Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Recenti sviluppi della crisi libica | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 153 | ||
Data: | 17/02/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Recenti
sviluppi della crisi libica |
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n. 153 |
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17 febbraio 2015 |
Servizio responsabile: |
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Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it |
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La
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File:
es0329.docx |
INDICE
Nota
introduttiva
Sviluppi della crisi libica:
cronologia degli avvenimenti 3
Pubblicistica
§ M.
Toaldo ‘Perche la Libia è un caso
disperato’, in: Limes, Rivista italiana di geopolitica, febbraio 2015 15
§ L.
Canali ‘Da dove vendono i migranti’,
in: Limes, Rivista italiana di geopolitica, febbraio 2015 19
§ M.
Di Liddo e G. Iacovino ‘Analisi delle
possibili soluzioni alla crisi in Libia’, in: Ce.S.I. Centro Studi
Internazionali, febbraio 2015 22
§ S.
Silvestri ‘In Libia a giocarci la faccia’,
in: Affarinternazionali.it, 16 febbraio 2015 27
§ R.
Menotti ‘Libia e ISIS: l’Italia alla
ricerca del sostegno europeo’, in: Aspenia online, 16 febbraio 2015 29
§ N.
Ronzitti ‘Intervento in Libia, i pro e i
contro’, in: Affarinternazionali.it, 12 febbraio 2015 31
§ B.S.
Khoury ‘Lo Stato Islamico tenta di
replicare in Libia lo scenario siro-iracheno’, in: Aspenia online, 5
febbraio 2015 33
§ U.
Profazio ‘L’Italia cerca di ricostruire
il puzzle libico’, in: Affarinternazionali.it, 8 dicembre 2014 35
§ K.
Mezran, M. Toaldo, A. Varvelli ‘Le
possibili mosse dell’Italia in Libia dopo la visita di Al Sisi’, in:
Commentary ISPI, 27 novembre 2014 37
§ R.
Aliboni ‘Forze di pace in Libia?’,
in: Affarinternazionali.it, 21 novembre 2014 40
§ R.
Alboni ‘Un cuore d’asino ed uno di leone’,
in: Affarinternazionali.it, 30 ottobre 2014 42
§ A.
Varvelli ‘Un piano per la Libia’, in:
Policy Brief ISPI, 29 ottobre 2014 45
§ A.
Varvelli ‘Ancora un’ultima chance per la
Libia’, in: ISPI online, 26 settembre 2014 53
§ AA.VV.
‘Intervento in Siria-Iraq: un precedente
per la Libia?’, in: ISPI online, 26 settembre 2014 55
§ B.S.
Khoury ‘La Libia, nuova roccaforte
dell’IS’, in: Aspenia online, 17 settembre 2014 58
§ A. Turci
‘La Libia senza bussola e l’Occidente
senza più obiettivi’, in: Aspenia online, 17 settembre 2014 60
§ R.
Aliboni ‘Alba contro Dignità, in Libia si
muove l’Ue’, in: Affarinternazionali.it, 4 settembre 2014 63
§ G.
Cucchi ‘Vogliamo la Merkel a Tripoli’,
in: Affarinternazionali.it, 26 agosto 2014 65
§ M.
Arpino ‘Primo, evitare di restare da
soli’, in: Affarinternazionali.it, 9 agosto 2014 67
§ A.
Varvelli ‘Libia: perché un appoggio a
Hiftar non è la soluzione’, in: Commentary ISPI, 6 giugno 2014 69
§ B.S.
Khoury ‘Gli ultimi sviluppi dal fronte
islamista in Libia’, in: Aspenia online, 4 giugno 2014 71
§ A.
Ranelletti ‘La Libia tra risorse
energetiche e transizione democratica bloccata’, in: Aspenia online, 4
giugno 2014 74
§ A.
Ranelletti ‘Le debolezze politiche, economiche
e sociali della nuova Libia’, in: Ce.S.I. Centro Studi Internazionali, 25
febbraio 2014 77
§ N.
Pedde ‘Medio Oriente – Nord Africa -
MENA’, in: Osservatorio strategico, Anno XVI, n. VII, 2014 80
Nel
mese di febbraio 2014 il Congresso
nazionale, diviso da insanabili contrasti tra islamisti e moderati, raggiunge
un compromesso sull'indizione di elezioni per la nuova Camera dei
Rappresentanti. Tuttavia, nel mese di maggio 2014 il generale
Khalifa Haftar (già sostenitore di Gheddafi poi esiliato negli Stati Uniti e
rientrato per partecipare alla rivoluzione) annuncia "l'Operazione
Dignità" contro islamisti e terroristi, sostenuto dai moderati
dell'Alleanza delle Forze nazionali, allontanando così la soluzione
politico-istituzionale del dissidio.
Il
25 giugno 2014 le elezioni consegnano alla Camera dei Rappresentanti una
maggioranza nettamente orientata verso i moderati, ma la bassa partecipazione
al voto ne mette in discussione la rappresentatività. Islamisti e rivoluzionari
radicali ne contestano la validità e danno inizio ad un'operazione militare
denominata "Operazione Alba" e il 13 luglio 2014 attaccano
l'aeroporto internazionale di Tripoli -tenuto sin dalla rivoluzione dalle
brigate della città di Zintan, alleate dei moderati e perno della loro
influenza nella capitale- che cade il 23 agosto.
Il
29 luglio 2014, a Bengasi, gli islamisti di Ansar al-Sharia estromettono le forze di “Operazione Dignità” dalla base di Buatni, mentre le forze del
generale Haftar non riescono a raggiungere l’obiettivo dichiarato di
conquistare Bengasi. Frattanto tra luglio e agosto 2014 le forze della coalizione Alba occupano la capitale, in particolare
le sedi governative e la ex residenza
dell’Ambasciatore americano. Quel che resta dell’Esecutivo Al Thinni
(funzionari compresi) fugge dalla
capitale, abbandonata a se stessa e da allora sotto controllo integrale delle milizie islamiste. La Camera dei
Rappresentanti – che pure ha ricevuto legittimità democratica alle elezioni del
25 giugno – resta confinata a Tobruk sotto la protezione del generale Haftar.
Il
conflitto ormai aperto fra le differenti
fazioni in lotta per il potere è dunque acuito dalla creazione di due
realtà distinte, ognuna con un proprio Parlamento: da un lato il Congresso nazionale
(a Tripoli), in contrapposizione al Consiglio dei Rappresentanti (a Tobruk)
eletto il 25 giugno 2014, ma dichiarato illegittimo dagli islamisti.
Nell’estate
del 2014 si svolgono tentativi di mediazione condotti da UNSMIL (United
Nations Support Mission for Libya), sostenuti dall'Italia, che tuttavia non
hanno esito. Tali tentativi sono guidati dal Rappresentante speciale del
Segretario generale dell'ONU Tarek Mitri
nell'ultimo scorcio del suo mandato. L'azione di Tarek Mitri è sorretta dalla
convinzione che le Parti devono essere accompagnate verso un processo politico
inclusivo, anche attraverso Confidence Building Measures, con
l’obiettivo ultimo di un governo di unità nazionale. Egli sottolinea
l'importanza di: scoraggiare eventuali nuove interferenze di player internazionali;
rendere l’embargo delle armi più efficiente; fare sì che i Paesi confinanti
concorrano al controllo dei confini libici.
In
una dinamica di delegittimazione
reciproca tra i due campi, il vecchio Congresso nazionale si riunisce a
Tripoli il 25 agosto 2014 e, sebbene decaduto dal mandato, si proclama
unica istituzione legittima, e provvede a: dichiarare lo stato di emergenza a
rimuovere il Primo Ministro in carica Al Thinni ed affidare ad Al Hasi
l'incarico di formare un "Governo di salvezza nazionale", nonché ad
annunciare di voler adottare tutte le leggi necessarie al fine di uscire dalla
crisi e ristabilire la normalità, fino alla data di un formale passaggio di
consegne al nuovo Parlamento a Bengasi(o altra sede scelta di comune accordo).
Per
parte sua, il Parlamento di Tobruk
definisce quale gruppo terroristico (al pari di Ansar al-Sharia) ogni
formazione che agisce sotto il capello della Coalizione Alba; inoltre nomina il
Gen. Nazouri, vicino ad Haftar, Capo di Stato Maggiore (il precedente era
islamista), destituisce il Vice Ministro della Difesa Sharif (anch’egli
islamista) ed, infine, riconferma l'incarico ad Al-Thinni per gli affari
correnti. Vi sono dunque due governi e due parlamenti.
Il
25 agosto 2014 i Paesi vicini
alla Libia si riuniscono al Cairo nel formato Paesi confinanti (Egitto,
Algeria, Tunisia, Sudan, Ciad e Niger, Lega Araba ed Unione africana, oltre
alla Libia stessa), a livello di Ministri degli Esteri. Su forte impulso dell’Egitto, vengono delineate nella dichiarazione
finale una serie di proposte: invito ad un cessate il fuoco immediato, come
pre-condizione per l’avvio di un processo di riconciliazione nazionale e per
l’elaborazione del testo costituzionale; impegno di tutti gli attori esterni
per porre fine alla fornitura di armi alle milizie; offerta di assistenza per
la sicurezza delle frontiere; lotta al terrorismo e prosciugamento delle sue
fonti di finanziamento; rafforzamento delle istituzioni nazionali, in primis
il neoeletto Parlamento, l’esercito e la polizia (questi ultimi da “ricostruire
e abilitare”); massima inclusività del dialogo nazionale, aperto a chiunque
rinunci alla violenza; meccanismi di monitoraggio dell’iniziativa a livello dei
Ministeri degli Esteri degli Stati confinanti, in cooperazione coi due emissari
arabo e africano.
Il 27 agosto 2014 il
Consiglio di Sicurezza approva all'unanimità la Risoluzione n. 2174 (2014), presentata dalla Presidenza britannica e
sostenuta anche da Italia, USA,
Francia, Germania, Austria, Lussemburgo, Corea e Rwanda, al fine di chiedere
alle parti l'immediata cessazione degli scontri e l'inizio di un dialogo
politico inclusivo e guidato dai Libici, nonché a rendere più efficace
l’embargo sulle armi e rafforzare il regime sanzionatorio contro nuove violenze
o violazioni di diritti umani.
Il 30 agosto 2014 l'UE nelle
conclusioni del Consiglio europeo, condanna l'escalation degli scontri in Libia, fa appello a tutte le parti libiche ad accettare un cessate il fuoco
immediato e a impegnarsi in maniera costruttiva in un dialogo politico
inclusivo, incoraggia i vicini regionali a sostenere l'immediata cessazione
delle ostilità e ad astenersi da azioni che possano esacerbare le attuali
divisioni e minare il processo di transizione democratica della Libia. Infine
fa appello al Governo libico ad interim
ed alla Camera dei Rappresentanti perché istituiscano urgentemente un governo
autenticamente inclusivo, nonché all'Assemblea costituente perché prosegua con
urgenza nel suo lavoro.
Il 3 e 4 settembre 2014, in
occasione del vertice di Newport, la NATO ribadisce l'appello a tutte le parti
libiche ad accettare un cessate il fuoco immediato e a impegnarsi in maniera
costruttiva in un dialogo politico inclusivo. Riconosce il ruolo centrale dell'ONU nel coordinamento degli sforzi
internazionali e ribadisce il sostegno ad UNSMIL.
La NATO ribadisce la sua
disponibilità a sostenere la Libia nell'institution building in
materia di sicurezza e difesa e a sviluppare una partnership di lungo periodo
che possibilmente conduca all’adesione della Libia nel Dialogo Mediterraneo.
Il 12 settembre 2014, nel briefing al Consiglio di Sicurezza del neo-nominato Rappresentante speciale delle
Nazioni Unite, il diplomatico spagnolo Bernardino León, viene ribadito che
la soluzione della crisi libica non può essere perseguita tramite mezzi militari,
bensì attraverso un consenso politico basato su alcuni principi chiave tra cui:
il rispetto della Dichiarazione costituzionale, il processo democratico, le
elezioni legislative del 25 giugno, la cessazione dell'incitamento e la
provocazione, il rigetto del terrorismo ed un processo politico inclusivo.
Tali principi dovranno sorreggere i lavori imminenti della ministeriale
del Dialogo per il Mediterraneo occidentale 5+5 di Madrid e dei lavori di apertura della 69° Assemblea
generale dell'ONU del settembre 2014. Il Rappresentante speciale dell'ONU
León inaugura a Ghadames il 29
settembre 2014 un nuovo processo di
dialogo politico in Libia, la cui prima tappa prevede il dialogo tra i
parlamentari della Camera dei Rappresentanti.
Nel mese di novembre 2014, interviene la pronuncia della Corte suprema libica che stabilisce che la
Camera dei Rappresentanti è illegittima sulla base di una serie di motivazioni,
tra le quali: la contestazione dell'emendamento alla Dichiarazione
costituzionale transitoria, sulla cui base le elezioni si sono tenute, che
sarebbe stato a suo tempo approvato con una procedura illegale; lo spostamento
della sede parlamentare da Tripoli a Tobruk; il mancato passaggio di consegne
tra il vecchio ed il nuovo Parlamento in una cerimonia d'insediamento
ufficiale. Tuttavia, i paesi occidentali
continuano a considerare come autorità legittima il Parlamento di Tobruk.
Il 10 novembre 2014 avviene la
proclamazione del Califfato nella città di Derna (nella Libia nord orientale); i dirigenti giurano fedeltà all'ISIS ed
al suo leader al-Baghdadi. Il nuovo
"emiro" che oggi governa, nella veste di massimo giudice religioso,
la città è Mohammed Abdullah,
miliziano di origine yemenita giunto dalla Siria e conosciuto con il nome di
battaglia di Abu al-Baraa el-Azdi.
Anche al-Baghdadi ha accettato e
riconosciuto la dichiarazione di fedeltà da parte di el-Azdi, affermando pubblicamente di sostenere il califfato libico. La formazione
radicale “Shura Council for the Youth of Islam” avrebbe messo sotto
controllo la città ed imposto la sharia
utilizzando esecuzioni pubbliche per instaurare un clima di terrore a essa
favorevole.
Nel corso degli ultimi mesi l’ISIS sta esercitando infatti in Libia
un’attrazione concorrente rispetto al network
di al-Qaida. Questa aveva tentato di penetrare nel paese dalla fine del 2011
cercando di stabilire legami stabili e d’indirizzare le milizie radicali verso
la propria missione, senza tuttavia riuscirvi pienamente.
La significativa presenza di
combattenti libici in Siria
(che sono stimati attualmente in poche centinaia, ma che nel corso degli anni
ha raggiunto le 5000 persone) costituisce un
elemento di facile previsione a favore di un rapido rafforzamento degli
elementi radicali pro-ISIS anche all'interno della Libia. In particolare
proprio la città di Derna (100 mila
abitanti), in realtà mai controllata da nessuna autorità centrale dell’era
post-Gheddafi, sta offrendo la
possibilità di “istituzionalizzare” un nuovo califfato.
Nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 febbraio
la formazione terroristica ha
formalmente preso il controllo di una seconda
città del quadrante orientale, Sirte,
un fondamentale scalo portuale, tanto da istituire il suo quartier generale in
un edificio nella zona centrale. Inoltre, un gruppo di appartenenti allo Stato
Islamico ha fatto irruzione e assunto il controllo di Radio Sirte, una stazione radiofonica dell’omonima città costiera.
A seguito di
questi eventi, si ritiene che la città possa essere dichiarata parte del “Califfato” e la radio usata
per comunicare le nuove regole alla popolazione. Se ciò dovesse avvenire,
sarebbe la seconda città libica a fare parte dello Stato Islamico, dopo la
recente conquista di Derna. Il 14 febbraio Isis, che ha preso spossesso anche
dell’ospedale "Ibn Sina" di Sirte, ha lanciato un’azione
propagandistica diffondendo, come riferito da fonti libiche, volantini che
annunciano l'intenzione di prendere anche Misurata, la terza maggiore città del
Paese dopo Tripoli e Bengasi, nonché porto principale porto.
La conquista di Sirte è stata resa possibile dall’assenza di una
qualsiasi autorità di governo dalla rivolta contro Muammar Gheddafi.
L’area è diventata roccaforte per diverse organizzazioni estremiste, che si
sono spartite le varie zone.
Già nelle scorse settimane, a
seguito dell’attacco terrorista del 27
gennaio all’Hôtel Corinthia nella
capitale libica, l’Ambasciata italiana a
Tripoli “a fronte del progressivo deterioramento della situazione di
sicurezza in Libia e degli scontri che stanno interessando il Paese” aveva
ribadito il “pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli
tuttora presenti a lasciare temporaneamente il paese”.
L’offensiva su Sirte non rappresenta l’unica operazione compiuta
dall’ISIS in Libia: venerdì 13
febbraio i militanti hanno attaccato
due pozzi petroliferi, a El Bahi, nei pressi del terminal costiero di Ras
Lanuf, e a el Dahra, nel Sud Ovest. Ad Al Bahi gli scontri a fuoco con le
guardie del giacimento sono iniziati all’alba e in mattinata erano ancora in
corso. Ad El Dahra invece uomini di Isis hanno dato fuoco a una raffineria,
definita «una delle più importanti» della zona di Sirte. Il 4 febbraio l’ISIS, attraverso Ansar al
Sharia, aveva attaccato un altro pozzo libico francese, al Mabrouk, a circa 170
km a Sud di Sirte facendo almeno 10 morti.
Un’ulteriore conferma della gravità della situazione si
evince dall’annuncio del presidente egiziano
al-Sisi di procedere all’evacuazione dei connazionali dal suolo libico
tramite ponte aereo.
Sempre venerdì 13
l’ISIS ha riferito di avere ucciso 21 ostaggi egiziani copti, rapiti a Sirte
all'inizio di gennaio.
Di fronte
all’ulteriore deterioramento del quadro libico, nella stessa giornata di venerdì
13 il Ministro degli Esteri Gentiloni - dopo avere precisato che l’Italia non
accetterà “che
a poche ore di navigazione dall'Italia ci sia una minaccia terroristica attiva - ha annunciato che in assenza di una mediazione
internazionale in Libia, “l’Italia è pronta a combattere in un quadro
di legalità internazionale”. Quanto al problema dell'immigrazione, ha aggiunto il capo della diplomazia
italiana, “c'è una grandissima parte dei
migranti provenienti dalla Libia che non sono libici, ma che attraversano il
paese perché è uno stato fallito e non c'è nessuna forma di sorveglianza e sono
sfruttati da organizzazioni criminali che gestiscono un decimo del prodotto
interno libico, in una situazione terribile di sfruttamento e traffico di
esseri umani”.
Sulla stessa linea il presidente
del Consiglio Renzi che, intervenendo giovedì all’uscita del Consiglio
europeo, aveva parlato di “emergenza internazionale, non solo europea”,
aggiungendo che “l’impegno di Bernardino León dell’Onu non è stato purtroppo
sufficiente, l’Italia è pronta a fare la propria parte”.
Sabato 14
febbraio
l'alto rappresentante Ue Mogherini ha
avuto un colloquio con l'Inviato speciale delle Nazioni Uniter per la Libia Bernardino León e con il ministro degli
esteri egiziano Sameh Shoukry per
coordinare le diverse iniziative in atto, in un quadro che vede montare l'attenzione
sulla Libia nonché la consapevolezza della necessità di un'azione della
comunità internazionale, per uscire dallo stallo dell’azione ONU nel Paese che
si svolge nell’ambito della missione UNISMIL attraverso un complesso percorso negoziale che potrebbe non essere sufficiente
a scalfire gli interessi dei gruppi armati.
Il ministro degli
esteri Gentiloni, per parte sua, ha ribadito la necessità che la Libia diventi
una priorità per la comunità internazionale e che ''l'Italia ha la responsabilità di sollecitare questa priorità''
presso i partner, con ciò tornando ad evocare l'inevitabilità di un impegno, ma
che sia nella cornice Onu. “L’Italia –
ha affermato il Ministro – è in prima
linea sul piano militare, politico e culturale. Di fronte alla minaccia che
cresce l'Italia deve fare la sua parte nella cornice Onu, ma in Libia non possiamo sottrarci alle nostre
responsabilità''.
L’emittente radiofonica dell’Isis “al Bayan”, che ogni giorno trasmette dalla città irachena di Mosul
un notiziario pubblicato su Youtube, ha riportato le dichiarazioni del ministro
degli Esteri italiano Gentiloni sulla Libia definendolo “il ministro degli Esteri dell'Italia crociata”.
Il presidente del Consiglio Renzi, in una dichiarazione
rilasciata al TG1, ha affermato che il nostro Paese ha rappresentato “all'Ue e
alla comunità internazionale che non si può far finita di dormire. La Libia è
qualcosa che riguarda tutti noi, quindi ci vuole una missione più forte dell'Onu innanzitutto politica e democratica”
nell’ambito della quale l'Italia sarà pronta a fare la sua parte “per difendere l'idea di libertà e
diritti".
La necessità che la Libia
sia considerata “una priorità assoluta per tutta la comunità internazionale”
è stata sottolineata (14 febbraio) anche dal ministro dell'Interno Alfano, secondo il quale “o si spegne
l'incendio, o le fiamme possono divampare con rischi gravi per tutti” poiché
non esistono Paesi a "rischio zero" per gli attacchi terroristici. Il
ministro ha richiamato, inoltre, il capitolo della dichiarazione finale della riunione
informale dei capi di Stato o di governo (Bruxelles, 12 febbraio 2015) dedicato
alla cooperazione, con un occhio particolare a Siria e Libia, e ad un "ripensamento strategico
all'approccio" alle crisi ed ai conflitti soprattutto sulla sponda sud
del Mediterraneo.
Domenica 15
febbraio in un’intervista rilasciata al Messaggero
il ministro della difesa Pinotti ha
affermato che "l’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell'area,
europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato che è
arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan – ha
proseguito Pinotti -abbiamo mandato fino
a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e
in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l'Italia, la
nostra missione può essere significativa
e impegnativa, anche numericamente".
Il Ministro, che ha fatto riferimento all’urgenza di un
intervento su cui si discute da mesi, ha richiamato il precedente dei Balcani
rammentando che in quell’area scongiurare la bonifica etnica “abbiamo inviato decine di migliaia di
uomini e abbiamo contingenti dopo vent'anni per stabilizzare territorio”. Quanto
al potenziale del Califfato, stimato mesi orsono in circa 25mila combattenti, secondo
Pinotti ora potrebbero ammontare anche oltre a 30mila unità. Infine Pinotti ha
sottolineato che ogni decisione o passaggio “verrà
fatto in Parlamento”.
Poche ore dopo Il Ministro degli esteri Gentiloni annunciava che “il
peggioramento della situazione (in Libia) richiede ora un impegno straordinario
e una maggiore assunzione di responsabilità, secondo linee che il governo
discuterà in Parlamento a partire dal prossimo giovedì 19 febbraio"
aggiungendo che “l'Italia promuove questo impegno politico straordinario ed è pronta a
fare la sua parte in Libia nel quadro delle decisioni delle Nazioni Unite”.
Il nostro Paese, ha affermato Gentiloni, “rimane
al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e
ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia, sulla base del negoziato
avviato dall'inviato speciale dell'Onu León, al quale continuerà a partecipare
il nostro inviato speciale Ambasciatore Buccino".
A favore dell’intervento sostenuto dall'Onu per
ristabilire la sicurezza ed evitare che la Libia diventi uno Stato fallito
senza agire si è schierato premier maltese Joseph Muscat in
un’intervista radiofonica.
Il 15 febbraio
è iniziato anche il rientro di un
centinaio di italiani dalla Libia, operazione di alleggerimento che la
Farnesina aveva preannunciato – hanno ribadito fonti del Ministero degli esteri
- dopo l'attacco terrorista del 27 gennaio all'Hotel Corinthia di Tripoli. L’operazione
di rimpatrio a bordo di una unità navale ha riguardato gli italiani residenti
in Libia che hanno deciso di lasciare il Paese; la nave è salpata sotto la
scorta della Marina Militare e la sorveglianza aerea di un Predator (velivolo a
pilotaggio remoto) dell'Aeronautica, mentre le attività a terra sono state monitorate
dai carabinieri in servizio presso l'ambasciata italiana.
Nella stessa giornata l'ambasciata
d'Italia a Tripoli ha sospeso le sue
attività ed il personale è stato
temporaneamente rimpatriato via mare. La Farnesina ha comunicato che i servizi
essenziali saranno comunque assicurati. Il Presidente del Consiglio Renzi ha
dato un messaggio di cautela e di prudenza affermando che “da mesi denunciamo la situazione in Libia e chiediamo che sia
considerata una priorità per tutti, in Europa e non solo per l'Italia”.
Pertanto “la priorità - ha sottolineato –
è sostenere e raddoppiare gli sforzi dell'Onu nell'iniziativa politica e
diplomatica. E su questo l'Italia è pronta a fare la sua parte".
Tra il 14 e il 15 febbraio numerose imbarcazioni di migranti sono state soccorse nel Canale di Sicilia da varie unità navali della Guardia costiera italiana e da una nave islandese del dispositivo di Triton. All’escalation migratoria legata alle condizioni di estrema insicurezza della Libia si è affiancata un episodio, a circa 50 miglia da Tripoli, che ha visto il coinvolgimento di quattro uomini armati su un barchino che hanno intimato, sotto la minaccia delle armi, al personale di bordo (che non è armato, riferiscono fonti di agenzia, trattandosi di operazioni di ricerca e soccorso) di una motovedetta della Guardia costiera che stava soccorrendo un'imbarcazione con migranti a bordo, di rilasciare l’imbarcazione dopo il trasbordo dei migranti. Il Ministro delle infrastrutture Lupi, ha definito la vicenda “un fatto allarmante, che segna un ulteriore salto di qualità”.
Il bilancio complessivo delle due giornate ammonta a 2.164 migranti soccorsi, che si trovavano
a bordo di 12 diverse imbarcazioni e
che sono stati tutti recuperati
Nella serata del 15 febbraio la notizia, già diffusa il 12
ma non confermata, dell'uccisione dei 21 cristiani copti, rapiti a
Sirte, ha trovato conferma nella diffusione di un video postato sul web e confermato dal Site, il sito americano di monitoraggio
del jihadismo in internet, intitolato "Messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce" e
attribuito a un gruppo che si identifica come “lo Stato Islamico della provincia di Tripoli”. Il video contiene
una minaccia diretta all’Italia: "ci avete visti in Siria, ora siamo
qui, a sud di Roma" dice il “portavoce” del gruppo di tagliagole.
L’uccisione dei 21 cristiani copti è stata condannata dal Consiglio di
Cooperazione del Golfo (Ccg) di cui fanno parte Arabia Saudita, Kuwait, Emirati arabi uniti,
Oman, Qatar e Bahrein.
Il 16 febbraio
aerei dell'esercito egiziano hanno colpito, nel corso di otto raid, obiettivi
dell'Isis a Derna, Bengasi e Sirte, tra cui campi di addestramento e depositi
di armi in risposta all'uccisione dei 21 copti, tornando indenni alle loro basi.
Subito dopo il generale Khalifa Haftar, esponente di spicco
dell'esercito regolare libico, ha dichiarato di essere pronto a collaborare con
gli attacchi dell'Egitto contro l'Isis e altri gruppi terroristici in Libia
perché – ne riportano le parole media egiziani – “l'uccisione dei copti è un crimine orribile che dimostra il livello di
pericolo che ha di fronte il popolo arabo”.
In un’intervista a Repubblica (16 febbraio) il ministro dell’interno Alfano ha
sostenuto l’urgenza di intervenire in
Libia con una missione Onu sottolineando che ''l'avanzata del Califfato in Libia accentua tutti i profili di
rischio''. I vertici diplomatici egiziani, nel ribadire il diritto, sancito dall'Onu, a difendere i
propri cittadini all'estero, hanno chiesto alla comunità internazionale di
assumersi le proprie responsabilità e di prendere misure contro le postazioni
dell'Isis e delle altre formazioni terroristiche in Libia.
Il presidente del Consiglio Renzi ha discusso la situazione libica ed i relativi passi politici
e diplomatici, nel quadro del Consiglio di sicurezza Onu, in un lungo colloquio
telefonico con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. In un'intervista
sulla situazione in Libia rilasciata al Tg5 Renzi, richiamata l’unitarietà
condivisa della visione del governo sulla crisi libica, ha affermato che “non è il momento per l'intervento
militare”. Il Governo italiano, ha aggiunto Renzi, propone di “aspettare che il Consiglio di Sicurezza
dell'Onu lavori un po' piu' convintamente sulla Libia, anche se è comprensibile
che ci siano altre questioni: l'Ucraina, la Siria e l'Iraq, il Medio
Oriente...". Nell'ambito di un'azione Onu, ha aggiunto, bisogna
coinvolgere "tutti gli attori in
gioco, le tribu' locali, i Paesi dell'Unione Africana, i Paesi arabi ed europei".
Il premier
libico Abdullah al Thani, in un'intervista
pubblicata sul sito web della Reuters si è così espresso: "Chiedo alle potenze mondiali di sostenere la Libia e
intraprendere azioni militari, o questa minaccia (l'Isis) si sposterà nei Paesi
europei, in particolare l'Italia", successivamente precisando
attraverso i media libici di non aver chiesto alcun intervento di terra da
parte di truppe straniere. "Ci stiamo coordinando
con la nostra controparte egiziana per combattere l'Isis", ha detto al Thani che ha
rinnovato l’appello alla Comunità internazionale ad armare le Forze armate libiche, riferendosi ad una revoca dell'embargo sugli armamenti imposto
alla Libia.
Secondo quanto riferito dal quotidiano egiziano Al Ahram
il portavoce dell'Esercito libico, il maggiore Mohamed Hegazy, ha affermato
che nei raid egiziani su Derna e Sirte sono stati uccisi 64 combattenti
dell'Isis, tra cui tre dei loro leader,
mentre i feriti sarebbero decine (nessun civile).