Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Ulteriori sviluppi della crisi politica in Ucraina: il referendum secessionista in Crimea
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 103    Progressivo: 1
Data: 18/03/2014
Descrittori:
UCRAINA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Ulteriori sviluppi della crisi politica in Ucraina: il referendum secessionista in Crimea

18 marzo 2014
Schede di lettura


Indice

L'acuirsi delle tensioni|La dichiarazione di indipendenza della Crimea e le reazioni internazionali|Il referendum sull'annessione della Crimea alla Russia|Gli ultimi sviluppi|Per saperne di più:|


L'acuirsi delle tensioni

Gli ultimi giorni della crisi internazionale intorno all’Ucraina hanno visto il progressivo indurimento delle posizioni dei paesi dell'Europa occidentale, sostanzialmente coincidenti con quelle degli Stati Uniti, ove però sembra rimanere qualche margine di maggior prudenza. Particolarmente rilevante appare l'evoluzione della posizione tedesca, che progressivamente si è allineata al Regno Unito, alla Francia e alla Polonia nell'ammonire la Russia a non assecondare il referendum per l'adesione della Crimea. Assai rilevante appare poi la posizione cinese, la quale, evidentemente per le preoccupazioni squisitamente interne in relazione alle numerose minoranze nazionali del proprio territorio, sembra disallinearsi rispetto alla tradizionale collocazione di solidarietà con la Russia.

In dettaglio, il 10 marzo aerei ricognitori d’alta quota Awacs della NATO hanno iniziato a percorrere i cieli di Polonia e Romania per un monitoraggio della situazione ucraina: gli Stati Uniti chiedevano nel contempo ai russi concrete prove d'impegno per una soluzione diplomatica della questione, anzitutto fermando l’afflusso di truppe in Crimea, e non dando corso all'adesione della penisola a Mosca. Sul fronte dell'Unione europea l'Alto rappresentante per la politica estera Ashton ha espresso preoccupazione per l’incremento dell'intervento militare russo in Crimea e gli episodi di violenze ad esso collaterali.

In Crimea intanto il governo locale di Sebastopoli procedeva a chiudere 13 emittenti favorevoli al governo di Kiev, mentre si decretava l'ufficialità della lingua russa per i documenti di circolazione fino ad oggi redatti in ucraino. Tutto ciò mentre proseguiva l'azione di militari russi senza mostrine ufficiali e di miliziani filorussi per il controllo delle basi militari e dei punti strategici della penisola. Di rilievo l'opposizione apertamente espressa dei Tatari di Crimea al referendum, rispetto al quale hanno annunciato di non voler partecipare e di non voler riconoscerne il risultato.


La dichiarazione di indipendenza della Crimea e le reazioni internazionali

L'11 marzo il Parlamento di Simferopoli, capitale della Crimea, giungeva a dichiarare l'indipendenza dall'Ucraina, anticipando in qualche modo il referendum previsto per il 16 marzo: la dichiarazione è stata approvata con 78 voti su 81 e, particolare importante, cita espressamente la questione del Kosovo come precedente che faciliterebbe la conformità al diritto internazionale della secessione della Crimea. In realtà proprio il caso del Kosovo rischia di essere per Mosca e i filorussi di Crimea un boomerang, in quanto la Russia – insieme per la verità a decine di altri paesi, tra cui alcuni Stati membri della UE - non ha mai riconosciuto l'indipendenza della ex provincia serba. Inoltre, il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 22 luglio 2010 che aveva legittimato l'indipendenza del Kosovo - parere anche esso espressamente richiamato nella delibera del Parlamento di Crimea -, si basava sulla non contraddizione di tale evento nei confronti della risoluzione 1244 delle Nazioni Unite che aveva posto fine al conflitto del 1999: ma si trattava appunto di un conflitto sanguinoso giunto al culmine di un decennio di pesanti discriminazioni contro la maggioranza albanese del Kosovo, che prima dell'indipendenza era stato amministrato per quasi un altro decennio come protettorato dalla Comunità internazionale.

A fronte di questi sviluppi l’Unione europea, preparandosi ad accelerare il percorso sanzionatorio contro la Russia, annunciava l'eliminazione entro pochi mesi dei dazi doganali su più del 90% dei prodotti dell’Ucraina – che dovrebbe fruttare a Kiev circa mezzo miliardo di euro l'anno -, quale primo atto del pacchetto di aiuti all'Ucraina. Per quanto concerne la Russia, il ministero degli esteri si è espresso per la legittimità della dichiarazione d'indipendenza della Crimea.

Il 12 marzo si è svolta la visita a Washington del neopremier ucraino Iatseniuk, preceduta da una forte presa di posizione congiunta del G7 e dell'Unione europea, nella quale si definisce l'annessione della Crimea alla stregua di una chiara violazione della Carta dell'ONU, invitando Mosca a desistere dalle proprie iniziative nei confronti della Crimea e preannunciando il non riconoscimento del risultato di un eventuale referendum in loco. Tale consultazione, infatti, non sarebbe stata adeguatamente preparata e sarebbe invalidata dall'ipoteca militare rappresentata dalle cospicue truppe russe già dispiegate nella regione.

Per quanto riguarda Iatsemiuk, questi ha incontrato il presidente Obama, ma anche i vertici della Banca mondiale del Fondo monetario internazionale, per verificare la disponibilità al sostegno finanziario del paese nella difficilissima situazione economica che si affianca alla crisi politica e dei rapporti con Mosca. Per quanto concerne la posizione statunitense, va ricordato che sia la Camera dei rappresentanti che il Senato hanno chiesto con chiarezza all'Amministrazione USA di imporre sanzioni commerciali non solo ad alti responsabili politici e burocratici della Russia, ma anche contro banche e organizzazioni commerciali controllate dallo Stato russo. In realtà, nonostante la netta dichiarazione di sostegno all’Ucraina rilasciata da Obama dopo l'incontro Iatseniuk, gli Stati Uniti hanno una posizione relativamente possibilista, e ciò non deve stupire, in ragione sia del grande peso politico e militare del paese, sia della complessità delle questioni internazionali ancora sul tappeto, nelle quali alienarsi per un lungo periodo il sostegno russo potrebbe essere per Washington particolarmente controproducente - basta citare il caso del conflitto siriano e la questione dei rapporti con l'Iran.

A fronte di una situazione che ha consigliato all’Aeroflot e alle altre compagnie aeree russe di modificare le rotte di sorvolo sull'Ucraina, Mosca ha reagito il 13 marzo al rafforzamento del dispositivo aereo della NATO sui cieli di Polonia, Romania e Lituania con nuove manovre militari nelle regioni occidentali confinanti con l’Ucraina, e con l'invio di una decina di aerei da combattimento in Bielorussia. A tutto ciò, Kiev ha risposto istituendo la Guardia nazionale, che dovrebbe essere formata da 60.000 uomini alle dipendenze del ministero dell'interno. Una vittima si è registrata in tanto nell’Ucraina orientale, a Donetsk, in seguito a scontri tra manifestanti filorussi e fedeli al governo di Kiev.

Gli Stati Uniti e la Germania hanno marciato di comune accordo con discorsi nei rispettivi parlamenti del segretario di Stato John Kerry e di Angela Merkel, preannunciando serie misure di carattere economico suscettibili di danneggiare la Russia. Il premier ucraino ha parlato di una inaccettabile aggressione da parte di uno Stato vicino e dell'appartenenza indiscutibile della Crimea all’Ucraina, nonostante l’imminente referendum, definito artificioso e falso. La Russia, per bocca del presidente Putin che presiedeva un incontro del Consiglio di sicurezza dell'ONU, ha dichiarato di non avere alcuna colpa nella crisi in atto, nella quale sarebbe stata solo coinvolta. Peraltro gli Stati Uniti facevano circolare nel Consiglio di sicurezza una bozza di risoluzione sull'illegittimità del referendum di annessione della Crimea alla Russia.

A fronte di questi sviluppi l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha congelato il processo di adesione della Russia, mentre la Corte dei diritti umani del Consiglio d'Europa accoglieva a Strasburgo un ricorso dell’Ucraina contro la Russia, e richiedeva ai due paesi di astenersi da misure di reciproca ostilità, particolarmente di carattere militare, che si configurerebbero come violazione dei diritti della popolazione civile.

Avvicinandosi sempre più la consultazione referendaria in Crimea, il premier locale Aksionov si augurava l’accettazione da parte ucraina del risultato scontato a favore di Mosca: in caso contrario, Aksionov si diceva pronto a ogni eventualità. Aksionov non rinunciava neanche a invitare le province dell'Ucraina sudorientale a dar vita anch'esse a referendum per l'annessione alla Russia, polemizzando con l'Unione europea, le cui sanzioni dichiarava di non temere. Queste esternazioni avevano una risposta sul piano informatico, quando alcuni hacker evidentemente contrari alla Russia davano luogo ad attacchi informatici ai siti del Cremlino, del ministero degli esteri e della Banca centrale russa, nonché ad alcuni siti istituzionali della Crimea.

Sul piano diplomatico, si registrava un ulteriore fallimento con l'incontro di John Kerry e di Serghiei Lavrov nella residenza dell'ambasciatore statunitense a Londra: sei ore di colloqui approdavano a conferenze stampa separate, nelle quali le parti ribadivano le rispettive posizioni. Lavrov, in particolare, escludeva qualunque intento di invasione dell’Ucraina sudorientale da parte russa, ridimensionando in parte dichiarazioni uscite del suo stesso dicastero, ma ribadiva che Mosca rispetterà il risultato del referendum della Crimea, che Putin definiva nuovamente conforme ai principi del diritto internazionale in un colloquio telefonico con il segretario generale delle Nazioni Unite Ban ki-moon.


Il referendum sull'annessione della Crimea alla Russia

Il 15 marzo, mentre Mosca assisteva alla mobilitazione pacifista di decine di migliaia di persone, regolarmente autorizzata; nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la Russia poneva come previsto il veto sulla risoluzione contro il referendum in Crimea, toccando peraltro un forte isolamento, in ragione dell'astensione della Cina sul documento. La giornata si era aperta con la notizia di due vittime per nuovi scontri nella notte tra filorussi e militanti di estrema destra ucraini nella città di Kharkiv, assai vicina alla frontiera con la Russia.

Nel tardo pomeriggio Kiev denunciava lo sconfinamento di truppe russe nella regione di Kherson, chiedendone il ritiro immediato e preannunciando di voler reagire con ogni mezzo possibile.

Il 16 marzo si aprivano i seggi per il referendum in Crimea, preceduti dall'attacco di hacker ucraini ma favorevoli alla Russia contro i siti web della NATO, che non avrebbe avuto effetti sull'operatività dei siti medesimi. Intanto il ministro ucraino della difesa ad interim Teniukh denunciava che il numero di soldati russi presenti in Crimea avrebbe raggiunto quasi il doppio del limite di 12.500 consentito dagli accordi in vigore, collegati alla presenza della flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli.

Con il referendum in svolgimento, in un colloquio telefonico coin la cancelliera tedesca Merkel il presidente russo.ripeteva che Mosca rispetterà l'esito del referendum, che si svolgerebbe nel pieno rispetto delle norme del diritto internazionale. Significativamente, tuttavia, si diceva preoccupato per le tensioni nelle regioni dell’Ucraina sudorientale, innescate da gruppi estremisti con il permesso del governo di Kiev. A Putin si aggiungeva la voce di Lavrov, che in una telefonata con il suo omologo statunitense John Kerry lo invitava a fare pressioni sul governo di Kiev per fermare le azioni contro i filorussi e i russi che si trovano in Ucraina. Uno spiraglio emergeva tuttavia nel colloquio sul punto di favorire una riforma costituzionale in Ucraina sotto supervisione internazionale, che preveda il rispetto degli interessi di tutte le regioni del paese.

Il governo ucraino richiedeva intanto all’OSCE (Organizzazione sulla cooperazione e la sicurezza in Europa), magari mediante una sessione straordinaria, di deliberare l'invio di urgenza di osservatori nell’Ucraina sudorientale e in Crimea: su tale eventualità anche il presidente russo Putin e la cancelliera tedesca Merkel si erano intrattenuti telefonicamente.

Il presidente della commissione elettorale centrale di Crimea, Mikhail Malishev, ha annunciato il 17 marzo i risultati definitivi del referendum, cui ha partecipato l’83,1% degli aventi diritto.

I voti favorevoli alla riunificazione con la Russia sono stati 1.233.000 circa, pari al 97,47% dei voti validi, mentre i voti contrari sono stati 32.000 circa (il 2,53%).


Gli ultimi sviluppi

Il 17 marzo il parlamento della Crimea ha approvato (con 88 voti a favore su 95), in una sessione straordinaria, i risultati della consultazione proclamando la Repubblica di Crimea come Stato sovrano indipendente nel quale la città di Sebastopoli ha uno status particolare; il Parlamento ha inoltre chiesto al Cremlino di accettare nella Federazione Russa la Repubblica staccatasi dall'Ucraina. Tuttavia la Russia non può incorporare la Crimea su semplice richiesta di essa, poiché in base al diritto internazionale solo uno Stato già sovrano può richiedere di entrare a far parte di un altro Stato. Ecco dunque che il decreto firmato dal presidente Putin si limita a riconoscere l’indipendenza e la sovranità della Crimea, almeno in un primo tempo.

Contestualmente, il Parlamento ha deciso di nazionalizzare le proprietà statali ucraine situate in Crimea e ha dichiarato il rublo valuta ufficiale della Crimea, a partire dal 17 marzo, riconoscendo parallelamente, ma solo fino al gennaio 2016, la validità della moneta ucraina (grivnia ucraina).

Ciononostante USA e UE hanno ribadito l’illegittimità del referendum e si sono schierate a favore della sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina.

I ministri degli Esteri della UE, riuniti il 17 marzo a Bruxelles, hanno approvato sanzioni contro 21 personalità russe e crimee. Tra le misure varate dai Ventotto ci sono il congelamento dei visti e dei beni detenuti all'estero.

Sulla base di un ordine firmato dal Presidente Obama il 6 marzo scorso, il dipartimento del Tesoro USA ha dal canto suo imposto le sanzioni, che prevedono divieto di visti e congelamento dei beni, a undici tra politici e alti funzionari russi e ucraini. Si tratta di sette russi: Dmitry Rogozin (vicepremier) Vladislav Surkov e Sergey Glazyev (consiglieri di Putin, considerati eminenze grigie del Cremlino), Leonid Slutsky (presidente della commissione Affari Interni della Duma), Andrei Klishas (presidente della commissione Affari Costituzionali del Consiglio della Federazione - il Senato russo), Valentina Matviyenko (presidente del Consiglio della Federazione), Yelena Mizulina (deputata della Duma).

I quattro ucraini sono: l'ex presidente ucraino Viktor Yanukovych, il suo fedelissimo Viktor Medvedchuk, e i leader separatisti della Crimea Sergei Aksyonov, che si è proclamato premier della Crimea e Vladimir Konstantinov, Speaker del parlamento della Crimea.

Particolarmente rilevante appare la presa di posizione di Mikhail Gorbaciov a favore del referendum della Crimea: secondo l’ex segretario generale del PCUS, infatti, il “regalo” della penisola all’Ucraina nel 1954 fu un errore storico di Krusciov, che allora la popolazione locale non poteva assolutamente contestare. Il referendum non avrebbe fatto altro che correggere quell’errore. Gorbaciov si è poi detto deluso della posizione delle potenze occidentali, e particolarmente degli USA, che insisterebbero nello sforzo di imporre la propria supremazia sui alcuni territori della ex Unione Sovietica, dimenticando la rilevanza geopolitica mondiale della Russia.

Mentre il 18 marzo anche il Giappone si è unito al fronte delle sanzioni contro Mosca, congelando i previsti negoziati bilaterali su grandi progetti di investimento e sulla collaborazione nel campo dell’utilizzazione pacifica dello spazio: il presidente Putin ha informato il Parlamento russo in via ufficiale della richiesta della crimea di entrare a far parte della Federazione. Subito dopo Putin ha disposto per l’approvazione della bozza di accordo con la Crimea relativa all’annessione della penisola alla Federazione russa – era intanto stato annullato l’incontro a Mosca dei ministri degli esteri e della difesa della Russia con gli omologhi francesi.

Ben più rilevante appare il successivo annuncio del ministro degli esteri francese Fabius sulla sospensione della partecipazione della Russia al vertice G8 di giugno, che peraltro avrebbe potuto svolgersi proprio a Sochi, città russa recente sede delle Olimpiadi invernali.


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