Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo - Atto del Governo 279 - Schede di lettura
Riferimenti:
L N. 400 DEL 23-AGO-88   DL N. 133 DEL 12-SET-14
SCH.DEC 279/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 279
Data: 09/03/2016
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2014 0133   L 1988 0400
MINIERE CAVE TORBIERE     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

 

Disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo

Schema di D.P.R. n. 279

(art. 17, co. 2, L. 400/1988 e art. 8 D.L. 133/2014)

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 279

 

 

 

 

9 marzo 2016

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

 

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: am0185.docx


INDICE

Schede di lettura

·     La normativa vigente  3

·     Finalità (art. 1) 7

·     Oggetto e ambito di applicazione (art. 1, comma 1, e art. 3) 7

·     Definizioni (art. 2) 10

·     Criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti (art. 4) 15

·     Deposito intermedio e trasporto delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (artt. 5 e 6) 16

·     Piano e dichiarazione di utilizzo necessari per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti e relativa efficacia (artt. 9, 14-17 e 21) 17

·     Dichiarazione di avvenuto utilizzo necessaria per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti (art. 7) 21

·     Le procedure da seguire per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti (artt. 4-12, 20-22) 21

·     Controlli, tariffe e pubblicità (artt. 13, 18, 19, 27 e 28) 25

·     Disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti (art. 23) 27

·     Utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce escluse dalla disciplina rifiuti (artt. 24 e 27, comma 2) 28

·     Utilizzo e caratterizzazione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica (artt. 25 e 26) 29

·     Norme transitorie (art. 27, commi 1 e 3 – art. 31, comma 3) 33

·     Ulteriori disposizioni (art. 27, comma 5, e artt. 29 e 30) 34

Testo a fronte tra la normativa vigente e l’A.G. 279

Procedure di contenzioso  85

 

 



La normativa vigente

Le disposizioni adottate nel corso delle legislature precedenti

Le definizioni di “rifiuto” e “sottoprodotto” sono state oggetto di numerosi interventi nel corso degli anni a livello nazionale ed europeo. 

Con l’emanazione del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), sono state delimitate le due definizioni[1] e sono state introdotte, all’art. 186, specifiche norme destinate a regolare l’utilizzo delle terre e rocce da scavo al di fuori della disciplina sui rifiuti. Successivamente, in attuazione della direttiva sui rifiuti 2008/98/CE, il D.Lgs. 205/2010 ha introdotto nel testo del Codice uno specifico articolo (il 184-bis) che ha stabilito le condizioni in presenza delle quali una sostanza o un oggetto sono considerati un “sottoprodotto” e non un “rifiuto”.

L’art. 49 del D.L. 1/2012 ha poi previsto l’emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, finalizzato a disciplinare l’utilizzo delle terre e rocce da scavo, stabilendo, in particolare, le condizioni alle quali tali materiali sono considerati sottoprodotti, e non rifiuti, ai sensi dell'articolo 184-bis del d.lgs. 152/2006. Lo stesso articolo 49 ha altresì previsto l’abrogazione della disciplina recata dall’art. 186 del medesimo Codice, dalla data di entrata in vigore del citato decreto ministeriale.

In attuazione di tale disposizione è stato quindi emanato il D.M. 161/2012 ("Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo", entrato in vigore il 6 ottobre 2012), che ha stabilito i criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare per considerare come sottoprodotti, e non rifiuti, le terre e rocce da scavo.

 

Prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina sull'utilizzo delle terre e rocce da scavo, l'art. 3, commi 1-3, del D.L. 2/2012 ha dettato una specifica disciplina per le matrici materiali di riporto che la norma (prima delle modifiche poi operate dal D.L. 69/2013) ha definito come "materiali eterogenei utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei". La finalità della norma è l'esclusione, alle condizioni ivi previste, dall'applicazione della disciplina sui rifiuti. E' stato previsto, infatti, che i riferimenti al "suolo" di cui all'articolo 185, comma 1, lettere b) e c), e 4 del D.Lgs. 152/2006 si interpretano come riferiti anche ai materiali di riporto. Il comma 3 ha precisato che, fino all’entrata in vigore del predetto regolamento sulle terre e rocce da scavo, le matrici materiali di riporto eventualmente presenti nel suolo sono considerate sottoprodotti alle condizioni indicate nel Codice. Su tali disposizioni è intervenuto successivamente il D.L. 69/2013 che ha definito le matrici materiali di riporto come quelle “costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.

Di seguito si illustrano le altre disposizioni dettate dal D.L. 69/2013 in materia di terre e rocce da scavo.

Le disposizioni del D.L. 69/2013 (c.d. decreto del fare)

Con il decreto-legge n. 69 del 2013 è stata modificata la disciplina che consente l'utilizzo delle terre e rocce da scavo al di fuori della normativa sui rifiuti, chiarendo i casi in cui si applica il D.M. 161/2012, con cui sono stati stabiliti i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati come sottoprodotti e non come rifiuti.

Ai sensi dell'art. 41, comma 2, del decreto-legge, il D.M. 161/2012 si applica solamente nell'ambito di attività o opere soggette a VIA (valutazione di impatto ambientale) o ad AIA (autorizzazione integrata ambientale).

Negli altri casi la normativa da rispettare è quella dettata dai commi 1-4 dell'art. 41-bis del D.L. 69/2013.

Tale disciplina alternativa si applica quindi ai piccoli cantieri (vale a dire quelli la cui produzione non superi i 6.000 metri cubi di materiale, che comunque erano già esclusi dall'applicazione del D.M. 161/2012 in virtù di una specifica disposizione contenuta nell'art. 266, comma 7, del D.Lgs. 152/2006), nonché ai cantieri di grandi dimensioni non assoggettati né a VIA né ad AIA.

 

Ulteriori esclusioni per l'applicazione del D.M. 161/2012 sono state introdotte dal D.L. 69/2013 e riguardano le ipotesi disciplinate dall'art. 109 del D.Lgs. 152/2006 (vale a dire: materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi; inerti, materiali geologici inorganici e manufatti; materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri; fondali marini movimentati durante l'attività di posa in mare di cavi e condotte). Inoltre il D.M. 161/2012 non si è applicato, fino al 31 dicembre 2014, nei territori di Emilia, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del maggio 2012 (art. 17-bis del D.L. n. 74/2012).

 

Ulteriori disposizioni sui materiali da scavo sono state dettate dai commi da 3 a 3-ter dell'art. 41 del D.L. 69/2013 che, oltre a riscrivere la definizione di “matrici materiali di riporto” dettata dall’art. 3 del D.L. 2/2012 (v. supra), hanno modificato le regole di utilizzo delle matrici materiali di riporto (per le quali viene prevista la sottoposizione a test di cessione onde escludere rischi di contaminazione). Ulteriori norme sono state dettate per consentire l'utilizzo dei materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse o esaurite, collocate all'interno dei siti di interesse nazionale (SIN), per la realizzazione, nell'ambito delle medesime aree minerarie, di interventi sui terreni (es. reinterri, riempimenti, rilevati, miglioramenti ambientali, ecc.).

L'art. 8 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia)

L'art. 8 del D.L. 133/2014, al fine di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo, ha previsto l'emanazione del presente regolamento di delegificazione (che sarebbe dovuta avvenire entro il 10 febbraio 2015, cioè entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge), per l'adozione di disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i princìpi e criteri direttivi dettati dalle lettere da a) a d-ter) del comma 1 del medesimo articolo, di seguito elencati:

a) coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

a-bis) integrazione dell'articolo 183, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedendo specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo;

b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c) proporzionalità della disciplina all'entità degli interventi da realizzare;

d) divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli previsti dall'ordinamento europeo ed, in particolare, dalla direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008 (cd. divieto di gold plating);

d-bis) razionalizzazione e semplificazione del riutilizzo nello stesso sito di terre e rocce da scavo provenienti da cantieri di piccole dimensioni, come definiti dall'articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture, con esclusione di quelle provenienti da siti contaminati ai sensi del titolo V della parte quarta del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni;

d-ter) garanzia di livelli di tutela ambientale e sanitaria almeno pari a quelli attualmente vigenti e comunque coerenti con la normativa europea.

 

Il comma 1-bis del medesimo articolo ha previsto la sottoposizione della proposta di regolamentazione ad una fase di consultazione pubblica e la successiva pubblicazione, da parte del Ministero dell'ambiente, delle eventuali controdeduzioni alle osservazioni pervenute. Gli esiti della consultazione pubblica sono riportati nell’analisi di impatto della regolamentazione.

 

 

 

 


Finalità (art. 1)

Ai sensi dell’articolo 1, il presente regolamento, in attuazione dei principi e delle disposizioni della direttiva 2008/98/CE (c.d. direttiva rifiuti), è volto a riordinare, razionalizzare e semplificare la disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo, assicurando adeguati livelli di tutela ambientale e sanitaria e garantendo controlli efficaci.

Oggetto e ambito di applicazione (art. 1, comma 1, e art. 3)

L’articolo 1, comma 1, precisa che il riordino e la semplificazione della disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo viene operata con particolare riferimento:

§  alla gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti, ai sensi dell'articolo 184-bis, del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), provenienti sia da cantieri di piccole dimensioni che da quelli di grandi dimensioni (assoggettati o meno a valutazione di impatto ambientale, VIA, o ad autorizzazione integrata ambientale, AIA), compresi quelli finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture;

Al fine di una corretta delimitazione dell’ambito di applicazione, l’articolo 2 introduce le definizioni di «cantiere di piccole dimensioni», «cantiere di grandi dimensioni» e «cantiere di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA» (si rinvia in proposito al paragrafo “Definizioni”).

Le disposizioni relative ai grandi cantieri sottoposti a VIA/AIA sono contenute negli articoli 4-7 e 9-18 dello schema in esame. Tali disposizioni sostituiscono quelle dettate dal D.M. 161/2012, nonché dal comma 2-bis dell’art. 184-bis del D.Lgs. 152/2006 (introdotto nel testo del Codice dall’art. 41, comma 2, del D.L. 69/2013). Tali norme vengono pertanto abrogate dall’art. 31 del presente schema.

Le norme relative ai grandi cantieri non assoggettati a VIA/AIA sono invece contenute negli artt. 4-7 (che contengono disposizioni comuni a tutte le tipologie di cantieri e quindi si applicano anche ai cantieri in questione) e nell’art. 22.

Le disposizioni relative ai piccoli cantieri sono invece contenute, oltre che in quelle comuni di cui agli artt. 4-7, negli articoli 20-21.

Le citate disposizioni relative ai grandi cantieri non assoggettati a VIA/AIA e ai piccoli cantieri sostituiscono quelle dettate dall’art. 41-bis del D.L. 69/2013 e dall’art. 266, comma 7, del D.Lgs. 152/2006. Tali norme vengono pertanto abrogate dall’art. 31 del presente schema.

Nel grafico seguente, le disposizioni in questione sono ricomprese nella tipologia A). Nel medesimo grafico, le norme abrogate vengono presentate su sfondo grigio.

§  alla disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti;

Tali disposizioni costituiscono una disciplina speciale, integrativa di quella dettata in via generale dall’art. 183, comma 1, lettera bb), del Codice dell’ambiente.

§  alla gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica.

Disposizioni relative alle terre e rocce da scavo prodotte in un sito oggetto di bonifica, e qualificate come sottoprodotti, sono contenute negli articoli 12 (relativamente ai cantieri assoggettati a VIA/AIA) e nell’art. 20, comma 3 (per i grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA e per i piccoli cantieri) dello schema in esame. Gli articoli 25 e 26 invece disciplinano l’utilizzo, all'interno di un sito oggetto di bonifica, delle terre e delle rocce prodotte dagli scavi.

Nel grafico seguente, le disposizioni relative ai siti oggetto di bonifica sono indicate con lo sfondo celeste.

 

Benché l’articolo 1 non ne faccia menzione, il presente regolamento contiene anche disposizioni atte a disciplinare l’utilizzo, nel sito di produzione, delle terre e delle rocce da scavo escluse dalla disciplina sui rifiuti ai sensi dell’articolo 185, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 152/2006, con particolare riferimento alle opere sottoposte a VIA (v. parte B) del grafico seguente).

Tale lettera c) esclude dal campo di applicazione della disciplina relativa alla gestione dei rifiuti, contenuta nella parte quarta del D.Lgs. 152/2006, “il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato”.

 

Occorre inoltre segnalare che l’articolo 3 contempla alcune esclusioni dall’ambito di applicazione dello schema in esame.

In base a tale articolo, infatti, il presente regolamento non si applica:

§  alle ipotesi disciplinate dall'articolo 109 del D.Lgs. 152/2006 (vale a dire: materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi; inerti, materiali geologici inorganici e manufatti; materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri; fondali marini movimentati durante l'attività di posa in mare di cavi e condotte);

§  ai rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti (la cui gestione è disciplinata dalla normativa sui rifiuti contenuta nella parte IV del D.Lgs. 152/2006).

 

La relazione illustrativa ricorda che sono altresì estranei alla disciplina dettata dal presente decreto le attività di dragaggio, essendo già disciplinate dall’art. 5-bis della legge 84/1994.

Tale disciplina è stata modificata e integrata, nel corso dell’attuale legislatura, dall'art. 22, comma 1, del D.L. 69/2013 e dall'art. 78 del c.d. collegato ambientale (L. 221/2015).


A)  Gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come “sottoprodotti”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


B)  Utilizzo “in situ” delle terre e rocce prodotte dagli scavi

 

 


 


Definizioni (art. 2)

L’articolo 2 dello schema in esame contiene le definizioni applicabili ai fini del regolamento. L'articolo riprende tutte le definizioni già presenti nel D.M. 161/2012, modificandole, in alcuni casi, e aggiungendone delle nuove in considerazione della portata più ampia del regolamento, rispetto a quella del D.M. n. 161.

Nel seguito l’analisi viene limitata alle differenze principali con la normativa vigente. Per una disamina complessiva delle differenze dello schema in esame rispetto al D.M. n. 161 è possibile consultare il testo a fronte allegato al presente dossier.

Terre e rocce da scavo (lett. b) del comma 1)

La nuova definizione di “terre e rocce da scavo” si differenzia dalla corrispondente definizione di “materiali da scavo” contenuta nel D.M. 161/2012, per una serie di aspetti.

Una prima rilevante differenza risiede nell’esclusione, dalla portata della definizione, dei materiali litoidi in genere e comunque di tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini.

Secondo le considerazioni del Ministero dell’ambiente riportate a pag. 8 dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), i materiali provenienti da escavazioni in alvei, corpi idrici superficiali, reticolo idrico scolante, zone golenali, corsi d'acqua, spiaggia, fondali lacustri, sono differenti dal suolo e dal sottosuolo e richiedono modalità di caratterizzazione specifiche diverse. Per questo motivo la relazione illustrativa sottolinea che lo schema in esame non si occupa dei materiali dragati, la cui attività di gestione sarà disciplinata da due schemi di decreto “il cui iter di formazione è in fase avanzata di elaborazione”, predisposti in attuazione dell'articolo 109 del D.Lgs. 152/2006 (relativo all’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e alla movimentazione di fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte) e dell’art. 5-bis della legge 84/1994 (relativo alle attività di dragaggio interne ai siti di interesse nazionale).

Tale posizione non è condivisa dalla Conferenza Stato-Regioni, secondo cui i riferimenti normativi citati riguardano solo una parte dei materiali litoidi escavati, escludendo importanti fattispecie, quali ad esempio il materiale che viene rimosso dagli alvei dei corpi idrici superficiali interni (art. 114 del D.Lgs. 152/2006 e D.M. 30/06/2004; art. 39, comma 13, del D.Lgs. 205/2010) e il cui riutilizzo ad oggi è disciplinato dalle norme sui materiali da scavo. Di conseguenza, secondo le Regioni, l’eliminazione di chiari indirizzi per la derubricazione a sottoprodotti, rischia di limitare o inibire il riutilizzo di questi materiali.

 

Si ricorda inoltre che, per effetto delle disposizioni dell’articolo 28 della medesima legge L. 221/2015 (c.d. collegato ambientale), dalla definizione in questione di terre e rocce da scavo è stato eliminato il riferimento ai residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un'opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o policrilamide).

Occorre inoltre ricordare che l’articolo 53 della medesima legge stabilisce che i materiali litoidi prodotti come obiettivo primario e come sottoprodotto dell'attività di estrazione effettuata in base a concessioni e pagamento di canoni sono assoggettati alla normativa sulle attività estrattive.

 

Un secondo aspetto rilevante è l’introduzione, nell’ambito della definizione in questione, di disposizioni atte a disciplinare il contenuto di amianto. La lettera b) in esame prevede infatti che le terre e rocce da scavo possano contenere amianto nel limite massimo di 100 mg/kg, corrispondente al limite di rilevabilità analitico, nonché l’esclusione del parametro “amianto” dall'applicazione del test di cessione.

Il Consiglio di Stato, nel parere allegato allo schema in esame, ricorda che la «relazione ministeriale precisa che con tale intervento "è stato sostituito" il divieto della presenza di amianto nelle terre e rocce da scavo; che detto limite corrisponde alla quantità di amianto "verificabile con l'applicazione delle migliori metodiche disponibili" e che il succitato valore "è stato indicato dall’Istituto superiore di sanità in uno specifico parere trasmesso dal Ministero della salute ... e si basa sull’esperienza operativa di alcune Arpa". In proposito la Sezione deve rilevare che quanto comunicato dall'Amministrazione riferente non risulta documentato da alcun atto depositato presso la Segreteria della Sezione da cui possano evincersi i necessari elementi istruttori utilizzati dall'Amministrazione stessa per raggiungere le succitate conclusioni e, conseguentemente, che la scelta di superare il divieto della presenza di amianto non risulta adeguatamente motivata nella relazione ministeriale, che peraltro si è limitata a sostenere che tale modifica si è resa necessaria anche perché "la formulazione pregressa, consistente nel divieto assoluto, non era verificabile in concreto". Ne consegue che la Sezione non può in alcun modo condividere la scelta normativa operata dall'Amministrazione che - in assenza di motivazioni puntualmente e accuratamente documentate richieste dalla rilevanza della problematica in esame - va espunta dal testo del regolamento in esame».

Relativamente al limite massimo di 100 mg/kg, corrispondente al limite di rilevabilità analitico, si segnala che nella tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V, della parte quarta del d.lgs. 152, relativa alla concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare, è riportato un valore per l’amianto di 1000 mg/ kg che, secondo quanto rilevato in nota, “corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica (diffrattometria a raggi X oppure I.R. - Trasformata di Fourier)”.

 

Un’ultima modifica riguarda i limiti delle concentrazioni di inquinanti. Come il testo vigente, anche il testo dello schema in esame prevede che le terre e rocce da scavo possano contenere alcuni materiali estranei, quali calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato. Ma mentre il testo vigente pone come condizione che la composizione media dell'intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal D.M. 161, il testo dello schema in esame pone come condizione il rispetto dei limiti di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell'Allegato 5 alla Parte IV, Titolo 5, del D.Lgs. 152/2006, per la specifica destinazione d'uso, o dei limiti di riferimento indicati dall’Istituto Superiore di Sanità.

Si fa notare che tali diverse condizioni non erano presenti nel testo sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni.

Materiali di riporto e inerti di origine antropica (lett. c)-e) del comma 1)

La definizione di “matrice materiale di riporto”, di cui alla lettera c) del comma 1, riprende sostanzialmente quella di “riporto” dettata dal D.M. 161/2012, inglobandovi anche le disposizioni contenute nel testo vigente dell’allegato 9 al medesimo decreto.

In particolare viene portata all’interno dell’articolato la norma in base alla quale i materiali di origine antropica rinvenibili nella matrice di riporto, frammisti al suolo e sottosuolo, non possono superare la quantità massima del 20%. Rispetto al testo vigente viene precisato che tale percentuale deve essere calcolata sul peso. Viene inoltre inserito, in accoglimento di una specifica richiesta della Conferenza delle Regioni, un nuovo allegato 9, a cui la lettera c) in esame rinvia, che disciplina le modalità di calcolo della soglia percentuale citata.

Si fa notare che la nuova definizione di “matrice materiale di riporto” sostituisce anche quella dettata dal comma 1 dell’art. 3 del D.L. 2/2012, come modificato dalla lettera a) del comma 3 dell’art. 41 del D.L. 69/2013. Le citate disposizioni vengono pertanto abrogate dall’art. 31, comma 2, lettere b) e c), del presente schema.

 

Come la definizione precedente, anche la definizione di “materiale inerte di origine antropica”, di cui alla lettera e), è ottenuta dall’aggiunta delle norme dell’allegato 9 alla definizione vigente.

 

Non trova invece corrispondenze nel testo del D.M. 161/2012 la nuova definizione di “materiale di riporto conforme”, che fa riferimento alle matrici materiali di riporto che, all'esito del test di cessione effettuato secondo le metodiche di cui al D.M. Ambiente 5 febbraio 1998 (recante l’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero), non costituiscono fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee. La lettera d) del comma 1 precisa che tale condizione è rispettata quando l'eluato del test di cessione[2] garantisce, per i parametri pertinenti alle matrici materiali di riporto, ad esclusione del parametro amianto, il rispetto delle CSC (concentrazioni soglie di contaminazione) delle acque sotterranee, di cui all'Allegato 5, Tabella 2 della Parte IV, Titolo 5, del D.Lgs. 152/2006 o, comunque, il rispetto dei valori di fondo naturale stabiliti per il sito e approvati dagli enti di controllo.

Si fa notare che tale definizione detta disposizioni aventi finalità analoga a quella del comma 2 dell’art. 2 del D.L. 2/2012. Tale comma infatti condiziona l'assimilazione delle "matrici materiali di riporto” al "suolo” al rispetto di specifici requisiti tecnici che hanno la funzione di “escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee”.

Riguardo al riferimento all’eluato e alla sua confrontabilità con le citate CSC, in riscontro al parere delle Regioni, il Ministero dell'ambiente sottolinea (pag. 7 del parere della Conferenza unificata) che la definizione di “matrice materiale di riporto” comprende un’ampia gamma di materiali di origine antropica miscelati al terreno e che “tali materiali, per le stesse modalità con le quali sono stati conferiti, non sono univocamente identificabili da un codice CER che ne identifichi con precisione l'origine e le modalità di recupero ai sensi del D.M. 5 febbraio 1998. Pertanto, sia per i parametri da ricercare che per i limiti con i quali confrontare l'eluato occorre fare riferimento a un criterio di ragionevole conservatività e, più precisamente, alla necessità di non compromettere, con l'apporto di tali materiali, un eventuale utilizzo idropotabile della risorsa. E' per questo che si chiede di confrontare l’eluato con la Tabella 2 dell’allegato 5 alla Parte IV, Titolo V, del D.Lgs. 152/2006 (acque sotterranee)”.

Sulle modalità di applicazione del test di cessione si è anche soffermata la nota interpretativa del Ministero dell'ambiente prot. n. 0013338/TRI del 14 maggio 2014.

Piano di utilizzo e dichiarazione di avvenuto utilizzo (lettere i) ed l) del comma 1)

Lo schema in esame contiene la definizione di «piano di utilizzo» e di «dichiarazione di avvenuto utilizzo», che tuttavia non apportano sostanziali modifiche a quanto previsto dal D.M. 161/2012 (rispettivamente dall’art. 1, comma 1, lettera h), e dall’art. 12, comma 1).

Con il “piano di utilizzo” si attesta il rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dall'articolo 184-bis del D.Lgs. 152/2006 e dall'articolo 4 del presente regolamento, ai fini dell'utilizzo come sottoprodotti delle terre e rocce da scavo generate in cantieri di grandi dimensioni.

Con la “dichiarazione di avvenuto utilizzo” si attesta l'avvenuto utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione di utilizzo (che sostituisce il citato piano nei cantieri di piccole dimensioni e nei cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, v. infra).

Per entrambi i documenti viene stabilito che essi siano dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà ai sensi dell'articolo 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Normale pratica industriale (lett. r) del comma 1)

Per definire le operazioni che costituiscono un trattamento di normale pratica industriale, la lettera r) del comma 1 rinvia all’elenco esemplificativo contenuto nell'allegato 3.

L’analisi del testo a fronte (allegato al presente dossier) evidenzia che l’unica modifica sostanziale risiede nella scomparsa, nel nuovo testo dell’allegato 3, dell’operazione di “stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma idoneamente sperimentata per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie per il loro utilizzo, anche in termini di umidità, concordando preventivamente le modalità di utilizzo con l'ARPA o APPA competente in fase di redazione del piano di utilizzo”.

Tale modifica è stata operata, come si legge a pag. 5 dell’analisi tecnico-normativa, al fine di recepire le richieste formali presentate dalla Commissione europea nell’ambito della procedura Eu-Pilot n.554/13/ENVI, avviata nei confronti dell'Italia con riferimento al D.M. 161/2012. Secondo quanto riportato nella citata analisi, la Commissione UE avrebbe infatti giudicato l’operazione in questione come un’operazione di trattamento dei rifiuti estranea alla normale pratica industriale.

Il Consiglio di Stato sottolinea che le disposizioni dell’allegato 3 allo schema in esame, in ragione del loro contenuto dispositivo, potrebbero “trovare collocazione più idonea nel testo del regolamento e precisamente nell'articolo 2, lettera r)”. Lo stesso Consiglio censura la parte della disposizione che elenca le operazioni di normale pratica industriale solo in maniera esemplificativa, auspicando una riformulazione circostanziata in maniera più puntuale.

Tipologie di cantieri

Lo schema in esame introduce le seguenti tre nuove definizioni, atte a precisare le diverse tipologie di cantieri rientranti nel campo di applicazione del decreto, a cui si applicano le disposizioni comuni contenute negli artt. 4-7, nonché quelle per specifica tipologia di cantiere previste negli articoli successivi:

§  «cantiere di piccole dimensioni»: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità non superiore a 6.000 metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, comprese quelle prodotte nel corso di attività o opere soggette a VIA o AIA (lettera z) del comma 1);

§  «cantiere di grandi dimensioni»: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6.000 metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività di opere soggette a VIA/AIA (lettera aa) del comma 1);

§  «cantiere di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA»: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6.000 metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività di opere non soggette a VIA/AIA (lettera bb) del comma 1);

 

Tali disposizioni confermano il criterio dei 6.000 metri cubi già utilizzato dalla normativa attualmente vigente (v. art. 266, comma 7, del D.Lgs. 152/2006).

Criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti (art. 4)

L’articolo 4 stabilisce i requisiti generali che le terre e rocce da scavo devono soddisfare per essere qualificate come sottoprodotti ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera qq), del D.Lgs. 152/2006.

Tale lettera qq) definisce «sottoprodotto» qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2.

L’art. 184-bis, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, dispone, in recepimento delle norme europee contenute nell’art. 5 della direttiva 2008/98/CE, che deve essere considerato un sottoprodotto, e non un rifiuto, qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a)  la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b)  è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c)  la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d)  l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Il successivo comma 2 consente l’adozione di decreti ministeriali finalizzati ad adottare, sulla base delle condizioni previste al comma 1, misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.

 

L’articolo 4 elenca le seguenti condizioni cumulative (che sono in linea con quelle previste in via generale dall’art. 184-bis, comma 1, del D.Lgs. 152/2006), che tuttavia (come appare evidente da un’attenta analisi del testo a fronte allegato al presente dossier) non presentano rilevanti differenze sostanziali rispetto a quelle contemplate dalle corrispondenti disposizioni vigenti (art. 4 del D.M. 161/2012):

a) sono generate durante la realizzazione di un'opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;

b) il loro utilizzo è conforme alle disposizioni del piano di utilizzo di cui all'articolo 9 o della dichiarazione di cui all'articolo 21, e si realizza:

1) nel corso dell'esecuzione della stessa opera nel quale è stato generato o di un'opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali, oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;

In tale disposizione si rilevano alcune differenze degne di nota rispetto al testo vigente. Una prima differenza risiede nell’eliminazione, nel testo in esame, del riferimento a “ripascimenti, interventi a mare”, che sembra da attribuire alla separazione di discipline di cui si è detto in precedenza, in virtù della quale la gestione delle attività a mare viene demandata alla nuova disciplina attuativa dell’art. 109 del cd. Codice dell’ambiente e a quella relativa ai dragaggi.

Un’ulteriore differenza consiste nell’aggiunta di un riferimento ai “recuperi ambientali”. L’inclusione di tale tipo di utilizzo tra quelli consentiti è stata operata in accoglimento di una specifica richiesta in tal senso avanzata dalla Conferenza delle Regioni.

2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;

c) sono idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

Con riferimento alla normale pratica industriale, il comma 3 dell'articolo in esame reca una disposizione che riproduce sostanzialmente quanto già contenuto nella definizione di «normale pratica industriale» (lettera r) del comma 1 dell’art. 2), che fa rinvio alle operazioni definite ed elencate a titolo esemplificativo nell'allegato 3.

d) soddisfano i requisiti di qualità ambientale espressamente previsti dal presente regolamento, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla lettera b).

 

Il comma 5 prevede, in linea con il testo vigente, che la sussistenza delle succitate condizioni sia attestata dal proponente tramite la predisposizione e la trasmissione:

§  del piano di utilizzo (disciplinato dall’art. 9) o della dichiarazione di utilizzo (prevista, in alternativa al piano, per i cantieri di piccole dimensioni e per quelli non sottoposti a VIA-AIA, dall’art. 21, v. infra);

§  nonché della dichiarazione di avvenuto utilizzo in conformità alle previsioni del presente regolamento.

Deposito intermedio e trasporto delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (artt. 5 e 6)

Gli articoli 5 e 6 recano disposizioni applicabili a tutte e tre le tipologie di cantieri che producono terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (piccoli cantieri, grandi cantieri sottoposti o meno a VIA/AIA).

L’articolo 5 chiarisce che il deposito (delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti) prima dell'utilizzo può essere effettuato anche in un luogo diverso dal sito di produzione e dal sito di destinazione, purché siano rispettati i requisiti indicati nel comma 1.

Tali requisiti sono sostanzialmente identici a quelli previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 10 del D.M. 161/2012. In aggiunta ad essi, nel comma 1 dell'articolo in esame è previsto che il sito in cui avverrà il deposito intermedio rientri nella medesima classe di destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione, ai sensi della tabella 1 dell'allegato 5 alla Parte IV, Titolo V, del D.Lgs. 152/2006.

Tale ultimo requisito, introdotto in recepimento di una specifica richiesta della Conferenza delle Regioni, rappresenta (secondo la relazione illustrativa) l'esplicitazione di una condizione già implicita nella normativa vigente, che risponde all'esigenza di evitare che il deposito intermedio possa essere impropriamente veicolo del trasferimento di contaminanti dal sito di produzione a quello del deposito intermedio.

L'articolo 6 definisce gli adempimenti previsti per il trasporto fuori dal sito di produzione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti.

Per le terre e rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni l'articolo riprende grosso modo la medesima disciplina dettata dall’art. 11 del D.M. 161/2012.

Piano e dichiarazione di utilizzo necessari per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti e relativa efficacia (artt. 9, 14-17 e 21)

Cantieri di grandi dimensioni sottoposti a VIA/AIA

Con il “piano di utilizzo”, secondo quanto precisato dalla definizione recata dalla lettera i) del comma 1 dell’art. 2 dello schema in esame, si attesta il rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dall'articolo 184-bis del D.Lgs. 152/2006 e dall'articolo 4 del presente regolamento, ai fini dell'utilizzo come sottoprodotti delle terre e rocce da scavo generate in cantieri di grandi dimensioni sottoposti a VIA/AIA.

Confermando le disposizioni vigenti, i commi 1 e 2 dell’articolo 9 stabiliscono che il piano è redatto in conformità alle norme dettate dall’allegato 5 e include un’autodichiarazione che attesta la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2. Rispetto al testo vigente viene precisato, in aggiunta, che l’attestazione dovrà riguardare anche la conformità a quanto previsto nell'allegato 3 con riferimento alla normale pratica industriale.

La principale novità apportata dall’articolo 9 rispetto alle disposizioni sul piano di utilizzo contenute nell’art. 5 del D.M. 161/2012 risiede nella semplificazione delle modalità di presentazione. La nuova procedura opera infatti con meccanismi analoghi a quelli della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA): diversamente da quanto previsto dal D.M. 161/2012, la gestione e l'utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti non è più subordinata alla preventiva approvazione del piano da parte dell'autorità competente (prevista dall’art. 5, comma 3, primo periodo), ma (ai sensi del comma 4) può essere intrapresa decorsi 90 giorni dalla presentazione del piano (ovvero dall’eventuale integrazione dello stesso richiesta dall’autorità competente) a condizione che siano rispettati i requisiti indicati nell'articolo 4, comma 2.

Con riferimento a tali requisiti, il Consiglio di Stato fa osservare che essi “risultano conformi a quelli attualmente previsti dall'art. 184-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006 e, quindi, in linea con i livelli di tutela ambientale attualmente disciplinati dalla legislazione nazionale”.

 

I commi 5 e 6 dell’art. 9 in esame introducono invece disposizioni atte a garantire il controllo (seppure ex-post), da parte dell’autorità competente, della sussistenza dei citati requisiti. Il comma 6 dispone, inoltre, che qualora l'autorità competente accerti la mancata sussistenza dei requisiti in questione, essa dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio o di prosecuzione delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

La relazione illustrativa sottolinea che le citate nuove disposizioni consentono di superare le censure mosse dalla Commissione UE, nell’ambito della procedura EU pilot n. 5554/13/ENVI, e relative all’attuale previsione (contenuta nell’art. 5 del D.M. 161/2012) del meccanismo di silenzio-assenso.

 

Ulteriori innovazioni sono previste nei commi 7 e 8 dell'articolo in esame.

Il comma 7, fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, prevede che le Agenzie regionali o provinciali di protezione ambientale (ARPA/APPA) effettuino, secondo una programmazione annuale, le ispezioni, i controlli, i prelievi e le verifiche necessarie ad accertare il rispetto degli obblighi assunti nel piano di utilizzo.

In base al comma 8, invece, il proponente, nella fase di predisposizione del piano di utilizzo, può chiedere all'ARPA/APPA la validazione preliminare del piano di utilizzo. In tal caso il termine di 90 giorni, decorrenti dalla presentazione del piano, per poter iniziare le attività di gestione, è dimezzato.

La relazione illustrativa, nel commentare tali disposizioni, evidenzia che le stesse, rafforzando il sistema dei controlli, bilanciano l’assenza di una disposizione che imponga in ogni caso l’approvazione preventiva del piano di utilizzo. In tal modo lo schema in esame non comporta una riduzione delle garanzie poste a tutela dell'ambiente e della salute umana.

In proposito il Consiglio di Stato evidenzia “che - in relazione alla delicatezza della materia in esame soprattutto per ciò che concerne il labile confine sussistente fra rifiuti e sottoprodotti – sarebbe necessario integrare il regime dei controlli previsto dalla norma de qua con un sistema di controlli randomizzati al fine di rendere l'intervento statale più efficace e penetrante in un settore che presenta anche rilevanti riflessi d'ordine penale”.

Grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA e piccoli cantieri

Per i grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA, nonché per i piccoli cantieri, in luogo del piano di utilizzo, l’articolo 21 prevede, ai commi 1 e 2, la presentazione di una autodichiarazione circa la sussistenza dei succitati requisiti previsti dall'art. 4, comma 2, che deve essere trasmessa, anche solo in via telematica, almeno 15 giorni prima dell'inizio dei lavori di scavo, al Comune del luogo di produzione e all'ARPA/APPA territorialmente competente.

I commi 6 e 7 ricalcano le norme, rispettivamente, dei commi 7 e 6 dell’articolo 9, sulla programmazione annuale dei controlli e sul provvedimento motivato di diniego in caso di accertata assenza dei requisiti.

Diversamente dal comma 5 dell’art. 9, secondo cui la sussistenza dei requisiti in questione è verificata dall'autorità competente “sulla base del piano di utilizzo”, il comma 5 dell'articolo in esame stabilisce che le attività di scavo e di utilizzo sono autorizzate “in conformità alla vigente disciplina urbanistica e di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.

Efficacia del piano di utilizzo e della dichiarazione di utilizzo

L’articolo 21 prevede, per la dichiarazione di utilizzo, un termine generalmente inferiore ad un anno.

Il comma 1 di tale articolo dispone infatti che i tempi previsti per l'utilizzo non possono superare un anno dalla data di produzione delle terre e rocce da scavo, salvo il caso in cui l'opera in cui sono utilizzate le terre e rocce preveda un termine di esecuzione superiore.

Il successivo comma 4 prevede che il citato termine sia eventualmente prorogabile, ma solo una sola volta, per la durata massima di 6 mesi e in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate.

La disciplina dei termini di validità del piano di utilizzo non è contenuta nell’articolo 9 che disciplina i contenuti del piano stesso, bensì in uno specifico articolo dedicato. L’articolo 14, in linea con il testo vigente del D.M. 161/2012, stabilisce che la durata del piano di utilizzo è indicata nel piano stesso e che, salvo deroghe espressamente motivate dall'autorità competente in ragione delle opere da realizzare, l'inizio dei lavori avviene entro 2 anni dalla presentazione del piano stesso.

Il successivo articolo 16, che non trova corrispondenza nel testo vigente del D.M. 161/2012, dispone che i citati termini di durata e di inizio dei lavori sono prorogabili una sola volta e per la durata massima di due anni in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate.

Tale ultimo limite di 2 anni era inizialmente pari ad un anno, ma è stato così elevato in recepimento dei rilievi avanzati dalla Conferenza delle regioni sull’esiguità del termine stesso.

L’articolo 14 elenca (riproducendo nella sostanza le norme dei commi 7, 8 e 9 dell’art. 5 del D.M. 161/2012) i seguenti motivi che determinano la cessazione dell’efficacia del piano di utilizzo e, quindi, il venir meno della qualifica di sottoprodotto delle terre e rocce da scavo ed il conseguente obbligo di gestire le stesse come rifiuti:

§  scadenza dei termini di durata o inizio lavori;

§  violazione degli obblighi assunti nel piano di utilizzo;

§  mancato rispetto dei requisiti previsti dall’art. 4, comma 2.

 

L’articolo 15 disciplina la procedura di aggiornamento del piano di utilizzo in caso di modifiche sostanziali.

Rispetto al testo vigente, che prevede per l’aggiornamento del piano la stessa procedura di approvazione del piano iniziale, i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 15 dispongono che, decorsi 60 giorni dalla trasmissione del piano di utilizzo aggiornato, senza che sia intervenuta richiesta di integrazione documentale da parte dell'autorità competente, le terre e rocce da scavo eccedenti il volume del piano originario possono essere utilizzate e gestite in modo conforme al piano aggiornato.

Un’ulteriore modifica rispetto al testo vigente è l’aggiunta della disposizione contenuta nel comma 6 e che consente (fatte salve eventuali circostanze sopravvenute impreviste, imprevedibili e motivate) un massimo di 2 aggiornamenti dovuti alla destinazione delle terre e rocce da scavo ad un sito o ad un utilizzo diversi.

La relazione illustrativa sottolinea che tale limitazione «ha lo scopo di garantire l'effettivo rispetto del requisito della "certezza dell'utilizzo" e di evitare che il ricorso alla disciplina dei sottoprodotti possa generare elusioni fraudolente dal regime dei rifiuti per quei terreni la cui destinazione di utilizzo non sia certa”.

L’articolo 16, comma 2, prevede che, nel caso di aggiornamento o proroga del piano di utilizzo, l’autorità competente, qualora accerti la mancata sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 2, dispone con provvedimento motivato il divieto di gestire le terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

 

L’articolo 17 prevede l’obbligo di comunicazione alle autorità competenti del nominativo dell’esecutore del piano di utilizzo e disciplina gli obblighi in capo al medesimo, in linea con quanto previsto dalla normativa vigente.

L’unica differenza si riscontra relativamente all’obbligo, in capo al proponente, di comunicare all'autorità competente, prima dell'inizio dei lavori, i riferimenti dell’esecutore. Rispetto al testo vigente viene infatti stabilito che tale comunicazione debba avvenire in via telematica e debba essere inoltrata non solo all’autorità competente ma anche all'ARPA/APPA.

Dichiarazione di avvenuto utilizzo necessaria per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti (art. 7)

L'articolo 7, che reca disposizioni applicabili a tutte e tre le tipologie di cantieri che producono terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (piccoli cantieri, grandi cantieri sottoposti o meno a VIA/AIA), stabilisce i contenuti, i destinatari e gli effetti della dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU).

I contenuti principali delle disposizioni in esame ricalcano, nella sostanza, quanto previsto dall’art. 12 del D.M. 161/2012 (in particolare riguardo ai termini di trasmissione, agli obblighi di conservazione e alla conformità al modulo di cui all’allegato 7), ad eccezione di quanto previsto dal comma 2, che introduce disposizioni atte a precisare che la DAU è resa dall'esecutore o dal produttore con la trasmissione, anche solo in via telematica. Lo stesso comma inoltre aggiunge l’obbligo di trasmettere la DAU non solo all'autorità competente (come prevede il vigente D.M. 161/2012) ma anche all'ARPA/APPA competenti per il sito di utilizzo, al Comune del sito di produzione e al Comune del sito di utilizzo.

Il comma 3, in linea con il testo vigente, dispone che la DAU deve essere resa entro il termine di validità del piano di utilizzo o della dichiarazione di utilizzo (previsti dall’art. 9 e dall’art. 21).

Le procedure da seguire per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti (artt. 4-12, 20-22)

Per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti, lo schema in esame, in linea con quanto già previsto dalle norme vigenti, prevede due distinte procedure, di cui nel seguito si illustrano le varie fasi che le compongono.

1) Grandi cantieri sottoposti a VIA/AIA

Fase 1 standard – caratterizzazione e verifica delle CSC

L’articolo 8 prevede, quale fase propedeutica all'inizio dello scavo, la caratterizzazione ambientale effettuata in conformità agli allegati 1 e 2, al fine di verificare il rispetto dei requisiti di qualità ambientale previsti dall'allegato 4 per le modalità di utilizzo specifico.

L’allegato 4 disciplina le procedure di caratterizzazione ambientale delle terre e rocce da scavo incluso - in caso di riporti - il materiale di origine antropica fino alla percentuale massima del 20% in peso calcolata secondo le modalità indicate nell’allegato 9.

Gli allegati 1 e 2 sembrano contenere disposizioni di contenuto sostanzialmente identico a quelle dei corrispondenti allegati del D.M. 161/2012.

L’unica differenza degna di rilievo sembra essere la scomparsa, per le ragioni già indicate, delle disposizioni relative ai sedimenti marini contenute nella parte finale dell’allegato 2.

Tale corrispondenza è meno netta per quanto riguarda l’allegato 4, che conferma comunque, grosso modo, la struttura e le disposizioni principali del corrispondente allegato al D.M. 161/2012. In particolare è identico l’insieme delle c.d. sostanze indicatrici considerate. Nello schema in esame viene però aggiunta una nota con riferimento all’amianto, che chiarisce che il “limite corrisponde all'amianto totale presente. Valore pari al limite di rilevabilità raggiungibile con l'applicazione delle migliori metodiche disponibili. Le analisi sono condotte sulla frazione passante i 2 cm; per la frazione superiore ai 2 cm, ove si individuino visivamente frammenti di RCA (Rifiuti Contenti Amianto) essi sono eliminati come rifiuti pericolosi”.

 

Gli articoli 10 e 11 disciplinano la verifica del rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla Parte IV del D.Lgs. 152/2006 (d’ora in avanti indicate come CSCtab1-AB).

L'articolo 10 disciplina l'utilizzo delle terre e rocce da scavo che presentano, a valle della caratterizzazione analitica, valori limite di concentrazione per i parametri di cui all'allegato 4 non superiori alle CSCtab1-AB, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e del sito di destinazione indicati nel piano di utilizzo.

Per verificare la sussistenza dei requisiti l'autorità competente, entro 30 giorni dalla presentazione del piano di utilizzo (o dell'eventuale integrazione dello stesso) può chiedere all'ARPA/APPA territorialmente competente, di effettuare le dovute verifiche, con imposizione dei relativi oneri a carico del proponente.

L’articolo 11 disciplina l'utilizzo delle terre e rocce da scavo che presentano, a valle della caratterizzazione analitica, valori limite di concentrazione per i parametri di cui all'allegato 4 superiori alle CSCtab1-AB, dovuti ai valori di fondo riscontrabili nel sito di produzione.

A tal fine è prevista la presentazione all’ARPA/APPA di un piano di indagine. Sulla base delle risultanze di tale piano (nonché di altri dati disponibili per l'area oggetto di indagine), l'ARPA/APPA competente per territorio definisce i valori di fondo naturale sulla base dei quali il proponente predispone il piano di utilizzo.

Fase 1 alternativa – da seguire in caso di siti di scavo ricadenti in un sito oggetto di bonifica

L’articolo 12 disciplina il percorso alternativo da seguire per la fase di caratterizzazione e verifica, qualora il sito di produzione ricada in un sito oggetto di bonifica. In tal caso, sulla base dei risultati della caratterizzazione del sito inquinato (svolta ai sensi dell’art. 242 del D.Lgs. 152/2006), su richiesta e con oneri a carico del proponente, i requisiti di qualità ambientale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera d), riferiti sia al sito di produzione che al sito di destinazione, sono validati dall'ARPA/APPA competente per territorio. Entro 60 giorni dalla richiesta, l’ARPA/APPA comunica al proponente se i valori riscontrati, per i parametri pertinenti al procedimento di bonifica, non superano le CSCtab1-AB con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e di destinazione indicato nel piano di utilizzo. In tal caso è possibile passare alla fase successiva.

Si fa notare che le disposizioni che prescrivono la validazione dei requisiti e che prevedono che la qualità ambientale sia verificata non solo sul sito di produzione ma anche su quello di destinazione, sono state introdotte in accoglimento di specifiche richieste contenute nel parere della Conferenza delle Regioni. Anche la disposizione che circoscrive l’accertamento della contaminazione ai soli parametri oggetto di bonifica è la risultante dell’accoglimento del parere delle Regioni.

Fase 2 – presentazione del piano di utilizzo

Rinviando al paragrafo «Piano e dichiarazione di utilizzo necessari per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti e relativa efficacia (artt. 9, 14-17 e 21)» per una trattazione più esaustiva, in questa sede ci si limita a ricordare che il proponente presenta il piano di utilizzo, redatto in conformità alle norme dettate dall’allegato 5 e comprensivo di un’autodichiarazione che attesta la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, e la conformità a quanto previsto nell'allegato 3 con riferimento alla normale pratica industriale.

Confermando nella sostanza le disposizioni vigenti relative ai termini di presentazione del piano di utilizzo, l’art. 9 dispone che il piano é trasmesso dal proponente all'autorità competente (e, in aggiunta al testo vigente, anche all'ARPA/APPA) almeno 90 giorni prima dell'inizio dei lavori e, nel caso in cui l'opera sia sottoposta a VIA/AIA, prima della conclusione del procedimento.

Fase 3 – utilizzo delle terre e rocce scavate

In questa fase si applicano le procedure di campionamento in corso d'opera e per i controlli e le ispezioni disciplinate dall’allegato 8, nonché le norme dettate in materia di deposito intermedio e trasporto dagli articoli 5 e 6 e dall’allegato 6 che contiene il fac-simile del documento di trasporto (v. paragrafo “Deposito intermedio e trasporto delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (artt. 5 e 6)”).

Fase 4 – dichiarazione di avvenuto utilizzo

L'articolo 7 prevede che la dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU) sia resa, mediante trasmissione del modulo di cui all'allegato 7, entro il termine di validità del piano di utilizzo (per un’analisi dell’articolo si rinvia al paragrafo “Dichiarazione di avvenuto utilizzo necessaria per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti (art. 7)”).

2) Grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA e piccoli cantieri

Gli articoli 20 e 21, unitamente alle disposizioni comuni dettate dagli articoli 4-7, definiscono le procedure da seguire per l’utilizzo, nei piccoli cantieri, delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti. Le medesime procedure, in virtù dell’articolo 22 (che richiama l’applicazione degli articoli 20 e 21) si applicano anche ai grandi cantieri non sottoposti a VIA/AIA,

Fase 1 standard – verifica delle CSC

L’articolo 20, comma 1, prevede che il produttore, prima dell'inizio dello scavo, dimostri - qualora le terre e rocce siano destinate a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo - che non siano superati i valori delle CSCtab1-AB, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione, e che le terre e rocce da scavo non costituiscono fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale.

Se invece si verifica un superamento delle CSCtab1-AB, dovuto però a fenomeni di origine naturale, allora il comma 2 rinvia alle procedure definite (dall’art. 11) per i grandi cantieri sottoposti a VIA/AIA per la definizione dei valori di fondo naturale sulla base dei quali è possibile l'utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

Fase 1 alternativa – da seguire in caso di siti di scavo ricadenti in un sito oggetto di bonifica

Il comma 3 dell’articolo 20 rinvia alle disposizioni dettate (dall’art. 12) per i grandi cantieri sottoposti a VIA/AIA.

Fase 2 – presentazione della dichiarazione di utilizzo

Rinviando al paragrafo «Piano e dichiarazione di utilizzo necessari per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti e relativa efficacia (artt. 9, 14-17 e 21)» per una trattazione più esaustiva, in questa sede ci si limita a ricordare che per i piccoli cantieri, in luogo del piano di utilizzo, l’articolo 21 prevede, ai commi 1 e 2, la presentazione di una autodichiarazione circa la sussistenza dei succitati requisiti previsti dall'art. 4, comma 2, che deve essere trasmessa, anche solo in via telematica, almeno 15 giorni prima dell'inizio dei lavori di scavo, al Comune del luogo di produzione e all'ARPA/APPA territorialmente competente.

Fase 3 – utilizzo delle terre e rocce scavate

In questa fase si applicano le norme dettate in materia di deposito intermedio e trasporto dagli articoli 5 e 6 e dall’allegato 6 che contiene il fac-simile del documento di trasporto (v. paragrafo “Deposito intermedio e trasporto delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (artt. 5 e 6)”).

Fase 4 – dichiarazione di avvenuto utilizzo

L'articolo 7 prevede che la dichiarazione di avvenuto utilizzo (DAU) sia resa, mediante trasmissione del modulo di cui all'allegato 7, entro il termine di validità della dichiarazione di utilizzo (per un’analisi dell’articolo si rinvia al paragrafo “Dichiarazione di avvenuto utilizzo necessaria per l’avvio della gestione delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti (art. 7)”).

Controlli, tariffe e pubblicità (artt. 13, 18, 19, 27 e 28)

Controlli e ispezioni

L’articolo 13 consente al proponente, nei casi inerzia dell’ARPA/APPA, di affidare (con oneri a suo carico) ad altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, lo svolgimento dei controlli previsti nell’ambito della fase 1 della procedura di utilizzo (v. paragrafo “Le procedure da seguire per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti (artt. 4-12, 20-22)”.

Lo stesso articolo demanda ad un apposito decreto del Ministero dell'ambiente (che dovrà essere emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento) l’individuazione delle “amministrazioni e degli enti equipollenti” e delle tariffe che i proponenti devono corrispondere quali corrispettivi delle prestazioni richieste.

Si fa notare che, benché l’articolo 13 sia inserito all’interno del Capo Il – “Terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di grandi dimensioni”, esso fa riferimento non solo ai controlli previsti dagli articoli 10-12, ma anche all’art. 20, comma 3, e quindi anche ai controlli relativi alla fase 1 della procedura 2, riguardanti i cantieri non sottoposti a VIA/AIA e i piccoli cantieri. Andrebbe, pertanto, valutato se ricollocare tale articolo fuori dal citato Capo II.

 

L’articolo 28, fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, prevede che le autorità di controllo effettuino, mediante ispezioni, controlli e prelievi, le verifiche necessarie ad accertare il rispetto:

§  delle disposizioni del presente regolamento;

§  e, con riferimento alle disposizioni del Titolo Il – “Terre e rocce da scavo che soddisfano la definizione di sottoprodotto”, degli obblighi assunti nel piano di utilizzo o con la dichiarazione di utilizzo o nella DAU (dichiarazione di avvenuto utilizzo).

Tariffe

L’articolo 19 prevede la predisposizione, da parte dell’ISPRA, entro 3 mesi dalla pubblicazione del presente regolamento, di un tariffario nazionale da applicare al proponente per la copertura dei costi sopportati dalle ARPA/APPA per l'organizzazione e lo svolgimento dei controlli relativi alla “fase 1” e alla “fase 2”, nonché delle verifiche affidate alle medesime agenzie nell’ambito del procedimento, disciplinato dall’art. 16, di proroga del piano di utilizzo e degli accertamenti sul piano di utilizzo aggiornato o prorogato.

Tale tariffario, nei successivi 3 mesi, dovrà essere adottato con decreto del Ministro dell'ambiente.

Nelle more dell'adozione del tariffario nazionale, i costi sono definiti dai tariffari delle ARPA/APPA territorialmente competenti.

Nella relazione illustrativa viene sottolineato che lo schema in esame non ripropone, in ossequio al principio di divieto di gold plating, quanto previsto dall’art. 4, comma 3, del D.M. 161/2012 (che prevede la stipula di idonee garanzie finanziarie qualora l'opera di progettazione ed il relativo piano di utilizzo non vadano a buon fine) in quanto “tale garanzia non è prevista dalla corrispondente normativa europea e non risponde ad esigenze di tutela ambientale”.

 

L’articolo 27, comma 4, disciplina la destinazione dei proventi derivanti dalle tariffe corrisposte per le verifiche e i controlli previsti dallo schema in esame. Viene infatti previsto che gli stessi siano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente. Il Ministro dell'ambiente provvederà poi, con propri decreti, a trasferire ai soggetti competenti i proventi derivanti dalle tariffe per la copertura degli oneri derivanti dalle attività svolte.

 

Pubblicità e trasparenza

L’articolo 18, al fine di garantire pubblicità e trasparenza dei dati, prevede che ogni autorità competente provveda alla comunicazione all’ISPRA (nonché alla Regione o Provincia Autonoma ed all'ARPA/APPA) dei dati dei piani di utilizzo.

Lo stesso articolo prevede che l'ISPRA, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento, pubblica sul proprio sito web un disciplinare tecnico per definire gli standard delle informazioni e delle relative modalità di trasmissione.

 

Disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti (art. 23)

Il deposito temporaneo

L’articolo 23, comma 1, detta una disciplina per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate come rifiuti secondo i codici dell'Elenco europeo dei rifiuti 17.05.04 o 17.05.03.

L’Allegato D alla parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 contiene i codici CER dell'Elenco europeo dei rifiuti istituito dalla Decisione della Commissione 2000/532/CE; in particolare, il codice 17.05.03* riguarda le terre e le rocce che contengono sostanze pericolose mentre il codice 17 05 04 riguarda le terre e le rocce diverse da quelle del codice 17.05.03.

In attuazione di quanto prevede la lettera a-bis) del comma 1 dell’articolo 8 del D.L. 133/2014, ad integrazione del citato articolo 183, comma 1, lettera bb), l’articolo 23 prevede specifici criteri e limiti qualitativi e quantitativi per il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo.

Si prevede, infatti, che, per le terre e rocce da scavo rientranti nei citati codici, il deposito temporaneo, di cui all'articolo 183, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo n. 152 del 2006, si effettua attraverso il raggruppamento e il deposito preliminare alla raccolta realizzati presso il sito di produzione, prima della raccolta e ai fini del successivo trasporto agli impianti di recupero o di smaltimento, alle seguenti condizioni:

a)     il rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestite conformemente al regolamento (CE) 850/2004, nel caso in cui contengano inquinanti organici persistenti di cui al predetto regolamento;

b)     la raccolta e l’avvio a operazioni di recupero o di smaltimento, in base a due modalità alternative:

- almeno ogni tre mesi, indipendentemente dalle quantità in deposito;

- quando il quantitativo in deposito raggiunge i complessivi 4000 metri cubi, di cui non oltre 800 metri cubi di rifiuti classificati come pericolosi. In ogni caso, allorché i suddetti rifiuti non superino il predetto limite quantitativo, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

c)     il rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

d)     la realizzazione, nel caso di rifiuti pericolosi, in maniera tale da evitare la contaminazione delle matrici ambientali.

 

Si ricorda che la definizione di “deposito temporaneo” contenuta nell’art. 183, comma 1, lettera bb), prevede il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti, nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.

 

Utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce escluse dalla disciplina rifiuti (artt. 24 e 27, comma 2)

L'articolo 24, comma 1, disciplina la procedura per l’utilizzo nello stesso sito di produzione delle terre e rocce da scavo escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, richiamando in primo luogo l’articolo 185, comma 1, lettera c) del d.lgs. 152/2006.

L’art. 185, comma 1, lettera c), esclude dalla applicazione della normativa della parte quarta del D.Lgs. 152/2006 il “suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato”.

 

L’articolo 24, comma 2, prevede, inoltre, che, nel caso in cui la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale, la sussistenza delle condizioni e dei requisiti di cui al citato art. 185, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 152 del 2006, sia verificata in via preliminare, in funzione del livello di progettazione e in fase di stesura dello studio di impatto ambientale (SIA, disciplinato dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 152 del 2006), attraverso la presentazione di un "Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti", i cui contenuti sono disciplinati nel medesimo comma 2. 

Il comma 3 dell’articolo 24 disciplina, altresì, le attività che il proponente o l'esecutore dei lavori devono svolgere in fase progettazione esecutiva o prima dell'inizio dei lavori, secondo quanto stabilito nel suddetto "Piano preliminare”.

Prima dell'avvio dei lavori, è prevista la trasmissione degli esiti delle attività eseguite all'autorità competente e all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale (comma 4).

Se durante la fase esecutiva non viene accertata l'idoneità del materiale scavato all'utilizzo ai sensi dell'articolo 185, comma 1, lettera c), le terre e rocce sono gestite come rifiuti ai sensi della parte quarta del D.lgs n. 152 del 2006 (comma 5).

Si segnala che la Conferenza Stato-Regioni ha proposto la soppressione di tale articolo.

 

L’articolo 27, comma 2, reca una norma transitoria in base alla quale le disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 2, si applicano, su richiesta del proponente, anche alle procedure di VIA già avviate purché non sia già stato emanato il provvedimento finale.

 

Utilizzo e caratterizzazione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica (artt. 25 e 26)

L’articolo 25 detta le condizioni per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica in caso di conformità o non conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC).

 

Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), secondo la definizione riportata all’art. 240, comma 1, lettera b), del d.lgs. 152/2006, corrispondono ai “livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica”.

Qualora invece la contaminazione rilevata nelle matrice ambientali risulti inferiore ai valori CSC allora – come chiarisce l’art. 240, comma 1, lettera f), del citato decreto legislativo – il sito viene considerato “non contaminato”.

Le CSC sono individuate nell’Allegato 5 alla parte quarta del d.lgs. 152/2006, che elenca le CSC nel suolo e nel sottosuolo in relazione alla specifica destinazione d'uso (a verde pubblico, privato e residenziale oppure ad uso commerciale e industriale) dei siti da bonificare, nonché le CSC nelle acque sotterranee.

Si ricorda brevemente la differenza tra CSR e CSC, richiamando le pertinenti definizioni contenute nell’art. 240 del d.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).

Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) sono i limiti tabellari considerati come valori soglia, uguali su tutto il territorio nazionale, al di sotto dei quali il sito si considera “non contaminato”.

Le concentrazioni soglia di rischio (CSR) sono invece i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte IV del Codice e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione.

Per valutare se un sito è potenzialmente contaminato si controlla, ai sensi della lettera d) del comma 1 dell’art. 240, il rispetto dei valori di CSC. Se le soglie CSC sono superate allora occorre effettuare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle CSR. Se quindi le CSR sono superate occorrerà procedere alla bonifica del sito al fine di riportarlo in una condizione che garantisca il rispetto delle CSC o dei valori di CSR (solitamente superiori a quelli di CSC) determinate a seguito dell'analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica.

 

Conformità a concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)/valori di fondo

Non conformità a CSC/valori di fondo

L’utilizzo è possibile:

 

L’utilizzo è possibile solo se sono rispettate le concentrazioni soglia di rischio (CSR) e con le seguenti prescrizioni:

 

- in base ai risultati della caratterizzazione di cui all'articolo 242 d.lgs. 152/2006.

 

a) le CSR, all'esito dell'analisi  di rischio, sono preventivamente approvate dall'autorità ordinariamente competente, nell’ambito del procedimento di bonifica di cui all’articolo 242 o 252 del d.lgs. 152/2006, mediante convocazione di apposita conferenza di servizi. I terreni conformi alle CSR sono riutilizzati nella medesima area assoggettata all'analisi di rischio e nel rispetto del modello concettuale preso come riferimento per l'elaborazione dell'analisi di rischio; tuttavia, non è consentito l'impiego di terre e rocce da scavo conformi alle CSR in sub-aree nelle quali è stato accertato il rispetto delle CSC;

b) qualora ai fini del calcolo delle CSR non sia stato preso in considerazione il percorso di lisciviazione in falda, l'utilizzo dei terreni scavati è consentito solo nel rispetto delle condizioni e delle limitazioni d’uso indicate all’atto dell’approvazione dell’analisi di rischio da parte dell’autorità competente.

 

Il riferimento ai risultati della caratterizzazione effettuata ai sensi dell’articolo 242 del d.lgs. 152/2006 è stato inserito in accoglimento delle richieste della Conferenza unificata, come si evince dalle relazioni di accompagnamento.

Il citato comma 1 dell’articolo 25 in esame prevede che, nel caso in cui l’utilizzo delle terre e rocce da scavo sia inserito all’interno di un progetto di bonifica approvato, si applica quanto previsto dall’articolo 242, comma 7, del d.lgs. 152/2006.

I riferimenti agli articoli 242, comma 7, e 252 sono invece stati inseriti in esito a quanto evidenziato nell’ambito della consultazione pubblica.

L’art. 242 del D.Lgs. n. 152 del 2006 disciplina la procedura ordinaria di bonifica ambientale dei siti inquinati di competenza delle Regioni. Tale procedura si applica anche ai siti di interesse nazionale la cui competenza ai sensi dell’articolo 252 è assegnata al Ministero dell’ambiente.

L’articolo 242, comma 7, modificato da ultimo dall'art. 34, comma 7-bis del D.L. n. 133 del 2014, detta una specifica disciplina per la presentazione e l’approvazione dei progetti di bonifica dei siti contaminati nel caso in cui la procedura dell'analisi di rischio dimostri che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di CSR.

 

La relazione illustrativa precisa che, in conseguenza delle modifiche introdotte all’articolo 25 relativamente alla considerazione dei risultati della caratterizzazione, è stato modificato anche l’articolo 26 con l’eliminazione delle disposizioni previste per aree non caratterizzate e la salvaguardia della disciplina di cui all’articolo 34, commi 8, 9 e 10, del D.L. 133 del 2014 in quanto tale procedura non è più sostituita da quella dell’articolo 25.

L’articolo 34, comma 7, del D.L. 133/2014 prevede che nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture, compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonché opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico.

I commi 1 e 2 dell’articolo 25 in esame riprendono, in parte quanto già stabilito dai commi 9 e 10 dell’articolo 34 del D.L. 133/2014, i quali prevedono che il riutilizzo in situ dei materiali prodotti dagli scavi è sempre consentito, se ne è garantita la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo (comma 9); mentre i terreni non conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo, ma inferiori alle concentrazioni soglia di rischio, possono essere riutilizzati in situ con le seguenti prescrizioni (comma 10):

a) le concentrazioni soglia di rischio, all'esito dell'analisi di rischio, sono preventivamente approvate dall'autorità ordinariamente competente, mediante convocazione di apposita conferenza di servizi. I terreni conformi alle concentrazioni soglia di rischio sono riutilizzati nella medesima area assoggettata all'analisi di rischio;

b) qualora ai fini del calcolo delle concentrazioni soglia di rischio non sia stato preso in considerazione il percorso di lisciviazione in falda, l'utilizzo dei terreni scavati è consentito solo se nell'area di riutilizzo sono attivi sistemi di barrieramento fisico o idraulico di cui siano comprovate l'efficienza e l'efficacia.

 

Procedure di caratterizzazione e scavo

L’articolo 26, comma 1, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34, comma 7 del decreto legge n. 133 del 2014 (v. supra), disciplina le procedure per la caratterizzazione e lo scavo dei terreni movimentati finalizzate all’attuazione di quanto previsto dall'articolo 25 in tema di utilizzo delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica e per le opere da realizzare nei medesimi siti.

In particolare, le lettere a) e b) del comma 1, riprendendo in parte quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 34 del D.L. 133/2014, disciplinano rispettivamente le procedure per la realizzazione degli scavi prevedendo:

-        l’analisi di un numero significativo di campioni di suolo e sottosuolo insaturo prelevati da stazioni di misura rappresentative dell'estensione dell'opera e del quadro ambientale conoscitivo, nonché la presentazione di un piano di dettaglio, comprensivo della lista degli analiti da ricercare, e di un piano operativo degli interventi previsti e del cronoprogramma (lett. a);

-        lo svolgimento delle attività di scavo, senza pregiudicare gli interventi e le opere di prevenzione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino necessarie ai sensi della Parte IV, titolo V, e della Parte VI del decreto n. 152 del 2006 (in materia di gestione dei rifiuti e dei siti inquinati e in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente) e nel rispetto della normativa vigente in tema di salute e sicurezza dei lavoratori, nonché adottando le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee soprattutto in presenza di falde idriche superficiali.

 

Si ricorda che l’articolo 34, comma 8, del D.L. 133/2014, prevede che, ai fini dell'applicazione del comma 7, sono rispettate le seguenti procedure e modalità di caratterizzazione, scavo e gestione dei terreni movimentati:

a) nel caso in cui non sia stata ancora realizzata la caratterizzazione dell'area oggetto dell'intervento, è analizzato un numero significativo di campioni di suolo e sottosuolo insaturo prelevati da stazioni di misura rappresentative dell'estensione dell'opera e del quadro ambientale conoscitivo. I punti di campionamento e analisi devono interessare per ogni stazione il campione di suolo superficiale, puntuale, il campione medio rappresentativo del primo metro di profondità, il campione puntuale del fondo scavo, nonché eventuali livelli di terreno che presentino evidenza organolettica di contaminazione. Il piano di dettaglio della caratterizzazione, comprensivo della lista degli analiti da ricercare è concordato con l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente territorialmente competente che si pronuncia entro il termine perentorio di trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito e dell'intervento. Il proponente, trenta giorni prima dell'avvio dei lavori, trasmette agli Enti interessati il Piano di caratterizzazione definitivo, comprensivo del piano operativo degli interventi previsti e di un dettagliato cronoprogramma con l'indicazione della data di inizio dei lavori;

b) in presenza di attività di messa in sicurezza operativa già in essere, il proponente, in alternativa alla caratterizzazione di cui alla lettera a), previa comunicazione all'ARPA da effettuarsi con almeno quindici giorni di anticipo, può avviare la realizzazione degli interventi e delle opere. Al termine dei lavori, l'interessato assicura il ripristino delle opere di messa in sicurezza operativa;

c) le attività di scavo sono effettuate con le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee. Le eventuali fonti attive di contaminazione, quali rifiuti o prodotto libero, rilevate nel corso delle attività di scavo, sono rimosse e gestite nel rispetto delle norme in materia di gestione rifiuti. I terreni e i materiali provenienti dallo scavo sono gestiti nel rispetto dei commi 3 e 4. 

Norme transitorie (art. 27, commi 1 e 3 – art. 31, comma 3)

La disciplina per i progetti in corso

L’articolo 27, comma 1 detta una disciplina transitoria per i progetti in corso, fatti salvi gli interventi realizzati e conclusi alla data di entrata in vigore del regolamento, al fine di garantire che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella nuova.

Nello specifico, si consente - entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento – per i progetti per i quali è in corso una procedura ai sensi e per gli effetti del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161, o dell'articolo 41-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 – l’assoggettamento alla nuova disciplina attraverso la trasmissione del piano di utilizzo o della dichiarazione di utilizzo di cui all'articolo 21, che devono essere adeguate alle nuove previsioni. Decorso il predetto termine, senza la presentazione di un piano di utilizzo o della suddetta dichiarazione conforme alle disposizioni del presente regolamento, le opere sono portate a termine secondo la procedura previgente.

In tale ambito, il Consiglio di Stato rileva che “…il contenuto facoltativo di tale disposizione - evidentemente volta ad evitare soluzioni di continuità fra la succitata normativa e quella prevista dallo schema in esame - lascia spazio a incertezze interpretative relativamente all'assoggettabiltà dei progetti alla nuova disciplina, con la conseguenza che viene rimesso ai singoli soggetti interessati la scelta della normativa da applicare: fattispecie questa che, rivelandosi quantomeno inopportuna in materia ambientale, comporta la necessità di precisare in maniera più puntuale il contenuto dispositivo dell'articolo in questione”.

I materiali già scavati, raccolti o depositati in cumuli

L’articolo 27, comma 3 detta una disciplina transitoria per i materiali già scavati, raccolti o depositati in cumuli.

Tali materiali, eventualmente, anche utilizzati in tutto o in parte, per realizzare reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati o opere in terra, anche anteriormente, non sono rifiuti, ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e, inoltre, non rientrano nella nozione di discarica, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, qualora depositati sul suolo o nel suolo.

In particolare, è necessario che - a seguito di caratterizzazione ambientale dei relativi siti di deposito e di destinazione finale – i suddetti materiali rispettino le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), di cui alle colonne A e B, della Tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, in relazione alla loro specifica destinazione d'uso finale. A tale fine, il soggetto proponente deve presentare all'autorità competente un Piano di Utilizzo, ove già non presentato ed approvato, corredato dalla richiesta documentazione, ovvero la sola documentazione relativa alla caratterizzazione ambientale, entro 120 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

 

Le procedure in corso per le matrici materiali di riporto

L’articolo 31, comma 3 fa salvi i procedimenti, avviati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2012, per l’utilizzo delle matrici materiali di riporto che alla data di entrata in vigore del presente decreto risultano ancora in corso o già conclusi.

Il citato comma 1 dell’articolo 3 reca l’interpretazione autentica dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di matrici materiali di riporto, specificando che i riferimenti al “suolo” contenuti all'articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all'allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo, costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri.

Ulteriori disposizioni (art. 27, comma 5, e artt. 29 e 30)

Modifiche degli allegati

Il comma 5 dell’articolo 27 prevede che le modifiche degli allegati siano adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere dell'Istituto superiore per la ricerca ambientale e dell'Istituto Superiore di Sanità, sentita la Conferenza unificata.

Clausola di riconoscimento reciproco

Il comma 1 dell’articolo 29, sulla scorta di quanto prevede l’articolo 16 del D.M. 161, stabilisce che il regolamento non comporta limitazione alla commercializzazione di materiali legalmente commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia né a quelle legalmente fabbricate in uno Stato deII'EFTA, parte contraente dell'accordo dello Spazio economico europeo, purché le stesse garantiscano i livelli di sicurezza, prestazioni ed informazione equivalenti a quelli prescritti dal presente decreto.

Il comma 2 identifica, ai sensi del regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008, quale Autorità Competente, ai fini dell'applicazione, ove necessario, delle procedure di valutazione previste, il Ministero dell'ambiente.

Clausola di  invarianza finanziaria

L’articolo 30 prevede che dall’attuazione del provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione del decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, nonché con le risorse derivanti dall'applicazione delle tariffe previste dal decreto medesimo.

 

 



 

Normativa vigente

Schema in esame

 

D.M. 161/2012

Atto del Governo n. 279

 

 

Articolo 2

Finalità

Articolo 1

Oggetto e finalità

1. Al fine di migliorare l'uso delle risorse naturali e prevenire, nel rispetto dell'articolo 179, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, la produzione di rifiuti, il presente Regolamento stabilisce, sulla base delle condizioni previste al comma 1, dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo, come definiti all'articolo 1, comma 1, lettera b) del presente regolamento, siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera qq) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.

1. Con il presente regolamento sono adottate, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, disposizioni di riordino e di semplificazione della disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo, con particolare riferimento:

a) alla gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sotto prodotti, ai sensi dell'articolo 184-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, provenienti da cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi dimensioni non assoggettati a VIA o a AIA, compresi quelli finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture;

b) alla disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti;

c) alla gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica.

2. Il presente regolamento stabilisce inoltre, le procedure e le modalità affinché la gestione e l'utilizzo dei materiali da scavo avvenga senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente.

2. Il presente regolamento, in attuazione dei principi e delle disposizioni della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, disciplina le attività di gestione delle terre e rocce da scavo, assicurando adeguati i livelli di tutela ambientale e sanitaria e garantendo controlli efficaci, al fine di razionalizzare e semplificare le modalità di utilizzo delle stesse.

 

 

Articolo 1

Definizioni

Articolo 2

(Definizioni)

1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all'articolo 183, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, nonché le seguenti:

1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui agli articoli 183, comma 1, e 240 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché le seguenti:

a. «opera»: il risultato di un insieme di lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, che di per se' esplichi una funzione economica o tecnica ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;

a) "lavori»: comprendono le attività di costruzione, scavo, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere;

b. «materiali da scavo»: il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un'opera quali, a titolo esemplificativo:

b) "terre e rocce da scavo”: il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di materiale di riporto conforme, derivanti da attività finalizzate alla realizzazione di un'opera tra i quali a titolo esemplificativo e non esaustivo:

scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.);

scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee);

perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.;

perforazione, trivella zione, palificazione, consolidamento;

opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.);

opere infrastrutturali quali (gallerie, strade);

rimozione e livellamento di opere in terra;

rimozione e livellamento di opere in terra.

materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini.

 

I materiali da scavo possono contenere, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente Regolamento, anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato;

Le terre e rocce da scavo possono contenere amianto nel limite massimo di 100 mg/kg, corrispondente al limite di rilevabilità analitico. Il parametro amianto è escluso dall'applicazione del test di cessione. Le terre e rocce da scavo possono contenere anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato, purché le terre e rocce contenenti tali materiali non presentino concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di cui alle colonne A e B, Tabella 1 dell'Allegato 5 alla Parte IV, Titolo 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006, per la specifica destinazione d'uso, o ai limiti di riferimento indicati Istituto Superiore di Sanità;

c. «riporto»: orizzonte stratigrafico costituito da una miscela eterogenea di materiali di origine antropica e suolo/sottosuolo come definito nell'allegato 9 del presente Regolamento;

 

Allegato 9

Materiali di riporto di origine antropica

[Articolo 1, comma 1, lettera c)]

 

I riporti di cui all'articolo 1 del presente Regolamento si configurano come orizzonti stratigrafici costituiti da materiali di origine antropica, ossia derivanti da attività quali attività di scavo, di demolizione edilizia, ecc, che si possono presentare variamente frammisti al suolo e al sottosuolo.

 

In particolare, i riporti sono per lo più una miscela eterogenea di terreno naturale e di materiali di origine antropica, anche di derivazione edilizio-urbanistica pregressa che, utilizzati nel corso dei secoli per successivi riempimenti e livellamenti del terreno, si sono stratificati e sedimentati nel suolo fino a profondità variabili e che, compattandosi con il terreno naturale, si sono assestati determinando un nuovo orizzonte stratigrafico. I materiali da riporto sono stati impiegati per attività quali rimodellamento morfologico, recupero ambientale, formazione di rilevati e sottofondi stradali, realizzazione di massicciate ferroviarie e aeroportuali, riempimenti e colmate, nonché formazione di terrapieni.

 

Ai fini del presente regolamento, i materiali di origine antropica che si possono riscontrare nei riporti, qualora frammisti al terreno naturale nella quantità massima del 20%, sono indicativamente identificabili con le seguenti tipologie di materiali: materiali litoidi, pietrisco tolto d'opera, calcestruzzi, laterizi, prodotti ceramici, intonaci.

 

c) «matrice materiale di riporto»: orizzonte stratigrafico costituito da materiali di origine antropica che si possono presentare variamente frammisti al suolo e al sottosuolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I materiali di riporto sono costituiti da una miscela eterogenea di terreno naturale e di materiali inerti di origine antropica, anche di derivazione edilizio-urbanistica pregressa che, utilizzati nel corso dei secoli per successivi riempimenti e livellamenti del terreno, quali rimodellamento morfologico, recupero ambientale, formazione di rilevati e sottofondi stradali, realizzazione di massicciate ferroviarie e aeroportuali, riempimenti e colmate, nonché formazione di terrapieni, si sono stratificati e sedimentati nel suolo a profondità variabili e che, compattandosi con il terreno naturale, si sono assestati determinando un nuovo orizzonte stratigrafico.

Ai fini delle attività e degli utilizzi di cui al presente regolamento, i materiali di origine antropica rinvenibili nella matrice di riporto, frammisti al suolo e sottosuolo, non possono superare la quantità massima del 20% in peso, da quantificarsi secondo quanto disciplinato nell'allegato 9;

 

d) «materiale di riporto conforme» matrici materiali di riporto che, all'esito del test di cessione effettuato secondo le metodiche di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998 recante l'individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, non costituiscono fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee. Tale condizione è rispettata quando l'eluato del test di cessione garantisce, per i parametri pertinenti alle matrici materiali di riporto, ad esclusione del parametro amianto, il rispetto delle concentrazioni soglie di contaminazione delle acque sotterranee, di cui all'Allegato 5, Tabella 2 della Parte IV, Titolo 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006 o, comunque, il rispetto dei valori di fondo naturale stabiliti per il sito e approvati dagli enti di controllo;

d. «materiale inerte di origine antropica»: i materiali di cui all'Allegato 9. Le tipologie che si riscontrano più comunemente sono riportate in Allegato 9;

e) «materiale inerte di origine antropica»: i materiali derivanti da attività di scavo, di demolizione edilizia ed altre analoghe, indicativamente identificabili con le seguenti tipologie: materiali litoidi, pietrisco tolto d'opera, calcestruzzi, laterizi, prodotti ceramici, intonaci;

e. «suolo/sottosuolo»: il suolo è la parte più superficiale della crosta terrestre distinguibile, per caratteristiche chimico-fisiche e contenuto di sostanze organiche, dal sottostante sottosuolo;

f) «suolo»: lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi;

f. «autorità competente»: è l'autorità che autorizza la realizzazione dell'opera e, nel caso di opere soggette a valutazione ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale, è l'autorità competente di cui all'articolo 5, comma 1, lettera p), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni;

g) «autorità competente»: l'autorità che autorizza la realizzazione dell'opera nel cui ambito sono generate le terre e rocce da scavo e, nel caso di opere soggette a procedimenti di valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale, l'autorità competente di cui all'articolo 5, comma 1, lettera o), del decreto legislativo n. 152 del 2006;

g. «caratterizzazione ambientale dei materiali di scavo»: attività svolta per accertare la sussistenza dei requisiti di qualità ambientale dei materiali da scavo in conformità a quanto stabilito dagli Allegati 1 e 2;

h) «caratterizzazione ambientale delle terre e rocce da scavo»: attività svolta per accertare la sussistenza dei requisiti di qualità ambientale delle terre e rocce da scavo in conformità a quanto stabilito dal presente regolamento;

h. «Piano di Utilizzo»: il piano di cui all'articolo 5 del presente Regolamento;

i) «piano di utilizzo»: il documento nel quale il proponente attesta, ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dall'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e dall'articolo 4 del presente regolamento, ai fini dell'utilizzo come sottoprodotti delle terre e rocce da scavo generate in cantieri di grandi dimensioni;

 

l) «dichiarazione di avvenuto utilizzo»: la dichiarazione con la quale il proponente o l'esecutore o il produttore attesta, ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, l'avvenuto utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione di cui all'articolo 21;

i. «ambito territoriale con fondo naturale»: porzione di territorio geograficamente individuabile in cui può essere dimostrato per il suolo/sottosuolo che un valore superiore alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5, alla parte quarta, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni sia ascrivibile a fenomeni naturali legati alla specifica pedogenesi del territorio stesso, alle sue caratteristiche litologiche e alle condizioni chimico-fisiche presenti;

m) «ambito territoriale con fondo naturale»: porzione di territorio geograficamente individuabile in cui può essere dimostrato che un valore di concentrazione di una o più sostanze nel suolo, superiore alle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1, dell'allegato 5, alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, sia ascrivibile a fenomeni naturali legati alla specifica pedogenesi del territorio stesso, alle sue caratteristiche litologiche e alle condizioni chimico-fisiche presenti;

l. «sito»: area o porzione di territorio geograficamente definita e determinata, intesa nelle sue componenti ambientali (suolo, sottosuolo e acque sotterranee, ivi incluso l'eventuale riporto) dove avviene lo scavo o l'utilizzo del materiale;

n) «sito»: area o porzione di territorio geograficamente definita e determinata, intesa nelle sue matrici ambientali (suolo e acque sotterranee, ivi incluso l'eventuale materiale di riporto conforme) dove avviene lo scavo o l'utilizzo delle terre e rocce da scavo;

m. «sito di produzione»: uno o più siti perimetrati in cui è generato il materiale da scavo;

o) «sito di produzione»: uno o più siti perimetrati in cui, sono generate le terre e rocce da scavo;

n. «sito di destinazione»: il sito, diverso dal sito di produzione, come risultante dal Piano di Utilizzo, in cui il materiale da scavo è utilizzato;

p) «sito di destinazione»: il sito, come indicato dal piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all'articolo 21, in cui le terre e rocce da scavo qualificate sotto prodotto sono utilizzate;

o. «sito di deposito intermedio»: il sito, diverso dal sito di produzione, come risultante dal Piano di Utilizzo di cui alla lettera h) del presente articolo, in cui il materiale da scavo è temporaneamente depositato in attesa del suo trasferimento al sito di destinazione;

q) «sito di deposito intermedio»: il sito in cui le terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotto sono temporaneamente depositate in attesa del loro utilizzo finale e che soddisfa i requisiti di cui all'articolo 5;

p. «normale pratica industriale»: le operazioni definite ed elencate, in via esemplificativa, nell'Allegato 3;

r) «normale pratica industriale»: le operazioni definite e elencate a titolo esemplificativo nell'allegato 3;

Allegato 3

(Normale pratica industriale)

[Articolo 4, comma 1, lett. c)]

Costituiscono un trattamento di normale pratica industriale quelle operazioni, anche condotte non singolarmente, alle quali può essere sottoposto il materiale da scavo, finalizzate al miglioramento delle sue caratteristiche merceologiche per renderne l'utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace. Tali operazioni in ogni caso devono fare salvo il rispetto dei requisiti previsti per i sottoprodotti, dei requisiti di qualità ambientale e garantire l'utilizzo del materiale da scavo conformemente ai criteri tecnici stabiliti dal progetto.

 

Fermo restando quanto sopra, si richiamano le operazioni più comunemente effettuate, che rientrano tra le operazioni di normale pratica industriale:

- la selezione granulometrica del materiale da scavo;

 

- la riduzione volumetrica mediante macinazione;

 

- la stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma idoneamente sperimentata per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie per il loro utilizzo, anche in termini di umidità, concordando preventivamente le modalità di utilizzo con l'ARPA o APPA competente in fase di redazione del Piano di Utilizzo;

 

- la stesa al suolo per consentire l'asciugatura e la maturazione del materiale da scavo al fine di conferire allo stesso migliori caratteristiche di movimentazione, l'umidità ottimale e favorire l'eventuale biodegradazione naturale degli additivi utilizzati per consentire le operazioni di scavo;

 

- la riduzione della presenza nel materiale da scavo degli elementi/materiali antropici (ivi inclusi, a titolo esemplificativo, frammenti di vetroresina, cementiti, bentoniti), eseguita sia a mano che con mezzi meccanici, qualora questi siano riferibili alle necessarie operazioni per esecuzione dell'escavo.

 

Mantiene la caratteristica di sottoprodotto quel materiale di scavo anche qualora contenga la presenza di pezzature eterogenee di natura antropica non inquinante, purché rispondente ai requisiti tecnici/prestazionali per l'utilizzo delle terre nelle costruzioni, se tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile.

Allegato 3

Normale pratica industriale

(art. 2, comma 1, lett. r); art. 4, comma 3)

Costituiscono un trattamento di normale pratica industriale quelle operazioni, anche condotte non singolarmente, alle quali possono essere sottoposte le terre e rocce da scavo, finalizzate al miglioramento delle loro caratteristiche merceologiche per renderne l'utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace. Fermo il rispetto dei requisiti previsti per i sottoprodotti e dei requisiti di qualità ambientale, il trattamento di normale pratica industriale garantisce l'utilizzo delle terre e rocce da scavo conformemente ai criteri tecnici stabiliti dal progetto.

Si richiamano a titolo esemplificativo le operazioni più comunemente effettuate, che rientrano tra le operazioni di normale pratica industriale:

- la selezione granulometrica delle terre e rocce da scavo, con l'eventuale eliminazione degli elementi/materiali antropici;

- la riduzione volumetrica mediante macinazione;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- la stesa al suolo per consentire l'asciugatura e la maturazione delle terre e rocce da scavo al fine di conferire alle stesse migliori caratteristiche di movimentazione, l'umidità ottimale e favorire l'eventuale biodegradazione naturale degli additivi utilizzati per consentire le operazioni di scavo;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mantengono la caratteristica di sottoprodotto le terre e rocce da scavo anche qualora contengano la presenza di pezzature eterogenee di natura antropica non inquinante, purché rispondente ai requisiti tecnici/prestazionali per l'utilizzo delle terre nelle costruzioni.

q. «proponente»: il soggetto che presenta il Piano di Utilizzo;

s) «proponente»: il soggetto che presenta il piano di utilizzo;

r. «esecutore»: il soggetto che attua il Piano di Utilizzo.

t) «esecutore»: il soggetto che attua il piano di utilizzo ai sensi dell'articolo 17;

 

u) «produttore»: il soggetto la cui attività materiale produce le terre e rocce da scavo e che predispone e

trasmette la dichiarazione di cui all'articolo 21;

 

v) «ciçlo produttivo di destinazione»: il processo produttivo nel quale le terre e rocce da scavo sono utilizzate come sotto prodotti in sostituzione del materiale di cava;

 

z) «cantiere di piccole dimensioni»: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità non superiore a seimila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, comprese quelle prodotte nel corso di attività o opere soggette a valutazione d'impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale di cui alla Parte Il del decreto legislativo n.152 del 2006;

 

aa) «cantiere di grandi dimensioni»: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a seimila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività di opere soggette a procedure di valutazione di impatto ambientale O a autorizzazione integrata ambientale di cui alla Parte Il del decreto legislativo n.152 del 2006;

 

bb) «cantiere di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA»: cantiere in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a seimila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto, nel corso di attività di opere non soggette a procedure di valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata

ambientale di cui alla Parte Il del decreto legislativo n.152 del 2006;

 

cc) «sito oggetto di bonifica»: sito nel quale sono state attivate le procedure di cui alla Parte IV, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006;

 

dd) «opera»: il risultato di un insieme di lavori che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di difesa e di presidio ambientale e di ingegneria naturalistica.

 

 

Articolo 3

Ambiti di applicazione ed esclusione

Articolo 3

(Esclusioni dal campo di applicazione)

1. Il presente regolamento si applica alla gestione dei materiali da scavo.

1. Il presente regolamento non si applica alle ipotesi disciplinate dall'articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento i rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata ai sensi della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006.

2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento i rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata ai sensi della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

TITOLO II

TERRE E ROCCE DA SCAVO CHE SODDISFANO LA DEFINIZIONE DI SOTTOPRODOTTO

 

Capo I - Disposizioni comuni

Articolo 4

Articolo 4

Disposizioni generali

(Criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti)

1. In applicazione dell'articolo 184-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, è un sottoprodotto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera qq), del medesimo decreto legislativo, il materiale da scavo che risponde ai seguenti requisiti:

1. In attuazione dell'articolo 184-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, il presente Capo stabilisce i requisiti generali da soddisfare affinché le terre e rocce da scavo generate in cantieri di piccole dimensioni, in cantieri di grandi dimensioni e in cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA e AIA, siano sottoprodotti e non rifiuti, nonché le disposizioni comuni ad esse applicabili.

2. Ai fini del comma 1 e ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera qq), del decreto legislativo n. 152 del 2006, le terre e rocce da scavo per essere qualificate sottoprodotti devono soddisfare i seguenti requisiti:

a) il materiale da scavo è generato durante la realizzazione di un'opera, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;

a) sono generate durante la realizzazione di un'opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;

b) il materiale da scavo è utilizzato, in conformità al Piano di Utilizzo:

b) il loro utilizzo è conforme alle disposizioni del piano di utilizzo di cui all'articolo 9 o della dichiarazione di cui all'articolo 21, e si realizza:

1) nel corso dell'esecuzione della stessa opera, nel quale è stato generato, o di un'opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ripascimenti, interventi a mare, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;

1) nel corso dell'esecuzione della stessa opera nel quale è stato generato o di un'opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari recuperi ambientali, oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;

2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;

2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;

c) il materiale da scavo è idoneo ad essere utilizzato direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale secondo i criteri di cui all'Allegato 3;

c) sono idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) il materiale da scavo, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla precedente lettera b), soddisfa i requisiti di qualità ambientale di cui all'Allegato 4.

d) soddisfano i requisiti di qualità ambientale espressamente previsti dal Capo Il o dal Capo III o dal Capo IV del presente regolamento, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla lettera b);

 

3) Le normali pratiche industriali, di cui al comma 2, lettera c), sono esemplificativamente elencate nell'allegato 3;

 

4, Il presente Capo definisce, altresì, le procedure per garantire che la gestione e l'utilizzo delle terre e rocce da scavo come sotto prodotti avvenga senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente,

2. La sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo è comprovata dal proponente tramite il Piano di Utilizzo.

5) La sussistenza delle condizioni dei commi 1 e 2 è attestata dal proponente tramite la predisposizione e la trasmissione del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all'articolo 21, nonché della dichiarazione di avvenuto utilizzo in conformità alle previsioni del presente regolamento.

 

 

Articolo 10

(Deposito in attesa di utilizzo)

Articolo 5

(Deposito intermedio)

 

 

1. Il deposito del materiale escavato in attesa dell'utilizzo ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b), avviene all'interno del sito di produzione e dei siti di deposito intermedio e dei siti di destinazione.

1. Il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo può essere effettuato nel sito di produzione, nel sito di destinazione o in altro sito a condizione che siano rispettati i seguenti requisiti:

 

a) il sito rientra nella medesima classe di destinazione urbanistica del sito di produzione, nel caso di sito di produzione i cui valori di soglia di contaminazione rientrano nei valori di cui alla colonna B della tabella 1, dell'allegato 5, alla Parte IV, del medesimo decreto legislativo; oppure in tutte le classi di destinazioni urbanistiche, nel caso in cui il sito di produzione rientri nei valori di cui alla colonna A della tabella 1, dell'allegato 5, alla Parte IV, del medesimo decreto legislativo;

3. Il deposito del materiale escavato avviene tenendo fisicamente distinto il materiale escavato oggetto di differenti piani di utilizzo.

b) l'ubicazione e la durata del deposito sono indicate nel piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all'articolo 21;

4. Il deposito del materiale escavato non può avere durata superiore alla durata del Piano di Utilizzo.

c) la durata del deposito non può superare il termine di validità del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all'articolo 21;

1. ultimo periodo. Il deposito di materiale escavato deve essere fisicamente separato e gestito in modo autonomo rispetto ai rifiuti eventualmente presenti nel sito in un deposito temporaneo.

d) il deposito delle terre e rocce da scavo è fisicamente separato e gestito in modo autonomo anche rispetto ad altri depositi di terre e rocce da scavo oggetto di differenti piani di utilizzo o dichiarazioni di cui all'articolo 21, e a eventuali rifiuti presenti nel sito in deposito temporaneo;

2. Il deposito del materiale escavato avviene in conformità al Piano di Utilizzo identificando, tramite apposita segnaletica posizionata in modo visibile, le informazioni relative al sito di produzione, le quantità del materiale depositato, nonché i dati amministrativi del Piano di Utilizzo.

e) il deposito delle terre e rocce da scavo è conforme alle previsioni del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all'articolo 21 e si identifica tramite apposita segnaletica posizionata in modo visibile e nella quale sono riportate le informazioni relative al sito di produzione, alle quantità del materiale depositato, nonché i dati amministrativi, del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all'articolo 21,

1, secondo periodo. Il Piano di Utilizzo indica il sito o i siti di deposito intermedio. In caso di variazione dei siti di deposito intermedio indicati nel Piano di Utilizzo, il proponente aggiorna il piano medesimo in conformità alla procedura prevista all'articolo 8.

2. Il proponente o il produttore può individuare nel piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all'articolo 21, uno o più di siti di deposito intermedio idonei. In caso di variazione del sito di deposito intermedio indicato nel piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all'articolo 21, il proponente o il produttore aggiorna il piano o la dichiarazione in conformità alle procedure previste dal presente regolamento.

5. Decorso il periodo di cui al comma 4 viene meno, con effetto immediato, la qualifica di sottoprodotto del materiale escavato non utilizzato in conformità al Piano di Utilizzo e, pertanto, tale materiale deve essere trattato quale rifiuto, nel rispetto di quanto indicato dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni. Resta impregiudicata la facoltà di presentare un nuovo Piano di Utilizzo.

3. Decorso il periodo di durata del deposito intermedio indicato nel piano di utilizzo o nella dichiarazione di cui all'articolo 21, viene meno, con effetto immediato, la qualifica di sottoprodotto delle terre e rocce non utilizzate in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione di cui all'articolo 21 e, pertanto, tali terre e rocce sono gestite come rifiuti, nel rispetto di quanto indicato nella Parta IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

 

Articolo 11

(Trasporto)

Articolo 6

(Trasporto)

1. In tutte le fasi successive all'uscita del materiale dal sito di produzione, il trasporto del materiale escavato è accompagnato dalla documentazione di cui all'allegato 6.

 

 

3. La documentazione di cui al comma 1 è equipollente, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 3 del decreto ministeriale 30 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio 2009, alla scheda di trasporto prevista dall'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e successive modificazioni.

1. Per le terre e rocce da scavo qualificate sotto prodotti il trasporto fuori dal sito di produzione è accompagnato dalla documentazione indicata nell'allegato 6.

 

 

Tale documentazione equivale, ai fini della responsabilità di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, alla copia del contratto in forma scritta di cui all'articolo 6 del medesimo decreto legislativo.

2. La documentazione di cui al precedente comma è predisposta in triplice copia, una per l'esecutore, una per il trasportatore e una per il destinatario e conservata, dai predetti soggetti, per cinque anni e resa disponibile, in qualunque momento, all'Autorità di controllo che ne faccia richiesta. Qualora il proponente e l'esecutore siano diversi, una quarta copia della documentazione deve essere conservata presso il proponente.

2. La documentazione di cui al comma 1 è predisposta in triplice copia, una per il proponente o per il produttore, una per il trasportatore e una per il destinatario, anche se del sito intermedio, ed è conservata dai predetti soggetti, per tre anni e resa disponibile, in qualunque momento, all'autorità di controllo.

Qualora il proponente e l'esecutore siano soggetti diversi, una quarta copia della documentazione deve essere conservata dall'esecutore.

 

 

Articolo 12

Dichiarazione di avvenuto utilizzo - D.A.U.

Articolo 7

(Dichiarazione di avvenuto utilizzo)

1. L'avvenuto utilizzo del materiale escavato in conformità al Piano di Utilizzo è attestato dall'esecutore all'autorità competente, mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in conformità all'allegato 7 e corredata della documentazione completa richiamata al predetto allegato.

1. L'utilizzo delle terre e rocce da scavo in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione di cui all'articolo 21 è attestato all'autorità competente mediante la dichiarazione di avvenuto utilizzo.

2. La dichiarazione di avvenuto utilizzo, redatta ai sensi dell'articolo 47 del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, è resa dall'esecutore o dal produttore con la trasmissione, anche solo in via telematica, del modulo di cui all'allegato 7 all'autorità competente e all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale competenti per il sito di utilizzo, al Comune del sito di produzione e al Comune del sito di utilizzo.

3. La dichiarazione di cui al precedente comma 1 è conservata per cinque anni dalla dichiarazione di avvenuto utilizzo ed è resa disponibile in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.

La dichiarazione è conservata per cinque anni dall'esecutore o dal produttore ed è resa disponibile all'autorità di controllo.

4. La dichiarazione di avvenuto utilizzo deve essere resa entro il termine in cui il Piano di Utilizzo cessa di avere validità. L'omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo nel termine previsto dal precedente periodo comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica del materiale escavato come sottoprodotto.

3. La dichiarazione di avvenuto utilizzo deve essere resa ai soggetti di cui al comma 2, entro il termine di validità del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all'articolo 21; l'omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo entro tale termine comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica del terre e rocce da scavo come sottoprodotto.

2. Il deposito o altre forme di stoccaggio di materiali escavati non costituiscono un utilizzo ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b).

4. Il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate sotto prodotti, non costituisce utilizzo, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, lettera b).

5. Nel caso l'utilizzo avvenga non da parte del proponente o dell'esecutore, nella dichiarazione di avvenuto utilizzo deve essere riportato il periodo entro il quale il soggetto indicato deve completare l'utilizzo. Dell'avvenuto utilizzo deve comunque essere data comunicazione all'Autorità competente. L'omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo da parte del soggetto terzo indicato comporta la cessazione, con effetto immediato, della qualifica del materiale escavato come sottoprodotto.

 

 

 

 

Capo Il

Terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di grandi dimensioni

 

Articolo 8

(Ambito di applicazione)

 

1. Gli articoli da 9 a 18 si applicano alla gestione delle terre e rocce da scavo generate nei cantieri di grandi dimensioni, come definiti nell'articolo 2, comma 1, lettera aa), che, sulla base della caratterizzazione ambientale effettuata in conformità agli allegati l e 2, soddisfano i requisiti di qualità ambientale previsti, dall'allegato 4 per le modalità di utilizzo specifico.

 

 

Articolo 5

Piano di Utilizzo

Articolo 9

Piano di Utilizzo

1. Il Piano di Utilizzo del materiale da scavo è presentato dal proponente all'Autorità competente almeno novanta giorni prima dell'inizio dei lavori per la realizzazione dell'opera. Il proponente ha facoltà di presentare il Piano di Utilizzo all'Autorità competente in fase di approvazione del progetto definitivo dell'opera. Nel caso in cui l'opera sia oggetto di una procedura di valutazione ambientale, ai sensi della normativa vigente, l'espletamento di quanto previsto dal presente Regolamento deve avvenire prima dell'espressione del parere di valutazione ambientale.

1. Il piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, redatto in conformità alle disposizioni, di cui all'allegato 5, è trasmesso dal proponente all'autorità competente, e all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale, per via telematica, almeno novanta giorni prima dell'inizio dei lavori. Nel caso in cui l'opera sia oggetto di una procedura di valutazione di impatto ambientale o di Autorizzazione Integrata Ambientale ai sensi della normativa vigente, la trasmissione del piano di utilizzo avviene prima della conclusione del procedimento.

2. Il proponente trasmette il Piano di Utilizzo all'Autorità competente redatto in conformità all'Allegato 5. La trasmissione può avvenire, a scelta del proponente, anche solo per via telematica. La sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, del presente regolamento, è attestata dal Legale rappresentante della persona giuridica o dalla persona fisica proponente l'opera mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

2. Il piano include la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà redatta ai sensi, dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con la quale il legale rappresentante dell'impresa o la persona fisica proponente l'opera, attesta la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo·4, comma 2, in conformità anche a quanto previsto nell'allegato 3, con riferimento alla normale pratica industriale.

 

3. L'autorità competente verifica d'ufficio la completezza e la correttezza amministrativa della documentazione trasmessa.

L'Autorità competente può chiedere, in un'unica soluzione entro trenta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo, integrazioni alla documentazione presentata.

Entro trenta giorni dalla presentazione del piano di utilizzo, l'autorità competente può chiedere, in un'unica soluzione, integrazioni alla documentazione ricevuta. Decorso tale termine la documentazione si intende comunque completa.

Articolo 5, comma 3, ultimo periodo

Decorso il sopra menzionato termine di novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo all'Autorità competente o delle eventuali integrazioni, il proponente gestisce il materiale da scavo nel rispetto del Piano di Utilizzo, fermi restando gli obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera.

 

4. Decorsi novanta giorni dalla presentazione del piano di utilizzo ovvero dalla eventuale integrazione dello stesso ai sensi del comma 3, il proponente, a condizione che siano rispettati i requisiti indicati nell'articolo 4, comma 2, avvia la gestione delle terre e rocce da scavo nel rispetto del piano di utilizzo, fermi restando gli eventuali altri obblighi previsti, dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera.

 

5. La sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, è verificata dall'autorità competente sulla base del piano di utilizzo. Per le opere soggette alle procedure di valutazione di impatto ambientale, l'autorità competente può, nel provvedimento conclusivo della procedura di valutazione di impatto ambientale, stabilire prescrizioni ad integrazione del piano di utilizzo.

 

6. L'autorità competente, qualora accerti la mancata sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

 

7. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, le Agenzie regionali di protezione ambientale o le Agenzie provinciali di protezione ambientale effettuano, secondo una programmazione annuale, le ispezioni, i controlli, i prelievi e le verifiche necessarie ad accertare il rispetto degli obblighi assunti nel piano di utilizzo trasmesso ai sensi del comma 1 e degli articoli 15 e 16, secondo quanto previsto dall'allegato 8.

 

8. Nella fase di predisposizione del piano di utilizzo, il proponente può chiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale o ai soggetti individuati dal decreto di cui all'articolo 13, comma 2, di eseguire verifiche istruttorie tecniche e amministrative finalizzate alla validazione preliminare del piano di utilizzo, In caso di validazione preliminare del piano di utilizzo, i termini del comma 4 sono ridotti della metà.

 

9. Il proponente, dopo avere trasmesso il piano di utilizzo all'autorità competente, può chiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale o ai soggetti individuati dal decreto di cui all'articolo 13, comma 2, lo svolgimento in via preventiva dei controlli previsti dal comma 7.

 

10. Gli oneri economici derivanti dalle attività svolte dall'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale ai sensi dei commi 7, 8 e 9, nonché quelli derivanti dalle attività svolte dai soggetti individuati dal decreto di cui all'articolo 13, comma 2, ai sensi dei commi 8 e 9, sono a carico del proponente.

Articolo 5, comma 3

(Piano di utilizzo)

Articolo 10

(Terre e rocce conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione - CSC)

3. Nel caso in cui per il materiale da scavo il Piano di Utilizzo dimostri che le concentrazioni di elementi e composti di cui alla tabella 4.1 dell'allegato 4 del presente regolamento non superino le Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e del sito di destinazione secondo il Piano di Utilizzo, l'Autorità competente, entro novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo o delle eventuali integrazioni, in conformità a quanto previsto dal comma 2, approva il Piano di Utilizzo o lo rigetta. In caso di diniego è fatta salva la facoltà per il proponente di presentare un nuovo Piano di Utilizzo.

 

L'Autorità competente ha la facoltà di chiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA), con provvedimento motivato secondo i criteri di cui al seguente comma 10, entro trenta giorni dalla presentazione della documentazione di cui al comma 2 o dell'eventuale integrazione, di verificare, sulla base del Piano di Utilizzo ed a spese del proponente secondo il tariffario di cui all'articolo 4, comma 3, la sussistenza dei requisiti dell'articolo 4, comma 1, lettera d), del presente regolamento.

(…)

Articolo 5, comma 10

10. L'Autorità competente nel richiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) le verifiche di cui al precedente comma 3, tenendo conto dei criteri di caratterizzazione adottati nel Piano di Utilizzo, dovrà motivare la sua richiesta con riferimento alla tipologia di area in cui viene realizzata l'opera e alla sua eventuale conoscenza di pregressi interventi antropici non sufficientemente indagati nell'area di intervento.

 

Articolo 5, comma 3, penultimo periodo

In tal caso l'ARPA o APPA, può chiedere al proponente un approfondimento d'indagine in contraddittorio, accerta entro quarantacinque giorni la sussistenza dei requisiti di cui sopra, comunicando gli esiti all'Autorità competente.

1. Qualora nelle terre e rocce da scavo le concentrazioni dei parametri di cui all'allegato 4 del presente regolamento non superino le concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1, dell'allegato 5, alla Parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006 con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e del sito di destinazione indicati nel piano di utilizzo, il piano di utilizzo è predisposto e trasmesso secondo le procedure indicate nell'articolo 9.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Per verificare la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera d), l'autorità competente, entro trenta giorni dalla presentazione del piano di utilizzo o dell'eventuale integrazione dello stesso, può chiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale territorialmente competente, di effettuare le dovute verifiche, con imposizione dei relativi oneri a carico del proponente, motivando la richiesta con riferimento alla tipologia di area in cui è realizzata l'opera o alla presenza di interventi antropici non sufficientemente indagati;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

in tal caso l'Agenzia regionale di protezione ambientale o l'Agenzia provinciale di protezione ambientale può chiedere al proponente un approfondimento d'indagine in contraddittorio e, entro sessanta giorni, accerta la sussistenza dei requisiti di cui sopra comunicando gli esiti all'Autorità competente.

 

 

Articolo 5, comma 4

(Piano di utilizzo)

Articolo 11

(Terre e rocce da scavo conformi ai valori di fondo naturale)

4. Nel caso in cui la realizzazione dell'opera interessi un sito in cui, per fenomeni naturali, nel materiale da scavo le concentrazioni degli elementi e composti di cui alla Tabella 4.1 dell'allegato 4, superino le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell'allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, è fatta salva la possibilità che le concentrazioni di tali elementi e composti vengano assunte pari al valore di fondo naturale esistente per tutti i parametri superati. A tal fine, in fase di predisposizione del Piano di Utilizzo, il proponente segnala il superamento di cui sopra all'Autorità competente, presentando un piano di accertamento per definire i valori di fondo da assumere. Tale piano è eseguito in contraddittorio con l'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o con l'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) competente per territorio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sulla base dei valori di fondo definiti dal piano di accertamento, il proponente presenta il Piano di Utilizzo secondo quanto indicato al comma 3.

 

In tal caso l'utilizzo del materiale da scavo sarà consentito nell'ambito dello stesso sito di produzione. Nell'ipotesi di utilizzo in sito diverso rispetto a quello di produzione ciò dovrà accadere in un ambito territoriale con fondo naturale con caratteristiche analoghe e confrontabili per tutti i parametri oggetto di superamento nella caratterizzazione del sito di produzione.

1. Qualora la realizzazione dell'opera interessi un sito in cui, per fenomeni di origine naturale, nelle terre e rocce da scavo le concentrazioni dei parametri di cui all'allegato 4, superino le concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B, della Tabella l, dell'allegato 5 alla Parte IV, del decreto n. 152 del 2006, è fatta salva la possibilità che le concentrazioni di tali parametri vengano assunte pari al valore di fondo naturale esistente. A tal fine, in fase di predisposizione del piano di utilizzo, il proponente segnala il superamento di cui sopra ai sensi dell'art. 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e contestualmente presentata all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale un piano di indagine per definire i valori di fondo naturale da assumere. Tale piano, condiviso con la competente Agenzia è eseguito dal proponente con oneri a proprio carico, in contraddittorio con l'Agenzia regionale di protezione ambientale o con l'Agenzia provinciale di protezione ambientale competente per territorio entro 60 giorni dalla presentazione dello stesso. Sulla base delle risultanze del piano di indagine, nonché di altri dati disponibili per l'area oggetto di indagine, l'Agenzia regionale di protezione ambientale o l'Agenzia provinciale di protezione ambientale competente per territorio definisce i valori di fondo naturale. Il proponente predispone il piano di utilizzo sulla base dei valori di fondo definiti dall’Agenzia.

 

2. Le terre e rocce da scavo di cui al comma 1, sono utilizzabili nell'ambito dello stesso sito di produzione o in un sito diverso rispetto a quello di produzione a condizione che tale ultimo sito presenti valori di fondo naturale con caratteristiche analoghe in termini di sostanze e di concentrazione delle stesse per tutti i parametri oggetto di superamento nella caratterizzazione del sito di produzione. La predisposizione e la presentazione del piano di utilizzo avviene secondo le procedure e le modalità di cui all'articolo 9.

 

 


 

Articolo 5, comma 5

(Piano di utilizzo)

Articolo 12

(Terre e rocce da scavo prodotte in un sito oggetto di bonifica)

5. Nel caso in cui il sito di produzione interessi un sito oggetto di interventi di bonifica rientranti nel campo di applicazione del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero di ripristino ambientale rientranti nel campo di applicazione del Titolo II, Parte sesta, del decreto legislativo medesimo previa richiesta del proponente, i requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d) sono individuati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) competente per territorio secondo il tariffario di cui all'articolo 4, comma 3. L'ARPA o APPA, entro sessanta giorni dalla data della richiesta, comunica al proponente se per i materiali da scavo, ivi compresi i materiali da riporto, i valori riscontrati per tutti gli elementi e i composti di cui alla Tabella 1 dell'allegato 5, alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, non superano le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B della medesima Tabella 1 sopra indicata, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione indicata dal Piano di Utilizzo. In caso di esito positivo, il proponente può presentare il Piano di Utilizzo secondo quanto indicato al comma 3.

1. Nel caso in cui il sito di produzione ricada in un sito oggetto di bonifica, sulla base dei risultati della caratterizzazione di cui all'art. 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, su richiesta e con oneri a carico del proponente, i requisiti di qualità ambientale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera d), riferiti sia al sito di produzione che al sito di destinazione, sono validati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale competente per territorio. L'Agenzia regionale di protezione ambientale o l'Agenzia provinciale di protezione ambientale, entro sessanta giorni dalla data della richiesta, comunica al proponente se per le terre e rocce da scavo i valori riscontrati, per i parametri pertinenti al procedimento di bonifica, non superano le concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV del decreto n. 152 del 2006, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e di destinazione che sarà indicato nel piano di utilizzo. In caso di esito positivo, la predisposizione e la presentazione del piano di utilizzo avviene secondo le procedure e le modalità indicate nell'articolo 9.

 

 

 

Articolo 13

(Controllo equipollente)

 

1. Nel caso in cui l'Agenzia regionale di protezione ambientale o l'Agenzia provinciale di protezione ambientale competente per territorio non esegua le attività previste dagli articoli 10, 11, 12 e 20, comma 3, nei termini rispettivamente stabiliti dagli articoli 10, comma 2, 11, comma 1, 12, comma 1, e 20, comma 3; le suddette attività possono, su richiesta e con oneri a carico del proponente, essere eseguite anche da altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti.

2. Ai fini del comma 1, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata, è individuato l'elenco degli organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale e sono approvate le tabelle recanti le tariffe che i proponenti devono corrispondere quali corrispettivi delle prestazioni richieste.

Articolo 5, commi 6, 7, 8 e 9

Piano di utilizzo

Articolo 14

(Efficacia del piano di utilizzo)

6. Il Piano di Utilizzo definisce la durata di validità del piano stesso. Decorso tale termine temporale il Piano di Utilizzo cessa di produrre effetti ai sensi del presente regolamento.

Salvo deroghe espressamente motivate dall'Autorità competente in ragione delle opere da realizzare, l'inizio dei lavori deve avvenire entro due anni dalla presentazione del Piano di Utilizzo.

1. Nel piano di utilizzo è indicata la durata del piano stesso.

 

 

 

Salvo deroghe espressamente motivate dall'autorità competente in ragione delle opere da realizzare, l'inizio dei lavori avviene entro due anni dalla presentazione del piano di utilizzo.

7. Allo scadere dei termini di cui al comma 6, viene meno la qualifica di sottoprodotto del materiale da scavo con conseguente obbligo di gestire il predetto materiale come rifiuto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006. Resta impregiudicata la facoltà di presentare, entro i due mesi antecedenti la scadenza dei predetti termini, un nuovo Piano di Utilizzo che ha la durata massima di un anno.

2. Allo scadere dei termini di cui al comma 1, viene meno la qualifica di sottoprodotto delle terre e rocce da scavo con conseguente obbligo di gestire le stesse come rifiuti ai sensi della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.

8. In caso di violazione degli obblighi assunti nel Piano di Utilizzo viene meno la qualifica di sottoprodotto del materiale da scavo con conseguente obbligo di gestire il predetto materiale come rifiuto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.

3. In caso di violazione degli obblighi assunti nel piano di utilizzo viene meno la qualifica di sotto prodotto delle terre e rocce da scavo con conseguente obbligo di gestirle come rifiuto, ai sensi della Parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

9. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, il venir meno di una delle condizioni di cui all'articolo 4, comma 1, fa cessare gli effetti del Piano di Utilizzo e comporta l'obbligo di gestire il relativo materiale da scavo come rifiuto.

4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 15, il venir meno di una delle condizioni di cui all'articolo 4, comma 2, fa cessare la validità del piano di utilizzo e comporta l'obbligo di gestire le terre e rocce da scavo come rifiuto ai sensi della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

 

Articolo 7

Obblighi generali

 

1. Il Piano di Utilizzo di cui all'articolo 5 nonché le dichiarazioni rese conformemente all'articolo 6, devono essere conservati presso il sito di produzione del materiale escavato o presso la sede legale del proponente e, se diverso, anche dell'esecutore.

2. La documentazione di cui al comma 1 è conservata per cinque anni e resa disponibile in qualunque momento all'Autorità di controllo che ne faccia richiesta. Copia di tale documentazione deve essere conservata anche presso l'Autorità competente.

5. Il piano di utilizzo è conservato presso il sito di produzione delle terre e rocce da scava o presso la sede legale del proponente e, se diverso, anche dell'esecutore,

 

 

per cinque anni a decorrere dalla data di redazione dello stesso; e reso disponibile in qualunque momento all'autorità di controllo. Copia di tale documentazione è conservata anche dall'autorità competente.

 

 

Articolo 6

Situazioni di emergenza

 

1. In deroga all'articolo 5, in situazioni di emergenza dovute a causa di forza maggiore, la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, è attestata all'Autorità competente mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, resa nella forma di cui all'allegato 7. Dalla data della predetta dichiarazione il materiale da scavo può essere gestito nel rispetto di quanto dichiarato. Entro quindici giorni dalla data di inizio lavori, il soggetto che ha rilasciato la dichiarazione di cui al precedente periodo deve comunque presentare il Piano di Utilizzo secondo le modalità previste dall'articolo 5.

2. E' facoltà dell'Autorità competente eseguire controlli e richiedere verifiche e integrazioni alla documentazione presentata.

3. La deroga di cui al comma 1 non può essere applicata a quanto disciplinato all'articolo 5, comma 5.

 

 

 

Articolo 8

(Modifica del Piano di Utilizzo)

Articolo 15

(Aggiornamento del Piano di Utilizzo)

1. In caso di modifica sostanziale dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, indicati nel Piano di Utilizzo, il proponente o l'esecutore aggiornano il Piano di Utilizzo secondo la procedura prevista all'articolo 5.

1. In caso di modifica sostanziale dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, indicati nel piano di utilizzo, il proponente o l'esecutore aggiorna il piano di utilizzo e lo trasmette in via telematica ai soggetti di cui all'articolo 9, comma 1, corredato da idonea documentazione, anche di natura tecnica, recante le motivazioni a sostegno delle modifiche apportate. L'autorità competente verifica d'ufficio la completezza e la correttezza amministrativa della documentazione presentata e, entro trenta giorni dalla presentazione del piano di utilizzo aggiornato, può chiedere, in un'unica soluzione, integrazioni alla stessa documentazione. Decorso tale termine la documentazione si intende comunque completa.

2. Costituisce modifica sostanziale:

a) l'aumento del volume in banco oggetto del Piano di Utilizzo in misura superiore al 20%;

b) la destinazione del materiale escavato ad un sito di destinazione o ad un utilizzo diverso da quello indicato nel Piano di Utilizzo;

c) la destinazione del materiale escavato ad un sito di deposito intermedio diverso da quello indicato nel Piano di Utilizzo;

d) la modifica delle tecnologie di scavo.

 

 

 

 

 

 

 

3. Nei casi previsti dal comma 2, lettera a), il Piano di Utilizzo deve essere aggiornato entro quindici giorni dal momento in cui sia intervenuta la variazione. Decorso tale termine cessa, con effetto immediato, la qualifica del materiale escavato come sottoprodotto.

2. Costituisce modifica sostanziale:

a) l'aumento del volume in banco in misura superiore al 20% delle terre e rocce da scavo oggetto del piano di utilizzo;

b) la destinazione delle terre e rocce da scavo ad un sito di destinazione o ad un utilizzo diversi da quelli indicati nel piano di utilizzo;

c) la destinazione delle terre e rocce da scavo ad un sito di deposito intermedio diverso da quello indicato nel piano di utilizzo;

d) la modifica delle tecnologie di scavo.

Gli effetti delle modifiche sostanziali del piano di utilizzo sulla procedura di VIA sono definiti dalle disposizioni del Titolo III, della Parte Il, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

3. Nel caso previsto dal comma 2, lettera a) il piano di utilizzo è aggiornato entro 15 giorni, dal momento in cui sia intervenuta la variazione. Decorso tale termine cessa, con effetto immediato, la qualifica come sotto prodotto della quota parte delle terre e rocce da scavo eccedenti le previsioni del piano di utilizzo.

 

Decorsi sessanta giorni dalla trasmissione del piano di utilizzo aggiornato, senza che sia intervenuta richiesta di integrazione documentale da parte dell'autorità competente, le terre e rocce da scavo eccedenti il volume del piano originario sono gestite in conformità al piano di utilizzo aggiornato.

4. Nei casi previsti dal comma 2, lettere b) e c), in attesa del completamento della procedura di cui al comma 1, il materiale escavato non può essere destinato ad un utilizzo diverso da quello indicato nel Piano di Utilizzo.

 

4. Nei casi previsti dal comma 2, lettere b) e c) decorsi 60 giorni dalla trasmissione del piano di utilizzo aggiornato, le terre e rocce da scavo non possono essere utilizzate e gestite in modo conforme al piano di utilizzo aggiornato, senza che sia intervenuta richiesta di integrazione documentale da parte dell'autorità competente.

5. Nei casi previsti dal comma 2, lettera d), in attesa del completamento della procedura di cui al comma 1, il materiale non potrà essere escavato con tecnologie diverse da quelle previste dal Piano di Utilizzo.

5. Nel caso previsto dal comma 2, lettera d), decorsi 60 giorni dalla trasmissione del piano di utilizzo aggiornato, le terre e rocce da scavo possono essere scavate con le tecnologie previste dal piano di utilizzo aggiornato, senza che sia intervenuta richiesta di integrazione documentale da parte dell'autorità competente.

 

6. La procedura di aggiornamento del piano di utilizzo relativa alle modifiche sostanziali di cui alla lettera b) del comma 2, può essere effettuata per un massimo di due volte, fatte salve eventuali circostanze sopravvenute impreviste, imprevedibili e motivate.

 

 

 

Articolo 16

(Proroga del piano di utilizzo e accertamenti sul piano di utilizzo aggiornato o prorogato)

 

1. Il termine di cui all'articolo 14, comma 1, relativo all'inizio dei lavori o alla durata del piano di utilizzo, può essere prorogato una sola volta e per la durata massima di due anni in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate. A tal fine il proponente, prima della scadenza dei suddetti termini, trasmette in via telematica all'autorità competente e all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale, una comunicazione con l'indicazione del nuovo termine e delle motivazioni a giustificazione della proroga.

2. Nel caso di aggiornamento o proroga del piano di utilizzo l'autorità competente, qualora accerti la mancata sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, o della motivazione richiesta dal comma precedente o dall'articolo 15, comma 6, dispone con provvedimento motivato il divieto di gestire le terre e rocce da scavo come sottoprodotti. Per verificare la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, lettera d), l'autorità competente, può chiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale di effettuare le necessarie verifiche secondo la procedura di cui all'articolo 10, comma 2.

 

 

Articolo 9

Realizzazione del Piano di Utilizzo

Articolo 17

(Realizzazione del piano di utilizzo)

 

 

1. Il proponente del Piano di Utilizzo deve comunicare all'Autorità competente l'indicazione dell'esecutore del Piano di Utilizzo prima dell'inizio dei lavori di realizzazione dell'opera.

1. Prima dell'inizio dei lavori, il proponente comunica, in via telematica, all'autorità competente e all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale i riferimenti dell'esecutore del piano di utilizzo.

2. A far data dalla comunicazione di cui al comma 1, l'esecutore del Piano di Utilizzo è tenuto a far proprio e rispettare il Piano di Utilizzo e ne è responsabile.

2. A far data dalla comunicazione di cui al comma 1, l'esecutore del piano di utilizzo è tenuto a far proprio e rispettare il piano di utilizzo e ne è responsabile.

3. L'esecutore del Piano di Utilizzo redigerà la modulistica necessaria a garantire la tracciabilità del materiale di cui agli allegati 6 e 7.

3. L'esecutore del piano di utilizzo redigerà la modulistica di cui agli allegati 6 e 7, necessaria a garantire la tracciabilità delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti.

 

 


 

Articolo 13

Gestione dei dati

Articolo 18

(Gestione dei dati)

1. Al fine di garantire pubblicità e trasparenza dei dati relativi alla qualità ambientale del territorio nazionale, ogni Autorità competente comunica i pareri in merito ai piani di utilizzo all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) onde consentire l'aggiornamento della cartografia relativa ai vari punti di campionatura eseguiti, cui va associato un archivio dei valori delle concentrazioni di inquinanti riscontrati nelle verifiche pervenute.

 

 

 

2. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), entro trenta giorni dalla entrata in vigore del presente regolamento, pubblica sul proprio sito web un disciplinare che definisca le informazioni da trasmettere, gli standard e le modalità di trasmissione.

1. AI fine di garantire pubblicità e trasparenza dei dati relativi alla qualità ambientale del territorio nazionale, ogni autorità competente comunica i dati dei piani di utilizzo all'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA), onde consentire l'aggiornamento della cartografia relativa campionamenti, cui è associato un archivio dei valori delle concentrazioni di contaminanti riscontrati nelle verifiche pervenute. La comunicazione è inviata anche alla Regione o Provincia Autonoma ed all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale.

2. L'ISPRA, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, pubblica sul proprio sito web un disciplinare tecnico per definire gli standard delle informazioni e le modalità di trasmissione delle stesse.

 

 

Articolo 4, comma 3

(Disposizioni generali)

Articolo 19

(Disciplina dei costi sostenuti dall'ARPA e dall'APPA)

3. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), entro tre mesi dalla pubblicazione del presente regolamento, predispone un tariffario nazionale da applicare al proponente per la copertura dei costi sopportati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) territorialmente competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 5 del presente regolamento, individuando il costo minimo e un costo proporzionale ai volumi di materiale da scavo. Nei successivi tre mesi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta, con proprio decreto, il tariffario nazionale, e definisce le modalità di stipula di idonee garanzie finanziarie qualora l'opera di progettazione ed il relativo Piano di Utilizzo non vada a buon fine. Nelle more di approvazione e adozione del tariffario nazionale, i costi sono definiti dai tariffari delle ARPA o APPA territorialmente competenti.

1. L'ISPRA, entro tre mesi dalla pubblicazione del presente regolamento, predispone un tariffario nazionale da applicare al proponente per la copertura dei costi sopportati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale territorialmente competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 9, 10, 11, 12, 16, 20 e 21 del presente regolamento, individuando il costo minimo e un costo proporzionale ai volumi di terre e rocce da scavo. Nei successivi tre mesi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta, con proprio decreto, il tariffario nazionale. Nelle more dell'adozione del tariffario nazionale, i costi sono definiti, dai tariffari delle ARPA o APPA territorialmente competenti.

 

 

 

Capo III

Terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di piccole dimensioni

Articolo 41-bis del D.L. 69/2013

Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo

Articolo 20

(Ambito di applicazione)

1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, in deroga a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161, i materiali da scavo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), del citato regolamento, prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti, sono sottoposti al regime di cui all'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni, se il produttore dimostra:

a) che è certa la destinazione all'utilizzo direttamente presso uno o più siti o cicli produttivi determinati;

b) che, in caso di destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, non sono superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione e i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale;

 

 

 

c) che, in caso di destinazione ad un successivo ciclo di produzione, l'utilizzo non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime;

d) che ai fini di cui alle lettere b) e c) non è necessario sottoporre i materiali da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.

1. Le disposizioni del presente Capo si applicano alle terre e rocce da scavo prodotte in cantieri di piccole dimensioni, come definiti nell'articolo 2, comma 1, lettera z), se, con riferimento ai requisiti ambientali di cui all'articolo 4, comma 2, lettera d), il produttore dimostra,

 

 

 

 

 

 

 

qualora siano destinate a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, che non siano superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1, dell'allegato 5, alla Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione, e che le terre e rocce da scavo non costituiscono fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale.

 

2. Nel caso in cui, per fenomeni di origine naturale siano superate le concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B, della Tabella 1, dell'allegato 5, alla Parte IV, del decreto n. 152 del 2006, i valori di fondo naturale sostituiscono le suddette concentrazioni soglia di contaminazione. A tal fine, i valori di fondo da assumere sono definiti con la procedura di cui all'articolo 11, comma 1, in tal caso l'utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti è possibile nel rispetto delle condizioni indicate nell'articolo 11, comma 2.

 

3. Qualora il sito di produzione delle terre e rocce da scavo ricada in un sito oggetto di bonifica, su richiesta e con oneri a carico del produttore, i requisiti di qualità ambientale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera d) sono validati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale competente per territorio, secondo la procedura definita nell'articolo 12. L'Agenzia regionale di protezione ambientale o l'Agenzia provinciale di protezione ambientale, entro sessanta giorni dalla data della richiesta, comunica al produttore se per le terre e rocce da scavo i parametri e i composti pertinenti al procedimento di bonifica non superano le concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della medesima Tabella 1 sopra indicata, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e di destinazione, affinché siano indicati nella dichiarazione di cui all'articolo 21.

 

 

Articolo 41-bis del D.L. 69/2013

Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo

Articolo 21

(Dichiarazione di utilizzo per i cantieri di piccole dimensioni)

2. Il proponente o il produttore attesta il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 tramite dichiarazione resa all'Agenzia regionale per la protezione ambientale ai sensi e per gli effetti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, precisando le quantità destinate all'utilizzo, il sito di deposito e i tempi previsti per l'utilizzo, che non possono comunque superare un anno dalla data di produzione, salvo il caso in cui l'opera nella quale il materiale è destinato ad essere utilizzato preveda un termine di esecuzione superiore.

1. La sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 4, comma 2, è attestata dal produttore tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e trasmessa, anche solo in via telematica, almeno 15 giorni prima dell'inizio dei lavori di scavo, al comune del luogo di produzione e all'Agenzia regionale per la protezione ambientale o all'Agenzia provinciale per la protezione ambientale territorialmente competente. Nella dichiarazione il produttore indica le quantità di terre e rocce da scavo destinate all'utilizzo come sottoprodotti, l'eventuale sito di deposito intermedio, il sito di destinazione, gli estremi delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere e i tempi previsti per l'utilizzo, che non possono comunque superare un anno dalla data di produzione delle terre e rocce da scavo, salvo il caso in cui l'opera nella quale le terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti sono destinate ad essere utilizzate, preveda un termine di esecuzione superiore.

 

2. La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui al comma 1, assolve la funzione del piano di utilizzo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i).

 

3. Nel caso di modifica sostanziale dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, il produttore aggiorna la dichiarazione di cui al comma 1 e la trasmette, anche solo in via telematica, al comune del luogo di produzione e all'Agenzia regionale per la protezione ambientale o all'Agenzia provinciale per la protezione ambientale. Decorsi 15 giorni dalla trasmissione della dichiarazione aggiornata, le terre e rocce da scavo possono essere gestite in conformità alla dichiarazione aggiornata. Costituiscono modifiche sostanziali le modifiche indicate all'articolo 15, comma 2. Qualora la variazione riguardi il sito di destinazione o il diverso utilizzo delle terre e rocce da scavo, l'aggiornamento della dichiarazione può essere effettuato per un massimo di due volte, fatte salve eventuali circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate.

 

4. I tempi previsti per l'utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti possono essere prorogati una sola volta e per la durata massima di sei mesi, in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste, imprevedibili e motivate. A tal fine il produttore, prima della data di scadenza del termine di utilizzo indicato nella dichiarazione, comunica al comune del luogo di produzione e all'Agenzia regionale per la protezione ambientale o all'Agenzia provinciale per la protezione ambientale, il nuovo termine di utilizzo, motivando le ragioni della proroga.

Le attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico-sanitaria.

 

5. Le attività di scavo e di utilizzo sono autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

 

6. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, le Agenzie regionali di protezione ambientale, le Agenzie provinciali di protezione ambientale effettuano, secondo una programmazione annuale, le ispezioni, i controlli, i prelievi e le verifiche necessarie ad accertare il rispetto degli obblighi assunti nella dichiarazione di cui al comma 1. L'onere economico derivante dallo svolgimento delle attività di controllo è a carico del produttore.

 

7. L'autorità competente, qualora accerti la mancata sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, o della motivazione di cui ai commi 3 e 4, dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione, delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

 

 

 

Articolo 22

(Cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA e AIA)

 

1. Le terre e rocce da scavo generate in cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, come definiti nell'articolo 2, comma 1, lettera bb), per essere qualificate sottoprodotti devono rispettare i requisiti di cui all'articolo 4, comma 2, nonché i requisiti ambientali indicati nell'articolo 20. Il produttore attesta il rispetto dei requisiti richiesti mediante la predisposizione e la trasmissione della dichiarazione di cu', all'articolo·2l secondo le procedure e le modalità indicate negli articoli 20 e 21.

 

 

 

TITOLO III

CAPO I

DISPOSIZIONI SULLE TERRE E ROCCE DA SCAVO QUALIFICATE RIFIUTI

 

Articolo 23

(Disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti)

 

1. Per le terre e rocce da scavo qualificate con i codici dell'Elenco europeo dei rifiuti 17.05.04 o 17.05.03" il deposito temporaneo di cui all'articolo 183, comma 1, lettera bb), del decreto legislativo n. 152 del 2006 si effettua, attraverso il raggruppamento e il deposito preliminare alla raccolta delle terre e rocce da scavo realizzati presso il sito di produzione, prima della raccolta e ai fini del successivo trasporto agli impianti di recupero o di smaltimento, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) sono depositate nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e sono gestiti conformemente al regolamento(CEI 850/2004, se le terre e rocce qualificate come rifiuti contengono inquinanti organici persistenti di cui al suddetto regolamento;

b) sono raccolte e avviate a operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative: 1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; 2) quando il quantitativo in deposito raggiunga complessivamente i 4000 metri cubi, di cui non oltre 800 metri cubi di rifiuti classificati come pericolosi. In ogni caso, allorché i suddetti rifiuti non superino il predetto limite quantitativo, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

c) è effettuato nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

d) è realizzato, nel caso di rifiuti pericolosi, in maniera tale da evitare la contaminazione delle matrici ambientali. In particolare è garantito un idoneo isolamento dal suolo, nonché la protezione dall'azione del vento e dalle acque meteoriche, anche con il convogliamento delle acque stesse.

 

 

 

TITOLO IV

TERRE E ROCCE DA SCAVO ESCLUSE DALL'AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA SUI RIFIUTI

CAPO I

 

Articolo 24

(Utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce escluse dalla disciplina rifiuti)

 

1. L'utilizzo nello stesso sito in cui sono prodotte delle terre e rocce da scavo escluse dall'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti è disciplinato dall'articolo 185, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. Nel caso in cui la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale, la sussistenza delle condizioni e dei requisiti di cui all'art. 185, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 152 del 2006 è effettuata in via preliminare, in funzione del livello di progettazione e in fase di stesura dello studio di impatto ambientale (SIA), attraverso la presentazione di un "Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti" che contenga:

a) descrizione dettagliata delle opere da realizzare, comprese le modalità di scavo;

b) inquadramento ambientale del sito (geografico, geomorfologico, geologico, idrogeologico, destinazione d'uso delle aree attraversate, ricognizione dei siti a rischio potenziale di inquinamento);

c) proposta del piano di caratterizzazione delle terre e rocce da scavo da eseguire nella fase di progettazione esecutiva o comunque prima dell'inizio dei lavori, che contenga almeno:

1. numero e caratteristiche dei punti di indagine;

2. numero e modalità dei campionamenti da effettuare;

3. parametri da determinare;

d) volumetrie previste delle terre e rocce da scavo;

e) modalità e volumetrie previste delle terre e rocce da scavo da riutilizzare in sito previste.

3. In fase di progettazione esecutiva o comunque prima dell'inizio dei lavori, in conformità alle previsioni del "Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti" di cui al comma 2, il proponente o l'esecutore:

a) effettua il campionamento dei terreni, nell'area interessata dai lavori, per la loro caratterizzazione al fine di accertarne la non contaminazione ai fini dell'utilizzo allo stato naturale, in conformità con quanto pianificato in fase di autorizzazione;

b) redige, accertata l'idoneità delle terre e rocce scavo all'utilizzo ai sensi e per gli effetti dell'articolo 185, comma 1, lettera c), un apposito progetto in cui sono definite:

1. le volumetrie definitive di scavo delle terre e rocce;

2. la quantità delle terre e rocce da riutilizzare;

3. la collocazione e durata dei depositi delle terre e rocce da scavo;

4. la collocazione definitiva delle terre e rocce da scavo.

4. Gli esiti delle attività eseguite ai sensi del comma 3 sono trasmessi all'autorità competente e all'Agenzia regionale di protezione ambientale o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale, prima dell'avvio dei lavori.

5. Qualora in fase di progettazione esecutiva o comunque prima dell'inizio dei lavori non venga accertata l'idoneità del materiale scavato all'utilizzo ai sensi dell'articolo 185, comma 1, lettera c), le terre e rocce sono gestite come rifiuti ai sensi della Parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

 

 

TITOLO V

(TERRE E ROCCE DA SCAVO NEI SITI OGGETTO DI BONIFICA)

CAPO I

 

Articolo 25

(Utilizzo nel sito)

 

1. Sulla base dei risultati della caratterizzazione di cui all'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006, all'interno di un sito oggetto di bonifica l'utilizzo delle terre e rocce prodotte dagli scavi è consentito a 16 condizione che sia garantita la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione o ai valori di fondo per la specifica destinazione d'uso. Nel caso in cui l'utilizzo delle terre e rocce da scavo sia inserito all'interno di un progetto di bonifica approvato, si applica quanto previsto dall'articolo 242, comma 7, del decreto legislativo n.152 del 2006.

2. Le terre e rocce da scavo non conformi alle concentrazioni soglia di contaminazione o ai valori di fondo, ma inferiori alle concentrazioni soglia di rischio, possono essere utilizzate nello stesso sito alle seguenti condizioni:

a) le concentrazioni soglia di rischio, all'esito dell'analisi di rischio, sono preventivamente approvate dall'autorità ordinariamente competente, nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 o 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006, mediante convocazione di apposita conferenza di servizi. Le terre e rocce da scavo conformi alle concentrazioni soglia di rischio sono riutilizzate nella medesima area assoggettata all'analisi di rischio e nel rispetto del modello concettuale preso come riferimento per l'elaborazione dell'analisi, di rischio. Non è consentito l'impiego di terre e rocce da scavo conformi alle concentrazioni soglia di rischio in sub-aree nelle quali è stato accertato il rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione;

b) qualora ai fini del calcolo delle concentrazioni soglia di rischio non sia stato preso in considerazione il percorso di lisciviazione in falda, l'utilizzo delle terre e rocce da scavo è consentito solo nel rispetto delle condizioni e delle limitazioni d'uso indicate all'atto dell'approvazione dell'analisi di rischio da parte dell'autorità competente.

 

 

 

Articolo 26

(Procedure di caratterizzazione e scavo)

 

1. Ai fini dell'articolo 25 e per le opere da realizzare nei siti oggetto di bonifica, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 34, comma 7, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, si applicano le seguenti procedure:

a) nella realizzazione degli scavi è analizzato un numero significativo di campioni di suolo e sottosuolo insaturo prelevati da stazioni di misura rappresentative dell'estensione dell'opera e del quadro ambientale conoscitivo. Il piano di dettaglio, comprensivo della lista degli analiti da ricercare è concordato con l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente o con l'Agenzia provinciale per la Protezione dell'Ambiente territorialmente competente che si pronuncia entro non oltre il termine trenta giorni dalla richiesta del proponente, eventualmente stabilendo particolari prescrizioni in relazione alla specificità del sito e dell'intervento. Il proponente, trenta giorni prima dell'avvio dei lavori, trasmette agli Enti interessati il piano operativo degli interventi previsti e un dettagliato cronoprogramma con l'indicazione della data di inizio dei lavori;

b) le attività di scavo sono effettuate senza creare pregiudizio agli interventi e alle opere di prevenzione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino necessarie ai sensi della Parte IV, titolo V, e della Parte VI del decreto n. 152 del 2006 e nel rispetto della normativa vigente in tema di salute e sicurezza dei lavoratori. Sono altresì essere adottate le precauzioni necessarie a non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali interessate e, in particolare, delle acque sotterranee soprattutto in presenza di falde idriche superficiali. Le eventuali fonti attive di contaminazione, quali rifiuti o prodotto libero, rilevate nel corso delle attività di scavo, sono rimosse e gestite nel rispetto delle norme in materia di gestione rifiuti.

 

 

 

TITOLO VI

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

CAPO I

Articolo 15

Disposizioni finali e transitorie

Articolo 27

(Norme di raccordo, transitorie e finali)

1. Fatti salvi gli interventi realizzati e conclusi alla data di entrata in vigore del presente regolamento, al fine di garantire che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa prevista dall'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni a quella prevista dal presente regolamento, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, i progetti per i quali è in corso una procedura ai sensi e per gli effetti dell'articolo 186, del decreto legislativo n. 152 del 2006, possono essere assoggettati alla disciplina prevista dal presente regolamento con la presentazione di un Piano di Utilizzo ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5. Decorso il predetto termine senza che sia stato presentato un Piano di Utilizzo ai sensi dell'articolo 5, i progetti sono portati a termine secondo la procedura prevista dall'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006. In ogni caso, dall'applicazione del presente comma non possono derivare oneri aggiuntivi per la spesa pubblica.

1. Fatti salvi gli interventi realizzati e conclusi alla data di entrata in vigore del presente regolamento, al fine di garantire che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella del presente regolamento, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento, i progetti per i quali è in corso una procedura ai sensi e per gli effetti del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161, o dell'articolo 41-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, possono essere assoggettati alla disciplina prevista dal presente regolamento con la trasmissione del piano di utilizzo o della dichiarazione di cui all'articolo 21 adeguato alle disposizioni e alle procedure definite dal presente regolamento. Decorso il predetto termine senza che sia stato presentato un piano di utilizzo o la suddetta dichiarazione conforme alle disposizioni del presente regolamento, le opere sono portate a termine secondo la procedura previgente. In ogni caso, dall'applicazione del presente comma non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

2. Le disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 2, si applicano, su richiesta del proponente, anche alle procedure di VIA già avviate purché non sia già stato emanato il provvedimento finale.

3. In caso di inottemperanza alla corretta gestione dei materiali di scavo secondo quanto disposto dal presente regolamento il materiale scavato verrà considerato rifiuto ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.

3. I materiali già scavati, raccolti o depositati in cumuli e, eventualmente, anche utilizzati in tutto o in parte, per realizzare reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati o opere in terra, anche anteriormente, non sono considerati rifiuti, ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006, né rientrano nella nozione di discarica, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, qualora depositati sul suolo o nel suolo, se, a seguito di caratterizzazione ambientale dei relativi siti di deposito e di destinazione finale, questi ultimi rispettano le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), di cui alle colonne A e B, della Tabella 1 dell'allegato 5 al titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, in relazione alla loro specifica destinazione d'uso finale. A tal fine il soggetto proponente deve presentare all'autorità competente un Piano di Utilizzo, ave già non presentato ed approvato, corredato dalla richiesta documentazione, ovvero la sola documentazione relativa alla caratterizzazione ambientale, entro 120 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

2. Gli introiti derivanti dalle attività di cui all'articolo 5 da parte dell'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o delle Agenzie provinciali di protezione ambientale (APPA) sono accantonati su apposito capitolo di entrata. Detti fondi sono utilizzati per acquisire risorse umane e strumentali finalizzate all'esercizio di dette attività e a quelle di controllo di cui all'articolo 14.

4. I proventi derivanti dalle tariffe corrisposte dai proponenti o dai produttori per le prestazioni rese dall’Agenzia regionale di protezione ambientale o della Agenzia provinciali di protezione ambientale nonché dagli organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici di cui all'articolo 13, comma 1, dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollente, per le attività di cui agli articoli 9, 10, 11,12,16, comma 2, 20 e 21, comma 6, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con propri decreti, a trasferire ai soggetti competenti i proventi derivanti dalle tariffe per la copertura degli oneri derivanti dalle attività di cui agli articoli 9, 10, 11, 12, 16, comma 2, 20 e 21, comma 6.

 

5. Le modifiche agli allegati sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere dell'Istituto superiore per la ricerca ambientale e dell'Istituto Superiore di Sanità, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.18

 

 

Articolo 14

Controlli e ispezioni

Articolo 28

(Controlli e ispezioni)

1. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, le autorità di controllo effettuano, mediante ispezioni, controlli e prelievi, le verifiche necessarie ad accertare il rispetto degli obblighi assunti nel Piano di Utilizzo ovvero nella dichiarazione di cui all'articolo 6, comma 2, secondo quanto previsto all'allegato 8, parte B.

1. Fermi restando i compiti di vigilanza e controllo stabiliti dalle norme vigenti, le autorità di controllo effettuano, mediante ispezioni, controlli e prelievi, le verifiche necessarie ad accertare il rispetto delle disposizioni del presente regolamento e, con riferimento alle disposizioni del Titolo Il, degli obblighi assunti nel piano di utilizzo o alla dichiarazione di cui all'articolo 21, ovvero nella dichiarazione di avvenuto utilizzo.

 

 

Articolo 16

Clausola di riconoscimento reciproco

Articolo 29

(Clausola di riconoscimento reciproco)

1. La presente regolamentazione non comporta limitazione alla commercializzazione di materiali legalmente commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia né a quelle legalmente fabbricate in uno Stato dell'EFTA, parte contraente dell'accordo SEE, purché le stesse garantiscano i livelli di sicurezza, prestazioni ed informazione equivalenti a quelli prescritti dal presente decreto.

1. Il presente regolamento non comporta limitazione alla commercializzazione di materiali legalmente commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia né a quelle legalmente fabbricate in uno Stato deII'EFTA, parte contraente dell'accordo SEE, purché le stesse garantiscano i livelli di sicurezza, prestazioni ed informazione equivalenti a quelli prescritti dal presente decreto.

2. Ai sensi del regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008, l'Autorità Competente, ai fini dell'applicazione, ove necessario, delle procedure di valutazione previste, è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

2. Ai sensi del regolamento (CE) n. 764/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008, l'Autorità Competente, ai fini dell'applicazione, ove necessario, delle procedure di valutazione previste, è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

 

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

 

 

 

 

Articolo 30

(Clausola di invarianza finanziaria)

 

1. Dall'attuazione del presente regolamento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nonché con le risorse derivanti dall'applicazione delle tariffe previste dal presente decreto.

 

 

 

Articolo 31

(Abrogazioni)

 

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è abrogato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161.

2. Sono altresì abrogate le seguenti disposizioni:

a) gli articoli 184 -bis, comma 2-bis, e 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

b) l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28;

c) gli articoli 41, commi 2 e 3, lettera a), e 41-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;

3. Sono fatti salvi i procedimenti, avviati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, che alla data di entrata in vigore del presente decreto risultano ancora in corso o già conclusi.


Procedure di contenzioso

(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Nell’ambito del caso EU Pilot 5554/13/ENVI, la Commissione europea ha richiesto all’Italia chiarimenti sulla vigente disciplina in materia di utilizzazione delle terre e rocce da scavo – dettata dal decreto interministeriale 10 agosto 2012, n. 161 - ipotizzando una presunta violazione del diritto dell’UE in materia ambientale. In particolare le richieste della Commissione europea riguardano le norme che disciplinano la classificazione delle rocce da scavo come sottoprodotti invece che come rifiuti.

Il citato decreto interministeriale prevede che il costruttore che intenda classificare le rocce da scavo come sottoprodotto invece che come rifiuto debba presentare un piano di utilizzo, in cui siano indicate le analisi effettuate e i risultati ottenuti, dal momento che  le terre da scavo possono essere classificate come sottoprodotti se le analisi indicano che esse non contengono contaminanti in concentrazioni superiori a determinate soglie. Il decreto prevede - all’articolo 5, comma 3 - un termine di 90 giorni entro i quali le autorità competenti devono approvare o rigettare il piano; trascorso tale termine, il proponente gestisce il materiale da scavo nel rispetto del piano di utilizzo.

La Commissione europea ritiene che il “silenzio assenso” previsto dall’articolo 5 del decreto sia incompatibile con il diritto dell’UE in materia ambientale, dal momento che - come confermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (causa C-194/05) - la classificazione dei materiali come sottoprodotti deve essere effettuata caso per caso; pertanto, si chiede alle autorità italiane di modificare il testo del decreto.

Dal canto loro, le autorità italiane – pur rilevando che il meccanismo previsto dal decreto in questione non configura un “silenzio assenso” ma piuttosto un “silenzio inadempimento”, che non preclude all’autorità la verifica caso per caso - hanno concordato sull’opportunità di intervenire a modificare la disciplina per evitare qualsiasi incertezza.

Nello schema di decreto sottoposto al parere parlamentare  - che semplifica la normativa in materia di terre e rocce da scavo, abrogando tra l’altro il decreto interministeriale oggetto dei rilievi della Commissione europea – in luogo della preventiva approvazione del piano di utilizzo da parte delle autorità competenti è prevista una segnalazione certificata di inizio attività, a condizione che siano rispettati i criteri richiesti.

La Commissione europea ha avanzato un secondo rilievo: il medesimo decreto interministeriale stabilisce che le terre da scavo possano essere classificate come sottoprodotti, nel caso in cui siano utilizzabili direttamente, senza ulteriori trattamenti ad esclusione della normale pratica industriale; a parere della Commissione europea, l’allegato 3 al decreto interministeriale n. 161/2012 – che esemplifica i casi di normale pratica industriale – prevede anche operazioni che sono da ritenersi veri e propri trattamenti di rifiuti[3].

Su tali basi la Commissione europea ha richiesto una modifica legislativa, sulla cui necessità le autorità italiane hanno concordato. Nello schema di decreto sottoposto al parere parlamentare, all’allegato 3 le operazioni oggetto di rilievo da parte della Commissione europea non figurano tra le operazioni di normale pratica industriale.



[1]     In realtà un primo tentativo in questo senso era già stato operato in precedenza dall’art. 14 del D.L. 138/2002, ma tale norma è stata poi superata ed abrogata dal D.Lgs. 152/2006.

[2]     Si ricorda che l’eluato del test di cessione è il liquido prodotto dal medesimo test, ossia dalla prova simulata di rilascio di contaminanti effettuata su campioni di suolo.

[3]     La Commissione europea di riferisce a: "la stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma idoneamente sperimentata per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie per il loro utilizzo " (allegato 3, terzo trattino) e "la riduzione della presenza nel materiale da scavo degli elementi/materiali antropici (ivi inclusi, a titolo esemplificativo, frammenti di vetroresina, cementiti, bentoniti)" (allegato 3, quinto trattino).