Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disciplina della conferenza di servizi - Atto del Governo n. 293 - Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 293/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 293
Data: 02/05/2016
Descrittori:
CONFERENZA DI SERVIZI   L 2015 0124
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Altri riferimenti:
L N. 124 DEL 07-AGO-15     

 

 

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Dossier n. 323

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Atti del Governo 293

 

 

 

 

 

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INDICE

Schede di lettura

La disposizione di delega. 3

Il quadro normativo. 15

Il contenuto dello schema di decreto legislativo. 17

§  Articolo 1. 18

§  Articolo 2. 40

§  Articolo 3. 43

§  Articolo 4. 45

§  Articolo 5. 46

§  Articolo 6. 46

§  Articolo 7. 52

§  Articolo 8. 53

 

 


 

 

Schede di lettura

 


La disposizione di delega

L’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124, reca una delega al Governo per il riordino complessivo della disciplina in materia di conferenza di servizi.

Per un inquadramento generale della legge di delega si veda il dossier del Servizio studi, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Legge 7 agosto 2015, n. 124, 15 ottobre 2015.

 

Il termine per l’esercizio della delega è di un anno dalla data di entrata in vigore della legge (28 agosto 2016).

 

Sono individuati numerosi principi e criteri direttivi, che di seguito sono messi in relazione con la disciplina generale prevista dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990). Si ricorda peraltro che in materia di conferenza di servizi vigono numerose e differenziate discipline di settore.

I principi e criteri direttivi sono dunque i seguenti.

 

A. Ridefinizione e riduzione dei casi in cui la convocazione della conferenza di servizi è obbligatoria, anche in base alla complessità del procedimento;

 

In base alla disciplina generale contenuta nella legge sul procedimento amministrativo, l’indizione della conferenza di servizi è obbligatoria quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta (art. 14, comma 2, L 241/1990).

La medesima legge prevede un’ulteriore ipotesi di convocazione obbligatoria della conferenza di servizi in relazione alle procedure di project financing. In tal caso la conferenza si esprime sulla base dello studio di fattibilità o del progetto preliminare (cd. conferenza di servizi preliminare). (art. 14-bis, comma 1-bis, L 241/1990).

 

B. Ridefinizione dei tipi di conferenza, anche al fine di introdurre modelli di istruttoria pubblica per garantire la partecipazione anche telematica degli interessati al procedimento, limitatamente alle ipotesi di adozione di provvedimenti di interesse generale, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 241/1990, e nel rispetto dei principi di economicità, proporzionalità e speditezza dell'azione amministrativa;

 

In base alla disciplina generale della legge n. 241/1990, sono stati individuati diversi tipi di conferenza di servizi: istruttoria, predecisoria (o 'preliminare', in casi progetti di particolare complessità o di insediamenti produttivi di beni e servizi) o decisoria; interna di uffici o esterna tra amministrazioni; relativa ad un singolo procedimento o relativa a più procedimenti connessi; attivabile su istanza del privato (quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, di competenza di più amministrazioni pubbliche); conferenza di affidamento di concessione di lavori pubblici; conferenza per il project financing.

La disciplina generale non prevede attualmente forme di istruttoria pubblica per la conferenza di servizi.

L’art. 10 L. 241/1990, richiamato dal criterio direttivo in commento come alternativo all’istruttoria pubblica, disciplina i diritti dei partecipanti al procedimento amministrativo. Esso, in particolare, riconosce ai soggetti destinatari del provvedimento e agli intervenuti (portatori di interessi pubblici o privati e portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento) il diritto di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.

Le norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo non si applicano peraltro in caso di emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione (art. 13, L 241/1990), categorie cui sembrerebbe riconducibile quella di ‘provvedimenti di interesse generale’ – categoria che non ha riscontri nella legge sul procedimento amministrativo - cui fa riferimento il criterio direttivo previsto dalla lettera b).

 

C. Riduzione dei termini per la convocazione, per l'acquisizione degli atti di assenso previsti, per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento;

 

D. Certezza dei tempi della conferenza, ovvero necessità che qualsiasi tipo di conferenza di servizi abbia una durata certa, anche con l’imposizione a tutti i partecipanti di un onere di chiarezza e inequivocità delle conclusioni espresse;

 

Ai sensi della disciplina vigente, la prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro 15 giorni o, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro 30 giorni dalla data di indizione. Le amministrazioni convocate possono richiedere, se impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data, da concordare nei 10 giorni successivi (15 giorni se la richiesta proviene da un'autorità preposta alla tutela del patrimonio culturale) (art. 14-ter, commi 01 e 2, L. 241/1990).

Nella prima riunione della conferenza (o, in caso di conferenza preliminare, in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo), le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i 90 giorni (art. 14-ter, comma 3, L. 241/1990).

Peraltro, nei casi in cui sia richiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA), la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la VIA medesima ed il termine per la conclusione dei lavori resta sospeso, per un massimo di 90 giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei 30 giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il predetto termine di 30 giorni è ulteriormente prorogato di 30 giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori (art. 14-ter, comma 4, L. 241/1990).

 

E. disciplina della partecipazione alla conferenza di servizi finalizzata a:

·        garantire forme di coordinamento o di rappresentanza unitaria delle amministrazioni interessate;

·        prevedere la partecipazione alla conferenza di un unico rappresentante delle amministrazioni statali, designato, per gli uffici periferici, dal dirigente dell’Ufficio territoriale dello Stato di cui all’articolo 8, comma 1, lettera e);

 

L’articolo 8, comma 1, lettera e), della L. 124/2015 reca un criterio direttivo nell’ambito della delega al Governo per la riorganizzazione dell’amministrazione periferica dello Stato, prevedendo:

-        la trasformazione della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo in Ufficio territoriale dello Stato, quale punto di contatto unico tra amministrazione periferica dello Stato e cittadini;

-        l’attribuzione al prefetto della responsabilità dell'erogazione dei servizi ai cittadini, nonché di funzioni di coordinamento dei dirigenti degli uffici facenti parte dell'Ufficio territoriale dello Stato e di rappresentanza dell’amministrazione statale, anche ai fini del riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi.

 

La disciplina vigente prevede unicamente che ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa (art. 14-ter, comma 6, L. 241/1990).

 

F. Disciplina del calcolo delle presenze e delle maggioranze volta ad assicurare la celerità dei lavori della conferenza;

 

L. Revisione dei meccanismi decisionali, con la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse in sede di conferenza per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento nei casi di conferenze decisorie; precisazione dei poteri dell'amministrazione procedente, in particolare nei casi di mancata espressione degli atti di assenso ovvero di dissenso da parte delle amministrazioni competenti;

 

Il criterio direttivo di cui alla lettera f), sul calcolo delle presenze e delle maggioranze per assicurare la celerità dei lavori, deve essere letto unitamente al criterio di cui alla lettera l), che si riferisce ai meccanismi decisionali, utilizzando il criterio della prevalenza delle posizioni espresse in sede di conferenza.

Il principio della prevalenza – già previsto dalla normativa vigente - costituisce una sorta di principio di maggioranza 'temperato', basato su un criterio non meramente numerico e quantitativo, ma sulla rilevanza 'qualitativa' delle attribuzioni di ciascuna amministrazione nella questione trattata in conferenza.

 

Il criterio direttivo di cui alla lettera l) appare a sua volta connesso a quello di cui alla lettera g), su cui v. immediatamente infra), riguardando entrambi la mancata espressione dell’assenso.

 

In base alla disciplina vigente, all'esito dei lavori della conferenza e in ogni caso scaduti i termini per la conclusione dei lavori, l'amministrazione procedente, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla conferenza (art. 14-ter, comma 6-bis, L. 241/1990).

Per la VIA statale, in caso di inutile decorso dei termini di legge, l'amministrazione procedente può adire direttamente il Consiglio dei Ministri per l’l'esercizio del potere sostitutivo. Il Consiglio dei Ministri provvede entro sessanta giorni, previa diffida all'organo competente ad adempiere entro il termine di venti giorni (art. 14-ter, comma 6-bis, L. 241/1990, e art. 26, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006).

 

Per quanto riguarda la disciplina del dissenso, è attualmente previsto che il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso (art. 14-quater, comma 1, L. 241/1990).

 

I criteri direttivi in commento non fanno riferimento al dissenso espresso da una regione o da una provincia autonoma, per il quale è attualmente prevista una disciplina ad hoc, che è il portato anche di un intervento della Corte costituzionale in materia.

In particolare, in caso di dissenso motivato espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la legge prevede la rimessione della questione al Consiglio dei ministri e disciplina un’articolata procedura volta a pervenire al raggiungimento di un accordo tra Stato e regione. Solo dopo l’esperimento di questa procedura, è consentito un intervento decisorio del Consiglio dei ministri.

 

Secondo la predetta procedura, ai fini del raggiungimento dell'intesa, entro trenta giorni dalla data di rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la partecipazione della regione o della provincia autonoma, degli enti locali e delle amministrazioni interessate, attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione sulle decisioni di competenza. In tale riunione i partecipanti debbono formulare le specifiche indicazioni necessarie alla individuazione di una soluzione condivisa, anche volta a modificare il progetto originario, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non è raggiunta nel termine di ulteriori trenta giorni, è indetta una seconda riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con le medesime modalità della prima, per concordare interventi di mediazione, valutando anche le soluzioni progettuali alternative a quella originaria. Ove non sia comunque raggiunta l'intesa, in un ulteriore termine di trenta giorni, le trattative, con le medesime modalità delle precedenti fasi, sono finalizzate a risolvere e comunque a individuare i punti di dissenso. Se all'esito delle predette trattative l'intesa non è raggiunta, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata con la partecipazione dei Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate.

 

Tale disciplina, come anticipato, è stata adottata a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previgente disciplina, che consentiva - in caso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi da una Regione o da una Provincia autonoma, in una delle materie di propria competenza e di mancato raggiungimento di un’intesa entro il breve termine di trenta giorni - al Consiglio dei ministri di deliberare in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate (sentenza n. 179/2012).

 

Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la conferenza di servizi costituisce un modulo procedimentale-organizzativo suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti (sentenza n. 179 del 2012). Tale istituto è «orientato alla realizzazione del principio di buon andamento ex art. 97 Cost.», in quanto «assume, nell'intento della semplificazione e accelerazione dell'azione amministrativa, la funzione di coordinamento e mediazione degli interessi in gioco al fine di individuare, mediante il contestuale confronto degli interessi dei soggetti che li rappresentano, l'interesse pubblico primario e prevalente» (sentenze n. 179 del 2012 e n. 313 del 2010).

Secondo la Corte (sentenza n. 179 del 2012), da un lato, «risulta agevole desumere come esista un'esigenza unitaria che legittima l'intervento del legislatore statale anche in ordine alla disciplina di procedimenti complessi estranei alle sfere di competenza esclusiva statale affidati alla conferenza di servizi, in vista dell'obiettivo della accelerazione e semplificazione dell'azione amministrativa; dall'altro, è ugualmente agevole escludere che l'intera disciplina della conferenza di servizi, e dunque anche la disciplina del superamento del dissenso all'interno di essa, sia riconducibile ad una materia di competenza statale esclusiva, tenuto conto della varietà dei settori coinvolti, molti dei quali sono innegabilmente relativi anche a competenze regionali (es.: governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali). Il soddisfacimento di una simile esigenza unitaria giustifica, pertanto, l'attrazione allo Stato, per ragioni di sussidiarietà, sia dell'esercizio concreto della funzione amministrativa che della relativa regolamentazione nelle materie di competenza regionale, ma deve obbedire alle condizioni stabilite dalla giurisprudenza costituzionale, fra le quali questa Corte ha sempre annoverato la presenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni. In particolare, si è affermato che "l'ordinamento costituzionale impone il conseguimento di una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l'esercizio concreto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarietà al livello statale in materie di competenza legislativa" (sentenza n. 383 del 2005) e che tali "intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale (sentenza n. 383 del 2005)". Si tratta infatti di "atti a struttura necessariamente bilaterale", non sostituibili da una determinazione del solo Stato (sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n. 383 del 2005).

«La previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una "drastica previsione" della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie "idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze" (ex plurimis, sentenze n. 179 del 2012, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell'ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all'accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale» (sentenze n. 165 e n. 33 del 2011). Allorquando, invece, l'intervento unilaterale dello Stato viene prefigurato come mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa, è violato il principio di leale collaborazione con conseguente sacrificio delle sfere di competenza regionale (sentenze n. 39 del 2013 e n. 179 del 2012).

 

Per il dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità – le quali sono sottoposte in base alla normativa vigente ad una disciplina speciale – si rinvia al criterio direttivo di cui alla lettera n).

 

G. previsione che si consideri comunque acquisito l'assenso delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell'ambiente che, entro il termine dei lavori della conferenza, non si siano espresse nelle forme di legge;

 

In base alla disciplina vigente, si considera comunque acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata.

Tale disciplina si applica anche alle amministrazioni preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paesaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e autorizzazione integrata ambientale (AIA) (art. 14-ter, comma 7, L. 241/1990).

Rispetto alla normativa vigente, dunque, il criterio direttivo di cui alla lettera g) sembrerebbe poter consentire l’acquisizione dell’assenso in mancanza di espressione della volontà da parte dell’amministrazione competente anche per i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA. Sul punto occorre peraltro considerare quanto previsto dalla successiva lettera n).

Esso inoltre non fa espresso riferimento alle amministrazioni preposte alla tutela della pubblica incolumità, cui sembrerebbe comunque applicabile la nuova disciplina, dato il carattere onnicomprensivo della stessa.

 

N. definizione, nel rispetto dei princìpi di ragionevolezza, economicità e leale collaborazione, di meccanismi e termini per la valutazione tecnica e per la necessaria composizione degli interessi pubblici nei casi in cui la legge preveda la partecipazione al procedimento delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, in modo da pervenire in ogni caso alla conclusione del procedimento entro i termini previsti; previsione per le amministrazioni citate della possibilità di attivare procedure di riesame;

 

La vigente disciplina sulla conferenza di servizi prevede norme speciali per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità.

Per quanto riguarda all’acquisizione dell’assenso di queste amministrazioni in caso di mancata espressione della volontà definitiva in sede di conferenza, si rinvia al criterio di cui alla lettera g).

Per l’espressione del dissenso, anche a queste amministrazioni si applica la regola generale, in base alla quale esso deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso (art. 14-quater, comma 1, L. 241/1990).

Una disciplina speciale riguarda invece il superamento del dissenso espresso da queste amministrazioni (cd. dissenso qualificato).

Infatti, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 Cost. (esercizio del potere sostitutivo del Governo), è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione. Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, motivando un'eventuale decisione in contrasto con il motivato dissenso. Se l'intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, si attiva un’articolata procedura volta a raggiungere una composizione degli interessi in campo. A tal fine, anche seguendo le linee indicate dalla giurisprudenza costituzionale, si apre una complessa fase di trattative tra Stato e regione finalizzata a superare le divergenze. Solo in caso di esito negativo di queste trattative, è consentito al Consiglio dei ministri di assumere la decisione definitiva. Per un’analisi dettagliata della disciplina si rinvia sub lettera l).

Peraltro, la rimessione al Consiglio dei ministri è comunque preclusa qualora la questione sia oggetto di: intese raggiunte tra le Regioni ai sensi dell’articolo 117, ottavo comma, Cost.; del procedimento per i lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi di rilevanza nazionale disciplinato dal codice degli appalti o del procedimento in materia di localizzazione delle opere di interesse statale di cui all’articolo 3 del DPR n. 383/1994.

 

H. Semplificazione dei lavori della conferenza di servizi, anche attraverso la previsione dell'obbligo di convocazione e di svolgimento della stessa con strumenti informatici e la possibilità, per l'amministrazione procedente, di acquisire ed esaminare gli interessi coinvolti in modalità telematica asincrona;

 

I. Differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza, secondo il principio di proporzionalità, prevedendo per i soli casi di procedimenti complessi la convocazione di riunioni in presenza.

 

Le lettere h) ed i) introducono principi di semplificazione della conferenza, favorendo l’utilizzo di strumenti informatici e prevedendo le riunioni in presenza solo per i procedimenti complessi.

 

In base alla disciplina vigente, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni (art. 14, comma 5-bis, L. 241/1990).

La conferenza di servizi, inoltre, assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti e può svolgersi per via telematica. Le convocazione delle riunioni possono avvenire per via telematica o informatica (art. 14-ter, commi 1 e 2, L. 241/1990).

 

M. Possibilità per le amministrazioni di chiedere all’amministrazione procedente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241/1990, purché abbiano partecipato alla conferenza dei servizi o si siano espresse nei termini.

 

Ai sensi dell’art. 21-quinquies L. 241/1990, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.

L’art. 21-nonies disciplina invece l’annullamento d’ufficio, prevedendo che Il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. L’art. 6, comma 1, lett. d), della legge 124/2015 ha modificato la disciplina sul termine per l’annullamento d’ufficio, prevedendo che esso non può essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

 

Il criterio direttivo di cui alla lettera m) interviene su una questione finora lasciata aperta dal legislatore, circa la possibilità di riconoscere o meno il potere delle singole amministrazioni di agire in autotutela nei confronti delle posizioni assunte in seno alla conferenza, sulla quale si erano confrontate tesi diverse.

Il legislatore delegato dovrà infatti prevedere la possibilità per le amministrazioni, che abbiano partecipato alla conferenza dei servizi o si siano espresse nei termini, di chiedere all’amministrazione procedente di disporre, in via di autotutela, la revoca o l’annullamento d’ufficio del provvedimento finale adottato.

 

Può essere in proposito richiamata la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 27 agosto 2014 n. 4374, in base alla quale la decisione cd. pluristrutturata adottata all’esito di una conferenza di servizi, per la sua natura, necessariamente contamina la disciplina giuridica del potere di autotutela, ispirata al principio del cd. ’contrarius actus (cfr. Cons. St., Sez. V, 18 dicembre 2012, n. 6505). Pertanto, le amministrazioni che hanno adottato atti endoprocedimentali in seno alla conferenza non possono operare in autotutela per far venire meno l’assenso espresso, in quanto la conferenza di servizi rappresenta un modulo procedimentale che conduce all’adozione di un provvedimento che assorbe gli atti riconducibili alle amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza o che, regolarmente invitate, avrebbero dovuto prendervi parte. Diversamente, opinando del resto si porrebbe nel nulla la disciplina dettata in tema di dissenso o di mancata partecipazione all’interno della conferenza di servizi (cfr. Cons. St., Sez. IV, 27 luglio 2011, n. 4503; Id., Sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023). Spetta, quindi, all’amministrazione procedente valutare se indire una nuova conferenza di servizi avente ad oggetto il riesame dell’atto adottato secondo le modalità già seguite in occasione dell’adozione del provvedimento di primo grado.

 

O. Coordinamento delle disposizioni di carattere generale di cui agli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, con la normativa di settore che disciplina lo svolgimento della conferenza di servizi.

 

Gli articoli da 14 a 14-quinques della legge n. 241/1990 recano la disciplina generale in materia di conferenza di servizi, destinata ad essere modificata in attuazione della delega in commento. La nuova disciplina dovrà essere coordinata con la normativa di settore.

 

Tra le numerose disposizioni nazionali di settore che prevedono la convocazione di una conferenza di servizi o procedimenti unici ad essa equiparabili, si ricordano quelle in materia di:

-        localizzazione di opere pubbliche o di interesse statale (art. 3, D.P.R. n. 383/1994);

-        concessione di beni del demanio marittimo per strutture dedicate alla nautica da diporto (articoli 5 e 6, D.P.R. n. 509/1997);

-        autorizzazione all’apertura, al trasferimento e all’ampliamento di grandi strutture di vendita (art. 9, decreto legislativo n. 114/1998)

-        realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione di impianti produttivi (articoli 4 e 5, D.P.R. n. 447/1998);

-        verifica della possibilità di concordare la conclusione di un accordo di programma (art. 34, decreto legislativo n. 267/2000);

-        interventi soggette a permesso di costruire ovvero a Dia, da eseguire su immobili vincolati (articoli 20 e 23, D.P.R. n. 380/2001);

-        autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di centrali elettriche (art. 1, decreto legge n. 7/2002);

-        autorizzazione unica per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (art. 12, decreto legislativo n. 387/2003);

-        autorizzazione paesaggistica per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali (art. 147, decreto legislativo n. 42/2004);

-        autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti (art. 208, decreto legislativo n. 152/2006);

-        interventi di bonifica dei siti inquinati (articoli 242 e 252, decreto legislativo n. 152/2006);

-        approvazione dei progetti relativi a lavori pubblici (art. 97, decreto legislativo n. 163/2006);

-        approvazione dei progetti relativi a infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale (articoli 166 e 168, decreto legislativo n. 163/2006).

 

P. Coordinamento delle disposizioni in materia di conferenza di servizi con quelle dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’articolo 3 della legge 124/2015.

 

Il criterio direttivo di cui alla lettera p) prevede il coordinamento delle disposizioni in materia di conferenza di servizi con la nuova disciplina del silenzio assenso introdotta dall’articolo 3 della L. 124/2015. Si ricorda in particolare come esso, fra l’altro, preveda in via generalizzata il superamento del dissenso tra amministrazioni statali con l’intervento del Presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio dei ministri.

 

Q. Definizione di limiti e termini tassativi per le richieste di integrazioni documentali o chiarimenti, prevedendo che oltre il termine tali richieste non possano essere evase, né possano in alcun modo essere prese in considerazione al fine della definizione del provvedimento finale.

 

Tra le disposizioni vigenti in materia di approfondimenti istruttori in sede di conferenza di servizi, si ricorda la previsione che possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in sede di conferenza di servizi, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento (art. 14-ter, comma 8, L. 241/1990).

 

Il comma 2 dell’articolo 5 reca la procedura di adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, che prevede le seguenti fasi:

proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;

acquisizione del parere della Conferenza unificata (entro 45 giorni dalla prima seduta in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, decorsi i quali il governo può comunque procedere);

parere del Consiglio di Stato (entro 45 giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorsi i quali il governo può comunque procedere);

pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione entro 60 giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.

 

Viene prevista la consueta formula dello “slittamento” del termine della delega nel caso di trasmissione tardiva dello schema: qualora il termine del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza della delega o successivamente, il termine della delega stessa (6 mesi) è prorogata di 90 giorni.

Nel caso in cui il Governo non intenda uniformarsi al parere parlamentare, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere corredato con le motivazioni delle proprie decisioni. In tal caso le Commissioni competenti per materia (non la Commissione competente per i profili finanziari e la Commissione per la semplificazione) hanno 10 giorni ulteriori per esprimersi, decorsi i quali il decreti possono essere comunque adottati.

 

Il comma 3 prevede la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi di cui al comma 1, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.

 


Il quadro normativo

La conferenza dei servizi è una fattispecie dell'attività amministrativa, una modalità di organizzazione del procedimento amministrativo, intesa ad una valutazione comparativa di plurimi interessi, a fini di coordinamento di poteri e raccordi di competenze.

È (o dovrebbe essere) strumento di semplificazione procedimentale, 'unificando' la sede di valutazione e confronto degli interessi da parte di uffici o amministrazioni diverse; è, insieme, strumento di composizione della frammentazione dell'azione amministrativa.

La 'storia' normativa della conferenza dei servizi è assai stratificata: dal 1990, una decina di sue rivisitazioni, più o meno estese, sono intervenute - a riprova di come essa abbia costituito un quid novi, in un ordinamento tradizionalmente 'compartimentato' per amministrazioni distinte e separate.

Nell'ormai venticinquennale tragitto di questo istituto, la conferenza di servizi ha mutato i suoi connotati. Esordì come strumento eccezionale e rigorosamente improntato a criterio unanimistico, secondo il disegno della legge n. 241 del 1990, che per prima lo disciplinò come 'ordinario' modulo dell'attività amministrativa.

Passata attraverso rimaneggiamenti non lievi (possono ricordarsi la legge n. 127 del 1997, la legge n. 340 del 2000, la legge n. 15 del 2005, la legge n. 69 del 2009, il decreto-legge n. 78 del 2010, la legge n. 221 del 2012, quali recanti alcune disposizioni di organica revisione dell'istituto) la conferenza di servizi si presenta come uno strumento procedimentale ordinario ed in taluni casi obbligatorio, con meccanismi di superamento dei dissensi che in essa siano emersi.

Si tratta dunque di materia stratificata ed invero, ad oggi, si direbbe ancora non appieno 'assestata'.

 

In particolare, la conferenza di servizi è uno strumento di semplificazione attivabile dalle pubbliche amministrazioni quando siano coinvolti vari interessi pubblici in un procedimento amministrativo o in più procedimenti connessi riguardanti i medesimi risultati e attività amministrativa, suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi procedurali.

La disciplina dell’istituto è fissata dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) che prevede una disciplina generale (art. 14 e ss.) e una disciplina speciale per alcuni procedimenti di particolare complessità (art. 14-bis). La disciplina è stata in seguito modificata più volte e parzialmente riformata dalla legge n. 127/1997. Una completa riforma è stata operata dalla legge di semplificazione per il 1999, la legge 340/2000  (artt. 9-15) che ha novellato la legge 241/1990. Successivamente sono intervenute numerose ulteriori modifiche .

In basa alla disciplina vigente, quando risulti opportuno esaminare contestualmente più interessi pubblici ovvero sia necessario acquisire una pluralità di atti di intesa (concerti, nulla osta, pareri, etc.) l’amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi, le cui decisioni sostituiscono, a tutti gli effetti, ogni atto di tutte le amministrazioni partecipanti .

La legge prevede due tipi di conferenza dei servizi:

-    conferenza istruttoria;

-    conferenza decisoria.

La conferenza istruttoria - altrimenti detta "interna" o "referente" - costituisce la fattispecie più generale: essa, infatti, può essere indetta di regola ogni qual volta sia opportuno un confronto tra più amministrazioni portatrici di interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (art. 14, co. 1). In questi casi, l’indizione della conferenza non è necessaria ai fini dell’adozione del provvedimento finale, ma può essere utile per consentire un confronto tra le amministrazioni portatrici di più interessi pubblici coinvolti nel procedimento. La conferenza è convocata dall’amministrazione responsabile del procedimento.

La conferenza su istanze o progetti preliminari (art. 14-bis), istituita dalla L. 340/2000, è un particolare tipo di conferenza “preliminare” convocata – su richiesta dell’interessato – per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo .

La seconda e principale fattispecie è la conferenza decisoria, che interviene nei procedimenti che prevedono, per il loro perfezionamento, l’assenso, sotto forma di intesa, concerto, nulla osta, o comunque altrimenti denominato, di più amministrazioni. In questi casi l’amministrazione responsabile del procedimento è tenuta prima ad esperire la procedura normale richiedendo formalmente, al momento dell’avvio del procedimento, l’assenso alle altre amministrazioni interessate. Se questo non è ottenuto entro 30 giorni dalla richiesta (o si è verificato il dissenso di una amministrazione coinvolta) si procede con la convocazione della conferenza. L’indizione della conferenza non è però obbligatoria quando nel termine dei 30 giorni è intervenuto il dissenso di una o più amministrazione, nonché in tutti i casi in cui esistano espresse previsioni normative che consentano alla amministrazione procedente di prescinderne (art. 14, co. 2).

La legge definisce le procedure di convocazione della conferenza, dello svolgimento e della conclusione dei lavori (art. 14-ter).

 


Il contenuto dello schema di decreto legislativo

Lo schema di decreto legislativo recato dall'atto del Governo n. 293 pone alcune innovazioni rispetto all'odierno funzionamento della conferenza di servizi.

A prima rapidissima sintesi, man mano ampliata nel corso dell'esposizione che segue, le principali modifiche possono dirsi:

§  la riduzione dei tempi, nonché lo svolgimento con modalità semplificate;

§  una partecipazione delle amministrazioni statali alla conferenza di servizi solo tramite un rappresentante unico per tutte assieme, con facoltà per l'amministrazione che sia in disaccordo di formalizzare il proprio parere negativo, non già di incidere sulla volontà del rappresentante unico (salva la richiesta di un intervento in autotutela);

§  l'inversione dell'onere della mediazione tra posizioni prevalenti e posizioni dissenzienti qualificate, prevedendosi che siano queste ultime a doversi muovere per attivare il procedimento di opposizione avverso la decisione presa in sede di conferenza di servizi.

 

Siffatte modificazioni sono introdotte mediante novelle che riscrivono gli articoli da 14 a 14-quinquies della legge n. 241 del 1990 (così l'articolo 1 dello schema).

Seguono disposizioni di coordinamento con le discipline settoriali della conferenza di servizi, in materia di: edilizia (articolo 2); sportello unico per le attività produttive (articolo 3); autorizzazione unica ambientale (articolo 4); valutazione dello studio di impatto ambientale, autorizzazione integrata ambientale, autorizzazione all'installazione di stabilimenti nuovi, e più in generale il corpo delle norme ambientali contenuto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (articolo 5); autorizzazione paesaggistica (articolo 6).

Infine lo schema reca una disposizione transitoria - relativa all'affidamento in concessione di lavori pubblici - in attesa si perfezioni il recepimento di direttiva dell'Unione europea sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (articolo 7).

L'ultimo articolo dello schema (articolo 8) contiene una clausola di coordinamento.


 

Articolo 1

Il nuovo articolo 14 della legge n. 241

Come già illustrato (si v., supra), tra i principi e criteri direttivi della delega recata dalla legge n. 124 del 2015, figura (al suo articolo 2, comma 2, lettera b)) la "ridefinizione dei tipi di conferenza".

 

Per "tipi", secondo l'esegesi dottrinaria del dispositivo della legge n. 241 del 1990, possono intendersi le diverse configurazioni della conferenza di servizi, se istruttoria, pre-decisoria (ossia 'preliminare', secondo più ricorrente dicitura: in caso di progetti di particolare complessità o di insediamenti di beni e servizi), decisoria; interna di uffici o esterna tra amministrazioni; procedimentale od operazionale (ossia 'pluri-procedimentale', trasversale a più procedimenti connessi); sull'istanza (quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche) o di affidamento di servizio pubblico o in materia di finanza di progetto. Questo, per menzionare le tipologie definitorie più frequenti.

 

Lo schema di decreto legislativo in esame individua - all'articolo 1 - "tipi" riconducibili a quattro figure di conferenza di servizi:

§  istruttoria;

§  decisoria;

§  preliminare;

§  relativa alla valutazione di impatto ambientale (VIA).

 

Conferenza istruttoria

La conferenza istruttoria è volta ad un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti, in uno o più procedimenti connessi. È, in sostanza, una modalità di partecipazione al procedimento di più amministrazioni, cui sia affidata la cura di interessi pubblici.

Ne tratta, del novello articolo 14 della legge n. 241 quale prospettato dallo schema in esame, il comma 1.

Esso rifonde le previsioni recate dai commi 1 e 3 di quell'articolo 14 quale sinora vigente.

Rispetto a siffatta disciplina, e riguardo l'iniziativa della conferenza istruttoria - ossia la facoltà (che è discrezionale dunque) di sua indizione - il novello articolo maggiormente la imputa in capo alla amministrazione procedente.

Non è ripetuta infatti la espressa previsione della facoltà di indizione - previa intesa formale - da parte di una delle amministrazioni curatrici dell'interesse pubblico prevalente, là dove si abbiano interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, relativi alle medesime attività o risultati.

Permane la previsione che la conferenza possa essere indetta anche dietro richiesta, di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato.   

La conferenza istruttoria è previsto si svolga sempre in forma semplificata (ossia secondo le modalità definite dal novello articolo 14-bis, su cui v. infra) "o con modalità diverse, definite dall'amministrazione procedente".

Invero, quest'ultima previsione parrebbe porre una discrezionalità organizzativa in capo all'amministrazione procedente (laddove nella generale disciplina vigente della conferenza di servizi - articolo 14-ter, comma 1 - è la medesima conferenza, a maggioranza, ad auto-determinare l'organizzazione dei propri lavori).

In definitiva, l'amministrazione procedente avrebbe discrezionalità riguardo non solo l'an (come è già, dopo la previsione introdotta dal decreto-legge n. 78 del 2010) ma anche il quomodo della conferenza istruttoria.

 

Rimane fermo che, dell'amministrazione procedente, il provvedimento finale è atto proprio, di cui essa ha il potere di determinare il contenuto (in altri termini, la decisione permane 'monostrutturata'), riverberandosi la complessità istruttoria piuttosto sulla motivazione dell'atto, scrutinabile in sede di vaglio della ragionevolezza dell'agire amministrativo.

Come già l’articolo 14 della legge n. 241 vigente, anche la sua riformulazione ad opera dello schema in esame non disciplina espressamente la partecipazione di soggetti privati alla conferenza istruttoria (partecipazione che non parrebbe di per sé esclusa, là dove soggetti privati siano riconoscibili come portatori di un interesse pubblico).

 

Più in generale (con riferimento dunque non alla sola conferenza istruttoria), potrebbe ricordarsi come tra i principi e criteri direttivi della delega posta dalla legge n. 124 del 2015, figuri (al suo comma 1, lettera b)) la introduzione di modelli di istruttoria pubblica, per garantire la partecipazione (anche telematica) degli interessati al procedimento - ove si allude alla partecipazione dei soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento.

È stata la legge n. 69 del 2009 a rivedere la legge sul procedimento amministrativo del 1990 onde 'aprire' ai privati la conferenza di servizi, prevedendo l'obbligo di loro convocazione (va da sé, senza diritto di voto) se essi siano proponenti il progetto dedotto in conferenza o concessionari o gestori di pubblici servizi (ove il procedimento incida sulla loro attività). La previsione del 2009 ha dunque legittimato la partecipazione alla conferenza solo di alcune categorie - le si è appena ricordate - di soggetti, secondo indirizzo riconosciuto dalla dottrina come innovativo e pur restrittivo, dal momento che non estende la partecipazione a soggetti quali i portatori di interessi collettivi o diffusi o di interessi oppositivi alla realizzazione del progetto.

Su questo versante, lo schema non sembra dare attuazione al criterio di delega di cui alla lettera b) nella parte in cui richiama l’introduzione di modelli istruttoria pubblica per garantire la partecipazione anche telematica degli interessati al procedimento, limitatamente alle ipotesi di adozione di provvedimenti di interesse generale, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 241/1990.

 

Conferenza decisoria

La conferenza decisoria concentra (a fini di velocizzazione) in una sede la collaborazione funzionale di più amministrazioni dotate di poteri decisori, conducendo ad un provvedimento finale che 'sostituisce' le determinazioni delle plurime amministrazioni partecipanti. Essa immette dunque su una decisione 'pluristrutturata', per così dire, in quanto coinvolte sono competenze decisionali in capo a più amministrazioni.

Ne tratta, del novello articolo 14 della legge n. 241 quale prospettato dallo schema in esame, il comma 2.

Esso rifonde le previsioni recate dai commi 2 e 4 dell'articolo 14 quale sinora vigente.

È confermata l'obbligatorietà di tal tipo di conferenza (e solo tal tipo è obbligatorio, può aggiungersi) allorché l'amministrazione procedente debba acquisire atti di assenso ("comunque denominati", specifica lo schema) da parte di altre amministrazioni (come pareri, intese, concerti, nulla-osta).

È introdotta la espressa previsione che tra le "altre amministrazioni" siano da includere i gestori di beni o servizi pubblici (ampliando, si direbbe, la portata del comma 2-ter dell'articolo 14-ter finora vigente: v. infra).

 

La previsione novellata ha per oggetto l'obbligatoria indizione da parte dell'amministrazione procedente della conferenza decisoria, quando "la conclusione positiva" del procedimento sia subordinata all'acquisizione degli atti di assenso delle altre amministrazioni.

Sembrerebbe derivarne che la previsione di quella conclusione come "positiva" - perché la necessaria acquisizione di atti di altrui consenso inneschi la conferenza decisoria - importi una previa maturazione di un orientamento favorevole da parte dell'amministrazione procedente.

Parrebbe conseguirne, ad ogni modo, che la conferenza decisoria sia circoscritta all'acquisizione di consensi vincolanti o parzialmente vincolanti (non già pareri, ad esempio).

È soppressa la previsione finora vigente che debbano trascorrere vanamente trenta giorni dalla ricezione della richiesta degli atti di consenso, perché l'amministrazione procedente possa/debba indire la conferenza decisoria.

Pertanto, risulta soppresso quel che finora era un presupposto per l'indizione, ossia la formale richiesta, da parte dell'amministrazione procedente, dell'atto di assenso da parte di altra amministrazione, seguita dal vano decorso di trenta giorni (dalla ricezione della richiesta) senza che l'atto di assenso giungesse.

 

Ancora, risultano soppresse le previsioni di una conferenza decisoria 'interna' (ossia con partecipazione delle sole amministrazione pubbliche) facoltativa, non già obbligatoria.

Scompare infatti la previsione - che nella norma finora vigente pone un presupposto per l'indizione di una conferenza decisoria facoltativa - della trasmissione (nei trenta giorni finora previsti) da parte di altra amministrazione di un atto che sia (non già di assenso bensì) di dissenso.

Del pari è soppressa la previsione finora vigente della indicibilità (facoltativa) di una conferenza decisoria in assenza di determinazioni (sempre nei trenta giorni, fossero esse di assenso o dissenso) da parte delle altre amministrazioni, nel caso all'amministrazione procedente fosse egualmente consentito di provvedere.

In breve, lo schema pare voler più nettamente demarcare una distinzione tra conferenza istruttoria e decisoria, e voler 'flessibilizzare' la prima, quanto a modalità di svolgimento; snellire la seconda (con la 'decurtazione' dei trenta giorni), centrandola altresì maggiormente sulla decisione ultima (donde la soppressione della conferenza decisoria facoltativa, se 'interna').

 

Viene mantenuta la conferenza decisoria ‘esterna’, ossia da indire quando l'attività del privato sia subordinata a distinti atti di assenso di competenza di diverse amministrazioni pubbliche.

Viene mantenuta, per tal tipo di conferenza decisoria, la previsione che sia il privato a poter fare richiesta della sua convocazione.

La convocazione spetta ad "una delle amministrazioni competenti": in tal modo viene modificata la disposizione vigente, la quale invece imputa la convocazione all’amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale.

 

Conferenza preliminare

Tale tipo di conferenza può essere indetta - è dunque facoltativa, discrezionale, per l'amministrazione competente - quando abbia ad oggetto:

§  istanze o progetti preliminari, di particolare complessità;

§  insediamenti produttivi di beni e servizi.

Il carattere 'preliminare' si deve alla particolare complessità progettuale ed importa un carattere non decisorio di tale conferenza, ancorché in essa emergano le condizioni alle quali le amministrazioni poi rilascino gli atti di assenso. Per questo riguardo, la conferenza preliminare può dirsi 'pre-decisoria'.

Ne tratta, del novello articolo 14 della legge n. 241 quale prospettato dallo schema in esame, il comma 3.

Esso rifonde previsioni recate dall'articolo 14-bis quale sinora vigente.

Immutato ne rimane l'oggetto (ricordato appena sopra) e l'attivazione dietro richiesta motivata dell'interessato, documentata ("corredata", secondo la riformulazione operata dallo schema) dal progetto preliminare o, in assenza di questo, da uno studio di fattibilità.

Del pari immutato rimane il termine di svolgimento: trenta giorni dalla richiesta.

Ed immutato (oltre all'imputazione degli oneri a carico del richiedente) è il carattere di verifica - antecedente alla presentazione di un'istanza o di un progetto definitivi - delle condizioni per ottenere gli atti di assenso all'istanza o progetto definitivi.

Così come rimane immutata la previsione di una modificabilità o integrabilità delle indicazioni fornite in conferenza preliminare, solo se siano emersi successivamente elementi significativi (anche a seguito delle osservazioni sul progetto definitivo rese dagli "interessati" - laddove il testo finora vigente menziona "i privati").

Allorché si tratti di realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico (anche di origine privata, in questo secondo caso, dunque), la conferenza preliminare si esprime necessariamente sul progetto preliminare. Il suo vaglio è volto ad indicare le condizioni di concedibilità degli atti di assenso. Senza modifiche è dunque qui riprodotto il primo periodo del comma 2 dell'articolo 14-bis della legge n. 241.

 

Si segnala che l’articolo 23 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che reca il nuovo Codice dei contratti pubblici, ridefinisce i livelli della progettazione, articolandoli in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo ed esecutivo, e  non facendo più riferimento al progetto preliminare. Andrebbe, pertanto, verificato il contenuto della disposizione in commento alla luce della nuova disciplina (in tal senso si è espresso anche il parere del Consiglio di Stato).

 

Non è di contro riprodotto - sempre in caso di realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico - il secondo e terzo periodo di quel medesimo comma 2. Scompare dunque la specifica previsione che le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute si pronuncino sulle soluzioni progettuali adottate e indichino entro quarantacinque giorni (un termine dunque superiore, rispetto ai trenta giorni della ordinaria conferenza preliminare) le condizioni e gli elementi necessari per ottenere gli atti di consenso sul progetto definitivo - sempre che non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi alla realizzazione del progetto.

Neppure è riprodotta la previsione finora vigente per la conferenza relativa ad opere pubbliche e di interesse pubblico, secondo cui il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni da loro indicate nella conferenza sul progetto preliminare, e convoca una nuova conferenza fra il trentesimo e il sessantesimo giorno dalla trasmissione. E se si tratti di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza sulla base del solo progetto preliminare. Tali previsioni, recate dal comma 5 dell’articolo 14-bis della legge n. 241 quale finora vigente, non ricompaiono nello schema

 

Conferenza su progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale

Si tratta di una conferenza cui viene riconosciuta - dal comma 4 del novello articolo 14 della legge n. 241 quale prospettato dallo schema - una sua specificità.

Essa interviene ove si abbia un progetto sottoposto a VIA, per la realizzazione del quale siano necessari autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nullaosta, assensi comunque denominati.

In tali casi la norma prevede lo svolgimento obbligatorio della conferenza di servizi prevista dalla normativa sulla VIA all’art. 25, comma 3, del D.Lgs. 152/2006.

La conferenza di servizi diviene quindi, in tale caso il luogo necessitato, e non più facoltativo, di acquisizione di tutti gli assensi necessari. Viene infatti eliminata (da parte dell’art. 5 dello schema in esame) la parte del citato comma 3 dell'art. 25 ove si reputava solamente “eventuale” lo svolgimento della conferenza di servizi.

 

La conferenza sul progetto sottoposto a VIA è convocata - prevede lo schema - in modalità sincrona (disciplinata dal novello articolo 14-ter, v. infra).

Essa è indetta entro 10 giorni dalla verifica documentale, condotta dall'amministrazione competente, circa la completezza della documentazione ed il pagamento degli oneri istruttori, da parte del proponente.

 

È così introdotto un termine specifico per l'indizione di questa conferenza, laddove la norma vigente prevede un termine specifico solo per la previa verifica documentale (termine, questo, pari a trenta giorni, ai sensi dell'articolo 23, comma 4 del citato D.Lgs. n. 152 del 2006).

Il termine di conclusione dei lavori della conferenza è il medesimo previsto (dall'articolo 26, comma 1 del decreto legislativo n. 152) per la conclusione del procedimento, vale a dire 150 giorni dalla presentazione dell'istanza.

Rispetto alla disciplina vigente (la quale configura la conferenza in questione come “specie” della conferenza preliminare), lo schema in esame configura la conferenza di servizi per progetti sottoposto a VIA come una conferenza decisoria.

 

Il comma in esame mantiene ferme le disposizioni vigenti per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a VIA di competenza statale, nonché la speciale disciplina della conferenza di servizi in materia di VIA per le infrastrutture strategiche.

Si fa notare che nel nuovo testo degli articoli 14 e seguenti della L. 241/1990 previsto dallo schema in esame, il comma 4 in esame rimane l’unica disposizione finalizzata a disciplinare lo svolgimento della conferenza di servizi nei casi di progetti sottoposti a VIA.

Non vengono infatti riprodotte nello schema in esame le disposizioni del vigente comma 3 dell’art. 14-bis, che disciplinano la conferenza di servizi preliminare nell’ambito della VIA, nonché quelle dei commi 4, 4-bis, 5 e 6-bis del testo vigente dell’art. 14-ter della L. 241/1190, che disciplina i lavori della conferenza di servizi.

 

Per comprendere il senso delle disposizioni del comma in esame, anche alla luce della mancata riproduzione delle norme testè ricordate, occorre svolgere un’articolata analisi del complesso delle disposizioni, facendo emergere quanto evidenziato nella relazione illustrativa e nei pareri espressi, in particolare dal Consiglio di Stato.

 

La relazione illustrativa sottolinea che la finalità della norma in esame è quella di “stabilire un coordinamento tra il procedimento finalizzato al rilascio del provvedimento autorizzatorio comunque denominato per l'esercizio di un'attività o la realizzazione di un impianto e quello relativo al giudizio di compatibilità ambientale che deve esprimersi sul relativo progetto. La nuova formulazione prevede l'integrazione dei procedimenti, attraverso l'indizione da parte dell'amministrazione competente al rilascio della VIA di un'unica conferenza di servizi dal carattere decisorio. In questo modo il giudizio di compatibilità ambientale espresso a seguito dei lavori della conferenza andrà a sostituire tutti gli atti di assenso”.

Il Consiglio di Stato, nell’esame della norma in commento, comincia dalla parte della disposizione ove si stabilisce che “restano ferme le disposizioni per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale”. Secondo il Consiglio di Stato tale disposizione va letta nel senso di limitare l’ambito di applicazione del comma 4 in esame alle sole procedure di VIA di competenza regionale e, di conseguenza, invita  il Governo a valutare la possibilità di estendere l’applicabilità del comma 4 a tutte le procedure di VIA, ivi comprese quelle statali. Il medesimo Consiglio giudica opportuno un intervento sulla norma anche alla luce del fatto che “non si comprende bene quali siano le disposizioni relative alla VIA statale che restano ferme, in quanto parte di esse è contenuta proprio nell’attuale art. 14-ter, che si va a sostituire integralmente”.

Andrebbe, peraltro, considerato che la disposizione in esame rende in generale obbligatoria la conferenza prevista dal comma 3 dell’art. 25 del D.Lgs. 152/2006. La clausola di salvaguardia in oggetto, pertanto, potrebbe essere finalizzata a garantire l’applicazione della disciplina in materia di VIA contenuta nella parte seconda del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), essendo questa attuativa della corrispondente disciplina dell’UE.

Alla luce di quanto precedentemente rilevato, appare opportuno chiarire la portata della clausola che lascia “ferme le disposizioni per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale”.

 

Il Consiglio di Stato si sofferma inoltre, sulla mancata riproposizione, nello schema in esame, delle disposizioni dettate dai commi 4, 4-bis e 5 del testo vigente dell’art. 14-ter della L. 241/1190, che, ad avviso del Consiglio, delineano un meccanismo chiaro ed efficace sotto almeno quattro profili:

§  nel “far confluire le procedure di VIA e di VAS all’interno della conferenza di servizi (secondo il principio secondo cui «se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi», riferibile certamente anche alla VIA statale)”.
Al riguardo, andrebbe, peraltro, considerato che la nuova disciplina configurata dallo schema in esame sembra prevedere un’integrazione tra il procedimento di VIA e quello principale, mentre l’attuale comma 4 dell’art. 14-ter della L. 241/1990 parrebbe applicabile nell’ambito di una conferenza di servizi “a valle” del procedimento di VIA (la norma prevede che “la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima”).

Occorre altresì ricordare i poteri sostitutivi previsti dall’art. 26, comma 2, del D.Lgs. 152/2006, in caso di mancata emanazione nei termini del provvedimento di VIA, che vengono richiamati dal comma 6-bis del testo vigente dell’art. 14-ter.

 

§  nel semplificare una fase del procedimento “nei casi in cui l'intervento oggetto della conferenza di servizi è stato sottoposto positivamente a valutazione ambientale strategica (VAS), i relativi risultati e prescrizioni devono essere utilizzati, senza modificazioni, ai fini della VIA” (comma 4-bis dell’art. 14-ter della L. 241/1990).
Andrebbe, peraltro, in proposito considerato che l’integrazione dei procedimenti di VIA e VAS è prevista dalla parte seconda del D.Lgs. 152/2006. In particolare si ricorda l’art. 10, comma 5, secondo cui nel corso della redazione dei progetti e nella fase della loro valutazione, sono tenute in considerazione la documentazione e le conclusioni della VAS, e l’art. 19, comma 2, secondo cui per i progetti inseriti in piani o programmi per i quali si è conclusa positivamente la procedura di VAS, il giudizio di VIA negativo ovvero il contrasto di valutazione su elementi già oggetto della VAS è adeguatamente motivato;

§  nel prevedere che “per assicurare il rispetto dei tempi, l’amministrazione competente al rilascio dei provvedimenti in materia ambientale può far eseguire anche da altri organi dell’amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari tutte le attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite. In tal caso gli oneri economici diretti o indiretti sono posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto” (comma 4 dell’art. 14-ter della L. 241/1990). Il Consiglio di Stato osserva in proposito che “non si comprende perché debba venir meno la possibilità che l’amministrazione possa far eseguire le attività istruttorie da altri organismi – ad es. gli istituti universitari – ponendo i relativi oneri a carico del richiedente che vi consenta”. In proposito, andrebbe, peraltro, considerato che l’attuale formulazione del comma 4 dell’art. 14-ter sembra consentire all’amministrazione di far eseguire l’istruttoria a terzi, addebitando i costi al committente;
Si ricorda che l’art. 25, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 stabilisce che le attività tecnico-istruttorie per la valutazione d'impatto ambientale sono svolte dall'autorità competente e che, in base all’art. 8 del medesimo decreto, la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS assicura il supporto tecnico-scientifico per l'attuazione delle norme di cui alla parte seconda del medesimo decreto.
Si ricorda altresì che l’art. 9, comma 6, del D.P.R. 90/2007 pone a carico dei soggetto committente il progetto il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma pari allo 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare, che è riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere riutilizzata esclusivamente per le spese della Commissione
[1]. E si ricorda inoltre che l’art. 9 del D.Lgs. 152/2006, nel dettare norme procedurali generali per le procedure di VIA e VAS, prevede, al comma 3, che l'autorità competente può concludere con il proponente o l'autorità procedente e le altre amministrazioni pubbliche interessate accordi per disciplinare lo svolgimento delle attività di interesse comune ai fini della semplificazione e della maggiore efficacia dei procedimenti.

§  nel chiarire che “nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA, all’amministrazione dell’ambiente non possono più applicarsi le disposizioni sul dissenso qualificato (che difatti si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità)”.

In proposito, è stato evidenziato come la mancata riproduzione della disposizione di cui all’art. 14-ter, comma 5, versione attualmente vigente, secondo cui, in caso di VIA positiva ‘a monte’ del procedimento, nella conferenza ‘a valle’ i dissensi espressi in materia di tutela del paesaggio non possono essere più riproposti: e ciò dal momento che la VIA assorbe anche simili valutazioni, potrebbe rivelarsi di un certo peso, atteso che il nuovo art. 14, comma 4, fa salvi i procedimenti statali in merito alla persistente distinzione tra procedimento VIA (svolto presso la commissione statale che opera al Ministero Ambiente) e procedimento autorizzatorio che si effettua successivamente, ossia una volta acquisita la VIA, di solito presso il Ministero sviluppo economico (es. rigassificatori, metanodotti, centrali elettriche, perforazioni marine per ricerca petrolio, etc.) o infrastrutture. In tal caso, pertanto, la clausola in base alla quale “restano ferme le disposizioni per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale”, per la quale si è sopra rilevata la necessità di un chiarimento circa la portata, è interpretata quale salvaguardia dei procedimenti in corso.

 

Oltre alle osservazioni sulla clausola che mira a lasciar ferme “ferme le disposizioni per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale”, andrebbe chiarito il significato dell’ulteriore clausola di salvaguardia contenuta nel comma in esame, che lascia ferma “la speciale disciplina della conferenza di servizi in materia di valutazione di impatto ambientale per le infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale e per gli insediamenti produttivi”.

Il Consiglio di Stato osserva che il richiamo alla speciale disciplina della conferenza di servizi in materia di VIA per le opere strategiche non appare corretto, essendo “in via di superamento normativo”, poiché “lo schema del nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione (articolo 200 e seguenti) mira a superare espressamente la normativa speciale in tema di grandi opere anche per quanto riguarda la procedura di VIA (conformemente, del resto alla legge di delega n. 11 del 2016, articolo 1, comma 1, lettera sss)”.

Andrebbe, pertanto, valutata l’opportunità di modificare la disposizione in esame al fine di renderla compatibile con la nuova disciplina sui contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

 

Si fa notare, in proposito, che il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recante “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, è stato pubblicato nella G.U. n. 91 del 19 aprile 2016 ed è entrato in vigore nella medesima data, per effetto dell’art. 220 del medesimo Codice.

Nel nuovo codice non sono previste disposizioni in materia di VIA, eccetto il comma 7 dell’art. 27, che detta una disposizione di carattere generale secondo cui restano ferme le disposizioni vigenti che stabiliscono gli effetti dell'approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, nonché l'applicazione della vigente disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale.

 

Il nuovo articolo 14-bis della legge n. 241.

L'intestazione dell’articolo è: "conferenza semplificata".

Questo articolo, come novellato, disciplina l'organizzazione dei lavori della conferenza decisoria - e di quella istruttoria, qualora per quest'ultima l'amministrazione procedente non abbia definito modalità di svolgimento diverse (così, mediante rinvio, prevede per la conferenza istruttoria il novello articolo 14, comma 1, innanzi sunteggiato).

L'articolo 14-bis dello schema rifonde alcune disposizioni dell'articolo 14-ter della legge n. 241 quale finora vigente (lo 'slittamento' di numerazione a 14-bis nello schema si ha perché l'articolo 14-bis della legge n. 241 quale finora vigente, relativo alla conferenza preliminare, è rifuso nello schema entro l'articolo 14, e dunque qui scompare quale articolo autonomo).

Lo snellimento è perseguito lungo alcune direttrici, corrispondenti ad altrettanti criteri di delega resi dalla legge n. 124 del 2015: riduzione dei termini per la convocazione, per l’acquisizione degli atti di assenso previsti, per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento; semplificazione dei lavori - anche attraverso un obbligo di convocazione e svolgimento con strumenti informatici o con l'istruttoria da parte dell'amministrazione procedente condotta in modalità telematica asincrona (rispettivamente lettere c) ed h) dell'articolo 2, comma 1 della legge delega n. 124).

Ebbene, il comma 1 del novello articolo 14-bis prevede che la conferenza decisoria si svolga in forma semplificata e in modalità asincrona.

Solo per alcuni casi di maggiore complessità, la conferenza si svolge in modalità sincrona (ne trattano i commi 6 e 7, su cui infra).

Le comunicazioni avvengono (esclusivamente) mediante utilizzo di posta elettronica o in cooperazione applicativa. 

È previsto - dal comma 2 - un termine per la indizione della conferenza semplificata, pari a cinque giorni (decorrenti dall'inizio del procedimento d'ufficio o, se il procedimento è di iniziativa di parte, dal ricevimento della domanda).

Nella disciplina vigente invece il termine previsto è per la prima riunione (non l'indizione, dunque) della conferenza, ed è termine più esteso: quindici giorni (che divengono trenta giorni nei casi di maggiore complessità).

Sono soppressi (rispetto al testo dell'articolo 14-ter finora vigente) il termine di necessario preavviso (cinque giorni) per la prima riunione nonché la possibilità per le amministrazioni di 'contrattare' una nuova data per la prima riunione, e per l'amministrazione dei beni culturali di ottenere una posticipazione di essa. 

In breve, telematizzazione e asincronia portano a superare le norme attualmente vigenti della legge n. 241 che disciplinano puntualmente le procedure e i termini per la convocazione della riunione (suo articolo 14-ter, comma 2).

Della legge n. 241, peraltro, è soppresso altresì l’obbligo (introdotto dal legislatore del 2009) di convocazione in seno alla conferenza dei soggetti (senza diritto di voto) proponenti il progetto (è l'attuale comma 2-bis dell'articolo 14-ter).

Dalle disposizioni ora illustrate sembra, pertanto, che nella nuova disciplina della conferenza semplificata assuma valore centrale il principio di speditezza e certezza della decisione.

 

Non è riprodotta la previsione del vigente art. 14-ter, comma 2-ter, in base alla quale è possibile (non obbligatoria) la partecipazione (senza diritto di voto) dei concessionari e dei gestori di pubblici servizi, ove il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti o avesse effetto, diretto o indiretto, sulle loro attività.

Si è ricordato sopra, per quanto riguarda i “gestori di beni o servizi pubblici”, come essi siano (dall'articolo 14, comma 2, dello schema) annoverati tra le “altre amministrazioni”, partecipanti alla conferenza decisoria. Parrebbe però differente l'ambito della previsione partecipativa - si noti, senza diritto di voto - prevista dal comma 2-ter dell'articolo 14-ter finora vigente, con quello 'inclusivo' del novello articolo 14, comma 2 or citato.

E’ soppressa altresì la previsione dell’ultimo periodo del medesimo comma 2-ter, circa la partecipazione in conferenza, del pari senza diritto di voto, anche delle amministrazioni preposte alla gestione di eventuali misure pubbliche di agevolazione.

 

L’organizzazione dei lavori è imputata all’amministrazione procedente anziché all’auto-determinazione della conferenza medesima.

È dunque l'amministrazione procedente che comunica - oltre all'oggetto della determinazione da assumere, all'istanza con la relativa documentazione, oppure le credenziali per l'accesso telematico a quanto sia utile ai fini dello svolgimento del procedimento (così, con maggior puntualità e specificazione rispetto alla disciplina vigente, ancora il comma 2) - il termine (tassativo, non superiore a quindici giorni) entro cui le amministrazioni coinvolte possano chiedere integrazioni documentali e chiarimenti non desumibili da documenti già in possesso dell'amministrazione né "direttamente acquisibili" presso altre pubbliche amministrazioni.

La disciplina finora vigente prevede che tale richiesta di informazioni e dati possa essere mossa una volta sola dall'amministrazione. La previsione non è riprodotta nello schema, che privilegia la perentorietà del termine.

Soprattutto, non già frutto di co-determinazione da parte delle amministrazioni partecipanti in conferenza bensì di esclusiva determinazione da parte dell'amministrazione procedente è la fissazione del termine ("perentorio", non superiore a quarantacinque giorni) perché le amministrazioni coinvolte esprimano le loro determinazioni (in assenza delle quali, si dà per acquisito il loro silenzio-assenso: v. infra).

A tale termine per l'espressione delle altrui determinazioni, si riconnette il termine (i successivi cinque giorni) di conclusione del procedimento, da parte dell'amministrazione procedente mediante la determinazione motivata di conclusione della conferenza (la quale determinazione 'sostituisce' il provvedimento, o il suo diniego).

Pertanto, lo svolgimento della conferenza (che è in modalità asincrona) può protrarsi per un massimo di sessantacinque giorni, termine ultimo per la determinazione motivata di sua conclusione. È lasso temporale considerato dal momento dell'inizio del procedimento o del ricevimento della domanda in caso di procedimento ad istanza di parte.

 

Se si tiene conto del termine di indizione (cinque giorni), si ha che l'ordinario svolgimento del ciclo decisionale in conferenza di servizi sia delimitato nel perimetro di settanta giorni.

Di contro, la disciplina vigente stabilisce un termine per la prima riunione, che può dilatarsi fino a quindici giorni (o trenta giorni su richiesta di autorità di tutela del patrimonio culturale); e prevede un termine per i lavori in conferenza, fino a novanta giorni. Si tratta dunque di un lasso temporale più ampio, che lo schema riduce (secondo principio presente nella legge delega).

Peraltro, è mantenuto un termine di novanta giorni per l'espressione delle determinazioni delle amministrazioni coinvolte, quando queste siano preposte alla tutela degli interessi 'sensibili' (ossia tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salite dei cittadini).

 

I commi 3 e 4 hanno per oggetto la formulazione del dissenso in conferenza.

Viene ribadito il principio che il dissenso trovi nella conferenza l’unico 'luogo' di espressione (salva la tutela giurisdizionale con l'impugnazione). Una espressione del dissenso successiva ad essa (cd. dissenso 'postumo') permane preclusa.

L’amministrazione che taccia (o non si esprima nel termine assegnato) è intesa come assenziente, incondizionatamente - salvo il caso che la normativa europea prescriva l’adozione di provvedimenti espressi (è ora introdotto come specificazione).

Viene ribadito che il dissenso debba essere collaborativo e propositivo, vale a dire congruamente motivato (tale deve essere anche l'assenso invero, secondo lo schema) e con indicazione delle condizioni per il suo superamento.

Siffatta indicazione (introduce come previsione lo schema) deve risultare chiara e analitica, e specificare se sia attinente ad un  vincolo normativo ovvero ad una valutazione discrezionale per la miglior tutela dell'interesse pubblico.

Il silenzio assenso si ha quando l'amministrazione non si esprima, o non lo faccia entro il termine perentorio assegnato, o non motivi congruamente, o non indichi (ed in modo chiaro e analitico) le condizioni e modifiche per il venir meno del dissenso.

Restano ferme le responsabilità dell'amministrazione, e dei dipendenti al suo interno verso essa, per l'assenso reso (quale ne sia la forma di espressione) o per la mancata espressione di dissenso. Siffatta previsione riprende quanto introdotto nel 2010 nell'articolo 14-ter, comma 6-bis della legge n. 241.

In materia di silenzio assenso, criterio direttivo della delega (articolo 2, comma 1, lettera g)) è la previsione che si consideri comunque acquisito l'assenso delle amministrazioni che entro il termine dei lavori della conferenza non si siano espresse nelle forme di legge.

La fattispecie è 'coperta' - per il caso non già di dissenso espresso da altra amministrazione interessata bensì di mancata espressione di un suo orientamento o volontà, sia essa di assenso o di dissenso - dall'articolo 14-ter, comma 7, finora vigente della legge n. 241, per un riguardo ossia l'effetto del silenzio. Quella disposizione ha reso generale una configurazione del silenzio quale silenzio-assenso ai fini (endo-procedimentali) dei lavori della conferenza (ossia: se l'amministrazione è silente, si considera acquisito il suo assenso) (e secondo l'articolo 14-quater, comma 1 finora vigente della legge n. 241, per converso, perché il dissenso abbia rilevanza nel procedimento, esso deve essere manifestato, appunto in sede di conferenza).

 

Si ricorda che l’articolo 14-ter, comma 7, finora vigente espressamente esclude dal silenzio assenso i provvedimenti di VIA, VAS e AIA.

Lo schema in esame, invece, sembra ricondurre entro il perimetro del silenzio assenso non il provvedimento definitivo di VIA, VAS o AIA, bensì l’espressione di pareri all’interno della Conferenza di servizi nell’ambito di un procedimento di VIA, VAS o AIA, che dovrà comunque terminare con un provvedimento espresso, in linea con le disposizioni normative nazionali ed europee di settore e con il disposto dell’art. 20 della legge n. 241/1990 e con il comma 4 in esame, ove si fanno salvi “i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi”.

 

Si ricordano, a titolo di esempio, le disposizioni in materia di VIA. L’art. 26 del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente) dispone infatti che l'autorità competente conclude con provvedimento espresso e motivato il procedimento di valutazione dell'impatto ambientale. L’obbligo di motivare la decisione è stato ulteriormente sottolineato a livello europeo, dall’inserimento, nel testo della direttiva 2011/92/UE, da parte della direttiva 2014/52/UE, della lettera g) del paragrafo 2 dell’articolo 1 e del nuovo articolo 8-bis, in base al quale la decisione di concedere l'autorizzazione comprende almeno la conclusione motivata (dell'autorità competente in merito agli effetti significativi del progetto sull'ambiente).

 

Il criterio di delega sul silenzio assenso (nella disposizione citata della legge delega n. 124) investe anche le amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico, dell'ambiente.

Peraltro, per i procedimenti ad istanza di parte l'articolo 20 della legge n. 241 prevede che le disposizioni lì contenute sul silenzio assenso non si applichino agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità.

Parrebbe suscettibile di approfondimento quale raccordo si instauri tra la disciplina del silenzio assenso che si verrebbe ad introdurre con lo schema, e la disciplina dettata dall'articolo 20 della legge n. 241. In particolare, sembrerebbe che l’art. 14-bis in esame riguardi le determinazioni nell’ambito della conferenza di servizi, mentre l’art. 20 il provvedimento finale destinato al soggetto che ha presentato l’istanza di autorizzazione.

 

Scaduto il termine (massimo quarantacinque giorni) per l'espressione da parte delle amministrazioni coinvolte delle loro determinazioni, l'amministrazione adotta (entro il termine di cinque giorni) la decisione definitiva - o più esattamente, la "determinazione motivata di conclusione del procedimento", la quale vale da momento terminale della conferenza e da provvedimento conclusivo.

Siffatta determinazione - prevede il comma 5 - è positiva, allorché siano stati acquisiti gli atti di assenso non condizionato (anche nella forma di silenzio-assenso) oppure siano state ricevute indicazioni, quali condizioni dell'assenso, accoglibili (sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate) senza mutare in modo sostanziale la decisione oggetto della conferenza.

La determinazione di conclusione del procedimento è invece negativa, quando siano stati acquisiti atti di dissenso non superabili, ad avviso dell'amministrazione procedente.

Fuori dell'assenso incondizionato o del dissenso insuperabile raccolti in conferenza semplificata, che fungono da presupposto per la conclusione dei lavori in conferenza nonché del procedimento, l'amministrazione procedente deve procedere alla convocazione di una conferenza simultanea (oggetto della disciplina del successivo novello articolo 14-ter, su cui infra).

Dunque quando la conferenza "semplificata" non giunga ad univoca ed inequivoca determinazione, essa immette su una conferenza "simultanea", da svolgersi entro dieci giorni dallo scadere del ricordato termine (massimo quarantacinque giorni) previsto per la comunicazione delle proprie determinazioni da parte delle amministrazioni coinvolte. Così il comma 6.

È, questa, una conferenza "simultanea" obbligatoria. Ed è 'appendice' dei lavori della conferenza "semplificata".

La conferenza "simultanea" è di contro facoltativa, ed alternativa a quella "semplificata", allorché l'amministrazione procedente - è quanto prevede il comma 7 - ritenga da subito la determinazione da assumere di particolare complessità, ovvero ne sia richiesta motivatamente dalle altre amministrazioni o dal privato interessato.

In tali casi, i medesimi termini previsti per lo svolgimento della conferenza "semplificata" si applicano alla conferenza "simultanea".

 

Il nuovo articolo 14-ter della legge n. 241.

L'intestazione dell'articolo è: "conferenza simultanea".

Se tratto connotante della conferenza semplificata è l'asincronia della partecipazione delle amministrazioni coinvolte; della conferenza "simultanea" è, invece, la sincronia e contestualità di tale partecipazione.

Uno dei principi e criteri direttivi della legge delega (v. lettera i) dell'articolo 2, comma 1 della legge n. 124 del 2015) è dato del resto dalla differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza di servizi, secondo il principio di "proporzionalità", con riunioni in presenza solo per i procedimenti complessi.

La 'presenza' peraltro può svolgersi anche in via telematica (così il comma 1 di questo articolo dello schema).

La conduzione della conferenza 'a distanza' mediante le tecnologie della comunicazione moderna ha fatto la sua comparsa con la legge del 2005, che ha previsto la convocazione e svolgimento avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte. La legge del 2009 ha ulteriormente novellato la legge n. 241, prevedendo che lo svolgimento possa avvenire per via telematica (cd. teleconferenza).

I lavori della conferenza "simultanea" debbono concludersi entro quarantacinque giorni dalla data di riunione (non occorre ripetere ogni volta che rimane fermo il termine finale di conclusione del procedimento). Così il comma 2.

La partecipazione di ciascuna amministrazione alla conferenza avviene mediante un unico rappresentante (comma 3).

E prevede il comma 4 che qualora la partecipazione coinvolga amministrazioni sia statali sia non statali, le prime sono rappresentate da un unico soggetto, abilitato ad esprimere l'univoca definitiva posizione del complesso delle amministrazioni statali, che ne rimangono vincolate.

Le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi 'sensibili' (beni culturali, ambiente, sanità, pubblica incolumità) rendono a tale rappresentante unico l'eventuale proprio dissenso.

Il rappresentante unico è nominato (anche preventivamente, per materie o per lassi temporali) dal Presidente del Consiglio - o dal dirigente dell'ufficio territoriale del Governo quando "si tratti soltanto di amministrazioni periferiche".

Anche la Regione o l'ente locale coinvolto partecipa con un rappresentante unico, secondo modalità di designazione (e di coinvolgimento degli enti ed organismi afferenti il proprio livello territoriale) autonomamente definite (comma 5).

Siffatte previsione vanno poste a fronte col criterio di delega posto dall'articolo 2 della legge n. 124 più volte citata, ove figura (suo comma 1, lettera e)) la previsione di una disciplina della partecipazione ai lavori della conferenza, finalizzata a: "garantire forme di coordinamento o di rappresentanza unitaria delle amministrazioni interessate"; "prevedere la partecipazione alla conferenza di un unico rappresentante delle amministrazioni statali designato, per gli uffici periferici, dal dirigente dell'ufficio territoriale dello Stato".

 

Conclusi i lavori della conferenza "simultanea" (o spirato il termine, massimo di quarantacinque giorni, per il loro svolgimento), l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, che vale provvedimento.

Tale determinazione è assunta sulla base delle "posizioni prevalenti" espresse dai rappresentanti delle amministrazioni - specifica il comma 6.

La legge delega infatti (articolo 2, comma 1, lettera l)) ha previsto una revisione dei meccanismi decisionali, con la previsione (a seguito del dibattito parlamentare, che ha inciso sull'originario disegno di legge) della prevalenza delle posizioni espresse. Si tratta di un profilo saliente quale il meccanismo di superamento dei dissensi - e tanto più rilevante, dopo che si è riconosciuta alla determinazione finale della conferenza valore provvedimentale.

Ed invero, il principio di maggioranza fu previsto dal legislatore (con la rivisitazione condotta dalla legge n. 340 del 2000), talché si dispose che la determinazione di conclusione del procedimento dovesse avvenire sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi.

Ma il legislatore del 2005 abrogò tale disposizione, talché il finora vigente articolo 14-ter, comma 6-bis (rivisitato altresì nel 2010) della legge n. 241 viene a prevedere che l'amministrazione procedente, conclusa la conferenza (o scaduti i termini), adotta (a meno che si tratti di VIA statale: ma su questo riguardo incide ora lo schema) assuma la determinazione (motivata) "valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede".

In altri termini, vige un principio di maggioranza 'temperato', improntato non a criterio meramente numerico e quantitativo bensì al criterio della prevalenza, riferita alla rilevanza 'qualitativa' delle attribuzioni di ciascuna amministrazione nella questione trattata in conferenza. In breve, l'indirizzo legislativo, acquisito dal 2005 ad oggi, pare teso ad un superamento della decisione meramente 'a maggioranza'.

Ancora il comma 6 prevede che l'amministrazione che alla conferenza "simultanea" non partecipi, o non esprima la sua posizione, od ometta di motivare il suo dissenso, si intende aver reso un consenso incondizionato.

Si ricorda in proposito che criterio direttivo di delega è la precisazione dei poteri dell'amministrazione procedente, "in particolare nei casi di mancata espressione degli atti di assenso ovvero di dissenso" (articolo 2, comma 1, lettera l) della legge n. 124.

Il nuovo articolo 14-quater della legge n. 241

Ha per oggetto la decisione della conferenza di servizi.

Ribadisce il contenuto decisorio ed il valore provvedimentale della determinazione motivata di conclusione della conferenza (cfr. l'articolo 14-ter, comma 6-bis, finora vigente).

La determinazione motivata di conclusione della conferenza pertanto sostituisce ad ogni effetto tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni - nonché dei gestori di beni e servizi interessati, specifica il comma 1.

Il comma 2 vincola alla previa partecipazione alla conferenza (o comunque espressione nei termini) l’esperibilità per le amministrazioni dissenzienti di una richiesta (congruamente motivata) – rectius "sollecitazione", nel testo della schema – all’amministrazione procedente di assumere determinazioni in via di autotutela (revoca od annullamento d'ufficio).

Il comma 3 concerne l'efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza. Essa è immediata, in caso di approvazione unanime. Ove l'approvazione invece segua alla valutazione delle posizioni prevalenti ed all'espressione di dissensi qualificati, l'efficacia è sospesa, finché non risulti esperito il rimedio 'compositorio' disciplinato dal novello articolo 14-quinquies.

Il nuovo articolo 14-quinquies della legge n. 241.

Ha per oggetto i rimedi per le amministrazioni dissenzienti.

Si tratta dunque degli effetti del dissenso, espresso in conferenza da parte delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi qualificati.

Tali interessi sono - ribadendo la disposizione vigente, recata dall'attuale articolo 14-quater, comma 3 della legge n. 241 - la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute, della "pubblica incolumità" (quest'ultima aggiunta dal legislatore nel 2005: donde, a seconda della concreta situazione, l'esprimibilità di dissenso qualificato da parte di forze di polizia, vigili del fuoco, protezione civile, ecc.).

Ebbene, il comma 1 prevede che quelle amministrazioni, portatrici di un interesse riconosciuto dalla legge come particolarmente sensibile e qualificato, possano muovere opposizione (a condizione si siano già espresse, tempestivamente e con congrua motivazione, in sede di conferenza, emerge dall'insieme delle disposizioni dello schema) avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza.

È introdotto il termine di dieci giorni (dall'adozione di quella determinazione motivata) perché l'opposizione sia esperibile. 

L'opposizione è indirizzata al Presidente del Consiglio, e sospende l'efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza (comma 3).

Analoga opposizione (parrebbe di intendere, nel medesimo termine di dieci giorni) può essere espressa dalle Regioni e Province autonome - del pari a condizione che si siano già espresse con motivato dissenso nella conferenza (comma 2).

Il Presidente del Consiglio, il quale riceve l'opposizione, non è organo decisorio (una previsione siffatta sarebbe viziata da eccesso di delega) bensì di impulso alla composizione degli interessi. Esso infatti indice - entro quindici giorni dalla ricezione dell'opposizione - una riunione (questa, pare di intendere, 'in presenza' fisica) cui partecipano le amministrazioni coinvolte nella precedente conferenza, in primis le amministrazioni dissenzienti.

Nel principio di leale collaborazione, i partecipanti formulano proposte per conseguire una proposta condivisa. Se si raggiunga l'accordo, la soluzione rinvenuta è volta a sostituire a tutti gli effetti la determinazione motivata di conclusione della conferenza.

Questo supplemento di comune vaglio e confronto di interessi - disciplinato dal comma 4 - può avere a sua volta una ulteriore 'coda', allorché un accordo non sia raggiunto nella prima riunione, e nell'antecedente conferenza abbiano partecipato  amministrazioni regionali o provinciali autonome. Ebbene, in tal caso può essere indetta - entro i successivi quindici giorni - una seconda riunione (comma 5).

Nel caso la o le riunioni conducano ad una intesa, essa forma il contenuto di una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza, da parte dell'amministrazione procedente.

Qualora invece l'intesa non si consegua, viene ad attivarsi - entro i successivi quindici giorni - il 'giudizio' ultimo sulla questione reso dal Consiglio dei ministri (il quale delibera con la partecipazione del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata).

Ove il Consiglio dei ministri respinga l'opposizione, la determinazione motivata di conclusione della conferenza (che era rimasta sospesa nella sua efficacia, a seguito dell'opposizione) acquista efficacia in via definitiva.

Il Consiglio dei ministri può comunque adottare una deliberazione "con contenuti prescrittivi", la quale sostituisce la determinazione di conclusione della conferenza.

Così il comma 6.

Le sue previsioni importano una riduzione dei tempi di svolgimento ed esaurimento della vicenda innescata dall'opposizione di un'amministrazione esprimente un dissenso qualificato.

 

Non sembra infine espressamente disciplinato, nello schema di decreto, quanto stabilito al criterio di cui alla lettera p) (v. supra) relativamente al coordinamento delle disposizioni di carattere generale di cui agli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 241/1990 con la normativa di settore che disciplina lo svolgimento della conferenza di servizi.


 

Il coordinamento con disposizioni di settore: premessa

 

Figura tra i principi e criteri direttivi della delega recata dalla legge n. 124 del 2015 (suo articolo 2, comma 1, lettera o)) il coordinamento delle disposizioni generali dettate in materia di conferenza di servizi dalla legge n. 241 del 1990 (sono i suoi articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14 quinquies) con la normativa di settore che preveda lo svolgimento della conferenza.

Può valere ricordare come la normativa di settore talora faccia rinvio alle disposizioni della legge n. 241 - ciò che può dirsi avvenga per ambiti quali lavori pubblici (art. 97 del decreto legislativo n. 163 del 2006, codice degli appalti), beni culturali e ambientali (art. 25 del decreto legislativo n. 42 del 2004, codice dei beni culturali e del paesaggio), edilizia (art. 5, comma 4 del testo unico d.P.R. n. 380 del 2001), espropriazioni (articoli 10 e 52-quater del testo unico d.P.R. n. 327 del 2001), valorizzazione immobili pubblici (art. 1 della legge n. 136 del 2001), insediamenti produttivi (art. 4 del d.P.R. n. 447 del 1988).

Ma talora la normativa di settore pone previsioni a sé stanti, rispetto alla disciplina della conferenza posta dalla legge n. 241, in ambiti non marginali quali alcune procedure ambientali previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (ad esempio circa le autorizzazioni relative ad impianti di smaltimento dei rifiuti), l'insediamento di grandi strutture di vendita (art. 9 del decreto legislativo n. 114 del 1998), procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici (articolo 87 del decreto legislativo n. 259 del 2003, codice delle comunicazioni elettroniche).

Lo schema di decreto legislativo in esame pone specifiche previsioni di raccordo con la normativa di settore, per alcune materie.

 

Si fa notare che l’art. 27 del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) contiene una serie di richiami agli articoli vigenti della L. 241/1990, oggetto di modifica da parte  dello schema in esame. In particolare il comma 3 dell’art. 27 fa, ad esempio, riferimento al vigente comma 3-bis dell’art. 14-bis, che però non trova corrispondenze nel nuovo testo previsto dallo schema in esame. Appare quindi necessario un intervento di coordinamento.

Lo stesso dicasi per l’art. 4, comma 5, del D.P.R. 59/2013 (v. infra).


 

Articolo 2

L’articolo 2 reca una serie di modifiche al testo unico in materia edilizia (D.P.R. 380/2001).

Una prima modifica, prevista dal numero 1) della lettera a), prevede che lo sportello unico per l’edilizia (SUE), ai fini del rilascio del permesso di costruire, acquisisca necessariamente gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio, tramite conferenza di servizi. Viene infatti soppressa quella parte del comma 3 dell’art. 5 del T.U. edilizia che consentiva allo SUE, in alternativa all’espletamento di una conferenza di servizi, di provvedere all’acquisizione diretta.

In proposito il Consiglio di Stato chiede di valutare se le modifiche apportate dall'articolo in esame risultino pienamente coerenti “con l’articolo 17-bis della L. 241 del 1990 (per come inserito dall’articolo 3, comma 1, della L. 124 del 2015). Più in dettaglio, si chiede di valutare se sia sempre indispensabile, anche sulla base del principio di economicità dell’azione amministrativa, indire una conferenza di servizi anche laddove si potrebbe fare applicazione del richiamato articolo 17-bis (in tema di silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche, nonché tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici)”.

 

Il successivo numero 2) della lettera a) sopprime quella parte della lettera g) del comma 3 che, in caso di dissenso manifestato dall'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, rimanda alle disposizioni del Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004), e che quindi derogherebbe alla nuova disciplina introdotta dallo schema in esame (v. supra), che detta specifiche disposizioni atte alla gestione delle situazioni in cui viene manifestato il dissenso da parte di una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.

 

Il numero 1) della lettera b) interviene sulla parte del comma 3 dell’art. 20 del T.U. edilizia (che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire) relativa all’acquisizione degli atti di assenso e dei pareri necessari, rinviando alla nuova disciplina prevista dall’art. 1 dello schema in esame, come evidenziato nel seguente testo a fronte:


 

 

Art. 20, comma 3, T.U. edilizia
 Testo vigente

Art. 20, comma 3, T.U. edilizia
Nuovo testo

3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria,

3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria e

acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, secondo quanto previsto all’ articolo 5, comma 3, i prescritti pareri e gli atti di assenso eventualmente necessari e, valutata la conformità del progetto alla normativa vigente,

 

formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto.

formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto.

 

Qualora sia necessario acquisire più atti di assenso, comunque denominati, resi da amministrazioni diverse, si procede ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Come evidenziato dal testo a fronte, le modifiche operate consistono in un adeguamento del T.U. edilizia alle nuove norme in esame, a cui viene fatto rinvio.

Si osserva, in proposito, che andrebbe valutata l’esigenza di chiarire la ratio della soppressione anche delle parole “valutata la conformità del progetto alla normativa vigente”, atteso che il rinvio a tale normativa sembrerebbe implicare valutazioni non inerenti la procedura della conferenza di servizi, ma riguardanti la coerenza con la disciplina in materia edilizia.

 

I successivi numeri 2) e 5) abrogano, rispettivamente, i commi 5-bis e 9 dell’art. 20 del D.P.R. 380/2001 che dettano disposizioni che si configurerebbero come derogatorie della nuova disciplina prevista dall’art. 1 dello schema in esame.

Il comma 5-bis disciplina infatti i casi in cui deve essere indetta la conferenza di servizi e le modalità per il suo svolgimento. Il successivo comma 9, invece, riguarda il caso di immobili sottoposti a vincoli di assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, e disciplina, tra l’altro, la gestione del dissenso, eventualmente manifestato in conferenza di servizi.

 

I numeri 3) e 4) apportano modifiche di coordinamento formale.


 

Articolo 3

L'articolo 3 dello schema reca modifiche alla disciplina sullo sportello unico per le attività produttive (SUAP), nella parte in cui su di essa impatta il meccanismo della conferenza di servizi.

 

La normativa statale sull’istituzione dello sportello unico per le attività produttive (d’ora innanzi SUAP) è disciplinata in particolare dall’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, e dal relativo regolamento attuativo, il d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). Esso ha previsto un unico procedimento con un interlocutore unitario per la presentazione di istanze alla pubblica amministrazione in relazione ad attività imprenditoriali. In particolare il SUAP è definito dal citato d.P.R. n. 160 del 2010 come «unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva, che fornisce una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento» (art. 1, comma 1, lettera m).

Per quanto riguarda il riparto di competenze, "la disciplina dello sportello unico per le attività produttive riguarda non solo la regolamentazione dei compiti e del funzionamento degli sportelli, ma anche il termine entro cui questi ultimi debbono essere attivati. Questa Corte ha già chiarito che tale disciplina rientra nella materia del «coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati della amministrazione statale, regionale e locale» (sentenza n. 15 del 2010). Detta materia è affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., e non è indicata dagli artt. 4 e 5 dello statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia tra le materie di potestà legislativa regionale" (Corte costituzionale, sentenza 54/2014, par. 6.2).

 

L'articolo 38 citato prevedeva che, in caso di diniego del titolo autorizzatorio richiesto mediante lo sportello unico, il privato potesse richiedere il ricorso alla conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Tale facoltà, grazie al comma 1, viene meno mediante la soppressione del relativo periodo, all'interno della norma che autorizzava l'emanazione del regolamento n. 160.

Ciò avviene in ragione delle novelle che il comma 2 apporta proprio all'articolo 7 del regolamento in questione (così determinandosi una intersecazione di disposizioni regolamentari e modificazioni di rango legislativo in maniera difforme rispetto a quanto stabilito dalla circolare per la formulazione tecnica dei testi legislativi, la quale dispone che “non si ricorre all’atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di “resistenza” ad interventi modificativi successivi”).

Come esso è attualmente strutturato, il SUAP, verificata la completezza della documentazione, entro trenta giorni adotta il provvedimento conclusivo (decorso il termine di 30 giorni o quelli più brevi previsti da leggi regionali) ovvero indice una conferenza di servizi. Quando è necessario acquisire intese, nulla osta, concerti o assensi di diverse amministrazioni pubbliche, il responsabile del SUAP può indire una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti previsti dagli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero dalle altre normative di settore. A fronte di quest'indizione facoltativa, già attualmente era previsto l'obbligo di convocare conferenza di servizi nel caso in cui i procedimenti necessari per acquisire le suddette intese, nulla osta, concerti o assensi abbiano una durata superiore ai novanta giorni ovvero nei casi previsti dalle discipline regionali.

Le novelle apportate rendono invece sempre obbligatoria l'indizione della conferenza, quando non si versa nel caso di adozione del provvedimento conclusivo.

Viene quindi meno la possibilità che essa derivi dall'istanza del soggetto interessato o dell'Agenzia e la casistica prima derogatoria ora confluisce nella nuova disciplina generale; nella stessa logica, si dispone anche l'abrogazione della norma secondo cui tutti gli atti istruttori e i pareri tecnici richiesti sono comunicati in modalità telematica dagli organismi competenti al responsabile del SUAP.

Infine, l'assunzione del provvedimento conclusivo del procedimento - che è, ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione dell'intervento e per lo svolgimento delle attività richieste - dovrà avvenire nei termini di cui all'intera disciplina della conferenza di servizi (e quindi degli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241).


 

Articolo 4

L’articolo 4 reca due modifiche puntuali alle norme in materia di conferenza di servizi contenute all’interno della disciplina dell’AUA (autorizzazione unica ambientale) dettata dal D.P.R. 59/2013.

La lettera a) prevede una modifica consequenziale alle disposizioni correttive dettate dall’art. 3 in merito allo SUAP, che rende obbligatoria, e non più solo eventuale, l’indizione della conferenza di servizi. La lettera in esame, pertanto elimina la parte del comma 4 dell’art. 4 del D.P.R. 59/2013, che fa salva la facoltà di indire la conferenza di servizi prevista per le determinazioni dello SUAP, essendo tale ultima conferenza divenuta obbligatoria.

 

La lettera b) sopprime invece l’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 4 del D.P.R. 59/2013, che contiene norme che derogano alla disciplina generale in materia di conferenza di servizi al fine di consentire ai soggetti competenti in materia ambientale di esprimere parere positivo anche senza intervenire alla conferenza di servizi, tramite la semplice trasmissione dei relativi atti di assenso.

 

Tale periodo prevede infatti che i soggetti competenti in materia ambientale, che esprimono parere positivo, possono non intervenire alla conferenza di servizi e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini della individuazione delle posizioni prevalenti per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento.

 

Si fa notare che l’art. 4, comma 5, del D.P.R. 59/2013 contiene, nella parte non abrogata, riferimenti ai commi 6-bis e 8 dell’art. 14-ter della legge n. 241/1990, che non sembrano trovare corrispondenza nel nuovo testo del citato articolo previsto dallo schema in esame. Appare quindi opportuno valutare l’esigenza di un intervento di coordinamento.


 

Articolo 5

L’articolo 5 reca alcune modifiche puntuali alle norme in materia di conferenza di servizi contenute all’interno del cd. Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006).

Le lettere a), b) e d) recano modifiche di coordinamento formale, mentre la lettera c) contiene una modifica finalizzata ad adeguare la disposizione dettata dall’art. 25, comma 3, del Codice, al nuovo dettato dell’art. 14, comma 4, della legge n. 241/1990 previsto dallo schema in esame. Tale comma 4 prevede infatti che la conferenza di servizi di cui all’art. 25, comma 3, del Codice, debba sempre essere svolta. Di conseguenza viene abrogata quella parte del citato comma 3 che configura come “eventuale” tale conferenza di servizi.

Si rinvia per approfondimenti al commento relativo al comma 4 dell’art. 14 introdotto dall’art. 1 del presente schema.

Articolo 6

L’articolo 6 contiene alcune disposizioni atte a coordinare le disposizioni dei nuovi articoli 14 e seguenti della L. 241/1990, introdotti dallo schema in esame, con le disposizioni in materia di autorizzazione paesaggistica contenute nell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Il comma 1 prevede che, nel caso di conferenza di servizi indetta per interventi che richiedono l’autorizzazione paesaggistica, l’amministrazione procedente effettua la comunicazione prevista dall’articolo 14-bis, comma 1, della legge 241/1990 (con la quale viene comunicata alle amministrazioni interessate l’indizione della conferenza, il relativo oggetto e i termini della medesima):

§  all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, se diversa dall’amministrazione procedente;

§  e anche al sovrintendente che deve esprimere il parere previsto dall’art. 146 del D.Lgs. 42/2004.

 

Il comma 5 dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 dispone che sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, salvo quanto disposto all'articolo 143, commi 4 e 5 (cioè escluse quelle aree assoggettate a tutela dal piano paesaggistico, ma sulle quali è possibile effettuare interventi compatibili con le previsioni del piano medesimo e dello strumento urbanistico comunale, a condizione che esso sia adeguato al piano paesaggistico). Lo stesso comma 5 stabilisce che il parere del soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, nonché della positiva verifica da parte del Ministero dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione.

Il comma 2 disciplina il caso in cui l’amministrazione procedente sia competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. In tal caso viene stabilito che la documentazione richiesta dall’articolo 14-bis, comma 2, lettera a), della L. 241/1990, per l’espletamento della conferenza di servizi, include la relazione tecnica illustrativa e la proposta di provvedimento da trasmettere al soprintendente ai sensi dell’articolo 146, comma 7, del D.Lgs. 42/2004.

L’art. 146, comma 7, del D.Lgs. 42/2004, dispone che l'amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, verifica se l'istanza sia corredata della documentazione necessaria e, nei quaranta giorni dalla ricezione dell'istanza stessa, effettua “gli accertamenti circa la conformità dell'intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall'interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento, e dà comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo”.

L’art. 14-bis, come riscritto dall’art. 1 dello schema in esame stabilisce che, nell’indire la conferenza di servizi,  l'amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate “l'oggetto della determinazione da assumere, l'istanza e la relativa documentazione ovvero le credenziali per l'accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell' istruttoria” (lettera a) del comma 2).

 

Il comma 3 è finalizzato a garantire il rispetto del termine, stabilito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, per l’espressione del parere da parte del sovrintendente. Il comma in esame stabilisce infatti che, nell’ambito della conferenza di servizi, come disciplinata dalle nuove norme previste dallo schema in esame, il sovrintendente esprime comunque il proprio parere (previsto dall’art. 146 del D.Lgs. 42/2004) entro il termine fissato dall’articolo 14-bis, comma 2, lettera c), della L. 241/1990), che in questo caso non può essere inferiore a 45 giorni.

In pratica, quindi, l'amministrazione procedente che trasmette la comunicazione dovrà fissare il citato termine nell’intervallo compreso tra un minimo di 45 giorni e un massimo di 90 giorni.

Il termine di 45 giorni è infatti previsto dall’art. 146, comma 8, del D.Lgs. 42/2004, secondo cui il soprintendente rende il proprio parere (limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifiche prescrizioni d’uso) entro il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti.

L’art. 14-bis, come riscritto dall’art. 1 dello schema in esame stabilisce che, nell’indire la conferenza di servizi,  l'amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate “il termine perentorio, comunque. non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento. Se tra le suddette amministrazioni vi sono amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il suddetto termine è fissato in novanta giorni” (lettera c) del comma 2).

 

Si richiama in proposito l’osservazione del Consiglio di Stato, secondo cui la norma in esame dovrebbe “essere coordinata con quanto disposto dall’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, laddove si prevede che il soprintendente renda il parere entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti (comma 8) e che decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti senza che il soprintendente abbia reso il parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione (comma 9)”. Il Consiglio di Stato reputa opportuno che le “scansioni temporali dei due procedimenti siano tra loro armonizzate e, per altro verso, che si debba scongiurare il rischio che il parere del soprintendente possa essere espresso a ridosso dello spirare del termine di conclusione della conferenza”.

 

AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA ‘ORDINARIA'

L'Amministrazione competente (generalmente i Comuni), riceve la domanda di autorizzazione e il progetto delle opere, svolge le verifiche e gli accertamenti ritenuti necessari acquisendo il parere della locale commissione per la qualità architettonica e il paesaggio (articolo 148).

Successivamente l'Amministrazione competente, entro quaranta giorni dalla data di ricezione della domanda, trasmette alla competente Soprintendenza la proposta di autorizzazione paesaggistica corredata dagli elaborati tecnici (articolo 146, comma 7), dandone contestualmente comunicazione al soggetto interessato.

La Soprintendenza verifica la completezza e la corrispondenza della documentazione inoltrata con quanto previsto dal d.P.C.m. 12/12/2005. Qualora ritenesse insufficiente quanto trasmesso, ha facoltà di richiedere integrazioni, sospendendo i termini del procedimento.

Il Soprintendente comunica il parere di competenza entro il termine perentorio di 45 giorni dalla data di ricezione della proposta decorsi i quali, in assenza di parere espresso, viene indetta una conferenza dei servizi, prolungando i termini del procedimento di ulteriori 15 giorni. Il parere del Soprintendente - che può contenere prescrizioni - è vincolante poiché la norma così dispone fino a che non sia intervenuto l'adeguamento al Piano Paesaggistico degli strumenti urbanistici comunali.

Entro il termine di 20 giorni dalla ricezione del parere del Soprintendente, l'Amministrazione procedente rilascia l'autorizzazione, che diviene immediatamente efficace (articolo 146, comma 11).

In caso di parere negativo da parte della Soprintendenza, quest'ultima comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (nella versione finora vigente). Entro venti giorni dalla ricezione del parere negativo, l'amministrazione procedente provvede in conformità.

 

AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA ‘SEMPLIFICATA'

Il d.P.R. n. 139 del 2010 ha individuato una serie di interventi di lieve entità (cfr. suo articolo 1, comma 1, allegato I, recante l'elenco completo) per i quali è prevista una procedura di autorizzazione paesaggistica semplificata, sempre che comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici.

L'Amministrazione competente (generalmente i Comuni), riceve la domanda di autorizzazione e il progetto delle opere, svolge le verifiche e gli accertamenti ritenuti necessari e in caso di valutazione positiva inoltra l'istanza alla Soprintendenza competente entro 30 giorni. Quest'ultima esprime il proprio parere entro 25 giorni dalla ricezione dell'istanza.

A fronte di parere favorevole del Soprintendente, l'Amministrazione competente adotta il provvedimento in conformità al parere della Soprintendenza - che può contenere prescrizioni - e rilascia l'autorizzazione paesaggistica entro 5 giorni.

L'autorizzazione diventa immediatamente efficace.

In caso di parere negativo da parte della Soprintendenza, quest'ultima comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (nella versione finora vigente).

La documentazione necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti è stata individuata dal DPCM 12/12/2005 (autorizzazione ordinaria) e dal DPR 139/2010 (autorizzazione semplificata), a cui si rimanda per ogni ulteriore approfondimento.

 

ACCERTAMENTO DELLA COMPATIBILITA' PAESAGGISTICA

Fermo restando il principio sancito dall'articolo 146, comma 4 del codice dei beni culturali, secondo il quale l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, il medesimo codice prevede in alcuni particolari casi (articolo 167, commi 4 e 5) l'accertamento della compatibilità paesaggistica da parte dell'autorità amministrativa competente anche a seguito della realizzazione degli interventi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

A tal proposito la circolare 33 del 26 giugno 2009 del Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali specifica i termini indicati dall'articolo 167, comma 4, lettera a), secondo cui:

1. per "lavori" si intendono gli interventi su fabbricati legittimamente esistenti, ovvero gli interventi strettamente connessi all'utilizzo di altri immobili ed aree che non comportino modificazioni delle caratteristiche peculiari del paesaggio, purchè gli interventi stessi siano conformi ai piani paesaggistici vigenti;

2. per "superfici utili" si intende qualsiasi superficie utile, qualunque sia la sua destinazione. Sono ammesse le logge e i balconi nonché i portici, collegati al fabbricato, aperti su tre lati contenuti entro il 25% dell'area di sedime del fabbricato stesso;

3. per "volumi" si intende qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse emergente dal terreno o dalla sagoma di un fabbricato preesistente indipendentemente dalla destinazione d'uso del manufatto, ad esclusione dei volumi tecnici.

Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi che rientrano nella casistica sopra riportata (articolo 167, comma 4) presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo - generalmente i comuni - ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria, stabilita dall'ente competente, è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria.

 

INTERVENTI PER I QUALI NON E' RICHIESTA L'AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA

L'articolo 149 del codice per i beni culturali elenca gli interventi per i quali non è richiesto il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, quali:

a) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici;

b) interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio;

c) il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, c. 1, lett. g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia.

Informazioni tratte dal sito web del MiBACT alla seguente URL: http://www.sbap-pr.beniculturali.it/index.php?it/177/autorizzazione-paesaggistica-art146


 

Articolo 7

L’articolo 7 detta una disposizione transitoria nelle more del recepimento della direttiva europea sulle concessioni (direttiva 2014/23/UE).

Si ricorda che, successivamente alla trasmissione del presente schema di decreto, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il d.lgs. n. 50 del 2016, di recepimento.

Ciò premesso, la norma (nelle citate more), dispone che, in caso di affidamento di concessione di lavori pubblici, la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario entro quindici giorni dall’avvio del procedimento fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di VIA. Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.

Si tratta di una disposizione che riproduce quella attualmente prevista (non come norma transitoria ma a regime) dal testo vigente dell’art. 14, comma 5, della L. 241/1990.

 

Si osserva che la norma andrebbe modificata al fine di tenere conto che il decreto legislativo n. 50/2016 attua, tra l’altro, la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Ciò premesso, si segnala che il disposto della norma in esame e la sua applicazione in via transitoria andrebbero valutati in considerazione del fatto che tale decreto non sembra dettare disposizioni specifiche riguardanti la conferenza di servizi nella parte III che disciplina i contratti di concessione. 


 

Articolo 8

L’articolo 8 reca mera previsione di coordinamento, circa i rinvii nello schema alla legge n. 241 del 1990, da intendersi riferiti beninteso al testo della legge quale novellato dal medesimo schema di decreto legislativo.

 

Non sono presenti, nello schema, previsioni specifiche relative alla decorrenza dell'applicazione delle disposizioni introdotte.

Andrebbe pertanto valutata l’opportunità di inserire una disciplina transitoria riguardo l'incidenza sui procedimenti pendenti.

 

 


 



[1]     Su tale contributo si veda la scheda predisposta dal Ministero dell’ambiente al link www.va.minambiente.it/it-IT/ps/Comunicazione/Contributo.