".
È stato membro di un ufficio istituito dall'UNESCO per esaminare questa tematica ed è stato sul
consiglio direttivo dell'organizzazione Fast Track Initiative (ora conosciuta
come Global Partnership for Education). Satyarthi fa parte del consiglio
direttivo e del comitato di diverse organizzazioni internazionali, tra cui il
Centro per le Vittime della Tortura (USA), il Fondo Internazionale del Diritti
del Lavoro (USA) e la fondazione Cocoa International. Nel 2014 ha cominciato a lavorare per portare
il lavoro e la schiavitù minorile nell'agenda per lo sviluppo post-2015
degli Obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite.
SPEAKER DELLA CAMERA DEI RAPPRESENTANTI DELL’ETIOPIA
E’ nato a Minasse Woldegiorgis, nella regione
di Oromia il 5 luglio 1958. Ha ricevuto un’educazione sia di tipo militare che di tipo civile. La sua formazione militare ha avuto
luogo presso l’Università della Difesa di Cina e ha avuto come oggetto la
leadership in campo militare. Successivamente, si è
formato nel campo della Pubblica Amministrazione compiendo studi superiori
negli USA.
Dopo il cambio di governo del 1991, Abadula è
divenuto Capo operazioni delle Forze Nazionali di Difesa. Dopo cinque anni, nel
1996, è diventato Capo dei servizi di sicurezza. Nel 1998 è diventato Capo
delle forze terrestri della Forza Nazionale di Difesa
ottenendo il grado di Generale Maggiore.
Nel 2000 è stato nominato Ministro della
Difesa.
Dopo essere passato alla vita civile, è
diventato Presidente della Regione Oromia.
Appartiene al partito “Organizzazione
Democratica del Popolo di Oromia” (OPDO) di cui è una delle personalità più
influenti.
VICE PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DELL’UNIONE AFRICANA
(AUC)
Erastus J.O. Mwencha, è nato
il 15 novembre 1947 Kisii in Kenya.
Ha compiuto studi
universitari presso l’Università di Nairobi e di York.
Dopo aver lavorato
per 25 anni presso il
Mercato Comune per l’Africa Orientale e Meridionale (COMESA),
ricoprendone la carica di Segretario Generale per dieci anni, è stato eletto Vice
Presidente della Commissione dell’Unione Africana ed è stato confermato in tale
posizione nel luglio 2012.
Nel suo operato, ha posto particolare impegno nello sviluppo
dell’integrazione continentale, come pure nel rafforzamento delle istituzioni
panafricane. In particolare ha cercato di rendere sempre più incisivo il ruolo
dell’AUC riassumendo la sua azione nella frase: “E’ il tempo dell’Africa”. Si è
inoltre dedicato allo sviluppo di programmi legati all’agricoltura ed alla sicurezza alimentare, alla riduzione della mortalità
in seguito a parto, al controllo e la lotta contro l’AIDS e la malaria.
E’ un convinto
sostenitore della necessità di integrare ed unificare
il continente africano e crede nelle possibilità di crescita dell’Africa in
campo economico, sociale e culturale.
MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DELLA REPUBBLICA
DEL GHANA
L’Onorevole Hanna Tetteh è la Ministra degli Affari
Esteri e Integrazione Regionale della Repubblica del Ghana; inoltre è Deputata
al Parlamento ghanese, essendo stata eletta nella circoscrizione Awutu-Senya
West della Central Region. Prima di essere nominata Ministro degli Affari
Esteri nel febbraio di quest’anno, ha ricoperto la carica di Ministro per il
Commercio e l’Industria per l’intero mandato quadriennale di Governo del
National Democratic Congress, durante la scorsa legislatura (2008-2012).
Nel corso del suo precedente incarico come Ministro per il
Commercio e l’Industria l’On. Tetteh è stata membro dell’Economic Management
Team, della National Development Planning Commission, del Millennium
Development Authority Board, and Presidente del Ghana Free Zones Board.
Prima della sua nomina a Ministro del Commercio,
tra il 2005 e il 2008 l’On. Tetteh è stata General Manager della
Ghana Agro Food Company Ltd., una società di trasformazione agro-industriale.
Contemporaneamente, è stata membro del Consiglio della Association
of Ghana Industries, membro del Board dell’Institute of Statistical and Social
Research (ISSER), nonché’ del Board della Awutu-Emasa Rural Bank, e di quello
della società di calcio Accra Hearts of Oak.
L’On. Tetteh aveva già conquistato un seggio
parlamentare nella circoscrizione Awutu- Senya durante la legislatura
2001-2004. Durante questo primo mandato parlamentare è stata Ranking Member (Minority
Spokesperson) per le questioni di Genere e tutela dei Minori ed è stata membro
di diverse Commissioni parlamentari: Finanze, Commercio Indutria e Turismo,
Difesa e Interni, Legislazione Sussidiaria, Questioni di Genere e Minori.
La Ministro Tetteh è avvocato di professione: si e’ laureata in Giurisprudenza all’Universita’ del Ghana,
Legon nel 1989, ha frequentato la Ghana School of Law e’ entrata nel Ghana Bar
nel 1992. Ha iniziato la sua carriera presso lo studio Ansa-Asare & Co., ed
ha anche brevemente lavorato per la Commissione Nazionale Diritti Umanie
Giustizia Amministrativa, nonche’ per la Ghana Agro
Food Company Ltd. come consulente legale, prima
di conquistare il suo seggio parlamentare nel 2000. La Signora Tetteh e’
divorziata, ha due figli e ama la lettura, la fotografia e gli scacchi.
Schede tematiche
Primo obiettivo - Dimezzare,
tra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone il cui reddito giornaliero è
inferiore a $1.25 e garantire un’occupazione completa
e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti, incluse donne e giovani
- Nei Paesi del Sud
del mondo, circa una persona su cinque vive con memo di 1,25 dollari al giorno
- Nei Paesi del Sud
del mondo, il 56% delle persone lavora in condizioni di vulnerable employment
(rispetto al 10% dei Paesi occidentali)
- In tutto il mondo,
nel 2013 circa 173 milioni di persone in meno soffrono la fame rispetto al 1990
- Un bambino su sette al di sotto dei cinque anni ha un peso inadeguato per la sua
età
- Nel 2013, ogni
giorno 32mila persone hanno abbandonato le loro case in cerca di protezione a
causa di conflitti armati.
L'obiettivo di
dimezzare la percentuale di persone con reddito inferiore a 1,25 dollari al giorno è stato centrato nel 2010. Tuttavia, ancora 1,2 miliardi di persone vivono in estrema
povertà. Inoltre non si è riusciti a dimezzare la
percentuale di persone che soffrono la fame, anche se secondo l'Onu questo obiettivo sarà raggiunto entro la
fine del 2015. A livello globale, sono ancora 842 milioni gli affamati.
Secondo obiettivo - Garantire
che, entro il 2015, tutti i bambini e le bambine, ovunque vivano, completino il
ciclo degli studi elementari
-
Nel mondo ci
sono ancora 58 milioni di bambini che non frequentano
la scuola
-
La metà di
questi bambini vive in aree dove sono in corso
conflitti armati
-
Nei Paesi
del Sud del mondo, più di un bambino su quattro che frequenta una scuola primaria è probabile che abbandoni la scuola per le cause
più diverse, quasi tutte legate alla povertà
-
781 milioni
di adulti e 126 milioni di giovani in tutto il mondo sono in pratica analfabeti
-
Di questi,
più del 60% sono donne.
Terzo obiettivo - Eliminare,
preferibilmente entro il 2005 le disparità di genere nell’istruzione elementare
e secondaria, e a tutti i livelli entro il 2015
-
Nell’Africa
sub-sahariana, in Oceania e in Asia occidentale le ragazze incontrano
ancora molte difficoltà e resistente ad accedere all’istruzione primaria e
secondaria
-
Nell’Africa
del nord, su cinque posti di lavoro non nel settore dell’agricoltura, meno di
un posto di lavoro è occupato da una donna
-
In 46 nazioni, le donne oggi occupano più del 30% dei seggi nei
parlamenti nazionali in almeno una camera.
Quarto obiettivo - Ridurre
di due terzi, fra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità fra i bambini al di sotto dei cinque anni di età e raggiungere l’accesso
universale alla sanità natale
- Dal 1990, il tasso
di mortalità infantile è stato dimezzato, passando dai 12,6 milioni del 1990 ai
6,6 milioni del 2012.
- Dal 1990 al 2012,
sono morti sei milioni di bambini in meno
- Globalmente, ogni
cinque decessi di bambini di età inferiore ai cinque anni, quattro avvengono
nell’Africa subsahariana e nell’Africa meridionale
- La sola prevenzione
contro il morbillo ha aiutato a prevenire 14 milioni
di decessi tra il 2000 e il 2012.
Quinto obiettivo - Diminuire
di tre quarti il tasso di mortalità materna
Nel 2013 quasi
300mila donne sono morte nel mondo per cause legate alla gravidanza e al parto
- Il numero di parti
assistiti da personale qualificato nei Paesi del Sud del mondo è aumentato dal
56% al 68% tra il 1990 e il 2012
- Nel 2012, 40 milioni di nascite nei Paesi del Sud del mondo non è
stato assistito da personale qualificato;
- 32 milioni di queste
nascite sono avvenute in aree rurali.
L'obiettivo parlava
di una riduzione di tre quarti della mortalità
materna, mentre il calo è stato solo del 45%. Altro obiettivo era raggiungere
l'accesso universale ai servizi di salute riproduttiva, mentre si è passati dal
65% del 1990 all'83% del 2012.
Sesto obiettivo - Fermare
entro il 2015 e cominciare a invertire la diffusione dell’HIV/AIDS, assicurare,
entro il 2010, l’accesso universale al trattamento per la cura dell’AIDS a tutti
coloro che ne hanno bisogno e fermare entro il 2015 e
cominciare a invertire l’incidenza della malaria e di altre importanti malattie:
- Nel 2012, quasi 600
bambini sono morti ogni giorno per cause legate all’AIDS
- Nei Paesi del Sud
del mondo, 9,5 milioni di persone hanno avuto accesso a farmaci antiretrovirali
- Gli interventi di
cura e prevenzione della malaria hanno salvato la vita a tre milioni di bambini
tra il 2000 e il 2012
- Tra il 1995 e il
2012, il trattamento contro la tubercolosi ha salvato 22
milioni di vite.
I nuovi casi di
Hiv-Aids sono calati del 44% dal 2001 al 2012, e nello stesso periodo la
mortalità per malaria è diminuita del 42%.
Settimo obiettivo - Integrare
i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi nazionali e
invertire la perdita di risorse ambientali, ridurre la perdita di biodiversità, il
raggiungimento, entro il 2010, di una riduzione significativa
del tasso di perdita e dimezzare, entro il 2015, la percentuale di popolazione
senza un accesso sostenibile all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari
di base. Raggiungere, entro il 2020, un significativo
miglioramento nella vita di almeno 100 milioni di abitanti delle baraccopoli
- Le emissioni globali di Co2 sono aumentate del 50% dal
1990
- Nel 2012, gli
ecosistemi protetti rappresentavano il 14% delle aree terrestri e marine
- Dal 1990, più di 2,3
miliardi di persone hanno avuto accesso a una fonte d’acqua potabile sicura
- Ma, ancora oggi, 748
milioni di persone si procurano l’acqua da una fonte non sicura
- Tra il 1990 e il
2012, quasi due miliardi di persone hanno avuto accesso a dei migliori servizi sanitari
- Nei Paesi del Sud
del mondo, un terzo dei residenti urbani vive in uno slum.
Anche se l'utilizzo
di sostanze che fanno aumentare il buco nell'ozono è calato del 98%, le
emissioni globali di diossido di carbonio sono aumentate di
oltre il 50% da 1990. E sebbene la deforestazione sia diminuita (dai 8,3 milioni di ettari disboscati del 1990 si è arrivati
a 5,2 nel 2010), rimane ancora molto alta. Bene invece
l'obiettivo di dimezzare la percentuale di popolazione senza accesso ad acqua
potabile, raggiunto nel 2010.
Ottavo obiettivo - Sviluppare
ulteriormente un sistema finanziario e commerciale che sia aperto, equo, basato
su delle regole, prevedibile e non discriminatorio, occuparsi delle particolari esigenze delle
nazioni meno sviluppate, affrontare i bisogni speciali dei paesi in via di
sviluppo privi di sbocchi al mare e degli stati in via
di sviluppo delle piccole isole e trattare in maniera efficace i problemi del
debito dei Paesi in via di sviluppo.
- Il sistema per lo sviluppo degli obiettivi ha
stanziato in tutto 134,8 miliardi di dollari
- L’80% delle
importazioni dai Paesi del Sud del mondo arriva nei Paesi occidentali fuori
dogana, quindi senza pagare tasse
- Il numero di persone
in Africa che usano Internet si è duplicato negli ultimi quattro anni
- Nel mondo, il 30%
dei giovani sono nativi digitali, attivi online da
almeno cinque anni.
Anche se i fondi
globali di aiuto allo sviluppo hanno toccato la cifra record
di 134,8 miliardi di dollari nel 2013, è calato del 5,6% l'aiuto bilaterale
verso l'Africa, il continente più povero del mondo. Il fardello del debito dei
paesi poveri rimane stabile, mentre si è ridotto
significativamente il digital divide: due terzi degli utilizzatori di
internet risiede nelle nazioni in via di sviluppo, e il loro numero è
raddoppiato dal 2009 al 2014.
Fonte: http://www.un.org/millenniumgoals/2014%20MDG%20report/MDG%202014%20English%20web.pdf
La cooperazione
parlamentare della Camera dei deputati, a partire dalla XIV legislatura, ha cercato di indirizzarsi all’intero
continente africano, concretizzandosi in una serie di iniziative
finalizzate, in particolare, ai Paesi dell’Africa sub-sahariana, alcuni
dei quali sono impegnati in processi di democratizzazione dei propri sistemi
politico-istituzionali e di risanamento economico-finanziario nel quadro di
ambiziosi progetti d’integrazione regionale, quali quelli dell’Unione
africana e del Nuovo Partenariato per lo Sviluppo africano (NEPAD).
Dopo la Giornata parlamentare
Italia-Africa del 23 maggio 2002, ospitata dalla Camera dei deputati, la
Presidenza della Camera ha dato impulso alla definizione di un Programma di
assistenza rivolto ai Parlamenti africani.
L’opzione a favore
di un quadro programmatico unitario entro il quale coordinare le iniziative di
cooperazione con questi Parlamenti si è ulteriormente precisata con l’adesione
della Camera ad un richiesta, avanzata nel settembre 2002 dalla Direzione
generale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri,
per la partecipazione ad un progetto promosso al Dipartimento per gli
affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UNDESA), denominato “Potenziare
i sistemi informativi dei Parlamenti in Africa”, rivolto ad otto
Paesi africani (Angola, Camerun, Ghana, Kenia, Mozambico, Uganda, Ruanda e
Tanzania).
Nei mesi successivi è stata concordata tra l’Amministrazione
della Camera e l’UNDESA la realizzazione di
un progetto, articolato in distinte tranches operative, la prima
delle quali si è concretizzata in un’iniziativa di cooperazione con
l’Amministrazione del Parlamento keniota (Bunge),
impegnata nella ristrutturazione delle proprie strutture informatiche.
Dal 15 al 19 settembre 2003 si è
svolto, infatti, il programmato study tour presso la Camera di
una delegazione parlamentare keniota. La delegazione keniota, guidata
dal Presidente del Bunge, on. Kaparo, accompagnato da altri tre
parlamentari, membri della Parliamentary Service Commission e da due
funzionari parlamentari (tra i quali il Deputy Clerk), ha effettuato più di venti incontri con gli organi di
direzioni politica ed amministrativa della Camera e con i responsabili
delle principali aree funzionali dell’Amministrazione (settore amministrativo,
legislativo, informatico, e della documentazione). L’interesse della
delegazione si è concentrato soprattutto sui temi dell’informatizzazione
complessiva delle attività amministrative, della creazione di uno
specifico sito web e dello sviluppo di un apparato interno di documentazione parlamentare.
Il progetto, che coinvolge anche le
strutture amministrative del Parlamento panafricano (organo interparlamentare
dell’Unione africana), si è poi sviluppato in un programma più ampio, l’i-Parliaments
Action Plan volto a garantire l’interconnessione dei sistemi
informatici dei Parlamenti africani attraverso l’impiego di più
evoluti sistemi di trattamento delle informazioni. Il nodo dell’interconnessione è stato al centro di una Conferenza
internazionale che si è tenuta a Nairobi, dal 9 all’11 febbraio 2005, sul
tema: “Parliaments’ Information Management in Africa. Challenger and Opportunities of ICT to Strengthen Democracy and
Parliamentary Governance”.
All’iniziativa promossa dall’UNDESA, con il patrocinio,
tra gli altri, della Camera dei deputati, hanno preso parte i Presidenti
dei Parlamenti africani coinvolti nel progetto, esponenti del Parlamento
panafricano e del Parlamento europeo, di organizzazioni internazionali e di
organismi non governativi, rappresentanti del NEPAD e di altri otto
Parlamenti africani caratterizzati da un elevato grado di informatizzazione
delle procedure e dei servizi.
Il rapporto collaborativo con il Parlamento
keniota è proseguito anche nella XVI legislatura con la visita di studio presso
la Camera dei deputati di una delegazione del Comitato per la Biblioteca del Parlamento
keniota che, dal 9 al 10 novembre
2010, ha incontrato il Comitato di Vigilanza sull'Attività di
documentazione. Dal 23 al 27 maggio 2011,
vi è stata un’ulteriore visita di studio di una
delegazione di funzionari di tale assemblea assegnati ai dipartimenti ICT, Resoconti e Personale, che
hanno svolto incontri con funzionari del Servizio informatica, del Servizio
studi e della Biblioteca, con l’obiettivo di acquisire una conoscenza diretta
del sistema informativo parlamentare italiano. Tale missione era stata caldeggiata dal Segretario Generale dell’Assemblea Nazionale
keniota Patrick, G. Gichohi, nel corso della sua visita alla Camera, l’8 marzo
2011 a Roma, dove ha incontrato il Vice Segretario Generale Francesco Posteraro
e il Capo Servizio Informatica, Annibale Ferrari. L’incontro era finalizzato a
conoscere le strategie di dell’informatizzazione della
Camera dei deputati. Era infatti, stata altresì
chiesta, da parte del Segretario Generale dell’Assemblea Nazionale, una
collaborazione della Camera dei deputati italiana nella implementazione dei
servizi informatici del Parlamento keniota a cui è stato risposto in senso
positivo. Infine, dal 26 al 30 settembre
2011, una delegazione di funzionari dell'Assemblea Nazionale del Kenya si è
recata in visita di studio alla Camera per uno scambio di esperienze in
particolare nel settore della documentazione ed ha altresì avuto degli incontri
con funzionari del Servizio Studi, del Servizio Rapporti con l’Unione Europea,
del Servizio del Bilancio, del Servizio per il Controllo parlamentare, della
Biblioteca, del Servizio Resoconti, del Servizio Amministrazione, nonché dell’Ufficio Stampa.
Sempre nel quadro del
progetto UNDESA, dal 12 al 13 giugno 2006 si è svolta alla Camera
la visita alla Camera di una delegazione di funzionari dell’Assemblea
nazionale nigeriana ed una delegazione di funzionari dell’Assemblea
nazionale sudafricana, guidate rispettivamente dal Vice Segretario
generale, Olueymi Ogunyomi e dall’on. Suzanne Christina Vos, finalizzata
all’illustrazione delle tecnologie informatiche in uso presso la Camera dei
deputati.
Si ricorda anche che, il 27 febbraio 2012, ha avuto luogo una
visita di studio di diplomatici
nigeriani che stavano frequentando, presso la sede della SIOI, un Master di
specializzazione in geopolitica e relazioni internazionali.
Anche se non rientra fra i Paesi
dell’iniziativa UNDESA, la Camera ha
stabilito un importante piano di cooperazione con il
Togo. Nel marzo
2006 il Presidente dell’Assemblea nazionale togolese, Abass Bonfoh, si è
rivolto al Presidente della Camera per concordare l’effettuazione di uno stage
formativo presso la Camera da parte
di alcuni funzionari di quel Parlamento. Già nel corso della XIV
legislatura, a seguito delle sollecitazioni provenienti dal Presidente Bonfoh,
è stata espressa dalla Presidenza della Camera la disponibilità ad accogliere
una delegazione di alti funzionari di quella Assemblea,
nel quadro del programma di assistenza ai Parlamenti delle “nuove ed emergenti
democrazie” promosso dalla Camera. Tale disponibilità è stata ribadita dall’allora Presidente della Camera Bertinotti. Il
progetto di un modulo di formazione a beneficio del personale dell’Assemblea
Nazionale togolese è stato attivamente sostenuto dalla nostra Ambasciata ad
Accra (competente per le relazioni con il Togo), che
ravvisa nell’iniziativa un canale privilegiato di collaborazione con le
Istituzioni della transizione democratica togolese nel quadro della ripresa dei progetti di cooperazione tra
Lomè e l’Unione europea. In questa prospettiva, l’allora Direzione generale
per i Paesi dell’Africa sub-sahariana (ora Direzione generale della
Mondializzazione) del Ministero degli Affari esteri ha espresso l’intendimento di co-patrocinare
l’iniziativa di formazione, concorrendo al finanziamento degli oneri. Il 25 luglio 2011 ha avuto luogo una
visita alla Camera del Presidente dell’Assemblea Nazionale del
Togo, unitamente ad una delegazione di
deputati ed alti funzionari parlamentari; dando seguito alle intese intercorse
in quell’occasione, il Segretario Generale di quell’Assemblea, nell’esprimere
il suo apprezzamento per il successo della visita, ha chiesto di organizzare una visita di studio e formazione per tre
funzionari parlamentari, che ha avuto luogo dal 7 al 10 novembre 2011. Le tematiche oggetto dell’interesse della delegazione sono
state: i diversi meccanismi di controllo parlamentare, la contabilità ed il
bilancio interno della Camera, l’attività e le competenze della Commissione
agricoltura.
Anche tra l’Amministrazione della Camera e
quella del Parlamento ghanese esiste
un consolidato canale di collaborazione
strutturatosi a partire dal progetto per
l’informatizzazione dei Parlamenti africani (2003) promosso dalla Camera e
dalle Nazioni Unite (2003) e proseguito attraverso un i-Parliaments Action
Plan volto a garantire l’interconnessione dei sistemi informatici
dei Parlamenti africani attraverso l’impiego di più evoluti sistemi di
trattamento delle informazioni. Nel quadro di tale
collaborazione, in particolare, la Camera dei deputati ha concorso, in sede
tecnica e finanziaria, all’attivazione del centro internet del Parlamento
ghanese, inaugurato nel novembre 2006. Inoltre, dal 22 al 26 settembre
2008 una delegazione di quattro alti funzionari del Parlamento del Ghana
si è recata in missione presso il Parlamento italiano: la missione è
stata finalizzata all’acquisizione di informazioni
ed allo studio delle esperienze amministrative in uso nel Parlamento italiano
e, presso la Camera, si è articolata in un'incontro, svoltosi il
24 settembre, con i responsabili dei servizi dell’area della
documentazione parlamentare.
Giova rilevare che l’Assemblea
Parlamentare congiunta ACP-UE,
con una risoluzione del 24 novembre 2005, ha espresso il suo impegno a favore
delle iniziative regionali promosse dall’ONU dirette in particolare al
rafforzamento delle capacità dei parlamenti africani nello scambio e gestione
delle informazioni: nella risoluzione si menziona espressamente il ruolo
della Camera dei deputati in tale ambito e si sottolinea
la necessità di attuare al più presto un meccanismo di dialogo sui processi di
informatizzazione dei servizi amministrativi tra i loro Parlamenti.
Nella XVII legislatura si è svolta una visita presso la Camera dei deputati,
il 13 ed il 14 ottobre 2014, di una delegazione del Parlamento del Kenya, guidata dal Senatore Sammy Leshore e
composta dalle deputate Regina Changorok Nyeris e Lonah Mumelo, che ha avuto,
il 13 ottobre, incontri a livello amministrativo ed ha
incontrato, il 14 ottobre, il Presidente del Gruppo parlamentare
Sinistra Ecologia e Libertà della Camera dei deputati già Presidente del
Comitato permanente Africa e questioni globali, on. Arturo Scotto, ed il
Presidente della sezione di amicizia Italia-Africa orientale (Eritrea, Etiopia,
Gibuti, Kenya, Seychelles, Somalia, Sudan) della UIP, on. Gianni Melilla, il
Segretario della Commissione Affari esteri e comunitari e componente del
Comitato permanente Africa e questioni globali della III Commissione, on. Lia
Quartapelle Procopio, e l'onorevole Erasmo Palazzotto della Commissione Affari
esteri e comunitari.
L’iniziativa a favore del Parlamento
transitorio somalo
Un particolare rilievo ha assunto
l’iniziativa di cooperazione tra la Camera dei deputati ed
il Parlamento
federale transitorio della Repubblica somala, gravato da pesanti
esigenze di tipo logistico ed amministrativo.
Nell’ottobre 2004, inoltre, ha avuto luogo
una prima missione di un funzionario
della Camera volta ad acquisire informazioni sull’esistenza dei presupposti per
un eventuale specifico programma di
assistenza tecnica. Nel dicembre 2004 il Presidente della Camera ed il Collegio dei Questori hanno approvato un progetto mirato
di assistenza al Parlamento transitorio somalo che prevede, tra l’altro, la
realizzazione, presso la Camera di stages di formazione e di orientamento
per i parlamentari, la prestazione di consulenza tecnica per la redazione del Regolamento dell’Assemblea
e per la creazione di un sito Internet.
In tale quadro si è svolto, dal 14 al 18 febbraio 2005, un seminario parlamentare italo-somalo cui
ha partecipato una delegazione di 21 parlamentari
somali, guidati dal Presidente dell’Assemblea, on. Sharif Hassan Sheikh Aden.
Il seminario si è incentrato sui principali profili del sistema parlamentare
italiano, in vista dell’adozione di un
testo regolamentare definitivo da parte del Parlamento somalo.
Successivamente, tuttavia, l’aggravarsi della situazione politica
interna somala ha determinato un’interruzione delle iniziative di cooperazione.
Nel 2008 da parte somala è stata
avanzata una richiesta di riattivazione
della collaborazione parlamentare; infatti, l’allora Presidente del
Parlamento Federale Transitorio Somalo, Adan Mohamed Nur, aveva indirizzato al
Presidente della Camera Fini due lettere (28 maggio 2008 e 7 giugno 2008) in
tal senso, rispetto alle quali la Presidenza della Camera aveva risposto
favorevolmente. Il 14 dicembre 2011, lo Speaker del Parlamento Federale
Transitorio somalo, Sharif Hassan, nel suo incontro con il Presidente Fini, ha
nuovamente auspicato il supporto del Parlamento italiano per sostenere la capacity building dell’Assemblea somala,
chiedendo un sostegno finanziario e tecnico nonché la
disponibilità ad organizzare visite di parlamentari somali presso il Parlamento
italiano, e a svolgere seminari e convegni per i parlamentari somali. Il Presidente Fini, pur non potendo
offrire alcun sostegno finanziario, come avvenuto in passato, ha dichiarato la piena disponibilità della
Camera dei deputati a promuovere stage, visite ed
incontri tra Commissioni, nei limiti delle risorse stanziate per la
cooperazione parlamentare ed amministrativa. Tale disponibilità è stata ribadita dal Presidente Fini al nuovo Presidente del
Parlamento Federale somalo, Mohammad Osman Jawari, con lettera del 28 settembre
2012.
L'Italia secondo
gli indici internazionali
L'Istituto europeo
per l'uguaglianza di genere (EIGE), agenzia autonoma dell'Unione europea, il 13
giugno 2013 ha pubblicato il primo Indice EIGE
sull'uguaglianza di genere, frutto di tre anni di lavoro. Per la prima
volta è stato elaborato un indicatore sintetico ma esaustivo delle disparità di
genere nell'Unione europea e nei singoli Stati membri.
L'indice, che prende
in considerazione 6 diversi settori (Lavoro, Denaro,
Conoscenza, Tempo, Potere e Salute), ha un valore tra 1 e 100, dove 1 indica
un'assoluta disparità di genere e 100 segna il raggiungimento della piena
uguaglianza di genere.
Nonostante più di 50 anni di politiche per l'uguaglianza di genere a livello
europeo, il rapporto mostra come le disparità di genere risultino ancora
prevalenti nell'Unione europea. Con un indice medio di 54.0, l'Unione
europea è ancora a metà nel cammino per raggiungere l'uguaglianza.
Un dato significativo è la fortissima differenza tra gli indici dei
singoli Stati membri, che vanno da un minimo di 35.3 (Romania) ad un massimo di
74.3 (Svezia), che attesta come gli Stati prestino una diversa attenzione al
raggiungimento degli obiettivi della parità.
Particolarmente negativa
è la posizione dell'Italia, che con un indice di 40.9 si attesta al 23°
posto su 27 Stati membri, a parità con la
Slovacchia e sopra solo alla Grecia, Bulgaria e Romania. In cima alla
graduatoria spiccano i Paesi scandinavi, con valori superiori a 70, mentre il Regno Unito ha un indice di 60.4, la Francia
di 57.1, la Spagna di 54.0 e la Germania di 51.6.
Analizzando la
relazione tra l'indice dell'uguaglianza di genere e la ricchezza dei paesi,
misurata attraverso il PIL per abitante (PPS), si nota altresì come l'Italia
sia il più ricco tra i 13 paesi che hanno un indice
inferiore a 45 (Repubblica Ceca, Lettonia, Polonia, Lituania, Cipro, Malta,
Ungheria, Portogallo, Slovacchia, Italia, Grecia, Bulgaria e Romania).
Passando alla sfera
specifica del Potere, inteso come potere
decisionale sia politico che economico, si segnala che in questo settore
l'indice dell'uguaglianza di genere evidenzia il valore più basso, con un
valore medio europeo di 38.0.
Anche in tal caso la
performance dell'Italia è piuttosto negativa, con un indice di 18.6, che
la colloca al terzultimo posto tra i Paesi UE, sopra solo a Lussemburgo e
Cipro.
A livello mondiale,
secondo l'analisi annuale del World economic forum sul Global
Gender Gap, nella graduatoria diffusa nel 2014, l'Italia si colloca al 69°
posto su 142 Paesi (era al 71° nel 2013, all'80° nel 2012, al 74° nel 2011
e nel 2010, al 72° nel 2009, al 67° posto nel 2008, all'84° nel 2007 e al 77°
nel 2006). L'aumento registrato dall'Italia nella graduatoria globale è
determinato principalmente dal significativo aumento
del numero delle donne in Parlamento (dal 22% nel 2012 al 31% nel 2013).
Nella graduatoria
generale svettano i Paesi del Nord Europa; per quanto
attiene agli altri Paesi europei, il Belgio si colloca al 10° posto, la
Germania al 12°, la Francia al 16° ed il Regno Unito al 26° posto.
L'indice tiene conto delle disparità di genere esistenti nel campo della politica, dell'economia, dell'istruzione e della
salute.
Per ciò che attiene
in particolare al settore della politica, il nostro Paese si colloca al 37°
posto della graduatoria, risalendo dopo il brusco calo degli anni
precedenti, che poteva probabilmente essere ascritto alla sostanziale staticità
dell'Italia in questo campo, a fronte dei progressi registrati in altri paesi
(l'Italia era al 44° posto, al 71° nel 2012, al 55° nel 2011, al 54° nel 2012 e
al 45° nel 2009).
Il World economic forum redige periodicamente
anche un rapporto sulla competitività dei paesi a livello globale ed è
interessante notare come emerga una correlazione tra il gender gap
di un paese e la sua competitività nazionale. Dal
momento che le donne rappresentano la metà del talento potenziale di un
paese, la competitività nel lungo periodo dipende significativamente dalla
maniera in cui ciascun paese educa ed utilizza le sue donne.
Le
donne nelle istituzioni
I dati relativi alla presenza femminile negli organi
costituzionali italiani hanno sempre mostrato una presenza contenuta nei
numeri e molto limitata quanto alle posizioni di vertice.
In tale contesto, i risultati delle Parlamento del 24-25 febbraio
2013 presentano un segnale di inversione di tendenza: infatti, la media
complessiva della presenza femminile nel Parlamento italiano, storicamente
molto al di sotto della soglia del 30%, considerato valore minimo affinché la
rappresentanza di genere sia efficace, è salita dal 19,5 della XVI legislatura
al 30,1 per cento dei parlamentari eletti nella XVII legislatura (la media UE è
il 27%).
Di seguito, due
grafici mostrano l'andamento storico della presenza delle donne in entrambi i
rami del Parlamento.
Le prime donne
elette alla Consulta nazionale sono state 14;
della Consulta faceva parte un numero variabile di membri (circa 400) alcuni di
diritto, altri di nomina governativa, su designazione partitica e di altre
organizzazioni. Le donne elette all'Assemblea Costituente, composta da 556 membri, sono state 21 (3,8%).
Nella XII legislatura
(la prima con il sistema elettorale maggioritario e con il sistema delle quote
dichiarato poi illegittimo dalla Corte costituzionale) le donne elette alla
Camera dei deputati sono state 95, di cui 43 elette
con la quota maggioritaria e 52 con quella proporzionale, mentre nella XIII
legislatura (senza l'applicazione del sistema delle quote) le donne elette
alla Camera dei deputati sono scesa a 70 (rispettivamente 42 e 28). Al Senato
sono state elette nella XIII legislatura 26 donne.
Nella XIV legislatura le donne elette alla Camera sono state 73. Al Senato le donne elette sono state 25.
Le donne elette alla Camera nella XV legislatura sono state 108 (17,1
per cento) e le donne senatrici 44 (13,6 per cento). Nella XVI legislatura
sono state elette alla Camera dei deputati 133 donne, al Senato 58. Nella XVII legislatura sono state elette alla
Camera dei deputati 198 donne (31,4 per cento), al Senato 92
donne (28,8 per cento).
Tra i senatori a
vita, solo due volte, nel 2001 e più di recente nel 2013, è stata nominata una donna: la prof.ssa Rita Levi Montalcini
e la prof.ssa Elena Cattaneo.
Quanto alle
Presidenza della Repubblica, del Senato e del Consiglioposizioni di vertice,
nessuna donna in Italia ha mai rivestito la carica di Capo dello Stato, di
Presidente del Consiglio o di Presidente del Senato.
Attualmente, nell'Unione europea, la carica di Primo ministro o
Presidente del Consiglio è ricoperta da donne in 5 Stati (Germania, Danimarca,
Slovenia, Lettonia, Norvegia), mentre vi è solo una donna Capo dello Stato, in
Lituania (non sono presi in considerazione gli ordinamenti monarchici).
La carica di Presidente
della Camera è stata declinata al femminile nelle legislature VIII, IX e X, con
l'elezione di Nilde Iotti, nella XII
legislatura con l'elezione di Irene
Pivetti e nell'attuale legislatura con l'elezione di Laura Boldrini.
Nonostante il significativo aumento della presenza femminile nei due rami
del Parlamento, nella corrente legislatura alla Camera è presieduta da una
donna solo una Commissione permanente su 14 (Commissione giustizia, presieduta
da Donatella Ferranti); al Senato sono presiedute da una donna 2 Commissioni
permanenti su 14 (Commissione Affari costituzionali, presieduta da Anna
Finocchiaro, e Commissione Igiene e sanità, presieduta da Emilia Grazia De
Biasi).
Nella formazione
dell'attuale Governo per la prima volta si è registrata una
composizione paritaria: le donne
ministro erano 8 su 16 ministri. Successivamente, a seguito delle dimissioni del Ministro
degli esteri e del Ministro per gli affari regionali, il numero delle donne
ministro è sceso a 6 (Roberta Pinotti, Ministro della difesa; Federica Guidi,
Ministro dello sviluppo economico; Stefania Giannini, Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca; Beatrice Lorenzin, Ministro della salute;
Maria Elena Boschi, Ministro per le riforme costituzionali e rapporti con il
Parlamento; Maria Anna Madia, Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione) su 15 ministri (circa il 40%).
Meno incisiva risulta la presenza femminile nelle posizioni di
sottosegretario: le donne sottosegretario sono 10 su 44 (22,7%): Maria
Teresa Amici (Rapporti con il Parlamento); Paola De Micheli (Economia e
finanze); Simona Vicari (Sviluppo economico); Silvia Velo e Barbara Degani
(Ambiente); Franca Biondelli e Teresa Bellanova (Lavoro e politiche sociali);
Angela D'Onghia (Istruzione, università e ricerca); Francesca Barracciu e
Ilaria Borletti Buitoni (Beni, attività culturali e turismo).
In ambito UE-28, la
media della donne al Governo è del 27%, con risultati
molto diversi tra gli Stati. In Finlandia, la donne
presenti nella compagine governativa sono il 54%, mentre si registra la parità
in Svezia (50%). Seguono la Francia (48%) e la Germania (43%).
Per quanto riguarda
la composizione della Corte costituzionale dei quindi giudici
costituzionali tre sono donne: Marta
Cartabia, professore ordinario, nominata nel 2011; Silvana Sciarra e Daria De
Petris, entrambe professore ordinario, nominate nel
2014.
Nella storia della
Consulta ci sono state altre due giudici donne: Fernanda Contri, avvocato, giudice della Corte dal 1996 al 2005, e Maria Rita Saulle,
professore ordinario, giudice dal 2005 al 2011.
Per quanto riguarda
la presenza femminile nel Parlamento europeo Parlamento europeo,
(PE) nelle prime cinque legislature le donne italiane elette risultavano
sempre in percentuali inferiori al 15%. Come si rileva dal grafico, con
l'introduzione delle quote di lista nel sistema elettorale nelle elezioni del
2004, il numero delle donne italiane elette al Parlamento europeo è aumentato
della metà, passando da 10 donne nella V legislatura
(1999-2004) a 15 nella VI (2004-2009).
Si consideri,
inoltre, che il numero dei seggi spettanti all'Italia è
diminuito, passando da 87 nella V legislatura a 78, in conseguenza
dell'ingresso di 10 nuovi Paesi. In termini percentuali, la componente
femminile è passata, dunque, nella VI legislatura dall'11,5 per cento al 19,2
per cento ed è salita ulteriormente nella VII legislatura (2009-2014), dove le
donne elette al Parlamento europeo sono risultate 16 su 72 seggi spettanti
all'Italia (pari al 22,2%).
Nelle ultime
elezioni del 2014, al posto del sistema delle quote, è stata introdotta e
applicata la c.d. 'tripla preferenza di genere, in
base alla quale, nel caso in cui l'elettore decida di esprimere tre preferenze,
queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della
terza preferenza. All'esito della consultazione elettorale, il numero delle
donne italiane elette al PE risulta quasi raddoppiato,
passando a 29 su 73 seggi spettanti all'Italia, pari al 39,7% (per la prima
volta, sopra la media delle donne al Parlamento europeo, pari al 37%).
Per quanto riguarda
gli organi delle Enti territoriali, la presenza femminile nelle assemblee
regionali italiane si attesta in media intorno al 15,8% e risulta
dunque molto distante dalla media registrata a livello UE-28, pari al 32%. Più
alto il dato nelle giunte regionali, dove le donne sono il 22% (la media UE
negli esecutivi regionali è il 34%). Solo due donne (su 20
regioni) rivestono la carica di Presidente della regione (in Umbria e Friuli
Venezia Giulia).
Di seguito, la
tabella riporta, nel dettaglio, la consistenza numerica e percentuale delle
donne nei consigli delle regioni e delle province autonome, al 28 luglio 2014
(i dati sono stati forniti dalla Segreteria della Conferenza dei Presidenti
delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome), ad
eccezione dei dati relativi alle regioni Emilia
Romagna e Calabria, aggiornati alle elezioni che si sono svolte nel mese di
novembre 2014.
Nell'ambito delle
assemblee degli Enti locali, il dato della presenza femminile in Italia è pari
al 27,9% nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, al 21% nei
comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti (fonte: Anagrafe degli amministratori locali - Ministro dell'interno, dati
aggiornati al 7 gennaio 2015). In ogni caso, la percentuale risulta
inferiore al dato medio di presenza femminile nelle stesse assemblee rilevato
in ambito UE-28, pari al 32%.
Più visibile la
presenza delle donne nelle giunte degli enti locali, in
quanto la percentuale di donne che riveste la carica di assessore è
pari al 32% nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, al 33,6%
nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. Le donne sindaco
sono, in tutti i comuni di Italia, 1.050 su 7.823, pari al 13,4%.
Tra il 28 settembre
e il 12 ottobre 2014 si sono svolte le prime elezioni con il sistema di secondo
livello per i Consigli metropolitani di 8 Città
metropolitane e per i Presidenti di Provincia e i Consigli provinciali di 64
province, in attuazione della riforma prevista dalla legge n. 56/2014 (c.d.
legge Delrio). Per quanto concerne le città metropolitane sono stati eletti 162 consiglieri metropolitani, di cui 31 donne,
pari al 19,1% del totale. In relazione alle province,
tra i nuovi 64 presidenti di provincia, ci sono solo 7 donne, pari a circa l'11
per cento del totale.
Minore rilievo ha la
presenza delle donne a capo dei Partiti politicipartiti politici: in Italia
nessuno dei principali partiti politici è guidato da una donna e anche in
Europa si registra un modesto 13%.
Nelle Autorità
amministrative indipendenti, infine, su un totale di 42
componenti attualmente in carica, 12 sono donne (28,6%). Nessuna delle nove
Autorità considerate è attualmente presieduta da una
donna. Non sono presenti donne nell'Autorità per le garanzie delle
comunicazioni (5 componenti). Solo nell'Autorità
garante per la privacy, si registra una maggioranza di donne (3 su 4).
Tutti i dati relativi ai
Paesi europei e alle medie UE, nonchè quelli sui partiti politici sono tratti
dal Database della Commissione europea: Women and men in decision making.
I
princìpi costituzionali
Norma fondamentale
in tema di partecipazione alla vita politica è l'articolo 51,
primo comma, della Costituzione, a mente del quale tutti i cittadini dell'uno o
dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive
in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
A seguito di una
modifica del 2003 (L. Cost. n. 1/2003), dovuta anche ad un orientamento espresso dalla
Corte costituzionale in una sentenza del 1995 (v. infra) è stato aggiunto un
periodo secondo cui la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le
pari opportunità tra donne e uomini.
Si è in tal modo
segnato un passaggio dalla dimensione statica della parità di trattamento
uomo-donna alla prospettiva dinamica delle pari opportunità, nell'ottica
del raggiungimento di un'uguaglianza sostanziale, come già riconosciuta
dall'art. 3, e secondo lo spirito della CEDAW e della Convenzione ONU per la eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le
donne (CEDAW) del 1979 e della Dichiarazione di Pechino del 1995,
che mirano al raggiungimento di una parità de facto.
A livello
sovranazionale, la Carta di Nizza Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - che dopo il trattato di Lisbona ha
assunto valore vincolante per il nostro ordinamento - prevede che la parità tra
uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi e che il principio
della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che
prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato (art. 23
inserito nel Capo III relativo all'uguaglianza.
L'articolo 117,
settimo comma, Cost. (introdotto dalla L. Cost. n. 3/2001) prevede
inoltre che "Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la
piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed
economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche
elettive." Analogo principio è stato introdotto negli statuti delle
regioni ad autonomia differenziata dalla legge
costituzionale n. 2 del 2001.
Da segnalare altresì
che la Proposta di riforma costituzionale, approvata dal Senato e attualmente all'esame della Camera (A.C. 2613),
introduce un nuovo secondo comma all'art. 55 Cost., in base al
quale "le leggi che stabiliscono le modalità di
elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella
rappresentanza".
Tale disposizione
specifica dunque, rafforzandolo, quanto già sancito dall'art. 51 Cost. e
richiamato, con riferimento all'ordinamento regionale, dall'art 117. Cost.
Viene infatti indicato come obiettivo dell'attività
promozionale direttamente l'equilibrio tra donne e uomini.
Giurisprudenza
costituzionale
Secondo un primo orientamento della Corte
costituzionale risalente alla metà degli anni Novanta, espresso nella
sentenza n. 422 del 1995, la previsione di quote di genere in campo elettorale
si pone in contrasto con il principio di uguaglianza, sancito dagli articoli 3 e 51 della Costituzione. Con tale sentenza, la Corte
dichiara l’illegittimità costituzionale delle disposizioni normative che
avevano introdotto le quote per le elezioni nazionali, regionali e locali,
sulla base dell’assunto che, in campo elettorale, il principio di uguaglianza
deve essere inteso in senso rigorosamente formale. In base a
tale interpretazione i diritti di elettorato passivo sono rigorosamente
garantiti in egual misura a tutti i cittadini in quanto tali ed è esclusa
qualsiasi differenziazione in base al sesso, sia che essa riguardi
l’eleggibilità (quote di risultato, quali erano previste dalla legge elettorale
nazionale) sia che riguardi la candidabilità (quote di lista, quali quelle
previste dalla legge sulle elezioni amministrative).
Successivamente, il quadro costituzionale è mutato, anche in
conseguenza della posizione espressa dalla Corte.
Come già visto, le
riforme costituzionali del 2001 hanno riaffermato il principio della parità di
accesso alle cariche elettive in ambito regionale e la legge costituzionale n.
1 del 2003 ha riconosciuto espressamente la promozione, con appositi
provvedimenti, delle pari opportunità tra uomini e donne nella vita pubblica.
Nella sentenza n.
49 del 2003, dopo le riforme costituzionali del 2001 relative
agli ordinamenti regionali ma prime della modifica dell’articolo 51, la
Corte costituzionale dichiara infondata una questione di legittimità
costituzionale relativa ad una disposizione della legge elettorale della Valle
d’Aosta che impone l’obbligo di inserire nelle liste elettorali candidati di
entrambi i sessi. Viene dunque superata la sentenza del 1995, che aveva
affermato che il sesso non poteva essere rilevante ai fini della candidabilità.
Nell’ordinanza n. 39
del 2005, la Corte costituzionale affronta una questione sollevata dal
Consiglio di Stato riguardante l’obbligo legislativamente previsto di inserire
almeno un terzo di donne nelle Commissioni di concorso, quindi una vera quota
di risultato sia pure prevista per un organo amministrativo. Il Consiglio di
Stato richiama proprio la sentenza del 1995 a sostegno delle proprie
argomentazioni nel senso dell’incostituzionalità della
disposizione che prevedeva l’obbligo della presenza femminile. La Corte
costituzionale ritiene peraltro che il richiamo alla sentenza del 1995 non è sufficiente alla luce della modifica dell’articolo 51
intervenuta nel 2003 e dichiara pertanto la questione manifestamente
inammissibile per carenza di motivazione.
La pronuncia più
rilevante sul tema è la sentenza n. 4 del 2010, con cui la Corte,
richiamando il principio di uguaglianza inteso in senso sostanziale, ha
dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo relativa all’introduzione della ‘doppia
preferenza di genere’ da parte della legge elettorale della Campania, in
considerazione del carattere promozionale e della finalità di riequilibrio di
genere della misura.
Secondo la Corte «il quadro normativo, costituzionale e
statutario, è complessivamente ispirato al principio fondamentale
dell’effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica,
nazionale e regionale, nello spirito dell’art. 3, secondo comma, Cost., che
impone alla Repubblica la rimozione di tutti gli ostacoli che
di fatto impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini
all’organizzazione politica del Paese. Preso atto della storica
sotto-rappresentanza delle donne nelle assemblee elettive, non dovuta a
preclusioni formali incidenti sui requisiti di eleggibilità, ma a fattori
culturali, economici e sociali, i legislatori
costituzionale e statutario indicano la via delle misure specifiche
volte a dare effettività ad un principio di eguaglianza astrattamente
sancito, ma non compiutamente realizzato nella prassi politica ed
elettorale».
Nell’ordinamento italiano si rinvengono diverse norme,
sia nazionali che regionali, finalizzate alla
promozione della partecipazione delle donne alla politica e dell’accesso alle
cariche elettive, emanate in attuazione dei già richiamati articoli 51, primo
comma, e 117, settimo comma, Cost.
Il decreto-legge
sull'abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti (D.L. 28 dicembre 2013, n. 149, conv.
dalla L. n. 13/2014) disciplina i
requisiti di trasparenza e democraticità richiesti ai partiti per accedere alle
nuove forme di contribuzione previste (‘due per mille' sulla base delle scelte
espresse dai cittadini e agevolazioni fiscali sulle liberalità), istituendo a
tal fine un apposito registro.
Ai fini
dell'iscrizione del registro, la legge prescrive una serie di requisiti per lo statuto
dei partiti, tra i quali rientra l'indicazione
delle "modalità per promuovere, attraverso azioni positive, l'obiettivo
della parità tra i sessi negli organismi collegiali e per le cariche elettive,
in attuazione dell'art. 51 Cost." (art.
3, comma 2, lett. f).
L'articolo 9 del D.L. n. 149/2013 del medesimo decreto disciplina
espressamente la parità di accesso alle cariche elettive, sancendo
innanzitutto il principio che i partiti politici promuovono tale parità.
In attuazione di
tale principio, sono riprese e rafforzate due disposizioni contenute nella
precedente legislazione sul finanziamento pubblico ai partiti (L. n. 157/1999, art. 3; L. n.
96/2012, art. 1, comma 7, e art. 9, comma 13).
In primo luogo, per
riequilibrare l'accesso alle Candidature politiche europee nelle elezioni, è
prevista la riduzione delle risorse spettanti a titolo di ‘due per mille' nel
caso in cui, nel numero complessivo dei candidati presentati da un
partito per ciascuna elezione della Camera, del Senato
e del Parlamento europeo, uno dei due sessi sia rappresentato in misura inferiore
al 40 per cento.
In particolare, la
misura della riduzione è pari allo 0,5% per ogni punto percentuale al di sotto del 40 per cento, fino al limite massimo
complessivo del 10% (art. 9, comma 2, D.L. n.
149/2013).
In secondo luogo la
partecipazione attiva delle donne alla politica, ai partiti politici che non
abbiano destinato una quota pari ad almeno il 10
per cento delle somme ad essi spettanti a titolo di ‘due per mille' ad iniziative
volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica, la
Commissione di garanzia sui partiti politici applica una sanzione
amministrativa pecuniaria pari a un quinto delle somme ad essi spettanti a
titolo di ‘due per mille'. (art. 9, comma 3).
E' infine previsto
un meccanismo premiale per i partiti che eleggono candidati di entrambi
i sessi. Le risorse derivanti dall'applicazione delle due disposizioni
esaminate confluiscono infatti in un apposito fondo,
annualmente ripartito tra i partiti iscritti nell'apposito registro, per i
quali la percentuale di eletti – e non di semplici candidati - del sesso meno
rappresentato sia pari o superiore al 40 per cento (art. 9, commi 4 e 5).
A livello di legge
elettorale nazionale, non si rinvengono ulteriori specifiche disposizioni,
ad eccezione di una norma di principio, contenuta della legge elettorale del
Senato, secondo cui il sistema elettorale deve favorire "l'equilibrio
della rappresentanza tra donne e uomini" (D.Lgs.
n. 533/1993, art. 2 ).
Il progetto di
legge di riforma elettorale, approvato dal Senato e ora di nuovo all'esame
della Camera (A.C. 3 e
abb. bis-B), detta alcune norme in favore della
rappresentanza di genere per le elezioni della Camera (non viene modificato il
sistema elettorale del Senato, in attesa della riforma costituzionale che
dovrebbe superare la natura elettiva di questo organo).
Il nuovo sistema
elettorale prevede un premio di maggioranza assegnato al partito che supera la
soglia di sbarramento del 40 per cento o, in mancanza, a seguito di un
ballottaggio tra i due partiti più votati. Il territorio nazionale è diviso in
circoscrizioni, corrispondenti alle regioni, in cui i seggi sono attribuiti in
collegi plurinominali di piccole dimensioni (da tre a nove seggi), sulla base di liste, composte da un candidato capolista (che
è "bloccato") e da un elenco di candidati per i quali si possono esprimere
una o due preferenze.
Esso introduce, a
pena di inammissibilità, un obbligo di rappresentanza
paritaria dei due sessi nel complesso delle candidature circoscrizionali di
ciascuna lista (quindi, a livello regionale) e prevede che, nella successione
interna delle singole liste nei collegi, i candidati sono collocati secondo un
ordine alternato di genere (quindi 1-1). Inoltre è stabilito, a pena di inammissibilità della lista, che nel numero complessivo
dei capolista nei collegi di ogni circoscrizione non può esservi più del 60 per
cento di candidati dello stesso sesso. Infine, è introdotta la c.d. doppia
preferenza di genere, ossia, in caso di espressione della seconda preferenza,
l'elettore deve scegliere un candidato di sesso diverso rispetto al primo, a
pena di nullità della seconda preferenza.
Per le Elezioni del Parlamento europeo, la legge 22 aprile 2014, n. 65, ha introdotto nella legge elettorale europea
disposizioni volte a rafforzare la rappresentanza di genere.
In considerazione
del ravvicinato svolgimento delle elezioni europee (già indette per il 25
maggio), la legge reca una disciplina transitoria destinata ad applicarsi solo
nelle elezioni del 2014 ed una più incisiva disciplina
a regime che troverà applicazione dalle successive elezioni del 2019.
In particolare la
proposta di legge introduce, limitatamente alle elezioni europee del 2014,
la cd. ‘tripla preferenza di genere',
prevedendo che, nel caso in cui l'elettore decida di esprimere tre preferenze,
queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della
terza preferenza.
Per quanto riguarda la
disciplina a regime, destinata ad applicarsi dal 2019, viene prevista:
·
la composizione paritaria delle liste dei
candidati, disponendosi che, all'atto della presentazione della lista, i
candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, a pena di
inammissibilità; inoltre, i primi due candidati devono essere di sesso diverso;
·
la ‘tripla preferenza di genere', con una
disciplina più incisiva rispetto a quella prevista in via transitoria per il
2014: le preferenze devono infatti riguardare candidati di sesso diverso non
solo nel caso di tre preferenze, ma anche nel caso di due preferenze. In caso
di espressione di due preferenze per candidati dello stesso sesso, la seconda
preferenza viene annullata; in caso di espressione di
tre preferenze, sono annullate sia la seconda che la terza preferenza.
Sono poi disciplinate
le verifiche dell'ufficio elettorale al fine di garantire il rispetto
delle disposizioni sull'equilibrio di genere nelle liste, assicurando al tempo
stesso, ove possibile, la conservazione della lista.
Nel caso in cui risulti violata la disposizione sulla presenza paritaria di
candidati nelle liste, l'ufficio elettorale procede dunque alla cancellazione
dei candidati del sesso sovrarappresentato, partendo dall'ultimo, fino ad
assicurare l'equilibrio richiesto. Se, all'esito della cancellazione, nella lista
rimane un numero di candidati inferiore al minimo prescritto dalla legge, la
lista è ricusata e non può conseguentemente partecipare alle elezioni.
Nel caso in cui risulti violata la disposizione sull'alternanza di genere
tra i primi due candidati, l'ufficio elettorale modifica la lista, collocando
dopo il primo candidato quello successivo di genere diverso.
Dalla modifica
costituzionale dell'articolo 51 discendono anche le
norme inserite nella legge finanziaria 2008, che, disponendo in tema di
organizzazione del Governo, stabiliscono che la sua composizione
deve essere coerente con il principio costituzionale delle pari opportunità
nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive (art. 1, commi
376-377, L. 244/2007).
La legge n. 215/2012, modificando la legge sulla par condicio, ha
infine introdotto una disposizione di principio, secondo cui i mezzi di
informazione, nell'ambito delle trasmissioni per la comunicazione politica,
sono tenuti al rispetto dei principi di pari opportunità tra donne e uomini
sanciti dalla Costituzione.
Di grande rilevanza
è stata l'approvazione, sul finire della XVI legislatura, della legge 23
novembre 2012, n. 215, recante disposizioni per
promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle
giunte degli enti locali e nei consigli regionali.
Per l'elezione dei consigli
comunali, nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti la
legge, riprendendo un modello già sperimentato dalla legge elettorale della
Regione Campania, contempla una duplice misura volta ad assicurare il
riequilibrio di genere:
·
la previsione della cd. quota di lista: nelle
liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura
superiore a due terzi. E' previsto l'arrotondamento all'unità superiore per il
genere meno rappresentato, anche in caso di cifra decimale inferiore a 0,5.
·
l'introduzione della cd. doppia preferenza di genere,
che consente all'elettore di esprimere due preferenze (anziché una, come
previsto dalla normativa previgente) purché riguardanti candidati di sesso
diverso, pena l'annullamento della seconda preferenza. Resta comunque ferma la
possibilità di esprimere una singola preferenza.
In caso di
violazione delle disposizioni sulla quota di lista, è peraltro previsto
un meccanismo sanzionatorio differenziato, a seconda
che la popolazione superi o meno i 15.000 abitanti, che di fatto rende la quota
effettivamente vincolante solo nei comuni con popolazione superiore a 15.000
abitanti.
In particolare, nei
comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la Commissione
elettorale, in caso di mancato rispetto della quota, riduce la lista,
cancellando i candidati del genere più rappresentato, partendo dall'ultimo,
fino ad assicurare il rispetto della quota; la lista che, dopo le
cancellazioni, contiene un numero di candidati inferiore al minimo prescritto
dalla legge è ricusata e, dunque, decade.
Nei comuni con
popolazione compresa fra 5.000 e 15.000 abitanti, la Commissione
elettorale, in caso di mancato rispetto della quota, procede anche in tal caso
alla cancellazione dei candidati del genere sovrarappresentato partendo
dall'ultimo; la riduzione della lista non può però determinare un numero di
candidati inferiore al minimo prescritto dalla legge. Ne deriva che
l'impossibilità di rispettare la quota non comporta la decadenza della
lista.
Per i comuni con
popolazione inferiore a 15.000 abitanti è comunque previsto che nelle liste dei
candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. Tale
disposizione ha particolare rilievo per i comuni con popolazione inferiore a
5.000 abitanti, nei quali non si applica la quota di lista.
La disposizione
sulla presenza di entrambi i sessi nelle liste risulta
peraltro priva di sanzione.
Le disposizioni per
l'elezione dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti
volte a garantire la parità di accesso di donne e uomini alle cariche elettive
si applicano anche alle elezioni dei consigli circoscrizionali, secondo
le disposizioni dei relativi statuti comunali.
Il sistema delle
misure è stato applicato per la prima volta nelle elezioni comunali del maggio
2013.
Uno studio sui risultati elettorali nei
16 comuni capoluogo che hanno votato evidenzia effetti molto positivi: in
termini assoluti il numero di donne elette raddoppia, mentre in termini
percentuali la presenza femminile è due volte e mezzo quella della precedente
tornata nel complesso (dall'11,2 al 27,9%), e nel caso dei capoluoghi
meridionali addirittura quadrupla (dal 7,3 al 28%).
Si segnala inoltre
il dato di Roma capitale: nell'Assemblea capitolina, la presenza femminile è
aumentata dal 7 per cento (con 4 consigliere su 60
componenti del consiglio) al 31 per cento (con 15 consigliere su 48
componenti).
Per gli esecutivi comunali,
la legge n. 215/2012 prevede inoltre che il sindaco nomina la giunta nel
rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la
presenza di entrambi i sessi. Uguale disposizione è inserita nell'ordinamento
di Roma capitale, per quanto riguarda la nomina della Giunta capitolina.
La legge
recentemente approvata su Città metropolitane, province, unioni e fusioni di
comuni è intervenuta su questo punto introducendo una
disposizione più incisiva: nelle giunte comunali, nessuno dei due
sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento,
con arrotondamento aritmetico; sono esclusi dall'ambito di applicazione
della norma i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
La
Organi collegialilegge n. 215/2012 ha inoltre modificato la norma che
disciplina il contenuto degli statuti comunali e provinciali con
riferimento alle pari opportunità.
In particolare, è
previsto che gli statuti stabiliscono norme per "garantire", e
non più semplicemente "promuovere", la presenza di entrambi i
sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e
della provincia, nonché degli enti, aziende ed
istituzioni da essi dipendenti.
Gli enti locali sono tenuti ad adeguare i propri
statuti e regolamenti alle nuove disposizioni entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della legge (ossia entro il 26 giugno 2013).
A livello di città metropolitane e province
La legge 7 aprile 2014, n. 56, sull'istituzione dei Consigli metropolitani e
provinciali ed il riordino delle province ha eliminato l'elezione
diretta dei consigli provinciali.
I consigli
metropolitani (organi delle nuove città metropolitane) ed
i consigli provinciali divengono organi elettivi di secondo grado;
l'elettorato attivo e passivo spetta ai sindaci ed ai consiglieri comunali dei
rispetti territori.
L'elezione di questi
due organi avviene con modalità parzialmente
differenti, che comunque prevedono l'espressione di un voto di preferenza e la
ponderazione del voto (in base ad un indice rapportato alla popolazione
complessiva della fascia demografica di appartenenza del comune).
Ai fini di
promuovere la rappresentanza di genere, nelle liste nessuno dei due sessi
può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con
arrotondamento all'unità superiore per i candidati del sesso meno
rappresentato, a pena di inammissibilità. Tale
disposizione troverà peraltro applicazione decorsi 5
anni dall'entrata in vigore della legge n. 215/2012, sulle rappresentanze di
genere negli organi elettivi degli enti locali e quindi, di fatto, dalle
elezioni del 2018 (art. 1, commi 27-28 e commi 71-72).
Non è prevista la
possibilità della doppia preferenza di genere, in quanto
ritenuta incompatibile con il sistema del voto ponderato.
Non è inoltre più
prevista la giunta, ma un altro organo assembleare
(consiglio metropolitano nelle città metropolitane e assemblea dei sindaci
nelle province), composto da tutti i sindaci del territorio.
Agli statuti di città metropolitane e province sono
inoltre applicabili le già esaminate disposizioni volte a garantire le pari
opportunità negli organi collegiali non elettivi.
Nelle prime elezioni svolte con il nuovo sistema elettorale (2014), il numero
delle donne elette nei consigli delle città metropolitane è risultato
pari al 19,1% del totale.
Dopo la modifica
degli articoli 122 e 123 della Costituzione, che ha dato avvio al processo di
elaborazione di nuovi statuti regionali e di leggi per l'elezione dei consigli
nelle regioni a statuto ordinario, tutte le regioni
che hanno adottato norme in materia elettorale hanno introdotto disposizioni
specifiche per favorire la parità di accesso alle cariche elettive, in
attuazione dell'art. 117, settimo comma, Cost.
Le misure sono
diverse e sono per lo più incentrate sulle cosiddette ‘quote di lista', ossia
sull'obbligo di inserire nelle liste di candidati una quota minima di candidati del genere meno rappresentato, variabile tra un terzo
e la metà. Le quote di lista sono applicate in sistemi elettorali
proporzionali, con premio di maggioranza e con voto di preferenza. Una sola
regione, la Campania, ha messo a punto uno strumento
ulteriore, la cosiddetta ‘doppia preferenza di genere', misura successivamente
ripresa dalla legge elettorale per i comuni.
Nel dettaglio, le
regioni Lazio (L.R. 2/2005, art. 3), Puglia
(L.R. 2/2005, art. 3, co. 3), Toscana (L.R. 25/2004, art. 8, co. 4), Marche (L.r. 27/2004, art. 9, comma 6), Campania (L.R. 4/2009,
art. 10) e la regione Umbria (L.R. 2/2010, art.
3 comma 3) pongono il limite di due terzi alla
presenza di candidati di ciascun sesso in ogni lista provinciale. Per la
regione Abruzzo, la nuova disciplina elettorale dettata dalla L.R.
9/2013, dispone che in ogni lista circoscrizionale nessuno dei due sessi può
essere rappresentato in misura superiore al 60% dei candidati (in caso di quoziente frazionario si procede
all'arrotondamento all'unità più vicina, art. 1, comma 4).
Nella regione Lombardia (L.R. 17/2012. art. 1, comma 11) le liste devono essere composte seguendo
l'ordine dell'alternanza di genere mentre la regione Veneto (L.R.
5/2012, art. 13, comma 6) dispone, che in ogni lista provinciale i
rappresentanti di ciascun genere devono essere presenti in misura eguale ed i nomi dei candidati sono alternati per genere.
Nelle liste
regionali (tra le regioni citate, presenti solo nella regione Lazio; si
tratta del cd. 'listino') i candidati di entrambi i
sessi devono essere invece in numero pari; nella regione Toscana,
inoltre, in relazione alle candidature regionali, quando le liste indicano più
candidati, ciascun genere deve essere rappresentato (art. 10, co. 2). Meno cogente la prescrizione della regione Calabria
(L.R. 1/2005, art. unico, co.
6) per la quale nelle liste elettorali (provinciali e regionali) devono essere presenti candidati di entrambi i sessi.
Nella maggioranza
dei casi l'inosservanza del limite è causa di inammissibilità;
nelle regioni Lazio, Puglia e Umbria, invece, è causa di sanzione pecuniaria
per le liste provinciali.
La legge della regione
Campania, infine, contiene disposizioni sulla rappresentanza di genere
anche in relazione ad altri ambiti, oltre quello della
presentazione delle liste:
·
campagna elettorale: i soggetti politici devono assicurare la presenza
paritaria di candidati di entrambi i generi nei programmi di comunicazione
politica e nei messaggi autogestiti (art. 10, comma 4,
L.r. 4/2009);
·
voto di preferenza: poiché la legge regionale (art.
4, comma 3, L.r. 4/2009) prevede la possibilità per
l'elettore di esprimere uno o due voti di preferenza, «nel caso di espressione
di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e
l'altra un candidato di genere femminile della stessa lista, pena
l'annullamento della seconda preferenza».
Per quanto concerne
le regioni a statuto speciale e le province autonome, anch'esse hanno
adottato norme in materia elettorale, tra cui disposizioni per favorire
l'accesso alle cariche elettive di entrambi i sessi, come disposto dalla legge
costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, relativa all'elezione diretta dei
Presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e Bolzano.
Le disposizioni sono
diversificate, tutte contengono obblighi nella
presentazione delle liste:
·
per la regione Valle d'Aosta, in ogni lista di
candidati all'elezione del Consiglio regionale ogni genere non può essere
rappresentato in misura inferiore al 20 per cento, arrotondato all'unità
superiore (art. 3-bis, LR 3/1993 come modificato da ultimo dalla L.R. 22/2007);
in sede di esame e ammissione delle liste, l'Ufficio elettorale regionale
riduce al limite prescritto quelle contenenti un
numero di candidati superiore al numero massimo prescritto, cancellando gli
ultimi nomi; dichiara non valide le liste che non corrispondano alle predette
condizioni (art. 9, comma 1, LR 3/1993 come modificato
da ultimo dalla L.R. 22/2007);
·
per la regione Friuli-Venezia Giulia ogni lista
circoscrizionale deve contenere, a pena di esclusione, non più del 60 per cento
di candidati dello stesso genere; nelle liste i nomi dei candidati sono
alternati per genere fino all'esaurimento del genere meno rappresentato; al
fine di promuovere le pari opportunità, la legge statutaria prevede inoltre forme
di incentivazione o penalizzazione nel riparto delle risorse spettanti ai
gruppi consiliari (è considerato ‘sottorappresentato' quello dei due generi
che, in Consiglio, è rappresentato da meno di un terzo dei componenti) e
disposizioni sulla campagna elettorale. I soggetti politici devono assicurare
la presenza paritaria di candidati di entrambi i generi nei programmi di
comunicazione politica offerti dalle emittenti radiotelevisive pubbliche e
private e, per quanto riguarda i messaggi autogestiti previsti dalla vigente
normativa sulle campagne elettorali, devono mettere in risalto con pari evidenza la presenza dei candidati di entrambi i generi
nelle liste presentate dal soggetto politico che realizza il messaggio. (artt. 23, comma 2 e 32,
L.R. 17/2007);
·
nella Regione siciliana, tutti i candidati di ogni
lista regionale dopo il capolista devono essere inseriti secondo un criterio di
alternanza tra uomini e donne; una lista provinciale non può includere un
numero di candidati dello stesso sesso superiore a due terzi del numero dei
candidati da eleggere nel collegio (art. 14, comma 1, L.R. 29/1951, come
modificato dalla L.R. 7/2005);
·
nella Provincia autonoma di Trento, in ciascuna
lista di candidati – a pena di inammissibilità - nessuno dei due generi può essere
rappresentato in misura superiore a due terzi del numero dei candidati della
lista, con eventuale arrotondamento all'unità superiore (art. 25 co. 6-bis e
art. 30 co. 1 L.P. 2/2003 come modificata dalla L.P.
8/2008).
·
nella regione Sardegna, la legge regionale
statutaria n. 1 del 2013 stabilisce che in ciascuna lista circoscrizionale – a
pena di esclusione - ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in
misura superiore ai 2/3 dei candidati, con arrotondamento all'unità superiore
(Legge regionale statutaria n. 1/2013, art. 4); l'elettore esprime un voto di
preferenza;
·
nella Provincia autonoma di Bolzano, in ciascuna
lista di candidati nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura
superiore a due terzi del numero dei candidati della lista, con eventuale
arrotondamento all'unità più prossima; nella lista in cui non venga rispettata
tale quota, sono cancellati i nominativi dei candidati che eccedono la quota
prevista, a partire dall'ultima candidata/dall'ultimo candidato del genere che
eccede la quota (art. 1, commi 13 e 15, L.P. 4/2003,
come modificati dall' art. 1, commi 5 e 7, L.P. 8
maggio 2013, n. 5); (art. 1, comma 13 e 15, L.P.
4/2003, come modificati dall' art. 1, commi 5 e 7,
L.P. 8 maggio 2013, n. 5); non ci sono norme, invece, concernenti la preferenza
di genere (l'elettore può esprimere fino a 4 preferenze, D.P.G.R. 29-1-1987 n.
2/L, art. 49).
In generale, la presenza media delle donne nei consigli
regionali è molto bassa, attestandosi intorno al 15%, sensibilmente al di sotto del dato delle elezioni nazionali.
Dall'analisi dei meccanismi elettorali emerge che le
quote di lista determinano l'effetto di aumentare il numero donne candidate. Nelle regioni che prevedono quote, la percentuale di
donne sul totale dei candidati è sempre superiore rispetto alle regioni che non
le applicano; ma all'aumento del numero delle candidate non sempre corrisponde
un aumento del numero delle elette. Ad esempio, in Lombardia, è previsto che le
liste siano composte seguendo l'alternanza di genere, e quindi con il 50% di
candidature riservate alle donne, ma le elette alla fine sono state meno del 19
per cento. Dove non è prevista neanche la misura minima della quota di lista, i
risultati non sono brillanti, come in Basilicata, nel cui consiglio regionale
non siede neanche una donna.
Un altro dato rilevante è che la presenza femminile è
in generale maggiore nelle regioni del Centro-Nord rispetto a quelle del Sud; questo dato molto probabilmente è dovuto a fattori
di ordine culturale e sociale.
Anche se è proprio
una regione del Sud, la Campania, che ha la più alta percentuale di donne
elette al Consiglio regionale, il 23 per cento. Qui entra in gioco il sistema
elettorale: la Campania, come visto, è l'unica regione che ha introdotto la
doppia preferenza di genere. Questo dato dimostra come specifici strumenti
elettorali possano determinare il superamento del gap tra i generi che
sussiste a livello economico e sociale.
Per un quadro di sintesi, si rinvia alla tabella delle norme regionali e della presenza delle donne
nei consigli regionali.
Le quote di genere nei sistemi elettorali: una analisi comparata
Il mondo delle donne
nelle assemblee rappresentative è un problema diffuso su scala planetaria e con
cui tutti i paesi al momento, sia le democrazie consolidate che
le democrazie emergenti, si stanno confrontando.
Per superare questa
situazione e garantire l'accesso delle donne alle assemblee parlamentari, lo
strumento più diffuso è l'introduzione delle quote di genere nei sistemi
elettorali.
Attualmente nella maggior parte dei paesi del mondo funzionano le
quote di genere in campo elettorale. Le quote possono essere previste a livello
legislativo, a volta anche costituzionale, e questo accade in circa 75 paesi, o possono essere adottate dai partiti politici su
base volontaria, come accade in circa 51 paesi.
La previsione di
quote nella loro veste più vincolante, ossia con la previsione di seggi
riservati alle donne, è diffusa soprattutto nelle nuove democrazie
costituzionali dell'Africa e dell'Asia, nelle democrazie emergenti. In molti
casi si è trattato di partire da zero nel riconoscimento dei diritti alle donne
e per questi paesi l'introduzione delle quote è parte integrante del processo
di democratizzazione in corso.
L'esempio più citato
è quello dell'Afghanistan, in cui le donne occupano il 28 per cento dei seggi
del Parlamento: questo grazie ad una previsione costituzionale.
Anche grazie ad un sistema di seggi riservati, nel 2008 il Ruanda si è
affermato come unico paese in cui le deputate donne sono più dei deputati
uomini (56%); il successo è stato replicato nelle recenti elezioni del 2013,
quando le donne hanno raggiunto la stratosferica percentuale del 64% (51 seggi
su 80).
Sistemi elettorali
che prevedono a livello legislativo un sistema di quote, pur senza meccanismi
così stringenti come quello dei seggi riservati, sono ampiamente diffusi in
America Latina. In Argentina, ad esempio, le donne occupano il 37% dei seggi
alla Camera.
Il caso dell'India
Nel 1993 l'India, allo scopo di aumentare
la presenza femminile in politica, introduce una modifica costituzionale e
riserva alle donne un terzo dei seggi in ogni amministrazione locale. Inoltre,
nel West Bengal, oggetto di un recente studio, un terzo delle amministrazioni
locali in ogni elezione viene casualmente selezionata
per una leadership femminile, ossia per attribuire la posizione di
consigliere capo –pradhan- ad una donna. Poiché i villaggi che hanno una
leader donna sono selezionati casualmente, non ci dovrebbe essere
nessuna differenza osservabile tra villaggi riservati o non riservati ad un pradhan donna, il che consente di individuare
un effetto causale dello "sperimentare un capo donna".
La ricerca ha
dimostrato che la percezione dei votanti sull'efficacia della leadership
femminile è completamente diversa nei due gruppi di villaggi: gli elettori che
sono stati "esposti" al capo consigliere donna per un periodo
sufficientemente prolungato pensano che le donne siano dei leader
competenti, a differenza degli abitanti dei villaggi che non hanno avuto questa
esperienza. Ciò che è ancora più interessante è che la presenza di donne in
posizione di leadership ha modificato le aspettative e
le aspirazioni dei genitori per le loro figlie (senza ridurre quelle per i loro
figli) e delle figlie stesse per il loro futuro. Il cambiamento nelle
aspirazioni si è poi tradotto in una riduzione del gap in termini di istruzione, generalmente a favore dei ragazzi, e
dell'asimmetria nella ripartizione dei compiti domestici, in cui tipicamente le
ragazze sono maggiormente coinvolte.
Analizzando i dati dei Parlamenti europei, ad una prima sommaria analisi sembrerebbe non esserci una
immediata relazione tra la previsione delle quote e la presenza di donne. Paesi
che non hanno quote raggiungono una presenza femminile molto alta, mentre paesi
che prevedono le quote a livello legislativo ottengono risultati meno significativi.
Tuttavia si
consideri che nelle prime posizioni svettano, come
noto, i Paesi del Nord Europa (Svezia 45%, Finlandia 43%, Islanda 40%, poi
Norvegia e Danimarca con il 39%), in nessuno dei quali sono previste quote a
livello legislativo; tutt'al più le quote sono introdotte a livello volontario
dai partiti. Ma in Finlandia ed in Danimarca, ciò non
accade; eppure la presenza femminile è molto alta.
Uno studio del Parlamento europeo offre una chiave di lettura di questo fenomeno. Nei
paesi nordici, la parità è già stata raggiunta a livello sociale; il modello sociale consente di dire che si tratta di una parità
effettiva, praticata nella quotidianità. Sono Paesi in cui esistono i servizi
per la famiglia, in cui le responsabilità familiari sono equamente ripartite
tra l'uomo e la donna, l'organizzazione della società e del lavoro tiene conto
delle esigenze di conciliazione. In Paesi come questi,
le quote attualmente non servono. E' vero che in
alcuni casi i partiti le applicano, ma probabilmente a quegli stessi risultati
si arriverebbe anche senza.
Bisogna però tener
conto anche di un altro fattore, ossia dell'aspetto temporale. Il citato studio
dimostra che per sfondare il 30 per cento della presenza femminile in politica,
i paesi scandinavi hanno impiegato all'incirca 70
anni. Questi paesi hanno dunque percentuali molto alte di presenza femminile
perché si sono posti il problema della parità molto prima degli altri e lo hanno affrontato con misure concrete già decine di anni
fa, del resto facendo anche ricorso a strumenti come le quote.
Continuando ad
analizzare le quote di genere in Belgio e Spagna sulla presenza delle donne nei
parlamenti europei, si nota che in cima alla graduatoria, insieme ai Paesi
nordici, ci sono due paesi con caratteristiche sociali diverse: il Belgio e la
Spagna, con un 36-40% di presenza femminile. In entrambi i paesi – che votano
con un sistema proporzionale con liste bloccate o semi-bloccate - sono state
introdotte misure legislative per garantire la presenza di genere nelle liste.
Nel caso del Belgio,
si rileva che fino alla metà degli anni Novanta, la percentuale di donne nelle
varie assemblee elettive era molto bassa, circa il 5-10 per cento. Sotto la spinta del movimento femminile, nel 1994 è stata adottata la
prime di legge per la parità tra uomini e donne in politica, con le quote,
rafforzata poi nel 2002. Ebbene dalle percentuali molto basse (non superiori al
10 per cento) precedenti alla legge del 1994 si è arrivati nel 1999 al 35%, nel
2004 al 37% e nel 2010 a circa il 40%. Tutto questo nell'arco di circa 10-15
anni.
Più in generale, se
si considerano i paesi in cui la presenza femminile è superiore ad un terzo dei componenti:
- o sono paesi nordici che sono molto avanti nella
realizzazione della parità a livello sociale;
- o sono paesi in cui le quote sono previste a livello
legislativo: Belgio, Spagna e Slovenia (33%);
- o sono paesi in cui le quote sono comunque praticate
da pressoché tutti i partiti: Germania (36%).
Si segnala inoltre la posizione piuttosto bassa di due Paesi rilevanti, la Francia (27%) ed
il Regno Unito (23%), che hanno un
sistema elettorale di tipo maggioritario con collegi uninominali, a doppio
turno in Francia e a turno unico nel Regno Unito. Si tratta
infatti di un sistema elettorale particolarmente sfavorevole al
riequilibrio della rappresentanza di genere.
Il Governo ha istituito una sezione speciale del Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese dedicata
alle imprese a prevalente partecipazione femminile.
Le imprese femminili sono le micro, piccole e medie
imprese con le seguenti caratteristiche:
1. società cooperative e le
società di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne;
2. società di capitali le cui
quote di partecipazione spettano in misura non inferiore ai due terzi a donne e
i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da
donne;
3. imprese individuali
gestite da donne.
Le norme di incentivazione dal 1992 ad oggi
Nel 1992 è stata emanata la legge n. 215/1992, recante
Azioni positive per l'imprenditoria femminile, con l'obiettivo di
promuovere l'uguaglianza sostanziale e le pari opportunità per uomini e
donne nell'attività economica e imprenditoriale, in modo da:
a) favorire la creazione e lo
sviluppo dell'imprenditoria femminile, anche in forma cooperativa;
b) promuovere la formazione
imprenditoriale e qualificare la professionalità delle donne imprenditrici;
c) agevolare l'accesso al
credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile;
d) favorire la qualificazione
imprenditoriale e la gestione delle imprese familiari da parte delle donne;
e) promuovere la presenza
delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile nei comparti
più innovativi dei diversi settori produttivi.
Tale legge rappresenta l'unico strumento legislativo
nazionale finalizzato, in modo specifico, a sostenere l'imprenditoria e
il lavoro autonomo delle donne in tutti i settori economici, e prevede
contributi in conto capitale a favore di piccole imprese gestite in misura
prevalente da donne, per iniziative relative all'avvio di nuove attività,
all'acquisizione di attività preesistenti, alla realizzazione di progetti
innovativi e all'acquisizione di servizi reali.
In particolare, per quanto riguarda il
requisito della prevalente gestione femminile:
per le
imprese individuali: il titolare deve essere una donna;
per le
società di persone e per le cooperative: maggioranza numerica di donne non
inferiore al 60% della compagine sociale;
per le
società di capitali: le quote di partecipazione al capitale devono essere per
almeno i 2/3 di proprietà di donne e gli organi di amministrazione devono
essere costituiti per almeno i 2/3 da donne.
Le relative norme attuative furono introdotte dal
regolamento approvato con DM 5 dicembre 1996, n. 706, e la prima applicazione della legge avvenne dunque nel 1997. Il
regolamento d'attuazione ha provveduto a limitare l'intervento alle sole piccole
imprese, a seguito delle contestazioni mosse dalla Commissione europea.
La legge n. 215/1992 è stata infatti oggetto di un contenzioso in sede comunitaria, con l'avvio di una
procedura d'infrazione conclusa con la decisione della Commissione del 16
giugno 1993. Conseguentemente, gli aiuti devono essere riservati alle sole
piccole imprese, non devono superare gli importi fissati dalla disciplina
comunitaria ed è stata esclusa la possibilità di
cumulo con agevolazioni previste da altre leggi.
Successivamente, la disciplina degli interventi
in favore dell'imprenditoria femminile è stata sottoposta ad una revisione
sostanziale dal DPR 314/2000, al fine di adeguarne gli strumenti alle
esigenze emerse dall'esperienza applicativa. Il citato DPR 314/2000, oltre ad integrare e modificare la
disciplina della L.215/1992, ha sostituito interamente le norme attuative. Dal
punto di vista procedurale, oltre all'introduzione di un termine certo entro
cui deve concludersi la procedura, l'innovazione più significativa introdotta
dal DPR è rappresentata dal coinvolgimento delle regioni nel
finanziamento e nella gestione degli interventi in favore delle imprese
femminili, tramite l'integrazione facoltativa delle risorse nazionali, e, in
tal caso, l'affidamento ad esse di tutto l'iter procedurale della concessione
delle agevolazioni. Un simile potenziamento del ruolo
delle regioni si realizza anche negli interventi per le iniziative formative e
di assistenza. Il regolamento ha previsto
l'integrazione di tali interventi all'interno di programmi regionali di portata
generale, al cui cofinanziamento è destinato il contributo statale.
L'ultimo bando di attuazione della L. 215/1992 è stato
il sesto bando (le domande potevano essere presentate a partire dal 17
dicembre 2005 e nei primi mesi del 2006), per il quale sono stati stanziati
88,5 milioni di euro complessivi.
A partire da tale bando di attuazione si è applicato il disposto dell'art. 72 della L. 289/2002 (finanziaria
2003) e del DM 2 novembre 2004 in base al quale il contributo in c/capitale originariamente
previsto dagli articoli 5 e 6 del DPR 314/2000, calcolato secondo le intensità
massime consentite dalla vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di
Stato, viene concesso per il 50% sotto forma di contributo in c/capitale e
per il restante 50% sotto forma di finanziamento a tasso agevolato nella
misura dello 0,50% annuo. L'accesso alle agevolazioni
è consentito ai progetti che prevedono un investimento
complessivo ammissibile non inferiore a 60.000 euro e non superiore a 400.000
euro.
Con l'entrata in vigore del Codice delle pari
opportunità nel 2006, la legge n. 215/1992 è stata abrogata, ad
eccezione degli articoli 10, comma 6, 12 e 13, dall'articolo 57 del citato
Codice, nel quale sono confluite varie disposizioni della legge stessa (artt.
21-22 e 52-55). Successivamente il comma 6 dell'art. 10 è stato abrogato dall'art. 4, D.P.R. 14
maggio 2007, n. 101.
In particolare, gli articoli 21-22 del
Codice disciplinano, rispettivamente, la composizione e l'attività del Comitato
per l'imprenditoria femminile istituito, con compiti di indirizzo e di
programmazione generale, presso il Ministero delle attività produttive, ai
sensi dell'articolo 10 della L. 215/1992, che i suddetti articoli riproducono
pressoché integralmente. L'articolo 52 fissa i principi generali cui si
ispirano le disposizioni del capo II del Codice per
promuovere l'uguaglianza e le pari opportunità tra uomini e donne nell'ambito
dell'attività economica, riproducendo le disposizioni dell'art. 1, commi 1 e 2 della L. 215/1992. L'articolo 53 individua
i soggetti cui si rivolgono i principi in materia di azioni a favore
dell'imprenditoria femminile, come previsto dall'art. 2, comma 1, della L. 215/1992: società, imprese, consorzi, associazioni,
enti, centri di formazione ecc. costituiti da donne o
a cui le donne partecipano in varia misura. L'articolo 54 riproduce le
disposizioni della legge sull'imprenditoria femminile
che prevedono l'istituzione di un Fondo nazionale per lo sviluppo
dell'imprenditoria (art. 3, co. 1, L. 215/1992). Infine,
l'art. 55 prevede l'invio da parte del
Ministero delle attività produttive di una relazione annuale al Parlamento per
la verifica dello stato di attuazione dei principi del Capo II del Codice.
Le funzioni di competenza statale attribuite
all'ex Ministero delle attività produttive in materia di interventi a favore
dell'imprenditoria femminile dalla legge 25 febbraio 1992, n. 215, e dagli
articoli 21-22 e 52-55 del citato Codice sono assegnate (ai sensi della lettera
g) del comma 19, art. 1, del D.L. 181/2006) alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La sezione speciale del Fondo
di Garanzia
La Sezione Speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari
Opportunità" è riservata alle imprese a prevalente partecipazione femminile.
La Sezione Speciale è stata istituita con convenzione
del 14 marzo 2013 tra Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per
le Pari Opportunità, Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero
dell'Economia e delle Finanze, sottoscritta ai sensi del decreto del Ministro
dell'Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro dello Sviluppo
Economico del 26 gennaio 2012.
La dotazione è pari a 10 milioni di euro, da impiegare
per la compartecipazione alla copertura del rischio sulle operazioni di
garanzia ammissibili, con una ripartizione del 50% tra le risorse del Fondo e
quelle della Sezione Speciale che, di fatto, può contare su una dotazione
finanziaria complessiva di 20 milioni di euro. Nell'ambito della
Sezione Speciale, una quota pari al 50% della dotazione è riservata alle nuove
imprese.
Con il decreto del Ministro
dello sviluppo economico del 27 dicembre 2013 sono state inoltre introdotte
modalità semplificate di accesso.
I numeri delle imprese al femminile
Secondo i dati Unioncamere, al
31 marzo 2014 le imprese femminili registrate erano 1.286.906, pari al 21,4%
del totale delle imprese esistenti alla stessa data. Rispetto al 31 marzo del
2013, le imprese femminili hanno fatto segnare un aumento del proprio stock
pari a 6.605 unità (il 55,% del saldo complessivo delle imprese italiane nel
periodo), corrispondente ad un tasso di crescita dello 0,51%, più del doppio
del tasso relativo al totale delle imprese (0,2%).
La maggiore presenza femminile nel tessuto
imprenditoriale si concentra nelle regioni Centro -meridionali, nell'ordine: il
Molise (dove le imprese rosa toccano il 28,2 % del
totale), la Basilicata (26,5%), l'Abruzzo (25,6%) e l'Umbria (24,5%). Sono solo
quattro le regioni italiane con una quota di imprese femminili inferiore a
quella nazionale, nell'ordine Trentino-Alto Adige (17,2%),
Lombardia (18%), Veneto (19%) e Emilia- Romagna (19,8%).
Tra le province, è Benevento con il 30,4% la
"regina" dell'imprenditoria rosa per tasso di femminilizzazione,
seguita da Avellino con il 30,1%, Chieti con il 28,5% e Frosinone con il 28,4%.
In coda, Trento (17,2%), Reggio Emilia (17,1%), Monza
(16,4%) e Milano, fanalino di coda con il 16,3%.
Nel complesso, le imprese femminili
tendono sempre più ad adottare forme giuridiche meglio strutturate, capaci di
garantire una maggiore competitività e una superiore capacità di innovazione e
internazionalizzazione.
Inoltre le imprese più strutturate che possono fare fronte meglio a questa fase
di crisi e di blocco del credito vedono aumentare la
loro quota sul totale delle imprese.
Le società di capitale sono giunte a rappresentare il
17,8% del totale. In dettaglio, a fine marzo le
imprese femminili risultavano costituite per la gran parte da ditte individuali
(65,6%), contro poco più del 54% del totale imprenditoriale anche se la quota
negli anni è progressivamente diminuita, quindi da società di persone, pari al
13,9% del totale, e da cooperative e consorzi, pari al 2,4% delle imprese in
rosa.
Quanto alle attività, il 28,7%
delle imprese femminili opera nel commercio al dettaglio e in quello
all'ingrosso con la distribuzione più elevata in Campania, Lombardia, Sicilia.
Le altre principali attività in cui operano le imprese femminili sono
l'agricoltura (17,2%), prevalentemente nelle regioni
meridionali di Sicilia, Puglia e Campania; i servizi di ristorazione e di
alloggio (9,2%) prevalentemente nelle regioni del Centro - Nord di Lombardia,
Lazio e Emilia Romagna e le altre attività di servizi (8,9%) concentrate per
quasi il 46% in sole quattro regioni: Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia
Romagna. In termini di incidenza percentuale, la presenza delle imprese
femminili è relativamente più rilevante nelle altre attività di servizio (49,5%), della sanità e assistenza sociale (38,5%), dei servizi
di alloggio e ristorazione (28,9%), dell'agricoltura (28,7%) e del complesso
delle attività di noleggio, agenzie viaggi (26,9%).i
Il DL "destinazione Italia"
Con il DL "destinazione Italia"
(decreto-legge 145/2013, articolo 2, comma 1) è stata riformata la disciplina
degli incentivi all'autoimprenditorialità (di cui al Titolo I del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185) con misure volte prevalentemente a
sostenere la creazione e lo sviluppo, attraverso migliori condizioni di accesso
al credito, di piccole imprese possedute in prevalenza da giovani e da
donne.
Durante l'esame parlamentare è stata specificamente destinata
per gli interventi a favore delle imprese femminili una quota pari a 20
milioni di euro a valere sul Fondo di garanzia PMI alla Sezione
speciale "Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento per le pari opportunità" istituita presso il medesimo Fondo
(articolo 2, comma 1-bis).
Scheda paese sull’Etiopia
a cura del Servizio Rapporti Internazionali
ETIOPIA
DATI GENERALI
Superficie: |
1.221.900 Kmq (Italia: 302.070,8 kmq) |
Capitale: |
Addis Abeba |
Popolazione: |
96.5 milioni |
Composizione: |
Oromo (34,4%), Amhara
(27%), Somali (6,2%), Tigrini (6,1%), Sidama (4%), Gurage (2,5%), Welaita (2,3%), Altri
(18%) |
Lingua: |
Amarico (ufficiale), oromo, somalo, tigrino, afar (lingue ufficiali
nelle Regioni di pari denominazione); inglese |
Religione: |
Ortodossi 43,5%; Musulmani 33,9%; Protestanti 18,5%; tradizionalisti
2,7%; Cattolici 0,7% |
Reddito pro-capite |
1.431 US$ (PPA; stime 2014) |
Inflazione: PIL: |
7,7% (stime 2014) 7% (stime 2013) 2012: 8.5% 2011: 11.4% |
Forma di Governo: |
Repubblica Federale |
Capo dello
Stato: Capo di Governo: Presidente della Camera
dei Rappresentanti: Presidente della Camera
della Federazione: |
Mulatu Teshome
Wirtu Hailemariam Desalegn Abadula Gemeda
Dego Kassa Tekeleberihan
Gebrehiwot |
WOMEN IN PARLIAMENT GLOBAL
FORUM (WIP) ANNUAL SUMMIT 2015
(Addis Abeba, 23-25
marzo 2015)
NOTA DI SINTESI SULLA REPUBBLICA FEDERALE DEMOCRATICA DI ETIOPIA
QUADRO GENERALE
·
La Repubblica Federale Democratica di Etiopia ha
una popolazione di 96,5 milioni di abitanti costituiti da varie etnie, di cui le più numerose sono le etnie Oromo (34,4%) e
Amhara (27%), seguite da Somali (6,2%), Tigrini (6,1%), Sidama (4%), Gurage
(2,5%), Welaita (2,3%) e altri (18%). La lingua ufficiale nazionale è
l’amarico, ma le lingue oromo, somalo, tigrino, afar
sono ufficiali nelle regioni omonime. La religione prevalente è l’ortodossa
(43,5%), seguita dalla musulmana (33,9%), protestante (18,5%), tradizionalista
(2,7%) e cattolica (0,7%).
·
L’Etiopia, la cui capitale è Addis Abeba, è una Repubblica federale formata da nove
Stati e da due amministrazioni autonome. È una Repubblica parlamentare che si fonda sulla
Costituzione del 1995. Dal 7 ottobre 2013, il Capo dello Stato federale è Mulatu Teshome Wirtu, che è stato eletto per acclamazione dal Parlamento. Il mandato
del Presidente dura 7 anni, con possibilità di
rielezione per un secondo mandato.
·
Il Parlamento bicamerale è costituito dalla Camera della Federazione e dalla Camera dei Rappresentanti del Popolo.
La prima, la Camera alta, è competente per l’interpretazione della Costituzione
e le questioni federali. Ogni Stato o etnia vi è
rappresentata da almeno uno dei 135 membri, la cui elezione avviene in modo
indiretto da parte delle Assemblee dei singoli Stati. La Camera dei
rappresentanti del popolo è composta di 547 membri
eletti in altrettanti collegi uninominali con sistema maggioritario (first past
the post). Per i componenti di entrambe le Camere il
mandato dura 5 anni. Le prossime
elezioni si svolgeranno il 24 maggio 2015.
·
Ai sensi della Costituzione del 1995, dopo lo
svolgimento delle elezioni politiche, il partito o la coalizione
di maggioranza eleggono il primo ministro tra i membri della Camera dei
Rappresentanti del Popolo, verso la quale il Capo del Governo e gli altri
membri del Consiglio dei ministri sono responsabili. Dopo la morte del Primo
Ministro Meles Zenawi nell’agosto 2012, la carica è stata affidata all’ex Vice
Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri Hailemariam Desalegn, che appartiene al partito di governo
denominato Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (EPRDF).
QUADRO POLITICO
·
L’Etiopia è un paese estremamente composito dal punto di vista
etnico e religioso. Sebbene il paese sia impegnato in un difficile percorso
di democratizzazione e negli ultimi anni siano state avviate misure di
decentralizzazione, il persistere delle tensioni etniche ha portato a un indurimento del regime. Le prossime
elezioni (24 maggio 2015) per il rinnovo del Parlamento non dovrebbero
modificare gli attuali equilibri politici. Alcune recenti misure governative
hanno confermato la realtà di spazi
limitati per l'opposizione (che ha un solo seggio nella Camera elettiva),
la quale non riesce a proporsi come forza alternativa credibile.
·
La minaccia
terroristica nel Paese è elevata,
a causa di tensioni sia sul fronte interno (per le
spinte autonomistiche di alcune regioni di confine, gli scontri interetnici e
le proteste, soprattutto dei musulmani, per l’intrusione delle Autorità negli
affari religiosi), sia su quello esterno (per i difficili rapporti con
l’Eritrea e soprattutto per l’intervento politico e militare in Somalia). La normativa antiterrorismo è applicata
indiscriminatamente e ha portato ad alcuni episodi di repressione della stampa indipendente e dell’opposizione. In un rapporto
del 22 gennaio 2015, Human Right Watch denuncia un panorama cupo per la libertà
di espressione in Etiopia prima delle elezioni del prossimo maggio, a causa
della sistematica repressione da parte del Governo dei mezzi di
informazione indipendenti.
·
L’Etiopia ha un ruolo importante per la
gestione dei delicati equilibri politici nel Corno d’Africa. Svolge una
politica regionale assertiva che si traduce in un’azione a favore della
stabilità, ospitando tra altro un numero
elevatissimo di rifugiati, provenienti in particolare da Sud Sudan, Somalia
ed Eritrea. Il ruolo cardine degli equilibri del Corno d’Africa è dato
all’Etiopia anche dalla posizione che occupa nei fori multilaterali regionali,
tra cui in particolare l’Unione Africana (UA) – Addis Abeba ne ospita la sede e
ne ha detenuto la Presidenza nel corso del 2013 – e
l’Intergovernmental Authority on Development (IGAD), l’Organizzazione del Corno
d’Africa, di cui l’Etiopia detiene la presidenza, ricoprendo altresì le
funzioni di co-Presidente, insieme all’Italia, dell’IGAD Partners Forum (IPF),
che riunisce i principali donatori.
·
L’Etiopia è direttamente coinvolta nello sforzo negoziale dell’IGAD in Sud Sudan,
a seguito del conflitto scoppiato nel dicembre 2013. Dal novembre 2011 dispiega
inoltre un importante contingente
militare in Somalia, ora inquadrato sotto il cappello AMISOM, la missione
di peacekeeping dell’UA nel Paese. Restano tesi i rapporti con l'Eritrea, di cui
continua ad occupare alcuni territori in violazione degli accordi di pace, e che
dal punto di vista etiope continua a portare avanti una politica di
destabilizzazione regionale a sostegno dei gruppi terroristici. Le relazioni con l’Egitto risentono degli
attriti sull’utilizzo delle acque del Nilo, a seguito
della decisione unilaterale dell’Etiopia di avviare la costruzione di
un'imponente diga sul fiume, la cosiddetta Grand Ethiopian Renaissance Dam
(GERD). Il 6 marzo 2015 i ministri degli esteri di Egitto, Sudan ed Etiopia
hanno firmato un accordo preliminare sullo sfruttamento delle acque del Nilo e
i criteri di realizzazione del progetto. Secondo gli interessati, il documento
segna l’inizio di una maggiore collaborazione tra i tre stati.
·
I rapporti
con i maggiori Paesi donatori (Stati Uniti, Italia, Germania, Giappone,
Svezia, Canada, Gran Bretagna, Norvegia) vivono fasi alterne, ma negli ultimi
anni si è registrato un progressivo
rafforzamento. Le relazioni con l’Unione Europea seguono le linee dettate
dall’art. 8 dell’Accordo di Cotonou e si concentrano sullo sviluppo del processo
di pace, sulla promozione del rispetto dei diritti
umani e della legalità, sulla democratizzazione del Paese.
QUADRO ECONOMICO
·
L’Etiopia è il secondo Paese più popoloso
dell’Africa sub-sahariana. Resta tuttavia un Paese estremamente povero con l’ambizione
di trasformarsi entro il 2025 in un’economia a medio reddito. Secondo le stime
dell’EIU per il 2014, il reddito pro-capite ammonta a 1.431 dollari. Per
raggiungere il suo obiettivo, il Governo
è impegnato nel raggiungimento di ambiziosi target fissati dal Growth and
Transformation Plan (GTP), documento programmatico che indica le linee di
sviluppo del Paese per il quinquennio 2011-2015. La crescita del PIL nell’ultimo decennio è stata sostenuta (tra 8 e 11% circa) e il
Paese è considerato una delle economie a più forte crescita sul piano globale.
·
Il sistema economico etiope è trainato dagli investimenti pubblici e lascia scarsi margini al settore privato. In
vista dell’adesione all’OMC (i negoziati procedono con lentezza da anni),
l’Etiopia dovrà sciogliere il nodo della mancata liberalizzazione del settore
finanziario, delle telecomunicazioni e dei trasporti. Il Governo mira a fare
dell’Etiopia un gigante manifatturiero
ed è in corso un massiccio sforzo per
attrarre investimenti esteri nel settore. Il settore industriale
contribuisce per il 12,4% del PIL nazionale, contro il 42% del settore agricolo
e il 45,2% dei servizi.
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Le principali criticità
per l’economia sono la mancanza di valuta forte (drenata dagli investimenti
pubblici), la burocrazia, il sistema giudiziario scarsamente efficace e
prevenuto verso la libera impresa, le carenze
logistiche e i problemi di distribuzione elettrica. Infine, gli operatori
considerano necessaria l’apertura del sistema economico, specialmente nei settori finanziario e delle telecomunicazioni.
RELAZIONI CON L’ITALIA
·
L’Italia attribuisce carattere prioritario alle relazioni bilaterali con l’Etiopia, che
si svolgono su di un piano di ottima collaborazione, specie dalla restituzione
della stele di Axum, nell’aprile 2005. Negli ultimi anni sono stati numerosi
gli incontri tra le autorità italiane ed etiopiche. Da ultimo, si ricorda la
visita del Ministro Gentiloni ad Addis Abeba nel gennaio 2015, durante la quale
sono state firmate quattro intese bilaterali in materia
di collaborazione culturale e di cooperazione. La collaborazione bilaterale è
proficua anche con riferimento ai vari teatri di crisi nell’area, in
particolare per la stabilizzazione della Somalia e la crisi in Sud Sudan, ma
anche per il contrasto a fenomeni transazionali come terrorismo, flussi
migratori e traffici illeciti.
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L’Etiopia
parteciperà ad EXPO 2015 nel cluster dedicato al
caffè, di cui è uno dei massimi produttori mondiali.
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L’interscambio
commerciale è cresciuto costantemente negli anni, fino a raggiungere 325
milioni di euro nel 2013. Il 45% del nostro export è basato su macchinari e
apparecchiature, seguiti da autoveicoli e rimorchi (27%). Le importazioni si
concentrano per il 61% nel settore agricolo (caffè, semi oleaginosi e altri prodotti
di colture permanenti) e per il 28%, nell’industria conciaria.
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La presenza economica italiana in Etiopia
è costituita da un gruppo di imprenditori residenti,
molti con presenza nel Paese ultra-quarantennale, e da imprese che hanno
iniziato ad operare in Etiopia più di recente. Tra tutte, si ricorda la Salini-Impregilo, impegnata nella
costruzione della Grand Ethiopian Reinassance Dam, sul Nilo Azzurro ai confini
con il Sudan, opera simbolo della crescita e delle ambizioni etiopi. A sud del
Paese, sul fiume Omo, Salini-Impregilo sta inoltre realizzando la diga Gibe
III, altro progetto di grande rilevanza strategica. Gli operatori italiani sono
generalmente ottimisti sul futuro
dell’Etiopia, ma sottolineano alcuni aspetti critici che caratterizzano il
contesto locale, primo tra tutti l’aspetto finanziario: la carenza di riserve
valutarie rende difficoltosi i pagamenti in valuta e il rilascio di lettere di
credito per importazioni da parte di tutte le banche commerciali. Un Ufficio
ICE ha aperto ad Addis Abeba nel dicembre 2014 all’interno dell’Ambasciata.
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La comunità
italiana d’Etiopia è composta oggi da circa 2300 persone, di cui 1600
residenti e circa 700 presenze non permanenti, essenzialmente personale di
aziende, dipendenti delle istituzioni e famiglie, cooperanti e funzionari
internazionali. Il numero dei missionari si aggira intorno alle 110 unità. Il
nocciolo duro della comunità residente è composto in prevalenza da imprenditori attivi in particolare nel
mondo delle costruzioni. Ad Addis
Abeba hanno sede l’Istituto di Cultura e la Scuola
italiana, operante fin dal 1956. Il COMITES
d’Etiopia è stato istituito nel 1991 in ragione di alcune condizioni
ambientali all’epoca ritenute meritevoli di attenzione, quali i legami storici
tra Italia ed Etiopia. Ha contribuito ad assistere i cittadini italiani in anni
difficili, ma anche a fornire la propria assistenza alla popolazione locale.
Tali condizioni sono oggi in parte venute meno e si è
quindi ridimensionato anche il ruolo del Comitato.
ATTIVITÀ DI
COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
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L’Etiopia è Paese
prioritario nell’ambito delle Linee
Guida della Cooperazione italiana allo sviluppo ed è sempre stata tra i
maggiori beneficiari dell’aiuto italiano in Africa.
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Il 30 maggio 2013 il Vice Ministro Pistelli ha
firmato ad Addis Abeba il nuovo Programma
Paese Italia-Etiopia 2013-2015 che prevede risorse a credito di aiuto per 65 milioni di euro e quasi 34 milioni a dono e che si inserisce
nell’esercizio pilota di programmazione congiunta tra gli Stati Membri
dell’Unione Europea, nell’ottica del perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo
del Millennio e del rispetto dei principi degli incontri di Parigi e Accra
sull’efficacia dell’aiuto.
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Anche a causa delle crisi alimentari nel Corno
d’Africa (che colpiscono alcune regioni dell’Etiopia) che hanno indotto a
intensificare ulteriormente il nostro impegno di cooperazione nella sicurezza
alimentare, il nuovo Programma Paese
si focalizza su due settori prioritari:
sviluppo agricolo e servizi di base, quali sanità,
istruzione e sanitizzazione dell’acqua. Lo scopo è di avviare programmi di
sviluppo rurale che inneschino dinamiche
di crescita capaci di superare strutturalmente le cause delle ricorrenti
emergenze, con un accento trasversale
alle tematiche di genere. Infine, a dicembre 2014
è stato firmato il nuovo Accordo Quadro
di Cooperazione, che andrà a definire i termini e le procedure della
Cooperazione fra i due Paesi.
RELAZIONI PARLAMENTARI
Proposte di legge
all’esame delle Camere
UIP
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Nella XVII legislatura è in via di ricostituzione
la sezione di amicizia Italia-Etiopia. Ne è stato nominato presidente l’on. Gianni Melilla (SEL) e ne fanno parte
l’on. Lia Quartapelle (PD) e il sen. Gianluca Castaldi (M5S)
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Nella XVI
LEGISLATURA l’on. Pier Ferdinando
Casini, in veste di Presidente
dell’Unione Interparlamentare, ha compiuto nel settembre 2008 una visita in
Etiopia per definire alcune questioni relative alla
sessione UIP in programma nel paese africano nel 2009.
Incontri bilaterali
Cooperazione multilaterale
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Il Presidente della Camera dei Rappresentanti del Popolo, on. Yohannes
Dawit, ha partecipato alla Giornata
Parlamentare Italia-Africa del 23 maggio 2002.
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Il Presidente della Camera della Federazione
etiopica, on. Mulatu Toshome, e l’on. Ato Haile Kiros Gessesse Tedela
sono intervenuti al Forum parlamentare sullo sviluppo dell’Africa, promosso
dall’Associazione dei Parlamentari Europei per l’Africa (AWEPA) e dal
Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite (UNDESA).
Il Forum si è svolto presso la Camera
dei deputati il 28 e 29 gennaio 2004.
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Le parlamentari Aster ANA MAMO (Camera della Federazione) e Meserte MAMO (Camera dei Rappresentanti del Popolo) hanno partecipato alla Conferenza
internazionale delle donne parlamentari per la tutela dell’infanzia e
dell’adolescenza (Roma, 17 e 18 ottobre 2004).