Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disciplina degli enti locali - Focus tematici - Schede di approfondimento
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 245
Data: 08/07/2016
Descrittori:
ENTI LOCALI     

 

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Disciplina degli enti locali
Focus tematici

 

Schede di approfondimento

 

 

 

 

 

 

n. 245

 

 

 

8 luglio 2016

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855– * st_istituzioni@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233– * st_bilancio@camera.it

 

 

 

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File: ac0604 I.docx

 


INDICE

Normativa statale

Vincoli di bilancio  3

Contenimento spese per consumi intermedi 10

Altre tipologie di spesa  16

Vincoli per l’assunzione del personale degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno (dal 2016 pareggio di bilancio) 19

Acquisizione centralizzata per gli enti locali 24

Unioni di comuni, enti di area vasta e servizi pubblici locali 32

Fusioni di comuni 48

Obblighi di trasparenza per le amministrazioni locali 54

Controlli sugli enti locali 64

Legislazione regionale (A cura della Conferenza delle Assemblee legislative regionali)

In materia di bilancio  75

In relazione ai piccoli comuni 90

 

 


Normativa statale

 


Vincoli di bilancio

Il decreto legislativo n. 118 del 2011, corretto e integrato dal decreto legislativo n. 126 del 2014, ha ridefinito l’ordinamento contabile degli enti territoriali e dei loro enti e organismi strumentali, fondato sulla trasparenza e sulla corretta rappresentazione della situazione finanziaria, economico e patrimoniale, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e delle verifiche in ambito europeo, attraverso l’adozione di regole contabili uniformi, di un comune piano dei conti integrato e di comuni schemi di bilancio e di rendiconto per missioni e programmi, l’affiancamento al sistema di contabilità finanziaria di un sistema di contabilità economico-patrimoniale, nonché l’adozione di un bilancio consolidato con le aziende, società od altri organismi controllati.

Il processo di armonizzazione, inoltre, assume rilievo anche ai fini dello smaltimento dei debiti pregressi - favorendo peraltro la chiusura della procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell’Italia per il ritardo dei pagamenti delle Amministrazione pubbliche – in quanto, grazie all’applicazione congiunta del principio della “competenza finanziaria rafforzata” e della procedura del riaccertamento straordinario dei residui, in sede di rendiconto dovrebbe risultare possibile:

a)     conoscere l’ammontare dei debiti commerciali degli enti territoriali liquidi ed esigibili alla fine di ciascun esercizio;

b)     determinare risultati di amministrazione rappresentativi dell’effettiva situazione finanziaria dell’ente, in quanto riferita a crediti e debiti certi, liquidi ed esigibili e determinata anche in considerazione dell’ammontare dei crediti di dubbia e difficile esazione, dei vincoli e dei rischi a carico dell’ente.

 

Al fine di favorire la transizione al nuovo ordinamento contabile, il decreto legislativo n. 118 del 2011 ha previsto un’applicazione graduale dei nuovi principi e dei nuovi istituti, consentendo agli enti di distribuire in più esercizi l’attività di adeguamento alla riforma e di limitare nei primi esercizi gli accantonamenti in bilancio riguardanti i crediti di dubbia esigibilità[1].

Per gli enti locali di piccole dimensione (enti con popolazione inferiore a 5.000 abitanti) è prevista una gradualità ancora maggiore, con la facoltà per questi enti di rinviare la contabilità economico patrimoniale e il bilancio consolidato all’esercizio 2017.

 

L’attività più impegnativa richiesta nel 2015 agli enti territoriali - oltre all’applicazione del principio applicato della programmazione concernente gli esercizi 2016-2018 - ha riguardato l’applicazione della nuova configurazione del principio della competenza finanziaria potenziata (secondo la quale le obbligazioni attive e passive giuridicamente perfezionate, sono registrate nelle scritture contabili nel momento in cui l’obbligazione sorge ma con l’imputazione all’esercizio nel quale esse vengono a scadenza) e la correlata attività di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, volta a determinare un tendenziale ridimensionamento delle poste in conto residui, che verrebbero dunque a rappresentare solo i crediti e debiti veri ed esigibili delle pubbliche amministrazioni territoriali.

Il riaccertamento straordinario, in particolare, ha offerto agli enti la possibilità di eliminare dai bilanci:

a)     i residui attivi riconosciuti insussistenti, per l’avvenuta legale estinzione o per indebito o erroneo accertamento del credito, in modo da chiudere definitivamente la stagione dei “disavanzi occulti”;

b)     i residui attivi che non corrispondono a crediti esigibili. I cd. crediti futuri sono stati reimputati contabilmente agli esercizi di competenza;

c)     i residui passivi cui non corrispondono obbligazioni giuridiche, al fine di evitare, nel futuro, il ripresentarsi di situazioni eccezionali per la loro sistemazione, quali la concessione di anticipazioni di liquidità da parte dello Stato per il pagamento dei debiti pregressi. I debiti potenziali eliminati dai residui passivi sono ora rappresentati tra i fondi rischi e i fondi spese future;

d)     i residui passivi che non corrispondono a debiti esigibili, reimputati agli esercizi di competenza.

La riforma ha previsto modalità “straordinarie” di recupero dell’eventuale disavanzo derivante dal processo di riaccertamento straordinario dei residui (articolo 3, commi 15 e 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011), consentendo tempi di copertura molto lunghi, fino a 30 esercizi in quote costanti (art. 1, comma 538, lettera b), punto 1), della legge n. 190/2014).

 

Gli adempimenti richiesti per l’avvio a regime della riforma nel 2016 sono:

Ø  adozione degli schemi di bilancio e di rendiconto per missioni e programmi, di cui agli allegati n. 9 e 10 al D.Lgs. n. 118 del 2011. A decorrere dal 2016 gli enti territoriali, i loro organismi strumentali e i loro enti strumentali in contabilità finanziaria approvano il bilancio di previsione almeno triennale predisposto ed approvato nel rispetto dello schema di bilancio armonizzato; anche il documento tecnico di accompagnamento, il PEG, deve essere aggiornato al D.Lgs. n. 118/2011, adottando la classificazione delle entrate per titoli, tipologie, categorie e capitoli/articoli e delle spese per missioni, programmi, titoli, macroaggregati, e capitoli/articoli e introducendo le previsioni di cassa annuali e le previsioni di competenza almeno triennali. Nel 2016 entra in vigore anche la disciplina “armonizzata” delle variazioni di bilancio, con l’obbligo di allegare ai provvedimenti di variazione il prospetto di cui agli allegati n. 8 al decreto legislativo n. 118 del 2011, destinato al tesoriere;

Ø  applicazione completa della codifica della transazione elementare ad ogni atto gestionale e della codifica del bilancio armonizzato ai titoli di incasso e di pagamento;

Ø  adozione del piano dei conti integrato di cui all’articolo 4 e allegato n. 6 del D.Lgs. n. 118 del 2011;

Ø  adozione dei principi contabili applicati della contabilità economico patrimoniale e del bilancio consolidato, al fine di consentire l’affiancamento della contabilità economico patrimoniale alla contabilità finanziaria, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, necessaria per l’elaborazione del rendiconto 2016, completo del conto economico e dello stato patrimoniale previsti dall’allegato n. 10 al D.Lgs. n. 118/2011.

Ø  elaborazione del bilancio consolidato dell’esercizio 2016. Per gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti è prevista la possibilità di un ulteriore rinvio all’esercizio 2017.

Nel 2016, come prima applicazione del principio contabile applicato concernente il bilancio consolidato, si richiedono i seguenti adempimenti:

-   predisposizione e approvazione in giunta di due distinti elenchi riguardanti:

a) gli enti, le aziende e le società che compongono il gruppo amministrazione pubblica, evidenziando gli enti, le aziende e le società che, a loro volta, sono a capo di un gruppo di amministrazioni pubbliche o di imprese;

b) gli enti, le aziende e le società componenti del gruppo compresi nel bilancio consolidato  (criterio irrilevanza e impossibilità).

-   trasmissione delle direttive agli enti i cui bilanci sono destinati ad essere compresi nel bilancio consolidato, concernenti le modalità e le scadenze per l’invio della documentazione necessaria per l’elaborazione del consolidato.

                                                                               

Si ricorda che, attualmente, gli strumenti della programmazione finanziaria sono:

a)     il Documento Unico di Programmazione (DUP), con l’eventuale nota di aggiornamento;

b)     il bilancio di previsione finanziario;

c)     il piano esecutivo di gestione (PEG) e delle performance;

d)     il piano degli indicatori di bilancio;

e)     la delibera di assestamento del bilancio e le variazioni di bilancio;

f)       il rendiconto;

g)     il bilancio consolidato.

 

 

 

 

Documento Unico di Programmazione (DUP)

Presentato dalla Giunta al Consiglio entro il 31 luglio e proposto all’approvazione del Consiglio entro il 15 novembre, tenuto conto delle eventuali variazioni apposte in relazione ai documenti di programmazione nazionale (DEF). Si rileva l’assenza di un termine per la deliberazione del DUP. La nota di aggiornamento del DUP è presentata della Giunta al Consiglio entro il 15 novembre, contestualmente allo schema di delibera del bilancio di previsione

Gli enti locali con popolazione fino a 5.000 abitanti presentano un DUP semplificato

Bilancio di previsione finanziario triennale

Presentato dalla Giunta entro il 15 novembre dell’anno precedente ed approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre, con i relativi Allegati[2]. Al bilancio è altresì allegato il Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio

Piano esecutivo di gestione (PEG)

Deliberato dalla Giunta entro i successivi 20 giorni dall’approvazione del bilancio, in coerenza con il bilancio di previsione e con il documento unico di programmazione. Al PEG è allegato il prospetto concernente la ripartizione delle tipologie in categorie e dei programmi in macroaggregati.

Il piano dettagliato degli obiettivi e il piano delle performance sono unificati organicamente nel PEG.

Assestamento

Deliberato dall’organo consiliare entro il 31 luglio

Rendiconto

Deliberato dall’organo consiliare entro il 30 aprile dell’anno successivo. Al rendiconto è allegata una relazione della Giunta sulla gestione che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti, e gli altri documenti previsti dall’art. 11, co. 4, del D.Lgs. n. 118[3]

Rendiconto consolidato

Approvato contestualmente al rendiconto (30 aprile), è comprensivo dei risultati degli eventuali organismi strumentali

Bilancio consolidato

Approvato entro il 30 settembre dell’anno successivo. Il bilancio consolidato con i bilanci dei propri organismi ed enti strumentali e delle società controllate e partecipate è costituito: dal conto economico consolidato, dallo stato patrimoniale consolidato e dagli allegati (relazione sulla gestione consolidata, relazione del revisore)

 

L’attuazione della riforma richiede agli enti territoriali una profonda revisione del proprio sistema informativo contabile, una adeguata riorganizzazione degli uffici, da accompagnare con una adeguata formazione, e l’adozione di principi e regole che impongono una rappresentazione contabile rigorosa delle risorse effettivamente disponibili, che impedisca livelli di spesa non sostenibili.

Come indicato nell’Audizione dell’Ispettore Generale Capo presso l’Ispettorato Generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, tenutasi a dicembre 2015 presso la Commissione parlamentare per il federalismo fiscale, il percorso degli enti verso l’armonizzazione è stato favorito da una serie di corsi di formazione istituzionali, concernenti la riforma contabile degli enti territoriali di cui al D.Lgs n. 118/2011, destinati gratuitamente al personale amministrativo contabile di tutte le città metropolitane, province, comuni, unioni di comuni e consorzi di enti locali in contabilità finanziaria (organizzati sulla base di una convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze-Ragioneria Generale dello Stato, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, l’ANCI, l’IFEL, l’UPI, la Fondazione Universitaria per la formazione delle Amministrazioni pubbliche – FUAP e la Fondazione per la formazione e aggiornamento delle Amministrazioni pubbliche –FORMAP[4]) e dall’attività di supporto e divulgazione svolta dal sito internet www.arconet.tesoro.it gestito Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, che rende disponibili agli enti tutta la documentazione concernente l’armonizzazione, nella versione più aggiornata (principi contabili, schemi di bilancio, glossario, FAQ, ecc.).

 

In base all’articolo 41 del D.L. n. 66/2014, inoltre, dal 2014 decorre l’obbligo per le pubbliche amministrazioni (compresi dunque gli enti locali) di attestare i tempi medi nei pagamenti relativi a transazioni commerciali in un prospetto allegato alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio, in cui devono essere riportati:

§  l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal D.Lgs. n. 231/2002 - che si rammenta sono fissati, dalla Direttiva 2011/7/UE, in 30 giorni per le transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione, prorogabili fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni;

§  il c.d. indicatore annuale di tempestività dei pagamenti, che indica, appunto, i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

Qualora da tali attestazioni si evidenzi un ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015 rispetto ai termini indicati dal D.Lgs. n. 231/2002, si applicano misure sanzionatorie per le amministrazioni pubbliche – con esclusione degli enti del Servizio sanitario nazionale – consistenti nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione) nell'anno successivo a quello di riferimento.

 

 

Va ricordato, infine, come sulla redazione dei bilanci degli enti locali incidano vincoli previsti da norme che si richiamano al principio del coordinamento delle finanza pubblica, che impongono tetti di spesa a specifiche categorie di spesa del bilancio, attraverso le quali si realizza il programma di revisione e di riqualificazione della spesa da parte degli enti territoriali, e, più in generale, vincoli alla politica di bilancio con il Patto di stabilità interno (ora pareggio di bilancio).

Il pareggio richiede un saldo di bilancio non negativo, espresso in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

Per il solo 2016:

1.     è considerato nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa al netto della quota rinveniente dal ricorso all'indebitamento.

Il fondo pluriennale vincolato è un saldo finanziario, costituito da risorse già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell'ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l'entrata. Si tratta, più precisamente, di un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso. Esso risulta immediatamente utilizzabile a seguito dell'accertamento delle entrate che lo finanziano, consentendo in tal modo di poter procedere all'impegno delle spese esigibili nell'esercizio in corso (la cui copertura è costituita dalle entrate accertate nel medesimo esercizio finanziario), e all'impegno delle spese esigibili negli esercizi successivi (la cui copertura è effettuata dal fondo);

2.     sono escluse dal saldo (nel limite massimo di 480 milioni) le spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito.

 

Tra le norme di contenimento della spesa introdotte dal 2012 ad oggi, si ricordano, in particolare, quelle relative alla riduzione delle spese per consumi intermedi e al nuovo sistema di acquisizione di beni e servizi attraverso le modalità introdotte dagli strumenti telematici (sistemi c.d. di e–procurement).

I tetti di spesa imposti a specifiche categorie di spese, che comportano tuttavia una scarsa manovrabilità del bilancio, riguardano, in particolare, le spese per incarichi di consulenza, studio e ricerca, per missioni, per l’acquisto di autovetture, per i canoni di locazione passiva per gli immobili ad uso istituzionale, per la formazione di personale, acquisto di mobili e arredi, remunerazione di organi collegiali e monocratici, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza.

 


 

Contenimento spese per consumi intermedi

 

Acquisto di mobili e arredi, spese per locazioni passive ed altri costi per l’utilizzo di immobili

 

Normativa

Ambito applicativo

Durata

Articolo 1, comma 141, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), come modificato dallart. 18, co. 8-septies, del D.L. n. 69/2013, prorogato al 2015 dallart. 10, co. 6, del D.L. n. 192/2014 e poi al 2016 dall’art. 10, co. 3, del D.L. n. 210/2015 (con esclusione per enti locali dal 2016)

Negli anni 2013, 2014 e 2015 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi.

Sono escluse le spese per immobili destinati all'uso scolastico e dei servizi all'infanzia.

La norma in questione concede la possibilità di superare il prefissato limite del 20 per cento soltanto allorché l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili. In tal caso, però, sarà il collegio dei revisori dei conti o l'ufficio centrale di bilancio a dover verificare preventivamente i risparmi realizzabili, i quali devono essere superiori alla minore spesa derivante dall'attuazione della norma.

La violazione della presente disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al comma 141 sono versate annualmente, entro il 30 giugno di ciascun anno, dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria in apposito capitolo dellentrata del bilancio dello Stato. Il presente comma non si applica agli enti e agli organismi vigilati dalle regioni, dalle provincie autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali.

Dal 2016 gli enti locali sono esclusi dall’applicazione dei limiti in questione (art. 10, co. 3, D.L. n. 210/2015, proroga termini)

dal 2013 al 2015

dal 2016 gli enti locali sono esclusi

Articolo 3, comma 1, del D.L. n. 95/2012, prorogato al 2015 dallart. 10, co. 7, del D.L. n. 192/2014 e poi al 2016 dall’art. 10, co. 6, del D.L. n. 210/2015

Dal 2012 e fino al 2016 vige il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, nonché dalle autorità indipendenti e dalla CONSOB e utilizzati a fini istituzionali.

2012-2016

Articolo 1, comma 138, della legge n. 228/2012, che integra larticolo 12, co. 1-ter, del D.L. n. 98/2011

A decorrere dal 1° gennaio 2014, nel caso di operazioni di acquisto di immobili, l'emanazione del decreto che attesti la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo quanto previsto dal contratto di servizi.

A decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l'indispensabilità e l'indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni è data preventiva notizia, con l'indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell'ente.

dal 2014

Art. 97-bis del D.L. n. 1/2012

Al fine di assicurare la razionalizzazione e il contenimento delle spese degli enti territoriali, gli enti locali sono tenuti a pubblicare sui propri siti istituzionali i canoni di locazione o di affitto versati dall'amministrazione per il godimento di beni immobili, le finalità di utilizzo, le dimensioni e l'ubicazione degli stessi come risultanti dal contratto di locazione.

Dal 2012

Art. 12, co. 1-ter, D.L. n. 98/2011, inserito dal comma 138 dell’art. 1 della legge n. 228/2012

Gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l'indispensabilità e l'indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni è data preventiva notizia, con l'indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell'ente

Dal 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

Autovetture

 

Normativa

Ambito applicativo

Durata

Articolo 5, comma 2, del D.L. n. 95/2012, come modificato dall'articolo 15, co. 1, del D.L. n. 66/2014

A decorrere dal 1° maggio 2014, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), non possono effettuare spese di ammontare superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi.

Tale limite poteva essere derogato, per il solo anno 2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali g in essere.

Tale limite non si applica alle autovetture utilizzate per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa.

In ottemperanza a quanto prescritto dalla norma suddetta, il D.P.C.M. 25 settembre 2014 ha stabilito che:

§    l’uso delle autovetture ad uso non esclusivo a disposizione delle amministrazioni pubbliche, incluse quelle locali, è consentito solo per singoli spostamenti per ragioni di servizio, che non comprendono lo spostamento tra abitazione e luogo di  lavoro in relazione al normale orario di ufficio;

§    le amministrazioni suddette rinnovano il parco auto con le seguenti modalità: a) acquisizione in locazione o noleggio di autovetture di servizio mediante contratti conclusi attraverso il ricorso, in via prioritaria, alle procedure gestite da Consip S.p.A.; b) acquisizione in proprietà di autovetture di servizio, mediante contratti conclusi attraverso il ricorso, in via prioritaria, alle procedure gestite da Consip S.p.A., laddove sia accertata la maggiore economicità rispetto agli strumenti di cui alla lettera a), per la bassa emissione di agenti inquinanti, la ridotta potenza di cilindrata, la riduzione dei consumi e dei premi assicurativi e delle spese di manutenzione.

Tale intervento, si rammenta, costituisce l’ultimo di un succedersi di interventi normativi di contenimento della spesa per autovetture di servizio iniziati a partire legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004, articolo 1, commi 12-14), che aveva a suo tempo vietato alle P.A per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, di effettuare spese di ammontare superiore rispettivamente al 90, 80 e 70 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2004, per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture. Disposizioni analoghe si sono poi succedute con periodicità quasi annuale, talora sovrapponendosi tra loro, nella finalità di meglio conseguire, ovvero di aumentare, gli obiettivi di contenimento. In particolare, si ricorda: l’articolo 1, comma 11, della legge n. 266/2005, si ricorda, ha vietato alle P.A., a decorrere dall’anno 2006, di effettuare spese per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture di ammontare superiore del 50% della spesa sostenuta per tali finalità nell’anno 2004. Il D.L. n. 78/2010 è nuovamente intervenuto in materia, limitando ulteriormente, a decorrere dal 2011, la spesa per acquisto, manutenzione, noleggio e esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi da parte della P.A., nella misura massima dell’80% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009. Su tali livelli di spesa, così ridimensionati, è poi intervenuto il D.L. n. 95/2012 (spending review), che ha ridotto il limite di spesa per le P.A. a decorrere dal 2013 al 50% della spesa sostenuta nell'anno 2011

dal 1° maggio 2014

Articolo 2, commi 1 e 3, del D.L. n. 98/2011

La cilindrata delle auto di servizio non può superare i 1600 cc.

Le auto ad oggi in servizio possono essere utilizzate solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non possono essere sostituite

dal 2011

Articolo 1, comma 143, della legge n. 228/2012, prorogato al 2015 dallarticolo 1, comma 1, del D.L. n. 101/2013 e poi al 2016 dall’articolo 1, comma 636, della legge n. 208/2015

Ferme restando le misure di contenimento della spesa per autovetture, alle amministrazioni pubbliche è stato imposto il divieto, dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre, di acquistare autovetture e di stipulare contratti di leasing aventi ad oggetto autovetture, con esplicita previsione della revoca delle procedure di acquisto iniziate a decorrere dal 9 ottobre 2012.

Per il periodo di vigenza del suddetto divieto, il limite di spesa previsto dall'articolo 5, comma 2, del D.L. n. 95/2012 si calcola al netto delle spese sostenute per l'acquisto di autovetture

2013-2016

Articolo 1, commi 2, 3, 4 e 4-bis, del D.L. n. 101/2013

Ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per autovetture di cui al D.L. n. 95/2012, a decorrere dall'anno 2014, le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 4 del DPCM 25 settembre 2014, non possono effettuare spese di ammontare superiore al 50 per cento del limite di spesa previsto per l'anno 2013 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Si applicano altresì le sanzioni previste dall'articolo 46 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.

Gli atti adottati in violazione delle disposizioni in materia di riduzione della spesa per auto di servizio e i relativi contratti sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono, altresì, puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria, a carico del responsabile della violazione.

Nei casi in cui è ammesso l'acquisto di nuove autovetture, le amministrazioni pubbliche ricorrono a modelli a basso impatto ambientale e a minor costo d'esercizio, salvo motivate e specifiche eccezioni.

dal 2014

 

 

Limite di spese per incarichi di consulenza, studio e ricerca

                                                               


Normativa

Ambito applicativo

Durata

Articolo 7, comma 6, del D.L. n. 78/2010 e articolo 1, commi 5, 5-bis, 5-ter e 6, del D.L. n. 101/2013

La spesa annua effettuata dalle PA, inclusi gli enti locali, per studi ed incarichi di consulenza, compresi quelli conferiti a pubblici dipendenti, non può essere superiore al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009. Sono escluse dalla spesa soggetta a riduzione le spese per gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario (Circolare RGS n. 33/2011).

L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Le predette disposizioni non si applicano alle attività sanitarie connesse con il reclutamento, lavanzamento e limpiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per gli anni 2014 e 2015 tale limite di spesa è stato reso ancora più stringente dal D.L. n. 101/2013, in base al quale (art. 1, co. 5) la spesa non ha potuto essere superiore per l'anno 2014 all'80% e per l'anno 2015 al 75% del limite di spesa 2014, così come determinato dall'applicazione della disposizione di cui al comma 7 dell'art. 6, del citato D.L. n. 78/2010 (20% della spesa sostenuta nel 2009).

dal 2011

Articolo 14, commi 1, 2, 3, 4 e 4-bis del D.L. n. 66/2014

Fermi restando i limiti derivanti dalle vigenti disposizioni (di cui all'articolo 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010, e all'articolo 1, comma 5, del D.L. n. 101/2013), a decorrere dall'anno 2014, le PA, compresi dunque gli enti locali, non possono conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca quando la spesa complessiva sostenuta nell'anno per tali incarichi è superiore rispetto alla spesa per il personale dell'amministrazione che conferisce l'incarico, come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,2% per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all'1,4% per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro.

La Corte costituzionale, con sentenza 10 febbraio-3 marzo 2016, n. 43 (Gazz. Uff. 9 marzo 2016, n. 10 – Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui si applica «a decorrere dall’anno 2014», anziché «negli anni 2014, 2015 e 2016».

Agli enti territoriali è comunque concessa la facoltà di rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dei suddetti vincoli.

dal 2014

Articolo 5, comma 9, del D.L. n. 95/2012, come novellato dall'art. 6, comma 1, del D.L. n. 90/2014

A decorrere dal 2014, è fatto divieto alle PA, tra cui gli enti locali, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni medesime e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali.

Gli incarichi di cui sopra sono consentiti solo a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata.

Tali disposizioni si applicano agli incarichi conferiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 90/2014.

dal 2014

Articolo 1, comma 146, della legge n. 228/2012

Le amministrazioni pubbliche, compresi gli enti locali, possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici. La violazione della presente disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Dal 2013

 

 


 

Altre tipologie di spesa

Spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza

                                                                          

Oggetto della norma

Ambito applicativo

Durata

Articolo 6, comma 8, del D.L. n. 78/2010, modificata dall'art. 10, co. 20, del D.L. n. 98/2011

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, inclusi dunque gli enti locali, non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità.

Le disposizioni del presente comma non si applicano ai convegni organizzati dalle università e dagli enti di ricerca ed agli incontri istituzionali connessi all'attività di organismi internazionali o comunitari, alle feste nazionali previste da disposizioni di legge e a quelle istituzionali delle Forze

dal 2011

 

Spese per sponsorizzazioni

 

Oggetto della norma

Ambito applicativo

Durata

Articolo 6, comma 9, del D.L. n. 78/2010

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione  non possono effettuare spese per sponsorizzazioni.

dal 2011

 

Spese per missioni

 

Oggetto della norma

Ambito applicativo

Durata

Articolo 6, comma 12, del D.L. n. 78/2010, come integrato dall’art. 4 della legge n. 217/2011 e dall’art. 1, co. 317, della legge n. 147/2013

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A. non possono effettuare spese per missioni per un ammontare superiore al 50 % della spesa sostenuta nellanno 2009.

Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Tale llimite di spesa può essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente.

La disposizione prevede, inoltre, la soppressione delle diarie per le missioni all'estero (fatta eccezione per le missioni internazionali di pace e quelle effettuate dalle Forze di polizia, dalle Forze armate e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco).

dal 2011

Articolo 28 del D.L. n. 223/2006

Riduzione del 20% delle diarie di missione dovute al personale che svolge incarichi di missione allestero. E’ inoltre soppressa la maggiorazione del 30% riconosciuta ai componenti di delegazioni.

La disposizione non si applica al personale civile e militare impegnato nelle missioni internazionali di pace.

dal 2007

Articolo 1, commi 213, 213-bis della legge n. 266/2005

Soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dellindennità di trasferta diaria spettante al personale inviato in missione allinterno del territorio nazionale, nonché le indennità supplementari previste dallart. 14 della legge n. 836/73 per le missioni allinterno ed allestero e cioè la maggiorazione del 10 per cento sul costo del biglietto a tariffa intera per i viaggi effettuati in treno e del 5 per cento per quelli effettuati in aereo nonché la c.d. indennità di comando introdotta dal D.Lgs Lgt n. 320/1945 a favore del personale dei ruoli centrali destinato a prestare servizio fuori della capitale.

Dal 2011

 

Spese per attività di formazione

 

Oggetto della norma

Ambito applicativo

Durata

Articolo 6, comma 13, del  D L. n. 78/2010

La spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico della P.A., incluse le Autorità indipendenti, per attivi di formazione deve essere non superiore al 50% della spesa sostenuta nel 2009.

Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale.

dal 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spese per la stampa di pubblicazioni

 

Oggetto della norma

Ambito applicativo

Durata

Articolo 27, comma 1, del  D L. n. 112/2008

Al fine di ridurre l'utilizzo della carta, dal 1° gennaio 2009, le amministrazioni pubbliche, compresi gli enti territoriali, riducono del 50% rispetto a quella dell'anno 2007, la spesa per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione prevista da leggi e regolamenti e distribuita gratuitamente od inviata ad altre amministrazioni.

dal 2009

 

 


 

Vincoli per l’assunzione del personale degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno (dal 2016 pareggio di bilancio)

 

Sulla gestione del personale degli enti locali operano una serie di vincoli attraverso la previsione di specifici limiti assunzionali, ivi compresa la riduzione del turn over, e la fissazione di parametri di spesa commisurati alle dotazioni di spesa complessiva degli enti. Operano altresì vincoli a carattere sanzionatorio.

·        vincolo del pareggio di bilancio. E’ un vincolo di carattere generale, introdotto, a decorrere dal 2016, dall’articolo 1, comma 762, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), consiste nel riferire al nuovo parametro del pareggio (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) le norme finalizzate. al contenimento della spesa di personale che fanno riferimento al previgente  patto di stabilità interno;

 

·        limitazioni al turn-over. La normativa sulle limitazioni alle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle P.A. è stata caratterizzata negli ultimi anni da molteplici interventi. Per quanto attiene alle amministrazioni dello Stato, ed altri enti ed organismi individuati di volta in volta, tra i quali anche gli enti locali la disciplina della limitazione del turn over è stata caratterizzata dalla fissazione di percentuali massime di reintegrazione dei cessati e dal ripetuto prolungamento del periodo di applicazione delle limitazioni. Un'importante novità sulle modalità di calcolo delle cessazioni è stata introdotta dal D.L. 90/2014, che ha eliminato (dal 2014) il vincolo alle assunzioni relativo alle percentuali di unità lavorative cessate nell'anno precedente (cd. limite capitario), mantenendo il solo criterio basato sui risparmi di spesa legati alla cessazioni di personale (peraltro con riferimento al solo personale di ruolo) avvenute nell'anno precedente. Per il triennio 2016/2018 la percentuale di limitazione alle assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale per specifiche amministrazioni dello Stato e, in particolare, per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata ridotta, dall'articolo 1, commi 227-228, della L. 208/2015 (stabilità 2016), nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente (a fronte del precedente limite predisposto dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 90/2014, al 60% nel 2016, all’80% nel 2017 e al 100% nel 2018).

·        Complessità del rispetto del vincolo posto dalla legge di stabilità 2016. La percentuale del 25% sopra detto non riguarda: 1) il personale dirigenziale, che ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del D.L. 90/20114, può essere assunto nelle seguenti percentuali: 80% nel 2016 e nel 2017, 100% dal 2018. 2) il personale assunto attraverso le procedure di mobilità dalle Città metropolitane e dalle province (come in precedenza evidenziato), per il quale valgono le percentuali ordinariamente previste dalla legislazione vigente (fermo restando, al riguardo, quanto previsto dall’articolo 1, comma 424, della L. 190/2014, relativi alla ricollocazione del personale soprannumerario delle province. In generale, i commi 422-428 dell’articolo 1 della L. 190/2014 recano specifiche disposizioni concernenti la mobilità volta a favorire il passaggio del personale eccedentario delle province, a seguito della riforma degli enti locali, verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione). 3) per il solo 2016, gli enti in cui l’incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente è pari o inferiore al 25% (cd. enti virtuosi), per i quali (ai sensi dell’articolo 3, comma 5-quater, del D.L. 90/2014 è previsto un turn over pari al 100% della spesa del personale cessato. 4) il personale dei comuni istituiti a seguito di fusioni intervenute dall’anno 2011, e le unioni di comuni, i quali (articolo 1, comma 229, della L. 208/52015) possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente. 5) i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, per i quali l’articolo 1, comma 762, della L. 208/2015 fa salva la disciplina di maggior favore (ex art. 1, co. 562, della L. 296/2006) che consente l'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.

 

·        Utilizzo dei “residui assunzionali”. L’art. 3, co. 5, del D.L. 90/2014 dispone, inoltre, che resta ferma per tutti gli enti locali la possibilità di effettuare assunzioni a tempo indeterminato a valere sui residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente.

 

·        Vincoli derivanti dalla mobilità. L’articolo 1, comma 234, della L. 208/2015 ha disposto che le regioni, gli enti locali, le amministrazioni dello Stato (anche ad ordinamento autonomo), le agenzie, le università e gli enti pubblici non economici (compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del comparto scuola, AFAM ed enti di ricerca), che abbiano processi di mobilità in atto, possano assumere personale (secondo le facoltà previste dalla normativa vigente in materia ) soltanto nel momento in cui nel corrispondente ambito regionale sia stato ricollocato il personale interessato alla relativa mobilità. A tale fine, si prevede che le regioni e gli enti locali rendano nota l’avvenuta ricollocazione (con conseguente “sblocco” delle procedure di reclutamento) mediante comunicazione pubblicata nel portale “Mobilita.gov”.

 

Vincoli derivanti da misure sanzionatorie

A) Pareggio di bilancio. La spesa per il personale è ricompresa negli ambiti su cui operano le misure sanzionatorie in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno per il 2015 (ovvero per gli anni precedenti, se accertato successivamente all’anno in cui si è verificato) ovvero qualora si determini il mancato conseguimento del pareggio del bilancio (come determinato ai sensi del comma 710 dell’articolo unico della legge di stabilità 2016, in precedenza esposto). In tali circostanze il comma 707 nel primo caso ed il comma 723 nell’altro dispongono, con formulazioni sostanzialmente coincidenti, che tra le sanzioni applicabili sia ricompreso anche il divieto, per gli enti inadempienti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresì divieto agli enti medesimi di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione

B) Analoga norma sanzionatoria è prevista in caso di mancato rispetto dei termini previsti dalla normativa vigente per i pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche nei confronti dei propri fornitori. La disciplina di riferimento è costituita dall’articolo 41 del decreto-legge n. 66/2014, nel quale si prevede che a decorrere dal 2014 i tempi medi nei pagamenti relativi a transazioni commerciali devono essere attestati dalle pubbliche amministrazioni in un prospetto allegato alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio, in cui sono riportati: l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal D.Lgs. n. 231/2002 (30 giorni per le transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione, prorogabili fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni); il c.d. indicatore annuale di tempestività dei pagamenti, che indica, appunto, i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

Il medesimo articolo 41 dispone che, qualora da tali attestazioni si evidenzi un ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto ai sopradetti termini del D.Lgs. n. 231/2002, le amministrazioni pubbliche ritardatarie (salvo gli enti del Servizio sanitario nazionale) incorrono nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione) nell'anno successivo a quello di riferimento.

Va segnalato come i divieti di assunzione in questione, vale a dire sia quello derivante dal ritardo nei pagamenti che quello conseguente al mancato rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015 non trovino applicazione qualora gli enti locali interessati debbano consentire la ricollocazione del personale delle province, in attuazione dei processi di riordino di cui alla legge n.56/2014 (l’articolo 1, comma 760, della L. 208/2015)

 

Nel comparto degli enti locali incidono inoltre, analogamente a quanto previsto per le altre pubbliche amministrazioni, vincoli riferito alle consulenze, agli incarichi dirigenziali ed agli organi collegiali.

Quanto alle consulenze, l’articolo 6, comma 7, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (L.n. 122/2010), stabilisce che la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009. L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Tale limite massimo è stato poi ulteriormente dettagliato dall’articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 101 del 2013 per quanto riguarda gli anni 2014 e 2015, (nei quali è stato rispettivamente previsto che non potesse essere superiore, per l'anno 2014, all'80 per cento del limite di spesa per l'anno 2013 e, per l'anno 2015, al 75 per cento dell'anno 2014). A tale ultima disposizione se ne aggiunge poi un’altra, recata dai commi da 1 a 4-bis del decreto-legge n.66/2014: questa ha disposto che, fermi restando i predetti limiti, a decorrere dall'anno 2014 (ora anni 2014, 2015 e 2016 a seguito di sentenza della Corte Costituzionale n.43/2016), le PA, compresi dunque gli enti locali, non possono conferire gli incarichi in questione quando la spesa complessiva sostenuta nell'anno per tali incarichi è superiore rispetto alla spesa per il personale dell'amministrazione che conferisce l'incarico, come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,2% per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all'1,4% per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro.

Con riferimento agli incarichi dirigenziali, è fatto divieto (articolo 5, comma 9 del D.L. n.95/2012, da ultimo modificato dall'art. 17, comma 3, della legge n.124/2015) alle pubbliche amministrazioni di cui dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (e dunque anche agli enti locali) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle stesse e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali (nonché ad eccezione dei componenti degli organi elettivi degli ordini e collegi professionali). I suddetti incarichi sono comunque consentiti a titolo gratuito.per durata comunque non superiore ad un anno non prorogabile né rinnovabile

Quanto infine agli organi collegiali, l’articolo 61, comma 1, del decreto-legge n.112 del 2008, stabilisce che a decorrere dall’anno 2009 la spesa complessiva sostenuta dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (e dunque anche gli enti locali), per organi collegiali e altri organismi, anche monocratici, comunque denominati, operanti nelle predette amministrazioni, è ridotta del 30 per cento rispetto a quella sostenuta nell’anno 2007. A tale disposizione si affianca una ulteriore norma di riduzione della spesa, recata dall’articolo 6, comma 3, del decreto legge n. 78/2010 (modificato, da ultimo, dall’art. 10, comma 5, del decreto legge n.210/2015), in base al quale alle medesime amministrazioni sopradette a decorrere anno 2011 le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010. Sino al 31 dicembre 2016, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi della norma in esame.

 


 

Acquisizione centralizzata per gli enti locali

Gli enti locali hanno la facoltà (e non l'obbligo) di approvvigionarsi con le convenzioni CONSIP o tramite le centrali di committenza regionali; nel caso in cui non se ne avvalgano, debbono comunque utilizzarne i parametri prezzo-qualità (benchmark) per le proprie gare autonomamente gestite[5].

 

Tuttavia, anche gli enti locali sono obbligati ad utilizzare le convenzioni nei seguenti casi:

  1. in applicazione dell'articolo 9, comma 3, del D.L. 66/2014, che prevede l'individuazione ogni anno di categorie di beni e servizi (non lavori) e loro soglie di valore, al superamento delle quali è comunque obbligatorio ricorrere a Consip o ad altri soggetti aggregatori (DPCM 24 dicembre 2015Individuazione delle categorie merceologiche ai sensi dell'articolo 9, comma 3 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, unitamente all'elenco concernente gli oneri informativi”).

Si ricorda che tale obbligo è stato esteso agli enti locali dall’articolo 1, comma  499, della legge di stabilità per il 2016.

 

  1. in applicazione dell'articolo 1, comma 512, della legge 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), che obbliga tutte le amministrazioni pubbliche (e le società partecipate) individuate dall'Istat ad acquisire beni e servizi informatici e di connettività esclusivamente da Consip o altri soggetti aggregatori, ad eccezione dei casi previsti dal successivo comma 516[6]

 

  1. in applicazione dell'articolo 1, comma 7, del D.L. 95/2012, per le categorie merceologiche:

·                  energia elettrica,

·                  gas,

·                  carburanti rete e carburanti extra-rete,

·                  combustibili per riscaldamento,

·                  telefonia fissa e telefonia mobile.

In relazione al tale obbligo, si ricorda che, in seguito alle modifiche introdotte dalla legge di stabilità per il 2016, solo a partire dal 2020 sarà possibile procedere ad affidamenti autonomi, nelle indicate categorie merceologiche, a condizione che gli stessi comportino risparmi di spesa superiori a soglie determinate[7].

 

A tali obblighi il comma 510 della legge di stabilità per il 2016 introduce un’ipotesi di deroga: le amministrazioni possono procedere ad acquisti autonomi quando il bene o il servizio oggetto di convenzione non è idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali, a seguito di autorizzazione specificamente motivata da parte dell’organo di vertice amministrativo e trasmessa alla Corte dei Conti.

 

Per acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, gli enti locali sono comunque obbligati[8] a ricorrere ad una forma di mercato elettronico[9], con la deroga relativa ai piccoli acquisti (fino a mille euro), per i quali possono procedere attraverso acquisti liberi[10].

 

Vi sono poi alcuni casi particolari che derivano dalla stratificazione di numerose disposizione (basti ricordare le diverse leggi sulla “spending review”).

 

Per gli acquisti di importo inferiore a 40.000 euro, tutti i comuni, anche di piccole dimensioni[11], possono effettuare acquisti in via autonoma (articolo l’articolo 23-ter, comma 3, del decreto-legge n. 90/2014).

Per i comuni non capoluogo di provincia, ulteriori disposizioni sono previste dall'art. 37, comma 4, del D.lgs. 50/2016 (vedi scheda artt. 37-38 del Nuovo Codice appalti nel paragrafo seguente).

Le norme sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e le centrali di committenza nel Nuovo Codice degli appalti (artt. 37-38 del d.lgs. 50/2016)

Il nuovo sistema previsto dagli articoli 37 e 38

Gli articoli 37 e 38 dettano disposizioni finalizzate alla centralizzazione delle committenze e alla qualificazione delle stazioni appaltanti, in linea con le previsioni dei criteri di delega di cui alle lettere bb) e dd) e con le norme dettate dai corrispondenti articoli 37 e 38 della direttiva n. 24.

Il nuovo sistema delineato da tali articoli prevede l’istituzione, presso l'ANAC, di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate (in rapporto agli ambiti di attività, ai bacini territoriali, alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d'importo) di cui fanno parte anche le centrali di committenza (art. 38) e modalità di acquisizione differenziate, in particolare per classi di importo e per possesso o meno della qualificazione (art. 37), come schematizzato di seguito.

Il primo periodo del comma 1 dell’art. 73 precisa che restano fermi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa.

 

Stazione appaltante non qualificata (SAnq)

LAVORI

Importo del contratto (x)

Modalità di acquisizione

x < 150.000

La SAnq può procedere direttamente e autonomamente, nonché attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza (art. 37, co. 1, primo periodo)

 x ≥ 150.000

La SAnq deve ricorrere a una centrale di committenza o procedere mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica (art. 37, co. 3)

Qualsiasi

La SAnq può ricorrere ad una centrale di committenza qualificata ai sensi dell'articolo 38 (art. 37, co. 6)

 

SERVIZI E FORNITURE

Importo del contratto (x)

Modalità di acquisizione

x < 40.000

La SAnq può procedere direttamente e autonomamente, nonché attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza (art. 37, co. 1)

 x ≥ 40.000

La SAnq deve ricorrere a una centrale di committenza o procedere mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica (art. 37, co. 3)

Qualsiasi

La SAnq può ricorrere ad una centrale di committenza qualificata ai sensi dell'articolo 38 (art. 37, co. 6)

 

Stazione appaltante in possesso di qualificazione ex art. 38 (SAq38)

LAVORI

Importo del contratto (x)

Modalità di acquisizione

x < 150.000

La SAq38 può procedere direttamente e autonomamente, nonché attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza (art. 37, co. 1, primo periodo)

150.000 < x < 1 milione

(solo per lavori di manutenzione ordinaria)

La SAq38 può procedere mediante ricorso autonomo agli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate (art. 37, co. 2, primo periodo).

In caso di indisponibilità di tali strumenti anche in relazione alle singole categorie merceologiche, le stazioni appaltanti:

- procedono mediante lo svolgimento di procedura ordinaria;

- oppure ricorrono a una centrale di committenza o si aggregano con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica (art. 37, co. 2, secondo periodo).

Qualsiasi

La SAq38 può ricorrere ad una centrale di committenza qualificata ai sensi dell'articolo 38 (art. 37, co. 6)

 

SERVIZI E FORNITURE

Importo del contratto (x)

Modalità di acquisizione

x < 40.000

La SAq38 può procedere direttamente e autonomamente, nonché attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza (art. 37, co. 1, primo periodo)

40.000 < x < soglie UE

La SAq38 può procedere mediante ricorso autonomo agli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate (art. 37, co. 2, primo periodo).

In caso di indisponibilità di tali strumenti anche in relazione alle singole categorie merceologiche, le stazioni appaltanti:

- procedono mediante lo svolgimento di procedura ordinaria;

- oppure ricorrono a una centrale di committenza o si aggregano con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica (art. 37, co. 2, secondo periodo).

Qualsiasi

La SAq38 può ricorrere ad una centrale di committenza qualificata ai sensi dell'articolo 38 (art. 37, co. 6)

 

 

Rileva il criterio di delega di cui alla lettera dd) che prevede il “contenimento dei tempi e piena verificabilità dei flussi finanziari anche attraverso adeguate forme di centralizzazione delle committenze e di riduzione del numero delle stazioni appaltanti, effettuate sulla base del sistema di qualificazione di cui alla lettera bb), con possibilità, a seconda del grado di qualificazione conseguito, di gestire contratti di maggiore complessità, salvaguardando l'esigenza di garantire la suddivisione in lotti nel rispetto della normativa dell'Unione europea”.

La disciplina per i comuni non capoluogo di provincia (art. 37, comma 4)

Se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia (fermo restando quanto previsto al comma 1 e al primo periodo del comma 2), procede secondo una delle seguenti modalità:

§  ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;

§  mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento;

§  ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.

L’art. 1 della L. 56/2014 attribuisce la qualifica di “enti territoriali di area vasta” a province e città metropolitane.

 

Secondo la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto, la norma in esame “non incide sull'assetto complessivo del numero dei soggetti aggregatori che rimangono fissati nel numero massimo di 35, come previsto dal comma 5 dell'articolo 9 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66”, non abrogato.

 

Il comma 5 demanda a un futuro D.P.C.M. la definizione dei criteri e delle modalità per la costituzione delle centrali di committenza in forma di aggregazione di comuni non capoluogo di provincia. La norma specifica che, in caso di servizi pubblici locali di interesse economico generale di rete, l’ambito di competenza della centrale di competenza è l’ambito territoriale di riferimento.

 

La norma in esame è in linea con la parte del criterio di delega di cui alla lettera dd) che prevede sia “fatto salvo l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente”.

La precedente disciplina relativa alla centralizzazione degli acquisti dei piccoli comuni era contenuta nell’art. 33, comma 3-bis, del d.lgs. 163/2006 ed ha subito numerosi interventi modificativi o di proroga nel corso della presente legislatura (si rinvia in proposito al paragrafo “La centralizzazione degli acquisti nei piccoli comuni” del tema “Contratti pubblici”).

Ulteriori disposizioni contenute nell’art. 37

Ulteriori disposizioni degne di nota contenute nell’art. 37 sono l’individuazione (garantendo la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche, in coerenza con l’ultima parte del criterio di delega di cui alla lettera dd)) degli ambiti territoriali di riferimento (la norma sembra sottintendere “per l’operatività delle centrali di committenza”, v. commento all’art. 38, comma 2) e la definizione (cui si è accennato in precedenza) di criteri e modalità per la costituzione delle centrali di committenza, in forma di aggregazione dì comuni non capoluogo, mediante un apposito D.P.C.M. che dovrà essere emanato entro 6 mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, quindi entro il 19 ottobre 2016 (comma 5).

Sono, altresì, individuati i compiti delle centrali di committenza e disciplinata l’esecuzione congiunta di appalti e concessioni da parte di due o più stazioni appaltanti che si “uniscono” per ottenere, in via cumulativa, la necessaria qualificazione.

Il comma 14 dell’art. 37 esclude dall'applicazione del medesimo articolo gli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici quando svolgono una delle attività previste dagli articoli da 115 a 121 (c.d. settori speciali).

La qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza (art. 38)

L'articolo 38 (le cui norme non si applicano agli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici, secondo quanto prevede il comma 10) prevede, come anticipato in precedenza, l’istituzione, presso l'ANAC, che ne assicura la pubblicità, di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate di cui fanno parte anche le centrali di committenza.

La relazione illustrativa sottolinea che ciò avviene “ferma restando l'anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all'articolo 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179”, che in effetti non viene abrogata dallo schema in esame.

Si fa altresì notare che l’art. 216, comma 10, stabilisce che fino alla data di entrata in vigore del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'articolo 38, i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l'iscrizione all'anagrafe di cui all'articolo 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.

L’art. 33-ter del decreto-legge 179/2012, che non viene abrogato dal d.lgs. 50/2016, prevede, presso l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA), obbligando le stazioni appaltanti:

-   a richiedere l’iscrizione all’AUSA presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP);

-   ad aggiornare annualmente i dati identificativi.

 

Lo stesso articolo 38 stabilisce che la qualificazione è conseguita in rapporto agli ambiti di attività, ai bacini territoriali, alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d'importo e ha durata quinquennale (commi 1 e 5).

Nell’elenco in questione sono iscritti di diritto:

-      il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le sue articolazioni periferiche costituite dai Provveditorati interregionali per le opere pubbliche;

-      CONSIP S.p.a., INVITALIA - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a., nonché i soggetti aggregatori regionali istituiti in attuazione dell’art. 9 del D.L. 66/2014.

 

La definizione dei requisiti tecnico-organizzativi per ottenere la qualificazione (e quindi l'iscrizione nell'elenco) è demandata ad un apposito D.P.C.M. che dovrà essere emanato (dopo aver sentito l’ANAC e la Conferenza unificata) entro 90 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016 (quindi entro il 18 luglio 2016), in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione, tra cui per le centrali di committenza il carattere di stabilità delle attività e il relativo ambito territoriale (art. 38, comma 2). Lo stesso decreto dovrà indicare la data di entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione.

 

L’articolo 38 disciplina inoltre i criteri e i parametri per l’individuazione dei requisiti (commi 3-4) e demanda all’ANAC la definizione delle modalità attuative del sistema di qualificazione e dei casi in cui può essere disposta la qualificazione con riserva (commi 6-7).

 

AI fine di rendere effettiva la qualificazione sono previste misure sanzionatorie e misure premiali.

Sotto il primo profilo si prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore del nuovo sistema di qualificazione, l’ANAC non rilascia il CIG (codice identificativo di gara) alle stazioni appaltanti che procedono ad acquisizioni di beni, servizi o lavori non rientranti nella qualificazione conseguita (comma 8).

Sotto il profilo delle misure premiali è invece prevista (dal comma 9) l’attribuzione di una quota parte delle risorse del fondo per la premialità delle stazioni appaltanti (istituito dall’art. 213, comma 14) al fondo per la remunerazione del risultato dei dirigenti e dei dipendenti appartenenti alle unità organizzative competenti per i procedimenti di cui al d.lgs. 50/2016.

 

Quanto finora riportato evidenzia chiaramente come le disposizioni in esame consentano di attuare il criterio di delega di cui alla lettera bb) che prevede la “razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso l'applicazione di criteri di qualità, efficienza, professionalizzazione delle stazioni appaltanti, … prevedendo l'introduzione di un apposito sistema, gestito dall'ANAC, di qualificazione delle medesime stazioni appaltanti, teso a valutarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa, sulla base di parametri obiettivi”.

 

 


 

Unioni di comuni, enti di area vasta e servizi pubblici locali

Unioni di comuni: analisi del quadro normativo

 

Numerose sono state in questi ultimi anni le misure normative volte a realizzare forme di incentivazione – in particolare ai fini del patto di stabilità e del personale – della gestione in forma associata (oltre che delle fusioni), di cui si dà conto nella seguente tabella riepilogativa.

 

Legge 142/1990

La ratio di fondo è l’incentivazione dell’associazione delle funzioni dei comuni più piccoli su base volontaria e l’inquadramento delle unioni come passaggio intermedio verso le fusioni

Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122)

Il criterio della volontarietà delle unioni è stato sostituito con quello dell'obbligo delle gestioni associate delle funzioni fondamentali attraverso l'istituto dell'unione, prevista dalla legge per tutti i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (3.000 per i comuni montani).

Il termine ultimo per tale obbligo è ora fissato al 31 dicembre 2016.

Decreto-legge n. 95/2012, convertito con modifiche dalla legge n. 135/2012 (c.d. "spending review")

E’ stato successivamente ulteriormente definito l'obiettivo della maggior efficienza con minori risorse nell'erogazione dei servizi da parte degli Enti locali. E’ stato inoltre ridefinito l'ambito delle funzioni fondamentali comunali da svolgersi obbligatoriamente in forma associata attraverso unioni di comuni (ai sensi dell'art. 32 del d.lgs. n. 267/2000) o convenzioni. L'art. 19 ha in particolare modificato il citato DL n. 78/2010 stabilendo un elenco delle funzioni fondamentali omogeneo per tutti i comuni, indipendentemente dalla loro dimensione demografica e sostituendo il precedente elenco provvisorio di funzioni contenuto nell'art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale.

E’ sancito che i comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata e che la medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.

Inoltre, l'art. 14, comma 30 del citato D.L n. 78/2010, come modificato, ha stabilito che la regione, nelle materie di cui all'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, individua, previa concertazione con i comuni interessati nell'ambito del CAL, la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni delle funzioni fondamentali di cui al comma 28, secondo i principi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, secondo le forme associative previste dal comma 28.

Nell'ambito della normativa regionale, dunque, i comuni avviano l'esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata entro il termine indicato dalla stessa normativa. Quest'ultima disposizione assume un rilievo essenziale per la corretta operatività dell'intero processo di costituzione delle Unioni di Comuni, attribuendo alle Regioni, previa concertazione con i Comuni, il compito di definire normativamente l'area territoriale adeguata per l'esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali. Va ricordato, tra l'altro, che l'individuazione dell'ambito sovracomunale ottimale per l'esercizio associato di funzioni è stata attribuita al legislatore regionale fin dal d.lgs. n. 112/1998 (art. 3, comma 2: "al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei Comuni di minore dimensione demografica, le Regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse" e che "nell'ambito della previsione regionale, i Comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie entro il termine individuato dalla legislazione regionale").

Legge 56/2014

Sono introdotte ulteriori disposizioni volte ad accentuare il carattere obbligatorio dell'associazione delle funzioni.

Il mancato rispetto della tempistica legittima il potere sostitutivo del Governo di cui all'articolo 8 delle legge 5 giugno 2003, n. 131, previo intervento del Prefetto, al fine di diffidare i Comuni inadempienti a provvedere entro un termine prefissato, decorso inutilmente il quale si procede al commissariamento.

E’ eliminata la distinzione tra comuni con popolazione superiore e Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti (precedentemente prevista dall'art. 16 della 1. n. 148/2011 con il modello della c.d. "Unione speciale", rimasta inattuata nella pratica), affermando il modello unioni di comuni (ex art. 32 Tuel) come riferimento anche per i territori montani attraverso le unioni di comuni montani. E’ previsto, inoltre, che le regioni, nella definizione del Patto di stabilità verticale, indichino le misure di incentivazione per le unioni e le fusioni di comuni.

Articolo 1, comma 730, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014)

E’ stabilito la destinazione, nell’ambito della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, di risorse in favore delle unioni e delle fusioni di comuni, per un importo pari a complessivi 60 milioni annui (in particolare assegnando una quota non inferiore a 30 milioni di euro in favore dei comuni istituiti a seguito di fusione, quale contributo straordinario previsto dall’articolo 15, comma 3, del TUEL, come ridisciplinato ai sensi dell'articolo 20 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (cd. decreto spending review).

Tali contributi, previsti inizialmente per il solo triennio 2014-2016, sono stati consolidati a decorrere dal 2016 dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 17, lett. b), legge n. 208/2015).

Tali risorse sono autorizzate ad incremento di quelle già stanziate dal citato articolo 1, comma 164, della legge n. 662/1996.

Articolo 31, comma 6-bis, legge 183/2011 (introdotto dal comma 534 della legge 147/2013)

 

E’ disposta la redistribuzione degli obiettivi del patto di stabilità fra enti capofila ed enti associati, a fronte di un accordo fra i predetti enti, per sterilizzare gli effetti delle maggiori spese sostenute.

La procedura prevede che l'ANCI comunichi al Ministero dell'economia e finanze, entro il 30 aprile di ciascun anno, mediante il sistema web, gli importi in riduzione e in aumento degli obiettivi del patto per ciascun comune, come determinati sulla base dell'accordo raggiunto tra gli stessi, a seguito delle istanze prodotte dai comuni medesimi entro il 15 marzo di ciascun anno.

 

Legge 190/2014 (legge di stabilità per il 2015), articolo 1, comma 489, lettera e)

Articolo 1 DL 78/2015 recante «Disposizioni in materia di enti locali»

 

È prevista una deroga al patto di stabilità in relazione a diverse tipologie di spesa in favore degli enti che le sostengono, tra cui quelle relative all'esercizio della funzione di ente capofila nel caso di gestione associata di funzioni.

 

E’ inoltre disposto un ulteriore allentamento dei vincoli del patto di stabilità in favore dei comuni, consentendo ad essi maggiori spazi finanziari per l'effettuazione delle medesime tipologie di spese nel limite complessivo di 100 milioni di euro annui per il periodo 2015-2018, dei quali 30 milioni per l'esercizio della funzione di ente capofila nel caso di gestione associata di alcune funzioni.

Legge 190/2014 (legge di stabilità per il 2015), articolo 1, comma 450, lettera d)

 

E’ previsto che per i comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le proprie funzioni fondamentali ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010 le spese di personale e le facoltà di assunzione sono considerate «in maniera cumulata» tra i comuni medesimi mediante «forme di compensazione» tra gli stessi, nel rispetto dei vincoli previsti dalle vigenti disposizioni e dell'invarianza della spesa complessiva.

Legge 190/2014 (legge di stabilità per il 2015), articolo 1, comma 450, lettera c)

 

È previsto che debba intendersi attribuito alle unioni di comuni per l'esercizio associato delle funzioni il contributo di 5 milioni di euro cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 120/2013 che ha stabilito per l'anno 2013, una integrazione della quota spettante a ciascun comune del Fondo di solidarietà comunale.

Legge 190/2014 (legge di stabilità per il 2015)

È previsto (modificando il comma 23 dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011) che gli enti locali istituiti a decorrere dall'anno 2011 sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dal terzo anno successivo a quello della loro istituzione assumendo, quale base di calcolo su cui applicare le regole, le risultanze dell'anno successivo all'istituzione medesima. Gli enti locali istituiti negli anni 2009 e 2010 adottano come base di calcolo su cui applicare le regole, rispettivamente, le risultanze medie del biennio 2010-2011 e le risultanze dell'anno 2011. Sono considerate a tal fine le amministrazioni provinciali interessate nel 2009 dallo scorporo di province di nuova istituzione. Tale previsione non si applica alle città metropolitane e alle province oggetto di riordino di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56. I comuni istituiti a seguito di fusione a decorrere dall'anno 2011 sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dal quinto anno successivo a quello della loro istituzione, assumendo quale base di calcolo le risultanze dell'ultimo triennio disponibile.

Articolo 1, comma 229, legge di stabilità 2016

In deroga alla normativa generale in materia di turn over, dal 2016 i comuni istituiti dal 2011 per effetto di fusioni nonché le unioni di comuni sono autorizzati ad assumere personale a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente. Sono fatti salvi i vincoli generali sulla spesa del personale.

 

 

Regioni a statuto speciale e province autonome

Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome la gestione obbligatoria delle funzioni attraverso le unioni di comuni è stata variamente disciplinata secondo la competenza primaria ad esse attribuita in materia di ordinamento degli enti locali, in qualche caso stabilendo termini diversi per il definitivo completamento del processo da quello previsto dal legislatore statale.

La Regione Friuli-Venezia Giulia, con legge regionale n . 26/2014, ha previsto l'istituzione su tutto il territorio regionale di Unioni di Comuni, denominate "Unioni territoriali intercomunali (UTI)". Con la legge regionale 12 dicembre 2014, n. 26, inoltre, è stato previsto che, nell’ambito del riordino del sistema Regione-Autonomie locali, la Regione adotti annualmente il “Programma annuale delle fusioni di Comuni”, uno strumento di natura programmatoria attraverso il quale l’organo esecutivo regionale si fa promotore della fusione di quei comuni che, in ragione della loro dimensione territoriale, rivelano problematicità nella gestione efficace ed efficiente dei servizi loro attribuiti Analogamente, nella Provincia autonoma di Trento, dove sono state costituite le sole due Unioni di Comuni della Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol (entrambe per scelta volontaria e non per obbligo di legge), si è stabilito che tutte le gestioni associate obbligatorie devono essere avviate entro il l gennaio 2017. In altri casi non è stato previsto l'obbligo di costituzione: le 36 Unioni di Comuni della Sardegna si sono tutte costituite a seguito di autonoma decisione degli enti interessati; mentre, per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, è previsto soltanto l'obbligo di stipulare convenzioni tra Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti per la gestione congiunta di servizi in almeno due settori. La Regione Valle d'Aosta ha introdotto la nuova disciplina dell'esercizio associato di funzioni e servizi comunali con la legge regionale 5 agosto 2014, n. 6, abolendo le Comunità montane ed istituendo le otto "Unités des Communes valdotaines" (nelle quali si sono associati tutti i Comuni valdostani tranne Aosta) per l'esercizio obbligatorio delle funzioni indicate nell'art. 16 della st essa legge.

 

 


 

Enti di area vasta: quadro normativo

 

Legge n. 56 del 2014 prevede, all’articolo 1, commi 2 e 3

Le città metropolitane sono enti territoriali di area vasta con le funzioni di cui ai commi da 44 a 46 e con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.

Le province sono enti territoriali di area vasta disciplinati ai sensi dei commi da 51 a 100. Alle province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri sono riconosciute le specificità di cui ai commi da 51 a 57 e da 85 a 97.

Le città metropolitane e le province  possono individuare all’interno del proprio territorio, attraverso il concorso tra tutti i sindaci, aree omogenee ai fini del migliore esercizio delle funzioni loro spettanti e di quelle dei comuni e delle loro unioni in esse ricomprese.

 

In particolare, l'impianto riformatore distingue tra funzioni fondamentali, ossia quelle demandate alle province dalla stessa legge n. 56, e funzioni non fondamentali, ossia quelle eventualmente riattribuite alle province all'esito dell'attuazione del processo riformatore.

Nelle specifico, le funzioni fondamentali sono:

a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali

c) programmazione provinciale della rete scolastica

d) raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

e) gestione dell'edilizia scolastica;

f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

Le province possono altresì, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

In base alla legge n. 56/2014, le altre funzioni non fondamentali, attualmente esercitate dalle province devono essere oggetto di un riordino complessivo mediante accordo in sede di Conferenza unificata, con il quale Stato e Regioni devono individuare in modo puntuale tali funzioni e stabilirne le relative competenze sulla base dei seguenti principi: individuazione per ogni funzione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione.

Lo Stato provvede al riordino delle funzioni di sua competenza con apposito dPCM e le Regioni con proprie leggi. Come previsto dalla legge n. 56, le funzioni che nell'ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell'effettivo avvio di esercizio da parte dell'ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione per le funzioni di competenza regionale.

 

Alle città metropolitane sono attribuite:

-         le funzioni fondamentali delle province;

-         le funzioni attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province;

-         le funzioni fondamentali proprie della città metropolitana che sono:  a) piano strategico del territorio metropolitano di carattere triennale, che costituisce atto di indirizzo per i comuni e le unioni di comuni del territorio, anche in relazione a funzioni delegate o attribuite dalle regioni; b) pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni; c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; a tale riguardo, la città metropolitana può, d'intesa con i comuni interessati, predisporre documenti di gara, svolgere la funzione di stazione appaltante, monitorare i contratti di servizio ed organizzare concorsi e procedure selettive; d) mobilità e viabilità; e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale; f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano;

ulteriori funzioni attribuite dallo Stato o dalle regioni, in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

Alle città metropolitane si applicano, ove compatibili, le disposizioni in materia di comuni del testo unico sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000) e le disposizioni della legge n. 131/2003 (cd. ‘legge La Loggia') sulla potestà normativa degli enti locali.

 

Lo schema di decreto legislativo sui SPL adottato in attuazione della legge 124/2015 prevede che costituisce funzione fondamentale dei comuni e delle città metropolitane l’individuazione delle attività di produzione di beni e servizi di interesse economico generale il cui svolgimento è necessario per soddisfare i bisogni delle comunità locali.

Legge n. 56 del 2014, articolo 1, commi 85

La legge n. 56 del 2014 determina dunque le funzioni fondamentali delle province definendole quali “enti con funzioni di area vasta” (comma 85) e definisce un procedimento estremamente articolato per la riattribuzione delle funzioni non ritenute fondamentali.

Con l'inizio del 2016 tutte le Regioni a statuto ordinario hanno adottato la normativa sul riordino delle funzioni delle Province in attuazione della legge n. 56 del 2014 e dell'accordo Stato-Regioni dell'11 settembre 2014.

In particolare, vi hanno provveduto, con i menzionati provvedimenti: la Toscana (legge regionale 3 marzo 2015, n. 22), l'Umbria (legge regionale 2 aprile 2015, n. 10), le Marche (legge regionale 31 marzo 2015, n.13), la Liguria (legge regionale 10 aprile 2015, n. 15), la Calabria (legge regionale 22 giugno 2015, n. 14), la Lombardia (legge regionale 8 luglio 2015, n. 19), l'Emilia Romagna (legge regionale 30 luglio 2015, n. 13), l'Abruzzo (legge regionale 20 ottobre 2015, n. 32), il Veneto (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19), il Piemonte (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23), la Basilicata (legge regionale 6 novembre 2015, n. 49), la Campania (legge regionale 9 novembre 2015, n. 14), il Molise (legge regionale 10 dicembre 2015, n. 18), la Puglia (legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31). La regione Lazio ha dettato disposizioni sulla materia con l'art. 7 della legge di stabilità regionale31 dicembre 2015, n. 17.

Alcune leggi regionali prevedono peraltro, in misura più o meno ampia, il mantenimento in capo alle province di funzioni non fondamentali (così, ad esempio, art. 2, comma 1, L.R. Lombardia n. 19/2015; art. 6, comma 1, e titolo II; L.R. Emilia Romagna n. 13/2015; art. 2, comma 1, L.R. Veneto n. 19/2015; art. 2 L.R. Piemonte n. 23/2015).

 

La disciplina della legge n. 56 del 2014 sulle città metropolitane e sulle province è dettata “in attesa della riforma del titolo V della parte II della Costituzione e delle relative norme di attuazione” (art. 1, comma 5 per le città metropolitane e comma 51 per le province).

 

Legge n. 56 del 2014 prevede, all’articolo 1, commi 88 e 90

La provincia può altresì, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

Fermo restando ciò, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, attribuiscono le funzioni provinciali diverse da quelle di cui al comma 85, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, nonché al fine di conseguire le seguenti finalità: individuazione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni. Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti locali, nonché le autonomie funzionali. Le funzioni che nell'ambito del processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti territoriali continuano ad essere da esse esercitate fino alla data dell'effettivo avvio di esercizio da parte dell'ente subentrante; tale data è determinata nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 92 per le funzioni di competenza statale ovvero è stabilita dalla regione ai sensi del comma 95 per le funzioni di competenza regionale.

 

Nello specifico caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica prevedano l'attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, ad enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, si applicano le seguenti disposizioni, che costituiscono princìpi fondamentali della materia e princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione:

a) il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero le leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l'attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con regioni e comuni, da determinare nell'ambito del processo di riordino di cui ai commi da 85 a 97, secondo i princìpi di adeguatezza e sussidiarietà, anche valorizzando, ove possibile, le autonomie funzionali;

b) per le regioni che approvano le leggi che riorganizzano le funzioni, prevedendo la soppressione di uno o più enti o agenzie, sono individuate misure premiali con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

Art. 37 D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo Codice appalti)

 

Se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, procede secondo una delle seguenti modalità:

a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;

b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento;

c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, garantendo la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche, sono individuati gli ambiti territoriali di riferimento in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e stabiliti i criteri e le modalità per la costituzione delle centrali di committenza in forma di aggregazione di comuni non capoluogo di provincia. In caso di concessione di servizi pubblici locali di interesse economico generale di rete, l'ambito di competenza della centrale di committenza coincide con l'ambito territoriale di riferimento (ATO), individuato ai sensi della normativa di settore. Sono fatte salve in ogni caso le attribuzioni degli enti di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56.

 

Legge di stabilità 2015

Prevede che gli enti di area vasta debbano adottare il Piano riassetto organizzativo, economico, finanziario.

Schema di decreto legislativo attuativo della legge 124/2015 recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (art. 13)

I servizi pubblici locali di interesse economico generale a rete sono organizzati per ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, individuati dalle regioni e dalle province autonome, le quali provvedono, altresì, a istituirne o designarne gli enti di governo. Gli ambiti territoriali ottimali non possono essere inferiori a quelli del territorio provinciale.

Le funzioni di organizzazione dei servizi a rete, compresa la scelta della forma di gestione, la determinazione delle tariffe all’utenza, l’affidamento della gestione e la relativa vigilanza, sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali. Nel caso in cui il perimetro dell’ambito o bacino territoriale ottimale coincida con il territorio della città metropolitana o dell’ente di area vasta, le funzioni dell’ente di governo sono svolte dalla medesima città metropolitana o dall’ente di area vasta.

Gli enti locali aderiscono ai predetti enti di governo entro 60 giorni dalla loro istituzione o designazione. Qualora non adempiano in tal senso, il Presidente della regione esercita i poteri sostitutivi, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro un termine non superiore a sessanta giorni. In caso di mancato esercizio dei poteri sostitutivi entro 60 giorni dalla scadenza di quest’ultimo termine, si applica l’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (potere sostitutivo).

In tale disposizione confluiscono le previsioni di cui all'art. 3-bis, commi 1 e 1-bis, primo e secondo periodo, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011.

L'articolo 3-bis del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha rimesso alle regioni e alle province autonome la definizione, entro il 30 giugno 2012, del perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza dei servizi pubblici locali; di norma gli ambiti o bacini territoriali ottimali non devono avere dimensione inferiore a quella provinciale[12].

L'articolo 34 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, ha previsto: al comma 20, per tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, a prescindere dalle modalità di affidamento, che lo stesso sia effettuato comunque sulla base di un'apposita relazione, pubblicata sul sito Internet dell'ente affidante, che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche, se previste; al comma 21, l'obbligo per gli affidamenti in essere di adeguarsi ai requisiti previsti dalla normativa europea entro il termine del 31 dicembre 2013.

L'efficacia delle disposizioni del citato articolo 34 è stata prorogata dall'articolo 13 del decreto-legge n. 150 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2014, ai sensi del quale la mancata istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale, ovvero la mancata deliberazione dell'affidamento entro il termine del 30 giugno 2014, comportano l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del prefetto competente per territorio, che provvede agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento entro il 31 dicembre 2014, con spese a carico dell'ente inadempiente[13]. Tuttavia, tale proroga non si applica in ogni caso, ma limitatamente alle ipotesi in cui l'ente affidante, ovvero, ove previsto, l'ente di governo dell'ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo, abbia avviato le procedure di affidamento di servizi, con l'adozione e la pubblicazione della relazione che motiva l'affidamento prescelto. Il mancato rispetto del termine comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.

L'art. 8 della legge n. 115 del 2015 ha da ultimo modificato la disciplina transitoria applicabile agli affidamenti diretti di servizi pubblici locali di rilevanza economica, di cui all’articolo 34, comma 22, del citato decreto-legge n. 179 del 2012

 

113/2016 (DL enti locali 2016)

In particolare, l’articolo 7 dispone l'eliminazione della sanzione per gli enti di area vasta che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nel 2015. L’articolo 8 reca la ripartizione tra le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario dell’ammontare della ulteriore riduzione della spesa corrente che grava nei confronti di tali enti per l’anno 2016, ai sensi dell’articoli 1, comma 418, della legge di stabilità 2015, rispetto al taglio operato nel 2015.

Testo di legge costituzionale (pubblicato in GU del 15 aprile 2016) – In attesa di referendum costituzionale ex art. 138 Cost.

L’articolo 70 prevede l’applicazione di un procedimento legislativo ad approvazione bicamerale per le leggi che “determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni”. In base alla riforma le leggi ad approvazione bicamerale devono avere ciascuna un “oggetto proprio” e possono essere “abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate con il medesimo procedimento”.

Per le province il procedimento legislativo applicabile sembrerebbe essere quello ad approvazione monocamerale.

 

L’articolo 40, comma 4 disciplina il riparto di competenza legislativa relativamente agli “enti di area vasta”, attribuendo i profili ordinamentali generali alla legge statale e le ulteriori disposizioni alla legge regionale.

Attraverso questa disposizione viene dunque previsto a livello di legge costituzionale un nuovo ente territoriale, l’ “ente di area vasta”.

A sua volta la legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha istituito le città metropolitane e riordinato le province, definisce “enti territoriali di area vasta” sia le città metropolitane – che restano enti costituzionalmente necessari - che le province (art. 1, commi 2 e 3) (v. infra).

 

Il testo di riforma costituzionale elimina dunque dal testo della Costituzione il riferimento alle “province” e prevede l’”ente di area vasta” in una norma sul riparto di competenza legislativa.

 

L’articolo 117 attribuisce agli ambiti di competenza legislativa esclusiva statale le materie “Ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane” (viene soppresso il riferimento alle province) e “Disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni”.

 

 


 

Fusioni di comuni

Le fusioni di comuni: analisi normativa

 

Articolo 1, comma 730, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014)

E’ stabilito la destinazione, nell’ambito della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, di risorse in favore delle unioni e delle fusioni di comuni, per un importo pari a complessivi 60 milioni annui, in particolare assegnando una quota non inferiore a 30 milioni di euro in favore dei comuni istituiti a seguito di fusione (quale contributo straordinario previsto dall’articolo 15, comma 3, del TUEL, come ridisciplinato ai sensi dell'articolo 20 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 cd. decreto spending review).

Tali contributi, previsti inizialmente per il solo triennio 2014-2016, sono stati consolidati a decorrere dal 2016 dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 17, lett. b), legge n. 208/2015).

Tali risorse sono autorizzate ad incremento di quelle già stanziate (in particolare dall’articolo 1, comma 164, della legge n. 662/1996).

Art. 23, comma 1, lettera f-ter) DL 90/2014

E’ estesa anche alle fusioni per incorporazione la concessione del contributo straordinario dovuto ai sensi dell'art. 15, comma 3, del TUEL. Tale contributo è commisurato, a decorrere dal 2013, al 20% dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti. Inoltre il D.L. 90/2014 ha fissato un limite al contributo pari a 1,5 milioni di euro per ciascuna fusione. La disposizione è diventata operativa con l'emanazione del decreto del Ministro dell'interno 21 gennaio 2015.

Articolo 1, comma 116, legge 56/2014

Nei comuni sorti a seguito della fusione di più comuni è previsto che lo statuto del nuovo comune possa prevedere "forme particolari di collegamento" tra l'ente locale sorto dalla fusione e le comunità che appartenevano ai comuni originari.

 

Articolo 1, comma 117, legge 56/2014

Al fine di accelerare il procedimento di adozione dello statuto è previsto che i comuni che hanno avviato il procedimento di fusione possano, anche prima dell'istituzione del nuovo ente, definirne lo statuto, che deve essere approvato in testo conforme da tutti i consigli comunali. Inoltre, si prevede che sia lo statuto del nuovo comune, e non più la legge regionale che lo istituisce, a contenere misure adeguate per assicurare alle comunità dei comuni oggetto della fusione forme di partecipazione e di decentramento dei servizi.

Articolo 1, comma 118, legge 56/2014

Le norme di maggior favore previste per comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e per le unioni di comuni continuano ad applicarsi anche al nuovo comune frutto della fusione di comuni con meno di 5.000 abitanti.

Articolo 1, comma 119, legge 56/2014

Il nuovo comune può utilizzare i margini di indebitamento consentiti anche ad uno solo dei comuni originari, anche nel caso in cui dall'unificazione dei bilanci non risultino possibili ulteriori spazi di indebitamento.

Articolo 1, comma 121, legge 56/2014

L'obbligo di esercizio associato delle funzioni comunali fondamentali, previsto per i comuni con meno di 5.000 abitanti, viene attenuato e in alcuni casi derogato in caso di fusione. In particolare: la legge regionale può fissare una diversa decorrenza dell'obbligo o rimodularne i contenuti; in ogni caso, in assenza di legge regionale, i comuni derivanti dalla fusione con popolazione di almeno 3.000 abitanti (2.000 se montani) sono esentati dall'obbligo per la durata di un mandato elettorale.

Articolo 1, comma 128, legge 56/2014

L'istituzione del nuovo comune non priva i territori dei comuni estinti dei benefici stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali in loro favore; inoltre, il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili dai comuni estinti al nuovo comune è esente da oneri fiscali.

Articolo 1, comm1 120, 122, 123, 124, 125, 126, 127, 129 legge 56/2014

 

           i sindaci dei comuni che si fondono coadiuvano il commissario nominato per la gestione del comune derivante da fusione fino all'elezione del sindaco e del consiglio comunale del nuovo comune; in particolare i sindaci, riuniti in comitato consultivo, esprimono parere sullo schema di bilancio e in materia di varianti urbanistiche (comma 120);

           gli incarichi esterni eventualmente attribuiti ai consiglieri comunali dei comuni oggetto di fusione e gli incarichi di nomina comunale continuano fino alla nomina dei successori (comma 122);

           le risorse destinate ai singoli comuni per le politiche di sviluppo delle risorse umane e alla produttività del personale, previste dal contratto collettivo di lavoro del comparto e autonome locali del 1° aprile 1999, sono trasferite in un unico fondo del nuovo comune con la medesima destinazione (comma 123);

           tutti gli atti, compresi bilanci, dei comuni oggetto della fusione restano in vigore fino all'entrata in vigore dei corrispondenti atti del commissario o degli organi del nuovo comune (comma 124, lett. a);

           i revisori dei conti decadono al momento dell'istituzione del nuovo comune; fino alla nomina del nuovo organo di revisione contabile le funzioni sono svolte dall'organo di revisione in carica nel comune più popoloso (comma 124, lett. b);

           al nuovo comune si applicano le disposizioni dello statuto e del regolamento di funzionamento del consiglio comunale dell'estinto comune di maggiore dimensione demografica fino all'approvazione del nuovo statuto (comma 124, lett. c);

           il bilancio di previsione del nuovo comune deve essere approvato entro 90 giorni dall'istituzione dal nuovo consiglio comunale, fatta salva l'eventuale proroga disposta con decreto del Ministro dell'interno (comma 125, lett. a);

           ai fini dell'esercizio provvisorio, si prende come riferimento la sommatoria delle risorse stanziate nei bilanci definitivamente approvati dai comuni estinti nell'anno precedente (comma 125, lett. b);

           il nuovo comune approva il rendiconto di bilancio dei comuni estinti e subentra negli adempimenti relativi alle certificazioni del patto di stabilità e delle dichiarazioni fiscali (comma 125, lett. c);

           ai fini della determinazione della popolazione legale, la popolazione del nuovo comune corrisponde alla somma della popolazione dei comuni estinti (comma 126);

           l'indicazione della residenza nei documenti dei cittadini e delle imprese resta valida fino alla scadenza, anche se successiva alla data di istituzione del nuovo comune (comma 127);

           i codici di avviamento postale dei comuni preesistenti possono essere conservati nel nuovo comune (comma 129).

Articolo 1, comma 130, legge 56/2014

E’ disciplinata la fusione per "incorporazione", da parte di un comune incorporante, di un comune contiguo "incorporato".

Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15 del TUEL (l'incorporazione è disposta con legge regionale e si procede a referendum tra le popolazioni interessate), il nuovo procedimento prevede che il comune incorporante mantiene la propria personalità e i propri organi, mentre decadono gli organi del comune incorporato. A tutela di quest'ultimo si prevede che lo statuto del comune incorporante sia integrato da adeguate misure di partecipazione e di decentramento .

Articolo 1, comma 131-134, legge 56/2014

Le regioni possono individuare misure di incentivazione alle unioni e fusioni nella definizione del patto di stabilità interno verticale (comma 131).

E' inoltre dettata una disposizione transitoria, volta a graduare gli effetti della fusione, sì da consentire il mantenimento (tuttavia non oltre l'ultimo esercizio finanziario del primo mandato amministrativo del nuovo comune) di tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla fusione, ove il nuovo comune sorto dalla fusione istituisca municipi (comma 132).

I comuni sorti da fusione dispongono di tre anni di tempo, per l'adeguamento alle norme vigenti in materia di omogeneizzazione degli ambiti territoriali ottimali di gestione e di razionalizzazione delle partecipazioni a consorzi, aziende e società pubbliche di gestione (comma 133).

Infine, il comma 134 prevede che i progetti presentati dai comuni istituiti per fusione o dalle unioni di comuni abbiano, nel 2014, la priorità nell'accesso alle risorse del Primo Programma cd. "6.000 campanili" (di cui all'articolo 18, comma 9, del decreto-legge n. 69 del 2013).

Decreto del Ministro dell'interno del 21 gennaio 2015

Ha stabilito, a decorrere dall'anno 2014, le modalità ed i termini per il riparto e l'attribuzione dei contributi spettanti ai Comuni istituiti dall'anno 2014 a seguito di fusione di Comuni o fusione per incorporazione. Ad essi spetta un contributo straordinario decennale pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010. Tale contributo è soggetto al limite degli stanziamenti finanziari previsti e non può essere erogato in misura superiore a 1,5 milioni di euro per ogni fusione.

Art. 1, comma 450, legge di stabilità 2015 (legge 190/2014)

Ai comuni istituiti a seguito di fusioni che abbiano un rapporto della spesa per il personale sulla spesa corrente inferiore al 30 per cento non si applicano, nei primi 5 anni dalla fusione, i vincoli stabiliti dalla normativa vigente per l'assunzione di personale mediante contratti a tempo determinato, fermo restando il limite della spesa complessiva per il personale sostenuta dai singoli enti nell'anno precedente la fusione, ed i vincoli generali sull'equilibrio dei bilanci.

Decreto-legge 210/2015 (conv. L. 25 febbraio 2016, n. 21)

E’ previsto che i comuni istituiti per fusione entro il 1° gennaio 2016 siano esonerati per il 2016 dall'obbligo del rispetto delle nuove regole di finanza pubblica stabilite dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, commi 709-734, L. 208/2015), che richiedono agli enti territoriali il conseguimento di un saldo finanziario non negativo, in termini di competenza.

L’articolo 4, comma 4 dispone, altresì, al secondo periodo, per i comuni istituiti a seguito di processi di fusione previsti dalla legislazione vigente (enti derivanti da fusione per unione o gli enti incorporanti a seguito di fusione per incorporazione), che hanno concluso tali processi entro il 1° gennaio 2016, che l'obbligo del rispetto delle nuove regole di finanza pubblica decorre dal 1° gennaio 2017. Si tratta delle nuove regole stabilite dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, co. 709-734, L. 208/2015), cui sono assoggettati gli enti territoriali, ai fini del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. Agli enti territoriali viene richiesto, a tal fine, di conseguire un saldo finanziario non negativo, in termini di competenza, tra le entrate e le spese finali. Per la copertura degli oneri finanziari derivanti dall’esclusione di tali enti dai vincoli finanziari di bilancio, computati pari a 10,6 milioni per il 2016, si utilizzano le disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti da legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

Articolo 1, comma 17, legge di stabilità 2016

Nell’ambito della dotazione del Fondo di solidarietà comunale (ridefinita in conseguenza delle misure compensative del minor gettito IMU e TASI previsto dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione)  viene consolidata la destinazione di risorse in favore delle unioni e delle fusioni di comuni, già prevista limitatamente al triennio 2014-2016 (L. 228/2012, art. 1, co. 380-ter) nell’importo di 60 milioni (art. 1, comma 17, lett. b).

In particolare, con la sostituzione dell’ultimo periodo del comma 380-ter, si conferma a regime la destinazione di 30 milioni di euro (in precedenza limitata al triennio 2014-2016) ad incremento del contributo spettante alle unioni di comuni (previsto ai sensi dell’art. 53, co. 10, della legge n. 388/2000) e di 30 milioni di euro ai comuni istituiti a seguito di fusione, ai sensi dell'articolo 20 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (cd. decreto spending review).

 

Articolo 1, comma 18, legge di stabilità 2016

E’ aumentato il contributo straordinario previsto dall’articolo 20 del D.L. n. 95 del 2012 per i comuni che danno luogo alla fusione.  Il comma 18 dispone in particolare che, a decorrere dal 2016, il contributo sia commisurato al 40 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per il 2010 (in luogo al precedente 20), innalzando inoltre a 2 milioni il sopradetto limite massimo per ciascun beneficiario. Si rinvia inoltre ad un decreto del Ministro dell’interno le modalità di riparto del contributo, stabilendo poi alcuni specifici criteri di riparto dei contributi nei casi in cui il fabbisogno ecceda – ovvero risulti inferiore – rispetto alle disponibilità finanziarie. In particolare, in caso di fabbisogno eccedente la norma dispone che venga data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità; le eventuali disponibilità eccedenti rispetto al fabbisogno verranno invece ripartite tra gli enti beneficiari in base alla popolazione e al numero dei comuni originari.

Articolo 1, comma 229, legge di stabilità 2016

In deroga alla normativa generale in materia di turn over, dal 2016 i comuni istituiti dal 2011 per effetto di fusioni (nonché le unioni di comuni) sono autorizzati ad assumere personale a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente. Sono fatti salvi i vincoli generali sulla spesa del personale.

 


 

Obblighi di trasparenza per le amministrazioni locali

 

Obblighi di pubblicazione sul sito istituzionale valevoli per gli enti locali

Disposizioni di carattere generale

Obbligo di pubblicare sul sito istituzionale:

·        il programma triennale per trasparenza e l’integrità ed il relativo stato di attuazione.

Art. 10, comma 8, D.lgs. 33/2013

Dati relativi agli atti di carattere normativo e amministrativo generale

Obbligo di pubblicare sul sito istituzionale:

·        i riferimenti normativi con i relativi link alle norme di legge statale pubblicate nella banca dati «Normattiva» che regolano l'istituzione, l'organizzazione e l'attività dell’amministrazione;

·        le direttive, le circolari, i programmi e le istruzioni emanati dall'amministrazione e ogni atto, previsto dalla legge o comunque adottato, che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti ovvero nei quali si determina l'interpretazione di norme giuridiche che le riguardano o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse, ivi compresi i codici di condotta;

·        le misure integrative di prevenzione della corruzione individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2-bis, della legge n. 190 del 2012;

·        i documenti di programmazione strategico-gestionale e gli atti degli organismi indipendenti di valutazione;

·        uno scadenzario con l'indicazione delle date di efficacia dei nuovi obblighi amministrativi introdotti.

Art. 12, co. 1 e 1-bis, D.Lgs. n. 33/2013

Dati relativi all’organizzazione

Obbligo di pubblicare sul sito istituzionale i dati relativi:

·        agli organi di indirizzo politico e di amministrazione e gestione, con l'indicazione delle rispettive competenze;

·        all'articolazione degli uffici, le competenze di ciascun ufficio, anche di livello dirigenziale non generale, i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici;

·        all'illustrazione in forma semplificata, ai fini della piena accessibilità e comprensibilità dei dati, dell'organizzazione dell'amministrazione, mediante l'organigramma o analoghe rappresentazioni grafiche;

·        all'elenco dei numeri di telefono nonché delle caselle di posta elettronica istituzionali e delle caselle di posta elettronica certificata dedicate, cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta inerente i compiti istituzionali.

Art. 13, co. 1, D.Lgs. n. 33/2013

A partire dal 1° gennaio 2014, obbligo di pubblicare nel sito web istituzionale l'elenco dei provvedimenti adottati al fine di utilizzare in via esclusiva i canali e i servizi telematici, ivi inclusa la posta elettronica certificata, per l'utilizzo dei propri servizi, anche a mezzo di intermediari abilitati, per la presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze e atti e garanzie fideiussorie, per l'esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché per la richiesta di attestazioni e certificazioni. Sono oggetto di pubblicazione anche i termini e modalità di utilizzo dei servizi e dei canali telematici e della posta elettronica certificata.

Art. 63, co. 3-quater, CAD, introdotto da art. 47-quinquies D.L. n. 5/2012

Dati relativi ai titolari di cariche elettive e di governo

Obbligo di pubblicare:

·        l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;

·        il curriculum;

·        i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;

·        i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;

·        gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;

·        le dichiarazioni relative alla situazione patrimoniale limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.

Co le modifiche introdotte con il D.lgs. 97/2016, è stato precisato l’ambito di applicazione dell’obbligo stabilendo che le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati per i titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati, salvo che siano attribuiti a titolo gratuito, e per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione.

Come chiarito nella delibera dell’ANAC n. 144 del 07 ottobre 2014, sono soggetti agli obblighi di pubblicazione relativamente alla situazione reddituale e patrimoniale i componenti degli organi di indirizzo politico nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, fermo restando l’obbligo di pubblicazione per i componenti degli organi di indirizzo politico in tutti i comuni, indipendentemente dal numero di abitanti, degli altri dati e informazioni informazioni di cui all’art. 14, comma 1. Quanto alle forme associative di comuni si precisa che l’obbligo si riferisce agli organi di indirizzo politico delle stesse se la popolazione complessiva supera i 15.000 abitanti.

Art. 14, co. 1, D.lgs. 33/2013

Solo per le province, vige l’obbligo di pubblicare i rendiconti dei gruppi consiliari provinciali, con evidenza delle risorse trasferite o assegnate a ciascun gruppo, con indicazione del titolo di trasferimento e dell'impiego delle risorse utilizzate. Sono altresì pubblicati gli atti e le relazioni degli organi di controllo.

Art. 28, D.lgs. n. 33/2013

Dati relativi al personale

Obbligo di pubblicare:

·        il conto annuale del personale e delle relative spese, nell'ambito del quale sono rappresentati i dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo, con l'indicazione della sua distribuzione tra le diverse qualifiche e aree professionali, con particolare riguardo al personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico;

·        con separata evidenza, i dati relativi al costo complessivo del personale a tempo indeterminato in servizio, articolato per aree professionali, con particolare riguardo al personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico;

·        i dati relativi ai tassi di assenza, distinti per uffici di livello dirigenziale (con cadenza trimestrale).

Art. 16, D.lgs. n. 33/2013

Obbligo di pubblicare annualmente:

·        i dati relativi al personale con rapporto di lavoro non a tempo indeterminato, ivi compreso il personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico;

·        a cadenza trimestrale, i dati relativi al costo complessivo del personale di lavoro non a tempo indeterminato, con particolare riguardo al personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico.

Art. 17, D.lgs. n. 33/2013

Obbligo di pubblicare l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati a ciascuno dei propri dipendenti, con l'indicazione della durata e del compenso spettante per ogni incarico.

Art. 18, D.lgs. n. 33/2013

Obbligo di pubblicare i bandi di concorso per il reclutamento, a qualsiasi titolo, di personale presso l'amministrazione, nonché i criteri di valutazione della Commissione e le tracce delle prove scritte.

Art. 19, D.lgs. n. 33/2013

Codici di comportamento

Art. 55, d.lgs. n. 165/2001

Obbligo di pubblicare i riferimenti necessari per la consultazione dei contratti e accordi collettivi nazionali, che si applicano loro, nonché le eventuali interpretazioni autentiche. Le amministrazioni pubblicano inoltre i contratti integrativi stipulati, con la relazione tecnico-finanziaria e quella illustrativa certificate dagli organi di controllo

Art. 21, D.lgs. 33/2013

Dati relativi ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza

Obbligo di pubblicare, relativamente ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza::

·        gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico;

·        il curriculum vitae;

·        i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali;

·        i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato;

Art. 15, co. 1, D.lgs. n. 33/2013

Obbligo di pubblicare gli estremi degli atti di conferimento di incarichi di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo per i quali è previsto un compenso, completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato.

Art. 15, co. 2, D.lgs. n. 33/2013

Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico nonché l'attestazione dell'avvenuta verifica dell'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.

Art. 53, co. 14, D.lgs. 165/2001

Dati relativi alla valutazione della performance

Obbligo di pubblicare sul sito istituzionale:

·        il Piano della performance e la Relazione sulla performance;

·        i nominativi ed i curricula dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione.

Art. 10, comma 8, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare:

·        i dati relativi all'ammontare complessivo dei premi collegati alla performance stanziati e l'ammontare dei premi effettivamente distribuiti;

·        i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l'assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione, in forma aggregata, al fine di dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e degli incentivi;

·        i dati relativi al grado di differenziazione nell'utilizzo della premialità sia per i dirigenti sia per i dipendenti.

Art. 20, D.lgs. 33/2013

Dati sulla gestione dei servizi pubblici

Obbligo di pubblicare la relazione sulla scelta delle modalità di affidamento dei servizi

art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012 (conv. L. n. 221/2012)

Gli enti locali devono assicurare piena pubblicità alla «Carta della qualità dei servizi», che ciascun soggetto gestore ha l’obbligo di redigere, in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, recante gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per proporre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza

Art. 2, co. 461, L. 244/2007

Obbligo di pubblicare:

·        la carta dei servizi o il documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici:

·        i costi contabilizzati dei servizi erogati agli utenti e il relativo andamento nel tempo.

Art. 32, D.lgs. 33/2013

Dati sugli enti controllati

Ciascuna amministrazione pubblica e aggiorna annualmente:

a) l'elenco degli enti pubblici, comunque denominati, istituiti, vigilati o finanziati dalla amministrazione medesima nonché di quelli per i quali l'amministrazione abbia il potere di nomina degli amministratori dell'ente, con l'elencazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

b) l'elenco delle società di cui detiene direttamente quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l'entità, con l'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate;

c) l'elenco degli enti di diritto privato, comunque denominati, in controllo dell'amministrazione, con l'indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell'amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate. Ai fini delle presenti disposizioni sono enti di diritto privato in controllo pubblico gli enti di diritto privato sottoposti a controllo da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano a queste riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi;

d) una o più rappresentazioni grafiche che evidenziano i rapporti tra l'amministrazione e gli enti di cui sopra;

e) i provvedimenti in materia di costituzione di società a partecipazione pubblica, acquisto di partecipazioni in società già costituite, gestione delle partecipazioni pubbliche, alienazione di partecipazioni sociali, quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati e razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, previsti dal decreto legislativo adottato ai sensi dell'articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124

Art. 22, co. 1, D.lgs. 33/2013

Per ciascuno degli enti di cui alle lettere da a) a c) del precedente box sono pubblicati i dati relativi:

·        alla ragione sociale,

·        alla misura della eventuale partecipazione dell'amministrazione,

·        alla durata dell'impegno,

·        all'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione,

·        al numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo,

·        al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante,

·        ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari.

Sono altresì pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo.

Art. 22, co. 2, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare gli incarichi di amministratore delle società conferiti da soci pubblici e i relativi compensi

Art. 1, co. 735, L. 296/2006

Dati sull’attività amministrativa e sui procedimenti

Obbligo di pubblicare e aggiornare ogni sei mesi, gli elenchi dei provvedimenti adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti, con particolare riferimento ai provvedimenti finali dei procedimenti di:

a) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

b) accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche ai sensi degli artt. 11 e 15 della L. 241/1990.

Art. 23, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare i dati relativi alle tipologie di procedimento di propria competenza. Per ciascuna tipologia di procedimento sono pubblicate le seguenti informazioni:

·        una breve descrizione del procedimento con indicazione di tutti i riferimenti normativi utili;

·        l'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria;

·        l'ufficio del procedimento, unitamente ai recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica istituzionale, nonché, ove diverso, l'ufficio competente all'adozione del provvedimento finale, con l'indicazione del nome del responsabile dell'ufficio, unitamente ai rispettivi recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica istituzionale;

·        per i procedimenti ad istanza di parte, gli atti e i documenti da allegare all'istanza e la modulistica necessaria, compresi i fac-simile per le autocertificazioni, anche se la produzione a corredo dell'istanza è prevista da norme di legge, regolamenti o atti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, nonché gli uffici ai quali rivolgersi per informazioni, gli orari e le modalità di accesso con indicazione degli indirizzi, dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale, a cui presentare le istanze;

·        le modalità con le quali gli interessati possono ottenere le informazioni relative ai procedimenti in corso che li riguardino;

·        il termine fissato in sede di disciplina normativa del procedimento per la conclusione con l'adozione di un provvedimento espresso e ogni altro termine procedimentale rilevante;

·        i procedimenti per i quali il provvedimento dell'amministrazione può essere sostituito da una dichiarazione dell'interessato, ovvero il procedimento può concludersi con il silenzio assenso dell'amministrazione;

·        gli strumenti di tutela, amministrativa e giurisdizionale, riconosciuti dalla legge in favore dell'interessato, nel corso del procedimento e nei confronti del provvedimento finale ovvero nei casi di adozione del provvedimento oltre il termine predeterminato per la sua conclusione e i modi per attivarli;

·        il link di accesso al servizio on line, ove sia già disponibile in rete, o i tempi previsti per la sua attivazione;

·        le modalità per l'effettuazione dei pagamenti eventualmente necessari;

·        il nome del soggetto a cui è attribuito, in caso di inerzia, il potere sostitutivo, nonché le modalità per attivare tale potere, con indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale.

Art. 35, co. 1 ,D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare nel sito istituzionale:

·        i recapiti telefonici e la casella di posta elettronica istituzionale dell'ufficio responsabile per le attività volte a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l'accesso diretto agli stessi da parte delle amministrazioni procedenti.

Art. 35, co. 3 ,D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare nei propri siti istituzionali e di specificare nelle richieste di pagamento:

·        i codici IBAN identificativi del conto di pagamento, ovvero dell'imputazione del versamento in Tesoreria, tramite i quali i soggetti versanti possono effettuare i pagamenti mediante bonifico bancario o postale, ovvero gli identificativi del conto corrente postale sul quale i soggetti versanti possono effettuare i pagamenti mediante bollettino postale;

·        i codici identificativi del pagamento da indicare obbligatoriamente per il versamento.

Art. 36, D.lgs. 33/2013 e art. 5, D.lgs. n. 82/2005 (CAD)

Dati sui provvedimenti di attribuzione di vantaggi economici

Obbligo di pubblicare:

·        gli atti con i quali sono determinati, ai sensi dell'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i criteri e le modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi per la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati.

·        gli atti di concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, di importo superiore a mille euro.

È esclusa la pubblicazione dei dati identificativi delle persone fisiche destinatarie dei provvedimenti di cui al presente articolo, qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati.

Art. 26, D.lgs. 33/2013

In relazione ai provvedimenti di attribuzione di vantaggi economici, obbligo di pubblicare:

·        il nome dell'impresa o dell'ente e i rispettivi dati fiscali o il nome di altro soggetto beneficiario;

·        l'importo del vantaggio economico corrisposto;

·        la norma o il titolo a base dell'attribuzione;

·        l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo;

·        la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario;

·        il link al progetto selezionato e al curriculum del soggetto incaricato.

Tali informazioni sono riportate, nell'ambito della sezione «Amministrazione trasparente» e secondo modalità di facile consultazione, in formato tabellare aperto che ne consente l'esportazione, il trattamento e il riutilizzo e devono essere organizzate annualmente in unico elenco per singola amministrazione.

Art. 27, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare l’elenco delle misure organizzative per garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti.

Art. 9, co. 1, lett. a), D.L. n. 78/2009

Dati sull’uso delle risorse pubbliche

Obbligo di pubblicare:

·        i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo entro trenta giorni dalla loro adozione;

·         i dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, al fine di assicurare la piena accessibilità e comprensibilità;

·        i dati relativi alle entrate e alla spesa di cui ai propri bilanci preventivi e consuntivi in formato tabellare aperto che ne consenta l'esportazione, il trattamento e il riutilizzo (anche attraverso il ricorso ad un portale unico);

·        il Piano degli indicatori e risultati attesi di bilancio, con le integrazioni e gli aggiornamenti.

Art. 29, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare:

·        le informazioni identificative degli immobili posseduti e di quelli detenuti, nonché i canoni di locazione o di affitto versati o percepiti.

Art. 30, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare:

·        gli atti degli organismi indipendenti di valutazione o nuclei di valutazione, procedendo all'indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti;

·        la relazione degli organi di revisione amministrativa e contabile al bilancio di previsione o budget, alle relative variazioni e al conto consuntivo o bilancio di esercizio nonché tutti i rilievi ancorché non recepiti della Corte dei conti riguardanti l'organizzazione e l'attività delle amministrazioni stesse e dei loro uffici.

Art. 31, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare:

·        con cadenza annuale, un indicatore dei propri tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato «indicatore annuale di tempestività dei pagamenti», nonché l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici.;

·        dall’anno 2015, con cadenza trimestrale, un indicatore, avente il medesimo oggetto, denominato «indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti».

Art. 33, D.lgs. 33/2013

Obbligo di pubblicare sul sito istituzionale:

·        le spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali elencate, per ciascun anno, in apposito prospetto allegato al rendiconto

Art. 16, co. 26, D.L. 138/2011

 

 

OBBLIGHI DI PUBBLICAZIONE IN SETTORI SPECIALI

Dati relativi ai contratti pubblici di lavori, servizi e appalti

In qualità di stazioni appaltanti le amministrazioni locali sono tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali:

·        la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. Le stazioni appaltanti sono tenute altresì a trasmettere le predette informazioni ogni semestre alla commissione di cui al comma 2.

·        entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici.

Si v. anche la delibera dell’ANAC n. 39 del 20 gennaio 2016 che prevede alcune modalità applicative tese a semplificare gli adempimenti di pubblicazione, coordinandoli con i contestuali obblighi di trasmissione dei medesimi dati ad altre autorità.

Art. 1, co. 32, L. 190/2012

Obbligo di pubblicare, oltre alle informazioni di cui al box precedente, gli atti e le informazioni oggetto di pubblicazione ai sensi del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (cd. Codice degli appalti).

Tali obblighi di pubblicazione si intendono assolti, attraverso l'invio dei medesimi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, limitatamente alla parte lavori.

Art. 37, D.lgs. 33/2013

Dati relativi alle opere pubbliche

Obbligo di pubblicare:

·        le informazioni relative ai Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici di cui all'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, incluse le funzioni e i compiti specifici ad essi attribuiti, le procedure e i criteri di individuazione dei componenti e i loro nominativi;

·        gli atti di programmazione delle opere pubbliche, nonché le informazioni relative ai tempi, ai costi unitari e agli indicatori di realizzazione delle opere pubbliche in corso o completate.

Si v. inoltre articolo 21, D.lgs. 50/2016

Art. 38, D.lgs. 33/2013

Dati relativi all’attività di pianificazione e governo del territorio

Obbligo di pubblicare:

·        gli atti di governo del territorio, quali, tra gli altri, piani territoriali, piani di coordinamento, piani paesistici, strumenti urbanistici, generali e di attuazione, nonché le loro varianti;

In una sezione apposita del comune interessato, continuamente aggiornata, obbligo di pubblicare:

·        la documentazione relativa a ciascun procedimento di presentazione e approvazione delle proposte di trasformazione urbanistica d'iniziativa privata o pubblica in variante allo strumento urbanistico generale comunque denominato vigente nonché delle proposte di trasformazione urbanistica d'iniziativa privata o pubblica in attuazione dello strumento urbanistico generale vigente che comportino premialità edificatorie a fronte dell'impegno dei privati alla realizzazione di opere di urbanizzazione extra oneri o della cessione di aree o volumetrie per finalità di pubblico interesse.

Art. 39, D.lgs. 33/2013

Dati relativi alle informazioni ambientali

Obbligo di pubblicare:

·        le informazioni ambientali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, che detengono ai fini delle proprie attività istituzionali, nonché le relazioni di cui all'articolo 10 del medesimo decreto legislativo.

Per «informazione ambientale» si intende: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente:

1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi;

2) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati al numero 1);

3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi;

4) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale;

5) le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell'ambito delle misure e delle attività di cui al numero 3);

6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d'interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell'ambiente.

Di tali informazioni deve essere dato specifico rilievo all'interno di un'apposita sezione detta «Informazioni ambientali».

Art. 40, D.lgs. 33/2013

Dati relativi al Servizio sanitario nazionale

Obbligo per le amministrazioni e gli enti del servizio sanitario nazionale di pubblicare:

·        i dati relativi a tutte le spese e a tutti i pagamenti effettuati, distinti per tipologia di lavoro, bene o servizio, e ne permettono la consultazione, in forma sintetica e aggregata, in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all'ambito temporale di riferimento e ai beneficiari;

·        l'elenco, aggiornato annualmente, delle strutture sanitarie private accreditate. Sono altresì pubblicati gli accordi con esse intercorsi.

Le aziende sanitarie ed ospedaliere pubblicano tutte le informazioni e i dati concernenti le procedure di conferimento degli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché degli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse, ivi compresi i bandi e gli avvisi di selezione, lo svolgimento delle relative procedure, gli atti di conferimento.

Art. 41, D.lgs. 33/2013

Dati relativi ad interventi straordinari e di emergenza

Le pubbliche amministrazioni che adottano provvedimenti contingibili e urgenti e in generale provvedimenti di carattere straordinario in caso di calamità naturali o di altre emergenze, ivi comprese le amministrazioni commissariali e straordinarie costituite in base alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, o a provvedimenti legislativi di urgenza, pubblicano:

a) i provvedimenti adottati, con la indicazione espressa delle norme di legge eventualmente derogate e dei motivi della deroga, nonché l'indicazione di eventuali atti amministrativi o giurisdizionali intervenuti;

b) i termini temporali eventualmente fissati per l'esercizio dei poteri di adozione dei provvedimenti straordinari;

c) il costo previsto degli interventi e il costo effettivo sostenuto dall'amministrazione.

Art. 42, D.lgs. 33/2013


 

Controlli sugli enti locali

 

Il sistema dei controlli degli enti locali

 

Il sistema dei controlli sugli enti locali è costituito da un insieme di norme contenute nel TUEL, fortemente implementate negli ultimi anni al fine di rendere più efficaci il monitoraggio e le verifiche ex ante ed ex post sulla gestione finanziaria degli enti, anche attraverso il rafforzamento della funzione di controllo esterno della Corte dei Conti.

Il sistema dei controlli degli enti territoriali si fonda sul principio dell'equiordinazione costituzionale di tali enti con gli altri livelli di governo. Tale principio fa si che l'ente abbia capacità di verifica e di giudizio interno della propria attività.

Parallelamente, accanto al riconoscimento costituzionale dell'autonomia degli enti territoriali, si era venuto via via a ridurre il ruolo dei controlli esterni, sia con l'eliminazione dei controlli preventivi di legittimità, caratterizzati da un'impostazione di tipo gerarchico e pertanto lesiva dell'autonomia dei vari enti territoriali, sia con il ridimensionamento del ruolo della Corte dei conti, che ha conservato le proprie funzioni di controllore esterno attraverso un rapporto di tipo collaborativo.

 

Il contesto dinamico e le successive evoluzioni della finanza locale di questi ultimi anni hanno imposto al legislatore riflessioni sull'adeguatezza dei controlli in essere e sulla necessità di migliorarli o integrarli, anche in ragione del principio del coordinamento della finanza pubblica - ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali sulla base degli impegni comunitari - che ha determinato, da un lato, la previsione di vincoli sempre più stringenti alle politiche di bilancio degli enti territoriali e, dall'altro, l'intensificazione, in controtendenza rispetto al passato, del sistema dei controlli esterni sulla gestione finanziaria degli enti, affidato alla Corte dei conti.

La recente crisi economico-finanziaria, peraltro, che ha imposto politiche ulteriormente restrittive di bilancio, ha spinto verso l’adozione di nuovi sistemi contabili uniformi allo scopo di porre in essere meccanismi di controllo della spesa pubblica più efficaci e più efficienti, con l’utilizzo generalizzato delle procedure informatiche.

Pertanto, l'originario assetto delineato nel Testo unico sugli enti locali (T.U.E.L.) D.Lgs. n. 267/2000, è stato modificato sia in ragione dell'introduzione, per tutto il comparto della pubblica amministrazione, di una nuova modalità di valutazione della dirigenza e dei controlli sulla performance organizzativa e individuale nel pubblico impiego, sia in ragione della necessità di ampliare i controlli - ex ante ed ex post - sugli atti suscettibili di avere effetti finanziari, nell'ottica di un rafforzamento del coordinamento della finanza pubblica e degli strumenti posti a garanzia del rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.

Da ultimo, la legge n. 243/2012, di attuazione del principio del pareggio di bilancio, ribadisce le funzioni di controllo della Corte dei conti sui bilanci delle amministrazioni pubbliche. In particolare, l'articolo 20 stabilisce al comma 1 che la Corte dei conti è competente a svolgere, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione dei bilanci degli enti territoriali - nonché delle amministrazioni pubbliche non territoriali - ai fini del coordinamento della finanza pubblica e dell'equilibrio dei bilanci delle pubbliche amministrazioni sancito dall'articolo 97 della Costituzione, come riformato dalla legge Costituzionale n. 1/2012. Il comma 2 demanda alla legge dello Stato la disciplina delle forme e delle modalità del controllo esercitato dalla Corte medesima.

Il filo conduttore delle recenti riforme in tema di controlli interni, può essere così sintetizzato:

-   la spinta al recupero di efficienza nella gestione, attraverso la determinazione chiara e trasparente dei costi delle attività e dei servizi pubblici, che ha messo in luce la necessità di una contabilità economica ed analitica in tutta la PA. Ciò ha segnato un processo irreversibile che ha condotto, per gli enti locali, al D.Lgs. n. 118/2011 sull’armonizzazione dei sistemi contabili, e alla generale applicazione, dal 2016, della contabilità economico-patrimoniale affiancata a quella finanziaria di competenza e di cassa;

-   la rivalutazione della fase di programmazione, ai fini della razionalizzazione della gestione delle risorse disponibili, che si esplica, per gli enti locali, sia nella fase di predisposizione dei documenti di bilancio (di previsione e consuntivi) e del Documento unico di programmazione (DUP) sia nella fase di verifica dei programmi e dei progetti che il consiglio deve approvare, almeno una volta l’anno entro il 30 settembre. Da questo punto di vista si segnala la riforma dei controlli interni impostata dal D.L. n. 174/2012 che ha rivalutato la fase programmatoria considerando l’ente locale quale “holding” di tutti i soggetti, privati e pubblici, controllati dall’ente. La programmazione si attua nel rispetto dei principi contabili contenuti nel D.Lgs. n. 118/2011;

-   l’introduzione di strumenti di valutazione del personale (amministratori, funzionari e dirigenti) – percorso peraltro ancora in atto, anche nell’ambito della delega per la riforma della pubblica amministrazione di cui alla legge 124/2015;

-   la spinta verso una maggiore trasparenza, che ha trovato il suo passaggio fondamentale nell’emanazione del D.Lgs. n. 33/2013, recentemente oggetto di modifica in base alla citata legge 124/2015.

I controlli interni sugli enti locali

L'assetto dei controlli interni negli enti locali era originariamente basato sulle seguenti tipologie di controlli:

Tale sistema ha subito una profonda innovazione, in primis dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e, successivamente, dall'articolo 3 del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, provvedimento quest'ultimo che ha completamente ridisegnato l'assetto sopra descritto, delineato dall'articolo 147 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).

In particolare, il D.Lgs. n. 150 del 27 ottobre 2009, c.d. Decreto Brunetta, che ha introdotto il concetto di valutazione delle performance individuali e organizzative del personale della pubblica amministrazione (compresi dunque gli enti territoriali) da esercitarsi attraverso Organismi indipendenti di valutazione, e si è andato poi sviluppando alla luce della riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e del potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa (ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2011, n. 123) e dei meccanismi sanzionatori e premiali per regioni, province e comuni, introdotti dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, adottato in sede di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale.

Successivamente, è stato adottato il decreto legge n. 174 del 10 ottobre 2012, che ha integralmente rivisto e potenziato il sistema dei controlli, sia interni che esterni, degli enti territoriali, finalizzandolo all'esigenza di rafforzamento del coordinamento della finanza pubblica e di garanzia del rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.

Il controllo sulla dirigenza, ora disciplinato per tutte le pubbliche amministrazioni nel citato D.Lgs. n. 150/2009, oggetto peraltro negli anni di modifiche ed integrazioni, è dunque fuoriuscito dal sistema dei controlli interni dell'ente locale delineati dal TUEL, pur restando strettamente legato alle verifiche attinenti al ciclo strategico dell'ente. La legge delega di riforma della p.a. (124/2015) reca una delega al Governo per il riordino del sistema della dirigenza pubblica.

Con riferimento alle altre tipologie di controlli, l'articolo 3 del D.L. n. 174/2012 ha operato diverse novelle al fine di implementare il sistema preesistente. In particolare, oltre ai controlli di regolarità amministrativa contabile, di gestione e di controllo strategico, compaiono ora nuove attività, quali:

In parallelo alle suddette due attività di verifica dell'efficacia degli organismi gestionali esterni all'ente e della qualità dei servizi erogati - le quali appaiono comunque inquadrarsi nell'alveo dei controlli gestionali estesi agli enti facenti parte del bilancio consolidato dell'ente - è stata specificamente introdotta una nuova tipologia di controllo interno, il controllo sulle società partecipate dagli enti locali, il quale dovrà essere periodico e prevedere l'analisi degli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati, anche con riferimento ai possibili squilibri economico finanziari rilevati per il bilancio dell'ente locale. Il controllo sulle partecipate riguarda sia aspetti di regolarità amministrativa e contabile (ricomprendendo anche la verifica dell'andamento economico finanziario della società al fine di rilevare possibili ripercussioni sull'ente locale) che aspetti tipici del controllo di gestione e del controllo strategico.

Il sistema di controlli sulle società partecipate, che deve essere definito secondo l'autonomia organizzativa dell'ente, riguarda gli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti in fase di prima applicazione, a 50.000 abitanti per il 2014 e a 15.000 abitanti a decorrere dal 2015.

L'introduzione del controllo sulle società partecipate rappresenta uno degli elementi più innovativi della riforma del sistema dei controlli, quale momento indispensabile alla governance dell'ente locale come "gruppo".

In merito si sottolinea come negli ultimi anni si sia registrata una crescente attenzione del legislatore sul tema delle società controllate dagli enti locali che discende dalla effettiva necessità di controllare con sempre maggiore attenzione la spesa complessiva delle amministrazioni locali, posto che non di rado le situazioni di dissesto o comunque di serio squilibrio economico finanziario dell'ente locale possono essere connesse a circostanze che vedono coinvolti gli enti partecipati.

Altro aspetto importante del controllo sulle società partecipate è previsto dal nuovo articolo 147-quater del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL), il quale ribadisce l'obbligo di redazione del bilancio consolidato, già previsto nell'ambito del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 in tema di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti Locali e dei loro organismi.

Per ciò che concerne i controlli pre-esistenti, quali, in particolare, il controllo sulla regolarità amministrativo contabile, si osservi, infine, che sono stati implementati e resi più stringenti dal D.L. n. 174/2012 i casi in cui in cui è obbligatorio il parere di regolarità contabile del responsabile di ragioneria, stabilendosi che tale parere debba essere richiesto non solo per le proposte di delibere sottoposte alla Giunta e al Consiglio che comportino impegno di spesa o diminuzione di entrata, ma su ogni proposta di deliberazione che comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente.

L'operazione di rafforzamento del sistema dei controlli interni non poteva, inoltre, non coinvolgere il ruolo svolto dal revisore contabile dell'ente, in particolare ampliando la gamma degli atti che necessitano "obbligatoriamente" del parere dell'organo di revisione.

Ai fini della verifica della situazione finanziaria degli enti locali, si ricorda, inoltre, che il D.Lgs. n. 149/2011 (cosiddetto "premi e sanzioni", emanato in attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale) ha introdotto alcuni specifici strumenti volti a garantire il coordinamento della finanza pubblica ed in particolare il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa. In particolare, il decreto legislativo ha previsto per le province e gli enti locali, così come per le regioni, l'obbligo di redigere una "relazione di fine mandato", consistente in un documento sottoscritto dal presidente della provincia o dal sindaco, certificato dagli organi di controllo interno dell'ente, e verificato da un apposito Tavolo tecnico interistituzionale.

Il documento costituisce in sostanza uno strumento di rendicontazione delle principali attività normative e amministrative svolte durante il mandato, con particolare riferimento al sistema e agli esiti dei controlli interni, agli eventuali rilievi della Corte dei Conti, alle azioni intraprese per il rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati e lo stato del percorso di convergenza verso i fabbisogni standard, alla situazione finanziaria e patrimoniale, anche evidenziando le carenze riscontrate nella gestione degli enti e società controllate dal comune o dalla provincia, alle azioni di contenimento della spesa e stato del percorso di convergenza ai fabbisogni standard, alla quantificazione della misura dell'indebitamento provinciale o comunale. Esso deve essere pubblicato, unitamente al rapporto di verifica, sul sito istituzionale della provincia o del comune.

Con il D.L. n. 174/2011, è stato inoltre previsto l'obbligo per comuni e province di redigere anche una relazione di inizio mandato, volta a verificare la situazione finanziaria e patrimoniale e la misura dell'indebitamento dei medesimi enti. La relazione di inizio mandato, predisposta dal responsabile del servizio finanziario o dal segretario generale, è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco entro il novantesimo giorno dall'inizio del mandato.

 

 

 

 

 


 

TABELLA RIEPILOGATIVA

 

Fattispecie

Base normativa

Finalità

Oggetto e responsabilità

Controllo di regolarità amministrativa e contabile

Artt. 147 e 147-bis TUEL

Garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa

Fase preventiva:

· il controllo è assicurato dai responsabili dei servizi attraverso i pareri di regolarità tecnica sugli atti

· è effettuato dal responsabile del servizio finanziario attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e il visto

Fase successiva:

· il controllo è sotto la direzione del segretario, secondo i principi generali di revisione aziendale

Controllo sugli equilibri finanziari

Artt. 147 e 147-quinques TUEL

Garantire la permanenza degli equilibri di bilancio

Concerne la gestione di competenza e quella residui, la gestione di cassa, il patto di stabilità interno ed in generale i vincoli di finanza pubblica. E’ svolto sotto la direzione del servizio finanziario di vigilanza dell’organo di revisione

Controllo di gestione

Artt. 147, 196, 197, 198, 198-bisTUEL

Verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa

Analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti. E’ effettuato da una struttura operativa dedicata

Controllo strategico

Artt. 147, 147-ter e 193 TUEL

Valutare l’adeguatezza delle scelte di programmazione in termini di congruenza tra risultati e obiettivi

Riguarda lo stato di attuazione dei programmi. E’ effettuata dall’unità preposta al controllo strategico posta sotto la direzione de direttore generale o del segretario comunale

Controlli sulle società partecipate non quotate

Artt. 147 e 147-quater TUEL

Verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità degli organismi gestionali esterni all’ente

Organizzazione di un sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l’ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto dlle norme sui vincoli di finanza pubblica

Monitoraggio periodico sull’andamento delle società, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive

E’ effettuato da strutture proprie dell’eell

Controllo della qualità dei servizi erogati

Artt. 147 TUEL

Garantire il controllo della qualità dei servizi erogati sia direttamente sia indirettamente

Misurazione della soddisfazione degli utenti

Relazione di fine mandato

Art. 4, D.Lgs. 149/2011

Garantire l’esatta cognizione della situazione amministrativa e finanziaria ogni cambio di Amministrazione

Descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante il mandato, nonché la situazione finanziaria-patrimoniale

E’ sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco, certificato dagli organi di controllo interno dell'ente, e verificato da un apposito Tavolo tecnico interistituzionale.

Relazione di inizio mandato

Art. 4-bis, D.Lgs. 149/2011

Analisi della situazione finanziaria e patrimoniale e la misura dell’indebitamento.

E’ predisposta dal responsabile del servizio finanziario o da segretario ed è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco entro il novantesimo giorno dall'inizio del mandato.

 

 

I controlli esterni sugli enti locali

Per quanto concerne i controlli esterni sugli enti locali, l'articolo 3 del D.L. n. 174/2012 ha potenziato i poteri della Corte dei conti, già da tempo operanti nell'ordinamento (in particolare sulla base di quanto disposto dall'articolo 7, comma 7, della legge n. 131 del 2003, dall'articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge n. 266 del 2005 e dall'articolo 11 della legge n. 15 del 2009).

La funzione di controllo della Corte nei confronti degli enti locali, ne risulta consistentemente ampliata, e viene ora a comprendere, anche in corso di esercizio:

A tal fine, il nuovo articolo 148 del D.Lgs. n. 267/2000 - come di recente riformulato dall'articolo 33 del D.L. n. 91/2014 - prevede che le sezioni regionali della Corte verifichino, con cadenza annuale (e non più semestrale), tramite l'apposito referto ad esse inviato dall'ente, il funzionamento dei controlli interni adottati al fine del rispetto delle regole contabili e del pareggio di bilancio di ciascun ente locale. Per l'effettuazione dell'attività di verifica annuale le sezioni regionali di controllo della Corte possono avvalersi anche del Corpo della Guardia di finanza o dei servizi ispettivi del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato previsti dall'articolo 14 della legge di contabilità nazionale. Si segnala che il citato art. 33 del D.L. n. 91/2014 è intervenuto sulla materia espungendo dai controlli esterni quelli sulla legittimità e regolarità delle gestioni. La disposizione non abolisce, tuttavia, il controllo sugli enti locali che, in virtù di quanto stabilito dall'art. 4, comma 1, della legge n. 20/1994, spetta alla Corte di conti in quanto competente al controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio della pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali e le regioni.

Alla Corte è affidato, inoltre, un potere sanzionatorio nei confronti degli amministratori dell'ente locale responsabili.

Il rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali, disciplinato dal nuovo articolo 148-bis del D.Lgs. n. 267/2000, comporta, nello specifico, che le sezioni regionali di controllo sono tenute ad esaminare i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119 della Costituzione nonché della sostenibilità dell' indebitamento degli enti territoriali, dell'assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti.

L'accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di controllo della Corte, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno, ha effetti inibenti per gli enti locali, i quali sono tenuti a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio, pena l'impossibilità di dare attuazione ai programmi di spesa per i quali è stata accertata la non sostenibilità finanziaria.

Si consideri, poi, che, ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, ulteriori conseguenze – quali la declaratoria dello stato di dissesto dell'ente - sono state previste qualora il controllo della Corte dei conti sulla sana gestione finanziaria degli enti locali abbia dato esito negativo e gli enti non abbiano provveduto ad adottare le necessarie misure correttive dalla medesima Corte indicate.

In particolare, si prevede che il dissesto dell'ente sia disposto da un commissario ad acta nominato dal prefetto ed il consiglio dell'ente sia sciolto qualora dalle pronunce delle sezioni regionali emergano comportamenti dell'ente difformi dalla sana gestione finanziaria ovvero irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio tali da provocarne il dissesto, e l'ente perduri nel non adottare le necessarie misure correttive dalla stessa Corte indicate.

 

I controlli esterni sono esercitati, oltre che dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, anche dal Ministero dell'economia e finanze – Ragioneria Generale dello Stato, per tramite dei Servizi ispettivi di finanza pubblica (SiFiP) - che, in via generale, ai sensi della disciplina sui poteri di monitoraggio attribuiti alla RGS dalla legge di contabilità nazionale (articolo 14, legge n. 196/2009), procede in ogni caso ad effettuare verifiche circa gli eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica.

In particolare, l'articolo 5 del D.Lgs. n. 149/2011, già sopra più volte citato, consente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – di attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, qualora un ente, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, evidenzi situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

Il SiFiP, in tale verifica, come già detto, può essere anche attivato dalla Corte dei conti.

 

 

 

 

Nota bibliografica

 

La Corte dei conti ha rilevato che “Nell’indagine sui controlli interni, i risultati sono stati soddisfacenti per il controllo di gestione, l’esercizio di azioni correttive, il ricorso agli indicatori, il controllo di regolarità amministrativa e contabile e il controllo sugli equilibri di bilancio, unitamente alla revisione della spesa. Non sono in linea con le aspettative i risultati per il controllo strategico, importante contraltare per la verifica di coerenza con la programmazione e ancor più per il controllo di qualità e le tecniche di benchmarking, mentre il controllo sulle partecipate, benché migliorato, espone comunque risultati che non sono ancora soddisfacenti” (Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti locali. Esercizio 2014, febbraio 2016).

http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_autonomie/2016/delibera_8_2016_frg.pdf

 

Mario Collevecchio, Seminario anticorruzione organizzato dalla Lega delle Autonomie, 4 febbraio 2013.

http://www.eticapa.it/eticapa/wp-content/uploads/2014/06/controlli.pdf

 

 “LO STATO DEI CONTROLLI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI”

a cura di Elisa D’Alterio, Giugno 2013

http://sna.gov.it/fileadmin/files/Stato%20dei%20controlli_SNA_IRPA.pdf

 

 

I controlli esterni sugli enti locali. Il modello anglosassone

di Stefano Pozzoli, 2007

http://www.univr.it/documenti/Documento/allegati/allegati597547.pdf

 

 


Legislazione regionale
(
A cura della Conferenza delle Assemblee legislative regionali)

 


In materia di bilancio

 

  1. vincoli di spesa di natura quantitativa e qualitativa, anche in considerazione delle nuove regole di pareggio di bilancio;

 

Abruzzo

La Regione Abruzzo, come le altre regioni, soggiace ad una rigida normativa e ai provvedimenti statali che, sull’ammontare delle risorse regionali disponibili, ovvero sulle entrate dei bilanci, impongono tetti di spesa, e, più in generale, vincoli alla politica di bilancio con il Patto di stabilità interno. Allo stato attuale il bilancio regionale, nonostante segnali di ripresa, è ancora gravato dall’attuazione del piano  di rientro del debito sanitario, che, inevitabilmente, ha pesanti riflessi sull’utilizzo delle risorse in bilancio. A ciò si aggiunga anche il costo del debito per i rimborsi dei mutui finanziati negli esercizi precedenti e l’elevato costo del funzionamento della macchina regionale, oltreché della funzione relativa ai trasporti e degli oneri connessi agli Enti strumentali. Le entrate del bilancio regionale risultano, peraltro, condizionate anche dai tagli rilevanti operati dallo Stato sui trasferimenti alle Regioni. I vincoli quantitativi del bilancio regionale quindi impongono una scarsa manovrabilità e la conseguente e drastica contrazione dei trasferimenti e dei contributi in favore degli Enti Locali. Del resto con il nuovo sistema contabile di cui al D.Lgs.118/2011, le entrate possono essere accertate nel momento in cui è stipulato il contratto oppure a seguito del provvedimento di concessione del contributo o di riparto delle risorse spettanti da parte dell’ Stato o dell’Unione Europea. Contabilmente l’accertamento dovrà essere imputato all'esercizio nel quale la somma oggetto dell’entrata è esigibile (quando il soggetto finanziatore rende disponibile le somme oggetto del finanziamento). Il principio contabile aggiunge che, nel rispetto del principio della competenza finanziaria, i correlati impegni possono essere assunti solo quando è individuato il creditore e la somma a debito effettivamente liquidabile.

Nel nuovo bilancio regionale redatto secondo i nuovi schemi e la diversa modalità di contabilizzazione delle spese secondo il principio della “competenza finanziaria rafforzata” si colloca l’importante operazione di “riaccertamento straordinario dei residui” che si sta completando proprio in questi giorni. La normativa nazionale vigente impone, infatti, che  l’operazione straordinaria al 01.01.2015 serva ad adeguare lo stock dei residui al principio della competenza finanziaria potenziata, con la conseguente eliminazione di residui a cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 31 dicembre 2014 e che non siano effettivamente esigibili. Per le entrate accertate e le spese impegnate non esigibili si prevede la re-imputazione all’esercizio in cui le stesse voci finanziarie delle entrate e delle spese lo diventano. Per il sistema pubblico allargato occorre inoltre ricordare che, in questi ultimi anni, la Regione ha ceduto spazi finanziari a favore degli  Enti locali del proprio territorio, finalità ritenuta di rilevante importanza per il territorio regionale, in quanto condizione, oltre che opportunità, per la realizzazione di tutti quegli interventi finalizzati ad agevolare la ripresa in termini economici di tutto il territorio.

Liguria

L’intesa raggiunta dalla Conferenza Stato–Regioni in data 11/2/2016, con cui ai sensi dell’art. 1 comma 683 della legge di stabilità 2016 per i meccanismi propri del pareggio di bilancio, ha fissato la quota di partecipazione in termini di indebitamento netto a carico della Regione in 58,9 milioni di euro da conseguire realizzando un saldo positivo di pari importo.

Con deliberazione n. 366 del 29 aprile 2016 la Giunta regionale, recante “Patto regionalizzato 2016- definizione delle modalità operative ai sensi dell’arti. 1, comma 728 e ss della L. 208/2015 (Legge di stabilità 2016)” ha approvato una flessibilità verticale con gli enti locali del territorio regionale ligure, deliberando:

-        di autorizzare i comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti a peggiorare il proprio saldo per consentire esclusivamente un aumento degli impegni di spesa in conto capitale negli importi a fianco di ciascuno riportati nell’allegato pubblicato nel BURL, parte II, n. 21 del 25/5/2016;

-        di garantire l’obiettivo complessivo a livello regionale mediante un contestuale miglioramento di pari importo del saldo della Regione;

-        di richiedere agli enti beneficiari di certificare a consuntivo che i maggiori spazi acquisiti sono stati utilizzati esclusivamente per effettuare impegni di spesa in conto capitale nell’anno 2016.

 

DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE - ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELLA LIGURIA 23.12.2015 N. 41 (Documento di economia e finanza 2016-2018) (estratto)

A seguito dell’Intesa tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano n. 37 sancita in Conferenza Stato Regioni il 26 febbraio 2015, alla Regione Liguria è stato distribuito per l’anno 2015 un contributo pari a 24,9 milioni di euro che ha consentito l’attuazione del Patto Verticale Incentivato mettendo a disposizione dei propri Enti Locali assoggettati ai vincoli del Patto la somma di euro 29,8 milioni di euro ripartita in base alle modalità previste dalla normativa vigente secondo quanto riportato nella tabella sottostante:

Tabella 13: Patto Regionale Incentivato della Regione Liguria per l’anno 2015

(valori in euro)

Spazi finanziari attributi agli Enti Locali

29.840.578,4

Province e Città metropolitana (quota 25%)

7.460.144,6

Comuni (quota 75%)

22.380.433,8

Molise

Articolo 2, comma 3, della legge regionale 26 gennaio 2012, n. 2.

In ordine al patto di stabilità verticale incentivato disposizioni sono state assunte dalla Giunta regionale con le deliberazioni n. 183 del 24 aprile 2015, n. 96 del 15 marzo 2014 e n. 573 del 6 settembre 2012.

Piemonte

Con la legge regionale n. 6 del 6 aprile 2016 (Bilancio di previsione finanziario 2016-2018), la Regione Piemonte ha dato attuazione per la prima volta a quanto previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e si è adeguata alle versioni aggiornate degli schemi di bilancio, del piano dei conti integrato e dei principi contabili applicati concernenti la programmazione di bilancio e la contabilità finanziaria.

L’elenco analitico dei vincoli è riportato nella nota integrativa allegata al Bilancio (Allegato 1), dove i vincoli sono distinti a seconda che siano derivanti dalla legge e dai principi contabili, dai trasferimenti, da mutui e altri finanziamenti o formalmente attribuiti dall’ente.

Per la natura del quesito risultano poi di particolare rilevanza l’Allegato 13 al bilancio di previsione, che riporta, in ottemperanza alle previsioni del d.lgs. 118/2011, il prospetto illustrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento, nonché l’Allegato 16, che contiene, invece, il prospetto di verifica del rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

La legge regionale 6/2016 e gli allegati sopra citati possono essere reperiti nella banca dati delle leggi regionali, al seguente link

http://arianna.consiglioregionale.piemonte.it/ariaint/TESTO?LAYOUT=PRESENTAZIONE&TIPODOC=LEGGI&LEGGE=6&LEGGEANNO=2016

Puglia

- L.R. 1.8.2014 n. 34 "Disciplina dell'esercizio associato delle funzioni comunali", pubbl. sul B.U.R. n. 105 del 4.8.2014, successivamente modificata dall'art. 10 della L.R. n. 52/2014 (Finanziaria), pubbl. sul B.U.R. n. 176/suppl. del 30.12.2014

- L.R. 30.10.2015 n. 31 "Riforma del sistema di governo regionale e territoriale", pubbl. sul B.U.R. n. 142 del 2.11.2015, successivamente modificata dall'art. 12 della L.R. n. 1/2016 (Finanziaria), pubbl. sul B.U.R. n. 17 del 19.2.2016

- la recentissima L.R. 27.5.2016 n. 9 "Disposizioni per il completamento del processo di riordino previsto dalla L.R. 30.10.2015 n. 31", pubbl. sul B.U.R. n. 62 del 30.5.2016

Valle D’Aosta

La Regione non ha previsto particolari vincoli di spesa di natura quantitativa e qualitativa oltre a quelli già contenuti nelle norme nazionali.

Si precisa che il finanziamento degli enti locali valdostani è a carico della Regione, la quale prevede annualmente la destinazione di apposite risorse che sono distinte in quote con e senza vincolo di destinazione.

 

Provincia Trento

Con particolare riferimento al rispetto delle regole di pareggio del bilancio, va ricordato che con le intese raggiunte ai sensi dell’art. 104 dello Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige, recepite poi con le leggi 23 dicembre 2009, n. 191, e 23 dicembre 2014, n. 190, è stato modificato il titolo VI dello Statuto speciale di autonomia, che disciplina il sistema finanziario dell’Autonomia trentina, con riguardo non solo alla regione e alle province autonome ma più in generale al cd. sistema territoriale regionale integrato, costituito dalla Regione, dalle province, dagli enti locali, dagli enti e organismi strumentali pubblici e privati, dalle aziende sanitarie, dalle università, (incluse quelle non statali), dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dagli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria.

In particolare, l’art. 79 statuto indica, da un lato, le modalità con cui il sistema territoriale regionale integrato concorre, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e di solidarietà, nonché all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, (comma 1); dall’altro prevede che spetti alle Province definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza, e vigilare sul raggiungimento di tali obiettivi, comunicando al Ministero dell'economia e delle finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti (comma 3).

Il successivo art. 80 statuto prevede, inoltre, che le Province autonome hanno competenza legislativa primaria in materia di finanza locale

Gli articoli citati disegnano quindi un sistema finanziario in cui l’intero sistema territoriale regionale integrato è impegnato nel contenimento della spesa e nel concorso al risanamento della finanza pubblica, anche attraverso il rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci.

In attuazione di tali previsioni statutarie, la Provincia di Trento ha definito specifici vincoli finanziari, sia attraverso le cd. manovre finanziarie (legge di stabilità e collegata), sia attraverso il protocollo d’intesa in materia di finanza locale che viene siglato annualmente tra Provincia Autonoma e Consiglio delle Autonomie locali.

 


 

  1. Interventi di riallocazione del personale delle province e problematiche connesse alla disciplina ordinamentale degli enti locali ed ai  vincoli di spesa sulla dotazione organica.

Abruzzo

La Regione Abruzzo, al termine di un percorso di confronto con le Province abruzzesi e con le Organizzazioni sindacali territoriali svoltosi in seno all’Osservatorio regionale costituito con DPGR 71/2014, ha approvato la Legge Regionale 20 ottobre 2015, n.32 recante : “Disposizioni per il riordino delle funzioni amministrative delle Province in attuazione della Legge 56/2014” (pubblicata sul Bollettino Ufficiale Telematico della Regione Abruzzo Speciale 28 10 2015, n. 113), con la quale provveduto al riordino e alla ricollocazione delle funzioni non fondamentali a suo tempo attribuite (L.R. 72/98) delegate e/o trasferite dalla Regione alle Province medesime .

Successivamente con  propria Deliberazione n.1054 del 19/12/2015  ai sensi dell’art.7 della L.R. 32/2015, sono state adottate le c.d. “ Linee Guida” finalizzate a disciplinare il processo per l’individuazione e il trasferimento dei beni e risorse umane, finanziarie, strumentali e organizzative. Il testo delle linee guida era stato formalmente approvato dall’Osservatorio Regionale per la Riforme delle Province nella seduta del  1°dicembre 2015.

Una volta adottate le linee guida e tracciata con esse la “road map” del riordino, la Regione ha iniziato a dare attuazione alla Legge di riordino, in ossequio all’art. 8 della L.R. 32/2015, sottoscrivendo i primi due accordi bilaterali,  il primo dei quali concernente la riallocazione delle funzioni già conferite con L.R. 72/98 per le funzioni quali la “Formazione professionale” – “Agricoltura- UMA” e “Difesa del Territorio – Geni Civili”, ed il secondo concernente le funzioni di “Tutela ambientale”, “Energia” e “Commercio, Industria e Artigianato”. Ambedue gli Accordi bilaterali Regione- Province sono stati recepiti con la Delibera di Giunta Regionale n. 144 del 4 marzo 2016.

Il personale provinciale trasferito alla Regione e collegato alle Funzioni di cui al 1° Accordo è stato di complessive n° 104 unità, mentre  il personale collegato alle Funzioni trasferite con il 2° Accordo è stato di complessive n°45 unità. Al predetto contingente si è aggiunta una quota di personale provinciale pari a n°11 unità  assegnato alle funzioni generali e trasversali degli enti provinciali, e perciò individuato a supporto delle attività del personale transitato con i primi due Accordi,  definito “Quota parte del 15% Funzioni generali (-ex art.1 comma 2 dell’Accordo siglato dall’Osservatorio Regionale in data 21/10/2015).

Per tutto il personale transitato, in complesso 160 unità,  sono state effettuate le comunicazioni volte alla “collocazione diretta” ai sensi dell’ articolo 3 del Decreto del Ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione del 14 settembre 2015,  nella piattaforma di mobilità governativa PMG (www.mobilità.gov.it).  Nel contingente non si è tenuto conto del personale che verrà posto in quiescenza entro il 31 dicembre 2016, i cui nominativi sono stati inseriti nel PMG  a cura delle Province, e che però sono esclusi dal processo di mobilità verso la Regione ai sensi dell’articolo 1 c.3) del Decreto 14 Settembre 2015 (Decreto Madia).

Con la DGR 144/2016 e con il recepimento dei primi due Accordi bilaterali, è stata quantificata la spesa che per il trasferimento del personale collegato alle Funzioni ammontava ad  € 5.446.632,54 alla quale si è aggiunta  la spesa derivante dalla quota proporzionale (N° 11 unità) del personale individuato a supporto della efficiente gestione delle funzioni trasferite (definite quota 15% Funzioni generali)  ammontante ad €      431.990,21 per un totale di spesa pari ad Euro 5.878.622,75 .

Ad oggi rimangono da ricollocare ancora circa 152 dipendenti provinciali che risultano assegnati alle funzioni non fondamentali non ancora oggetto di Accordo bilaterale.

Inoltre, in questo periodo, si sta concludendo la fase di incontro domanda-offerta tra il personale in soprannumero nominativamente incluso nella piattaforma governativa e le amministrazioni pubbliche che offrono posti determinati sulla base delle loro capacità assunzionali e come già comunicate sulla PMG nello scorso mese di novembre 2015. Il personale in soprannumero dovrà essere ricollocato attraverso procedure di mobilità che coinvolgono tutte le amministrazioni pubbliche e alle quali è fatto divieto di effettuare assunzioni a tempo indeterminato così come di dare corso a procedure di mobilità (compartimentale e intercompartimentale) che non siano riservate al personale provinciale.

Per quanto riguarda la ridefinizione della dotazione organica delle Province essa è avvenuta nel contesto generale del piano di riassetto intervenuto nella passata annualità e che dal punto di vista quantitativo, ha visto la riduzione della spesa del 50% con riferimento al personale di ruolo alla data dell'8 aprile 2014.

Per quanto riguarda la Regione e i Comuni, ovvero gli enti che devono assumere una quota consistente del personale in esubero delle province, la circolare n. 1 del 2015 del Ministro della funzione pubblica non ha rimosso tutti i dubbi e le criticità della legge di stabilità che ha imposto di destinare tutte le facoltà assunzionali 2015 e 2016 appunto ad assorbire i dipendenti delle Province in soprannumero. Inoltre, considerato che la Regione Abruzzo

aveva delegato (rectius conferito) l’esercizio di funzioni (ex L.R.72/98 ossia Formazione, Agricoltura e Geni Civili) con connesso trasferimento di risorse finanziarie a copertura degli oneri del personale regionale a tempo indeterminato a suo tempo trasferito, potrebbe in aggiunta al personale provinciale già transitato per effetto del primo Accordo, ampliare anche la propria dotazione organica previa garanzia della neutralità finanziaria del processo  (art.1 c.422 della L.190/2015 e Circolare 1 del 30.01.2015).

Tuttavia, ad oggi, la Regione ha il forte problema di assicurare la continuità amministrativa nell'esercizio delle funzioni per le forti criticità del bilancio regionale, nelle more della piena attuazione della riforma. Si tratta di servizi importanti quali l'assistenza ai disabili, ai non vedenti e ai sordomuti, le biblioteche, il turismo, le azioni a tutela della caccia e della pesca ed anche i  centri per l'impiego e i corpi di Polizia Provinciale.

 

Liguria

La legge regionale 10 aprile 2015, n. 15 (Disposizioni di riordino delle funzioni conferite alle province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) ha disposto il riordino delle funzioni in precedenza conferite alle Province, attribuendo ai Comuni ed alle loro forme associative quelle funzioni che si prestano ad essere esercitate al livello istituzionale di maggior prossimità al cittadino ed alla Regione esclusivamente quelle funzioni che presentano esigenze di maggior unitarietà e che erano esercitate dalle Province, con il relativo riassorbimento del personale. Alla Regione sono trasferite, con il passaggio del relativo personale e prevedendone la necessaria copertura finanziaria, le seguenti funzioni già esercitate dalle Province e dalla Città metropolitana:

a) difesa del suolo

b) turismo

c) formazione professionale

d) caccia e pesca

Il processo si può dire concluso. E’ solo ancora attivo, fino al 30 giugno p.v., l’avvalimento presso Province e Città metropolitana di parte del personale transitato in Regione per la conclusione dei procedimenti in corso nelle funzioni sopra indicate.

Lombardia

La Regione Lombardia, al fine di adempiere agli obblighi di cui alle leggi 56/2014 e 190/2014, ha avviato un complesso processo che si è concluso:

-        con il trasferimento negli organici regionali di complessive 423 risorse umane, di cui 351 trasferite per la riallocazione delle corrispondenti funzioni in Regione (Agricoltura, Caccia e Pesca e Cultura, con riferimento esclusivo alla Città Metropolitana di Milano) e 72 per far fronte al conseguente aumento di carico di lavoro nell’ambito delle funzioni trasversali connesse;

-        con il mantenimento negli organici delle Province e Città Metropolitana delle risorse umane addette all’esercizio delle funzioni confermate in delega alle Province/Città Metropolitana, ovvero vigilanza ittico venatoria, protezione civile, sociale, turismo e cultura (con la sola eccezione della Città Metropolitana di Milano). Il costo del suddetto personale è totalmente a carico di Regione Lombardia ed il numero è stato individuato mediante un’analitica analisi degli effettivi fabbisogni di personale per garantire il corretto esercizio di ciascuna funzione.

In particolare il Decreto Ministeriale del Dipartimento della Funzione Pubblica del 14.09.2015 all'articolo 3, comma 1, ha stabilito che " 1.  Le regioni che, entro il termine ultimo del 31 ottobre 2015, previsto dall'art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge n. 78 del 2015 (ovvero adozione entro il 31.10.2015 delle Leggi Regionali di riordino), hanno disciplinato il riordino delle funzioni ai sensi della legge n. 56 del 2014 ed hanno definito, in sede di osservatori regionali, procedure di ricollocazione diretta dei dipendenti in soprannumero addetti alle funzioni non fondamentali, entro lo stesso termine del 31 ottobre 2015 provvedono ad adempiere all'obbligo di comunicazione di cui al comma 424 mediante l'inserimento delle relative informazioni nel PMG con le modalità indicate nello stesso Portale"; “2. Alle regioni che non procedono con le modalità e nei tempi di cui al comma 1 si applica l'art. 5”.

-        ai sensi dell’articolo 5 del DM sopraccitato le Regioni prive dei requisiti per applicare l’articolo 3 del medesimo DM, “inseriscono nel PMG, con le modalità ivi indicate, i posti disponibili in base alle proprie facoltà di assumere, distinti per funzioni e per aree funzionali e categorie di inquadramento…”;

-        Regione Lombardia, avendo approvato il riordino delle funzioni entro il termine del 31.10.2015 (Legge Regionale 08.07.2015, n. 19 e Legge Regionale 12.10.2015, n. 32) ed avendo definito, alla data del 15.12.2015, in sede di osservatorio regionale, procedure di ricollocazione diretta dei dipendenti in soprannumero, ha potuto dar corso alla procedura di cui all’articolo 3 citato nel precedente capoverso, garantendo in tal modo la migliore gestione del processo di ricollocazione grazie al contemperamento delle esigenze di ricollocazione degli enti di area vasta, con le esigenze organizzative di Regione Lombardia connesse al processo di riforma.

Nell’osservanza di quanto prescritto nel DM 14.09.2015, nonché di quanto prescritto all’articolo 9 della legge Regionale 19/2015, in data 15 dicembre 2015, nell’ambito dell’Osservatorio regionale per l’attuazione della legge 56/2014, è a tal fine stata sottoscritta l’Intesa con UPL, ANCI Lombardia, Province lombarde e Città Metropolitana di Milano, nella quale sono stati disciplinati i criteri per la gestione delle funzioni regionali delegate e del personale soprannumerario in attuazione della legge 56/2014 e della l.r. 19/2015, nonché della l.r. 32/2015, concordandosi, per quanto qui interessa, che:

 

  1. alla data del 15 dicembre 2015 risultava già individuato il contingente di personale che alla data dell'8 aprile 2014 prestava servizio sulle funzioni ritrasferite in capo alla Regione, destinato a confluire in un apposito elenco della dotazione organica regionale con la previsione delle modalità di ingresso nell'organizzazione regionale;
  2. al fine di garantire l'adeguato svolgimento delle funzioni di cui alla precedente lettera a), sulla base di appositi accordi tra le amministrazioni interessate, fosse possibile altresì trasferire il personale subentrato a copertura dei cessati nel periodo intercorrente tra l'8 aprile 2014 e le date di entrata in vigore delle leggi regionali nn. 19/2015 e 32/2015, comunque non oltre la disponibilità delle risorse economiche già stanziate e assegnate dalla regione alle Province per le funzioni suddette;
  3. per lo svolgimento delle funzioni trasversali generali e di supporto, connesse ai processi di cui alle lettere precedenti, sarebbe stato individuato un contingente di personale mediante avvio di apposite procedure ad avviso aperto ai dipendenti delle Province e Città Metropolitana di Milano;
  4. con DGR n. 4934 del 14 marzo 2016 si è preso atto della negoziazione per l’attuazione dell’intesa e sono stati approvati i contenuti degli schemi degli accordi bilaterali, i cui allegati riportano i nominativi dei contingenti del personale preposto alle funzioni delegate.

Ad oggi si sta perfezionando l’iter per la firma degli accordi bilaterali con ogni singola Provincia. Permangono, inoltre, criticità legate all’attuale fase conclusiva di ricollocazione tramite il portale, in considerazione del fatto che non sono noti i termini entro cui si concluderà la procedura, determinando il blocco assoluto di assunzioni in capo a tutti gli enti pubblici coinvolti, compresi i Comuni di piccole dimensioni che rischiano una paralisi organizzativa con gravi conseguenze sull’utenza.

 

Molise

Legge regionale 10 dicembre 2015, n. 18 “Disposizioni di riordino delle funzioni esercitate dalle Province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni)”.

Il provvedimento legislativo provvede al riordino delle funzioni non fondamentali delle Province, facendone una puntuale ricognizione e prevedendo le modalità, anche mediante ulteriori atti legislativi, di riassorbimento delle funzioni stesse nell’ambito dell’amministrazione regionale. Sono disciplinate al riguardo le modalità di trasferimento nella dotazione organica regionale del personale assegnato all’esercizio delle funzioni oggetto di riordino.

L’articolo 7, comma 4, della citata legge regionale stabilisce, in ordine alla ricollocazione del personale soprannumerario delle Province, che le leggi regionali di riordino e di riallocazione delle funzioni possano prevedere, nel rispetto delle norme nazionali vigenti in materia di patto di stabilità, misure premiali per gli enti locali che, in forma associata, assumono nei propri organici il predetto personale provinciale.

Piemonte

La legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23, primo atto normativo regionale finalizzato al riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province in attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, disciplina in via generale e nel rispetto di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 settembre 2014, il trasferimento delle risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative nonché i rapporti attivi e passivi connessi all'esercizio delle funzioni oggetto di riordino. In particolare, demanda, previo confronto con le organizzazioni sindacali, ad un accordo quadro (di cui all’articolo 10, comma 2, l.r. 23/2015) la definizione dei criteri per la determinazione dei contingenti numerici di personale in relazione al riordino delle funzioni, quali i contingenti, numerici e nominativi, del personale provinciale da trasferire per l’esercizio delle funzioni riportate alla competenza regionale e del personale provinciale da trasferire per l’esercizio delle funzioni confermate o delegate alle province e alla Città metropolitana nonché il contingente di personale da trasferire per le funzioni trasversali (funzioni generali e di supporto). Quest’ultimo è stato inserito in un ruolo separato, di durata transitoria, della dotazione organica della Giunta regionale (art. 12, comma 3, l.r. 23/2015).

L’Accordo quadro è stato approvato con Deliberazione della Giunta Regionale 16 novembre 2015, n. 1-2405.

Nel corso dell'elaborazione del disegno di legge di riordino, è intervenuta la“Legge di stabilità” (legge 23 dicembre 2014, n. 190), che ha apportato un profondo ridimensionamento delle risorse finanziarie provinciali a competenze amministrative invariate, intervenendo in maniera incisiva sul principio della corrispondenza tra funzioni e loro copertura finanziaria.

 

Valle D’Aosta

In Valle d’Aosta gli interventi di riallocazione del personale delle Province non sono stati previsti, in quanto non esistono tali enti.

Per quanto riguarda i vincoli di spesa sulla dotazione organica, per l'anno 2016, ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 11 dicembre 2015, n. 19 (Legge finanziaria per gli anni 2016/2018), gli enti locali assicurano, mediante l'esercizio associato delle funzioni e dei servizi, con le forme e secondo le modalità di cui alla legge regionale 5 agosto 2014, n. 6 (Nuova disciplina dell'esercizio associato di funzioni e servizi comunali e soppressione delle Comunità montane), progressivi risparmi sulla spesa del personale, attraverso specifiche misure di razionalizzazione dei sistemi organizzativi e la rigorosa programmazione dei fabbisogni di risorse umane.

Provincia Trento

La questione della riallocazione del personale delle province non coinvolge l’ordinamento statutario della Regione Trentino alto Adige.

Nel bilancio della Province autonome sono stanziate le somme necessarie a sostenere il finanziamento del personale degli enti locali di rispettiva competenza. Vincoli di spesa e di assunzione di personale sono stabiliti annualmente sia nelle manovre finanziarie (legge di stabilità e collegata), sia attraverso il protocollo d’intesa in materia di finanza locale che viene siglato annualmente tra Provincia Autonoma e Consiglio delle Autonomie locali.


In relazione ai piccoli comuni

 

  1. benefici e limiti dei singoli modelli di gestione associata (convenzione, unione, fusione)

 

 

In Regione Abruzzo non esistono al momento Fusioni tra comuni.  Sono state sempre incentivate le Unioni tra Comuni e le Convenzioni tra Comuni.

 Inoltre,  a seguito della soppressione e riordino delle comunità montane, sono stato sollecitati gli enti a trasformarsi in Unioni di Comuni Montani.

Nell’annualità 2015 con DGR 726 del 9/9/2015 recante:  Attuazione PAR FSC Abruzzo 2007/2013 – Linea di Azione VI. 1.4.b –(Intervento  n.2/1°attività)-Attività propedeutica alla  definizione SAD:  Approvazione dell’Avviso Pubblico: “Criteri e modalità  per la concessione di contributi alle forme associative (Unioni di comuni e convenzioni), di cui agli art.32  e 30 TU 267/2000 e s.m.i., per progetti di creazione o rafforzamento dell’Ufficio Unico per la “Programmazione e progettazione” o dell’Ufficio unico “per la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, nonché per la pianificazione territoriale di livello sovracomunale”, da gestire in forma associata”. Nello specifico, si tratta di uno stanziamento complessivo di 1 milione e 298 mila di euro destinati alle politiche di promozione e associazionismo tra piccoli Comuni abruzzesi. Il finanziamento massimo concedibile per ogni progetto è pari a 100 mila euro e le spese ammissibili sono quelle che riguardano il personale, i prodotti software, le consulenze, la formazione, la comunicazione e le spese generali. I soggetti ammissibili a partecipare all'avviso pubblico sono le Unioni dei Comuni o, in caso di convenzioni, il Comune capofila  che hanno inviato la domanda di finanziamento  Servizio “ Riforme istituzionali, Enti Locali, Governance Locale- Competitività Territoriale”  della Regione Abruzzo entro 15 giorni dalla data di pubblicazione della delibera sul Bura. Il requisito fondamentale per l'ammissibilità del progetto è che esso deve  prevedere necessariamente la creazione o il rafforzamento dell'ufficio unico per la programmazione e la progettazione oppure dell' ufficio unico per la pianificazione urbanistica ed edilizia in ambito comunale da gestire in forma associata.     Con  DGR 859 del 27/10/2015 recante:  Approvazione Avviso pubblico: Criteri e modalità per la concessione di contributi alle Unioni di Comuni di cui all'art. 32 TU 267/2000 e s.m.i., per progetti di creazione o rafforzamento dell'Ufficio unico CUC, centrale unica di committenza, di cui all'art. 33, comma 3 bis, del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i., da gestire in forma associata. In questo caso  i soggetti ammessi a contributo sono solo le Unioni di Comuni che  hanno inoltrato la domanda contenente i progetti  per la costituzione dell’ufficio “Centrale Unica di committenza . Successivamente, a seguito dell’istruttoria,  è stata approvata la graduatoria di merito  dei progetti ammessi a contributo e concesso l’acconto  del contributo pari al 50%. 

Tuttavia, come in altre realtà italiane, il processo riguardante l’associazionismo comunale  non è ancora di fatto decollato.

Liguria

La normativa regionale in materia di associazioni, unioni e fusioni di comuni è rinvenibile principalmente nelle seguenti leggi:

a)    Art. 64 dello Statuto ligure, ai sensi del quale “la Regione promuove i rapporti di cooperazione tra gli enti locali favorendo l'esercizio associato delle loro funzioni.

b)    Legge regionale 21 marzo 1994, n. 12(Disciplina della cooperazione tra regione ed enti locali e norme in materia di riordino territoriale e di incentivi all'unificazione dei comuni);

c)     Legge regionale 12 aprile 2011, n. 7 (Disciplina di riordino e razionalizzazione delle funzioni svolte dalle comunità montane soppresse e norme di attuazione per la liquidazione), in particolare Titoli I e II

d)    Legge regionale 40/2014 in particolare artt. 20 e21. In particolare, l’art. 21 della legge regionale 19dicembre 2014, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Liguria (Legge finanziaria 2015)) istituisce il Fondo per la promozione delle associazioni comunali con la dotazione per il 2015 di euro 1.000.000,00. La Giunta regionale fissa il massimale dei contributi concedibili a ciascuna associazione e determina annualmente criteri, requisiti e modalità per la concessione degli stessi;

e)    Legge regionale 16 febbraio 2016, n. 1 (legge sulla crescita). In particolare, ai sensi dell’art. 11, comma, 4, la Regione promuove la valorizzazione delle aree interne sia tramite il finanziamento dell’associazione di piccoli comuni, sia tramite lo sviluppo delle reti telematiche e misure ulteriori quali il sostegno alla permanenza dei piccoli insediamenti commerciali ed artigianali, creando apposite e necessarie aree di mercato locale, utili alla promozione e alla vendita locale del prodotto agroalimentare.

La fusione secondo le disposizioni di cui alla LR 12/1994 è incentivata con contributi straordinari che la Regione deve stanziare.

Per le associazioni comunali è istituito un fondo finanziato con il bilancio, senza obbligo di dotazione finanziaria. Criteri, requisiti e modalità sono fissati annualmente.

 

Le funzioni sono esercitate in forma associata in vari ambiti, quali polizia locale (LR 31/2008), randagismo (LR 23/2000), sportello unico per le attività produttive (LR. 9/1999), servizi sociali (art. 5, comma 3; LR. 12/2006), delega di alcune funzioni regionali in tema di paesaggio (art. 9 e 10 LRL 13/2014).

Nel 2016 sono stati approvati alcuni interventi legislativi di modifica dell’unione di comuni, prevedendo espressamente che la stessa possa essere costituita da comuni appartenenti, eventualmente, a province diverse:

a)    Legge regionale 1 marzo 2016, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 1 agosto 2008, n. 31 “Disciplina in materia di polizia locale”);

b)    Legge regionale 1 marzo 2016, n. 4 (Modifica alla legge regionale 24 febbraio 2014, n. 1 “Norme in materia di individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relativa al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti);

c)     Legge regionale 1 marzo 2016, n. 5 (Modifiche alla legge regionale 17 febbraio 2000, n. 9 “Adeguamento della disciplina e attribuzione agli enti locali delle funzioni amministrative in materia di protezione civile ed antincendio)

 

Lombardia

La fusione non è un modello di gestione associata. Molti comuni lombardi fusi continuano a gestire con altri determinati servizi, perché rimangono comuni di ridotte dimensioni demografiche.

La convenzione, in genere, è sottoscritta per la gestione di un determinato servizio (es. Catasto) ed è sottoscritta da un numero di comuni più ampio di quanti costituiscano unioni.

Le unioni lombarde sono costituite da pochi comuni (max 7 in regione) per la gestione di molte funzioni e dei relativi servizi. La lr 19/2008 prevede che un’unione lombarda svolga almeno 5 funzioni. Il rr 2/2009 – attuativo della lr 19/2008 – riserva i contributi alle unioni che gestiscano la prima e la quarta funzione fondamentale.

Sia le convenzioni che le unioni sono soggette ad una notevole variabilità in entrata ed uscita di comuni, più accentuato per le convenzioni. Sono inoltre soggette a natalità e mortalità determinata da varie cause (elezione di nuovi sindaci, mancato o limitato raggiungimento degli obbiettivi gestionali, spese ritenute eccessive).

Molise

Legge regionale  27 gennaio 2016, n. 1 (Disciplina dell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali).

La legge regionale individua 8 ambiti territoriali ottimali per l’esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali, da svolgere attraverso le forme dell’unione o della convenzione disciplinate dagli articoli 6, 7, 8 e 9.

 

Piemonte

La legge regionale 28 settembre 2012 n. 11 “Disposizioni organiche in materia di enti locali” rappresenta la risposta regionale in materia di associazionismo obbligatorio per i piccoli comuni, nonché l’occasione per porre le basi per la realizzazione di un processo di riordino degli enti locali

che , tra l’altro, ha portato al superamento delle Comunità montane.

La legge regionale 14 marzo 2014, n. 3 “Legge sulla montagna“ tratta in parte il tema dell’associazionismo, focalizzando l’attenzione sulle Unioni montane istituite per lo svolgimento, non solo di funzioni e servizi comunali, ma anche di tutela, promozione e sviluppo della montagna, confermando il requisito del limite demografico superiore ai 3.000 abitanti, calcolati in base al Censimento 2011.

In Piemonte sono più di mille i Comuni con meno di 5.000 abitanti. L’Associazione nazionale piccoli comuni – sezione Piemonte che li rappresenta, audita dal Consiglio regionale in sede di esame del disegno di legge n. 192,  poi diventato l.r. 11/2012, ha ritenuto più confacenti ai piccoli comuni gli strumenti della convenzione (o della delega) perché consentono, a differenza dell’unione, l’integrazione fra comuni senza metterne in discussione l’identità e senza creare ulteriori apparati.

L’avvio della procedura di fusione non fa, invece, venire meno l’eventuale obbligo di gestione associata.

 

Valle D’Aosta

La legge regionale 5 agosto 2014, n. 6 (Nuova disciplina dell'esercizio associato di funzioni e servizi comunali e soppressione delle Comunità montane) ha ridisegnato la disciplina dell’associazionismo comunale, nel rispetto dei principi costituzionali di sussidiarietà e di adeguatezza, con l’obiettivo di garantire un elevato e omogeneo livello di qualità dei servizi ai cittadini sull’intero territorio regionale, nonostante la progressiva riduzione delle risorse finanziarie disponibili.

Poiché la legge è recente e la sua attuazione è ancora in corso, non è al momento possibile valutare i benefici e i limiti dei singoli modelli di gestione associata.

 

Provincia Trento

Con riferimento agli istituti giuridici della fusione e dell’unione dei comuni, va ricordato che lo Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige attribuisce la competenza legislativa in materia di ordinamento degli enti locali alla Regione (art.4).

Nell’esercizio di tale potestà legislativa, il Consiglio regionale ha approvato, da ultimo, il Testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione autonoma Trentino-Alto Adige (DPReg. 1 febbraio 2005 n. 3/L – modificato dal DPReg. 3 aprile 2013 n. 25), coordinato con le disposizioni introdotte dalla legge regionale 2 maggio 2013 n. 3, dalla legge regionale 9 dicembre 2014 n. 11, dalla legge regionale 24 aprile 2015 n. 5, dalla legge regionale 15 dicembre 2015 n. 27 e dalla legge regionale 15 dicembre 2015 n. 31.

Il testo unico sull’ordinamento dei comuni disciplina l’istituto dell’unione di comuni (art. 63), della fusione di comuni (art. 41), e della convenzione (Articolo 59). Per quanto riguarda le gestioni associate, previste dall’art. 57, è con legge provinciale che si stabilisce quali funzioni, sono esercitate in forma associata dai comuni, nonché, per ciascuna funzione, la forma o le forme di gestione associata da utilizzare.

Negli ultimi anni, molti comuni trentini hanno intrapreso un percorso di semplificazione istituzionale che ha portato, attraverso numerosi processi di fusione, a ridurre il numero di comuni dagli iniziali 223 agli attuali 177 (compresa la fusione per aggregazione del Comune di Ivano Fracena nel Comune di Castel Ivano disposta con legge regionale 24 maggio 2016, n. 3). Il numero complessivo dei comuni trentini è destinato a ridursi ulteriormente a seguito dei referendum popolari tenutisi lo scorso 22 maggio 2016, il cui esito è stato favorevole per altri 12 comuni, per i quali si attendono le leggi regionali di istituzione dei nuovi 4 comuni nati dalla fusione.

Per quanto riguarda la presenza di eventuali contributi per incentivare le unioni e le fusioni di comuni, la deliberazione della Giunta regionale n. 176 di data 9 settembre 2015, recependo le modifiche introdotte dalla legge regionale 9 dicembre 2014, n. 11, ha riformato la precedente disciplina sui contributi alle unioni e fusioni di comuni; in sintesi:

­   non sono più previsti contributi regionali in caso di unioni di comuni, ma solo per le fusioni di comuni;

­   I contributi sono concessi per un periodo di dieci anni;

­   Il contributo annuale è pari ad una quota compresa tra il 24 e il 30 percento della spesa prevista nel titolo I (spese correnti) del bilancio di previsione del nuovo comune, al netto degli oneri derivanti da interessi passivi e ammortamenti di esercizio. Dalla spesa prevista dal titolo I sono inoltre dedotte le entrate che il nuovo comune prevede di accertare per imposte, tasse, trasferimenti della provincia autonoma per il finanziamento di spese correnti (a eccezione dei contributi in conto annualità e del fondo investimenti minori), proventi dai servizi pubblici, contributi e trasferimenti per servizi erogati dal nuovo comune a favore di altri enti pubblici;

­   Il contributo minimo pari al 24 percento è assegnato nell’ipotesi di fusione base formata da due comuni. Una maggiorazione del contributo pari all’1,5 percento è prevista per ogni comune ulteriore rispetto ai due comuni contemplati dall’ipotesi base (massimo attribuibile 6 punti percentuali);

­   gli importi massimi concedibili per i contributi annuali sono rimasti invariati rispetto a quelli previsti nel testo coordinato approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 230 di data 12 novembre 2013. In aggiunta, viene garantito un importo minimo del contributo annuale pari al 30 percento dei limiti massimi stabiliti;

­   rimane ferma la riduzione proporzionale dei contributi in caso di insufficienza delle risorse regionali;

­   è stato inserito il vincolo di utilizzare il 50 percento del contributo annuale per il finanziamento di spese in conto capitale, ed il rimanente 50 percento per il finanziamento di spese correnti;

­   per i costi iniziali di attivazione della fusione viene concesso un contributo straordinario pari alla somma forfetaria di euro 60.000,00 per ogni comune coinvolto.

Ai comuni già istituiti a seguito di fusione prima della data di entrata in vigore della legge regionale 9 dicembre 2014 n. 11, nonché ai comuni istituiti a seguito di fusione che hanno presentato alla Giunta provinciale le domande di fusione entro il 10 marzo 2015, spettano i contributi secondo i criteri e per la durata previsti dalle disposizioni regionali vigenti fino al 9 dicembre 2014 (vedasi testo coordinato dei criteri per l’erogazione di contributi a favore delle unioni di comuni approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 230 di data 12 novembre 2013).


 

  1. disposizioni e meccanismi incentivanti e sanzionatori rispetto alla gestione associata

Abruzzo

Incentivi

contributi statali

la legge di stabilità per il 2014 del 27 dicembre 2013, n. 147 , al fine di incentivare il processo di riordino e semplificazione degli enti territoriali, ha stanziato, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, 30 milioni di euro aggiuntivi per i comuni istituiti a seguito di fusione.

 

contributi regionali

La Regione Abruzzo con la L.R. 143/97 e s.m.i. ha sempre previsto nel proprio bilancio risorse a sostegno dell’associazionismo comunale. Tuttavia, a causa della sfavorevole congiuntura economica, negli ultimi anni  può disporre di risorse  del PAR/FSC e trasferite dallo stato a sostegno dell’associazionismo comunale:

PAR/FSC pari ad  € 1298.917,00 

Risorse Statali regionalizzate pari ad € 723.940,56

 

Liguria

Con delibera n.1275 del 16 novembre 2015 la Giunta regionale ha approvato la ripartizione alle forme associative comunali costituite tramite Convenzioni tra Comuni, delle risorse regionali stanziate al Fondo ex art. 21, legge regionale 40/2014, pari a 600.000 euro. Destinatari dei contributi le forme associative comunali, costituite tramite Convenzioni tra Comuni e operative alla data di approvazione del presente atto, per l'esercizio associato delle funzioni comunali fondamentali. Tali convenzioni devono avere una durata minima di tre anni.

Con delibera n. 470 del 27 marzo 2015 la Giunta regionale ha approvato il bando di contributi alle Unioni di Comuni - ripartizione delle risorse regionali - per l'anno 2015, ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale n. 7 del 12 aprile 2011 "disciplina di riordino e razionalizzazione delle funzioni svolte dalla Comunità montane soppresse e norme di attuazione per la liquidazione". Il finanziamento è previsto per i nuovi Enti, nella fase di costituzione e avviamento, per la gestione delle funzioni comunali fondamentali. La dotazione finanziaria è destinata alle Unioni di Comuni liguri costituitesi nel periodo a partire dall'11 dicembre 2014 e sino al 30 aprile 2015.

Nel Programma di Governo della X Legislatura con riferimento alle “Relazioni con le autonomie territoriali e locali” è indicato che la Regione Liguria si propone di incentivare i Piccoli Comuni verso modalità organizzative che consentano un migliore uso delle risorse finanziare, umane e strumentali a disposizione. Tra le azione programmate vi è la nuova normativa in tema di Gestioni Associate

Lombardia

La lr 19/2008 dispone incentivi per le sole unioni di comuni lombarde, ma non esclude che singoli bandi possano prevedere contributi a comuni riuniti in convenzione per i servizi oggetto del bando.

Il rr 2/2009 è finanziato con € 4.500.000 per le spese ordinarie e con € 1.000.000 per le spese di investimento. Entrambi i contributi sono erogati nel corso dell’esercizio. Il contributo ordinario è calcolato in base alla popolazione, al numero dei comuni e delle funzioni gestite dall’unione. Il contributo per gli investimenti è pari ad un massimo di € 20.000 per anno a fronte di una spesa rendicontata di almeno € 40.000.

Non sono previsti contributi per i comuni fusi. Solo nel caso in cui tutti i comuni di un’unione si fondano, il comune fuso può richiedere un contributo pari all’ultimo trasferimento ricevuto dall’unione limitatamente ad un annualità.

Molise

Gli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15 della legge regionale n. 1/2016 disciplinano gli incentivi ed i meccanismi sanzionatori per le gestioni associate.

Piemonte

La Regione destina annualmente, entro l'anno finanziario di riferimento e nei limiti delle disponibilità di bilancio, contributi a sostegno della gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali nelle forme consentite dalla normativa statale e regionale.

I contributi regionali sono erogati alle forme associative che rispettano i requisiti di aggregazione stabiliti dalla l.r. 11/2012 o che sono già inserite nella Carta delle forme associative del Piemonte che ha il ruolo istituzionale di determinare gli ambiti ottimali per lo svolgimento di funzioni in forma associata e di istituire forme associative presenti sul territorio regionale. Ad oggi sono stati approvati cinque stralci della Carta delle forme associative del Piemonte (D.G.R. n. 1 -568/2014; D.G.R. n. 13 -1179/2015; D.G.R. n. 20 -1947/2015; D.G.R. n. 14-2551/2015 e D.G.R. n. 9-3077/2016).

Valle D’Aosta

La Regione non ha, al momento, previsto disposizioni e meccanismi incentivanti e sanzionatori rispetto alla gestione  associata

Provincia Trento

Per quanto riguarda i meccanismi incentivanti e sanzionatori relativi alle gestioni associate, va ricordato innanzitutto che con la legge provinciale n. 3 del 16 giugno 2006 sono state introdotte nel sistema istituzionale trentino, in sostituzione dei preesistenti “comprensori”, le “Comunità di Valle”, alle quali è stato inizialmente affidato l’esercizio unitario di alcune funzioni amministrative prima esercitate dai comuni.

La citata legge provinciale n. 3/2006 è stata quindi modificata il 13 novembre 2014 (dalla l.p. n.12) rivedendo la disciplina delle gestioni associate obbligatorie che sono passate dal livello delle Comunità di Valle al livello di ambito associativo tra Comuni di dimensione pari ad almeno 5000 abitanti (salvo deroghe se il territorio è caratterizzato da eccezionali particolarità geografiche o turistiche, o nel caso in cui le amministrazioni avviino processi di fusione). In particolare, le gestioni associate riguardano i seguenti compiti ed attività (indicati nella tabella B allegata alla legge provinciale n. 3/2006): la segreteria generale, personale, organizzazione, il servizio finanziario, il servizio entrate, l’ufficio tecnico, urbanistica, pianificazione del territorio, gestione dei beni demaniali e patrimoniali, anagrafe stato civile elettorale leva e servizio statistico, commercio, servizi generali.

Con deliberazione n. 1952 del 9 novembre 2015, la Giunta provinciale ha individuato gli ambiti associativi entro i quali i comuni devono avviare in forma associata, mediante convenzione, i compiti e le attività indicate dalla lp n. 3/2006, le modalità di svolgimento dei servizi associati obbligatori e gli obiettivi di riduzione di spesa che ciascun comune con popolazione inferiore ai 5000 abitanti è tenuto a raggiungere entro tre anni dalla data di avvio delle gestioni associate obbligatorie (ovvero nel periodo 1° agosto 2016 – 31 luglio 2019). Nel caso in cui tali obiettivi di riduzione della spesa non venissero raggiunti entro i termini stabiliti, l’art. 9 bis della lp. 3/2006 prevede che “i comuni adottano le specifiche misure di razionalizzazione della spesa individuate dalla Giunta provinciale d’intesa con il Consiglio delle autonomie locali”, mentre per i comuni che beneficiano dell’esonero dall’obbligo di gestione associata per l’avvio di percorsi di fusione, nel caso di mancato raggiungimento dei livelli di spesa fissati, la Giunta provinciale può disporre specifiche misure di razionalizzazione della spesa o disporre l’estensione ai comuni dell’obbligo di gestione associata.

 



[1]     Lo stanziamento di bilancio riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità è fissato pari ad almeno il 55% nel 2016, ad almeno il 70% nel 2017, almeno all'85% nel 2018 e dal 2019 l'accantonamento al fondo è effettuato per l'intero importo, ai sensi dell’art. 1, co. 509, legge n. 190/2014.

[2]     Al bilancio di previsione finanziario sono allegati, oltre a quelli previsti dai relativi ordinamenti contabili:

a)   il prospetto esplicativo del presunto risultato di amministrazione;

b)   il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato per ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione;

c)   il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità per ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione;

d)   il prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento;

e)   per i soli enti locali, il prospetto delle spese previste per l'utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali, per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione;

f)   per i soli enti locali, il prospetto delle spese previste per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione;

g)   la nota integrativa redatta secondo le modalità previste dal comma 5;

h)   la relazione del collegio dei revisori dei conti.

Inoltre:

a)   l'elenco degli indirizzi internet di pubblicazione del rendiconto della gestione, del bilancio consolidato deliberati e relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, dei rendiconti e dei bilanci consolidati delle unioni di comuni e dei soggetti considerati nel gruppo “amministrazione pubblica”, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce. Tali documenti contabili sono allegati al bilancio di previsione qualora non integralmente pubblicati nei siti internet indicati nell'elenco;

b)   la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantità e qualità di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie che potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con la stessa deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato;

c)   le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi;

d)   la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia;

e)   il prospetto della concordanza tra bilancio di previsione e obiettivo programmatico del patto di stabilità interno.

[3]     Al rendiconto della gestione sono allegati oltre a quelli previsti dai relativi ordinamenti contabili:

a)   il prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione;

b)   il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato;

c)   il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità;

d)   il prospetto degli accertamenti per titoli, tipologie e categorie;

e)   il prospetto degli impegni per missioni, programmi e macroaggregati;

f)   la tabella dimostrativa degli accertamenti assunti nell'esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi;

g)   la tabella dimostrativa degli impegni assunti nell'esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi;

h)   il prospetto rappresentativo dei costi sostenuti per missione;

i)    per le sole regioni, il prospetto dimostrativo della ripartizione per missioni e programmi della politica regionale unitaria e cooperazione territoriale, a partire dal periodo di programmazione 2014 - 2020;

j)    per i soli enti locali, il prospetto delle spese sostenute per l'utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali (facoltativo per gli enti con popolazione inferiore a 5.000 abitanti);

k)   per i soli enti locali, il prospetto delle spese sostenute per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni (facoltativo per gli enti con popolazione inferiore a 5.000 abitanti);

l)    il prospetto dei dati SIOPE;

m) l'elenco dei residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi anteriori a quello di competenza, distintamente per esercizio di provenienza e per capitolo;

n)   l'elenco dei crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione;

o)   la relazione sulla gestione dell'organo esecutivo;

p)   la relazione del collegio dei revisori dei conti.

[4]     Sono stati organizzati n. 76 corsi di formazione che hanno coinvolto circa 5.000 utenti e oltre 2.800 enti locali distribuiti su tutto il territorio nazionale, con una maggiore concentrazione di corsi nel nord del paese, in corrispondenza al maggior numero di enti.

[5]     Si ricorda che la legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 498) ha imposto l’utilizzo dei parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip a tutte le società controllate e dagli enti locali che siano organismi di diritto pubblico, con l’eccezione di quelle che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati.

[6]     Il comma 516 limita la possibilità per le PA e le società inserite nell’elenco ISTAT di procedere ad approvvigionamenti autonomi ai soli casi in cui il bene o il servizio non sia disponibile (come precisato dal Senato) o idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione ovvero in casi di necessità ed urgenza comunque funzionali ad assicurare la continuità della gestione amministrativa, ed esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione motivata dell'organo di vertice amministrativo. Gli approvvigionamenti effettuati ai sensi del comma 516 sono comunicati all'Autorità Nazionale Anticorruzione e all'Agenzia per l’Italia Digitale.

[7]     Ai sensi della novella effettuata dall'articolo 1, comma 494, della legge 208/2015, dal 2020 sarà possibile procedere ad affidamenti autonomi, nelle indicate categorie merceologiche, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori almeno del 10 per cento per le categorie merceologiche telefonia fissa e telefonia mobile e del 3 per cento per le categorie merceologiche carburanti extra-rete, carburanti rete, energia elettrica, gas e combustibili per il riscaldamento rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip SpA e dalle centrali di committenza regionali. Tutti i contratti stipulati ai sensi del precedente periodo devono essere trasmessi all'Autorità nazionale anticorruzione. In tali casi i contratti dovranno comunque essere sottoposti a condizione risolutiva con possibilità per il contraente di adeguamento ai migliori corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico in percentuale superiore al 10 per cento rispetto ai contratti già stipulati.

[8]     Art. 1, comma 450, della Legge n. 296/2006

[9]     Il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) ovvero ad altri mercati elettronici realizzati dalle stazioni appaltanti ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento.

[10]   Tale deroga è stata introdotta dal comma 502 della legge di stabilità per il 2016.

[11]   Tale previsione è stata estesa anche ai piccoli comuni dal comma 501 della legge di stabilità per il 2016, che ha modificato l’articolo 23-ter, comma 3, del decreto-legge n. 90/2014, che autorizza i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti a procedere autonomamente per gli acquisti di valore inferiore a 40.000 euro. La norma estende tale franchigia a tutti i comuni, e dunque anche a quelli con meno di 10.000 abitanti, ferme restando le norme che lasciano la facoltà di aderire o meno alle convenzioni con l’obbligo di utilizzarne i benchmark (articolo 26, comma 3, legge 488/1999), che richiedono di utilizzare il MEPA per acquisti “sotto soglia” (articolo 1, comma 450, legge 296/2006) superiori a 1.000 euro, e che obbligano al ricorso a soggetti aggregatori oltre certe soglie e per determinate categorie di beni (articolo 9, comma 3, D.L. 66/2014).

[12] Cfr., più estesamente, l'illustrazione dell'art. 13 del provvedimento in esame.

[13] Cfr. art. 36 del provvedimento in esame.