Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||||||
Titolo: | Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive - D.L. 133/2014 - A.C. 2629 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale | ||||||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la I Commissione affari costituzionali Numero: 91 | ||||||||||
Data: | 15/10/2014 | ||||||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive
15 ottobre 2014
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ContenutoIl decreto-legge si compone di 45 articoli, organizzati in 10 capi: Di seguito è illustrato il contenuto delle disposizioni, sulla base degli ambiti materiali di intervento. |
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INFRASTRUTTUREArticolo 1, commi 1- 9 - Interventi sugli assi ferroviari Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina L'articolo 1 prevede (al comma 1) la nomina dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. "legge obiettivo"). L'incarico ha una durata di due anni ed è rinnovabile, tenuto conto anche dei risultati conseguiti nel corso dell'attività , che si svolge – secondo quanto precisato dalla norma – senza compensi aggiuntivi. Al Commissario sono attribuiti compiti e poteri (disciplinati dai commi 2 e 8). In particolare il Commissario deve: provvedere all'approvazione dei progetti per consentire l'avvio dei lavori di parte del tracciato entro il 31 ottobre 2015; eventualmente rielaborare i progetti approvati, ma non appaltati; bandire le gare anche sulla base dei soli progetti preliminari; provvedere alla consegna dei lavori, anche con l'adozione di procedure di urgenza,entro termini tassativi fissati nella norma decorrenti dalla conclusione della conferenza di servizi. Le decisioni assunte dal Commissario possono derogare a quanto contenuto nel contratto istituzionale di sviluppo, che è stato sottoscritto il 2 agosto 2012 tra il Ministro per la Coesione territoriale, il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, le Regioni Campania, Basilicata e Puglia, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana. Andrebbe valutata l'opportunità di chiarire, da un lato, il rapporto tra i poteri attribuiti al Commissario e le procedure delineate dal Codice dei contratti pubblici, relativamente all'approvazione dei progetti preliminari e definitivi riguardanti le infrastrutture strategiche, incluso lo svolgimento della conferenza di servizi, alla pubblicazione dei bandi di gara e alla consegna dei lavori, e, dall'altro, il rapporto tra il Commissario e i soggetti (Ministeri, CIPE, regioni) a cui, nell'ambito di tali procedure, sono assegnate le competenze. Sarebbe, altresì, opportuno, esplicitare le norme cui il Commissario deroga nell'espletamento della propria attività . Lo stesso articolo dichiara la pubblica utilità , indifferibilità e urgenza degli interventi da praticarsi sull'area di sedime della tratta ferroviaria Napoli-Bari (comma 3) e detta disposizioni finalizzate all'accelerazione delle procedure di acquisizione degli atti di assenso sia in conferenza di servizi (che deve essere convocata entro 15 giorni dall'approvazione dei progetti definitivi) che successivamente (commi 4 e 5). Il comma 4 prevede, in particolare, per gli interventi in questione, la convocazione di una conferenza di servizi entro 15 giorni dall'approvazione dei progetti definitivi. Lo stesso comma disciplina i casi di assenza o di dissenso, prevedendo che:
Una speciale disciplina è prevista dall'articolo 165 Codice dei contratti per lo svolgimento della conferenza dei servizi che si svolge sul progetto preliminare con riguardo alla realizzazione delle infrastrutture strategiche. Il comma 6 di tale articolo disciplina il procedimento in caso di motivato dissenso delle regioni o province autonome. Al riguardo, si fa notare che la disposizione demanda la decisione al Commissario in deroga al comma 3 dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990 che prevede, in tali casi e sulla base della procedura ivi disciplinata, la deliberazione del Consiglio dei Ministri ma che, per espressa previsione della norma, non si applica ad infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. Con la disposizione in esame, pertanto, si consente l'intervento in via sostitutiva del Commissario, laddove la norma generale esclude tale possibilità in favore del Consiglio dei Ministri. Specifiche disposizioni riguardano la rendicontazione degli interventi (comma 8) e la possibilità di avvalersi dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (comma 6). Il finanziamento degli interventi è a valere sulle risorse previste nell'ambito del Contratto di programma stipulato tra RFI e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 7). Il comma 9 prevede, infine, che le predette disposizioni per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari si applicano anche alla realizzazione dell'asse ferroviario AV/AC Palermo – Catania – Messina. Articolo 1, comma 10 - Contratto di programma RFI Il comma 10 dell'articolo 1 dispone: a) l'approvazione del Contratto di Programma 2012-2016 parte Investimenti tra Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e MIT, stipulato l'8 agosto 2014, con la finalità di consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale. In attesa della vigenza del nuovo Contratto, il proseguimento della regolazione dei rapporti tra lo Stato e il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria (RFI S.p.A.) sulla base del Contratto di programma 2007-2011, era stato autorizzato dall'art. 17, comma 4-bis, del D.L. n. 16/2014, fino alla conclusione della procedura di approvazione del Contratto di programma -parte investimenti 2012-2016, al fine di consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale e l'attuazione dei relativi programmi di investimento; b) l'assegnazione di una quota pari a 220 milioni di euro di risorse già stanziate, quale contributo in conto impianti a favore di RFI per gli interventi di manutenzione straordinaria previsti nel Contratto di Programma parte Servizi 2012-2014, approvato con Delibera CIPE n. 22 del 18 marzo 2013 e su cui hanno espresso parere le competenti Commissioni parlamentari. Articolo 1 co. 11 - Misure per gli aeroporti Il comma 11 dell'articolo 1 dispone l'approvazione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro sessanta giorni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, dei contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale, per consentire l'avvio degli investimenti previsti nei contratti di programma. Si prevede inoltre che per gli stessi aeroporti il parere favorevole espresso dalle Regioni e dagli enti locali interessati sui piani regolatori aeroportuali comprenda ed assorba, a tutti gli effetti, la verifica di conformità urbanistica delle singole opere inserite negli stessi piani regolatori. Articolo 2 - Infrastrutture strategiche affidate in concessione L'articolo 2, comma 1, introduce una disposizione che – con riferimento alla realizzazione di infrastrutture strategiche in concessione, nell'ipotesi di sviluppo del progetto per stralci funzionali o, nei casi più complessi, di successive articolazioni per fasi – consente al bando di gara di prevedere l'integrale caducazione della concessione stessa, con la conseguente possibilità in capo al concedente di rimettere a gara la concessione per la realizzazione dell'intera opera. Tale facoltà potrà essere esercitata qualora, entro un termine (da indicare nel bando stesso) non superiore a 3 anni dalla data di approvazione da parte del CIPE del progetto definitivo dello stralcio funzionale immediatamente finanziabile, la sostenibilità economico finanziaria degli stralci successivi non sia attestata da primari istituti finanziari. Viene precisato che la disposizione non si applica alle concessioni ed alle procedure in finanza di progetto con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del decreto legge (comma 2). Ulteriori disposizioni sono volte ad estendere l'applicazione di norme vigenti in materia di concessioni agli interventi in finanza di progetto relativi a infrastrutture strategiche e a interventi da realizzare mediante finanza di progetto le cui proposte sono state dichiarate di pubblico interesse (commi 3 e 4). Articolo 3, commi 1-9 - Fondo "sblocca cantieri" L'articolo 3 destina, al fine di consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori, 3.890 milioni di euro al Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (cd. "sblocca cantieri") per il periodo 2013-2020 con la seguente articolazione temporale: 39 milioni di euro per il 2013; 26 milioni di euro per il 2014; 231 milioni di euro per il 2015; 159 milioni di euro per il 2016; 1.073 milioni di euro per il 2017; 2.066 milioni di euro nel 2018; 148 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 (comma 1). Il comma 2 demanda a uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'assegnazione delle risorse del Fondo a una serie di interventi finanziabili suddivisi in tre categorie: - interventi ex articoli 18 e 25 del D.L. 69/2013 cantierabili entro il 31 dicembre 2014 (lettera a); - interventi appaltabili entro il 31 dicembre 2014 e cantierabili entro il 30 giugno 2015 (lettera b); - interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015 (lettera c). Nell'ambito delle varie tipologie sono ricompresi singoli interventi e categorie generiche di interventi (come ad es. il programma ponti e gallerie gestito da ANAS, incluso nella lettera b), e le opere segnalate dai comuni alla Presidenza del Consiglio dal 2 al 15 giugno 2014 o le richieste inviate nell'ambito del Programma Seimila Campanili). La norma non precisa l'entità delle risorse che verranno destinate ai singoli interventi in quanto l'assegnazione delle risorse è demandata ai decreti interministeriali; una stima indicativa dei fabbisogni è indicata nella relazione tecnica. L'unico vincolo nella destinazione delle risorse fissato nella norma è quello stabilito nel comma 3, che riserva 100 milioni di euro agli interventi di completamento di beni immobiliari demaniali di competenza dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche. Il mancato rispetto dei termini fissati dalle lettere a), b) e c) del comma 2 per l'appaltabilità e la cantierabilità delle opere determina la revoca del finanziamento assegnato a valere sulle risorse del decreto; sembrerebbe, pertanto, che entrambi i termini debbano essere rispettati ai fini dell'utilizzo delle risorse. In base al comma 7, con i medesimi decreti interministeriali di assegnazione delle risorse sono stabilite, in ordine a ciascun intervento, le modalità di utilizzo delle risorse assegnate, monitoraggio dell'avanzamento dei lavori, applicazione di misure di revoca. Le risorse revocate confluiscono nel "Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico" e sono attribuite prioritariamente a una serie di opere elencate nella norma (comma 6). Il comma 4 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal rifinanziamento del Fondo di cui al comma 1, pari a 3.890 milioni di euro per gli anni dal 2013 al 2020, ponendoli:
Articolo 3, commi 8 e 11 - Ulteriori disposizioni riguardanti vari interventi infrastrutturali Ulteriori disposizioni riguardano, inoltre, la conferma del finanziamento destinato alla riqualificazione della strada provinciale n. 46 Rho-Monza e l'assegnazione definitiva alla società ANAS S.p.A. delle risorse finanziarie per il completamento dell'intervento "Itinerario Agrigento - Caltanissetta - A19 - Adeguamento a quattro corsie della SS 640 tra i km 9+800 e 44+400" (comma 8). Il comma 11 infine abroga la disciplina che prevedeva: la sottoposizione al CIPE delle proposte dei soggetti promotori per l'approvazione dei progetti preliminari degli interventi di adeguamento della SS "Telesina" e del collegamento Termoli-San Vittore; l'annullamento della procedura avviata e la revoca dei soggetti promotori in caso di mancata approvazione delle proposte; la destinazione esclusiva di risorse già assegnate con delibere CIPE e a valere sul Fondo sviluppo e coesione all' adeguamento della strada statale n. 372 "Telesina. Articolo 3, comma 9 - Programmazione opere strategiche Il comma 9 prevede la riprogrammazione finanziaria delle opere strategiche (incluse nell'11° allegato infrastrutture approvate dal CIPE nella seduta del 1° agosto 2014) non ancora avviate e per le quali era prevista una copertura parziale o totale a carico delle annualità 2007-2013 del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC). In tali casi il comma 9 dispone che le opere confluiscono automaticamente nel nuovo periodo di programmazione 2014-2020. Articolo 3, comma 10 - Ruolo del MIT nei programmi ESPON e URBACT In base al comma 10 il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti è confermato autorità nazionale capofila e capo delegazione dei Comitati di sorveglianza con riferimento al nuovo periodo di programmazione 2014-2020 dei programmi di cooperazione interregionale ESPON (acronimo di European Spatial Planning Observatory Network) e URBACT. Articolo 3, comma 12 - Infrastrutture carcerarie Per consentire il completamento delle opere del programma di edilizia penitenziaria, il comma 12 prevede il trasferimento alle amministrazioni interessate delle risorse disponibili sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie, cessato dalle sue funzioni il 31 luglio 2014. Dette risorse sono quindi versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con DM Economia - sulla base delle ordinarie competenze - ai Ministeri delle Infrastrutture e Trasporti e della Giustizia. Articolo 5 - Concessioni autostradali L'articolo 5 consente ai concessionari di tratte autostradali nazionali di avviare una procedura di modifica del rapporto concessorio, articolata nelle seguenti fasi:
Lo stesso articolo precisa che l'affidamento dei nuovi (rispetto a quelli previsti nelle vigenti convenzioni) lavori, forniture e servizi per importi superiori alla soglia comunitaria avverrà nel rispetto del quadro normativo vigente (in particolare la norma richiama le procedure di evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006). Sono previste infine misure acceleratorie relative al riaffidamento delle concessioni autostradali A21 «Piacenza-Cremona-Brescia e diramazione per Fiorenzuola d'Arda (PC)» e A3 «Napoli-Pompei-Salerno» attraverso l'approvazione ex lege degli schemi di convenzione e dei relativi piani economico-finanziari. Articolo 6 - Reti a banda ultralarga Il comma 1 dell'articolo 6 prevede la concessione, fino al 31 dicembre 2015, di un credito d'imposta IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell'investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga. Il comma 2 dell'articolo 6 modifica le norme di semplificazione in materia di procedure di scavo e posa dei cavi finalizzate alla diffusione della banda larga e ultralarga introdotte dall'articolo 6, comma 4-ter, del decreto-legge n. 145/2013 (c.d. "DL destinazione Italia"). In particolare si prevede che il relativo provvedimento attuativo dovrà fare riferimento anche alle tecniche innovative che prevedono la posa di cavi o tubi aerei su infrastrutture esistenti e non solo a quelle che non richiedono il ripristino del manto stradale. Si prevede inoltre che tale provvedimento attuativo debba necessariamente recare modifiche al "regolamento-scavi" già emanato (decreto Ministero sviluppo economico 1° ottobre 2013), mentre nel testo previgente si trattava solo di una possibilità . Il comma 3 dell'articolo 6, attraverso un'integrazione del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003), prevede che possano essere effettuate con un'autocertificazione, da inviare contestualmente alla realizzazione dell'intervento, le modifiche degli impianti già abilitati che comportino aumenti delle altezze non superiori a un metro e aumenti della superficie di sagoma non superiori a 1,5 metri quadrati, al fine di accelerare la realizzazione degli impianti di banda larga mobile. Il comma 4 dell'articolo 6 prevede che non sia soggetta ad autorizzazione paesaggistica la installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici o tralicci preesistenti che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezze non superiore a 1,5 metri e di superficie delle antenne non superiori a 0,5 metri quadrati. Vengono però mantenuti fermi gli interventi vietati sui beni culturali ai sensi dell'articolo 20 e seguenti del codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42/2004). Articolo 10 - Cassa Depositi e Prestiti Le disposizioni contenute nell'articolo sono volte ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti Spa e a favorire nuovi investimenti in Italia da parte degli istituti simili presenti negli altri Stati dell'Unione europea. Il comma 1, estende, alla lettera a), il perimetro delle operazioni della Cassa finanziate tramite la gestione separata (che utilizza la raccolta postale ed è assistita dalla garanzia dello Stato), includendo, oltre quelle dirette a soggetti pubblici e quelle da loro promosse, le operazioni in favore dei soggetti privati in settori di interesse generale individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; il medesimo comma, alla lettera b), allarga il perimetro delle operazioni della Cassa finanziate con la gestione ordinaria (che si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale) includendo, oltre alle opere, le reti e gli impianti destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, come ora previsto, anche gli interventi concernenti iniziative di pubblica utilità , nonché gli investimenti finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente, cultura, turismo ed efficientamento energetico. Da ultimo, il comma in esame amplia le possibilità di concedere la garanzia dello Stato in relazione ad esposizioni assunte dalla Cassa diverse da quelle operate nell'ambito della gestione ordinaria, rinviando ad una o più convenzioni tra il Ministero dell'economia e la Cdp la disciplina dei relativi criteri e modalità operative. Il comma 2 dell'articolo estende il regime di esenzione della ritenuta sugli interessi e sugli altri proventi corrisposti a fronte di finanziamenti a medio e lungo periodo concessi alle imprese da parte di enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell'Unione europea anche agli Istituti di promozione dello sviluppo presenti negli Stati membri. Tali istituti, seppure non aventi natura di enti creditizi, esercitano comunque attività di credito con finalità pubblicistiche di sostegno e promozione dell'economia. Articolo 11 - Agevolazioni per nuove infrastrutture in PPP L'articolo 11 modifica la disciplina delle misure agevolative (credito di imposta a valere sull'IRES e sull'IRAP ed esenzione dal pagamento del canone di concessione) per la realizzazione di nuove infrastrutture, da realizzare con il ricorso a contratti di partenariato pubblico-privato (PPP), ampliandone l'ambito alle opere previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche e riducendo da 200 a 50 milioni di euro il valore dell'opera al di sopra del quale viene concesso l'incentivo. Viene chiarito che il valore delle opere non di rilevanza strategica nazionale previste in piani o programmi approvati da amministrazioni pubbliche non può superare l'importo di 2 miliardi di euro. Articolo 13 - Project bond L'articolo 13 apporta numerose modifiche alla disciplina dei cd. project bond, contenuta nell'articolo 157 del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006). Si tratta in particolare di quei titoli che possono essere emessi dalle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato, allo scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità , anche in deroga ai limiti previsti dal Codice civile in tema di limiti quantitativi all'emissione di obbligazioni (limite del doppio del c.d. patrimonio netto ed altri conseguenti divieti). Tali strumenti sono sottoscritti solo da investitori qualificati e la loro successiva circolazione deve avvenire tra i medesimi soggetti. Più in dettaglio (comma 1, lettera a), n.1) le norme in esame precisano la nozione di "investitori qualificati" cui è riservata la detenzione e circolazione dei project bond, coordinando tale definizione coi regolamenti Consob emanati in attuazione del Testo Unico Finanziario (TUF, di cui al D.Lgs. n. 98 del 1998) e chiarendo che per "investitori qualificati" si intendono anche le società e gli altri soggetti giuridici controllati da investitori qualificati. Si interviene sul regime di circolazione dei project bond, che cessano di essere nominativi e potranno dunque essere dematerializzati. Il comma 1, lettera a), n. 2 elimina l'obbligo di riportare anche sul titolo l'avvertimento circa l'elevato profilo di rischio associato all'operazione, tale avvertimento verrà riportato sulla sola documentazione di offerta. Con il successivo n. 3 si precisa che il sistema di garanzie di obbligazioni e titoli di debito opera non solo sino all'avvio della gestione dell'infrastruttura da parte del concessionario, ma anche fino alla scadenza delle obbligazioni e dei titoli medesimi. Il comma 1, lettera a,n. 4 aggiunge due commi (commi 4-bis e 4-ter)all'articolo 157, rimodellando la disciplina delle garanzie prestate sui predetti bond, che potranno essere costituite sia in favore dei sottoscrittori, sia di un loro rappresentante (tale modifica viene più in generale estesa alle obbligazioni, per effetto del comma 2 dell'articolo 13). Per impedire la risoluzione di un rapporto concessorio da parte del concessionario dell'opera è estesa, oltre che agli enti finanziatori del progetto, anche ai titolari di project bond emessi dal concessionario medesimo, la facoltà di designare una società che subentri nella concessione al posto del concessionario. Viene inoltre specificato che la disciplina del suddetto subentro si applica alle società titolari di qualsiasi contratto di partenariato pubblico privato (comma 1, lettera b)). La garanzia del privilegio generale dei crediti per la realizzazione dei lavori pubblici viene estesa anche ai titolari di project bond (comma 1, lettera c)). E', altresì, estesa anche ai titolari di project bond, oltre che agli enti finanziatori, la salvaguardia sul limite di riduzione del canone di disponibilità superato il quale si determina la risoluzione del contratto di disponibilità medesimo (comma 1, lettera d)). Per quanto riguarda il regime fiscale degli atti di costituzione e trasferimento di garanzia, il comma 3 dell'articolo in esame estende l'applicazione dell'imposta di bollo in misura agevolata (pari a 200 euro) alle sostituzioni di garanzia relative all'emissione di project bond e ai trasferimenti di garanzie, anche qualora derivino dalla cessione delle predette obbligazioni e titoli di debito, e rende strutturale l'applicazione dell'aliquota agevolata al 12,5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di progetto emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica. Articolo 14 - Overdesign L'articolo 14 stabilisce che per la progettazione delle opere pubbliche non possono più essere richieste modifiche rispondenti a standard tecnici, che prescrivono livelli di sicurezza superiori a quelli minimi definiti dalla normativa europea, e che tali modifiche devono essere eventualmente accompagnate da una analisi di sostenibilità economica e finanziaria e da una stima dei tempi di attuazione dell'opera. Articolo 28 - Misure per gli aeroporti L'articolo 28, commi 1 e 2, interviene sul regime contributivo delle indennità di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, confermando anche per il triennio 2015-2017 l'agevolazione già prevista per il 2014 dalla normativa vigente. Più specificamente, il comma 1 dispone che le indennità di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo non concorrono alla formazione del reddito ai fini contributivi e concorrono alla determinazione della retribuzione pensionabile nella misura del 50 per cento del loro ammontare. La disposizione è volta ad estendere al personale di volo la decontribuzione su un istituto retributivo come l'indennità di volo, in ragione della sua specificità , mantenendo al tempo stesso un peso pari al 50 per cento della suddetta indennità nella formazione della retribuzione pensionabile, attraverso la contribuzione figurativa a carico dell'Inps. Il comma 2 stabilisce che alla copertura dei conseguenti oneri, pari a 28 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, si provvede attraverso una riduzione:
Il comma 3 dell'art. 28 estende il regime di esenzione dal diritto di imbarco al personale di volo degli aeromobili per ragioni di servizio, nei seguenti casi: - per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che, di base in un determinato aeroporto, devono raggiungere un altro aeroporto per prendere servizio (crew must go); - per i membri degli equipaggi delle compagnie aeree che hanno terminato il servizio in un determinato aeroporto e che devono tornare in un altro aeroporto, assegnato dalla compagnia di appartenenza quale propria base operativa (crew returning to base), purché in possesso di attestazione rilasciata dalla propria compagnia aerea che certifichi che il viaggio è effettuato per motivi di servizio. I commi da 4 a 7 disciplinano lo svolgimento del servizio di pronto soccorso aeroportuale con il fine di ridurre e razionalizzare gli oneri a carico dello Stato per l'espletamento dei servizi aeroportuali negli aeroporti civili ed in quelli aperti al traffico civile. Con questo obiettivo, il comma 4 pone i costi della gestione del pronto soccorso aeroportuale a carico del gestore dell'aeroporto che ha sottoscritto la convenzione con l'ENAC per la gestione totale dello scalo. Per evitare possibili contenziosi sulla responsabilità e sugli oneri del servizio di pronto soccorso, il comma 5 stabilisce che, in via transitoria, fino all'approvazione da parte dei Ministeri competenti delle convenzioni tra soggetti terzi ed ENAC per la gestione totale degli aeroporti, gli oneri relativi al servizio di pronto soccorso negli aeroporti a diretta gestione dello Stato rimangono a carico del Ministero della salute. In attesa di una convenzione per lo svolgimento del servizio di pronto soccorso aeroportuale da stipulare tra Ministero della Salute, ENAC e gestori aeroportuali, i costi del servizio rimangono a carico del Ministero della salute anche in quegli aeroporti in cui il servizio è stato assicurato dal Ministero della salute sulla base di una apposita convenzione con la Croce rossa (comma 6). Il comma 7 dispone infine che, per definire un livello uniforme nello svolgimento del servizio, entro il 31 ottobre 2014, l'ENAC dovrà elaborare linee guida per i gestori aeroportuali per l'individuazione degli standard delle prestazioni e i requisiti minimi del servizio, nonché per l'attivazione, da parte dei gestori aeroportuali, di procedure di scelta del contraente ispirate a criteri di concorrenza e trasparenza. Il comma 8, attraverso integrazioni del codice della navigazione, intende rendere sistematica la collaborazione tra Aeronautica militare ed ENAC ai fini della fornitura dei servizi di navigazione aerea (lettera a); inoltre si prevede che per il personale addetto al comando, alla guida e al pilotaggio di aeromobili, per il personale addetto ai servizi del traffico aereo e per il personale militare chiamato a svolgere servizi di navigazione aerea per il traffico aereo generale valgano la normativa europea e la normativa tecnica nazionale adottata dall'ENAC (lettera b). Articolo 29 - Interventi concernenti la portualità e la logistica Il comma 1 dell'articolo 29 prevede l'adozione con DPCM, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica, che contempli anche la razionalizzazione, il riassetto e l'accorpamento delle autorità portuali esistenti, da effettuare comunque ai sensi di quanto già previsto dalla legge n. 84/1994 (la quale prevede la soppressione delle autorità portuali in caso di perdita di requisiti specifici in materia di volume di traffici del porto). In base al comma 2 dell'articolo 29, le autorità portuali dovranno presentare alla Presidenza del Consiglio, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, un resoconto degli interventi inerenti la logistica portuale in corso di realizzazione o da intraprendere, con i relativi crono-programmi e piani finanziari, ai fini della selezione degli interventi ritenuti più urgenti per il loro inserimento nel piano strategico o per interventi sostitutivi. |
DISPOSIZIONI IN MATERIA AMBIENTALEArticolo 7, co. 1 - Gestione delle risorse idriche Il comma 1 dell'articolo 7 introduce una serie di modifiche al cd. Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) al fine di: - uniformare, in tutto il testo della parte terza del Codice, le denominazioni degli organi di governo degli ambiti idrici, in seguito alla soppressione delle autorità d'ambito (AATO) e alla loro sostituzione con i nuovi soggetti individuati dalle leggi regionali. A tal fine l'espressione "autorità d'ambito" viene sostituita con "ente di governo dell'ambito" (lettera a); - prevedere l'obbligatorietà della partecipazione degli enti locali agli enti d'ambito e il conseguente trasferimento, a tali enti di governo, delle competenze spettanti agli enti locali in materia di gestione delle risorse idriche, ivi comprese le funzioni di programmazione delle infrastrutture idriche (lett. b, numero 1), nonché poteri sostitutivi in capo alla regione, nei casi di mancata adozione (entro 60 giorni dall'entrata in vigore della disposizione) da parte dell'ente locale della delibera di adesione all'ente d'ambito ponendo le relative spese a carico dell'ente inadempiente (lett. b, numero 2); - ripristinare il requisito dell'unicità della gestione, in luogo di quello (meno stringente) dell'unitarietà (lett. b, numero 3); - consentire, nel caso in cui l'ambito territoriale ottimale (ATO) coincida con l'intero territorio regionale, - ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all'utenza - l'affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane (lett. b, numero 4); - modificare la disciplina relativa alla scelta della forma di gestione e alle procedure di affidamento del servizio idrico (lett. c e d). In estrema sintesi la nuova disciplina prevede che l'ente d'ambito deliberi la forma di gestione e le modalità di affidamento del servizio, nel rispetto della disciplina europea e nazionale; - modificare la disciplina dei rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato (lettera e). Prescindendo dalle modifiche conseguenti al mutato assetto organizzativo (sostituzione dell'AATO con l'ente di governo dell'ambito e - in virtù dell'unicità della gestione imposta dalla lettera b), numero 3) del comma in esame – di più soggetti gestori con un unico soggetto gestore), la novità più rilevante sembra essere la soppressione della possibilità (prevista al numero 7), per l'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'ente di governo, di gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale. Rispetto al testo previgente viene attribuita all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico (AEEGSI), anziché alle regioni e alle province autonome, la competenza a predisporre le convenzioni-tipo sulla base delle quali l'ente di governo dell'ambito regolerà i rapporti con il gestore. Un'altra novità risiede nella possibilità di subaffidamento solo previa approvazione espressa da parte dell'ente di governo dell'ambito, ferma restando la durata massima trentennale dell'affidamento. Ulteriori modifiche riguardano l'individuazione, nelle convenzioni-tipo, degli strumenti per mantenere l'equilibrio economico-finanziario (numero 4) nonché della disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell'affidamento e dei criteri per la valutazione del valore residuo degli investimenti realizzati dal gestore uscente (numero 5); - introdurre l'obbligo per il nuovo gestore affidatario del servizio idrico di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso a fine concessione (lett. f, numero 2) e tempi certi e perentori per l'affidamento al gestore del servizio idrico integrato, in concessione d'uso gratuita, delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali (lett. f, numero 1); - sottoporre al controllo dell'AEEEGSI il riparto, tra i diversi gestori, delle tariffe riscosse e delle spese di riscossione (lett. g); - introdurre una specifica disciplina per l'approvazione dei progetti degli interventi previsti nei piani d'investimento compresi nei piani d'ambito, che viene attribuita alla competenza degli "enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei" (istituiti o designati ai sensi dell'articolo 3-bis del D.L. 138/2011), che sono autorità esproprianti e possono delegare, in tutto o in parte, i propri poteri espropriativi al gestore del servizio idrico integrato (lettera h); - garantire che in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sia affidato a gestori unici (lett. i). In via generale si prevede l'immediato subentro (decorrente dall'entrata in vigore del decreto-legge) del gestore del servizio idrico integrato agli ulteriori soggetti operanti all'interno del medesimo ambito territoriale, fatti salvi gli affidamenti assentiti in conformità alla normativa pro tempore vigente e non dichiarati cessati ex lege per i quali il subentro decorrerà dalla data di scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto. Nel caso in cui il piano di ambito non sia stato redatto o l'ente di governo dell'ambito non abbia ancora scelto la forma di gestione e avviato le procedure di affidamento, viene introdotto il termine perentorio di un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legge per l'affidamento ad un gestore unico (comma 2 art. 172 Codice). Negli altri casi vengono disciplinati in sede di prima applicazione taluni adempimenti finalizzati a conseguire il principio di unicità della gestione. Qualora l'ente di governo dell'ambito non provveda nei termini stabiliti all'attuazione degli adempimenti, si prevede l'attivazione della procedura di esercizio del potere sostitutivo regionale e, in caso di mancato esercizio dello stesso, di quello del Governo, mediante la nomina di un commissario ad acta. La norma precisa che la violazione delle nuove disposizioni comporta la responsabilità erariale. Servizi pubblici locali: il referendum del 12 e 13 giugno 2011, la successiva giurisprudenza costituzionale in materia ed i più recenti interventi normativi
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Sulla materia dei servizi pubblici locali, con particolare riguardo alle modalità di affidamento della relativa gestione, si sono succedute diverse discipline normative, nel cui ambito si sono inserite sia un'abrogazione referendaria sia una pronuncia di illegittimità costituzionale. Tali interventi sono susseguiti in un ristretto contesto temporale e sono stati adottati, per lo più, con provvedimenti d'urgenza, a partire dall'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008.
Per quanto attiene al riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, la disciplina sulle modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali (SPL) di rilevanza economica è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto attiene alla materia della tutela della concorrenza, tenuto conto della diretta incidenza sul mercato e perché strettamente funzionale alla gestione unitaria del servizio (Corte cost., sentenza 20 marzo 2013, n. 46).
 L'art. 23-bis del D.L. 112/2008 è intervenuto sulla disciplina del comparto dei servizi pubblici locali (SPL), affermando l'obiettivo di favorire la diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi. A tal fine il principio della gara è stato posto come regola generale degli affidamenti di servizi ed è stata stabilita una specifica normativa in deroga per le fattispecie che "non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato". Al contempo è stata prevista un'ampia delegificazione del settore. Questa riforma ha inciso sulla normativa contenuta principalmente nell'articolo 113 D.Lgs. 267/2000 (TUEL) ed è stata poi modificata in vari punti dall'articolo 15 del D.L. 135/2009, e successivamente completata in via di delegificazione dal regolamento governativo adottato con D.P.R. 168/2010.
 L'art. 23-bis del D.L. 112/2008, nel testo risultante dalle modifiche successivamente approvate,è stato dichiarato abrogato con il dPR 113/2011, a seguito degli esiti delle consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno 2011.
Per colmare il conseguente vuoto normativo è quindi intervenuto sulla materia l'articolo 4 del D.L. 138/2011. Tale articolo ha previsto una nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali le cui linee portanti in tema di affidamenti hanno ripreso quelle della disciplina varata nel 2008, come successivamente modificata e integrata in sede di delegificazione.
Tale disciplina ha previsto una clausola di generale applicazione di tutte le norme ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, con prevalenza sulle relative discipline di settore incompatibili, escludendo dall'ambito applicativo, oltre al servizio idrico integrato, i seguenti servizi, disciplinati da normative di settore: servizio di distribuzione di gas naturale; servizio di distribuzione di energia elettrica; servizio di trasporto ferroviario regionale; gestione delle farmacie comunali.
 Su tale disciplina è intervenuta la sentenza 199/2012 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni adottate, dopo il referendum del giugno 2011, con l'art. 4 del D.L. 138/2011 e delle successive modificazioni, in quanto dirette sostanzialmente a reintrodurre la disciplina abrogata dalla volontà popolare col suddetto referendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall'art. 75 Cost.
La Corte ha infatti rilevato che, nonostante l'esclusione dall'ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato, "risulta evidente l'analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell'art. 4 rispetto a quella dell'abrogato art. 23-bis e l'identità della ratio ispiratrice". In particolare, ad avviso della Corte, le poche novità introdotte dall'art. 4 rispetto all'abrogato art. 23-bis accentuavano la drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria aveva inteso escludere. Al contempo, la Corte ha rilevato come, tenuto conto del fatto che l'intento abrogativo espresso con il referendum riguardava «pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica» (sentenza n. 24 del 2011) ai quali era rivolto l'art. 23-bis, non è possibile ritenere che l'esclusione del servizio idrico integrato dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare, con la conseguenza che il suddetto art. 4 costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.
La caducazione della normativa stabilita con l'art. 4 del D.L. 138/2011 e con le successive modifiche ha lasciato il settore dei servizi pubblici locali parzialmente privo di una specifica disciplina nazionale di carattere generale, ma non per questo in una situazione di vuoto normativo.
Infatti, in primo luogo, per effetto dell'appartenenza all'Unione europea, in materia trova applicazione quanto stabilito in sede UE, sia nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito TFUE) sia dalla giurisprudenza comunitaria. In questa sede la gestione diretta del SPL da parte dell'ente pubblico è ammessa se lo Stato membro ritiene che l'applicazione delle regole di concorrenza sia un ostacolo, in diritto od in fatto, alla speciale missione del servizio pubblico restando riservato all'ordinamento comunitario il sindacato sull'eventuale "errore manifesto" alla base della decisione dello Stato. In particolare, secondo la giurisprudenza comunitaria, le regole sulla concorrenza non ostano a una disciplina nazionale che consente ad un ente pubblico di affidare un servizio pubblico direttamente ad una società della quale esso detiene l'intero capitale, a condizione che: - l'ente pubblico eserciti su tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; - la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la detiene. In secondo luogo, la declaratoria di illegittimità non ha riguardato l'art. 3-bis del D.L. 138/2011 e successive modificazioni, sopra illustrato, le cui disposizioni, pur non riguardando le modalità di affidamento del servizio, hanno una generale applicazione. In terzo luogo, i settori c.d. esclusi, sopra ricordati, restano disciplinati dalle normative di settore. In base alla normativa contenuta in particolare nell'art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, da L. n. 221/2012, la scelta delle modalità di affidamento del servizio viene rimessa all'ente affidante, sulla base di una relazione, da rendere pubblica sul sito internet dell'ente stesso, che deve dare conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche (se previste). Obiettivi dell'obbligo di pubblicare la relazione sono: il rispetto della disciplina europea; la parità tra gli operatori; l'economicità della gestione; l'adeguata informazione della collettività di riferimento. Al contempo, con la finalità di rendere più efficiente la gestione dei servizi, il legislatore ha definito una disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell'articolo 3-bis del D.L. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), introdotto dall'art. 25, co. 1, del D.L. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012). Tale disposizione - che si applica solo ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica - attribuisce alle regioni e alle province autonome il compito di: - individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione. Gli ambiti devono essere: ottimali, omogenei, di dimensione normalmente non inferiore a quella del territorio provinciale. E' riconosciuta alle Regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, individuando ambiti di dimensione diversa. Ciò purché la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale e socio economica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio; - istituire o designare gli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali; ad essi la legge riserva in via esclusiva le seguenti funzioni: organizzazione del servizio; scelta della forma di gestione; affidamento della gestione; controllo della gestione; determinazione delle tariffe all'utenza (art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, introdotto dall'art. 34 del D.L. n. 179/2012). È, in ogni caso, fatta salva l'organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee. Articolo 7, co. 2-5 - Dissesto idrogeologico I commi da 2 a 5 contengono una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi. Il comma 2 dispone che, a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate tramite accordo di programma sottoscritto dalla Regione interessata e dal Ministero dell'ambiente. Gli interventi sono invece individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del medesimo Ministero, ed attuati dal Presidente della Regione in qualità di Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico. Il comma 3 disciplina le modalità di revoca di risorse assegnate in passato alle Regioni e ad altri enti per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non sia stato pubblicato il bando di gara o non sia stato disposto l'affidamento dei lavori nonché per gli interventi che risultino difformi dalle finalità suddette. L'espletamento degli accertamenti e dei sopralluoghi necessari all'istruttoria è affidato all'ISPRA, che vi dovrà provvedere entro il 30 novembre 2014. Le risorse così revocate confluiranno in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'ambiente. Il comma 4 consente ai Presidenti delle Regioni di avvalersi, tramite apposite convenzioni, di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato dotate di specifica competenza tecnica, per lo svolgimento di attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico previsti dagli accordi di programma stipulati con le Regioni. Il comma 5 prevede una semplificazione delle procedure espropriative necessarie per la realizzazione degli interventi di cui al comma precedente. Il comma 8, al fine di fronteggiare le situazioni di criticità ambientale delle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione, prevede l'assegnazione alle regioni (previa istruttoria del Ministero dell'ambiente che, come previsto nel comma 9, nelle attività di pianificazione, istruttoria e ripartizione delle risorse finanziarie finalizzate alla realizzazione degli interventi per la mitigazione del dissesto idrogeologico, opera di concerto con la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) la somma complessiva di 110 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 per interventi di sistemazione idraulica dei corsi d'acqua. Articolo 7, co. 1, lett. l), e 6-7 - Sistemi di collettamento, fognatura e depurazione La lettera l) del comma 1 integra il testo del comma 6 dell'art. 124 del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), in base al quale le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio, prevedendo che, qualora gli impianti siano già in esercizio, le regioni stesse possono disciplinare le fasi di autorizzazione provvisoria per il tempo necessario allo svolgimento di interventi, sugli impianti o sulle infrastrutture ad essi connesse, finalizzati all'adempimento degli obblighi derivanti dalle norme dell'UE o al potenziamento funzionale, alla ristrutturazione o alla dismissione. I commi 6 e 7 hanno l'obiettivo di accelerare la realizzazione degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione necessari a conformarsi alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell'UE concernenti l'applicazione della Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane. A tal fine il comma 6 prevede l'istituzione di un apposito fondo, presso il Ministero dell'ambiente, finanziato mediante le revoche delle risorse stanziate dalla delibera CIPE n. 60/2012 per interventi nel settore della depurazione delle acque per i quali, alla data del 30 settembre 2014:
Lo stesso comma disciplina in dettaglio la procedura per la revoca delle risorse e per il loro successivo utilizzo, prevedendo tra l'altro che i criteri, le modalità e l'entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi siano definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Quanto alla tempistica della procedura di revoca, viene stabilito che essa dovrà terminare entro il 31 dicembre 2014. Il comma 6 stabilisce infatti che entro il 31 ottobre i presidenti delle regioni o i commissari straordinari comunichino al Ministero dell'ambiente l'elenco degli interventi a cui revocare le risorse e che l'ISPRA effettui le verifiche di competenza entro i successivi 60 giorni. Il comma 7, per le medesime finalità di accelerazione degli interventi, consente la nomina, da parte del Governo, di commissari straordinari e ne disciplina i poteri. Articolo 8 - Terre e rocce da scavo L'articolo 8 autorizza il Governo all'adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare – secondo quanto esplicitato dalla norma – disposizioni per il riordino e la semplificazione della disciplina riguardante la realizzazione degli interventi in materia di gestione delle terre e rocce da scavo. In particolare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, deve essere adottato un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in base a una serie di principi e criteri direttivi elencati nella norma tra i quali figura: il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti; l'indicazione esplicita delle norme abrogate; laproporzionalità della disciplina all'entità degli interventi da realizzare; il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall'ordinamento europeo ed, in particolare, dalla normativa europea in materia di rifiuti. Articolo 33 - Bonifica ambientale e rigenerazione urbana - comprensorio Bagnoli - Coroglio L'articolo 33 prevede l'adozione di interventi di riqualificazione ambientale e rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate con delibera del Consiglio dei Ministri, a cui partecipano i Presidenti delle Regioni interessate, sentita la Conferenza Stato-Regioni, e specifiche disposizioni per procedere agli interventi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli - Coroglio, che viene riconosciuto dal decreto quale area di rilevante interesse nazionale. Gli interventi riguardano: il procedimento di bonifica, il trasferimento delle aree, il procedimento di formazione, approvazione e attuazione del programma di riqualificazione ambientale e di rigenerazione urbana, finalizzato al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana. Alla predisposizione, attuazione e la gestione di queste misure sono preposti un Commissario straordinario del Governo e a un Soggetto attuatore, attraverso la redazione di uno specifico programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana e di un documento di indirizzo strategico, contenenti: a) i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell'area; b) gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell'area; c) la valorizzazione degli eventuali immobili di proprietà pubblica meritevoli di salvaguardia e riqualificazione; d) la localizzazione e la realizzazione delle opere infrastrutturali per il potenziamento della rete stradale e dei trasporti pubblici, per i collegamenti aerei e marittimi, per gli impianti di depurazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria funzionali agli interventi pubblici e privati, e il relativo fabbisogno finanziario. Articolo 34 - Procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati L'articolo 34 contiene una serie di disposizioni applicabili nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, che perseguono due distinte finalità . Una prima finalità , perseguita dai commi 1-6, è quella di semplificazione e accelerazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e di esecuzione degli stessi. Sotto quest'ultimo profilo si segnala in particolare la norma contenuta nel comma 5, che aggiunge i casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati tra le ipotesi (tassativamente indicate dall'art. 132, comma 1, del Codice dei contratti pubblici) in cui possono essere ammesse le varianti in corso d'opera ed eleva al 20%, per i lavori di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, l'importo degli interventi che possono essere disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio senza dar luogo a varianti in corso d'opera. Una seconda finalità , perseguita dal comma 7, è quella di consentire l'effettuazione, nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica, di una serie di interventi (interventi richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; manutenzione di impianti e infrastrutture; opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e altre opere lineari di pubblico interesse), alle condizioni indicate dal medesimo comma. I successivi commi 8, 9 e 10 introducono disposizioni volte a disciplinare, in dettaglio, le modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni/materiali movimentati, ai fini della realizzazione degli interventi consentiti dal comma 7. Articolo 35 - Impianti di recupero di energia dai rifiuti urbani e speciali L'articolo 35 contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di una rete nazionale di impianti di recupero energetico dei rifiuti, con determinate caratteristiche prestazionali. A tal fine viene demandata ad apposito D.P.C.M. (che dovrà essere emanato entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge) l'individuazione degli impianti di recupero di energia e di smaltimento esistenti e da realizzare, che vengono qualificati come "infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente" (comma 1). Si osserva che la lettera f) del comma 1 dell'articolo 195 del decreto legislativo n. 152/2006 già disciplina "l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese, sentita la Conferenza unificata, a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e inserito nei documenti di programmazione economico-finanziaria". Andrebbe, pertanto, valutata l'opportunità di coordinare la norma in commento con il citato articolo 195 e se, analogamente a quanto disposto nel medesimo articolo 195, inserire il coinvolgimento della Conferenza unificata nell'adozione del D.P.C.M. di cui al comma 1 dell'articolo in esame. Per quanto riguarda le succitate caratteristiche prestazionali e i parametri di funzionamento degli impianti nuovi, l'articolo in esame prescrive che: gli impianti siano realizzati in conformità alla nota (4) del punto R1 dell'allegato C alla parte II del del D.Lgs. 152/2006, che stabilisce, per gli inceneritori di rifiuti urbani, livelli minimi di efficienza energetica (comma 3); gli impianti siano autorizzati a saturazione del carico termico, cioè sfruttino tutta la capacità di incenerimento dei forni che costituiscono l'impianto (comma 2); gli impianti siano finalizzati a trattare in via prioritaria i rifiuti urbani prodotti sul territorio nazionale e, in subordine, a saturazione del carico termico, i rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario (comma 5). Al fine di garantire il rispetto di tali caratteristiche e parametri anche da parte degli impianti di recupero esistenti, si prevede (ai commi 2, 4 e 5) che le autorità competenti procedano alle necessarie verifiche e ai conseguenti adeguamenti delle autorizzazioni già rilasciate, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge. Il comma 6 prevede il dimezzamento dei termini previsti per l'espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità , di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA) degli impianti di recupero da realizzare, mentre il comma 7 prevede l'applicazione del potere sostitutivo in caso di mancato rispetto dei termini fissati per la verifica degli impianti e l'adeguamento delle autorizzazioni, nonché dei nuovi termini abbreviati delle procedure autorizzative. |
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI EDILIZIA E PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICOArticolo 17 - Modifiche al T.U. edilizia L'art. 17 apporta numerose modifiche al T.U. edilizia (D.P.R. 380/2001) di seguito riportate e raggruppate nei vari ambiti su cui incidono. Opere interne e Comunicazione di Inizio Lavori (CIL) Una prima modifica (lettera a) del comma 1) riguarda la definizione di manutenzione straordinaria (in cui rientrano le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, che non comportino modifiche delle destinazioni di uso) al fine di prevedere, per i predetti interventi, il rispetto della volumetria complessiva degli edifici (numero 1) della lettera a)), in luogo dell'invarianza dei volumi e delle superfici delle singole unità immobiliari. Viene altresì precisato che rientrano tra gli interventi di manutenzione straordinaria quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso (numero 2) della lettera a). Connessa alle modifiche indicate è quella disposta dalla successiva lettera c), numero 1), capoverso lettera a), che interviene sulle caratteristiche degli interventi di manutenzione straordinaria che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, ma previa comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale. In base a tale modifica, per realizzare l'intervento con la comunicazione di inizio lavori (CIL) non sono più richieste le seguenti condizioni:
Rimane quindi, rispetto al testo previgente, la sola condizione che l'intervento non deve riguardare le parti strutturali dell'edificio. Alle modifiche citate si accompagna quella disposta dalla lettera d) del medesimo comma 1, secondo cui non è più necessario il permesso di costruire per gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano aumento di unità immobiliari, modifiche del volume o delle superfici. In base al nuovo disposto il permesso di costruire serve invece se vi è una modifica della volumetria complessiva degli edifici (oltre che nel caso, già contemplato dal testo previgente, di modifica dei prospetti). Si fa notare che, prima dell'entrata in vigore del presente decreto-legge, gli accorpamenti e i frazionamenti di unità immobiliari rientravano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia e quindi, come tali, erano soggetti al permesso di costruire. In seguito alla semplificazione operata dalle citate lettere a), c) e d), per tali interventi di accorpamento e frazionamento sarà sufficiente una comunicazione di inizio lavori (CIL). Relativamente alle modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, il numero 1) della lettera c) del comma 1 (capoverso lettera b) chiarisce che le stesse possono essere eseguite previa CIL (comunicazione di inizio lavori), a condizione che gli interventi non riguardino le parti strutturali. Connessa alle suesposte modifiche è quella operata dal numero 2) della lettera c). Tale numero 2), al fine di garantire che gli interventi di manutenzione straordinaria e le modifiche interne sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa effettuati con CIL non riguardino le parti strutturali, aggiunge, tra le finalità dell'asseverazione della CIL operata dal tecnico abilitato, proprio quella di attestare che non vi è interessamento delle parti strutturali dell'edificio (nuovo testo del comma 4 dell'art. 6 del T.U. edilizia). Questa non è tuttavia l'unica modifica alla documentazione di corredo della CIL. Rispetto alla normativa previgente, viene infatti eliminato l'obbligo di presentare all'amministrazione "una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali". Viene altresì eliminato l'obbligo, limitatamente alle opere all'interno dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, di trasmettere le dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia per le imprese. Conseguentemente è demandata alle leggi regionali la disciplina delle modalità di effettuazione dei controlli (numero 4) della lettera c)). Sempre consequenziale all'eliminazione della relazione tecnica è la modifica operata dal numero 5) della lettera c), che modifica il T.U. edilizia al fine di far riferimento non più alla relazione tecnica ma alla CIL asseverata. Da segnalare inoltre, con riferimento a tutti gli interventi eseguibili previa CIL (vale a dire quelli elencati dal comma 2 dell'art. 6 del T.U. edilizia), la semplificazione introdotta dal numero 3) della lettera c), che svincola il soggetto interessato dall'obbligo di provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale: la nuova disposizione infatti prevede che l'amministrazione comunale inoltri tempestivamente la CIL all'Agenzia delle entrate. Con riguardo alle opere interne, infine, la lettera h), numero 1), del comma 1, stabilisce che, per gli interventi di manutenzione straordinaria effettuabili previa CIL (definiti dall'art. 6, comma 2, lett. a) del T.U. edilizia) il contributo di costruzione sia commisurato alle sole opere di urbanizzazione. Interventi di conservazione La lettera b) del comma 1 introduce la definizione di "interventi di conservazione". La norma stabilisce che lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione e che, in tal caso, l'amministrazione comunale può favorire, in alternativa all'espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione e dispone altresì che, nelle more dell'attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi (ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario). Appare opportuno chiarire quali siano tali "interventi conservativi" e se si tratti degli interventi di "risanamento conservativo" (definiti dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 3 del T.U. edilizia). Permesso di costruire La lettera e) del comma 1 introduce una nuova ipotesi di permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d'uso per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l'interesse pubblico. Tale disposizione andrebbe coordinata con la modifica contenuta nel numero 2) della lettera e) che reca anch'essa la possibilità di derogare anche alle destinazioni d'uso. Pare inoltre suscettibile di più puntuale definizione la previsione che fa riferimento ad iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria "rivelatesi poi infondate". La lettera f) del comma 1 prevede la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori, contemplati dal permesso di costruire, in caso di blocco degli stessi lavori causato da iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate. La lettera g) del comma 1 contiene una serie di disposizioni che incidono sul contributo per il rilascio del permesso di costruire. Il numero 2), in particolare, per gli interventi di trasformazione urbana complessi (definiti ai numeri 7) e 8) dell'allegato IV alla Parte II del Codice dell'ambiente), stabilisce che lo strumento attuativo possa prevedere che:
La stessa disposizione precisa che resta fermo l'obbligo di applicare le procedure del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) qualora l'importo delle opere di urbanizzazione superi le soglie di rilevanza comunitaria. Altra modifica degna di nota è quella contenuta nel numero 3) della medesima lettera g), che aggiunge, ai criteri che la regione deve considerare nella redazione delle tabelle parametriche che i comuni devono utilizzare per la determinazione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, un criterio di differenziazione tra gli interventi finalizzato ad incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia anziché quelli di nuova costruzione. Il successivo numero 4) stabilisce che tale criterio debba essere utilizzato dai comuni anche nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione. Il successivo numero 5), sempre nell'ottica di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, consente ai comuni di deliberare, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che i costi di costruzione siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni. Il testo previgente prevedeva invece che tali costi potessero essere "non superiori". La lettera h), numero 2), del comma 1, al fine di agevolare gli interventi di densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, prevede una riduzione del contributo di costruzione in misura non inferiore al 20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni. Ai comuni è demandata la definizione, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della disposizione, dei criteri e delle modalità per l'applicazione della relativa riduzione. Il comma 1, lettera i), prevede che i termini per il rilascio del permesso di costruire siano raddoppiati nei soli casi di progetti particolarmente complessi, secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento, e non anche, come prevedeva il testo previgente, in tutti i comuni con più di 100.000 abitanti. La lettera q) del comma 1 introduce nell'ordinamento nazionale (nuovo art. 28-bis del T.U. edilizia) la disciplina del permesso di costruire convenzionato, mutuandolo dalla normativa regionale. Il permesso di costruire viene cioè rilasciato in seguito alla stipula di una convenzione che, in particolare, deve disciplinare: a) la cessione di aree anche al fine dell'utilizzo di diritti edificatori; b) la realizzazione di opere di urbanizzazione; c) le caratteristiche morfologiche degli interventi; d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale. Il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione. Varianti eseguibili mediante SCIA Il comma 1, lettera m), contiene disposizioni in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). In particolare il numero 2), intende ampliare la casistica delle varianti attuabili in corso d'opera mediante una SCIA e da comunicare nella fase di fine lavori. Sono realizzabili in tal modo, con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che soddisfano tutte le seguenti condizioni:
Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante La lettera n) del comma 1 introduce ne T.U. edilizia un nuovo articolo 23-ter che contiene una disciplina finalizzata a:
Altre disposizioni La lettera p) del comma 1 modifica il comma 5-ter dell'art. 25 del T.U. edilizia, inserito dal D.L. 69/2013, al fine di eliminare alcune incertezze interpretative. In base al nuovo testo le regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per l'effettuazione dei controlli nell'ambito del procedimento di rilascio del certificato di agibilità e non anche, come prevedeva il testo previgente, le modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 5-bis, concernenti l'attestazione della conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità da parte del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato. Le lettere l), m), numero 1), e o), del comma 1, nonché il comma 2 contengono disposizioni di coordinamento, finalizzate a rendere coerente il T.U. edilizia con le disposizioni in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e a precisare che la DIA (ad eccezione della super-DIA) viene sostituita dalla SCIA Il comma 3 prevede che le leggi regionali assicurino l'attivazione del potere sostitutivo allo scadere dei termini assegnati ai comuni per l'adozione, da parte degli stessi, dei piani (urbanistici) attuativi. Il comma 4 consente l'attuazione per stralci funzionali delle convenzioni di lottizzazione previste dalla legge urbanistica (art. 28 della L. 1150/1942) o degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale. Allo stesso modo, anche la quantificazione degli oneri di urbanizzazione o delle opere di urbanizzazione da realizzare, nonché delle relative garanzie potrà essere riferita ai relativi stralci, purché, come richiede la norma, l'attuazione parziale sia coerente con l'intera area oggetto d'intervento. Il comma 5 reca la clausola di invarianza finanziaria. Articolo 18 - Locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo Per favorire gli investimenti nel settore delle locazioni immobiliari destinate ad uso non abitativo, l'articolo 18 prevede che nei contratti di locazione, anche alberghiera, di notevole rilevanza economica (canone superiore a 150.000 euro), le parti possano liberamente stabilire i termini e le condizioni contrattuali in deroga all'attuale disciplina legislativa prevista dalla legge 392 del 1978 (cd. legge sull'equo canone); i relativi contratti vanno provati per iscritto. Articolo 19 - Esenzione da imposte degli accordi di riduzione dei canoni di locazione L'articolo 19 stabilisce l'esenzione dalle imposte di registro e di bollo nel caso di registrazione di atti che dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione in corso. La normativa vigente prevede che, nel caso di accordo per la riduzione di un canone di locazione, il relativo atto non debba necessariamente essere registrato. Tuttavia, considerando che la riduzione del canone può determinare, di fatto, la diminuzione della base imponibile ai fini dell'imposta di registro come pure ai fini delle imposte dirette, può risultare conveniente per il locatore, per esigenze probatorie, registrare il relativo accordo. In tal caso la registrazione volontaria era assoggettata ad imposta di registro in misura fissa di 67 euro e ad imposta di bollo (16 euro per ciascun foglio dell'atto). Si ricorda che tale ultima misura è stata così elevata, rispetto ai precedenti 14,62 euro, dall'articolo 7-bis, comma 3, del D.L. n. 43 del 2013. Articolo 20 - Misure per il settore immobiliare L'articolo 20 modifica la disciplina delle Siiq (Società di investimento immobiliare quotate) per facilitare l'accesso al regime fiscale di favore previsto con la legge finanziaria 2007: sono quindi modificati i requisiti partecipativi dei soci e si uniforma il regime fiscale a quello dei fondi immobiliari. Si introducono inoltre ulteriori misure agevolative e un nuovo regime fiscale di esenzione e distribuzione delle plusvalenze realizzate sugli immobili oggetto di locazione. In particolare si eleva dal 51 al 60 per cento la percentuale massima dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e dei diritti di partecipazione agli utili posseduta da ciascun socio e si riduce dal 35 al 25 per cento la percentuale di soci che devono detenere azioni che non possiedano più del 2 per cento dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e più del 2 per cento dei diritti di partecipazione agli utili. Viene esteso a tre esercizi il periodo (attualmente fissato in due esercizi) in cui è consentita la non osservanza del requisito della prevalenza operativa in attività di locazione immobiliare ai fini del regime speciale. E' ridotto dall'85 al 70 per cento l'obbligo di distribuzione ai soci dell'utile netto, che si calcola anche sulle quote di partecipazione in fondi immobiliari. Tale obbligo è ulteriormente ridotto al 50 per cento nei due esercizi successivi a quello di realizzo per i proventi rivenienti dalle plusvalenze nette realizzate su immobili destinati alla locazione nonché derivanti dalla cessione di partecipazioni in Siiq e Siinq (Società di investimento immobiliare non quotate) o di quote in fondi immobiliari. E' incentivata la detenzione di azioni da parte di soggetti esteri che accedono alle convenzioni contro la doppia imposizione. Sono quindi agevolati i passaggi di beni immobili tra Siiq e fondi immobiliari. E' infine favorito l'investimento in alloggi sociali mediante la riduzione della ritenuta sui relativi utili dal 20 al 15 per cento. Il comma 4, lettere a) e b), al fine di semplificare la procedura per la dismissione degli immobili pubblici, esonera lo Stato, gli altri enti pubblici e le società di cartolarizzazione dall'obbligo di consegnare al momento della cessione le dichiarazioni di conformità catastale degli immobili. La lettera c) prevede che, nelle operazioni di dismissione immobiliare menzionate nonché nelle operazioni di vendita anche in blocco di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, l'attestato di prestazione energetica (APE) può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non deve essere necessariamente allegato al contratto di vendita. Si segnala che le norme in esame erano già state previste dal D.L. n. 126 del 2013 (articolo 2, commi 10 e 11). Tuttavia tale decreto non è stato convertito in legge. L'articolo 1, comma 2, della legge n. 68 del 2014 ha stabilito che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle citate norme. Articolo 21 - Investimenti in abitazioni in locazione L'articolo 21 prevede una deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi, al di fuori di un'attività commerciale, acquista dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio da un'impresa di costruzione o di ristrutturazione per destinarlo alla locazione a canone concordato per una durata minima di otto anni. La deduzione spetta anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a sostenere le spese per la costruzione dell'immobile su una propria area edificabile, ovvero nel caso di acquisto o realizzazione di ulteriori abitazioni da destinare alla locazione. Per il riconoscimento della deduzione sono previste alcune condizioni, tra cui: l'unità immobiliare deve essere a destinazione residenziale; non deve essere accatastata tra le abitazioni di "lusso"; non deve trovarsi in una zona agricola; deve avere prestazioni energetiche certificate in classe A o B; il locatore e il locatario non devono essere parenti in primo grado. La deduzione, che spetta nella misura del 20 per cento del prezzo di acquisto dell'immobile nel limite massimo di 300.000 euro (deduzione massima: 60.000 euro), è ripartita per un periodo di otto anni con quote annuali di pari importo. Le ulteriori modalità attuative saranno definite con decreto interministeriale. In particolare è possibile ottenere la deduzione in tre casi:
Dalla formulazione della disposizione si evince che è possibile, per un singolo contribuente, beneficiare della deduzione anche sommando i tre casi, fermo restando il limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro. Si osserva che le caratteristiche del terzo caso non sembrano definite compiutamente. Il comma 4 specifica le condizioni richieste per poter usufruire della deduzione:
Il comma 5 stabilisce che la deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d'imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione. Considerando che il tetto alla deduzione è di 60.000 euro, la quota massima deducibile all'anno è di 7.500 euro. La deduzione non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per le medesime spese. Sarebbe opportuno che la norma indicasse con esattezza, onde evitare inceretezze in sede applicativa, quali agevolazioni fiscali sono precluse dall'utilizzo della deduzione in esame. Per gli acquisti di fabbricati a uso abitativo ristrutturati l'ordinamento vigente prevede dei vantaggi fiscali. In particolare, a determinate condizioni, gli acquirenti degli immobili (o, nel caso di cooperative edilizie, gli assegnatari degli stessi) hanno diritto a una detrazione da ripartire in 10 anni. Il beneficio spetta nel caso di interventi di ristrutturazione riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che provvedono, entro 6 mesi dalla data del termine dei lavori, alla successiva alienazione o assegnazione dell'immobile (articolo 16-bis, comma 3, del D.P.R. n. 917 del 1986 – TUIR). La detrazione è, ordinariamente, del 36% del valore degli interventi eseguiti, che si assume pari al 25% del prezzo dell'unità immobiliare (come risultante nell'atto pubblico di compravendita o di assegnazione) e, comunque, entro un importo massimo di 48.000 euro. Successivamente la percentuale di detrazione del 36% è stata elevata:
Per entrambi i periodi l'importo massimo su cui calcolare la detrazione è stato elevato da 48.000 a 96.000 euro (si veda, da ultimo, la legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 139). Il comma 6 demanda ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze le ulteriori modalità attuative dell'articolo in esame. Il comma 7 contiene la copertura finanziaria. In particolare all'onere complessivo di 325,4 milioni (fino al 2025) si provvede per cinquanta milioni mediante riduzione della dotazione destinata al comitato centrale per l'albo degli autotrasportatori per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, per il restante importo mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. La disciplina recata dall'articolo in esame riprende il contenuto della legge "Scellier" francese, la quale dall'inizio del 2009 consente una deduzione del 25% dal reddito imponibile sul valore di acquisto di immobili dati in locazione (tetto massimo di 300.000 euro, quote di nove anni). La detrazione è scesa al 13% nel 2012, ma è risalita al 18% nel 2013, e tale aliquota varrà fino al 2016. Tuttavia nella disciplina francese non è previsto che il venditore debba essere necessariamente un'impresa di costruzione, di ristrutturazione o una cooperativa edilizia. Articolo 23 - Contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili L'articolo 23 disciplina le caratteristiche principali di una nuova tipologia contrattuale, il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili. Si tratta di un contratto attraverso il quale il godimento di un bene immobile è trasferito dal proprietario ad un conduttore dietro pagamento di un canone (locazione) e con l'accordo che entro un dato termine – liberamente fissato dalle parti - anche la proprietà dello stesso immobile sarà trasferita (compravendita), scomputando dal prezzo di acquisto parte dei canoni già corrisposti. Il mancato pagamento di un determinato numero di canoni costituisce causa di risoluzione del contratto. A tale tipologia contrattuale il decreto-legge estende l'applicazione di istituti già disciplinati dal codice civile: il regime e gli effetti della trascrizione del contratto sono ad esempio mutuati dalla disciplina del contratto preliminare di compravendita; gli obblighi di inventario e di garanzia, nonché la ripartizione delle spese relative all'immobile sono tratti dalla disciplina del rapporto di usufrutto. Sono inoltre disciplinati gli effetti dell'inadempimento del contratto e della dichiarazione di fallimento delle parti, ed è esteso (subordinatamente all'autorizzazione della Commissione europea) il regime fiscale di favore già introdotto per il riscatto degli alloggi sociali. Articolo 26 - Immobili demaniali non utilizzati L'articolo 26 reca una serie di disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati che si fondano sulla necessaria preventiva assegnazione o modifica della destinazione urbanistica. In particolare, il comma 1 riconosce all'accordo di programma sottoscritto tra le amministrazioni interessate il valore di variante urbanistica, riconducendo al comune la facoltà di presentare un progetto di recupero degli immobili non utilizzati al Ministero cui è attribuito in uso il bene stesso, che dovrà valutarlo positivamente, salvo il caso in cui sia già prevista una diversa utilizzazione del bene in questione, e che costituirà oggetto dell'accordo di programma. Sulla base della variante urbanistica così realizzata, l'Agenzia del demanio potrà procedere all'alienazione, alla concessione o alla costituzione del diritto di superficie. L'articolo in esame reca, altresì, talune disposizioni riguardanti gli immobili attualmente in uso alla Difesa. Le nuove disposizioni sono anch'esse finalizzate a definirne tempi di conclusione del procedimento e semplificare le procedure di valorizzazione con particolare riferimento alla fase dell'assegnazione ovvero della modifica della destinazione d'uso. Articolo 27 - Patrimonio immobiliare dell'INAIL L'articolo 27 contiene misure urgenti in materia di patrimonio dell'INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), disponendo l'individuazione delle opere di pubblica utilità da finanziare urgentemente nell'ambito degli investimenti immobiliari dello stesso Istituto. La disposizione è volta a favorire la realizzazione di opere ritenute prioritarie e di pubblico interesse, così da rispondere celermente alle esigenze di finanziamento e di liquidità di amministrazioni ed enti. Più nel dettaglio, il comma 1 dispone che, con DPCM da adottarsi, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame, vengano individuate le opere di pubblica utilità da finanziare, in via d'urgenza e dando priorità a quelle che presentano uno stato di realizzazione avanzato, nell'ambito degli investimenti immobiliari dell'INAIL rientranti nel piano di impiego dei fondi disponibili. Per finanziare i suddetti interventi, il comma 2 prevede che l'INAIL (fatti salvi gli investimenti immobiliari già programmati) utilizzi le risorse autorizzate sulla base del piano triennale degli investimenti immobiliari per il triennio 2014-2016, adottato ai sensi del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 10 novembre 2010, che disciplina le operazioni immobiliari attuate da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale. |
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ENERGIAArticolo 22 - Conto termico L'articolo 22 riguarda l'incentivazione degli interventi:
realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, e mira a facilitare l'accesso per imprese, famiglie e soggetti pubblici a tali contributi. La norma prevede che l'aggiornamento del sistema di incentivi (attualmente definiti dal c.d. conto termico) venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate (comma 1). L'applicazione di tale nuovo sistema sarà monitorata entro il 31 dicembre 2015. Sulla base del monitoraggio verrà adottato, se necessario, un decreto modificativo della disciplina vigente (comma 2). Articolo 36 - Interventi per la ricerca di idrocarburi L'articolo 36 esclude dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata. L'esclusione è limitata
Articolo 37 - Gasdotti L'articolo 37 introduce alcune modifiche sulle norme vigenti in materia di infrastrutture di gas naturale. In particolare, i gasdotti di importazione di gas dall'estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse:
Specifiche modifiche riguardano l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio dei gasdotti di approvvigionamento di gas dall'estero, che vengono inclusi nella disciplina che regolamenta le infrastrutture facenti parte delle reti energetiche nazionali per le quali l'autorizzazione sostituisce, anche ai fini urbanistici edilizi e paesaggistici (quest'ultimo riferimento è introdotto dal decreto), ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere, atto di assenso e nulla osta comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tutte le opere e tutte le attività previste nel progetto approvato fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza vigenti, e la la partecipazione al procedimento dei soggetti titolari o gestori di beni demaniali e di aree demaniali interessati dal passaggio dei gasdotti. Ulteriori modifiche attengono all'inclusione degli impianti facenti parte della rete nazionale dei gasdotti con potenza termica di almeno 50 MW nell'elenco degli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale. Inoltre, la norma cerca di incentivare gli investimenti per lo sviluppo di ulteriori prestazioni di punta degli stoccaggi a decorrere dal 2015. Articolo 38 - Attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale L'articolo 38 qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità , urgenti e indifferibili. Conseguentemente si prevede che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità , indifferibilità ed urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni (comma 1), e che il rilascio dell'autorizzazione abbia effetto di variante urbanistica nel caso in cui le opere comportino una variazione degli strumenti urbanistici (comma 2). Un'ulteriore modifica attiene all'inserimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi effettuate sulla terraferma tra i progetti di competenza statale sottoposti a procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) (comma 3) ; tali attività erano, infatti, di competenza delle regioni e delle province autonome. Conseguentemente, si prevede che, entro il 31 dicembre 2014, la Regione interessata debba concludere i relativi procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Trascorso inutilmente tale termine la relativa documentazione è trasmessa al Ministero dell'ambiente per il prosieguo dell'istruttoria (comma 4). Vengono inoltre stabiliti nuovi principi per il conferimento di titoli minerari, in modo da semplificare e ridurre i tempi necessari per il rilascio dei titoli abilitativi per la ricerca e la produzione di idrocarburi, prevedendo il rilascio di un titolo concessorio unico, accordato con decreto MiSE, a seguito di un procedimento unico svolto nel termine di centottanta giorni (commi da 5 a 8). Ulteriori disposizioni estendono l'applicazione del programma provvisorio per giacimenti che richiedano l'impiego di nuove tecnologie ad alcune zone per le quali attualmente vige un divieto per la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi, nonché per rendere possibili progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti nel caso di risorse nazionali di idrocarburi in mare localizzate in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi (commi 9 e 10). Infine, la norma inserisce tra le attività soggette ad autorizzazione rilasciata dall'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (UNMIG) la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento. In particolare, nei caso dei giacimenti a terra, non è più necessaria l'autorizzazione delle regioni ma solo dell'UNMIG (comma 11). Articolo 39 - Veicoli a basse emissioni L'articolo 39 modifica alcuni dei criteri per la fruizione degli incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, attraverso una serie di modifiche puntuali alle disposizioni del DL n. 83 del 2012 che li aveva introdotti. Le modifiche consentono: - di acquistare un veicolo fruendo del contributo rottamandone uno ricompreso in un'unica categoria L ora più ampia, comprensiva delle varie sottocategorie, che vengono accorpate eliminando il requisito della rottamazione di un veicolo della categoria esattamente corrispondente a quella del nuovo veicolo acquistato (es. si potrà rottamare un ciclomotore se si acquista un motociclo, mentre prima si era vincolati ad acquistare la stessa categoria di ciclomotore per fruire del contributo); - l'agevolazione è consentita anche nel caso di sola immatricolazione in Italia e viene eliminato il requisito del possesso o della proprietà da almeno 12 mesi nonché quello che il veicolo rottamato sia stato immatricolato da almeno dieci anni e che sia intestato da almeno 12 mesi allo stesso intestatario che acquista il nuovo; la misura del contributo non è più fissa al 15% o 20% ma può arrivare fino a tali limiti; - Il contributo è fruibile non solo nel caso di veicoli utilizzati come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa, ma anche se dati in uso promiscuo ai dipendenti. |
MISURE PER GLI ENTI TERRITORIALIArticolo 4 - Opere segnalate dagli enti locali e misure finanziarie a favore di Enti territoriali L'articolo 4 stabilisce alcune misure dirette a favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014. In particolare, in caso di mancato accordo tra le amministrazioni partecipanti al procedimento per la realizzazione dell'opera, il comma 1 prevede la possibilità di riconvocare la conferenza di servizi al fine di riesaminare i pareri ostativi. In tal caso, qualora l'ente abbia necessità di definire il procedimento in tempi celeri, tutti i termini dei lavori della conferenza, previsti dalla disciplina generale (art. 14 ss., L. n. 241/1990) sono ridotti della metà . La disposizione fa salva la possibilità per l'amministrazione procedente, in caso di dissenso motivato da parte di alcune amministrazioni, di demandare la decisione al Consiglio dei Ministri, che dovrà comunque intervenire nei termini ridotti. Nel caso in cui il procedimento per la realizzazione dell'opera non si sia perfezionato per altre difficoltà amministrative, il comma 2 riconosce in capo ai comuni la facoltà di avvalersi di una cabina di regia, appositamente istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Al fine di evitare incertezze in sede applicativa, andrebbero ulteriormente chiariti sia i presupposti dell'intervento della cabina di regia ("ulteriori difficoltà amministrative"), sia i compiti e i poteri attribuiti al medesimo organismo, di cui il testo si limita ad enunciare la finalità ("scopo consulenziale-acceleratorio"). I commi 3-4 prevedono l'esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti effettuati dai comuni per gli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La deroga è concessa nel limite di 250 milioni di euro per l'anno 2014. Ai fini dell'esclusione dei pagamenti dai vincoli del patto, la norma prevede l'accertamento con apposita istruttoria a cura della Presidenza del Consiglio, di determinate condizioni. In particolare, deve trattarsi di pagamenti effettuati entro il 31 dicembre 2014, riguardanti opere preventivamente inserite nel Piano Triennale delle opere pubbliche, già realizzate ovvero in corso di realizzazione o per le quali sia possibile l'immediato avvio dei lavori da parte dell'ente locale richiedente. I Comuni che beneficiano della esclusione dal patto di stabilità interno e l'importo dei pagamenti da escludere sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (comma 4). I commi 5 e 6 disciplinano l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015, per un importo complessivamente pari a 300 milioni di euro (di cui 200 milioni per il 2014 e 100 milioni per il 2015), dei pagamenti dei debiti in conto capitale certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013 sostenuti successivamente all'entrata in vigore del presente decreto-legge da parte delle regioni, delle province e dei comuni. Rilevano ai fini della predetta esclusione solo i debiti presenti nella apposita piattaforma elettronica per la certificazione di crediti, connessi a determinate tipologie di spesa espressamente indicate, escluse le spese afferenti la sanità . Con le norme in esame si intende, dunque, introdurre per gli anni 2014 e 2015 una ulteriore deroga ai vincoli del patto di stabilità del tutto analoga a quella già consentita per il 2014 dalla legge di stabilità con riferimento ai debiti maturati al 31 dicembre 2012 (art. 1, commi 546-549, legge n. 147/2013), estendendola peraltro ai pagamenti di debiti maturati fino al 31 dicembre 2013. Per l'anno 2014, l'esclusione, concessa nel limite complessivo di 200 milioni di euro, è destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni che beneficiano di entrate rivenienti dalle aliquote di prodotto della coltivazione di idrocarburi, superiori a 100 milioni. Per la distribuzione del rimanente importo dell'esclusione, i comuni, le province e le regioni sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il termine perentorio del 30 settembre 2014, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti di debiti nel 2014 ed entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015 (comma 6). Il comma 7 interviene sulla disposizione della legge di stabilità 2014 che ha introdotto, per incentivare gli investimenti degli enti locali, l'esclusione dal calcolo del saldo rilevante ai fini del patto di stabilità dei pagamenti in conto capitale sostenuti dalle province e dai comuni nell'anno 2014, per un importo complessivo di 1.000 milioni di euro. Le modifiche sono volte a precisare che l'esclusione vale soltanto per i pagamenti effettuati nei primi sei mesi dell'anno 2014 e che gli spazi finanziari resi disponibili dalla predetta esclusione, operante nel primo semestre, devono essere utilizzati dagli enti interessati per pagamenti in conto capitale da sostenere nel corso dell'intero anno 2014, e non più nel solo primo semestre. Il comma 8 dispone il rifinanziamento, nella misura di 250 milioni di euro per l'anno 2014 in termini di sola competenza, dell'autorizzazione di spesa finalizzata alla prosecuzione degli interventi per la ricostruzione degli edifici privati nei territori della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, al fine di consentire la prosecuzione della concessione dei contributi finalizzati alla ricostruzione in Abruzzo, provvedendo, altresì, alla relativa copertura finanziaria. Infine, il comma 9 reca la norma di compensazione degli effetti finanziari derivanti delle disposizioni previste dall'articolo 4 in esame, concernenti l'esclusione dei pagamenti effettuati dagli enti territoriali dai vincoli del patto di stabilità interno e il rifinanziamento degli interventi di ricostruzione in Abruzzo. Articolo 16 - Investimenti privati nelle strutture ospedaliere L'articolo 16 prevede due deroghe per la regione Sardegna in materia di programmazione della spesa sanitaria per strutture accreditate, allo scopo di favorire, in via sperimentale, la partecipazione di un investimento straniero nell'ospedale ex San Raffaele di Olbia, esclusivamente per il triennio 2015-2017. Più in particolare:
Articolo 41 - Trasporto pubblico locale nelle regioni Calabria e Campania I commi da 1 a 4 dell'articolo 41 prevedono la destinazione di risorse del Fondo di sviluppo e coesione, per un ammontare di 40 milioni per il 2014 (di cui 20 milioni a copertura degli oneri 2013) e di 20 milioni per il 2015 al fine di assicurare la copertura dei costi del sistema di trasporto pubblico locale della regione Calabria e superare l'attuale situazione di disavanzo. Ciò a condizione che il piano di riprogrammazione della regione venga integrato tenendo conto di specifici parametri quali tariffe che tengano conto della tariffa media applicata a livello nazionale per passeggero/km e un rapporto tra ricavi da traffico e corrispettivo da regione non inferiore al 20 per cento. I commi da 1 a 4 dell'articolo 41 risultano di identico contenuto dell'articolo 3 della proposta di legge C. 2256, già approvata dal Senato ed attualmente all'esame della V Commissione Bilancio della Camera; a sua volta l'articolo 3 dell'A.C. 2256 riprende sostanzialmente il contenuto dei commi da 2-bis a 2-quinquies dell'articolo 1 del disegno di legge C. 1906 di conversione del decreto-legge n. 126/2013, inseriti nel corso dell'iter al Senato (il provvedimento non è stato poi convertito).
Il comma 5 dell'articolo 41 differisce al 31 dicembre 2015 il blocco, scaduto il 30 giugno 2014, delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il trasporto ferroviario regionale nella regione Campania ed interessate dal piano di rientro dalla situazione di disavanzo: si prevede inoltre che i pignoramenti effettuati non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati. Articolo 42 - Finanza regionale L'articolo 42 opera diversi interventi concernenti la finanza regionale. Il comma 1 concerne il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario già disposto dall'articolo 46, commi 6 e 7, del decreto legge 66/2014 e pari complessivamente a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. La norma anticipa il termine, dal 31 ottobre al 31 settembre 2014, entro cui le regioni possono concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni gli ambiti di spesa sui quali incidere per realizzare il risparmio e l'ammontare del risparmio riferito a ciascuna regione, in relazione agli anni 2015 e seguenti. La norma inserisce, inoltre, dopo il citato articolo 46, comma 7, i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater al fine di dare attuazione all'intesa sancita in Conferenza Stato-Regioni il 29 maggio 2014, in relazione al contributo alla finanza pubblica per il 2014. Le regioni hanno concordato di realizzare il concorso alla riduzione della spesa per un valore complessivo di 500 milioni per il 2014 (ai fini dell'indebitamento netto), attraverso la rinuncia a determinate deroghe al patto di stabilità previste dalla legislazione vigente. Il comma 7-bis dispone quindi che le risorse stanziate dalla legge di stabilità , 2014 ed attualmente escluse dal patto di stabilità , devono essere spese dalle regioni, nei limiti dell'obiettivo programmatico già fissato (e come modificato dal successivo comma 7-quater). Si tratta di contributi che le regioni ricevono al fine di finanziare particolari settori: scuole paritarie, erogazione di borse di studio universitarie, contributi e benefici a favore degli studenti, anche con disabilità , fondo per il diritto al lavoro dei disabili, libri di testo e materiale rotabile. La certificazione dell'avvenuta spesa è inserita nell'ordinaria certificazione ai fini della verifica del patto di stabilità (comma 7-ter) e qualora la regione non provveda a spendere la sua quota, essa deve versare al bilancio dello Stato la somma corrispondente. In conseguenza della rinuncia alle deroghe al patto di stabilità sopra illustrate, il comma 7-quater stabilisce che per l'anno 2014 non si applicano le esclusioni dai vincoli del patto concernenti le scuole paritarie (L. 147/2013 art. 1, comma 260), le borse di studio universitarie (D.L. 104/2013, art 2 e legge 147/2013 art. 1, comma 259), i contributi per gli studenti, anche disabili (D.L. 104/2013, art 1) e il materiale rotabile (legge 147/2013, art. 1, comma 83); per il 2014, infine, non trova applicazione il comma 7 del citato articolo 46, il quale dispone che gli importi imputati a ciascuna regione in sede di intesa al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità . I commi 2 e 3 posticipano alcuni termini inerenti le misure di flessibilità dell'applicazione del patto di stabilità interno. Il comma 2 riguarda il patto orizzontale tra le regioni, vale a dire la possibilità che le regioni a statuto speciale e le regioni a statuto ordinario si scambino spazi finanziari nel rispetto dei saldi di finanza pubblica definiti complessivamente. Previsto dal comma 517, art. 1, della legge di stabilità 2014 e fino ad ora non attuato, la norma posticipa il termine per la definizione dell'accordo da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni, dal 30 giugno al 15 ottobre 2014. Il comma 3 concerne il "patto regionale verticale" (disciplinato dall'articolo 1, commi 138-140, della legge 220/2010, legge di stabilità 2011) secondo il quale le regioni possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio, in termini di competenza euro compatibile, per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi finanziari. La norma, limitatamente al 2014, posticipa dal 1° marzo al 30 settembre il termine entro cui gli enti locali devono comunicare all'ANCI, all'UPI e alle regioni e province autonome l'entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell'anno e dal 31 marzo al 15 ottobre, il termine entro cui le regioni comunicano i nuovi obiettivi agli enti locali interessati dalla compensazione verticale. Il comma 4 concerne l'ulteriore concorso agli obiettivi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario determinato dai commi 522-527, art. 1, legge di stabilità 2013 per un complessivo importo di 560 milioni di euro, in termini di saldo netto da finanziare. Ciascuna regione è tenuta a versare ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio statale, entro il 31 marzo 2014, la somma indicata nella tabella allegata alla legge di stabilità . Il comma 525 dispone che in caso di mancato versamento, gli importi dovuti da ciascuna regione sono sottratti dalle risorse dovute dallo Stato alla regione medesima, entro il termine del 30 aprile 2014. Non possono essere soggette a tagli le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e del trasporto pubblico locale. La regione può indicare alla Ragioneria Generale dello Stato quali risorse tagliare entro il 15 aprile 2014. La norma in esame posticipa il termine entro cui, in caso di mancato pagamento, gli importi dovuti da ciascuna regione sono sottratti dalle risorse dovute dallo Stato alla regione medesima, dal 30 aprile al 31 ottobre. Viene inoltre inserita una ulteriore disposizione secondo la quale, fino alla individuazione delle risorse da tagliare alla regione inadempiente, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili le voci di spesa indicate. I commi da 5 a 8 riguardano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana. Le norme danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione il 9 giugno 2014, nell'ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013. Il comma 5 determina l'obiettivo del patto di stabilità della Regione, in termini di competenza eurocompatibile, per l'anno 2014 pari a 5.786 milioni di euro e per gli anni dal 2015 al 2017 pari a 5.665 milioni di euro. La misura è tale da garantire un contributo della Regione in termini di indebitamento netto pari a 400 milioni annui; il contributo, definito dal comma 8, andrà a confluire nel "Fondo Rapporti Finanziari con autonomie speciali", istituito dallo stesso comma 8. La norma sostituisce quindi l'accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto in relazione a ciascuno degli anni dal 2014 al 2017. Rimane ferma la possibilità di rideterminare gli obiettivi in conseguenza degli ulteriori contributi alla finanza pubblica posti a carico delle autonomie speciali. In relazione al 2014, inoltre, il comma 7 stabilisce che la Regione non può impegnare spese correnti, con esclusione di quelle per la sanità , in misura superiore all'importo minimo dei corrispondenti impegni del triennio 2011-2013. Il comma 6 dà attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 241 del 2013 che ha riconosciuto illegittime le riserve all'erario stabilite dal D.L. 138/2011 in relazione alle entrate tributarie spettanti alla Regione. Gli accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione dei tributi erariali della Regione siciliana per il 2014, previsti dalla normativa vigente, devono perciò essere ridotti in misura corrispondente alle somme da restituire alla Regione. I commi da 9 a 13 riguardano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna. Le norme danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione il 21 luglio 2014, nell'ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013. Il comma 9 determina l'obiettivo del patto della Regione, in termini di competenza eurocompatibile, per l'anno 2014 pari a 2.696 milioni di euro; dal patto sono escluse le spese previste dalla normativa vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a. A decorrere dal 2015, invece, l'obiettivo del patto per la Regione, dovrà essere il pareggio di bilancio (saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali). Non si applicheranno perciò i limiti alle spese previste per le autonomie speciali dalla normativa vigente (comma 10). Anche per la regione Sardegna, come per la Regione siciliana, la norma sostituisce l'accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto in relazione a ciascuno degli anni dal 2014 al 2017 (comma 11). In relazione al 2014, inoltre, il comma 12 stabilisce che la Regione non può impegnare spese correnti, con esclusione di quelle per la sanità , in misura superiore all'importo minimo dei corrispondenti impegni del triennio 2011-2013. Il comma 13 quantifica, infine, gli oneri derivanti dall'accordo sopra descritto, pari a 320 milioni annui come peggioramento in termini di indebitamento netto, oneri che trovano compensazione nel "Fondo Rapporti Finanziari con autonomie speciali", istituito dal precedente comma 8. Articolo 43 - Utilizzo del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti territoriali e del Fondo di solidarietà comunale L'articolo 43 prevede, ai commi da 1 a 3, disposizioni finalizzate a consentire agli enti locali in situazione di c.d. "predissesto", che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal TUEL, di utilizzare le risorse del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali» per il ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio da considerare ai fini del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, al fine di potenziare la possibilità di pagamento ai creditori dei predetti debiti e ridurre, quindi, lo stock di debiti delle pubbliche amministrazioni. La possibilità per tali enti di utilizzare in tal modo le risorse ad essi attribuite a valere sul citato Fondo di rotazione è riconosciuta nei limiti di 100 milioni di euro per l'anno 2014 e di 180 milioni di euro annui dal 2015 al 2020. Il comma 4 dell'articolo 43 prevede l'attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, da parte del Ministero dell'interno, di un importo a titolo di anticipo su quanto spettante per l'anno 2014 sul Fondo di solidarietà comunale, da erogare entro il 20 settembre 2014. L'anticipo è pari, per ciascun comune, al 66 per cento di quanto spettante per l'anno 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale, detratti gli importi già erogati dal Ministero con il precedente acconto disposto ai sensi dell'articolo 8 del D.L. n. 16/2014. Il comma 5 destina ad incremento del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2014 la somma di 49,9 milioni di euro, quali somme disponibili in conto residui sul Fondo per il federalismo amministrativo di parte corrente. Ai fini dell'utilizzo di tali somme per finalità diversa da quella per la quale sono state impegnate, sarebbe opportuno un chiarimento da parte del Governo in merito alla sussistenza o meno dei relativi impegni giuridici di spesa. |
MISURE PER LE IMPRESEArticolo 15 - Fondo di servizio per la patrimonializzazione delle imprese L'articolo 15 dispone che il Governo promuova (comma 1) l'istituzione di un Fondo di servizio, avente durata di dieci anni prorogabili, con lo scopo di rilanciare le imprese industriali italiane caratterizzate da "equilibrio economico positivo" e che necessitino di adeguata patrimonializzazione. Scopo del Fondo (comma 2) è il sostegno finanziario e patrimoniale attraverso nuove risorse che favoriscano, tra l'altro, processi di consolidamento industriale rivolgendosi alle imprese con un numero di addetti non inferiore a 150 e con prospettive di mercato. L'intervento del Fondo sarà costituito da operazioni di patrimonializzazione al servizio dello sviluppo operativo e dei piani di medio-termine. Potranno sottoscrivere quote del Fondo (comma 3) i soli investitori istituzionali e professionali: la sua operatività è subordinata alla dotazione minima di 1 miliardo di euro, sottoscritta da almeno tre investitori partecipanti, ciascuno in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 40 per cento. Tali investimenti dovranno rappresentare complessivamente una quota pari ad almeno il 50 per cento del valore totale dei "prestiti bancari alle imprese italiane non finanziarie", risultanti dalle rilevazioni periodiche del credito bancario effettuate dalla Banca d'Italia. Ai sensi del comma 4, il Fondo ha durata decennale prorogabile e gli investimenti hanno una durata di medio e lungo periodo. Il Fondo potrà altresì investire in imprese oggetto di procedure di ristrutturazione societarie e del debito. Le norme (comma 5) affidano la gestione del Fondo ad una società di gestione del risparmio selezionata attraverso procedura ad evidenza pubblica gestita dai sottoscrittori, che assicuri la massima partecipazione, trasparenza e non discriminazione degli operatori finanziari iscritti all'apposito albo delle società di gestione del risparmio tenuto, ai sensi dell'articolo 35 del TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998), dalla Banca d'Italia. Sono specificate (comma 6) le caratteristiche obbligatorie della procedura di evidenza pubblica per la selezione del gestore del fondo, con l'obbligo di escludere le offerte che prevedano remunerazioni di carattere speculativo, prevedano un gestore del Fondo soggetto a partecipazione di controllo o di maggioranza da parte di uno o più sottoscrittori del Fondo, e quelle che non prevedano la presenza di un comitato di controllo. Inoltre l'offerta tecnica deve contenere la struttura organizzativa e remunerativa della società di gestione del risparmio. Ai sensi del comma 7, il soggetto gestore del Fondo deve operare in situazione di neutralità e imparzialità rispetto ai sottoscrittori. Deve rendere note ai sottoscrittori ed al Ministero dell'economia e delle finanze le operazioni in cui si trovi in conflitto di interesse e (comma 8) trasmettere annualmente al Ministero dello sviluppo economico una relazione sull'operatività del fondo, insieme ad una banca dati completa per ciascuna operazione. Infine (comma 9) affida a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'individuazione delle caratteristiche delle imprese beneficiarie dell'intervento del Fondo, le caratteristiche della tipologia di investimento nel Fondo, al fine di evitare remunerazioni di carattere speculativo, e le modalità organizzative del Fondo stesso. Articolo 30 - Piano per la promozione del Made in Italy L'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia. Il Piano è adottato dal Ministro dello sviluppo economico , con proprio decreto, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, d'intesa con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, con riguardo alle azioni rivolte alle imprese agricole e alimentari, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (comma 1). Con riguardo al contenuto (comma 2), il Piano dovrà essere articolato in una serie di azioni elencate dall'articolo in commento, volte al sostegno alle piccole e medie imprese che operano nel mercato globale e alla promozione delle opportunità di investimenti esteri in Italia. Specifiche azioni sono indirizzate al supporto delle esportazioni nel settore agroalimentare, con riferimento alla valorizzazione delle produzioni di eccellenza e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti; realizzazione di un segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari al fine di favorirne la promozione all'estero; contrasto al fenomeno dell'Italian sounding. Al fine di attuare un rafforzamento organizzativo delle micro, piccole e medie imprese è inoltre prevista, previa definizione dei requisiti da parte del MISE, l'erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher, destinati per l'acquisizione, tra l'altro, di figure professionali specializzate nei processi di internazionalizzazione (comma 4). La disposizione prevede altresì che il Piano individui le dotazioni finanziarie relative alle azioni ivi previste L'attuazione del Piano è rimessa all'ICE-Agenzia. Con la stessa il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi attribuiti all'ICE per favorire l'attrazione degli investimenti esteri, i risultati attesi e le risorse finanziarie (commi 3 e 5). E' inoltre prevista l'istituzione di un Comitato presso il Ministero dello sviluppo economico, con il compito di coordinamento dell'attività in materia di attrazione degli investimenti esteri, nonché di favorire, ove necessario, la sinergia tra le diverse amministrazioni centrali e locali. Il Comitato è composto da rappresentanti dei diversi ministeri interessati e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni e può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento. Ai componenti del Comitato non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti. E' di conseguenza soppresso il Desk Italia-Sportello attrazione degli investimenti esteri (comma 7). Una relazione sull'attuazione del Piano deve essere presentata anualmente al Parlamento dal Ministro per lo sviluppo economico d'intesa con il ministro delle politiche agricole e forestali (comma 8). Infine si attribuisce al Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese, la cui dotazione è determinata nella legge di stabilità , altresì la finalità di attrazione degli investimenti esteri (comma 9). Articolo 31 - Condhotel L'articolo 31 introduce nell'ordinamento la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominata condhotel, la cui caratteristica principale è la composizione integrata tra camere destinate alla ricettività e unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina. La superficie delle unità a destinazione residenziale non può superare il 40% della superficie totale degli immobili interessati. L'individuazione delle condizioni di esercizio dei condhotel è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio da adottare, previa intesa tra lo Stato, le Regioni e le Autonomie Locali in sede di Conferenza Unificata. Il medesimo D.P.C.M., per l'adozione del quale non è previsto alcun termine, deve definire le condizioni necessarie per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti, con esclusivo riferimento alle unità abitative a destinazione residenziale. E' specificato al riguardo che il vincolo può essere rimosso, a richiesta del proprietario, previa restituzione dei contributi e delle agevolazioni pubbliche percepite, ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento. Va rilevato che una disciplina della definizione delle strutture alberghiere, con particolare riguardo ai condhotel, è contenuta nel D.L. 83/2014, convertito con modificazioni, dalla legge 106/2014. L'articolo 10, comma 5, del citato decreto demanda ad un decreto del MIBACT, da emanarsi entro 3 mesi, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, l'aggiornamento degli standard minimi e l'uniformità sul territorio nazionale dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, ivi compresi i condhotel, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali. Va evidenziata l'opportunità , in sede di attuazione delle norme in commento, di un coordinamento tra le disposizioni relative ai condhotel contenute nel decreto legge in esame e quelle contenute nel decreto legge 83/2014, anche alla luce della considerazione che per l'emanazione del D.P.C.M. volto alla definizione delle condizioni di esercizio dei condhotel non è previsto alcun temine. Articolo 32 - Marina Resort e implementazione sistema telematico centrale nautica da diporto L'articolo 32 equipara alle strutture ricettive all'aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort). La principale conseguenza dell'equiparazione consiste nell'applicazione alle prestazioni rese ai clienti ivi alloggiati nei "marina resort", dell'IVA agevolata al 10 per cento (concessa ai clienti alle strutture ricettive turistiche), invece dell'IVA al 22 per cento. L'equiparazione ha natura temporanea, in quanto ha effetto dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in commento fino al 31 dicembre 2014 e deve avvenire secondo requisiti stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Andrebbe al riguardo valutata l'opportunità di specificare la forma dell'atto con il quale il Ministero deve individuare i requisiti nonché i termini per l'adozione dell'atto stesso. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'aliquota ridotta, valutati in 2 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante l'utilizzo delle somme versate entro il 15 luglio 2014 all'entrata del bilancio dello Stato derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante delle concorrenza e mercato. Il comma 3 dell'articolo 32 precisa, attraverso una modifica della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), che il sistema telematico centrale della nautica da diporto include, oltre all'archivio telematico centrale e allo sportello telematico del diportista, anche l'ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto; vengono inoltre specificate le norme del codice della nautica da diporto oggetto di modifica da parte del regolamento di delegificazione chiamato a disciplinare il sistema telematico centrale. |
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALIArticolo 40 L'articolo 40 detta norme in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni. Il comma 1 prevede l'incremento, per 728 milioni di euro nel 2014, del Fondo sociale per l'occupazione la formazione ai fini del rifinanziamento dell'ammortizzatori sociali in deroga e l'incremento, di 70 milioni di euro per il 2015, della dotazione relativa all'incentivo per le nuove assunzioni di cui all'articolo 1, comma 12, lettera b), del D.L. 76/2013 (c.d. bonus Giovannini). Ai sensi del comma 2, alla copertura dei richiamati oneri si provvede mediante le seguenti forme di finanziamento:
I commi da 3 a 6 recano ulteriori disposizioni in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni Più specificamente:
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ALTRE DISPOSIZIONIArticolo 6 co. 5 - Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici Il comma 5 modifica il campo di applicazione dei valori di attenzione per la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, specificando che tali valori si assumono a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti anche a lungo termine eventualmente connessi con le predette esposizioni, tra l'altro, nelle pertinenze esterne con dimensioni abitabili (balconi, terrazzi, cortili), con permanenze non inferiori alle quattro ore continuative giornaliere. Articolo 9 - Interventi di estrema urgenza L'articolo 9 è volto a qualificare come interventi di "estrema urgenza", considerati indifferibili, in conseguenza della certificazione da parte dell'ente interessato, gli interventi anche su impianti, arredi e dotazioni funzionali alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio, all'adeguamento alla normativa antisismica e alla tutela ambientale e del patrimonio culturale (comma 1). La norma fa salve le disposizioni che già prevedono l'applicazione delle procedure disciplinate dal Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture a situazioni di "estrema urgenza". Per l'avvio di questi interventi sono introdotte disposizioni in deroga alle procedure di scelta del contraente e alle fasi delle procedure di affidamento dei contratti, previste nel citato Codice dei contratti (comma 2). Le principali modifiche, introdotte al comma 2, determinano per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria (attualmente fissata a 5,186 milioni di euro): - la possibilità di stipulare il contratto, prima del termine di 35 giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva (cd. meccanismo di stand still), ed anche nel caso in cui venga proposto ricorso avverso l'aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare. In tale ultimo caso, non vengono applicati i termini di sospensione obbligatoria della stipula del contratto alle condizioni fissate nella norma (lettera a); - la possibilità di affidare i lavori senza la richiesta di garanzia a corredo dell'offerta (lettera a); - la possibilità di affidare i lavori, per importi complessivi inferiori alla soglia comunitaria, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione e ricorrendo alla procedura negoziata senza bando invitando un minimo di tre soggetti. Per tali lavori, è consentito l'aumento al 30 per cento dell'importo della categoria prevalente per l'affidamento dei lavori a terzi mediante sub appalto o sub contratto (lettera d); La normativa vigente prevede il ricorso alla procedura negoziata senza bando per lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza; l'invito è rivolto, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se sussistono aspiranti idonei in tali numeri. I lavori, relativi alla categoria prevalente, sono affidabili a terzi mediante subappalto o subcontratto nel limite del 20 per cento dell'importo della medesima categoria.
- la pubblicazione dei bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro solo sul sito informatico della stazione appaltante, escludendo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (lettera b); - il dimezzamento dei tempi di ricezione delle offerte nelle procedure aperte, ristrette e negoziate (lettera c); - l'affidamento diretto, da parte del responsabile del procedimento, dei lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado e di quelli dell'alta formazione artistica, museale e coreutica (AFAM) per importi fino a 200.000 euro, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione e con invito rivolto ad almeno cinque operatori economici (lettera e). La normativa vigente consente l'affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento, per lavori di importo inferiore a quarantamila euro. Per lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e fino a 200.000 euro, l'affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici
Articolo 12 - Utilizzo dei fondi europei L'articolo 12 interviene in tema di utilizzo delle risorse dei fondi strutturali dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, prevedendo che il Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata, possa proporre al CIPE il definanziamento e la riprogrammazione delle risorse non impegnate qualora le amministrazioni pubbliche responsabili si siano rese responsabili di inerzia, ritardo o inadempimento. Il comma 2 attribuisce al Presidente del Consiglio l'esercizio dei poteri ispettivi e di monitoraggio sullo stato di attuazione degli interventi a valere su tali risorse, anche con l'ausilio di amministrazioni statali e non statali dotate di specifica competenza tecnica, mentre il comma 3 attribuisce ad esso i poteri sostitutivi già previsti dalla normativa vigente in caso di accertato inadempimento, inerzia o ritardo nell'attuazione di tali interventi. Articolo 24 - Partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio L'articolo 24 prevede che i comuni possano definire, in relazione ad un determinato ambito del proprio territorio, criteri e condizioni per la realizzazione da parte di cittadini, singoli o associati, di interventi di valorizzazione del territorio urbano od extraurbano, quali la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade. A tal fine, l'ente locale può deliberare la concessione di una riduzione ovvero di un'esenzione di tributi locali inerenti alle attività poste in essere dai predetti soggetti. L'esenzione in ogni caso è concessa per un periodo di tempo limitato, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni. Al riguardo si osserva che dovrebbe essere chiarito se le minori entrate derivanti dall'attuazione della norma sono a carico dei singoli comuni. Articolo 25, co. 1 - Conferenza di servizi Il comma 1 modifica due aspetti della disciplina della conferenza di servizi (artt. 14 ss., L. n. 241/1990). Innanzitutto, fissa la decorrenza dei termini di validità degli atti di assenso, comunque denominati, acquisiti all'interno della conferenza, a far data dall'adozione del provvedimento finale, mentre, attualmente, l'efficacia di tali atti endoprocedimentali decorre dalla loro espressione, un momento precedente la conclusione della conferenza. In secondo luogo, la norma esplicita la natura di atto di alta amministrazione della deliberazione del Consiglio dei Ministri, a cui l'amministrazione procedente rimette la decisione finale nei casi di dissenso all'interno delle conferenza. Articolo 25, co. 2-3 - Autorizzazione paesaggistica Il comma 2 prevede l'introduzione, nel regolamento di delegificazione volto a modificare la disciplina sull'autorizzazione paesaggistica riguardante interventi di lieve entità , delle tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, sia nell'ambito degli interventi di lieve entità sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica, e delle tipologie di interventi di lieve entità che possano essere regolati anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali. Il comma 3 interviene sul procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, sopprimendo le disposizioni (dettate dal primo e dal secondo periodo del co. 9 dell'art. 146 del D.lgs. 42/2004) che consentivano, in caso di mancata espressione del parere da parte del soprintendente entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, di indire una conferenza di servizi, che doveva pronunciarsi entro 15 giorni. Il nuovo testo ora prevede che, decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, I‘amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione Articolo 25, co. 4 - Procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico Il comma 4 stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 sia emanato il previsto decreto del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, recante le linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico. |
Relazioni allegate o richiesteIl relativo disegno di legge di conversione non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN); manca altresì la relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR). La relazione illustrativa del provvedimento in titolo non ottempera a tale obbligo. |
Collegamento con lavori legislativi in corsoI contenuti dell'articolo 41, commi da 1 a 4, riprendono in maniera identica quelli dell'articolo 3 della proposta di legge C. 2256, che reca disposizioni in materia di funzionalità di regioni ed enti locali, di lavoro, di trasporto pubblico locale, di interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali, di modalità di composizione di seggi elettorali, di impignorabilità delle somme dovute alle aziende sanitarie e di trasferimento di beni confiscati al patrimonio degli enti territoriali, approvata in prima lettura dal Senato (S. 1322) ed ora all'esame della Commissione Bilancio in sede referente. A sua volta, l'articolo 3 riprende i contenuti dei commi da 2-bis a 2-quinquies dell'articolo 1 del decreto-legge n. 126 del 2013, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio - proroghe di termini previsti da disposizioni legislative, introdotti al Senato. Il decreto non è stato poi convertito in legge (A. C. 1906). |
Motivazioni della necessità ed urgenzaNel preambolo del decreto-legge si evidenzia la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni: finalizzate ad accelerare e semplificare la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti, nonché per favorire il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni e migliorare la funzionalità aeroportuale; in materia ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonché di introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali; per la semplificazione burocratica, il rilancio dei settori dell'edilizia e immobiliare, il sostegno alle produzioni nazionali attraverso misure di attrazione degli investimenti esteri e di promozione del Made in Italy, nonché per il rifinanziamento e la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente al fine di assicurare un'adeguata tutela del reddito dei lavoratori e sostenere la coesione sociale. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl decreto-legge reca una pluralità di interventi volti ad incidere su numerosi e complessi settori dell'ordinamento. Una serie di disposizioni incidono sulla materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" che la lettera s) del secondo comma Cost. richiama tra gli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Talune norme riguardano la materia "previdenza sociale" nonchè "ordinamento e organizzazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali" "tutela della concorrenza" e "coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario" anch'esse di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi delle lettere o), g) ed e) del secondo comma Cost. Il provvedimento reca altresì una serie di disposizioni che intervengono su materie che rientrano tra gli ambiti di legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni, ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., tra cui in particolare: governo del territorio, porti e aeroporti civili , grandi reti di trasporto, produzione trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, ricerca scientifica e tecnologia e sostegno all'innovazione per i settori produttivi. Riguardo a specifiche disposizioni si segnalano i seguenti profili. In materia di infrastrutture aeroportuali, l'articolo 1, comma 11, prevede che il parere degli enti territoriali sia acquisito sui piani di sviluppo aeroportuale, utilizzando la procedura del DPR n. 383/1994 (che prevede in caso di dissensi la convocazione di una conferenza dei servizi) e non attraverso l'ordinaria verifica di conformità delle singole opere contenute nel piano con la pianificazione urbanistica e territoriale. In proposito, andrebbe quindi valutata la coerenza della nuova procedura prevista con le competenze degli enti territoriali in materia urbanistica e di governo del terrritorio. In materia di sistema portuale, l'articolo 29 prevede l'approvazione con DPCM su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica volto anche alla razionalizzazione, al riassetto e all'accorpamento delle Autorità portuali esistenti. In proposito si ricorda che la sentenza n. 79/2011 ha indicato la materia "porti e aeroporti civili" (di competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.) tra quelle per le quali, in forza dell'"attrazione in sussidiarietà ", è riconosciuto un ampio margine di intervento statale. Ciò a condizione però, sulla base della giurisprudenza costituzionale, che si realizzino adeguate procedure concertative e di coordinamento orizzontale tra lo Stato e le regioni (quali le intese). Alla luce della giurisprudenza costituzionale, andrebbe valutata l'opportunità di prevedere un coinvolgimento delle regioni nelle procedure di adozione del piano. In materia di turismo, le disposizioni di cui all'articolo 31 definiscono una nuova tipologia di struttura turistica ricettiva.L'individuazione delle condizioni di esercizio dei condhotel è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio da adottare, previa intesa tra lo Stato, le Regioni e le Autonomie Locali in sede di Conferenza Unificata. Al riguardo, occorre ricordare che la riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001) ha reso il turismo una materia di competenza delle Regioni ordinarie. Il turismo rientra dunque tra le materie "residuali" (art.117, comma 4), in riferimento alle quali le Regioni non sono più soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Con la sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l'illegittimità di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo), in quanto volte all'accentramento di funzioni rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni. In particolare sono state dichiarate illegittime: la classificazione delle strutture ricettive; la classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere; la classificazione e disciplina delle strutture ricettive all'aperto; la definizione delle strutture ricettive di mero supporto nonché la disciplina degli standard qualitativi dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive. Nonostante ciò, è necessario sottolineare che, per numerosi e rilevanti profili della disciplina del turismo, il riferimento alla legislazione statale appare tuttora preponderante. Infatti secondo i più recenti indirizzi della Corte costituzionale, anche la competenza regionale più ampia comunque non esclude a priori la possibilità per la legge statale di attribuire funzioni amministrative al livello centrale e di regolarne l'esercizio, in base ai principi di sussidiarietà , adeguatezza e differenziazione (art. 118 Cost.). In base alla giurisprudenza della Corte costituzionale nonostante la materia del turismo appartenga «alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. (sent. n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006), non è esclusa la possibilità «per la legge di attribuire funzioni legislative al livello statale e di regolarne l'esercizio», vista l'importanza del settore turistico per l'economia nazionale. Come ha rilevato la Corte «la chiamata in sussidiarietà a livello centrale è legittima soltanto se l'intervento statale sia giustificato nel senso che, a causa della frammentazione dell'offerta turistica italiana, sia doverosa un'attività promozionale unitaria; d'altra parte, l'intervento deve essere anche proporzionato nel senso che lo Stato può attrarre su di sé non la generale attività di coordinamento complessivo delle politiche di indirizzo di tutto il settore turistico, bensì soltanto ciò che è necessario per soddisfare l'esigenza di fornire al resto del mondo un'immagine unitaria. Infine, lo Stato deve prevedere il coinvolgimento delle Regioni, non fosse altro perché la materia turismo, appartenendo oramai a tali enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, punti 8-9 diritto; sent. n. 76 del 2009, punti 2-3)». Sempre in materia di turismo, l'articolo 32, nel demandare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'individuazione dei requisiti per l'equiparazione dei marina resort alle strutture ricettive all'aperto, non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni. Al riguardo si ricorda che con la sopra citata sentenza n. 80/2012 la Corte ha dichiarato l'illegittimità di numerose disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (c.d. Codice del turismo), tra cui le disposizioni concernenti gli standard minimi di qualità dei servizi forniti dalle imprese che operano nel settore del turismo nautico, come definite dal DPR 2 dicembre 1997, n.509, quali fondamentalmente i punti d'ormeggio, gli approdi, turistici e i posti turistici. Si segnala inoltre che già alcune regioni hanno disposto nel senso dell'equiparazione dei "marina resort" alle strutture ricettive all'aperto. In tal senso la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 16 gennaio, n. 2, recante Disciplina organica del turismo, come modificata dall'articolo 9 della legge regionale n. 2/2010, ha già ricompreso i "marina resort", tra le strutture ricettive all'aria aperta, unitamente ai campeggi, ai villaggi turistici ed ai dry marina.. Inoltre analogo intervento normativo è contenuto nella legge regionale dell'Emilia Romagna n. 7 del 2014 che stabilisce "Sono marina resort le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, che posseggano i requisiti individuati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione che ne definisce altresì modalità di apertura e di esercizio, nonché la relativa classificazione".
 Andrebbe dunque valutata l'opportunità di prevedere un coinvolgimento delle Regioni nell'individuazione dei requisiti per l'equiparazione dei marina resort alle strutture ricettive turistiche all'aria aperta. Con riguardo alle disposizioni in materia energetica, si ricorda che l'art. 117, comma terzo, della Costituzione ha annoverato la materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia" tra le "materie di legislazione concorrente". L'attrazione di detta materia entro la potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni ha conosciuto una serie di interventi del giudice costituzionale, che, divenuti sempre più numerosi dal 2004, hanno finito per incidere profondamente sulle relazioni tra i livelli territoriali di governo, nell'ottica di un approccio globale al settore energetico, inteso non tanto come "materia", quanto, invece, quale "politica energetica nazionale". Con riguardo all'articolo 37, in merito alle infrastrutture di gas naturale, si rileva che la Corte costituzionale ha attribuito disposizioni che intervenivano in materia di localizzazione e realizzazione di impianti e centrali per lo svolgimento delle attività energetiche, alla competenza legislativa concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (ex plurimis, sentenze n. 182 e n. 117 del 2013, n. 383 del 2005) e all'ambito materiale relativo al «governo del territorio», parimenti ascrivibile al titolo competenziale dell'art. 117, terzo comma, Cost. (ex multis, sentenze n. 64 del 2013, n. 201 del 2012, n. 254 del 2010). Si rileva inoltre che nelle sentenze 182/2013 e 119 /2014 la Corte ha utilizzato come parametro interposto nel giudizio di costituzionalità , gli artt. 1, comma 7, lettera g) e comma 8, lettera b), numero 2), della legge n. 239 del 2004 e 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001. Dette norme attribuiscono allo Stato rispettivamente «l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» e «l'individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti», disciplinando, nel contempo, il procedimento di localizzazione e realizzazione dei gasdotti e degli impianti di compressione a gas. Tali norme, a giudizio della Corte hanno ridefinito in modo unitario e a livello nazionale i procedimenti di localizzazione e realizzazione della rete di oleodotti e gasdotti, nonché dei connessi impianti di compressione a gas, in base alla necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell'esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario (da ultimo, sentenza n. 182 del 2013).In particolare, nella sentenza 119/2014 la Corte rammenta che le summenzionate norme interposte si atteggiano a principi fondamentali nella parte in cui dettano le condizioni e i requisiti necessari allo scopo di non ostacolare la localizzazione e realizzazione di impianti di interesse nazionale relativi alla rete degli oleodotti e dei gasdotti. Nel caso che ha dato luogo alla sentenza 119/2014, la disposizione regionale dichiarata illegittima dalla Corte, consentendo la localizzazione delle centrali di compressione a gas soltanto al di fuori delle zone sismiche classificate di prima categoria, produceva l'effetto di limitare la realizzazione di impianti di interesse nazionale in determinate aree del territorio regionale. La Corte si era inoltre già pronunciata sulla legittimità costituzionale di analoghe disposizioni di legge regionale. Con la sentenza n. 182 del 2013, è stato infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3 della legge della Regione Abruzzo 19 giugno 2012, n. 28 (Modifiche alla legge regionale 3 marzo 2010, n. 7 «Disposizioni regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità » ed integrazione alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2 «Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale»), che, tra l'altro, introduceva l'incompatibilità tra la localizzazione degli impianti di compressione a gas connessi alla realizzazione dei gasdotti e le aree sismiche classificate di prima categoria. Inoltre la Corte (nella citata sent. 119/2014) ricorda, avendo riguardo alla competenza concorrente, anche in specifico riferimento alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», di aver costantemente qualificato come principi fondamentali della materia le norme statali ispirate alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità , volte a garantire, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione, entro un termine definito, del procedimento autorizzativo (ex plurimis, sentenze n. 282 del 2009, n. 364 del 2006, n. 336 del 2005). La Corte conclude dunque che "Spetta pertanto soltanto al legislatore statale dettare norme di principio volte a contemperare l'indispensabile coinvolgimento dei diversi livelli territoriali di governo con le ragionevoli esigenze di semplificazione amministrativa e di certezza circa la conclusione dei procedimenti che, rispondendo ad esigenze unitarie al fine della localizzazione degli impianti di interesse nazionale, devono essere garantite in modo uniforme sull'intero territorio dello Stato (tra le tante, sentenze n. 364 del 2006, n. 383 e n. 336 del 2005)". Anche le determinazioni in relazione alla prospezione, alla ricerca e alla coltivazione degli a idrocarburi liquidi e gassosi di cui all'art. 38 del provvedimento in esame- ricadono sia nell'ambito della competenza legislativa «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», che in quello del «governo del territorio», compresi nella disciplina di cui all'art. 117, terzo comma, Cost (ex plurimis sent. 117/2013). La Corte ritiene che tra le attività del settore energetico devono annoversarsi infatti anche quelle relative agli idrocarburi liquidi e gassosi, per i quali il legislatore ha previsto meccanismi di raccordo e cooperazione tra Stato e autonomie con la legge n. 239/2004 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia). In particolare per le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi il legislatore ha individuato lo strumento dell'intesa tra Stato e Regioni interessate, in quanto «atto maggiormente espressivo del principio di leale collaborazione» (ex plurimis C. Cost. 329/2013). In linea generale il giudice costituzionale giustifica e legittima, con riferimento al settore energetico, la norma che attribuisce maggiori poteri amministrativi ad organi statali, «in quanto evidentemente ritenuti gli unici a cui naturalmente non sfugge la valutazione complessiva del fabbisogno nazionale di energia e quindi idonei ad operare in modo adeguato per ridurre eventuali situazioni di gravi carenze a livello nazionale» seppur a determinate condizioni. Secondo costante giurisprudenza infatti, la disciplina statale può conferire allo Stato il potere di emanare degli indirizzi ed anche di incidere indirettamente ed in modo significativo sul territorio e quindi sui relativi poteri regionali; condizione minima e imprescindibile per essere la «chiamata in sussidiarietà » di una funzione amministrativa costituzionalmente ammissibile, il raggiungimento dell'intesa con le Regioni interessate (sentenza n. 383 del 2005) La giurisprudenza della Corte costituzionale riconosce in astratto sempre ammissibile l'avocazione sussidiaria da parte dello Stato di funzioni amministrative e legislative concernenti l'individuazione (e anche la realizzazione) degli interventi in materia di produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione. In concreto, però, al fine di valutare la legittimità dell'attrazione in sussidiarietà , deve essere effettuato un giudizio sulla proporzionalità degli interventi stessi (sent. 165 del 2011). La "natura strategica" degli interventi "urgenti ed indifferibili" può soddisfare il principio di proporzionalità , se l'intervento statale è finalizzato a garantire l'effettività dell'attuazione e realizzazione «in modo unitario e coordinato » degli interventi individuati. Di fronte ad un principio fondamentale di riforma economico-sociale, trattandosi di iniziative di rilievo strategico, può dunque esservi uno spostamento di competenze amministrative a seguito dell'attrazione in sussidiarietà . La leale collaborazione, necessaria in tale evenienza, non può in ogni caso essere sostituita, puramente e semplicemente, da un atto unilaterale dello Stato (sentenza n. 383 del 2005) ed «impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative» (s. 117 del 2013). Con la sentenza n. 383 del 2005, la Corte ha inoltre affermato il principio del doveroso coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nei processi decisionali di elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche, dichiarando la parziale illegittimità - in quanto lesive del principio di leale collaborazione - di alcune norme contenute nei citati provvedimenti In particolare, la Corte ha affermato il principio in base al quale la legislazione statale che preveda e disciplini il conferimento delle funzioni amministrative a livello centrale nelle materie affidate alla potestà legislativa regionale può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà . Secondo la Consulta l'organo adeguatamente rappresentativo delle regioni e degli enti locali, a loro volta titolari di funzioni amministrative condizionate o incise dalle politiche del settore energetico, è la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con la sentenza 117/2013 la Corte sostiene che la natura concorrente della potestà legislativa relativa ad entrambe le materie dimostra la ragionevolezza della scelta del legislatore statale, che ha previsto l'intesa tra Stato e Regioni interessate per le «determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi». Con l'art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), il legislatore statale ha preso atto dell'interferenza di competenze di Stato e Regioni ed ha individuato lo strumento per risolvere i possibili conflitti nell'atto maggiormente espressivo del principio di leale collaborazione. Pertanto la Corte dichiara costituzionalmente illegittimo per violazione dell'117, terzo comma, Cost., l'art. 37 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2012, n. 16, secondo il quale la Regione, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di governo del territorio ed al fine di assicurare processi di sviluppo sostenibile, non rilascerà l'intesa, prevista dall'art. 1, comma 7, lettera n ), della legge 23 agosto 2004, n. 239, di cui all'accordo del 24 aprile 2001, al conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. Secondo la Corte infatti, "la preventiva e generalizzata previsione legislativa di diniego di intesa si pone in aperto contrasto con la ratio stessa del principio di leale collaborazione, che impone il rispetto, caso per caso, di una procedura articolata, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative, vanificando la bilateralità della relativa procedura, che deve sempre trovare sviluppo nei casi concreti" Nello stesso senso la Corte ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, comma 1, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, impugnato dalla Regione Basilicata in riferimento all'art. 117 Cost. ed al principio di leale collaborazione, e concernente la mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa inerenti alle funzioni previste da specifiche disposizioni di legge in materia di energia e di espropriazione per pubblica utilità , nonché il procedimento per il superamento della conseguente inerzia. In particolare, la disposizione censurata prevede la rimessione degli atti alla Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale decide in merito con la partecipazione della Regione interessata, soltanto nel caso di «ulteriore inerzia» delle amministrazioni regionali, a seguito dell'invito rivolto alle medesime di provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. Ciò peraltro può avvenire soltanto se le amministrazioni regionali abbiano tenuto una condotta meramente passiva, che si traduce nell'assenza di ogni forma di collaborazione, creando un vero e proprio blocco procedimentale con indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione amministrativa, come, per l'appunto, nei casi previsti dalla disposizione censurata di «mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa comunque denominati», «di mancata definizione dell'intesa» e «di mancato rispetto da parte delle amministrazioni regionali dei termini per l'espressione dei pareri o per l'emanazione degli atti di propria competenza». La materia energia – come la stessa Corte costituzionale ha più volte chiarito – si aggiunge agli elenchi delle materie presenti negli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale, applicandosi per queste la c.d. "clausola di maggior favore". Secondo quanto previsto dall'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, fino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le disposizioni della riforma costituzionale del 2001 – dunque, anche quelle relative al riparto di competenza legislativa tra lo Stato e le Regioni – si applicano non solo alle Regioni ordinarie, ma, nelle parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite dai rispettivi Statuti, anche alle Regioni ad autonomia speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano. Poiché nei rispettivi Statuti non risulta considerata la materia energetica, ne deriva che anche questa sia attribuita alla competenza delle Regioni ad autonomia speciale. Con la conseguenza ulteriore, però, che ad esse – secondo quanto ritiene la Corte costituzionale – risultano applicabili anche i limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. Con sentenza n. 224 dell'11 ottobre 2012 la Corte Costituzionale ha sottolineato come anche le Regioni a statuto speciale sono soggette al rispetto dei principi fondamentali in materia di energia, attribuiti alla competenza esclusiva dello Stato, tra i quali rientra la disciplina della localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. In particolare mentre il legislatore nazionale ha stabilito che le Regioni individuano "le aree e i siti non idonei", la regione Sardegna aveva, al contrario, indicato le aree nelle quali era possibile installare impianti eolici, escludendo in tal modo la restante parte del territorio. La Corte Costituzionale ha preliminarmente analizzato la normativa europea e nazionale di riferimento, precisando come il d.lgs. 387/2003 (e le successive Linee guida emanate in attuazione dell'articolo 12 comma 10 del medesimo d.lgs.) si applica nella sua interezza soltanto alle Regioni ordinarie. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, pur non essendo vincolate alle dettagliate prescrizioni derivanti da questa normativa, sono tuttavia tenute al rispetto dei principi fondamentali in materia di "energia" dettati dal legislatore nazionale.
Fatta questa premessa, la Corte ha precisato come "[…]sia lo Stato sia le Regioni a statuto speciale e le Province autonome non devono travalicare i limiti delle rispettive competenze, adeguandosi all'equilibrio prescritto dall'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, che questa Corte ha già riconosciuto – con la sentenza n. 275 del 2011 – rispettoso di tutte le competenze degli enti chiamati a disciplinare, a diverso titolo, la materia della installazione degli impianti eolici. L'attribuzione allo Stato della competenza a porre i principi fondamentali della materia "energia" non annulla quella della Regione Sardegna a tutelare il paesaggio, così come la competenza regionale in materia paesaggistica non rende inapplicabili alla medesima Regione i principi di cui sopra.[…]L'esame della norma in questione induce all'osservazione che la stessa è in contrasto con un principio fondamentale contenuto nell'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003. La norma statale infatti stabilisce che <>. La competenza primaria attribuita ad una Regione Speciale o ad una Provincia autonoma in materia di tutela del paesaggio rende inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida nella loro interezza, ma non esonera le medesime dall'osservanza delle disposizioni a carattere generale contenute nelle linee guida". Sulla base di queste considerazioni la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18 della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007 n. 2, poiché la Regione, rovesciando il principio generale contenuto nell'art. 12 comma 10 del d.lgs. 387/2003, ha travalicato i limiti della sua competenza legislativa, incidendo su uno dei principi fondamentali in materia di energia, afferente alla localizzazione degli impianti, la cui formulazione, ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, spetta in via esclusiva allo Stato. Con la sentenza 298 del 2013 la Corte dichiara costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., l'art. 12, comma 8, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 11 ottobre 2012, n. 19 - che assoggetta alla procedura abilitativa semplificata, di cui all'art. 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, gli interventi per modifiche non sostanziali da realizzarsi «anche in corso d'opera» su impianti e infrastrutture che hanno ottenuto l'autorizzazione unica -, nella parte in cui non prevede che si tratti di interventi da realizzarsi relativamente a impianti e infrastrutture «esistenti». La norma regionale, estendendo l'autorizzazione semplificata anche agli interventi relativi ad impianti non necessariamente esistenti, si pone in contrasto con la normativa statale di principio fissata dal d.lgs. n. 28 del 2011 nella materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», cui va ricondotta la disposizione censurata, in particolare quanto alla necessità dell'esistenza (intesa come completa realizzazione) dell'impianto ai fini del ricorso alla procedura semplificata per le modifiche «non sostanziali». -
Con la sentenza 199 del 2014, la Corte dichiara costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., nonché dell'art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e delle linee guida ministeriali, l'art. 8, comma 2, della legge della Regione Sardegna 17 dicembre 2012, n. 25, il quale consente la realizzazione di nuovi impianti eolici o ampliamenti di impianti esistenti, oltre la fascia dei 300 metri, anche negli ambiti di paesaggio costieri, purché non ricadenti in beni paesaggistici e ricompresi in determinate aree del territorio. Infatti, la disposizione censurata - nell'individuare i siti idonei alla realizzazione degli impianti - si pone in contrasto con le richiamate linee guida statali, in quanto circoscrive le aree disponibili alla realizzazione di impianti eolici senza alcuna ragione giustificatrice rispetto alla specifica competenza primaria in materia paesaggistica della Regione Sardegna e, senza adeguate e concrete ragioni di tutela paesaggistica, inverte il rapporto regola-eccezione, imposto dall'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, che determina la generale disponibilità , anche degli ambiti di paesaggio costieri, alla installazione degli impianti.
 Con riguardo a disposizioni che prevedono la nomina di commissari straordinari,  l'articolo 1 prevede la nomina dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari, inclusa nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. "legge obiettivo").  Le decisioni assunte dal Commissario possono derogare a quanto contenuto nel contratto istituzionale di sviluppo, che è stato sottoscritto il 2 agosto 2012 tra il Ministro per la Coesione territoriale, il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, le Regioni Campania, Basilicata e Puglia, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana. Il potere del Commissario straordinario di derogare al contratto istituzionale di sviluppo deve essere valutato in relazione alle competenze costituzionalmente garantite delle regioni.  Rispetto all'articolo 33, si ricorda che viene prevista l'adozione di interventi di riqualificazione ambientale e rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate con delibera del Consiglio dei Ministri, a cui partecipano i Presidenti delle Regioni interessate, sentita la Conferenza Stato-Regioni (comma 3). Gli interventi riguardano: il procedimento di bonifica, il trasferimento delle aree, il procedimento di formazione, approvazione e attuazione del programma di riqualificazione ambientale e di rigenerazione urbana, finalizzato al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana. Alla predisposizione, attuazione e la gestione di queste misure sono preposti un Commissario straordinario del Governo e a un Soggetto attuatore, attraverso la redazione di uno specifico programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana e di un documento di indirizzo strategico. Con la sentenza della Corte Costituzionale 165/2011 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, terzo periodo, del d.l. n. 78 del 2009 in cui si prevedeva il potere sostitutivo del commissario del Governo, in caso di inerzia delle amministrazioni pubbliche – Regioni ed enti locali – che non avessero rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà , eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi. La Corte ha rilevato, in tale pronuncia, che la norma in esame introduce una forma di potere sostitutivo, che non risponde ai requisiti richiesti dall'art. 120 Cost. e dall'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). La Corte ha ricordato, infatti, che l'art. 120 Cost. stabilisce che il potere sostitutivo spetti al Governo, nei confronti delle Regioni e degli enti locali, nel caso di: mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Inoltre l'esercizio del potere sostitutivo deve compiersi – sempre secondo l'art. 120 Cost. – in base alle procedure stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. In attuazione dell'art. 120 Cost., inoltre, l'art. 8 della legge n. 131 del 2003 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegni all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari e che, solo decorso inutilmente detto termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, assuma i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomini un apposito commissario. Nei casi di assoluta urgenza, il Consiglio dei ministri adotta i provvedimenti necessari, i quali sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza unificata, che possono chiederne il riesame. Con la sentenza 165/2011 la Corte ha ritenuto che la norma censurata non contemplasse né i presupposti sostanziali richiesti dall'art. 120 Cost., né le procedure previste – sulla base del rinvio contenuto nella norma costituzionale – dall'art. 8 della legge n. 131 del 2003. La Corte ha rilevato nel caso de quo il potere sostitutivo era esercitabile per la semplice inerzia degli enti competenti, senza che ricorrano le gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 120 Cost. e senza alcuna limitazione procedurale, che consenta all'ente inadempiente di compiere l'atto o gli atti – per la cui mancanza viene prevista l'attivazione, da parte del commissario, del suddetto potere – ed evitare così di essere sostituito. La norma censurata dalla Corte costituzionale prevede, inoltre, che il commissario possa ridurre, fino alla metà , i termini previsti dalla legge. Tale potere di riduzione è da ritenersi, ad avviso della Corte, "del tutto in contrasto sia con la norma costituzionale citata, sia con l'art. 8 della legge n. 131 del 2003, poiché restringe ancor di più, in modo indebito e discrezionale, l'autonomia degli enti, la quale deve essere invece tutelata dalla certezza dei termini, che non possono che essere quelli fissati dalla legge". La Corte costituzionale ha inoltre escluso che il potere sostitutivo possa essere previsto nei casi in cui vi sia uno spostamento di competenze amministrative, a seguito di attrazione in sussidiarietà , dovendosi ritenere che la leale collaborazione, necessaria in tale evenienza, "non possa essere sostituita, puramente e semplicemente, da un atto unilaterale dello Stato" (sentenza n. 383 del 2005). Nella norma censurata è previsto un potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento dell'intesa, esercitabile «decorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo e la regione o la provincia autonoma interessata». La Corte costituzionale ha più volte affermato che, nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004). La previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una «drastica previsione» della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell'ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all'accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale (sentenza n. 33 del 2011). Nella norma dichiarata incostituzionale la Corte rileva come non sia prevista alcuna articolazione procedurale, che possa consentire un superamento concordato del dissenso. L'intervento unilaterale dello Stato non si presenta quindi come l'ipotesi estrema, che si verifica allorché l'esperimento di ulteriori procedure bilaterali si sia rivelato inefficace, ma è previsto come conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa, in relazione al quale, peraltro, è fissato un termine molto ristretto ed incerto per l'effettivo svolgimento delle attività rivolte al fine dell'accordo («trenta giorni dalla convocazione del primo incontro»). La previsione, nella suddetta norma, di un invito, rivolto al Presidente della Regione o della Provincia interessata, a partecipare – in posizione minoritaria – alla riunione del Consiglio dei ministri, nella quale si decide l'esercizio del potere sostitutivo, non può essere, ad avviso della Corte, considerata valida sostituzione dell'intesa, giacché trasferisce nell'ambito interno di un organo costituzionale dello Stato un confronto tra Stato e Regione, che deve necessariamente avvenire all'esterno, in sede di trattative ed accordi, rispetto ai quali le parti siano poste su un piano di parità . Si segnala l'opportunità che la disposizione di cui all'art. 33, che prevede la nomina di un Commissario straordinario del Governo e di un Soggetto attuatore competenti -  secondo la procedura ivi delineata (che comprende anche lo svolgimento di una conferenza di servizi nei termini stabiliti) - all'adozione di una serie di interventi di riqualificazione ambientale e rigenerazione urbana in aree territoriali, sia valutata alla luce della giurisprudenza costituzionale (in particolare, la sentenza 165/2011) relativa al potere sostitutivo, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di una disposizione che prevedeva che il potere sostitutivo fosse esercitabile per la semplice inerzia degli enti competenti, senza che ricorressero le gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 120 Cost. e senza alcuna limitazione procedurale, che consentisse all'ente inadempiente di compiere l'atto o gli atti, per la cui mancanza viene prevista l'attivazione, da parte del commissario, del suddetto potere. Alcune disposizioni del decreto-legge prevedono il ricorso all'istituto della conferenza di servizi. In particolare, l'articolo 1, comma 4, prevede, la convocazione di una conferenza di servizi entro 15 giorni dall'approvazione dei progetti definitivi rimessi alla competenza del Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari. Lo stesso comma disciplina i casi di assenza o di dissenso, prevedendo, tra l'altro, che in caso di motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, territoriale, del patrimonio culturale o della salute, la questione è rimessa alla decisione del Commissario, che si pronuncia entro quindici giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Nel caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro sette giorni, la decisione del Commissario può essere comunque adottata.  L'articolo 33, comma 9, relativo al programma di rigenerazione urbana, prevede che il Commissario straordinario di Governo convoca immediatamente una conferenza di servizi, al fine di ottenere tutti gli atti di assenso e di intesa da parte delle amministrazioni competenti. In caso di mancato accordo in sede di Conferenza entro il termine di 30 giorni, il Consiglio dei Ministri, a cui partecipa anche il Presidente della Regione interessata, è autorizzato a deliberare l'adozione del programma, anche in deroga alle vigenti previsioni di legge.  Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la conferenza di servizi costituisce un modulo procedimentale-organizzativo suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti (sentenza n. 179 del 2012). Tale istituto è «orientato alla realizzazione del principio di buon andamento ex art. 97 Cost.», in quanto «assume, nell'intento della semplificazione e accelerazione dell'azione amministrativa, la funzione di coordinamento e mediazione degli interessi in gioco al fine di individuare, mediante il contestuale confronto degli interessi dei soggetti che li rappresentano, l'interesse pubblico primario e prevalente» (sentenze n. 179 del 2012 e n. 313 del 2010). Secondo la Corte (sentenza n. 179 del 2012), da un lato, «risulta agevole desumere come esista un'esigenza unitaria che legittima l'intervento del legislatore statale anche in ordine alla disciplina di procedimenti complessi estranei alle sfere di competenza esclusiva statale affidati alla conferenza di servizi, in vista dell'obiettivo della accelerazione e semplificazione dell'azione amministrativa; dall'altro, è ugualmente agevole escludere che l'intera disciplina della conferenza di servizi, e dunque anche la disciplina del superamento del dissenso all'interno di essa, sia riconducibile ad una materia di competenza statale esclusiva, tenuto conto della varietà dei settori coinvolti, molti dei quali sono innegabilmente relativi anche a competenze regionali (es.: governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali). Il soddisfacimento di una simile esigenza unitaria giustifica, pertanto, l'attrazione allo Stato, per ragioni di sussidiarietà , sia dell'esercizio concreto della funzione amministrativa che della relativa regolamentazione nelle materie di competenza regionale, ma deve obbedire alle condizioni stabilite dalla giurisprudenza costituzionale, fra le quali questa Corte ha sempre annoverato la presenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni. In particolare, si è affermato che "l'ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarietà al livello statale in materie di competenza legislativa" (sentenza n. 383 del 2005) e che tali "intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale (sentenza n. 383 del 2005)". Si tratta infatti di "atti a struttura necessariamente bilaterale", non sostituibili da una determinazione del solo Stato (sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 383 del 2005).  «La previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una "drastica previsione" della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie "idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze" (ex plurimis, sentenze n. 179 del 2012, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell'ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all'accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale» (sentenze n. 165 e n. 33 del 2011). Allorquando, invece, l'intervento unilaterale dello Stato viene prefigurato come mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa, è violato il principio di leale collaborazione con conseguente sacrificio delle sfere di competenza regionale (sentenze n. 39 del 2013 e n. 179 del 2012). Dunque, "il semplice decorso del tempo – previsto dalla norma impugnata come unica condizione per l'adozione unilaterale dell'atto ad opera dello Stato – per sua natura prescinde completamente dall'osservanza, da parte di Stato e Regioni, di comportamenti ispirati al principio di leale collaborazione. Quale che sia l'atteggiamento delle parti nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per l'adozione dell'atto, si verifica […] la concentrazione della potestà di decidere in capo ad una di esse. Ciò anche nell'ipotesi che proprio lo Stato abbia determinato, con l'inerzia o con altri comportamenti elusivi, l'inutile decorrenza del termine." (sentenza n. 39 del 2013). In altra pronuncia la Corte ha ritenuto che previsione di un termine di 60 giorni, stabilito unilateralmente dal legislatore statale, si configura come irragionevolmente breve, specie in riferimento alla complessità dell'opera (nel caso di specie, intesa per il progetto definitivo del prolungamento di un autostrada); il termine di 60 giorni è stato ritenuto «così esiguo da rendere oltremodo complesso e difficoltoso lo svolgimento di una qualsivoglia trattativa», cosicché la sua rapida decorrenza contrasta irrimediabilmente con la logica collaborativa che informa la previsione stessa dell'intesa (sentenza n. 274 del 2013). La Corte non ha infine ritenuto sufficiente la previsione che il Consiglio dei ministri deliberi, in esercizio del proprio potere sostitutivo, con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate, che non «può essere considerata valida sostituzione dell'intesa, giacché trasferisce nell'ambito interno di un organo costituzionale dello Stato un confronto tra Stato e Regione, che deve necessariamente avvenire all'esterno, in sede di trattative ed accordi, rispetto ai quali le parti siano poste su un piano di parità » (sentenza n. 165 del 2011). Sono state pertanto dichiarate incostituzionali, ripercorrendo solo le pronunce più recenti, disposizioni legislative in base alle quali:
 L'articolo 1, comma 4, e l'articolo 33, comma 9, che consentono di superare la mancata intesa o il dissenso espresso dalla regione in sede di conferenza di servizi in seguito al semplice decorso di un termine (rispettivamente, 7 giorni e 30 giorni) devono essere oggetto di attenta valutazione alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale.  Riguardo alla materia governo del territorio, che investe, tra le altre, le disposizioni attinenti all'urbanistica ed all'edilizia, si ricorda che l'art. 17, comma 1, lettera n) prevede, in particolare, che "salva diversa previsione da parte delle leggi regionali", costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle ivi elencate. Inoltre, sempre "salva diversa previsione da parte delle leggi regionali" e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito. In proposito, non appare chiara la portata precettiva dei principi ivi enunciati ("costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso..."il mutamento della destinazione d'uso nella stessa categoria funzionale è sempre consentito"….) considerato che, da una parte, si fa riferimento ad una materia ascrivibile alla competenza concorrente tra lo Stato e le regioni (qual è quella del governo del territorio), nel cui ambito viene dettato un principio di carattere generale con norma statale e, dall'altra parte, si stabilisce che le regioni possano adottare una diversa previsione rispetto al principio ivi enunciato. |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliL'art. 33, comma 12, del decreto-legge disciplina il trasferimento della proprietà del comprensorio Bagnoli-Coroglio disponendo, a seguito della trascrizione del DPCM di nomina del Soggetto Attuatore, competente per l'elaborazione e l'attuazione del programma di risanamento e rigenerazione dell'area, tutti i diritti relativi alle aree e agli immobili trasferiti, ivi compresi quelli inerenti alla procedura fallimentare della società Bagnoli Futura S.p.A., siano estinti e le relative trascrizioni cancellate. La disposizione incide dunque sui diritti dei creditori della società Bagnoli Futura s.p.a., limitando fortemente la possibilità di ottenere soddisfazione del proprio credito in sede fallimentare. Il rilievo costituzionale della tutela della posizione dei creditori nell'ambito delle procedure fallimentari o di dissesto è stata riconosciuta in diverse pronunce della Corte costituzionale, richiamando gli articoli 3 (principio di uguaglianza), 24 (diritto di agire in giudizio e diritto di difesa), nonché, in relazione al carattere retroattivo della disciplina, l'art. 6 della CEDU, in considerazione del pregiudizio arrecato alla tutela dell'affidamento legittimo e della certezza delle situazioni giuridiche (sentenza n. 170/2013 sul regime dei privilegi erariali nelle procedure fallimentari; sentenza n. 154/2013 sulla gestione commissariale del debito pregresso di Roma capitale; sentenza n. 364/2007, sul policlinico Umberto I di Roma). La sentenza n. 170 del 2013, in particolare, ha ad oggetto una normativa che, ampliando il novero dei crediti erariali assistiti dal privilegio nell'ambito delle procedure fallimentari, regola rapporti di natura privata tra creditori concorrenti di uno stesso debitore, con effetti retroattivi, fino ad influire sullo stato passivo esecutivo già divenuto definitivo, superando così anche il limite del giudicato "endo-fallimentare". In ordine a quest'ultimo aspetto, la Corte sottolinea che le disposizioni censurate non sono volte a perseguire interessi di rango costituzionale, che possano giustificarne la retroattività .  La previsione dell'articolo 33, comma 12, appare dunque meritevole di approfondimento alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale.  |
Attribuzione di poteri normativiL'articolo 8 autorizza il Governo all'adozione di un regolamento di delegificazione. Rispetto al modello delineato dall'articolo 17, comma 2 della legge n. 400/1988, peraltro, il testo si differenzia in quanto: All'articolo 17, comma 1, le lettere f), i) e p) novellano talune disposizioni di rango regolamentare inserite nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Al riguardo si ricorda che la circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi dispone che "non si ricorre all'atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di "resistenza"ad interventi modificativi successivi". Andrebbe quindi valutata l'opportunità di autorizzare il Governo a modificare nel senso previsto dalle suddette disposizioni il citato dPR 380/01. |