Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Introduzione dell'art. 15-bis della legge 28 aprile 2014, n. 67, concernente norme transitorie per l'applicazione della disciplina della sospensione del procedimento penale nei confronti degli irreperibili - A.C. 2344 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Note per la I Commissione affari costituzionali Numero: 65 | ||||||
Data: | 03/06/2014 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
Introduzione dell'art. 15-bis della legge 28 aprile 2014, n. 67, concernente norme transitorie per l'applicazione della disciplina della sospensione del procedimento penale nei confronti degli irreperibili
3 giugno 2014
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Indice |
Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali| |
ContenutoLa legge 67 del 2014 sulla sospensione del procedimento per assenza dell'imputatoLa recente legge 28 aprile 2014, n. 67, ha dettato una nuova e più garantista disciplina del procedimento nei confronti degli irreperibili previsto dal codice di procedura penale. Il Capo III della legge, nel recare una disciplina direttamente precettiva volta a riformare la materia del processo in contumacia, ha eliminato tale istituto sostituendolo con quello della sospensione del procedimento per assenza dell’imputato. L’intervento ha inteso modificare il quadro normativo anche in riferimento alle numerose decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo che più volte hanno condannato l'Italia per violazione del diritto dell’imputato ad essere presente al proprio processo (ai sensi dell’art. 6 della Convenzione EDU). La giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in particolare, nella sentenza Sejdovic c. Italia (Grande Chambre del 1° marzo 2006) ha stabilito che l'obbligo di garantire all'accusato il diritto ad essere presente in udienza è uno degli elementi essenziali dell'art. 6 CEDU; ne consegue che il rifiuto di riaprire un processo che si è svolto in contumacia, in assenza di ogni indicazione che l'accusato abbia rinunciato al suo diritto a comparire, è da considerarsi come un flagrante diniego di giustizia, manifestamente contrario ai principi che ispirano il citato art. 6. In precedenza, la Corte EDU si era pronunziata nel caso Somogy c. Italia (18 maggio 2004).
Entrambe le pronunce citate si sono ispirate ai principi dettati dalla Corte europea nelle più datate sentenze Colozza c. Italia del 12 febbraio 1985 e Cat Berro c. Italia del 28 agosto 1991. Successivamente e in termini analoghi la Corte EDU si è pronunziata nei casi Kollcaku c. Italia e Pititto c. Italia (8 febbraio 2007) in cui è stato osservato che la notifica delle azioni intentate nei confronti del contumace costituisce un atto giuridico di tale importanza da richiedere condizioni formali e sostanziali idonee a garantire l'esercizio effettivo dei diritti dell'accusato. Ciò non può condurre ad escludere, in linea generale, che alcuni fatti possano dimostrare inequivocabilmente la conoscenza da parte di un imputato del processo iniziato nei suoi confronti e della natura e della causa delle accuse. La Corte ha ritenuto che i ricorsi previsti dagli artt. 175 e 670 del c.p.p. italiano non possano essere ritenuti rimedi che, con un grado sufficiente di certezza, offrano al condannato la possibilità di avere un nuovo processo nel quale esercitare il proprio diritto alla difesa.
La legge - che ha eliminato dal codice di rito penale ogni riferimento alla contumacia - è intervenuta garantendo il diritto alla sospensione del processo penale (che sulla base della disciplina previgente si sarebbe potuto svolgere in contumacia) ogni qualvolta è dimostrato che l'assenza dell'imputato all'udienza è causata da una incolpevole mancata conoscenza dello svolgimento del processo. Si prevede che, a fronte dell'assenza dell'imputato, il giudice debba rinviare l'udienza e disporre che l'avviso gli sia notificato personalmente ad opera della polizia giudiziaria; se la notificazione non risulta possibile, e sempre che non debba essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente. Durante la sospensione del processo il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili. Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione, e per ogni anno successivo, il giudice dispone nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso; se le ricerche hanno esito positivo l'ordinanza è revocata, il giudice fissa la data per la nuova udienza, e l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento. I casi in cui il giudice può, al contrario, adottare l'ordinanza che dispone di procedere in assenza dall'imputato sono i seguenti: per sua rinuncia espressa ad essere presente al processo; quando quest'ultimo, nel corso del procedimento, abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia; nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. La legge 67/2014 ha previsto la possibilità che l’imputato assente all’udienza preliminare possa rendere dichiarazioni spontanee ed essere rimesso in termini per richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento se fornisce la prova che l'assenza all’udienza preliminare è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo Se il processo è proseguito in assenza dell'imputato e vi è la prova che si sarebbe dovuto provvedere al rinvio dell’udienza e ad una nuova notifica ovvero se l'imputato provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza e dispone il rinvio degli atti al giudice di primo grado. La legge 67/2014, inoltre:
La proposta di legge C. 2344La legge 67 del 2014 - entrata in vigore il 17 maggio 2014 - sostituisce dunque la disciplina del processo in contumacia, senza prevedere disposizioni specifiche per i processi in corso. Da qui, l’esigenza - secondo la relazione alla proposta di legge - di intervenire con un provvedimento ad hoc che garantisca i diritti degli imputati irreperibili e contumaci e preservi da incertezze applicative nell’interpretazione della legge, anche connesse al regime delle impugnazioni. La proposta in esame introduce nella legge 67/2014 un nuovo articolo 15-bis, che stabilisce la disciplina transitoria per i procedimenti penali ancora in corso alla data di entrata in vigore della legge medesima. Considerato che tale data è già trascorsa, la proposta è destinata a operare retroattivamente. In particolare, si stabilisce (art. 1):
Sostanzialmente, si intende verificare se la contumacia derivi da un'assenza consapevole dell'imputato e non da una situazione di irreperibilità momentanea cui sia conseguita la mancata conoscenza del procedimento. Quindi, mentre gli irreperibili usufruiranno delle nuove, più garantiste regole sulla sospensione del processo introdotte dalla legge 67 del 2014, l’applicazione della disciplina previgente – afferma la relazione della p.d.l. – appare giustificata in relazione ai contumaci in quanto nei loro confronti “la notificazione è avvenuta in forme rispettose della necessaria conoscenza del processo†anche in considerazione che “le regole previgenti …. risultano per certi aspetti più favorevoli di quelle nuoveâ€. L'art. 2 della proposta prevede l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl provvedimento riguarda la materia processuale penale, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art.117, secondo comma, lett. l) (giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa) della Costituzione |
Rispetto degli altri princìpi costituzionaliIn tema di retroattività delle norme di favore, il principio del favor rei, sancito dall'art. 2, quarto comma, del codice penale, non vige in riferimento all'applicazione della norma processuale (si veda in tal senso Cass. Pen. n. 24561 del 17 luglio 2006), ove opera, invece, il diverso principio del tempus regit actum, cioè l'applicazione della norma vigente al momento del verificarsi il fatto processuale. In tal senso, Cassazione, Sezioni Unite, sent. n. 27919 del 31 marzo 2011, in tema di successione di leggi processuali nel tempo, ha affermato il principio secondo il quale, se la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e le leggi penali posteriori adottate prima della pronunzia di una sentenza definitiva sono diverse, il giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli all'imputato, non costituisce un principio dell'ordinamento processuale, nemmeno nell'ambito delle misure cautelari, poiché non esistono principi di diritto intertemporale propri della legalità penale che possano essere pedissequamente trasferiti nell'ordinamento processuale. (Vedi Corte cost. 14 gennaio 1982, n. 15). La Corte costituzionale, esprimendosi favorevolmente sulla legittimità della disciplina transitoria della riforma del giusto processo (sentenza n. 381/2001) ha confermato che "le possibili diversità di regime processuale, che i rimettenti prospettano a sostegno di essa (dell'illegittimità costituzionale, n.d.r), rappresentano infatti delle disparità di mero fatto che scaturiscono dalla natura stessa del regime transitorio; quest’ultimo, per definizione, è chiamato ad introdurre una disciplina "di passaggio" tra sistemi normativi e necessariamente si salda ad un determinato momento o fatto processuale, da individuare quale linea di demarcazione a partire dalla quale il regime stesso è chiamato ad operare. La circostanza che si tratti di un fatto "aleatorio", che prescinde dalla volontà delle parti, è un dato del tutto inconferente agli effetti della pretesa censura di irragionevolezza, giacché ciò che conta è che quel "fatto processuale" sia coerente rispetto alle esigenze del regime transitorio e non si presti ad arbitri". Successivamente (ordinanza n. 420/2004 e sentenza n. 219/2004) la stessa Consulta ha ritenuto costituzionalmente legittima la disciplina intertemporale del patteggiamento di cui alla legge 134 del 2003 sulla base del rilievo di ordine generale "che il legislatore gode di ampia discrezionalità nel regolare nei processi in corso gli effetti temporali di nuovi istituti processuali o delle modificazioni introdotte in istituti già esistenti, e che le relative scelte, ove non siano manifestamente irragionevoli, si sottraggono a censure di illegittimità costituzionale". Al contrario, la Corte costituzionale - sentenza n. 393/2006 ha ritenuto costituzionalmente illegittima la disciplina transitoria dettata dalla legge 251/2005 di riforma dell'istituto della prescrizione che precludeva l'applicazione del favor rei. Tale istituto, infatti, pur avendo natura processuale produce effetti eminentemente sostanziali. Secondo la Corte, "premesso che il regime giuridico riservato alla lex mitior, e segnatamente la sua retroattività , non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25, comma secondo, Cost., in quanto la garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione, concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole per il reo, e che eventuali deroghe al principio di retroattività della lex mitior, ai sensi dell'art. 3 Cost., possono essere disposte dalla legge ordinaria quando ricorra una sufficiente ragione giustificativa, con la conseguenza che lo scrutinio di costituzionalità ex art. 3 Cost., sulla scelta di derogare alla retroattività di una norma penale più favorevole al reo deve superare un vaglio positivo di ragionevolezza, non essendo a tal fine sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole, la norma censurata la quale dispone la inapplicabilità dei nuovi, più brevi, termini di prescrizione ai reati per i quali sia intervenuta, in primo grado, la dichiarazione di apertura del dibattimento - introduce una deroga ingiustificata alla regola della retroattività della norma penale più favorevole al reo di cui all'art. 2, comma 4, c.p., risultando la scelta del legislatore di individuare nel momento della dichiarazione di apertura del dibattimento il discrimine temporale per l'applicazione della nuova disciplina nei processi in corso di svolgimento in primo grado alla data di entrata in vigore della l. n. 251 del 2005 priva di ragionevolezza: la dichiarazione di apertura del dibattimento, infatti, non è idonea a correlarsi significativamente ad un istituto di carattere generale come la prescrizione e al complesso delle ragioni che ne costituiscono il fondamento, poiché non connota indefettibilmente tutti i processi di primo grado, in particolare i riti alternativi, nè è inclusa fra gli incombenti ai quali il legislatore attribuisce rilevanza ai fini dell'interruzione del decorso della prescrizione ex art. 160 c.p.". |