Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Missione di studio in Belgio e in Francia della Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti - 8-12 dicembre 2014
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 13
Data: 02/12/2014
Descrittori:
BELGIO   COMMISSIONI D'INCHIESTA
FRANCIA   REATI
SMALTIMENTO DI RIFIUTI   UNIONE EUROPEA


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

audizioni e incontri in ambito ue

 

 

 

 

 

Missione di studio in Belgio e in Francia

della Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

 

 

8-12 dicembre 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 13

 

2 dicembre 2014

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

Il paragrafo ‘L’accordo di partenariato 2014-2020’ e gli ‘Approfondimenti sulla situazione italiana’ sono stati curati dal Servizio Studi, Dipartimento Ambiente, territorio e lavori pubblici (' 066760.9253)

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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 


 

I N D I C E

 

 

Scheda di lettura   1

Temi all’attenzione della Commissione   3

·         La proposta di modifica delle direttive sui rifiuti 3

·         Traffico transfrontaliero dei rifiuti 7

·         Le procedure di infrazione  10

·         Rifiuti radioattivi 15

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Scheda di lettura



Temi all’attenzione della Commissione

 

La proposta di modifica delle direttive sui rifiuti

Per aumentare il ritmo di miglioramento dei risultati nella gestione dei rifiuti, lo scorso luglio, la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva (COM(2014)397) che modifica sei direttive vigenti: le direttive sui rifiuti (2008/98//CE), sugli imballaggi (94/62/CE), sulle discariche (1999/31/CE), sui veicoli fuori uso (2000/53/CE), sulle batterie ed accumulatori (2006/66/CE) e sui rifiuti elettrici ed elettronici (2012/19/CE).

La proposta fa parte di un pacchetto di misure che interessano più aspetti. Il quadro entro il quale si inseriscono le misure del pacchetto è costituito dalla comunicazione “Verso un’economia circolare: un programma a zero rifiuti per l’Europa” (COM(2014)398), che si basa sul presupposto che da un uso più efficiente delle risorse deriveranno nuove opportunità di crescita e occupazione[1]. Una progettazione innovativa, prodotti migliori e più resistenti, processi produttivi più efficienti e sostenibili, modelli imprenditoriali lungimiranti e i progressi tecnici per trasformare i rifiuti in una risorsa concorreranno ad accrescere l'efficienza. Il pacchetto che accompagna la comunicazione intende creare il contesto che aiuterà a realizzare l'economia circolare, con politiche meglio integrate, una regolamentazione più razionale e, infine, con il sostegno delle attività di ricerca e innovazione. Ciò, ad avviso della Commissione, permetterà di sbloccare gli investimenti e attrarre i finanziamenti, incentivando, nel contempo, la partecipazione dei consumatori e il coinvolgimento delle imprese. Il pacchetto suggerisce inoltre di misurare la produttività delle risorse in base al rapporto tra PIL e consumo di materie prime, proponendo di individuare nell'aumento del 30% di tale produttività entro il 2030 un possibile obiettivo principale da inserire nella prossima revisione della strategia Europa 2020.

In particolare, al fine di incrementare i benefici economici, sociali ed ambientali derivanti dalla migliore gestione dei rifiuti urbani, la Commissione propone di:

·     incrementare il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani ad un minimo del 70% entro il 2030;

·     aumentare il tasso di riciclaggio di rifiuti di imballaggio all’80% entro il 2030, con obiettivi intermedi del 60% entro il 2020 e del 70% entro il 2025, con obiettivi specifici per i materiali;

·     vietare la messa in discarica del materiale riciclabile (plastica, metalli, vetro, carta e cartone e rifiuti biodegradabili) entro il 2025 (mentre gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per eliminare virtualmente le discariche entro il 2030);

·     promuovere ulteriormente lo sviluppo dei mercati delle materie prime secondarie di alta qualità;

·     chiarire il metodo di calcolo dei materiali riciclati al fine di garantire un alto livello qualitativo di riciclaggio.

In ultima analisi, la proposta è tesa a fornire indicazioni chiare sulla gestione dei rifiuti nell’Unione e garantire in tal modo la sicurezza degli investimenti per gli Stati membri e il settore. Gli Stati membri, all’atto di elaborare le strategie nazionali di gestione dei rifiuti e nel pianificare gli investimenti, dovrebbero fare un uso accorto dei fondi strutturali e di investimento europei, in linea con la gerarchia dei rifiuti, utilizzandoli per promuovere la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio.

 

L’accordo di partenariato 2014-2020 (a cura del Servizio Studi)

Il 29 ottobre 2014 la Commissione europea ha definitivamente adottato l’accordo di partenariato con cui si definisce la strategia, articolata in obiettivi tematici, per un uso ottimale dei Fondi strutturali e di investimento europei in Italia. L'accordo consentirà l'investimento di 32,2 miliardi di euro di finanziamenti totali a titolo della politica di coesione nel periodo 2014-2020.

Nell’ambito dell’obiettivo tematico OT6 “Tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse linee di indirizzo strategico” rientrano gli interventi che, alla luce degli obiettivi posti dalla normativa europea, perseguono il miglioramento del servizio di gestione dei rifiuti, soprattutto nel Mezzogiorno dove, “nel complesso e malgrado alcuni avanzamenti localizzati, si è ancora distanti da standard minimi di servizio adeguati”[2]. Nel periodo di programmazione 2007-2013 il settore dei rifiuti è stato oggetto di intervento della politica di coesione sia comunitaria che nazionale, che - secondo quanto riporta l’Accordo – “ha dato risultati non in linea con le attese, ma ha comunque contribuito a mobilitare importanti risorse finanziarie a sostegno di interventi non ancora conclusi e i cui effetti positivi potranno essere apprezzati nei prossimi anni”. Lo stesso documento ricorda che nel ciclo di programmazione 2007-2013 gli investimenti (a valere su tutte le fonti finanziarie nazionali ed europee) per interventi già programmati, in corso di realizzazione e conclusi ammontano a circa 1,5 miliardi di euro per la gestione dei rifiuti urbani.

Per il nuovo periodo 2014-2020 l’allocazione finanziaria programmatica riferita alla gestione dei rifiuti, all’interno dell’OT6, è quella relativa al risultato atteso RA.6.1, pari a 255 milioni di euro (247 dei quali destinati alle regioni meno sviluppate).

L’Accordo sottolinea altresì che l'impegno richiesto in tema di gestione dei rifiuti urbani “richiede un parallelo sostegno mirato, da un lato, a favorire l'innovazione dei processi produttivi al fine di generare meno rifiuti durante tutta la vita del prodotto e, dall'altro, a promuovere modalità di consumo che minimizzino l'utilizzo degli imballaggi. A questa esigenza, nell’ambito del sostegno alla competitività delle piccole e medie imprese e per la riduzione degli impatti ambientali dei sistemi produttivi, sono previsti, nell’Obiettivo Tematico 3, incentivi per la riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni inclusi i c.d. rifiuti speciali, avendo come obiettivi principali il recupero dei materiali e la diminuzione dell’estrazione e dello sfruttamento di materie prime anche attraverso il sostegno alla creazione di reti di riutilizzo e di riparazione e di impianti a servizio di sistemi di imprese”.

 

La proposta della Commissione interviene in un quadro che presenta complessivamente buoni risultati sul piano della gestione dei rifiuti, sia pure in un panorama variegato per quanto riguarda i singoli Stati membri.

La produzione dei rifiuti urbani (pari a circa il 7-10% del totale dei rifiuti prodotti) nell’UE-28 risulta nel 2012 in flessione del 2,4% rispetto all’anno precedente: si è passati da circa 253 milioni di tonnellate nel 2011 a circa 246,8 milioni di tonnellate nel 2012. Risulta pertanto consolidata la tendenza degli anni precedenti (tra il 2010 e il 2011, il calo era stato dello 0,9%).

Nella zona EU 15 la produzione di rifiuti urbani è passata da 214,6 milioni di tonnellate nel 2011 a 209 milioni di tonnellate nel 2012 (-2,6 %). Con riferimento ai Paesi più densamente popolati, le riduzioni più significative si registrano in Italia e in Spagna (-4,4%), nel Regno Unito e in Germania (rispettivamente, -3,3% e -2,2%).

Con riferimento ai dati di produzione pro capite, il panorama risulta estremamente variabile: nel 2012 si passa dai 279 kg/abitante della Estonia ai 668 kg/abitante della Danimarca. Si tratta, comunque, di dati in riduzione rispetto al 2011. In linea generale, i nuovi Stati membri hanno un dato di produzione di rifiuti pro capite mediamente inferiore a quello degli Stati dell’area EU 15. Ciò probabilmente è riconducibile ai minori consumi derivanti da condizioni economiche più modeste. Il dato medio di produzione pro capite nell’area EU 15 è pari a 523 Kg/abitante nel 2012 (-2,6% rispetto al 2011), mentre nell’area EU 28 è pari a 489 Kg/abitante nel 2012 (-2 % rispetto al 2011). Anche in Italia, la produzione di rifiuti pro capite tende a ridursi, essendo passata dai 528 Kg/abitante nel 2011 a 505 Kg/abitante nel 2012[3].

 

I rifiuti industriali, commerciali e minerari hanno composizione e volumi molto eterogenei, che variano notevolmente in funzione della struttura economica dello Stato membro, della struttura del settore che li produce e della densità di attività produttive di una determinata zona geografica.

I rifiuti da costruzione e demolizione sono ammontati nel 2011 a 860 milioni di tonnellate in totale, di cui 350 milioni di tonnellate di rifiuti minerali (e di questi, il 19% o 64 milioni di tonnellate non è stato recuperato), il resto costituito da terreni scavati.

Gli obiettivi di recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio (che, in parte, sono riconducibili ai rifiuti urbani) e lo smaltimento in discarica dei rifiuti biodegradabili sono stati raggiunti da quasi tutti gli Stati membri. Il tasso di recupero dei rifiuti da imballaggio è aumentato dal 53,7% nel 1998 (UE 15) al 77,3% nel 2011 (UE 27) e il tasso di riciclo dei rifiuti biodegradabili è passato dal 47,3% al 63,6% nei medesimi anni.

L'incenerimento dei rifiuti è passato da 95 kg pro capite nel 2005 a 111 kg nel 2011, di cui 89 kg/ab potrebbe essere considerato come recupero di energia”. Allo stesso tempo, la messa in discarica dei rifiuti urbani è diminuita dal 65% nel 1995 al 49% nel 2005 e al 36% nel 2011. Il riciclaggio dei rifiuti è passato dal 36,5% nel 2008 al 38,5% nel 2011.

 

Trattamento complessivo dei rifiuti (dati 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


A giudizio della Commissione, i dati dimostrano che le politiche europee in materia di rifiuti stanno dando buoni risultati e che sono raggiungibili le tappe delineate dalla tabella di marcia per l’impiego efficiente delle risorse[4] e quelli del settimo programma d’azione per l’ambiente[5], tra cui la piena attuazione della gerarchia dei rifiuti[6] in tutti gli Stati membri, una produzione minore di rifiuti in termini assoluti e pro capite e l’elaborazione di una strategia globale per combattere gli sprechi alimentari, in modo da assicurare un riciclaggio di alta qualità e il ricorso ai rifiuti riciclati come fonte importante e affidabile di materie prime per l’Unione, la limitazione del recupero energetico ai materiali non riciclabili e il collocamento in discarica unicamente dei rifiuti non recuperabili.

 

Approfondimenti sulla situazione italiana (a cura del Servizio Studi)

§  Le norme in materia di rifiuti e discariche approvate nella legislatura in corso

§  I dati del Rapporto rifiuti 2014 dell’ISPRA

 

Traffico transfrontaliero dei rifiuti

La materia del traffico transfrontaliero dei rifiuti è attualmente disciplinata dal regolamento n. 1013/2006 che fissa le norme per le spedizioni di rifiuti sia all'interno dell'UE sia tra l'UE e paesi terzi, allo scopo di tutelare l'ambiente.

Sulla base di tale regolamento, all’interno dell'UE, tutte le spedizioni di rifiuti destinati ad operazioni di recupero beneficiano del diritto di libera circolazione.

Per i rifiuti non pericolosi, tali spedizioni non sono soggette ad obblighi di notifica preventiva e devono solo rispettare obblighi generali di informazione. Sia le spedizioni di rifiuti pericolosi destinati ad operazioni di recupero sia le spedizioni di rifiuti destinati allo smaltimento sono soggette a obblighi di notifica e autorizzazione preventive scritte.

Il regolamento n. 1013/2006 vieta inoltre tutte le esportazioni di rifiuti pericolosi verso paesi non appartenenti all'OCSE e tutte le esportazioni di rifiuti destinati allo smaltimento verso paesi non membri dell'UE/EFTA. I rifiuti non pericolosi destinati ad operazioni di recupero al di fuori dell'OCSE possono essere esportati purché siano gestiti secondo metodi ecologicamente corretti, ossia in maniera essenzialmente equivalente alle norme applicate nell'UE.

Per quanto riguarda l’Italia, dagli ultimi dati disponibili risulta che, nel 2013, i rifiuti urbani esportati ammontano a 395 mila tonnellate, di cui 392 mila tonnellate di rifiuti non pericolosi (il 99,3%). I Paesi Bassi sono il Paese verso cui vengono destinate le maggiori quantità di rifiuti urbani, 94 mila tonnellate (il 23,9% del totale esportato); seguono l’Austria con il 22,4% del totale, la Slovacchia con il 10,7% e la Cina con il 10,1%. Del totale dei rifiuti esportati, 213 mila tonnellate sono avviate a recupero di energia, 170 mila tonnellate a recupero di materia e 13 mila tonnellate a operazioni di smaltimento.

Le importazioni in Italia di rifiuti urbani ammontano a oltre 218 mila tonnellate, di cui solo 22 tonnellate di rifiuti pericolosi. Il Paese da cui proviene il maggior quantitativo di rifiuti urbani è la Francia, con 160 mila tonnellate, corrispondente al 73,5% del totale importato; seguono la Svizzera con il 9,9% e la Germania con il 9,6%[7].

 

Gli Stati membri, da un lato, sono tenuti a garantire l’applicazione del regolamento attraverso ispezioni presso stabilimenti e imprese a norma degli obblighi ispettivi di cui alla direttiva 2008/98/CE (direttiva quadro sui rifiuti), dall’altro, hanno la facoltà di controllare i rifiuti nel corso del trasporto su strada, nei porti ecc., oppure, successivamente, quando già si trovano negli impianti di recupero o smaltimento. I controlli sono, per il resto, rimessi alla discrezionalità degli Stati membri, poiché il regolamento vigente  non detta le modalità precise con cui eseguire le ispezioni.

Da tale discrezionalità e dalla mancanza di precise indicazioni sui contenuti delle ispezioni è scaturito un panorama estremamente variegato delle attività di controllo da parte degli Stati membri, che vede, da un lato, sistemi d'ispezione estesi e ben funzionanti e, dall’altro, sistemi inefficienti, che non garantiscono il rispetto delle norme e sono privi di strutture e risorse adeguate per controllare i flussi di rifiuti e per eseguire le ispezioni. Di ciò approfittano gli esportatori illegali di rifiuti che, con la pratica nota come "port hopping", fanno transitare i rifiuti illegali attraverso gli Stati membri con minori controlli.

I maggiori problemi sono legati ai rifiuti pericolosi e ai rifiuti spediti illegalmente, abbandonati in discariche abusive o trattati in maniera inadeguata, in quanto possono porre gravi problemi ambientali e sanitari agli abitanti delle zone intorno alle discariche.

La necessità di intervenire in questo settore è stata evidenziata anche dalle risultanze dell’indagine condotta, con il sostegno della Commissione, dal gruppo "Spedizioni transfrontaliere di rifiuti" della Rete europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente (IMPEL – TSF), che ha denunciato un altissimo numero di casi di mancata conformità al regolamento dovuta a spedizioni illegali di rifiuti. All'origine delle spedizioni illegali di rifiuti in uscita dal territorio UE vi sono di frequente impianti non controllati di raccolta, deposito e cernita, gestiti da operatori abusivi che entrano in possesso dei rifiuti e li spediscono illegalmente nei paesi in via di sviluppo, spesso servendosi di siti intermedi di deposito per coprire le vere destinazioni finali dei rifiuti e per impedire alle autorità di contrasto di individuare le imprese da cui provengono i rifiuti.

Le principali lacune nei sistemi di controllo degli Stati membri sono la mancanza di pianificazione delle ispezioni e di valutazione dei rischi; disposizioni insufficienti in materia di onere della prova; mancanza di controlli a monte per rilevare programmate esportazioni illegali; mancanza di formazione per il personale ispettivo.

Le ispezioni condotte nei porti, sulle strade e presso gli impianti hanno dimostrato che circa il 25% delle spedizioni contenenti rifiuti nell'UE non sono conformi al regolamento sulle spedizioni di rifiuti UE (n. 1013/2006). Tuttavia, non è possibile avere informazioni precise sul numero di spedizioni illegali di rifiuti proprio per la loro natura. Problemi significativi per la raccolta di dati affidabili sulle spedizioni di rifiuti derivano anche dalla insufficiente segnalazione da parte delle autorità nazionali e dalla mancanza di armonizzazione del sistema di controllo tra gli Stati membri[8].

Quanto alle destinazioni, una gran parte delle spedizioni illegali di rifiuti provenienti dall'UE appare destinata a paesi africani e asiatici. Ghana, Nigeria e altri paesi dell'Africa occidentale sembrano essere le destinazioni più comuni in Africa. In Asia, le spedizioni illegali di rifiuti spesso sembrano passare attraverso il porto di Hong Kong, verso la Cina o altri paesi asiatici. Sono state evidenziate spedizioni illegali di rifiuti anche tra gli Stati membri. Uno studio del 2011 di Europol[9] ha concluso che i rifiuti pericolosi sono spediti spesso da sud a sud-est Europa (ad esempio da Italia a Romania e Ungheria).

Gli alti profitti e i rischi di condanne particolarmente miti hanno indotto le organizzazioni criminali internazionali (in particolare, quelle italiane) ad entrare nel business della spedizione illegale di rifiuti (trasporto, deposito e vendita), come trafficanti e intermediatori. Il traffico illegale riguarda i rifiuti urbani, i rifiuti industriali e i rifiuti pericolosi (tra cui, anche veicoli fuori uso, componenti elettriche ed elettroniche). Il volume del traffico e degli affari illeciti è tuttavia difficile da stimare. Dai dati risulta che gli Stati membri orientali, in particolare, sono sia destinazione sia paesi di transito del traffico illegale di rifiuti. I rifiuti elettronici e le componenti dei veicoli fuori uso sono esportati soprattutto in Africa (soprattutto in Africa occidentale) e in Asia (in particolare, in India, Vietnam e Cina). Il traffico illegale di rifiuti, soprattutto urbani e industriali, avviene tuttavia anche tra i Paesi UE, in particolare con destinazione la zona centro-orientale dell’UE[10].

Per colmare tali lacune, è stato approvato lo scorso 15 maggio il regolamento n. 660/2014, che modifica il regolamento n. 1013/2006.

Il nuovo regolamento, che si applica a decorrere dal 1° gennaio 2016, interviene proprio sulle ispezioni a cui sono tenuti gli Stati membri. L’approccio scelto è il sostegno agli Stati membri nella loro attività ispettiva, da concentrarsi, però, sulla categoria dei rifiuti pericolosi.

In particolare, la nuova normativa è volta a garantire un'applicazione più uniforme del regolamento sulla spedizione dei rifiuti stabilendo obblighi di ispezione minimi in tutta l'UE, con particolare attenzione ai rifiuti pericolosi problematici.

Il regolamento è impostato sulla convinzione che l'ispezione degli impianti di trattamento dei rifiuti compete alle autorità dello Stato membro in cui sono dislocati. Tuttavia, è necessario che le autorità competenti nello Stato membro di spedizione siano in grado di valutare il modo in cui i rifiuti sono gestiti dall'impianto nello Stato membro di destinazione. Per evitare spedizioni illegali, tale valutazione va effettuata prima che il trasporto lasci il paese di spedizione. In caso di spedizione illegale, il paese di spedizione potrebbe essere tenuto a farsi carico, tra l'altro, delle spese per il rimpatrio dei rifiuti. La valutazione degli impianti di gestione dei rifiuti non può pertanto essere affidata alle sole autorità del paese di destinazione.

 

Le procedure di infrazione

In materia di trattamento e riciclaggio dei rifiuti, sono attualmente in corso diverse procedure di infrazione promosse dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia.

 

Malagrotta e di altre discariche laziali

La procedura di infrazione n. 2011/4021 è stata avviata nel maggio 2012 per la non conformità alla normativa europea sulle discariche di rifiuti (direttiva 1999/31/CE in combinato disposto con la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE) della discarica di Malagrotta e di altre discariche laziali. In esito a tale procedura, lo scorso 15 ottobre, la Corte di giustizia europea, su ricorso della Commissione, ha dichiarato l’Italia inadempiente rispetto agli obblighi ad essa incombenti in forza della normativa europea sulle discariche (C-323/13). La sentenza di condanna si riferisce alla situazione al primo agosto 2012.

In particolare, la Corte di giustizia ha riconosciuto che l'Italia ha violato le norme in materia di rifiuti relativamente al loro conferimento in sette discariche del Lazio: cinque a Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due di Latina situate a Borgo Montello.

L'Italia, ad avviso della Corte, non ha adottato tutte le misure necessarie per evitare che i rifiuti urbani fossero conferiti nelle discariche dei sei siti in questione senza subire un trattamento adeguato, con la differenziazione delle diverse sezioni e la stabilizzazione della frazione organica. Inoltre secondo la Corte, un'ulteriore violazione da parte dell'Italia sta nella mancata creazione, nella Regione Lazio, di una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. Infine, la Corte ribadisce che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie affinché solo i rifiuti già trattati vengano collocati in discarica. Sottolinea, inoltre, che la nozione di "trattamento" comprende i processi fisici, termici, chimici o biologici (inclusa la cernita), che modificano le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero; la direttiva Ue prevede, inoltre, che il trattamento sia costantemente adeguato al progresso scientifico e tecnico.

 

Gestione dei rifiuti in Campania

Con sentenza del 4 marzo 2010, pronunciata nella causa C 297/08 (in esito alla procedura di infrazione n. 2007/2195), la Corte di Giustizia ha statuito che l’Italia ha violato gli obblighi comunitari di corretta gestione dei rifiuti nella regione Campania, in particolare per la mancanza di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione.

Rilevando che il Programma attuativo per la realizzazione degli interventi necessari ad adempiere agli obblighi stabiliti nella citata sentenza, predisposto e approvato dalla regione Campania, non è stato rispettato, il 10 dicembre 2013, la Commissione europea ha nuovamente deferito lo Stato italiano innanzi alla Corte di Giustizia per mancata esecuzione della medesima sentenza.

Il programma attuativo reca misure destinate a gestire i rifiuti nella regione fino al 2016, quando dovrebbero diventare operativi nuovi impianti di trattamento. Tuttavia, la Commissione contesta che dall'estate 2011 le autorità locali hanno dirottato grandi quantità di rifiuti verso impianti in altre regioni, soluzione questa di natura meramente temporanea. Pur riconoscendo i progressi fatti, ad esempio sotto il profilo della raccolta differenziata, la Commissione sottolinea i ritardi che hanno portato all'arresto della costruzione della maggior parte degli impianti previsti per il recupero dei rifiuti organici, degli inceneritori e delle discariche, con il rischio che molte delle installazioni previste non siano pronte per la fine del 2016. Altri fattori preoccupanti sono, ad avviso della Commissione, i circa sei milioni di tonnellate di rifiuti imballati e stoccati presso vari siti in Campania, in attesa di un inceneritore che deve ancora essere costruito, e il basso tasso di raccolta differenziata nella provincia di Napoli: pur essendo la città della Campania che produce più rifiuti, Napoli ha un tasso di raccolta differenziata solo di circa il 20%.

La Commissione chiede alla Corte di giustizia di condannare l’Italia al versamento di sanzioni pecuniarie consistenti in una somma forfettaria di 28.089,6 euro al giorno (quantificabile su base annua in circa 10.252.704 euro) per il periodo intercorso tra la prima e la seconda sentenza e in una penalità di mora di 256.819,20 euro al giorno (vale a dire 85.606,4 euro al giorno per ogni categoria di installazione) dovuta dal giorno in cui verrà pronunciata la seconda sentenza fino al completo adempimento (quantificabile su base annua in circa 93.739.008 euro).

Lo scorso 6 novembre, la Corte di giustizia, con la sentenza nella causa C-385/13 P, ha confermato le decisioni con cui la Commissione ha rifiutato di pagare all’Italia i contributi finanziari per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

Nel 2000, nell’ambito degli interventi strutturali dell’Unione in Italia, la Commissione ha approvato il programma operativo Campania (PO Campania) per spese effettuate fra il 1999 e il 2008. Una misura[11] contenuta in tale programma concerneva svariate operazioni relative al sistema regionale di gestione e di smaltimento dei rifiuti. Gli interventi della regione destinati a migliorare e a promuovere la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti hanno dato luogo a esborsi pari a 93.268.731,59 euro, il cui 50% (vale a dire 46.634.365,80 euro) è stato cofinanziato dai Fondi strutturali. Avendo avviato la procedura di infrazione n. 2007/2195, a partire dal 2008, la Commissione ha informato le autorità italiane che si proponeva di rifiutare il rimborso delle spese relative al sistema regionale dei rifiuti, oggetto del procedimento d’infrazione. Essendosi tale procedura di infrazione chiusa con la sentenza di condanna (causa C-297/08), con la quale la Corte di giustizia ha dichiarato che l’Italia ha violato la normativa europea sui rifiuti, la Commissione, ritenendo che non vi fossero garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal FESR, ha rifiutato le richieste di rimborso avanzate dalle autorità italiane e pari a 18.544.968,76 euro. Adito dall’Italia, il Tribunale, con una sentenza del 2013 (cause riunite T‑99/09 e T‑308/09), ha confermato il rifiuto della Commissione, dichiarando che, per poter rifiutare pagamenti intermedi del FESR, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’oggetto di un procedimento d’infrazione in corso è direttamente collegato alla «misura» cui si riferiscono le operazioni destinate a essere finanziate dai Fondi strutturali. La Corte di giustizia, con la sentenza nella causa 385/13 P, ha dichiarato che giustamente il Tribunale ha legato l’oggetto del procedimento d’infrazione avviato dalla Commissione con quello della misura FESR e che ha dunque avuto ragione nel confermare che la Commissione aveva dimostrato un nesso sufficientemente diretto fra la procedura d’infrazione e l’oggetto delle domande di pagamento FESR dichiarate inammissibili. La Corte ha così confermato il rifiuto della Commissione di pagare all’Italia i contributi finanziari per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

 

Smaltimento dei rifiuti in discarica

Il 23 novembre 2012, la Commissione, nell’ambito della procedura di infrazione 2011/2215, ha emesso nei confronti dell’Italia un parere motivato ex art. 258 TFUE per la violazione degli obblighi imposti dall’art. 14 (obbligo di procedere all’esecuzione di piani di riassetto) della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti. In particolare, la Commissione considera irregolari 102 discariche già esistenti o autorizzate al 16 luglio 2001 per le quali, entro il 16 luglio 2009, in base alla normativa europea si sarebbe dovuto prevedere e dare esecuzione ad un adeguato piano di riassetto ovvero procedere alla chiusura, qualora detto piano fosse risultato inadeguato.

Sulla base delle informazioni, risulta alla Commissione che, nonostante i progressi compiuti, sul territorio italiano vi sono ancora 46 discariche con riferimento alle quali non sono stati adempiuti gli obblighi previsti dalla direttiva. Le regioni interessate sono l’Abruzzo (15 discariche), la Basilicata (19 discariche), la Campania (2 discariche), il Friuli Venezia Giulia (4 discariche), la Liguria (1 discarica per rifiuti pericolosi) e la Puglia (5 discariche).

 

Si segnala che, in risposta all’interrogazione P-000566-14 in cui si richiedevano maggiori particolari sul contenuto dei rilievi della Commissione e sui siti oggetto dei rilievi, il Commissario europeo per l'ambiente della Commissione Barroso, Janez Potočnik, in data 28 febbraio 2014, ha precisato che, qualora i procedimenti di infrazione siano ancora in corso, la Commissione non è autorizzata a fornire informazioni dettagliate, nella fattispecie l'ubicazione di discariche specifiche. Inoltre, il procedimento 2011/2215 non è ancora giunto alla Corte di giustizia. Spetta, infine, alle autorità italiane competenti decidere quali tecniche debbano essere usate per bonificare le discariche, tenendo conto delle specificità di ciascun sito.

 

Discariche abusive

Per la mancata adozione di misure di controllo delle discariche abusive, in violazione delle direttive 75/442/CEE (relativa ai rifiuti), 91/689/CEE (relativa ai rifiuti pericolosi) e 1999/31/CE (relativa alle discariche) è in corso la procedura di infrazione 2003/2077.

In relazione a tale procedura, la Corte di giustizia, il 26 aprile 2007 (causa C-135/05), ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia per non avere adottato tutti i provvedimenti necessari per assicurare lo smaltimento dei rifiuti senza pericolo per la salute umana e per l’ambiente e per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti; inoltre, secondo la sentenza l’Italia non ha adempiuto agli obblighi relativi all’obbligo di autorizzazione delle operazioni di smaltimento, alla catalogazione dei rifiuti pericolosi, all’adozione di piani di riassetto delle discariche esistenti alla data del 16 luglio 2001.

Lo scorso 2 dicembre 2014, la Corte di giustizia, nell’ambito della causa C-196/13, promossa dalla Commissione per l’inerzia dell’Italia ad adottare tutte le misure necessarie per conformarsi alla richiamata sentenza del 26 aprile 2007, ha condannato l’Italia al pagamento di sanzioni pecuniare.

In particolare, secondo la Corte, la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva rifiuti. Pertanto, i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva. Inoltre, gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all’occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l’avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti. Per quanto riguarda l’Italia, la Corte rileva che, alla scadenza del termine impartito del 30 settembre 2009, lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; mentre per altri siti, non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui tali lavori sarebbero stati eseguiti.

Tali fatti, ad avviso della Corte, dimostrano la persistente violazione da parte dell’Italia dell’obbligo di dare esecuzione alla sentenza del 2007.

In particolare, l’Italia non si è assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente applicato e rispettato; non ha assicurato la cessazione effettiva delle operazioni realizzate in assenza di autorizzazione; non ha neppure provveduto ad una catalogazione e un’identificazione esaustive di ciascuno dei rifiuti pericolosi sversati nelle discariche. Infine, essa continua a violare l’obbligo di garantire che per determinate discariche sia adottato un piano di riassetto o un provvedimento definitivo di chiusura.

Pertanto, la Corte condanna l’Italia al pagamento di una somma forfettaria di 40 milioni di euro e di una penalità decrescente, il cui importo iniziale (pari a 42.800.000 euro) sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi.

 

Si segnala che, in risposta all’interrogazione 5-03513, il Governo, lo scorso 11 settembre, ha fatto il quadro della situazione relativa alla causa in atto. In particolare, come emerso anche nel corso dell'udienza dello scorso 4 settembre dinanzi alla Corte UE, dall'ultimo aggiornamento trasmesso dalle Regioni sullo stato degli interventi di bonifica a maggio 2014 risulta che 47 delle 218 discariche segnalate nel ricorso del 2013 sono state bonificate, mentre per i 171 siti ad oggi residui gli interventi sono progettati o in corso di esecuzione. Inoltre, con la Legge di Stabilità 2014 è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare un apposito fondo, con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015, destinato al finanziamento di un piano straordinario di bonifica delle discariche abusive individuate in relazione alla procedura di infrazione comunitaria n. 2003/2077. Da una ricognizione preliminare sugli interventi da finanziare sono state individuate 43 aree di discarica che necessitano di adeguata copertura finanziaria ed è stato definito il piano straordinario degli interventi con il relativo fabbisogno finanziario. Tale piano è in corso di approvazione.

 

Approfondimenti sulla situazione italiana (a cura del Servizio Studi)

§  Le situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti

 

Rifiuti radioattivi

I rifiuti radioattivi sono costituiti essenzialmente da rifiuti derivanti dallo smantellamento di centrali nucleari; combustibile nucleare esaurito (SNF – Spent Nuclear Fuel) usato per la generazione di energia elettrica; rifiuti di altra provenienza (essenzialmente derivanti da applicazioni mediche o da attività industriali o di ricerca).

I rifiuti dalla radioattività più significativa sono costituiti dal combustibile nucleare usato per circa tre anni in un reattore nucleare per la produzione di energia elettrica. Rifiuti a basso livello di radioattività sono elementi leggermente contaminati, come strumenti e indumenti da lavoro utilizzati nel funzionamento degli impianti e costituiscono la maggior parte delle scorie radioattive. Articoli smaltiti come rifiuti di livello intermedio possono includere filtri usati, componenti in acciaio dall'interno del reattore e alcuni effluenti di ritrattamento.

I rifiuti radioattivi sono classificati sulla base della loro radioattività:

·     Very Low Level Waste (VLLW): si tratta della categoria di rifiuti con il minor tasso di radioattività e, quindi, di pericolosità per l’ambiente e la salute;

·     LILW-SL: si tratta di rifiuti di breve durata a bassa e media radioattività. Lo smaltimento di questa categoria di rifiuti avviene spesso in depositi di superficie o in prossimità della superficie;

·     LILW-LL: si tratta di rifiuti a lunga durata a bassa e media radioattività, l cui smaltimento avviene in depositi non di superficie;

·     HLW: si tratta dei rifiuti ad alta radioattività, la maggior parte dei quali risulta dal ritrattamento del combustibile esaurito (SNF) e il cui smaltimento normalmente avviene in depositi geologici profondi.

 

I rifiuti ad alto livello di radioattività sono solo il 3% del volume totale di rifiuti derivanti da produzione nucleare, ma contengono il 95% della radioattività derivante dal nucleare. I rifiuti a basso livello di radioattività rappresentano il 90% del volume totale dei rifiuti radioattivi, ma contengono solo l'1% della radioattività, come risulta dalla tabella che segue:

 

Tipologia di rifiuto

Volume

Radioattività

Alto livello

3%

95%

Medio livello

7%

4%

Basso livello

90%

1%

 

La maggior parte del combustibile nucleare utilizzato è l'uranio mentre il plutonio è utilizzato solo marginalmente. Sia uranio sia il plutonio possono essere riciclati in nuovo combustibile. Una caratteristica dei rifiuti radioattivi è che, a differenza di altri rifiuti pericolosi, la loro radioattività decade progressivamente e diminuisce. Per esempio, dopo 40 anni, il combustibile utilizzato rimosso dal reattore ha solo un millesimo di radioattività iniziale residua.

 

Ogni anno, impianti di generazione di energia nucleare in tutto il mondo producono circa 200.000 m3 di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità, e circa 10.000 m3 di rifiuti ad alto livello, tra cui combustibile esaurito.

Nei paesi dell'OCSE, sono prodotti circa 81.000 m3 rifiuti radioattivi all'anno.

Nel Regno Unito, ad esempio, la quantità totale di rifiuti radioattivi (compresi quelli radioattivi derivanti dagli impianti nucleari esistenti) è di circa 4,7 milioni di m3, pari a circa 5 milioni di tonnellate. Un ulteriore milione di m3 è già stato smaltito. Del totale dei rifiuti radioattivi del Regno Unito, circa il 94% (cioè circa 4,4 milioni di m3) rientra nella categoria di rifiuti a bassa radioattività (LLW). Circa il 6% (290.000 m3) rientra nella categoria dei rifiuti radioattivi di livello intermedio (SDM), e meno dello 0,1% (1000 m3) è classificato come rifiuto di alto livello (HLW). Sebbene il volume di HLW è relativamente ridotto, esso contiene circa il 95% del totale di radioattività.

 

La classificazione dei rifiuti radioattivi - alto, medio, basso livello- consente di determinare le modalità di trattamento e la destinazione finale. I rifiuti di alto livello richiedono la schermatura e il raffreddamento, mentre i rifiuti di basso livello possono essere gestiti senza schermatura.

I rifiuti ad alto livello di radioattività sono smaltiti in depositi in profondità geologicamente stabili. Anche se nessuna di tali strutture per i rifiuti di alto livello è attualmente in essere, la loro fattibilità è stata dimostrata e ci sono diversi paesi ora in fase di progettazione e costruzione.

I rifiuti a livello di radioattività intermedio e basso sono smaltiti in depositi più superficiali. I siti di smaltimento dei rifiuti a basso livello non sono molto diversi dai normali siti di rifiuti urbani.

 

Ad oggi, non risulta ancora funzionante un deposito unico finale per i rifiuti altamente radioattivi e per il combustibile nucleare esaurito (i primi depositi di questo tipo si prevede saranno aperti tra il 2020 e il 2025).

 

Attualmente, circa 270.000 tonnellate di combustibile esaurito sono stoccate in deposito, per lo più nei siti dei reattori. I bacini di deposito presso i reattori e quelli presso le strutture centralizzate, come CLAB in Svezia, sono a 7-12 metri di profondità, per consentire di raccogliere diversi metri di acqua sopra il combustibile esaurito.

Nel mondo, sono state introdotte disposizioni finanziarie specifiche per la gestione di tutti i tipi di rifiuti radioattivi civili. Ad esempio, il costo di gestione e smaltimento dei rifiuti da centrali nucleari rappresenta circa il 5% del costo totale dell'energia elettrica prodotta. La maggior parte delle centrali nucleari è tenuta dai governi di appartenenza ad accantonare annualmente una quota (ad esempio, 0,1 centesimi per chilowattora negli Stati Uniti, 0.14 ¢/kWh in Francia) per assicurare la gestione e lo smaltimento dei loro rifiuti. L'obiettivo principale è garantire che siano disponibili fondi sufficienti in caso di necessità.

 

Il Parlamento europeo e la Commissione Europea si raccomandano affinché tutti gli Stati membri dispongano di un programma per la gestione dei propri rifiuti; questo programma dovrà garantire che tutti gli Stati abbiano accesso ad un impianto di smaltimento geologico, anche in comune a livello regionale. Nel 2009 è stato istituito un gruppo di lavoro multinazionale (WG), i cui membri sono nominati dalle competenti organizzazioni di governo, per studiare la fattibilità della costituzione di una Organizzazione Europea senza fini di lucro per lo sviluppo del deposito (ERDO: European Repository Development Organisation) che, dovrebbe portare alla realizzazione di uno o più depositi geologici condivisi in Europa.

ERDO-WG è un progetto gestito dall’agenzia nazionale per i rifiuti dei Paesi Bassi, COVRA (www.covra.nl) e dall’Associazione Arius (www.arius-world.org) per conto dei suoi membri. Partecipano ad ERDO-WG I seguenti paesi partecipano attualmente ad ERDO WG: Austria, Bulgaria, Paesi Bassi, Irlanda, Italia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia. Inoltre, l’IAEA e la Comunità dell’energia (CE) hanno delegato degli osservatori nell’ERDO-WG. Trattative continuano con altri paesi europei.

 

Il combustibile nucleare esaurito può essere trattato (reprocessing) recuperando gli elementi riutilizzabili (uranio e plutonio) per la fabbricazione di nuovo combustibile. La ridotta quantità residua di rifiuti altamente radioattivi è immagazzinata prima di essere definitivamente smaltita in un deposito in strati geologici profondi. Tuttavia, non tutti gli Stati adottano il processo di ritrattamento del combustibile nucleare esaurito che, pertanto, viene direttamente inviato in un deposito provvisorio in attesa dello smaltimento finale in un deposito in strati geologici profondi.

I principali impianti commerciali di ritrattamento operano in Francia, Regno Unito, e in Russia, con una capacità di circa 5.000 tonnellate all'anno. Un nuovo impianto di ritrattamento con una capacità di 800 t/anno è in fase di messa in servizio in Giappone. Francia e Regno Unito si impegnano inoltre nei servizi di ritrattamento per altri paesi, in particolare per il Giappone, che ha fatto oltre 140 spedizioni in Europa di combustibile esaurito dal 1979.

I dati ufficiali disponibili riguardanti la UE sono riportati nel Settimo rapporto riguardante il trattamento dei rifiuti radioattivi (SEC(2011)1007). Da tali dati risulta che la maggior parte dei rifiuti è stata conferita alla fine del 2007 (soprattutto dal Regno Unito e dalla Francia) ed è pari a 2.149.200 m3. Un certo numero di paesi (con o senza centrali nucleari) ha piccoli siti di smaltimento per i rifiuti, ma molto limitati e alcuni di questi siti hanno richiesto notevoli lavori di ristrutturazione negli ultimi anni per garantire il rispetto accettabile standard di sicurezza.

 

Quadro generale del conferimento dei rifiuti nucleari al 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Commissione europea – SEC(2011)2007

 

 

 

Quadro generale del conferimento dei rifiuti nucleari al 2007 (esclusi Regno Unito e Francia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Commissione europea – SEC(2011)2007

 

 

In Italia le centrali nucleari e le altre installazioni connesse al ciclo del combustibile non sono più in esercizio, tuttavia sono da tempo in corso le attività per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dal pregresso esercizio e quelle connesse alla disattivazione delle installazioni stesse. Permangono, inoltre, in esercizio alcuni piccoli reattori di ricerca presso Università e Centri di ricerca. Continua, altresì, a essere diffuso l’impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti nelle applicazioni mediche, nell’industria e nella ricerca scientifica, con le necessarie attività di trasporto per la distribuzione delle sorgenti stesse e dei rifiuti da esse derivanti.

Un’attenzione particolare meritano le attività di decommissioning degli impianti nucleari attualmente esistenti in Italia. Le principali installazioni del pregresso programma nucleare, oggi in fase di disattivazione a diversi stati di avanzamento, sono le centrali nucleari del Garigliano, di Latina, di Trino e di Caorso, gli impianti sperimentali di riprocessamento EUREX e ITREC, l’impianto Plutonio e OPEC 1 del Centro ENEA della Casaccia, l’impianto Fabbricazioni Nucleari, il Deposito Avogadro, le installazioni del Centro Comune di Ricerche di Ispra (VA). In tali installazioni sono presenti i rifiuti radioattivi derivanti dal pregresso esercizio, gran parte dei quali necessita di essere trattata e condizionata. Ulteriori quantitativi di rifiuti deriveranno dalle operazioni di smantellamento delle strutture e dei componenti costituenti le installazioni stesse.

Per quanto riguarda l’Italia, Il trend attuale dell’indicatore è da considerarsi sostanzialmente stazionario, in quanto, in termini quantitativi, non sussiste una produzione di rifiuti radioattivi, fatta eccezione per i rifiuti ospedalieri. Si prevede, nei prossimi anni, una consistente crescita della quantità dei rifiuti radioattivi con l’avvio delle attività di smantellamento delle installazioni nucleari italiane.

Secondo i dati forniti dagli operatori all’ISPRA sono oggi presenti in Italia circa 27.000 m3 di rifiuti radioattivi a bassa e medi a attività (prima e seconda categoria), dei quali circa 5.000 m3 sono di origine non energetica (provenienti da ospedali, industrie ecc.), e circa 1.700 m3 a più alta attività (terza categoria), in larga parte ancora da condizionare. Ai rifiuti suddetti si aggiungeranno i rifiuti derivanti dallo smantellamento delle installazioni nucleari che sono stimabili in circa 30.000 m3, prevalentemente di bassa e media attività, nonché i rifiuti condizionati, derivanti dalle operazioni di riprocessamento del combustibile irraggiato che rientreranno in Italia dalla Gran Bretagna (circa 20 m3 di rifiuti vetrificati di terza categoria) e dalla Francia (circa 50 m3 di terza categoria). Si deve tenere conto infine dei rifiuti a bassa e media attività di origine non energetica che vengono annualmente prodotti con un quantitativo stimabile in circa 200-300 m3.

Inventario dei rifiuti radioattivi (2012)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Data Base SIRR-ISPRA

Annuario dei dati ambientali 2013 - ISPRA

 

Si segnala che la Commissione europea ha presentato nell’ottobre 2013 la comunicazione (COM(2013)734) in materia di disattivazione degli impianti nucleari e gestione dei rifiuti radioattivi. In tale documento la Commissione fornisce informazioni aggiornate sullo stato del programma di disattivazione e gestione dei rifiuti nucleari ("programma DWM") degli impianti nucleari gestiti dal Centro comune di ricerca ("JRC") della Commissione europea.

Si ricorda che le principali attività del programma sono svolte presso la sede del JRC di Ispra (Italia), che ospita gran parte degli impianti nucleari dismessi del JRC. Negli altri siti nucleari del JRC, ubicati a Karlsruhe (Germania), Petten (Paesi Bassi) e Geel (Belgio), le attività di disattivazione (decommissioning) sono per il momento relativamente limitate, poiché gli impianti nucleari di questi tre siti sono tuttora in esercizio. Con riferimento al sito di Ispra, il JRC ha concentrato le sue attività sulla progettazione e costruzione, nel sito stesso, di propri impianti di caratterizzazione, trattamento e condizionamento dei rifiuti, in vista della disattivazione degli impianti. Ultimata la disattivazione, tutti i rifiuti prodotti presso il sito JRC di Ispra, dopo essere stati condizionati, dovranno essere immagazzinati in loco fintanto che non saranno disponibili sul territorio italiano depositi temporanei o definitivi per i rifiuti nucleari. Per tale motivo il JRC sta costruendo un impianto di deposito temporaneo in loco. Nel frattempo, la maggior parte delle materie nucleari obsolete è stata trasferita fuori dal sito o sta per essere trasferita a terzi.

Con riferimento al programma di disattivazione dei reattori italiani, si ricorda che il 27 novembre 2009 è stato firmato un accordo transattivo tra la Comunità europea dell'energia atomica e il governo italiano, sui seguenti aspetti:

-      il trasferimento della responsabilità per la disattivazione del reattore Ispra-1 al governo italiano come compensazione per le responsabilità italiane connesse ad attività di ricerca nucleare condotte anteriormente nel sito JRC-Ispra;

-      le condizioni per il trasferimento di tutti i rifiuti presenti nel sito JRC-Ispra al futuro Deposito Nazionale italiano prima della conclusione del programma DWM;

-      la limitazione del rischio di un successivo ricondizionamento dei rifiuti in caso di modifiche dei criteri italiani di accettabilità dei rifiuti.

Il programma DWM del sito di Ispra, in corso di esecuzione, si articola in cinque obiettivi principali:

-      messa in sicurezza degli impianti obsoleti;

-      costruzione o miglioramento di impianti di caratterizzazione, trattamento, condizionamento e stoccaggio temporaneo;

-      recupero, trattamento e ricondizionamento dei rifiuti esistenti;

-      condizionamento delle materie nucleari ai fini del loro stoccaggio in loco o del loro trasferimento a terzi;

-      disattivazione degli impianti obsoleti e gestione dei rifiuti che ne risultano.

Con riferimento, in particolare, alla gestione dei rifiuti e delle materie nucleari, la comunicazione fornisce il quadro dei principali progressi compiuti nel periodo 2008-2012:

·     sito JRC di Ispra (Italia): tutti i metalli alcalini fuori uso (15 tonnellate) sono stati rimossi dal sito; circa 1.700 fonti radiologiche obsolete sono state rimosse dalle sito; i rifiuti tecnologici storici presenti in vari edifici sono stati separati per tipologia (le attività in corso, realizzate al 40% circa), caratterizzati, adeguatamente reimballati e immagazzinati per categoria in un'apposita «area di transito», in attesa di condizionamento; sono stati effettuati studi volti a valutare le possibilità di ridurre il volume di rifiuti specifici attraverso diversi processi esistenti di riduzione dei rifiuti; circa il 90% delle materie nucleari non irraggiate è stato rimosso dal sito e spedito negli USA e in Francia per il riciclaggio, dopo il trasferimento del titolo di proprietà; un magazzino centralizzato è stato installato per lo stoccaggio temporaneo delle materie nucleari irraggiate;

·     sito JRC di Karlsruhe (Germania): i rifiuti radioattivi sono trasferiti all'impianto tedesco HDB ubicato nello stesso sito, che ne tratta il condizionamento e lo stoccaggio temporaneo. È in corso una campagna supplementare di caratterizzazione e ri-condizionamento dei fusti di rifiuti smaltiti dall'impianto HDB prima del 1995; si è realizzato lo smantellamento di un grande numero di attrezzature dismesse e la bonifica dei rifiuti storici;

·     sito JRC-Petten (Paesi Bassi): i rifiuti radioattivi sono trasferiti agli impianti di condizionamento e di stoccaggio temporaneo dell'organizzazione olandese COVRA a Vlissingen; per circa dieci anni il combustibile nucleare esaurito obsoleto, che era una proprietà storica del JRC, è stato regolarmente rimosso dal sito ed inviato in parte negli Stati Uniti e in parte al COVRA (l'ultima spedizione è stata effettuata nel marzo 2011);

·     sito JRC-Geel (Belgio): i rifiuti radioattivi sono trasferiti agli impianti di condizionamento e di stoccaggio temporaneo di Belgoprocess a Dessel e si sta procedendo alla rimozione progressiva delle materie nucleari obsolete.

Quanto alle spese sostenute nel periodo 2008-2012, rispetto alla previsione di bilancio per l'intero programma DWM del JRC di 124 milioni di euro2003 (corrispondenti a un importo attuale, corretto per l'inflazione, di 146 milioni di euro), risulta che sono state utilizzate risorse per complessivi 133 milioni di euro, cifra inferiore di circa il 9% rispetto alla stima iniziale. La minore spesa, sebbene sia parzialmente imputabile a una riduzione dei costi, è principalmente dovuta a spese non effettuate per il rinvio di alcuni progetti del programma del JRC di Ispra.

Si segnala che al settore dello smaltimento dei rifiuti nucleari sono destinate, nel periodo 2014-2020, le seguenti risorse finanziarie:

·     969 milioni di euro, per lo smantellamento delle centrali nucleari di Bulgaria (293 milioni di euro), Lituania (451 milioni di euro) e Sllovacchia (225 milioni di euro);

·     225 milioni di euro per la cooperazione alla sicurezza nucleare.

 

Si ricorda infine che, è attualmente in corso una procedura di infrazione a carico dell’Italia (arrivata allo stadio di messa in mora comunicata con lettera del 21 novembre 2013), per il mancato recepimento della direttiva 2011/70/Euratom, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (procedura di infrazione n. 2013/2229). La direttiva, in particolare, stabilisce che gli Stati membri sono tenuti ad elaborare e comunicare alla Commissione i programmi nazionali per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi di loro giurisdizione, dalla produzione fino allo smaltimento definitivo.

Si ricorda che alla direttiva 2011/70/Euratom ha dato attuazione il decreto legislativo n. 45/2014.

 

Approfondimenti sulla situazione italiana (a cura del Servizio Studi)

§  Il decommissioning nucleare e il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi

 

 



[1] Su tale proposta, la 13a Commissione del Senato ha approvato una risoluzione il 19 novembre 2014.

[2] Accordo di partenariato, Sezione 1 A, pag. 205.

[3] Ispra, Rapporto rifiuti urbani 2014.

[4]  COM(2011)571.

[5]  Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171).

[6]  La gerarchia dei rifiuti dà la preminenza alla prevenzione, seguita, nell’ordine, dal riutilizzo, dal riciclaggio prima del recupero di energia e dallo smaltimento, che comprende il collocamento in discarica e l’incenerimento senza recupero di energia.

[7] Rapporto rifiuti urbani 2014, ISPRA.

[8] SWD(2013)268.

[9] Europol, "EU organised crime assessment", Aprile 2011.

[10] Europol, Threat assessment 2013 – Environmental crime in the EU (novembre 2013).

[11] Misura 1.7. Si intende per «misura» lo strumento tramite il quale un asse prioritario trova attuazione su un arco di tempo pluriennale e che consente il finanziamento delle operazioni. Con il termine di «operazioni» si intendono i progetti o le azioni realizzati dai beneficiari finali degli interventi.