Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Attuazione direttiva 2013/33/UE, recante Norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale nonché delle direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale - (Schema di D.Lgs. n. 170) | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 173 | ||||||
Data: | 08/06/2015 | ||||||
Descrittori: |
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SENATO DELLA REPUBBLICA:
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451
Studi1@senato.it
Dossier n. 217
CAMERA DEI DEPUTATI:
Servizio Studi – Dipartimento istituzioni
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-
Atti del Governo n. 173
Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente ufficio:
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea
(
066760-2145 – * cdrue@camera.it
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Introduzione
- Il quadro normativo
dell'Unione europea. Gli atti di recepimento nell'ordinamento italiano. Il
sistema dell'accoglienza in Italia. Le direttive dell'Unione europea n. 32 e n.
33 del 2013. Asilo, le procedure di contenzioso avviate presso l'Unione europea
a carico dell'Italia................................................................................... ................................................................................................. Pag.
................................................................................................. 1
Lo schema di decreto legislativo recato dall'atto del governo n.
170
- Schede di lettura sugli
articoli........................................................ "................................................................................................. 13
Testi a fronte
- Decreto legislativo n. 25
del 2008, come riscritto dallo schema di decreto legislativo.......................................................................... "................................................................................................. 73
- Articolo 19 del decreto
legislativo n. 150 del 2011, come riscritto dallo schema di decreto legislativo................................................. "................................................................................................. 117
Lo
schema di decreto legislativo recato dall'atto del Governo n. 170 è volto al
recepimento di due direttive dell'Unione europea in materia di protezione internazionale, la n. 32 e la
n. 33 del 2013 (rispettivamente direttiva 'procedure' e direttiva 'accoglienza',
nel lessico dell'Unione).
L'atto
pertanto ridisegna il sistema di accoglienza dei richiedenti protezione
internazionale, in ampia misura - riguardo le strutture - sulla falsariga del
"Piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di stranieri
extracomunitari" (definito con intesa tra Stato, Regioni ed enti locali
del 10 luglio 2014), inserendo la previsione di 'hub' temporanei appositamente
destinati ad accoglienza straordinaria (in caso di saturazione delle strutture
ordinarie, a seguito di flussi ravvicinati e numerosi).
Inoltre l'atto n. 170 reca disposizioni su profili
quali: l'accoglienza delle persone vulnerabili, primi fra tutti i minori,
specie se non accompagnati; le procedure di esame delle domande di protezione
internazionale; la durata dell'accoglienza nella pendenza di ricorso
giurisdizionale; il trattenimento del richiedente.
Prima di esaminare in maggior dettaglio il contenuto
dell'atto, tuttavia, vale premettere alcuni rapidi cenni su:
-
l'articolazione
del Sistema europeo comune di asilo, entro cui si collocano le due direttive
che si vanno a recepire;
-
l'insieme corrispettivo
di atti normativi, che definiscono la disciplina vigente in Italia;
-
il sistema
dell'accoglienza come finora organizzato nel nostro Paese.
Il quadro
normativo dell'Unione europea ha per suo 'vertice' l'articolo 78 del
Trattato di Lisbona, che così recita:
1. L'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di
protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status
appropriato a qualsiasi cittadino di un Paese terzo che necessita di protezione
internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento.
Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio
1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e
agli altri trattati pertinenti.
2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure
relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:
a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di
Paesi terzi, valido in tutta l'Unione;
b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i
cittadini di Paesi terzi che, pur senza il beneficio dell'asilo europeo,
necessitano di protezione internazionale;
c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati
in caso di afflusso massiccio;
d) procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status
uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria;
e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro
competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria;
f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti
asilo o protezione sussidiaria;
g) il partenariato e la cooperazione con Paesi terzi per gestire i
flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea.
3. Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una
situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini
di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare
misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri
interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo.
Pertanto
l'asilo, nelle sue varie articolazioni, è materia di competenza dell'Unione
europea, la quale vi persegue una "politica comune", mediante un "sistema
europeo comune di asilo".
Altre
disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea concernono la
gestione delle frontiere esterne (articolo 77) e la politica comune
dell'immigrazione, "intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione
efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi
regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto
rafforzato dell'immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani"
(articolo 79). E l'articolo 80 del Trattato prevede che le politiche
dell'Unione relative ai controlli alle frontiere, all'asilo, all'immigrazione,
"sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della
responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario".
Ma
poiché le due direttive n. 32 e n. 33 del 2013 che si vanno ora a recepire
concernono la protezione internazionale, a rilevare è in particolare il citato articolo 78 del Trattato.
Il suo comma 2
determina le principali linee di irradiamento della politica comune. Specifiche
direttive ne hanno costituito il seguito normativo.
Così la lettera a)
e la lettera b) - relative ad
asilo (quale riconoscimento dello status di
rifugiato) e protezione sussidiaria, ossia le due specie in cui si articola il genus protezione internazionale - hanno avuto
attuazione con la direttiva dell'Unione n. 95 del 2011 (cd. direttiva
'qualifiche').
La lettera c) -
relativa alla protezione temporanea - ha avuto attuazione con la direttiva
della Comunità europea n. 55 del 2001.
La lettera d)
- relativa alle procedure circa l'ottenimento o la perdita della protezione
internazionale - ha dapprima ricevuto attuazione con la direttiva della Comunità
europea n. 85 del 2005, che poneva "norme minime" riguardo siffatte
procedure. Questa è stata indi modificata dalla direttiva dell'Unione n. 32 del
2013 (cd. direttiva 'procedure'), che pone "procedure comuni". E' una delle due direttive che si vanno a
recepire con l'atto in esame.
La lettera e) -
relativa alla determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una
domanda di protezione internazionale - è stata attuata dapprima con il
regolamento della Comunità europea n. 343 del 2003 (cd. 'Dublino II'), indi dal
regolamento dell'Unione suo modificativo n. 604 del 2013 (cd. 'Dublino III').
La lettera f) -
relativa alle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione
internazionale - ha ricevuto attuazione dapprima con la direttiva della
Comunità europea n. 9 del 2003, indi modificata dalla direttiva dell'Unione n.
33 del 2013 (cd. direttiva 'accoglienza'). E'
l'altra delle due direttive che si vanno a recepire con l'atto in esame.
Tale
ventaglio di atti normativi europei ha come corrispettivo una serie di atti di recepimento nell'ordinamento
italiano.
La
generale disciplina sull'immigrazione è recata dal Testo unico
sull'immigrazione dettato dal decreto legislativo n. 286 del 1998, come
modificato in prosieguo di tempo. Ma essendo l'asilo materia di politica comune
europea, è soprattutto agli atti di recepimento che bisogna riferirsi, per
coglierne la disciplina.
Ciascuna
delle direttive sopra richiamate è stata recepita da decreti legislativi.
Così la
direttiva 'qualifiche' circa la protezione internazionale (2011/95/UE) è stata
recepita con il decreto legislativo n. 18 del 2014.
La
direttiva sulla protezione temporanea (2001/55/CE) è stata recepita con il
decreto legislativo n. 85 del 2003.
La
direttiva 'procedure' circa la protezione internazionale (2005/85/CE) è stata
recepita con il decreto legislativo n. 25 del 2008 - regolamento attuativo del
quale è il d.P.R. n. 21 del 2015. Quella direttiva è
stata modificata da altra successiva (2013/32/UE), il cui recepimento è
disposto dallo schema di decreto legislativo in esame.
La
direttiva 'accoglienza', anch'essa relativa alla protezione internazionale
riguardata però nei suoi aspetti contenutistici non già procedurali
(2003/9/CE), è stata recepita con il decreto legislativo n. 140 del 2005. Anche
quella direttiva è stata modificata da altra successiva (2013/33/UE), il cui
recepimento è del pari disposto dallo schema di decreto legislativo in esame.
Si
intende perciò come lo schema di decreto legislativo incida sul decreto legislativo
n. 140 del 2005 (abrogandolo, dal momento che ne detta una disciplina
integralmente sostitutiva) e sul decreto legislativo n. 25 del 2008
(modificandone o abrogandone più disposizioni).
Possono ricordarsi inoltre alcune disposizioni recate
dal decreto legislativo n. 150 del 2011 (articolo 19, inciso dallo schema in
esame), circa le controversie in materia di riconoscimento della protezione
internazionale, e dal decreto-legge n. 119 del 2014, riguardo il numero e
funzionamento delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della
protezione internazionale (mediante novelle al decreto legislativo n. 25 del
2008), il finanziamento del sistema di accoglienza, l'alleggerimento (per il
2014) del patto di stabilità per alcuni Comuni siciliani maggiormente investiti
dalla pressione migratoria.
Può valere ricordare come l'articolo 7 della legge n.
154/2014 (legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre) rechi una
delega al Governo per la predisposizione di un testo unico delle disposizioni
legislative vigenti che, in attuazione dell'articolo 10, terzo comma, della
Costituzione, recepiscono gli atti dell'Unione europea che regolano il
diritto di asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea. Il
termine per l'esercizio della delega è stabilito al 20 luglio 2019.
Il sistema
dell'accoglienza in Italia è organizzato in più luoghi e fasi.
Schematizzando, può dirsi articolato in: primissima
accoglienza; prima accoglienza; seconda accoglienza.
In primissima battuta vi sono i Centri di primo soccorso e accoglienza (come Lampedusa e Pozzallo).
Localizzati in prossimità dei luoghi di maggiore ricorrente sbarco (i porti di
Augusta, Lampedusa, Porto Empedocle, Pozzallo, Taranto, quelli di maggiore
affluenza) essi ospitano gli stranieri al momento del loro arrivo in Italia. I
migranti vi ricevono le prime cure mediche necessarie, vengono fotosegnalati, possono richiedere la protezione
internazionale. I migranti vi soggiornano il tempo strettamente necessario,
prima di essere trasferiti alla prima accoglienza.
Questa si realizza nei Centri di accoglienza (CDA) o nei Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA). Talora una
medesima struttura esercita ambedue le funzioni, talché una netta distinzione
non è agevole. Ad ogni modo, si può intendere che i primi siano destinati alla
prima accoglienza dello straniero
presente sul territorio nazionale, per il tempo necessario all'accertamento
sulla regolarità della sua permanenza in Italia; i secondi accolgono i
richiedenti protezione internazionale, onde si svolgano nel frattempo le
procedure relative al riconoscimento.
Le strutture sopra ricordate sono complessivamente
quattordici, presenti in sette Regioni (Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia,
Lazio, Marche e Friuli Venezia Giulia), vale a dire: (Gorizia) Gradisca
d’Isonzo; (Ancona) Arcevia; (Roma) Castelnuovo di Porto; (Foggia) Borgo
Mezzanone; (Bari) Palese; (Brindisi) Restinco;
(Lecce) Don Tonino Bello; (Crotone) Loc. S.Anna; (Catania) Mineo; (Ragusa) Pozzallo; (Caltanissetta)
Contrada Pian del Lago; (Agrigento) Lampedusa; (Trapani) Salina Grande;
(Cagliari) Elmas.
Diversa
funzione hanno i Centri di
identificazione ed espulsione (CIE), ove sono collocati gli stranieri
giunti in modo irregolare in Italia che non facciano richiesta di protezione
internazionale o non ne abbiano i requisiti posti in detenzione amministrativa,
onde evitarne la dispersione nel territorio.
Esaurita
la primissima e prima accoglienza - le quali hanno una capienza di circa 8.600
posti complessivi, aumentabili a 10.500 in condizioni di emergenza (si legge
nella relazione tecnica del provvedimento in esame) - la fase della seconda
accoglienza ed integrazione si instaura ad opera del Sistema di protezione
per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
Vi trovano
accoglienza i già titolari di forma di protezione internazionale (rifugiati,
titolari di protezione sussidiaria, di protezione umanitaria) o anche i
richiedenti quella protezione.
Il sistema è costituito da una rete di
enti locali (345 Comuni, 30 Province e 7 unioni di Comuni, secondo dati
riferiti al 2014) su base volontaria (essi accedono, nei limiti delle risorse
disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo). Essi
realizzano, in forma decentrata ed in raccordo con i soggetti del terzo
settore, interventi di accoglienza
'integrata', ossia non limitati alla distribuzione di vitto e alloggio ma estesi a misure di
formazione, assistenza e orientamento, anche al fine di tracciare percorsi
individuali di inserimento socio-economico.
All'interno del Sistema sono, inoltre,
presenti progetti specializzati per l'accoglienza e sostegno di persone
portatrici di specifiche vulnerabilità: persone disabili o con problemi di
salute (fisica e mentale), minori non accompagnati, vittime di tortura, nuclei monoparentali,
donne sole in stato di gravidanza.
Per il triennio
2014-2016, risultano finanziati 20.744 posti (di questi, 19.720 sono
'ordinari', 729 sono per minori non accompagnati, 295 per persone con disagio
mentale o con disabilità). Tale disponibilità di posti registra un incremento
rispetto al periodo precedente, in cui si giungeva fino a 12.642 posti.
Questa la distribuzione
del totale dei posti SPRAR per Regione, per il triennio 2014-16: Abruzzo, 227;
Basilicata, 406; Calabria, 1.894; Campania, 1.155; Emilia-Romagna, 748; Friuli
Venezia Giulia, 318; Lazio, 4.791; Liguria, 308, Lombardia, 942; Marche, 538;
Molise, 440; Piemonte, 883; Puglia, 1.864; Sardegna, 88; Sicilia, 4.782;
Toscana, 547; Trentino-Alto Adige, 149; Umbria, 371; Veneto, 293.
LE
DIRETTIVE RECEPITE CON L'ATTO DEL GOVERNO n. 170 Direttiva
2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca
dello status di protezione internazionale La direttiva 2013/32/UE reca
disposizioni relative alle procedure per il riconoscimento della protezione
internazionale (comprendente il riconoscimento dello status di
rifugiato e quello di protezione sussidiaria): la presentazione della
domanda, l’individuazione delle autorità competenti a ricevere ad esaminare
le domande, le procedure di esame, le garanzie e gli obblighi dei
richiedenti, nonché le procedure di revoca, cessazione e rinuncia della
protezione e le modalità di impugnazione delle decisioni. Si tratta di una direttiva di rifusione
che sostituisce, abrogandola, la direttiva 2005/85/CE del 1° dicembre 2005
(la c.d. direttiva 'procedure') recepita con il decreto legislativo 25/2008. La nuova direttiva 'procedure', che fa
parte, come la direttiva 2013/33/UE, del pacchetto di norme comunitarie volte
ad attuare il nuovo Sistema europeo di asilo, è finalizzata ad armonizzare le
prassi applicative vigenti nei Paesi membri, per le quali si sono riscontrate
diverse divergenze. A tal fine, viene in primo luogo
stabilito un termine certo (6 mesi) per la decisione sulla domanda di
protezione, derogabile solo in determinate circostanze (per un totale, al
massimo, di 21 mesi). Inoltre, vengono ridefiniti e, in alcuni
casi, rafforzati, gli istituti di garanzia che devono essere assicurati ai
richiedenti nel corso della procedura, con particolare attenzione alla tutela
dei minori e delle altre categorie di persone vulnerabili. Dal punto di vista terminologico, è da
rilevare che viene espunto ogni riferimento all’asilo, definizione talvolta
utilizzata come sinonimo di protezione internazionale o di status di
rifugiato. Tra le altre modifiche introdotte si
ricordano: la semplificazione delle norme che disciplinano l'accesso alla
procedura di asilo e lo svolgimento dei colloqui personali; il miglioramento
della qualità del processo decisionale in primo grado aggiungendo
accorgimenti pratici che aiutino il richiedente a capire la procedura e
predisponendo un'adeguata formazione del personale che esamina le domande; il
chiarimento delle norme che regolano la possibilità per il richiedente asilo
di reiterare la domanda nell'ipotesi che sia cambiata la sua situazione; il
rafforzamento del ruolo dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo nelle
disposizioni relative alla formazione e all'accesso alla procedura. Il termine di recepimento della
direttiva è del 20 luglio 2015, ad eccezione delle disposizioni relative al
termine di conclusione dei procedimenti, che devono essere recepite entro il
20 luglio 2018. Direttiva
2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione
internazionale La direttiva 2013/33/UE
disciplina le condizioni materiali di accoglienza, assistenza e reinserimento
sociale di coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale
(riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione
sussidiaria o del diritto di asilo) o ne hanno fatto richiesta. La direttiva sostituisce, abrogandola,
la direttiva 2003/9/CE (la cd.
direttiva 'accoglienza' del 27 gennaio 2003, recepita dall’ordinamento
italiano con il decreto legislativo 140/2005). La nuova direttiva accoglienza fa parte,
come la direttiva 2013/32/UE, del pacchetto di norme comunitarie volte ad
attuare il nuovo Sistema europeo di asilo. In particolare, viene prevista una nuova disciplina sul
trattenimento del richiedente protezione, che può essere disposto
esclusivamente in presenza di determinate condizioni e con l’assicurazione di
adeguate garanzie. Inoltre, la direttiva ha l’obiettivo di
garantire un livello di vita dignitoso, specie con misure nazionali dirette a
individuare le particolari esigenze delle persone vulnerabili, come i minori
e le vittime di tortura, o con un sostegno materiale di livello adeguato per
i richiedenti asilo. Viene favorita l’indipendenza economica
dei richiedenti protezione, prevedendo che gli Stati membri agevolino
l'accesso al mercato del lavoro. Il termine per il recepimento della
direttiva scade il 20 luglio 2015. |
PROCEDURE
DI INFRAZIONE VERSO L'ITALIA Per quanto riguarda le procedure di contenzioso avviate presso l'Unione europea a carico
dell'Italia, risultano avviate le seguenti. Procedura di infrazione n. 2014/2171 - Protezione
dei minori non accompagnati richiedenti asilo. Con lettera di costituzione in mora del 11 luglio
2014, la Commissione europea addebita all’Italia la violazione di alcune
disposizioni contenute nella direttiva 'procedure' 2003/95/UE e nella
direttiva 'accoglienza' 2003/9/CE. Si contesta in particolare al nostro Paese il fatto
che il sistema di asilo italiano sia caratterizzato da significativi ritardi nella nomina del tutore per i minori non
accompagnati che vogliano fare domanda di protezione internazionale, nonché
dal fatto che i tutori (o gli assistenti sociali ove a questi ultimi ne siano
delegati i compiti) risultino sovraccarichi
della responsabilità di un gran numero di minori non accompagnati in modo
tale da non espletare adeguatamente le funzioni previste dalla normativa
europea. Tale situazione di fatto secondo la Commissione europea viola, tra
l’altro: Ø l’articolo
18, paragrafo 1, della direttiva 'accoglienza' ove si prevede che “il prevalente interesse del minore
costituisce un criterio fondamentale
nell'attuazione, da parte degli Stati membri, delle disposizioni della
presente direttiva concernenti i minori”. Ø l’articolo 19, paragrafo 1, che stabilisce, tra
l’altro che gli Stati membri adottano
quanto prima misure atte ad assicurare la necessaria rappresentanza dei
minori non accompagnati da parte di un tutore legale oppure, ove
necessario, la rappresentanza da parte di un organismo incaricato della cura
e del benessere dei minori, oppure qualsiasi altra forma adeguata di
rappresentanza. Procedura di infrazione n. 2014/2235 - Condizioni
materiali di trattenimento nei CIE. Con lettera di costituzione in mora del 21 ottobre
2014, la Commissione europea contesta all’Italia il cattivo recepimento sia
della direttiva 2008/115/CE cd. direttiva 'rimpatri' sia della direttiva
2203/9/CE cd. 'accoglienza'. In particolare gli addebiti che interessano
quest’ultima direttiva riguardano le condizioni
di accoglienza dei richiedenti asilo trattenuti nei centri di identificazione
ed espulsione (CIE) considerati non in linea con gli Standard del CPT - Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Tali standard,
diretti a far si che sia garantito il rispetto della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
sono considerati dalla Commissione alla stregua di parametri di riferimento
per valutare la conformità delle condizioni di trattenimento dei richiedenti
asilo negli Stati membri rispetto all’articolo 13 della direttiva
'accoglienza'. In particolare l’articolo 13, paragrafo 2 della
direttiva 'accoglienza' stabilisce che gli Stati membri adottano disposizioni
relative alle condizioni materiali di accoglienza che garantiscano una qualità di vita adeguata per la salute e
per il sostentamento dei richiedenti asilo. Gli Stati - prosegue la
disposizione - provvedono a che la qualità di vita sia adeguata alla
specifica situazione delle persone portatrici di particolari esigenze nonché
alla situazione delle persone che si trovano in stato di intrattenimento. Secondo gli standard citati le persone trattenute
dovrebbero essere sistemate in centri concepiti specificamente per questo
scopo, che offrano condizioni materiali e un regime appropriati alla loro
situazione legale, e circondate da personale adeguatamente qualificato.
Inoltre tali centri dovrebbero fornire
una sistemazione adeguatamente attrezzata, pulita, con un buon livello
di affluenza e con uno spazio sufficiente per vivere in relazione al numero
di persone coinvolte. Inoltre
dovrebbero essere curati la progettazione e lo schema delle strutture per
evitare per quanto possibile qualsiasi impressione di ambiente carcerario.
Infine per quanto riguarda il regime di attività esso dovrebbe includere
esercizi all’aria aperta, l’accesso a una stanza da giorno, alla radio
televisione e a giornali e riviste così come ad altri mezzi di ricreazione. Procedura di infrazione n. 2014/2126: Accesso alle
procedure di asilo e alle procedure Dublino Con lettera di messa in mora del 17 ottobre 2014 la
Commissione europea contesta all’Italia di violare alcune disposizioni della
direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli
Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di
rifugiato (cd. direttiva 'procedure')
e del regolamento UE n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di
determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di
protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un
cittadino di un paese terzo o da un apolide (cosiddetto 'Dublino III'). La messa in mora segue la procedura di
precontenzioso EU pilot 4684/13/HOME del 20
febbraio 2013, con la quale la Commissione europea aveva espresso
preoccupazioni riguardo al rispetto da parte delle autorità italiane
dell’obbligo di accordare un effettivo accesso alle procedure di asilo e alle
procedure Dublino. La Commissione europea si è basata tra l’altro, sulle informazioni ricevute dall’UNHCR Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, dalle ONG Pro Asyl e Consiglio greco per i rifugiati, e dal CIR
Consiglio italiano per i rifugiati. Gli addebiti nascono dalla vicenda di alcuni
cittadini di Paesi terzi potenzialmente necessitanti di protezione
internazionale provenienti dalla Grecia (tra cui minori non accompagnati) rinviati sommariamente in Grecia in
applicazione dell’Accordo di bilaterale Grecia-Italia riguardante la
riammissione di migranti che abbiano già varcato il territorio di uno degli
Stati firmatari o che vi abbiano soggiornato e che cerchino irregolarmente di
raggiungere il territorio dell’altro Stato firmatario. In particolare la Commissione europea addebita
all’Italia di negare l’accesso alla procedura di asilo a cittadini di Paesi
terzi provenienti dalla Grecia via mare che: a) abbiano esplicitamente
espresso alle autorità italiane il desiderio di richiedere protezione
internazionale; b) non abbiano
esplicitamente chiesto asilo ma abbiano indicato
alle autorità italiane la loro esigenza
di protezione; c) avrebbero voluto chiedere asilo ma non hanno avuto l’opportunità di esprimere la loro volontà,
oppure (d) a conoscenza delle autorità italiane, avevano già chiesto asilo in un altro Stato membro (la Grecia). La Commissione europea
ritiene che a causa dei rinvii sommari in Grecia di tali cittadini
extraeuropei non si sia consentito
l’acceso di tali persone alla procedura di asilo, eludendo anche gli
obblighi derivanti dal regolamento Dublino, che stabilisce la competenza di
uno Stato membro a trattare la domanda di asilo. Secondo la Commissione in alcuni casi i migranti non
sono stati neanche fatti sbarcare bensì trattenuti e poi rinviati in Grecia
sulle stesse navi su cui erano arrivati. La Commissione europea ritiene che in tali casi si
sia violato l’articolo 6, paragrafo 2 della direttiva procedura che dispone
che gli Stati membri provvedono affinché ciascun adulto con capacità
giuridica abbia il diritto di
presentare una domanda di asilo per proprio conto. Risulterebbe violato secondo la Commissione anche
l’articolo 7 della medesima direttiva ai sensi del quale i richiedenti asilo
sono autorizzati a rimanere nello Stato
membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante
non abbia preso una decisione i merito alla domanda. La Commissione europea ritiene inoltre che, non
consentendo la presentazione formale di una domanda di asilo da parte di
persone che hanno espresso esplicitamente o implicitamente il desiderio di
presentarla, l’Italia risulta violare i suoi obblighi previsti dall’articolo
6 paragrafo 5 della "direttiva procedure"e dall’articolo 20 del
"regolamento Dublino". In particolare l’articolo 6 paragrafo 5 della
"direttiva procedure" stabilisce che gli Stati membri provvedono
affinché le autorità cui potrebbe
rivolgersi chi intende presentare domanda di asilo siano in grado di fornire
indicazioni sulle modalità e sulle sedi per la presentazione della domanda
e/o per chiedere che le autorità in questione trasmettano la domanda
all’autorità competente. L’articolo 20 paragrafo 2 del regolamento Dublino,
dispone che la domanda di protezione internazionale si considera presentata
non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un
formulario presentato dal richiedente o un verbale redatto dalle autorità; nel caso di domanda non scritta il periodo che intercorre dalla
dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto
più breve possibile. Ulteriori
rilievi della Commissione riguardano : Ø come conseguenza del mancato accesso alla procedura
di asilo, l’impossibilità di applicare il regolamento Dublino nella parte in
cui stabilisce criteri specifici di attribuzione della competenza di una
domanda di protezione internazionale basati sulla presenza in uno Stato
membro di familiari, parenti, o persone
legate al richiedente da altri vincoli di parentela, oppure in base a
rilascio di titoli di soggiorno o visti. Ø la mancata applicazione del principio secondo il quale uno Stato
membro esamina se sia opportuno trasferire un richiedente asilo nello Stato
membro che avrebbe inizialmente identificato come competente ai sensi del
regolamento Dublino, qualora carenze
sistemiche della procedura di asilo e delle condizioni di accoglienza del
richiedente asilo in tale
Stato membro costituiscano motivi comprovati di credere che il richiedente
corra un rischio reale di subire
trattamenti inumani o degradanti. Procedura
di infrazione n. 2012/2189 - Condizioni materiali di trattenimento nei CIE
Con lettera di costituzione in mora del 24 ottobre
2012 la Commissione europea ha aperto la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia contestando la
violazione di obblighi imposti dal diritto dell’UE, previsti dalle direttive
2005/85/CE (direttiva "procedure"), 2003/9/CE (direttiva
"accoglienza"), 2004/83/CE (direttiva "qualifiche",
sostituita dalla direttiva attuata dallo schema di decreto delegato in
esame), e dal regolamento n. 343/2003 (regolamento “Dublino”, recante i
criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una
domanda di asilo). In particolare le
violazioni contestate consisterebbero: · nella limitata capacità dei centri di
accoglienza dei richiedenti asilo, e l’inconsistenza di fatto
dell’accesso alle condizioni di accoglienza. · nelle procedure di domanda di asilo, in
particolare la mancanza, nella pratica, di un accesso effettivo alla
procedura pertinente, sia in generale sia con particolare riferimento ai
richiedenti asilo per i quali è prevista la procedura Dublino. Sulle questioni la Commissione aveva già chiesto
chiarimenti il 15 febbraio 2012 attraverso il sistema EU Pilot. Il sistema EU
Pilot (strumento informatico EU
Pilot - IT application)
dal 2008 è lo strumento principale di comunicazione e cooperazione tramite il
quale la Commissione, mediante il Punto di contatto nazionale - che in Italia
è la struttura di missione presso il Dipartimento Politiche UE della
Presidenza del Consiglio - trasmette le richieste di informazione agli Stati membri ( Il 21 dicembre 2012 il Dipartimento per le politiche UE della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasmesso alla Commissione un rapporto del Ministero dell’interno, in risposta ai rilievi contenuti nella lettera di costituzione in mora citata; tale rapporto è stato integrato con una nota successiva redatta dal Ministero medesimo il 25 marzo, ed inviata alla Commissione il 27 marzo 2013. |
L'ATTO DEL GOVERNO n. 170
SCHEMA DI
DECRETO LEGISLATIVO PER IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA n.
33 e n. 32 del 2013
SCHEDE DI LETTURA SULL'ARTICOLATO
Lo schema
di decreto legislativo si articola in tre distinte parti.
Il Capo I reca le disposizioni di recepimento della
direttiva dell'Unione europea n. 33 del 2013 (cd. direttiva 'accoglienza'),
relativa alle condizioni dell'accoglienza per i richiedenti protezione
internazionale.
Il Capo
II reca le disposizioni di recepimento della direttiva dell'Unione europea n.
32 del 2013 (cd. direttiva 'procedure'), relativa alle procedure circa
l'ottenimento o la perdita della protezione internazionale
Il Capo
III reca disposizioni finali, tra cui una clausola di invarianza finanziaria
rispetto agli stanziamenti previsti.
Articolo 1
(Finalità
e ambito applicativo)
L'articolo delimita
l'oggetto della disciplina normativa posta dall'atto.
Esso è dato dall'accoglienza degli stranieri
richiedenti protezione internazionale (ossia il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione
sussidiaria) nel territorio nazionale, nonché dei familiari inclusi nella
domanda di protezione.
Gli stranieri sono i cittadini di Paesi non
appartenenti all'Unione europea o apolidi (così già il decreto legislativo n.
25 del 2008).
Il territorio nazionale include le frontiere e le
relative zone di transito e le acque
territoriali.
Le misure di accoglienza si applicano dal momento di manifestazione della volontà di chiedere
la protezione internazionale (non già dal momento della presentazione della
domanda d'asilo, com'era previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n.
140 del 2005).
Siffatte nuove previsioni rispondono a quanto previsto
dall'articolo 6, par. 1 della direttiva n. 33 del 2013, che qui si va a
trasporre nell'ordinamento italiano.
Le misure di accoglienza si applicano ai richiedenti
protezione internazionale, anche qualora per essi sia aperto il procedimento di
determinazione dello Stato membro dell'Unione competente all'esame della
domanda (siffatta determinazione di competenza è oggetto del regolamento
dell'Unione n. 604 del 2013, cd. Dublino IIII').
Di contro le misure di accoglienza non si applicano ai
richiedenti che già fruiscano della protezione temporanea (la quale è
fattispecie di protezione - disciplinata dal decreto legislativo n. 85 del 2003
- distinta dalla protezione internazionale). Tale previsione corrisponde
all'articolo 3, par. 3 della direttiva n. 33 del 2013.
Articolo 2
(Definizioni)
L'articolo reca un apparato definitorio, relativo a
"richiedente protezione internazionale", "straniero",
"domanda di protezione internazionale", "Commissione
territoriale" (per il riconoscimento della protezione internazionale),
"minore non accompagnato", "familiari", "centro o
struttura di accoglienza", "richiedente con esigenze di accoglienza
particolari" ossia appartenente alle categorie vulnerabili.
Riguardo i familiari del richiedente protezione
internazionale, la definizione qui resa ha come riferimento il nucleo familiare
del richiedente protezione
internazionale, non già del "beneficiario" di questa (com'é nel
decreto legislativo n. 251 del 2007 - suo articolo 2, comma 1, lettera l) - come modificato dal decreto
legislativo n. 18 del 2014).
Il nucleo familiare (che dev'essere costituito prima
dell'arrivo nel territorio nazionale) è composto da: il coniuge; i figli minori
non sposati, anche adottati o nati fuori del matrimonio, o affidati o
sottoposti a tutela; il genitore o altro adulto legalmente responsabile del
minore richiedente - se non coniugato, si viene ad aggiungere.
Articolo 3
(Informazione)
L'articolo reca - in rispondenza all'articolo 5 della
direttiva n. 33 del 2013 - un obbligo di informazione a favore del richiedente
protezione internazionale, circa le condizioni dell'accoglienza.
L'obbligo è a carico dell'ufficio di polizia che
riceva la domanda di protezione internazionale: dunque l'ufficio di polizia di
frontiera o la questura - i quali sono competenti a ricevere la domanda,
secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 25 del 2008 (suoi articoli 3
e 26).
L'obbligo è adempiuto mediante consegna dell'opuscolo
informativo redatto dalla Commissione nazionale per il diritto d'asilo,
illustrativa di: a) le fasi della
procedura per il riconoscimento della protezione internazionale - comprese le
conseguenze dell'allontanamento ingiustificato dai centri, aggiunge l'articolo
24 del presente schema; b) i
principali diritti e doveri del richiedente durante la sua permanenza in Italia;
c) le prestazioni sanitarie e di
accoglienza e le modalità per riceverle; d)
l'indirizzo ed il recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali
organizzazioni di tutela dei richiedenti protezione internazionale (cfr.
articolo 10 del decreto legislativo n. 25 del 2008, cui la disposizione rinvia).
L'opuscolo è consegnato nella prima lingua del
richiedente, o se non sia possibile, in quella che si suppone egli conosca tra
l'inglese, il francese, lo spagnolo e l'arabo.
Le informazioni - prevede ora lo schema - sono fornite
altresì nei centri di accoglienza, entro un termine comunque non superiore a
quindici giorni dalla presentazione della domanda di protezione. Ove
necessario, si ricorre ad un interprete o mediatore culturale.
Già ai sensi del decreto ministeriale 21 novembre 2008
(con il quale è stato lo schema di capitolato di appalto per la gestione dei
centri oggi operante) i servizio di mediazione linguistico-culturale sono tra i
parametri standard della conduzione
dei centri di accoglienza.
Le disposizioni di questo articolo dello schema circa
gli obblighi di informazione integrano quelle già vigenti dettate dal decreto
legislativo n. 25 del 2008. Tra queste figura la previsione (suo articolo 10,
comma 4) che in tutte le fasi del procedimento connesse alla presentazione ed
all'esame della domanda di protezione, al richiedente sia garantita, se
necessario, l'assistenza di un interprete della sua lingua o di altra lingua a
lui comprensibile.
Articolo 4
(Documentazione)
L'articolo ha
per oggetto i documenti rilasciati al richiedente protezione internazionale -
in rispondenza all'articolo 6 della direttiva n. 33 del 2013.
Per primo viene rilasciato un "permesso di soggiorno provvisorio".
Esso è dato dalla medesima ricevuta attestante la domanda di protezione
internazionale.
Questa ricevuta è rilasciata al momento della
verbalizzazione della domanda di protezione. Il verbale (secondo la previsione
introdotta dall'articolo 24 dello schema, inserendo un comma 2-bis entro l'articolo 26 del decreto
legislativo n. 25 del 2008) è redatto entro tre giorni lavorativi dalla
manifestazione della volontà di chiedere la protezione (ovvero entro sei giorni
lavorativi, se la volontà sia manifestata all'Ufficio di polizia di frontiera).
I termini sono prorogati di dieci giorni lavorativi in caso di flussi numerosi
e ravvicinati.
Successivamente il richiedente ottiene un "permesso di soggiorno per richiesta asilo".
Non pare
specificato il termine per il suo rilascio
(era entro venti giorni dalla presentazione della domanda di protezione, nel
corrispettivo articolo del decreto legislativo n. 140 del 2005).
La durata di tale permesso di soggiorno per richiesta
asilo è prevista di sei mesi (lasso
di tempo entro cui la procedura per il riconoscimento o il diniego della protezione
internazionale, da parte della Commissione territoriale, dovrebbe concludersi,
nella sua scansione 'ordinaria': così l'articolo 24 dello schema, là dove
novella l'articolo 27 del decreto legislativo n. 25 del 2008).
Tale durata -
pari a sei mesi - è dunque mutata rispetto a quella di tre mesi vigente,
presente nel decreto legislativo n. 25 del 2008 (articolo 20, comma 3) e
rinvenibile nel regolamento sul riconoscimento e la revoca della protezione
internazionale (cfr. articolo 4, comma 6 del d.P.R.
n. 21 del 2015, che a sua volta riprende disposizione dell'abrogato d.P.R. n. 303 del 2004).
Rimane ferma la rinnovabilità del permesso di
soggiorno per richiesta asilo, fino alla decisione sulla domanda di protezione
o sull'impugnazione del suo diniego.
Il richiedente il quale sia soggetto al trattenimento
(disciplinato, questo, dal successivo articolo 6 dello schema) riceve dalla
questura diverso documento. Si tratta di un "attestato nominativo", che certifica la qualità di richiedente
protezione internazionale (non già la sua identità).
Chiude
l'articolo una disposizione che, per la sua portata generale, parrebbe invero
meglio collocabile entro il dispositivo dell'articolo 1. E'
la previsione che non possano richiedersi requisiti ulteriori rispetto a quelli
espressamente previsti nello schema, ai fini dell'accesso alle misure di
accoglienza.
Articolo 5
(Domicilio)
L'articolo reca
disposizioni relative al domicilio del richiedente protezione internazionale.
In primo luogo, prescrive per il richiedente l'obbligo
di comunicazione alla questura del proprio domicilio o residenza, così come di
ogni successivo mutamento.
L'indirizzo del centro o struttura di accoglienza, per
il richiedente che vi si trovi, costituisce il domicilio agli effetti del procedimento
di riconoscimento della protezione internazionale e del trattenimento.
Quel domicilio è considerato luogo di dimora abituale,
qualora il richiedente nel centro o struttura di accoglienza sia titolare di un
permesso di soggiorno per richiesta di asilo. Questo, ai fini dell'iscrizione
anagrafica (per suo conto, l'articolo 6, comma 7 del Testo unico
sull'immigrazione prevede: "In ogni caso la dimora dello straniero si
considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi
presso un centro di accoglienza").
Il prefetto
competente (in base al luogo di presentazione della domanda di protezione, è
specificato) "può stabilire" un luogo di residenza o un'area
geografica ove i richiedenti asilo possano circolare - secondo previsione rispondente
all'articolo 7, par. 2 della direttiva n. 33 del 2013.
E'
disposizione che riprende quella posta dall'articolo 7, secondo periodo, del
decreto legislativo n. 25 del 2008: non coincidente tuttavia, giacché in
quest'ultimo figura l'espressione "il prefetto stabilisce", non già
"può stabilire".
Perché l'esecuzione di misura cautelare degli arresti
domiciliari o di detenzione domiciliare a carico del richiedente protezione
internazionale possa esser disposta presso il centro o struttura di accoglienza,
l'idoneità del centro a questi fini deve essere preliminarmente valutata
dall'autorità giudiziaria, sentito il prefetto.
Articolo 6
(Trattenimento)
L'articolo reca disposizioni relative al trattenimento
- oggetto dell'articolo 8 della direttiva n. 33 del 2013 - ossia quel regime
che è declinato, nell'ordinamento italiano, alla stregua di 'detenzione
amministrativa' disciplinata dall'articolo 14 del Testo unico sull'immigrazione
(il quale configura l'immigrazione irregolare come illecito amministrativo,
fronteggiata in via preminente con lo strumento dell'espulsione amministrativa,
cui è 'servente' il trattenimento).
Il comma 1 sancisce
il divieto del trattenimento che abbia ad esclusivo fine l'esame la domanda del
richiedente protezione internazionale.
La disposizione - trasposizione dell'articolo 8, par.
1 della direttiva n. 33 del 2013 - riprende pressoché immutato il primo comma
dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 25 del 2008 (a suo volta
trasposizione del primo periodo dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 416 del 1989 - articolo introdottovi dalla
legge n. 189 del 2002, la quale al contempo prevedeva, oltre ai casi di
trattenimento obbligatorio, un trattenimento 'facoltativo' per il questore, per verificare la nazionalità o identità del richiedente
non in possesso dei documenti, o per verificare gli elementi su cui si basasse
la domanda di asilo, o comunque in dipendenza del procedimento concernente il
riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato. Queste
ultime previsioni sono confluite nell'articolo 20 del decreto legislativo n. 25
del 2008, quale permanenza in un centro di accoglienza richiedenti asilo. Il
medesimo decreto legislativo n. 25 inoltre 'tipizza', all'articolo 21, in modo
concluso i casi di applicabilità del trattenimento obbligatorio. Questi articoli
del decreto legislativo n. 25 del 2008 risultano abrogati dallo schema in esame).
Il
comma 2 specifica i casi di
applicabilità del trattenimento - il quale ha luogo nei Centri di
identificazione ed espulsione (di cui all'articolo 14 del Testo unico
sull'immigrazione). Ed aggiunge che il trattenimento sia effettuato sulla base
di una valutazione caso per caso, e se
possibile in "appositi spazi".
Ai
sensi della direttiva n. 33 del 2013 (articolo 8), i motivi di trattenimento
sono specificati nel diritto nazionale. A questo provvede il comma 2 di questo
articolo dello schema.
Dunque, il trattenimento si applica:;
ü ai richiedenti protezione che si trovino
nelle condizioni previste dall'articolo 1, paragrafo F della Convenzione di
Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato - ossia abbiano commesso
un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità;
o abbiano commesso un crimine grave di diritto comune fuori dei Paese
ospitante; o si siano resi colpevoli di atti contrari agli scopi e ai principi
delle Nazioni Unite (così la lettera a)). E' previsione già presente
nell'articolo 21 del decreto legislativo n. 25 del 2008;
ü ai richiedenti protezione già destinatari
di un provvedimento di espulsione, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza
dello Stato (articolo 13, comma 1 del Testo unico) o perché appartenenti ad una
delle categorie di cui agli articolo 1, 4 e 16 del decreto
legislativo n. 159 del 2011, cd. 'codice antimafia (articolo 13, comma 2 del
Testo unico) (lettera b)).
Siffatte categorie sono:
- coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi
di fatto, abitualmente dediti a traffici
delittuosi;
- coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba
ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in
parte, con i proventi di attività delittuose;
- coloro che per il loro comportamento debba ritenersi,
sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che
offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la
sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (così il citato articolo 1 del
decreto legislativo n. 159 del 2011);
- indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale (associazioni di tipo mafioso anche straniere);
- i soggetti indiziati di uno dei reati (sono di
competenza delle procure distrettuali antimafia) previsti dall'articolo 51,
comma 3-bis, del codice di procedura
penale ovvero del delitto di all'articolo 12-quinquies,
comma 1 (trasferimento fraudolento di valori) del decreto-legge n. 306 del 1992 ; [...] - coloro
che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori,
obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con
la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II
del codice penale (delitti di comune pericolo mediante violenza) o dagli
articoli 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato), 285
(devastazione, saccheggio e strage), 286 (guerra civile), 306 (banda armata), 438
(epidemia), 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari), 605
(sequestro di persona) e 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione) dello
stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo
anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio
estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche
di cui all'articolo 270-sexies del codice penale;
- coloro che abbiano fatto parte di associazioni
politiche disciolte ai sensi della legge n. 645 del 1952 (attuativa della XII
disposizione finale della Costituzione, relativo al divieto di ricostituzione
del disciolto partito fascista) nei confronti dei quali debba ritenersi, per il
comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a
quella precedente;
- coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente
rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista, in particolare con
l'esaltazione o la pratica della violenza;
- coloro che fuori dei casi già indicati, siano stati
condannati per uno dei delitti previsti nella legge n. 895 del 1967 (recante
"Disposizioni per il controllo delle armi") e negli articoli 8 e seguenti della
legge n. 497 del 1974 (recante
"Nuove norme contro la criminalità"), quando debba ritenersi, per il
loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della
stessa specie col fine di sovvertire l’ordinamento dello Stato;
- agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei
reati indicati nelle lettere precedenti. È finanziatore colui il quale fornisce
somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati;
- alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone
che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza
di cui all'articolo 6 della legge n. 401
del 1989 (articolo che disciplina il divieto di accesso a
manifestazioni sportive), nonché alle persone che, per il loro comportamento,
debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime
manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del
divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di
reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero
l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di
manifestazioni sportive (così il citato articolo 4 del decreto legislativo n.
159 del 2011);
- le
persone segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro
organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di
risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o
le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento
di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali (così
l'articolo 16 del decreto legislativo n. 159 del 2011);
ü ai richiedenti protezione nei confronti dei quali vi
siano fondati motivi di ritenere che la permanenza nel territorio dello Stato
possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche,
anche internazionali. E' la medesima lettera b) del comma 1 dell'articolo 6 dello schema, inoltre, a fare rinvio
- quanto a casi di applicabilità del trattenimento - all'articolo 3, comma 1 del decreto-legge n.
144 del 2005 (recante "Misure urgenti per il contrasto del terrorismo
internazionale"). Di quell'articolo 3, che detta disposizioni in materia
di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, il
comma 1 così richiamato prevede l'espellibilità dello
straniero nei confronti del quale vi siano fondati motivi di ritenere che la sua
permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare
organizzazioni o attività terroristiche (inoltre esso prevede l'espellibilità dello straniero destinatario di disposizioni
confluite nell'articolo 4 e nell'articolo 16 del decreto legislativo n. 159 del
2011, le quali sono state già sopra richiamate);
ü ai richiedenti protezione che
costituiscano un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica (lettera c)).
"Nella valutazione della pericolosità" (che legittima l'espulsione,
ai sensi dell'articolo 13, comma 1 del Testo unico) "si tiene conto"
di eventuali condanne, anche non definitive ed anche a seguito di
patteggiamento, per uno dei delitti per i quali sia obbligatorio l'arresto in
flagranza (ai sensi dell'articolo 380, commi 1 e 2 del codice di procedure
penale) o per reati ovvero per reati
inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina o per reati diretti al reclutamento di persone da
destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di
minori da impiegare in attività illecite. E' a notare come l'analoga disposizione vigente (della
quale lo schema prevede l'abrogazione) del decreto legislativo n. 25 del 2008
(articolo 21, comma 2, lettera b)) ponga la condanna come condizione per il
trattenimento, laddove la disposizione dello schema pone la condanna come
elemento di valutazione, da cui si possa peraltro prescindere (come
conferma la relazione illustrativa del provvedimento);
ü ai richiedenti protezione per i quali sussista il pericolo di fuga (lettera d)). La valutazione del rischio di fuga in pendenza della decisione sulla domanda di protezione internazionale, è svolta (caso per caso) allorché il richiedente sia stato sistematicamente mendace sulle proprie generalità onde evitare l'espulsione o non abbia ottemperato ad un precedente provvedimento di espulsione (o ai vari obblighi, di dimora e di presentazione, in caso di concessione di un termine per la partenza volontaria) o abbia violato il divieto di reingresso conseguente ad un precedente decreto di espulsione o abbia trasgredito agli obblighi inerenti ad un precedente trattenimento in centro di identificazione ed espulsione (articolo 13, commi 5, 5.2 e 13, ed articolo 14 del Testo unico).
Il trattenimento - prevede il comma 3 - si applica anche al richiedente il quale si trovi in un
centro di identificazione ed espulsione in attesa di essere espulso, la cui
domanda di protezione internazionale possa esser ritenuta per "fondati
motivi" come solo strumentale ad interferire con l'esecuzione
dell'espulsione.
Nell'insieme, le disposizioni dei commi 2 e 3 sopra
sunteggiati delineano una applicazione
del trattenimento che si direbbe più estesa rispetto a quanto previsto
dall'articolo 21 del decreto legislativo n. 25 del 2008, il quale applica il
trattenimento a: gli autori di gravi crimini secondo la convenzioni di Ginevra
(ed è, immutata, la lettera a) sopra
ricordata); i condannati per i
delitti non a querela punibili con arresto obbligatorio in caso di flagranza o
per altri reati (relativi a stupefacenti, libertà sessuale, migrazione
clandestina, reclutamento o sfruttamento di prostituzione, sfruttamento
minorile); i destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento.
Il trattenimento (o la sua proroga) sono disposti dal
questore, con provvedimento scritto e motivato, prevede il comma 4.
Il provvedimento è comunicato al richiedente
protezione in una lingua a lui comprensibile. Deve recare indicazione delle
modalità con cui il richiedente possa 'difendersi' in sede di convalida del
trattenimento (innanzi al competente tribunale in composizione monocratica, che
la normativa vigente prevede sia il giudice di pace).
Rimane ferma l'applicazione delle norme del Testo
unico dell'immigrazione, relative al trattenimento (poste dal suo articolo 14).
Pertanto il questore (se il richiedente sia munito di passaporto o documento
corrispondente e non sia espulso per motivi di ordine pubblico o di sicurezza
dello Stato o per motivi di prevenzione di terrorismo o per appartenenza alle
categorie criminose ricordate supra a proposito
della lettera b) del comma 2 di
questo articolo 6 dello schema) può disporre misure alternative al
trattenimento, quali la consegna del passaporto, l'obbligo di dimora, l'obbligo
di presentarsi in ufficio della forza pubblica in giorni ed orari stabiliti.
L'articolo 14 del Testo unico altresì disciplina, del
trattenimento, la procedura di convalida ed i termini di questa. Ebbene, la
disposizione dello schema in commento prevede che se il trattenimento sia già
in corso, il questore trasmetta gli atti all'autorità giudiziaria per la
convalida del trattenimento per un periodo massimo di ulteriori sessanta
giorni, affinché l'esame della domanda di protezione internazionale sia
espletato. Ne consegue una sospensione dei diversi termini previsti
dall'articolo 14, comma 5 del Testo unico - il quale è stato modificato
dall'articolo 3, comma 1, lettera e) della
legge n. 161 del 2014, che recita: "La convalida [del trattenimento] comporta
la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora
l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di
documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta
del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima
di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone
comunicazione senza ritardo al giudice. Trascorso tale termine, il questore può
chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi
concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero sia
necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. In ogni caso il
periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di
identificazione e di espulsione non può essere superiore a novanta giorni. Lo
straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un
periodo pari a quello di novanta giorni indicato al periodo precedente, può
essere trattenuto presso il centro per un periodo massimo di trenta giorni
[...]".
Il trattenimento - prevede il comma 5 - non può essere stabilito o prorogato oltre il tempo
"strettamente" necessario onde esaminare la domanda di protezione
internazionale - "salvo che sussistano ulteriori motivi di trattenimento
ai sensi dell'articolo 14 del Testo unico".
I tempi di esame della domanda (da parte della
Commissione territoriale) vengono ad essere calibrati dall'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 25 del
2008, articolo introdotto dal presente schema (all'articolo 24).
Esso prevede un esame e decisione da parte della
Commissione territoriale entro nove giorni dalla ricezione della documentazione
immediatamente trasmessale dalla questura. Il termine è raddoppiato a diciotto
giorni, in caso di domanda di protezione manifestamente infondata o reiterata
senza nuovi elementi o pretestuosa onde interferire con l'adozione e
l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento. Siffatti
termini possono essere superati, ove sia necessario per un esame adeguato o
completo della domanda. Rimane fermo peraltro un termine massimo di due mesi,
prorogabile di tre mesi (proroga disponibile in caso di particolare complessità
o di 'ingorgo' di domande a causa di flussi migratori numerosi e ravvicinati o
di inosservanza da parte del richiedente degli obblighi di comparizione
personale dietro convocazione, di consegna di documenti, di comunicazione di
mutata residenza o domicilio, di collaborazione, da parte del richiedente), a
sua volta prorogabile di un altro mese in casi eccezionali. Il termine massimo
è più ampio - sei mesi, prorogabili per altri nove mesi, ed eccezionalmente per
altri tre mesi, nei casi ricordati di domande infondate o reiterate o
pretestuose (sono i termini massimi previsti dall'articolo 27 del decreto
legislativo n. 25 del 2008, come riscritto dallo schema in esame per l'esame
della domande da parte delle Commissioni territoriali in procedure 'ordinarie',
dunque non accelerate come quelle relative a richiedenti in condizioni di
trattenimento).
Ritardi nelle procedure di esame della domanda non
imputabili al richiedente, non legittimano una proroga del trattenimento.
Qualora il richiedente in condizione di trattenimento
muova, avverso una decisione di rigetto della domanda di protezione da parte
della Commissione territoriale, ricorso giurisdizionale, egli permane nel
centro di identificazione ed espulsione, finché il ricorso non sia deciso (da
parte del competente tribunale, in composizione monocratica, che ha sede nel
capoluogo di distretto di corte di appello in cui ha sede il centro ove il
ricorrente è trattenuto: così prevede l'articolo 19 del decreto legislativo n.
150 del 2011) e per il tempo che il richiedente sia autorizzato a trascorrere
nel territorio nazionale in ragione del ricorso presentato. E' quanto prevede
il comma 6.
Il comma 7
aggiunge che in pendenza di ricorso ed in attesa della decisione dell'autorità
giudiziaria, il questore chieda la proroga del trattenimento in corso, per
periodi ulteriori non superiori a sessanta giorni, di volta in volta
prorogabili da parte del tribunale in composizione monocratica.
Ed aggiunge la rilevante previsione che il
trattenimento complessivo - ossia includente anche la quota parte di
trattenimento connessa alla pendenza di ricorso giurisdizionale - non possa
comunque superare dodici mesi.
Nella relazione tecnica che correda il provvedimento è
riportato il dato (riferito all'anno 2014) della durata media della trattazione
dei ricorsi: 178 giorni.
Sono dunque circa sei mesi, da aggiungersi a quelli
precedenti a disposizione della Commissione territoriale per la decisione sulla
domanda (oggetto dell'articolo 28-bis
del decreto legislativo n. 25 del 2008, richiamato sopra a proposito del comma
5 del presente articolo dello schema). Questi sono altri sei mesi circa - non però nei casi di domande infondate,
reiterate o pretestuose.
Il comma 8 dispone
che il trattenimento sia mantenuto solo finché ne sussistano i motivi
(enunciati dai precedenti commi 2, 3 e 6 di questo articolo dello schema). In
caso di richiesta di rimpatrio da parte del richiedente - la quale equivale a
ritiro della domanda di protezione internazionale, si prevede - l'espulsione
con accompagnamento alla frontiera (nei casi in cui ne ricorrano i presupposti,
ai sensi dell'articolo 13 del Testo unico) è immediatamente disposta o
eseguita.
Il comma 9
(che a rigore non pare concernere il
trattenimento quale disciplinato nelle altri disposizioni di questo articolo
dello schema) infine prevede che la domanda di protezione internazionale
importi sospensione - per il tempo occorrente al suo esame - del termine per la
partenza volontaria, ove appunto il richiedente protezione internazionale sia
destinatario di un provvedimento di espulsione e per questa sia stato concesso
un periodo per la partenza volontaria (è fattispecie prevista dall'articolo 13,
commi 5 e 5.2 del Testo unico). In caso di indisponibilità di mezzi di
sostentamento, nel periodo di siffatta sospensione il richiedente fruisce delle
misure di accoglienza previste dallo schema.
Può valere ricordare, in materia di trattenimento,
come la direttiva 2003/9/CE prevedeva solo
che l'accoglienza dei richiedenti asilo in stato di trattenimento assicurasse
loro una qualità di vita adeguata alla situazione (art. 13). La direttiva n. 33
del 2013 ha modificato la precedente direttiva introducendo norme comuni
dettagliate sulla questione del trattenimento, al fine di garantire che i
richiedenti in stato di trattenimento vengano trattati nel pieno rispetto della
dignità umana. In particolare, la direttiva contiene un elenco dei presupposti
per il trattenimento e limitazioni alla sua durata; prevede particolari garanzie
per le persone vulnerabili, in particolare i minori; assicura il rispetto di
garanzie procedurali quali l’accesso all’assistenza legale gratuita e l'accesso
a informazioni scritte all’atto della presentazione di un ricorso contro un
provvedimento di trattenimento; introduce specifiche condizioni di accoglienza
per i centri di trattenimento, come l’accesso a spazi all’aria aperta e la
possibilità di comunicare con avvocati, ONG e familiari.
Articolo 7
(Condizioni
di trattenimento)
L'articolo disciplina - in rispondenza agli articoli
10 e 12 della direttiva n. 33 del 2013 - alcune modalità del trattenimento,
prescrivendo - al comma 1 - che esse
assicurino la piena assistenza e il pieno rispetto della dignità (è
formulazione già presente nell'articolo 14, comma 2 del Testo unico).
Insieme, quel comma prevede che sia assicurata la fruibilità di spazi
all'aperto e sia preservata, ove possibile, l'unità del nucleo familiare. Le richiedenti di sesso
femminile fruiscono di una sistemazione separata ed hanno rispettate le
differenze di genere.
Così l'accesso ai centri di
identificazione ed espulsione come la libertà di colloquio con i richiedenti
sono consentiti - ai sensi del comma 2
- ai rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
e delle organizzazioni che operano per suo conto, ai familiari, agli avvocati
dei richiedenti, ai rappresentanti degli enti di tutela dei rifugiati, agli altri soggetti indicati nelle direttive del
ministero dell'interno adottate ai sensi dell'articolo 21, comma 8 del d.P.R. n. 394 del 1999, attuativo del Testo unico. Quest'ultima disposizione così richiamata
prevede, a proposito del trattenimento: "Le
disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all'interno del centro,
comprese le misure strettamente indispensabili per garantire l'incolumità delle
persone, nonché quelle occorrenti per disciplinare le modalità di erogazione dei
servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza,
promozione umana e sociale e le modalità di svolgimento delle visite, sono
adottate dal prefetto, sentito il questore, in attuazione delle disposizioni
recate nel decreto di costituzione del centro e delle direttive impartite dal
Ministro dell'interno per assicurare la rispondenza delle modalità di
trattenimento alle finalità di cui all'articolo 14, comma 2, del testo unico".
Parrebbe
dunque demandata a direttiva ministeriale l'indicazione circa l'accesso ai
centri da parte dei ministri di culto, non ricompresi nel
comma in esame, per i quali altra disposizione del d.P.R.
n. 394 del 1999 (medesimo articolo 21, comma 1) prevede la libertà di
colloquio.
Le medesime direttive ministeriali possono - per
ragioni di sicurezza o di ordine pubblico o connesse alla gestione
amministrativa - limitare, non già del tutto impedire, l'accesso ai centri (comma 3).
Il richiedente è informato delle regole vigenti
nel centro e dei suoi diritti e obblighi, nella sua prima lingua o in altra
"che ragionevolmente si suppone che comprenda" (comma 4). È assicurata nei medesimi centri una verifica periodica della sussistenza delle condizioni
di vulnerabilità (definite al successivo articolo 16), al fine di valutarne la
compatibilità con la permanenza nel centro, ove si rendano necessarie misure
assistenziali particolari. Ed in caso di condizioni di salute incompatibili con
il trattenimento, questo viene meno (comma
5).
Articolo 8
(Misure
di prima accoglienza)
L'articolo
ridisegna le strutture di prima accoglienza, mediante una 'riconversione' degli
attuali centri per i richiedenti asilo (CARA) e centri di primo soccorso e
accoglienza governativi (CDA).
I
centri governativi di prima accoglienza così disciplinati hanno la funzione di
prima accoglienza e di consentire lo svolgimento delle operazioni necessarie
alla identificazione dello straniero, ove non sia stato possibile portarle a
termine nei centri di primo soccorso collocati nei luoghi di sbarco (la cui
prima previsione risale al decreto-legge n. 451 del 1995, per l'emergenza
sbarchi in Puglia).
Il comma 1 dispone che nelle nuove
strutture, dislocate a livello regionale o interregionale e istituiti con
decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza unificata, siano
espletate le operazioni occorrenti a: definire la posizione giuridica dello
straniero; verbalizzare la domanda di protezione e ad avviare la procedura di
esame della medesima; verificare le condizioni di salute del richiedente, anche
per accertare eventuali situazioni di vulnerabilità che richiedono servizi
speciali di accoglienza.
Per
i centri così istituiti (ove sono ospitati i richiedenti protezione
internazionale, nel tempo di svolgimento del procedimento di esame della
domanda di protezione), il comma 2
dispone che l'affidamento della gestione segua le procedure di affidamento dei
contratti pubblici.
I
centri possono essere gestiti da enti locali, anche associati, unioni o
consorzi di comuni, enti pubblici o enti privati che operano nel settore
dell'assistenza dei richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore
dell'assistenza sociale.
Il comma 3 prevede che la realizzazione
delle nuove strutture avvenga mediante la riconversione dei CARA - disciplinati
dall'articolo 20 del decreto legislativo n 25 del 2008, contestualmente
abrogato dall'articolo 24 dello schema - nonché dei CDA - istituiti ai sensi
del decreto-legge n. 451 del 1995 per l'emergenza sbarchi in Puglia, mantenuti dallo schema - questi ultimi se
destinati a tali funzioni con decreto ministeriali.
Il comma 4 precisa che l'accoglienza in
questo tipo di strutture deve essere disposta dal prefetto sentito il
dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.
L'accoglienza
è limitata al periodo di tempo necessario per completare l'identificazione se
non ultimata precedentemente, verbalizzare la domanda, avviare le procedure concernenti
l'esame, svolgere le visite mediche, verificare le condizioni di particolare
vulnerabilità.
Il comma 5 dispone che il richiedente che
ne faccia richiesta (anche se non siano state completate le procedure di esame
della sua domanda e non ne possa conoscere l'esito) sia trasferito in una
struttura di accoglienza del sistema Sprar, purché privo
di mezzi di sostentamento. Infatti, secondo quanto disposto dal successivo
articolo 13, comma 1, l'accesso alle strutture Sprar
è consentito solo ai richiedenti che dimostrino di non avere mezzi economici
sufficienti per mantenere se stessi e i familiari.
In
caso di temporanea indisponibilità di posti Sprar, il
richiedente tuttavia rimane nel centro di prima accoglienza.
La
relazione tecnica quantifica i costi, correlati all'attuazione dell'articolo 8,
con riferimento alla ristrutturazione di alcune strutture esistenti, alla
realizzazione di nuove - e alla dismissione di altre, per una pari ricettività,
le quali non risultino "funzionale ad una omogenea distribuzione di
richiedenti sul territorio nazionale".
L'obiettivo
è di 'mettere a regime' circa 2.000 posti, oggi assicurati solo per periodi
determinati ed emergenziali, onde raggiungere in modo stabile la complessiva
capienza della prima accoglienza di circa 10.500 posti.
Il
costo stimato di tale ristrutturazione è di circa 5,9 milioni, già presenti in
bilancio.
Articolo 9
(Modalità
di accoglienza)
L'articolo
individua i principi cui si devono uniformare le modalità di accoglienza nei
centri governativi di prima accoglienza.
Sono qui
richiamati i principi fondamentali che devono essere assicurati nell'erogazione
dei servizi di accoglienza - sunteggiando quanto previsto dall'articolo 10
della direttiva n. 33 del 2013.
Secondo
il comma 1, nei centri governativi
di prima accoglienza (attuali CARA e CDA) devono essere garantiti il rispetto
della sfera privata, comprese le differenze di genere, e delle esigenze
connesse all'età, la tutela della salute
e l'unità dei nuclei familiari più stretti (coniugi e parenti entro il primo
grado), la attivazione di misure necessarie a far fronte a bisogni delle
persone portatrici di esigenze particolari (vedi quelle enumerate all'articolo
16: disabili, minori, donne in gravidanza, anziani, vittime di tortura). Identica
disposizione è presente nell'articolo 10, comma 1 del d.P.R.
n. 21 del 2015, che reca il regolamento di attuazione del decreto legislativo n.
25 del 2008.
Il comma 2 consente ai soggiornanti in
questi centri di poter uscire durante le ore diurne, con obbligo di rientro
nelle ore notturne, con orari e modalità
stabiliti dalle linee guida adottate dal Dipartimento per le libertà civili e
l'immigrazione del Ministero dell'interno per regolamentare la vita nei
CARA. L'adozione di queste linee guida è
prevista dall'articolo 10 del d.P.R. n. 21 del 2015.
Il
soggiornante nel CARA può allontanarsi per periodi più lunghi solo per
rilevanti motivi personali o per motivi attinenti all'esame della domanda,
previa autorizzazione del prefetto. L'eventuale diniego di tale autorizzazione
deve essere motivato e comunicato all'interessato tempestivamente, nella sua
lingua o tramite un interprete (è disposizione già prevista nell'articolo 10
comma 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008, del quale lo schema prevede
l'abrogazione. Il riferimento all'articolo 10, comma 4 del decreto legislativo
n. 25 del 2008 compare anche nel regolamento di cui al d.P.R.
n. 21 del 2015, nel suo articolo 10,
comma 3).
Il comma 3 dispone che ai soggiornanti sia
assicurata la facoltà di comunicare con rappresentanti dell'UNHCR e delle altre
associazioni di tutela, con i propri familiari e con i rappresentanti legali.
Il comma 4 prevede che possano avere
accesso ai centri - fatte salve le limitazioni dovute a motivi di sicurezza - alcune
categorie di persone:
- i rappresentanti dell'Alto commissariato dell'ONU
per i rifugiati (UNHCR);
- i rappresentanti di organizzazioni che operano per
conto dell'UNHCR sulla base di accordi con esso;
- i familiari dei soggiornanti;
- gli avvocati e legali rappresentanti;
- i rappresentanti degli enti di tutela dei titolari
di protezione internazionale;
Possono
altresì essere autorizzati ad accedere ai CARA, secondo quanto disposto
dall'art. 12, comma 3 del d.P.R. n. 21 del 2015, e
secondo le modalità fissate nelle 'linee
guida' sopra citate:
- i sindaci; i
presidenti di provincia; i presidenti di giunta o di consiglio regionale e i
soggetti che in ragione dell'incarico istituzionale rivestito nell'ambito della
regione o dell'ente locale nella cui circoscrizione è collocato il centro, ne
abbiano motivato interesse;
- i rappresentanti degli organi di informazione
debitamente identificati.
Non si fa menzione dei ministri di culto.
Ai sensi
del comma 5 (e di quanto
analogamente disposto dall'articolo 11, comma 5 del d.P.R.
n. 21 del 2015) il personale del centro deve essere adeguatamente formato, e ha
l'obbligo di riservatezza sui dati e sulle informazioni relative alle persone
soggiornanti nel centro.
Il d.P.R. n 21 del
2015 impone tale riservatezza nei confronti dei richiedenti asilo accolti nei
Centri, non solo fino a che essi vi siano presenti ma anche dopo che lo abbiano
lasciato.
Articolo 10
(Misure
straordinarie di accoglienza)
L'articolo
disciplina l'attivazione di strutture temporanee nel caso in cui, a causa di
arrivi consistenti e ravvicinati di stranieri che giungono in Italia, il
sistema di accoglienza non riesca a far fronte all'emergenza e le strutture
esistenti non siano in grado di mettere a disposizione un numero sufficiente di
posti.
Già
nel 2014, nell'intesa sottoscritta il 10 luglio tra Governo, Regioni ed Enti
locali ("Piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini
extracomunitari") per
riordinare il sistema complessivo di accoglienza, era stato previsto che, per
far fronte alla saturazione del sistema derivante dall'altro numero di
stranieri giunti in Italia attraverso flussi non programmati, fosse possibile
da parte del Ministero dell'interno attivare strutture temporanee, in raccordo
con gli enti territoriali, per assicurare un'accoglienza di breve durata
diretta al soddisfacimento delle esigenze fondamentali ed immediate dei
richiedenti protezione, in attesa del trasferimento in altre strutture.
Le
strutture temporanee disciplinate in questo articolo dello schema sono
destinate ad accoglienza straordinaria, in caso di flussi ravvicinati e
numerosi. Paiono corrispondere a quelle previste nell'intesa citata, e
corrispondono a quelle indicate dalla direttiva 2013/33/UE all'articolo 19,
comma 9, lettera b, secondo la quale "in
casi debitamente giustificati gli Stati membri possono stabilire in via
eccezionale modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza diverse
da quelle previste nel presente articolo, per un periodo ragionevole e di
durata più breve possibile, qualora [...] le capacità di alloggio normalmente
disponibili siano temporaneamente esaurite".
Il comma 1 dell'articolo in esame dispone
che gli stranieri siano indirizzati in questo tipo di strutture previa
valutazione delle condizioni di salute, anche al fine di accertare se
sussistono esigenze particolari (valutazione della vulnerabilità dei soggetti).
Il comma 2 dispone - con erronea menzione dell'articolo 8, comma 1 dello schema, anziché del
suo articolo 9, comma 1 - che le strutture siano individuate dalle
prefetture secondo le normali procedure di affidamento dei contratti pubblici.
In casi di estrema urgenza tuttavia si può far ricorso alle procedure di affidamento
diretto (previste dal decreto-legge n. 451 del 1995, adottato nel periodo
dell'emergenza degli sbarchi in Puglia; il decreto ministeriale attuativo 233
del 1996, prevedeva altresì che "qualora se ne ravvisi la necessità, in
relazione al modificarsi dei flussi migratori, il Ministro dell'interno,
sentita la regione competente e compatibilmente con le dotazioni di bilancio,
può disporre con proprio provvedimento, anche su proposta del commissario
straordinario per l'immigrazione, l'attivazione di nuove strutture in altri
comuni o la chiusura, anche temporanea, di quelle esistenti").
Il comma 3 ribadisce che la permanenza
nelle strutture di assistenza di questo tipo deve durare per un tempo limitato,
in attesa del trasferimento del richiedente nelle strutture governative di
prima assistenza (previste e disciplinate dall'articolo 8 dello schema) o nelle
strutture facenti parte della rete del sistema Sprar
(di cui all'articolo 13 dello schema).
Articolo 11
(Condizioni
materiali di accoglienza)
Lo
schema in esame riordina la disciplina di tre tipologie di centri di prima accoglienza:
i Centri di identificazione ed espulsione (articolo 6); i Centri governativi di
prima accoglienza (articolo 8); le strutture temporanee appositamente istituite
per fronteggiare particolari situazioni di emergenza (articolo 10).
Allo
scopo di assicurare un livello uniforme di accoglienza in tutte le strutture
appartenenti a queste tre tipologie, l'articolo 11 dello schema dispone che la
fornitura di beni e servizi per il funzionamento dei centri sia regolata
secondo uno schema di capitolato di gara d'appalto adottato a livello centrale
dal Ministro dell'interno con un suo decreto.
La
disposizione riproduce quanto già previsto dal d.P.R.
n. 21 del 2015, che indica (articolo 11, comma 2) una serie di elementi
imprescindibili che debbono essere oggetto di questo schema di capitolato,
ossia:
-
un servizio di
gestione amministrativa;
-
un servizio di
mensa e fornitura di generi alimentari;
-
un servizio di
assistenza sanitaria;
-
un servizio di
mediazione linguistica e culturale;
-
un servizio di
orientamento legale;
-
un servizio di
insegnamento della lingua italiana e di orientamento al territorio;
-
un servizio di
selezione del personale del centro, compreso il direttore, che risponda a
determinate caratteristiche ed assicuri la funzionalità del centro anche nelle
ore notturne e nei giorni festivi.
Il comma
2 dell'articolo 11 prevede altresì che un regolamento individui e disciplini
forme di partecipazione e di coinvolgimento dei richiedenti nella vita e nelle
attività delle strutture che li ospitano.
Articolo 12
(Allontanamento
ingiustificato dai centri)
L'articolo
prevede che i migranti ospitati in strutture di prima accoglienza o in
strutture temporanee allestite in situazioni di emergenza non possano allontanarsene pena la decadenza
dalle condizioni di accoglienza disciplinate dalla normativa.
Le
conseguenze in caso di allontanamento ingiustificato sono previste
dall'articolo 23-bis del decreto
legislativo n. 25 del 2008, introdotto dall'articolo 24, comma 1, lettera r) dello schema. Questo dispone la
sospensione della procedura di esame della domanda qualora il richiedente si
allontani senza motivo dal centro di accoglienza o dal centro di
identificazione ed espulsione in cui soggiorna, prima di aver sostenuto il
colloquio davanti alla Commissione territoriale.
Il
colloquio con il richiedente asilo è il momento in cui la Commissione
territoriale competente per il riconoscimento dello status di protezione
acquisisce direttamente dall'interessato tutte le informazioni (storia
personale, motivi del viaggio, informazioni sulle condizioni familiari e
sociali prima della partenza, e altro) per valutare la sua domanda. Lo
svolgimento del colloquio è disciplinato dall'articolo 12 del decreto
legislativo n. 25 del 2008, modificato dal decreto-legge n. 119 del 2014 (e
ulteriore modifica è prevista nel presente schema, introducendo la possibilità
si faccia a meno del colloquio, in casi particolari). Secondo le disposizioni
vigenti, il colloquio si svolge alla presenza di uno solo dei componenti della
Commissione territoriale, muniti di specifica formazione, possibilmente dello
stesso sesso del richiedente asilo e con la partecipazione di un interprete. Il
componente che effettua il colloquio sottopone le sue impressioni e le sue
proposte agli altri membri della Commissione, che prende la decisione
collegiale. In alcuni casi, se la Commissione ritiene che il richiedente abbia
già fornito (alla polizia, al momento della richiesta di protezione)
sufficienti elementi a sostegno della sua richiesta, può decidere di omettere
il colloquio. A termini di legge il colloquio con la Commissione dovrebbe
svolgersi entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, e la decisione
dovrebbe essere presa entro i successivi quattro giorni (ma i tempi effettivi
si protraggono più a lungo).
Il
procedimento sospeso può essere riaperto a richiesta dell'interessato entro
dodici mesi dalla sospensione. Trascorso tale termine la Commissione dichiara
il procedimento estinto. Solo per gravi motivi, valutati secondo modalità
speciali, il Presidente della Commissione può valutare il riesame della domanda
dopo tale termine. Le procedure sono previste regolate dal comma 1-bis dell'articolo 29 del decreto
legislativo n. 25 del 2008 (introdotto dall'articolo 24, comma 1, lettera z) dello schema).
Sotto
il profilo procedurale, gli effetti dell'allontanamento ingiustificato sono
previsti dall'articolo 28, par. 1, lettera b)
e par. 2 della direttiva n. 32 del 2013, che si vanno a recepire con
l'articolo 22, lettere a) e b) dello schema, circa la revoca delle
misure di accoglienza.
Articolo 13
(Sistema
di accoglienza territoriale)
L'articolo
delinea il sistema di accoglienza sul territorio dei migranti che abbiano presentato
domanda di protezione internazionale e che non si trovino in condizioni di
irregolarità.
Il
sistema di accoglienza sul territorio, che viene indicata con l'acronimo SPRAR
(Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati), si basa sulla
rete di enti locali.
Il
sistema di accoglienza territoriale è stato istituzionalizzato dalla legge n.
189 del 2002, che ha modificato il decreto-legge n. 416 del 1989 ("Norme
urgenti in materia di asilo politico, ingresso e soggiorno di cittadini
extracomunitari e regolarizzazione di cittadini extracomunitari e apolidi").
In particolare il sistema di accoglienza territoriale e il suo finanziamento
sono oggetto degli articoli aggiuntivi 1-sexies
e 1-septies del decreto-legge, volti
ad introdurre un sistema di accoglienza pubblico, diffuso su tutto il
territorio italiano con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e
locali secondo una condivisione di
responsabilità tra Ministero dell'Interno ed enti locali.
Gli
enti locali aderiscono al sistema Sprar su base
volontaria e attuano i progetti con il supporto delle realtà del terzo settore.
A coordinare lo Sprar è il Servizio centrale,
attivato dal ministero dell'Interno e affidato con convenzione all’Associazione
nazionale dei comuni italiani (Anci). Ai sensi della normativa vigente i
progetti di accoglienza integrata vengono finanziati annualmente dal ministro
dell'interno, coprendo i costi complessivi dei vari servizi forniti dai
territori nella misura massima dell'80%. Il finanziamento è a carico del Fondo
nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, istituito dalla legge 30
luglio 2002, n. 189, che ha modificato il decreto legge n. 416 del 1989 e nel
quale confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione
del ministero dell'interno, sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati.
Gli
articoli 13 e 14 dello schema corrispondono a - e sostituiscono - gli articoli
5 e 6 del decreto legislativo n. 140 del 2005. Rispetto alle disposizioni ora
vigenti, lo schema in esame pare voler dare maggiore rilievo all'accoglienza
nell'ambito del sistema della rete Sprar.
Secondo
quanto disposto dal comma 1, le
misure di accoglienza predisposte entro il sistema Sprar
a beneficio di richiedenti protezione che abbiano formalizzato la domanda e
siano privi di mezzi adeguati per assicurare a se stessi e alle loro famiglie
una qualità di vita adeguata, sono finanziati - in deroga alle disposizioni
vigenti - anche oltre il limite dell'80%
previsto.
Il comma 2 dispone che la predisposizione
dei progetti di accoglienza e dei servizi svolti dagli enti locali si basi su
linee guida indicate dal ministero.
Ciascun ente locale elabora progetti in linea con le necessità e i
criteri indicati dal ministero e - per finanziarli - presenta un'apposita
domanda di ammissione al contributo. Le linee guida e le modalità di
presentazione delle domande di contributo sono oggetto di un decreto
ministeriale che il Ministro dell'interno emana sentita la Conferenza unificata
Stato-città ed autonomie locali e Stato-Regioni. Il decreto deve prevedere e
regolamentare anche la predisposizione di servizi rivolti a persone con
esigenze particolari, come minori, minori non accompagnati, disabili, anziani,
donne in stato di gravidanza, persone affette da malattie mentali o vittime di
violenza, torture, mutilazioni genitali (categorie oggetto delle disposizioni
specifiche contenute nell'articolo 16 dello
schema).
La
valutazione dei mezzi di sussistenza dei richiedenti asilo viene effettuata
(come avviene anche ora ai sensi dell'articolo 5, comma 3 del decreto
legislativo n. 140 del 2005) dalla Prefettura.
Il comma 3 indica l'importo annuo dell'assegno sociale come parametro per valutare la
misura dei mezzi di sussistenza ritenuti sufficienti al sostentamento autonomo
del richiedente asilo, al di sotto dei quali egli possa accedere ai servizi di
accoglienza.
L'importo
annuo dell'assegno sociale per il 2015 (comunicato dall'INPS con la circolare
n. 1 del 9 gennaio 2015) è di 5.830,63 euro annui, pari a 448,50 euro mensili,
a 15,97 euro giornalieri.
La
disposizione introdotta con questo comma è intesa a ricondurre i parametri per
la valutazione dello stato di indigenza dei richiedenti protezione alle
prestazioni economiche erogate ai cittadini italiani in condizioni disagiate.
L'esperienza
ha dimostrato, invero, che quasi tutti i richiedenti protezione internazionale
risultano privi di reddito. Ad ogni modo, la
previsione così posta modifica la vigente normativa, secondo la quale la
valutazione della insufficienza dei mezzi di sussistenza è (effettuata sulla
base dei criteri applicati alla concessione del permesso di soggiorno per
motivi di turismo, definiti dalla direttiva del Ministro dell'interno del 1
marzo 2000 e) pari alla disponibilità di una somma non inferiore alla metà
dell'assegno sociale, oltre ad una somma sufficiente per l'iscrizione al SSN o
alla sottoscrizione di un'assicurazione sanitaria.
La
direttiva del 1 marzo 2000 reca in una tabella gli importi di reddito previsti,
a livello annuale e giornaliero per una persona che intenda soggiornare nel
territorio dello stato con un visto turistico.
Tale
somma è pari a 28,45 euro al giorno (che su base mensile consiste dunque in un
reddito di livello più alto rispetto a quello previsto dal comma 3 in esame).
I commi
da 4 a 6 disciplinano la durata del periodo durante il quale è assicurata al
richiedente l'accoglienza.
Il comma 4 prevede che le misure di
accoglienza siano assicurate per tutto il periodo in cui si svolge il
procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale
competente, fino al momento della decisione.
Se la
Commissione territoriale rigetta la domanda, la durata dell'accoglienza è
commisurata a quella del ricorso giurisdizionale. Le misure di accoglienza pertanto
continuano ad essere assicurate fino alla scadenza del termine per
l'impugnazione della decisione.
La
relazione tecnica allo schema di decreto informa che nel 2014 il numero dei
ricorsi presentati è stato di 8224, con una durata media del tempo di
trattazione pari a 178 giorni.
La
sua stima della spesa conseguente alla commisurazione dell'accoglienza alla
durata del ricorso è di circa 56,35 milioni annui (dove il costo giornaliero
individuale dell'accoglienza presso lo Sprar è di 35
euro).
Com'è
noto, avverso la decisione della Commissione territoriale è ammesso il ricorso
davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. Le disposizioni relative
all'impugnazione sono regolate dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2011 ("Riduzione e
semplificazione dei procedimenti civili di cognizione"). Esso dispone che
le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti di revoca o
cessazione dello status di rifugiato sono regolate con il rito sommario di
cognizione e vengono trattate in ogni grado in via di urgenza. E' competente il
tribunale del capoluogo del distretto di Corte d'appello in cui ha sede la
Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale. I termini
per il ricorso sono previsti in trenta giorni dalla notificazione del provvedimento (sessanta giorni se il
ricorrente risiede all'estero) oppure in 15 giorni in caso di
trattenimento.
Il
ricorrente ha dunque diritto di godere dell'accoglienza accordata ai sensi
dell'articolo 13 dello schema in esame per tutto il tempo per il quale è
autorizzato a rimanere nel territorio nazionale (secondo la disciplina dei
ricorsi prevista dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2011). In
particolare, se viene presentato ricorso contro la decisione della Commissione
territoriale, la proposizione del ricorso sospende automaticamente l'efficacia
esecutiva del provvedimento impugnato (tranne che nelle ipotesi in cui il
ricorso venga proposto da soggetti che hanno presentato domanda dopo essere
stati fermati per avere eluso i controlli o dopo essere stati fermati in
condizioni di soggiorno irregolare, da soggetti che sono trattenuti nei CIE per
essere oggetto di un provvedimento di espulsione o respingimento, perché sono
stati condannati in Italia per una serie di reati, o perché rientrano nei casi
di esclusione previsti dall'articolo 1 paragrafo F della Convenzione di
Ginevra, che enumera una serie di crimini e reati di rilievo internazionale).
Il
ricorso contro la decisione di rigetto della domanda non sospende l'efficacia del provvedimento impugnato quando la
domanda sia stata presentata da un soggetto che si è allontanato dal centro di
accoglienza senza averne diritto, o se la domanda sia stata respinta con
motivazioni di manifesta infondatezza (elenco delle ipotesi enumerate nell'art.
19, comma 4 del decreto legislativo n. 150 del 2011). In questi casi il
ricorrente deve presentare un'istanza di sospensione al tribunale. Fino alla
decisione su questa istanza il ricorrente ha diritto a rimanere nel territorio
nazionale ma non può allontanarsi dalla struttura o dal centro in cui è
ospitato. Se l'istanza di sospensione viene accolta, al ricorrente viene
rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di asilo, e ne viene disposta
l'accoglienza.
Se in
capo ai ricorrenti sussistono (e permangono) i presupposti per il trattenimento
nei CIE (pericolosità sociale, motivi di ordine pubblico, irregolarità della
posizione giuridica, mancanza di documenti, tentativo di fuga), essi debbono
rimanervi non solamente per il tempo necessario al giudice per decidere
sull'istanza di sospensione, ma per tutto il tempo in cui sono autorizzati a
rimanere nel territorio nazionale in conseguenza del ricorso giurisdizionale
proposto. In questi casi i richiedenti
asilo la cui domanda sia stata rigettata e che abbiano fatto ricorso, non
possono lasciare i Centri in cui sono alloggiati.
Il comma 5 prevede che quando tali
requisiti vengono meno e il ricorrente abbia ottenuto la sospensione del
provvedimento impugnato, se è privo di mezzi di sostentamento può essere
accolto nei centri governativi di prima accoglienza previsti dall'articolo 8
dello schema.
Il comma 6 dispone che ai ricorrenti
trattenuti nei centri di accoglienza da ultimo citati sia prorogata - per il
periodo di sospensione del provvedimento impugnato - la validità dell'attestato nominativo che
certifica la loro qualità di richiedenti protezione internazionale.
Quando
tuttavia i ricorrenti, pur non più trattenuti nei CIE, si trovano nelle
condizioni descritte nell' articolo 6, comma 1, lett. a), b), c) dello schema di decreto in esame (che descrivono
situazioni di particolare criticità e pericolosità per l'ordine pubblico, la
sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale), ad essi possono essere imposte
particolari misure cautelari.
Tali
misure (previste dal comma 1-bis
dell'articolo 14 del TU 286/1998) sono: obbligo di dimora; ritiro del
passaporto; obbligo di presentarsi periodicamente ad un ufficio di polizia.
Articolo 14
(Modalità
di accesso al sistema di accoglienza territoriale)
L'articolo
(corrispondente all'articolo 6 del decreto legislativo n. 140 del 2005)
disciplina nel dettaglio le modalità di accesso al sistema di accoglienza
territoriale dello straniero che si trovi in Italia ed abbia presentato la
richiesta di riconoscimento di protezione internazionale (o intenda farlo).
Secondo
quanto dispone l'articolo 13 dello schema, i richiedenti protezione
internazionale sono ammessi, se privi di mezzi di sostentamento,
all'accoglienza nelle strutture facenti parte della rete Sprar. A tale fine essi devono presentare alla
Questura una domanda nella quale dichiarano di non essere in possesso di
sufficienti mezzi di sussistenza per sé e per la propria famiglia - condizione
che, ai sensi del precedente articolo 13, consente a chi ha formalizzato la
domanda di protezione di essere accolto nel sistema Sprar.
Dato che
la valutazione dell'insufficienza dei mezzi economici viene svolta dalla
Prefettura, la domanda dev'essere trasmessa alla Prefettura. Una volta
accertata la validità del requisito, la Prefettura provvede, secondo le modalità stabilite con un provvedimento del
Capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero
dell'interno, a verificare la disponibilità di posti all'interno del sistema di
accoglienza Sprar.
E'
sempre la Prefettura ad organizzare il trasferimento dei soggetti richiedenti
presso le strutture di destinazione, nel
caso avvalendosi anche di mezzi di trasporto messi a disposizione dai gestori
stessi.
L'accoglienza
è subordinata alla effettiva residenza dei soggetti presso quelle strutture che
sono state individuate e determinate dalla Prefettura, la quale può, per
determinate esigenze e con motivate ragioni, disporre il trasferimento presso
strutture diverse, anche ubicate in altre province (ma in tal caso il
trasferimento è disposto dal Dipartimento per le libertà civili e
l'immigrazione).
Secondo
l'articolo 7 della direttiva n. 33 del 2013, "gli Stati membri possono
subordinare la concessione delle condizioni materiali di accoglienza
all'effettiva residenza del richiedente in un determinato luogo, da
determinarsi dagli Stati membri".
Sia la
Questura sia la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione
internazionale vengono informate dell'indirizzo della struttura di accoglienza
prescelta, per la notifica delle comunicazioni degli atti relativi al
procedimento di esame della domanda nonché di ogni altro atto.
E'
consentito l'accesso nelle strutture di accoglienza di legali rappresentanti
del richiedente o di personale dell'UNHCR nonché dei rappresentanti degli enti
di tutela, al fine di prestare assistenza ai richiedenti. Avverso il
provvedimento di diniego delle misure di accoglienza è ammesso il ricorso al
TAR territorialmente competente.
La
disciplina vigente - posta dal decreto legislativo n. 140 del 2005 (articolo 6,
comma 7), che fa rinvio all'articolo 1-sexies,
comma 3, lettera c) del decreto-legge
n. 416 del 1989 - prevede la corresponsione di un contributo economico di prima
assistenza in favore del richiedente asilo non accolto nel sistema di
accoglienza territoriale per mancanza di posti. Tale previsione non è ribadita nello schema, e pertanto, posta
l'abrogazione del decreto legislativo n. 140 del 2005 in esso prevista,
verrebbe meno.
Articolo 15
(Forme
di coordinamento nazionale e regionale)
L'articolo
dispone che il sistema di accoglienza territoriale e le relative misure volte a
favorire l'integrazione di beneficiari di protezione internazionale, si
sviluppi secondo linee di indirizzo e di programmazione individuate da un
apposito Tavolo di coordinamento nazionale.
Questo
organo è già esistente ed è previsto dal comma 3 dell'articolo 29 del decreto
legislativo n. 251 del 2007 (recante "Attuazione della Direttiva
2004/83/CE recante norme minime per il riconoscimento dello status di rifugiato
o di persona bisognosa di protezione internazionale").
Il
Tavolo di coordinamento nazionale, insediato presso il Dipartimento per le
libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno è composto da
rappresentanti del Ministero dell'interno,
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle Regioni,
dell'Unione delle province d'Italia (UPI) e dell'Associazione nazionale dei
comuni italiani (ANCI), ed è integrato, in sede di programmazione delle misure,
con un rappresentante del Ministro delegato alle pari opportunità, un
rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR), un rappresentante della Commissione nazionale per il diritto di asilo
e, a seconda delle materie trattate, con rappresentanti delle altre
amministrazioni o altri soggetti interessati. Il Tavolo di coordinamento
nazionale predispone ogni due anni - salva la necessità di un termine più breve
- un Piano nazionale che individua le linee di intervento per realizzare
l'effettiva integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. Tale
piano è adottato secondo indirizzi sanciti da un'intesa con la Conferenza
unificata.
L'articolo
in esame prevede che nella programmazione degli interventi diretti a
ottimizzare il sistema di accoglienza, il Tavolo di coordinamento includa i
criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare all'accoglienza.
I
criteri sono elaborati d'intesa con la Conferenza unificata Stato-città ed
autonomie sociali e Stato-Regioni.
Il Piano
nazionale per l'accoglienza, con il quale si sviluppa il programma di
interventi, dev'essere adottato con cadenza più ravvicinata rispetto ai due
anni attuali. Se ne prevede infatti un approntamento annuale, salvo necessità
di un termine più breve.
Presso
le Prefetture nei capoluoghi di regione, sono insediati Tavoli di coordinamento
regionale, con il compito di attuare a livello regionale le linee di indirizzo
e la programmazione predisposti dal Tavolo nazionale.
La
composizione e le modalità operative dei tavoli di coordinamento regionale sono
disciplinati da un decreto del Ministro dell'interno.
In ogni
caso rimane ferma la norma in esame stabilisce che la partecipazione a questi
organi non dia luogo ad alcun tipo di compenso, gettoni, indennità, emolumenti
o rimborsi.
Articolo 16
(Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari)
L'articolo
individua i richiedenti asilo che rientrano nelle categorie vulnerabili che necessitano di forme di assistenza
particolari nella prestazione delle misure di accoglienza (in attuazione delle
previsioni degli articoli 21, 22 e 25 della direttiva 'accoglienza' 2013/33/UE,
e in parte dell’articolo 24 della direttiva 'procedure' 2013/32/UE).
La
disposizione individua, al comma 1,
le seguenti categorie di persone vulnerabili: minori, minori non accompagnati;
disabili; anziani; donne in stato di gravidanza; genitori singoli con figli
minori; vittime di tratta di esseri umani; persone affette da gravi malattie e
o disturbi mentali; persone per le quali sia stato accertato che hanno subito
torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale;
vittime di mutilazioni genitali.
Tale
individuazione è aderente alla definizione prevista dall’art. 21 della
direttiva 'accoglienza', con l’avvertenza che, mentre nella direttiva sono
citate le vittime di mutilazioni genitali femminili come esempio di persone che
hanno subito torture o altre violenze, nello schema di recepimento sono
esplicitate quale categoria distinta.
Attualmente
le categorie di persone vulnerabili indicate dall’articolo 8, comma 1, del
decreto legislativo n. 140 del 2005 sono: minori, disabili, anziani, donne in
stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, vittime di tortura,
vittime di violenza sessuale o di altre gravi forme di abuso psicologico o
fisico.
Rispetto
alla normativa vigente, che già prevede all’articolo 8 del decreto legislativo n.
140 del 2005 l’attivazione di misure specifiche nei confronti delle persone
portatrici di esigenze particolari, si segnala che lo schema di decreto
prevede, in sintonia con le novità della direttiva 2013/33/UE, nuove categorie come le vittime della tratta degli esseri umani, le
persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali e le vittime di
mutilazioni genitali. Inoltre, accanto ai minori sono specificati anche i
minori non accompagnati.
Si ricorda che la tratta di esseri umani è espressamente punita nel nostro ordinamento dall'entrata in vigore della legge n. 228 del 2003, con la quale sono stati riscritti gli articoli del codice penale già relativi alla riduzione in schiavitù (artt. 600, 601 e 602). Dal punto di vista della prevenzione dei reati e dell’assistenza alle vittime degli stessi, la legge del 2003 ha previsto:
· l'istituzione, presso la Presidenza del consiglio dei ministri, del Fondo per le misure anti-tratta. Si tratta di un Fondo destinato al finanziamento di programmi di assistenza e integrazione sociale in favore delle vittime dei reati nonché delle altre finalità di protezione sociale di cui all’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione;
· l’istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.) e di tratta di persone (art. 601), allo scopo di assicurare, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria, salva comunque l’applicabilità delle disposizioni di carattere umanitario di cui all’articolo 18 del TU immigrazione, qualora la vittima del reato sia una persona straniera;
· la previsione di speciali politiche di cooperazione nei confronti dei Paesi interessati dai reati, da attuarsi da parte del Ministero degli affari esteri, organizzando “incontri internazionali e campagne di informazione anche all'interno dei Paesi di prevalente provenienza delle vittime del traffico di persone”.
La definizione delle condotte punibili a titolo di tratta è stata poi da ultimo ampliata dal decreto legislativo n. 24 del 2014, che ha dedicato attenzione anche al profilo del risarcimento delle vittime. In particolare, il decreto legislativo ha previsto un indennizzo per le vittime della tratta, determinato in 1.500 euro per ogni vittima, nei limiti della disponibilità del suddetto Fondo della Presidenza del Consiglio.
Le circostanze che comportano un
aumento delle pene in caso di commissione dei delitti di tratta sono state da
ultimo modificate dalla legge n. 108 del 2010, che ha appositamente inserito
nel codice penale l'art. 602-bis.
Per quanto riguarda invece le mutilazioni genitali femminili, la legge n. 7 del 2006 detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere tali pratiche, ritenute violazioni dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine.
Tale legge, in particolare, ha introdotto nel codice penale un'autonoma fattispecie di reato (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, art. 583-bis) che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili (clitoridectomia, escissione, infibulazione ed altre analoghe pratiche).
Quando la mutilazione sia di natura diversa dalle precedenti e sia volta a menomare le funzioni sessuali della donna, la pena è la reclusione da 3 a 7 anni; una specifica aggravante (pena aumentata di un terzo) è prevista quando le pratiche siano commesse a danno di un minore ovvero il fatto sia commesso a fini di lucro.
L'art. 583-bis - previa richiesta del Ministro della giustizia - stabilisce la punibilità delle mutilazioni genitali femminili, anche se l'illecito è commesso all'estero da cittadino italiano (o da straniero residente in Italia) o in danno di cittadino italiano (o di straniero residente in Italia).
Pesanti pene accessorie sono previste dalla legge (art. 583 ter c.p.) nei confronti dei medici condannati per mutilazioni genitali: interdizione dall'esercizio della professione per un periodo da 3 a 10 anni; comunicazione della sentenza di condanna all'Ordine dei medici chirurgi e degli odontoiatri.
Attraverso l'inserimento dell'art. 25-quater.1 nel decreto legislativo n. 231 del 2001 (in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato) la legge ha disposto specifiche sanzioni interdittive e pecuniarie (da 300 a 700 quote) a carico degli enti nella cui struttura è commesso il delitto di cui all'art. 583-bis.
La medesima legge, inoltre, ha previsto campagne informative e di sensibilizzazione delle popolazioni in cui tali pratiche sono più diffuse nonché una più adeguata formazione del personale sanitario, oltre che l'istituzione di un numero verde volto sia a ricevere segnalazioni che a fornire informazioni e assistenza ai soggetti coinvolti nella pratica delle mutilazioni genitali femminili.
Per quanto concerne, infine, le persone affette da disturbi mentali, il decreto del Ministero dell’Interno del 5 agosto 2010 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 settembre 2010, n. 229) ha previsto la possibilità di realizzare interventi di accoglienza specificatamente dedicati alla presa in carico di persone con disagio mentale, di carattere psicologico e psichiatrico.
Ai
sensi del successivo comma 2, i
richiedenti protezione internazionale identificati come vittime della tratta di
essere umani sono inseriti anche nei programmi e percorsi di assistenza
destinati a tale categoria ai sensi dell’articolo 18, comma 3-bis, del Testo unico.
In proposito, l’articolo 18, comma 3-bis, del Testo unico dell'immigrazione, introdotto dal decreto legislativo n. 24 del 2014 (che ha recepito la direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime) ha previsto l’adozione di un Programma unico di emersione, assistenza ed integrazione in favore di stranieri (compresi i cittadini UE) vittime di tratta e riduzione in schiavitù nonché di stranieri vittime di violenza o di grave sfruttamento che corrano concreti pericoli per la loro incolumità (sia per i tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o per le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio).
Il Programma di emersione prevede, transitoriamente, la garanzia alle vittime di un adeguato alloggio, vitto e assistenza sanitaria e, a regime, la prosecuzione del programma di assistenza e dell'integrazione sociale. I contenuti del Programma sono definiti, entro sei mesi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro della salute, acquisita l'intesa in sede di Conferenza Unificata.
I servizi
speciali di accoglienza per le persone vulnerabili garantiscono misure
assistenziali particolari ed un adeguato supporto psicologico e sono assicurati
anche in collaborazione con la ASL competente per territorio.
Tali
servizi sono innanzitutto assicurati all’interno dei centri governativi di prima
accoglienza (v. supra,
articolo 8), dove, di norma, sono espletate le procedure di identificazione e
accertate le eventuali situazioni di vulnerabilità (comma 3).
I servizi sono individuati con lo stesso decreto
ministeriale previsto all’articolo 11 dello schema per l’adozione del
capitolato di gara d’appalto per la fornitura di beni e servizi nei centri di
accoglienza.
Al
tempo stesso, speciali servizi di
accoglienza per le categorie di persone vulnerabili sono previsti nell’ambito
del sistema di accoglienza territoriale di cui all’articolo 13 (SPRAR).
Tali servizi sono individuati con il decreto
ministeriale, che proprio ai sensi del citato articolo 13 detta le linee guida
per la predisposizione dei servizi da assicurare dal sistema di accoglienza territoriale
(comma 4).
Le
disposizioni dei commi 3 e 4 riproducono sostanzialmente quanto attualmente
previsto dall’articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. n. 140 del 2005.
Pur
rinviando ai decreti ministeriali la concreta individuazione dei servizi
speciali di accoglienza, il comma 5
stabilisce, in via generale, il criterio in base al quale i richiedenti adulti
portatori di esigenze particolari sono alloggiati, ove possibile, insieme ai
parenti adulti già presenti nelle strutture di accoglienza.
Come
chiarito al comma 6, i servizi speciali
predisposti nelle diverse strutture di accoglienza devono assicurare una
valutazione iniziale e una verifica periodica della sussistenza delle
particolari condizioni di vulnerabilità da parte di personale qualificato.
Tale
disposizione sembrerebbe porsi in attuazione di quanto previsto sia dall’articolo
24 della direttiva 2013/32/UE, sia dall’articolo 22 della direttiva 2013/33/UE,
nella parte in cui prevedono che gli Stati membri assicurano che il sostegno
fornito ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari tenga conto
delle loro esigenze di accoglienza durante l’intera procedura di asilo e
provvedono a un appropriato controllo della loro situazione.
Per contro, merita ricordare che le medesime
disposizioni europee citate richiedono che la valutazione delle particolari
esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili non debba assumere la forma
di una procedura amministrativa.
Il comma 7 dispone che il gestore del
centro comunichi la sussistenza di esigenze particolari alla prefettura presso
la quale è insediata la Commissione territoriale competente ad esaminare la
domanda di riconoscimento della protezione internazionale. Tale obbligo di
comunicazione è funzionale a garantire le particolari tutele procedurali
previste nel colloquio personale che il richiedente può sostenere davanti alla
commissione territoriale ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 25 del 2008.
Tale disposizione, infatti, prevede al comma 2 (parte
non modificata dalle novelle introdotte dal Capo II dello schema in esame) che
in presenza di straniero portatore di particolari esigenze, lo stesso può
essere assistito nel colloquio da personale di sostegno.
Il comma 8, in sintonia con le previsioni
dell’articolo 25 della direttiva 2013/33/UE, riconosce che le persone che hanno
subito danni per effetto di torture, stupri o altri gravi atti di violenza,
abbiano il diritto di accedere ad assistenza
o cure mediche e psicologiche appropriate, secondo quanto previsto dalle linee
guida del Ministero della salute per la programmazione degli interventi di
assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei
beneficiari di protezione internazionale che hanno subito violenze, introdotte
dal decreto legislativo n. 18 del 2014 (che ha recepito la nuova direttiva 'qualifiche').
Il personale sanitario coinvolto deve ricevere specifica formazione ed è tenuto
all’obbligo di riservatezza.
A tale
fine, il citato decreto legislativo ha novellato l’articolo 27 del decreto legislativo,
introducendovi un comma 1-bis, che
prevede l'adozione, da parte del Ministero della salute, di linee guida per la
programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il
trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e
dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre
forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, compresi eventuali
programmi di formazione e aggiornamento specifici rivolti al personale
sanitario.
In tal
modo è stata recepita una integrazione apportata dalla direttiva di rifusione
2011/95/UE che include il trattamento dei disturbi psichici tra le misure di
assistenza sanitaria che gli Stati membri devono garantire ai beneficiari di
protezione internazionale (art. 30, § 2).
Non
risulta che tali linee guida siano state ancora adottate.
Per
quanto concerne l’assistenza sanitaria, si ricorda che la nuova direttiva
“accoglienza” introduce l’obbligo specifico per gli Stati membri di garantire
il trattamento essenziale di gravi disturbi mentali e comprendere
nell’assistenza medica, ove necessarie, appropriate misure di assistenza
psichica (art. 19).
Articolo 17
(Disposizioni sui minori)
L’articolo 17 detta alcune principi
fondamentali relativi all’accoglienza dei minori - in attuazione delle
previsioni dell’articolo 23 della direttiva 2013/33/UE, che con tali
disposizioni e con quelle contenute nel successivo articolo 24 intende
rafforzare le tutele nei confronti dei minori nell’ambito delle politiche di
asilo.
In
particolare, la disposizione stabilisce il carattere di priorità del superiore
interesse del minore che costituisce criterio guida nell’applicazione delle
misure di accoglienza disciplinate dallo schema di decreto, in conformità alle
previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989,
ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 (comma 1).
Con
tale finalità, il comma 2 prevede
che si proceda:
· all’ascolto del minore, tenendo conto della sua età,
del suo grado di maturità e di sviluppo personale, anche al fine di conoscere
le esperienze pregresse e valutare il rischio che il minore sia vittima di
tratta di esseri umani;
· a verificare la possibilità di ricongiungimento
familiare, conformemente alle previsioni dell’art. 8, par. 2, del regolamento
UE n. 604/2013.
La
disposizione richiamata stabilisce che ove il richiedente la protezione sia un
minore non accompagnato che ha un parente presente legalmente in un altro Stato
membro e qualora sia accertato in base a un esame individuale che il parente
può occuparsi di lui/lei, detto Stato membro provvede al ricongiungimento del
minore con il(i) parente(i), purché ciò sia nell’interesse superiore del
minore.
Nel nostro ordinamento, il quadro normativo vigente prevede che per garantire il diritto all’unità familiare del minore e ad adottare le conseguenti misure di protezione, i minori stranieri non accompagnati possono essere rimpatriati attraverso la misura del rimpatrio assistito. Il provvedimento può essere adottato solo se, in seguito a un’indagine specifica (c.d. indagini familiari), attivata e svolta dalla Direzione generale del Ministero del lavoro anche nel Paese d’origine del minore o in Paesi terzi, si ritiene che il rimpatrio sia opportuno nell’interesse del minore. Per l'espletamento delle indagini familiari nei Paesi di origine, la Direzione generale può avvalersi di idonei organismi internazionali e attualmente si avvale dell''OIM- Organizzazione internazionale per le Migrazioni.
Il rimpatrio assistito è disposto dalla Direzione ministeriale e viene eseguito accompagnando il minore fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili del Paese d’origine. A differenza dell’espulsione, il rimpatrio non comporta il divieto di reingresso per dieci anni.
In generale, se la Direzione generale del Ministero del lavoro valuta che sia nell’interesse del minore restare in Italia, dispone il “non luogo a provvedere al rimpatrio” e segnala la situazione del minore alla magistratura e ai servizi sociali per l’eventuale affidamento.
In caso contrario, la Direzione generale, sulla base delle informazioni ottenute all'esito delle attività di indagine familiare, può adottare il provvedimento di rimpatrio assistito di cui all'art. 7 del d.P.C.M. 535/1999. Ai fini dell'adozione del provvedimento, è necessaria la manifesta ed espressa volontà del minore capace di discernimento al rimpatrio, accertata dagli organi competenti, e deve essere valutata l'opinione espressa in merito al rimpatrio assistito da parte del tutore o di altre persone legalmente responsabili del minore in Italia.
Nel caso in cui ritenga che il rimpatrio non sia nel suo interesse, il minore ha diritto di presentare, per il tramite dei genitori o del tutore, ricorso alla magistratura per ottenere l’annullamento del provvedimento (articolo 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e articolo 7 del d.P.C.M. 535/1999).
Il comma 3, recependo le previsioni
dell’articolo 23, par. 5, della direttiva 'accoglienza', prevede che i figli
minori dei richiedenti e i richiedenti minori siano alloggiati assieme ai loro
genitori, i fratelli minori non coniugati o gli adulti legalmente responsabili
ai sensi degli articoli 343 ss. c.c., che dettano le norme sulla tutela legale
del minore.
La direttiva (ma non il testo dell’articolo 17)
condiziona la comunione di alloggio alla valutazione circa il superiore interesse
del minore.
Il comma 4
prescrive che nella predisposizione dei servizi di accoglienza siano garantiti
servizi destinati alle esigenze della minore età, comprese le esigenze
ricreative.
Sul
punto, la direttiva richiede, più specificamente, agli Stati membri di
provvedere affinché i minori possano svolgere attività di tempo libero,
compresi il gioco e le attività ricreative consone alla loro età, all’interno
dei locali e dei centri di accoglienza e attività all’aria aperta.
Da
ultimo, il comma 5 richiama
l’obbligo di una specifica formazione per gli operatori che si occupano dei
minori, conformemente a quanto richiesto in via generale dall’articolo 29 della
direttiva 2013/33/UE.
Non è
oggetto di una specifica disposizione di recepimento nell’ambito dello schema
di decreto in esame il paragrafo 4 dell’articolo 23 della direttiva 'accoglienza',
ai sensi del quale gli Stati membri "garantiscono l’accesso ai servizi di
riabilitazione per i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso,
negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o
che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato e assicurano che siano
predisposte, ove necessario, appropriate misure di assistenza psichica e una
consulenza qualificata".
Articolo 18
(Accoglienza dei minori non accompagnati)
L'articolo
detta disposizioni sulle misure di accoglienza specificamente destinate ai
minori non accompagnati, recependo le
previsioni dell’articolo 24 della direttiva 2013/33/UE, con l’obiettivo di rafforzare
complessivamente gli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento secondo le
indicazioni da ultimo emerse nell’Intesa raggiunta in sede di Conferenza
unificata il 10 luglio 2014 sul piano nazionale per fronteggiare il flusso
straordinario di cittadini extracomunitari.
A tale fine sono introdotte alcune significative
novità rispetto al quadro normativo vigente.
Secondo
dati riferiti al marzo-aprile 2015, i
minori non accompagnati in accoglienza sono: 8.207 nelle strutture censite dal
ministero del lavoro (oltre a 4.640 irreperibili); 363 nelle strutture
finanziate a valere sul Fondo asilo, migrazione e integrazione; 839 nelle
strutture Sprar. Ad essi si aggiungono 1.794 minori
non accompagnati sbarcati dal 1° gennaio al 5 maggio 2015 ([1]).
Nel nostro ordinamento le disposizioni in materia di minori stranieri non accompagnati sono contenute principalmente negli articoli 32 e 33 del Testo unico nonché nel relativo regolamento di attuazione (d.P.R. n. 394 del 1999) e nel d.P.C.M. n. 535 del 1999.
Specifiche disposizioni riguardano i minori non accompagnati c.d. "richiedenti asilo" e sono previste dagli articoli 19 e 26 del decreto legislativo n. 25 del 2008, dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 251 del 2007 e dalla direttiva del Ministero dell’interno del 7 dicembre 2006.
Il quadro normativo vigente, come già evidenziato nel documento conclusivo della Commissione bicamerale per l'infanzia approvata in seguito allo svolgimento di una indagine conoscitiva nel 2009, presenta alcuni nodi critici e alcune lacune. Anche il Parlamento europeo, più di recente, è intervenuto con la risoluzione del 12 settembre 2013 per chiedere ai Paesi membri e alla Commissione europea un rafforzamento delle tutele garantite ai minori stranieri non accompagnati, suggerendo al contempo alcune azioni strategiche da intraprendere.
In
primo luogo, i commi da 1 a 3 disciplinano le strutture di accoglienza dei
minori distinguendo tra prima e seconda accoglienza.
In
particolare, il comma 1 prevede
l’istituzione di strutture governative di prima accoglienza per le esigenze di
soccorso e di protezione immediata dei minori non accompagnati.
Tali
strutture sono istituite con decreto del Ministro dell’interno, sentita la
Conferenza unificata e sono gestite dal medesimo Ministero, anche in
convenzione con gli enti locali.
Sarà un decreto del Ministro dell’interno, adottato di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze per i profili
finanziari, a stabilire le modalità di accoglienza, gli standard strutturali e
i servizi da erogare, in modo da assicurare un’accoglienza adeguata alla minore
età, nel rispetto di principi stabiliti dal precedente articolo 17.
In
relazione all’istituzione di nuovi centri specializzati di prima accoglienza
dei minori stranieri, la relazione tecnica stima i costi totali connessi alla
realizzazione, esplicitando i relativi criteri, che risultano pari a circa 12
milioni per l’anno 2015; 18,39 milioni per l’anno 2016; 26,28 milioni decorrere
dal 2017.
A tali oneri si provvede nell’ambito delle risorse
assegnate al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero
dell’interno.
Si ricorda che l’articolo 28 dello schema prevede che
da esso non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Nelle
strutture governative di prima accoglienza - ancora prevede il comma 1 - i minori sono accolti per il tempo strettamente
necessario alla identificazione e all’eventuale accertamento dell’età, nonché a
ricevere tutte le informazioni sui diritti del minore, compreso quello di
chiedere la protezione internazionale.
In ogni caso, i minori restano in tali strutture non
oltre sessanta giorni.
All’interno delle strutture di prima accoglienza è
garantito un colloquio con uno psicologo dell’età evolutiva, accompagnato se
necessario da un mediatore culturale.
Per la
prosecuzione dell’accoglienza del minore, il comma 2 stabilisce che i minori stranieri non accompagnati hanno
accesso alle misure di accoglienza predisposte dagli enti locali nell’ambito
dello SPRAR, secondo quanto previsto attualmente:
· dall’articolo 26, comma 6, del decreto legislativo n.
25 del 2008 per i minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale
(ai sensi della disposizione richiamata, attualmente l’autorità che riceve la
domanda di protezione internazionale da parte di un minore non accompagnato
informa immediatamente il Servizio centrale del sistema di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati per l'inserimento del minore in una delle
strutture operanti nell'ambito del Sistema di protezione stesso e ne dà
comunicazione al tribunale dei minori ed al giudice tutelare);
· dall’articolo 1, comma 183, della legge n. 190 del
2014 (legge di stabilità 2015), per i minori non accompagnati non richiedenti
protezione internazionale (la disposizione citata ha esteso l’assistenza della
reta SPRAR anche ai minori stranieri non accompagnati che non hanno richiesto
il riconoscimento del diritto di asilo, prevedendo che i minori stranieri non
accompagnati accedono ai servizi di accoglienza finanziati con il Fondo
nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo, nei limiti dei posto e
delle risorse disponibili).
A tal
fine, gli enti locali che partecipano alla ripartizione del Fondo nazionale per
le politiche e i servizi dell’asilo di cui all’articolo 1-septies del decreto-legge n. 416 del 1989 prevedono specifici programmi di accoglienza
riservati ai minori non accompagnati.
Tale
disposizione estende in favore di tutti i minori non accompagnati (anche quelli
non richiedenti protezione) quanto già previsto dall’articolo 8, comma 4, del
decreto legislativo n. 140 del 2005, ai sensi del quale l'accoglienza ai minori
non accompagnati è effettuata, secondo il provvedimento del Tribunale dei
minorenni, ad opera dell'ente locale. Nell'àmbito dei servizi del sistema di
protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati gli enti locali interessati possono
prevedere specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non
accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati, che partecipano alla ripartizione
del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.
Il comma 3 prevede - riproducendo per tutti
i minori non accompagnati quanto stabilito dall’articolo 26, comma 6, decreto
legislativo n. 25 del 1998, ultimo periodo – che nel caso di temporanea
indisponibilità nelle strutture di cui sopra, l'assistenza e l'accoglienza del
minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune dove
si trova il minore, secondo gli indirizzi stabiliti dal Tavolo di coordinamento
istituito ai sensi dell’articolo 15 (v. supra).
Il comma 4 conferma che i minori non
accompagnati in nessun caso possono essere trattenuti presso i centri di
identificazione ed espulsione di cui all’art. 6 e i centri governativi di prima
accoglienza di cui all’art. 8 dello schema (in prima battuta, gli attuali
CARA).
Il comma 5, che recepisce le prescrizioni
del paragrafo 1 dell’art. 24 della direttiva sul rappresentante del minore,
prevede che l’autorità di pubblica sicurezza dia immediata comunicazione della
presenza del minore non accompagnato all’autorità giudiziaria competente per la
nomina del tutore e la ratifica delle misure di accoglienza, nonché al
Ministero del lavoro e delle politiche sociali a cui compete il censimento e il
monitoraggio della presenza dei minori non accompagnati nel territorio
nazionale.
La
disposizione successiva stabilisce che il tutore, che deve possedere le
competenze necessarie e operare in conformità al principio dell’interesse
superiore del minore, può essere sostituito solo in caso di necessità (comma 6).
In proposito, si ricorda che attualmente i minori stranieri che vengono rintracciati sul
territorio, o che si presentano spontaneamente, sono collocati in luogo sicuro
(articolo 403 c.c.), e presi in carico dai servizi sociali dell’ente locale
competente. L’ente locale attiva le procedure previste dall’ordinamento
giuridico italiano, quali l’apertura della tutela, l’affidamento, l’attivazione
di un percorso d’integrazione e la richiesta di permesso di soggiorno (c.d.
presa in carico del minore).
Inoltre, ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del decreto legislativo n. 25 del 2008, quando è presentata una domanda di protezione internazionale da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende il procedimento, dà immediata comunicazione al tribunale dei minorenni e al giudice tutelare per l'apertura della tutela e per la nomina del tutore a norma degli articoli 343, e seguenti, del codice civile, ed informa il Ministero del lavoro. Il giudice tutelare nelle quarantotto ore successive alla comunicazione del questore provvede alla nomina del tutore. Il tutore prende immediato contatto con la questura per la conferma della domanda, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento e l'adozione dei provvedimenti relativi all'accoglienza del minore.
Si ricorda, infine, che l'articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto la soppressione del Comitato per i minori stranieri, ed il trasferimento dei compiti da questo svolti alla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le principali attività svolte dal Ministero sono: accertamento dello status del minore non accompagnato; compiti di impulso e di ricerca al fine di promuovere l'individuazione dei familiari dei minori; decisione in merito al provvedimento di rimpatrio assistito; censimento dei minori presenti non accompagnati.
Da
ultimo, in attuazione dell’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva 'accoglienza',
il comma 7 stabilisce l’avvio
tempestivo delle iniziative per individuare i familiari del minore non
accompagnato richiedente protezione internazionale.
A tale fine, il Ministero dell'interno stipula
convenzioni sulla base delle risorse disponibili del Fondo nazionale per le
politiche e i servizi dell'asilo, con organizzazioni internazionali,
intergovernative e associazioni umanitarie per l'attuazione di programmi
diretti a rintracciare i familiari dei minori non accompagnati. L'attuazione
dei programmi è svolta nel superiore interesse dei minori e con l'obbligo della
assoluta riservatezza, in modo da tutelare la sicurezza del richiedente asilo e
dei suoi familiari.
La
disposizione riproduce sostanzialmente quanto previsto dall’articolo 8, comma
5, del decreto legislativo n. 140 del 2005.
Articolo 19
(Monitoraggio e controllo)
L'articolo
introduce alcune disposizioni tese a rafforzare le attività di controllo e monitoraggio sulla gestione di
tutte le strutture di accoglienza previste dallo schema.
Con la
disposizione si intende recepire l’articolo 28 della direttiva 'accoglienza',
che richiede agli Stati membri di prevedere opportuni meccanismi con cui
assicurare misure di orientamento, sorveglianza e controllo del livello delle
condizioni di accoglienza e di comunicare le relative informazioni alla
Commissione.
I
compiti di controllo e monitoraggio sono assegnati al Dipartimento per le
libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, che provvede anche
mediante le prefetture – UTG, le quali, a loro volta, possono avvalersi dei
servizi sociali del comune (comma 1).
Attualmente
l’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 140 del 2005 stabilisce che
la Prefettura - UTG, nel cui territorio è collocato il centro di accoglienza,
dispone, anche avvalendosi dei servizi sociali del comune, i necessari
controlli per accertare la qualità dei servizi erogati.
Tale attività
di controllo ha un duplice oggetto (comma
2), in quanto riguarda:
a)
la verifica della
qualità dei servizi erogati ed il rispetto dei livelli di assistenza e
accoglienza (stabiliti con i decreti ministeriali previsti dall’articolo 21,
comma 8, del d.P.R. n. 394 del 1999 e dagli articoli
11 e 13 dello schema). Il citato art. 21, co. 8, stabilisce che il Ministro
dell’interno impartisce direttive per assicurare che modalità di trattenimento
degli stranieri garantiscano la necessaria assistenza ed il pieno rispetto
della sua dignità. Sulla base di tali direttive, il prefetto adotta le
disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all'interno del centro,
comprese le misure strettamente indispensabili per garantire l'incolumità delle
persone, nonché quelle occorrenti per disciplinare le modalità di erogazione
dei servizi predisposti per le esigenze fondamentali di cura, assistenza,
promozione umana e sociale e le modalità di svolgimento delle visite;
b) le modalità di affidamento dei servizi di accoglienza
dello SPRAR a soggetti attuatori da parte degli enti locali che partecipano
alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo
di cui all’art. 1-septies del
decreto-legge n. 416 del 1989 (tale articolo, introdotto dall'articolo 32 della
legge n. 189 del 2002, disciplinò il sistema di protezione per richiedenti
asilo e rifugiati SPRAR, ove non ricorrano le
condizioni di trattenimento nei CARA o nei CIE). A tal fine, sono
previste forme di sostegno finanziario
apprestate dal Ministero dell’interno e poste a carico di un fondo ad hoc, denominato Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, istituito dal
successivo articolo 1-septies del
medesimo decreto-legge n. 416 del 1989. locali che prestano i servizi di
accoglienza.
La disciplina del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo destinato a finanziarie le iniziative degli enti locali è fissata ancora oggi nell’art. 1-septies del decreto-legge n. 416 del 1989, ai sensi del quale esso è alimentato da: apposite risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’interno; assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati; donazioni private. Le disponibilità del Fondo sono assegnate annualmente con decreto del Ministro dell’interno, e sono destinate alle iniziative dei comuni e delle province, in misura non superiore all’80% del costo complessivo di ciascuna iniziativa territoriale. Ai sensi del citato art. 1-sexies, comma 2, del decreto-legge è stato adottato il decreto ministeriale 28 novembre 2005, poi sostituito dal decreto ministeriale 30 luglio 2013, con il quale il Ministero dell’interno ha dettato le linee guida ed il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la ripartizione e per la verifica della corretta gestione del medesimo contributo e le modalità per la sua eventuale revoca.
Ai fini
delle attività di controllo, il comma 3
autorizza il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero
dell’interno, ad avvalersi di figure professionali esterne, selezionate anche
tra funzionari della p.a. in posizione di collocamento a riposo, ovvero di
competenti organizzazioni internazionali o intergovernative.
Nel primo caso, resta fermo quanto previsto sul
divieto di cumulo dall’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012.
Tale
disposizione (come modificata dall'articolo 6 del decreto-legge n. 90 del 2014)
stabilisce che le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi di
studio e di consulenza, né incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in
organi di governo di amministrazioni pubbliche o di enti e società da esse
controllate, a soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in
quiescenza, a meno che non si tratti di incarichi o cariche conferiti a titolo gratuito.
In ogni caso, la durata degli incarichi e delle cariche conferiti a titolo
gratuito non
deve essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile,
presso ogni singola amministrazione e vige l'obbligo di rendicontare eventuali rimborsi spese corrisposti
nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Gli
organi costituzionali si adeguano alle nuove disposizioni nell'ambito della
propria autonomia.
La
disposizione specifica altresì che agli oneri relativi all’impiego di personale
esterno si provvede con le risorse del Dipartimento per le libertà civili e
l’immigrazione del Ministero dell’interno disponibili a legislazione vigente,
comprese le risorse a tal fine destinate nell’ambito dei fondi europei.
Il comma 4 prevede infine che gli esiti
dell’attività di controllo e monitoraggio devono confluire nella relazione
prevista dall’articolo 6, comma 2-bis,
del decreto-legge n. 119 del 2014, circa il funzionamento del sistema di
accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie
connesse all'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale
Tale
disposizione ha introdotto l’obbligo per il Ministero dell’interno, entro il 30
giugno di ogni anno (coordinandosi con il Ministero dell'economia e delle finanze),
di presentare alle Camere una relazione in merito al funzionamento del sistema
di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie
connesse all'eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale.
La relazione deve contenere dati relativi al numero
delle strutture, alla loro ubicazione e alle caratteristiche di ciascuna,
nonché alle modalità di autorizzazione, all'entità e all'utilizzo effettivo
delle risorse finanziarie erogate e alle modalità della ricezione degli stessi.
Articolo 20
(Assistenza sanitaria e istruzione dei minori)
L'articolo
disciplina le condizioni di assistenza
sanitaria, (assorbendo il contenuto dell’articolo 10, comma 1 del decreto
legislativo n. 140 del 2005), in recepimento anche delle previsioni
dell’articolo 19 della direttiva 2013/33/UE.
Attualmente
l'articolo 10, comma 1 del decreto legislativo n. 140 del 2005 prevede il diritto all’iscrizione al Servizio
sanitario nazionale per i richiedenti asilo e i familiari, una volta inseriti nei
servizi SPRAR.
È fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10 del
regolamento per il riconoscimento dello status
di rifugiato (d.P.R. n. 303/2004) ai sensi del quale,
qualora i richiedenti asilo siano trattenuti presso i centri di
identificazione, questi vengono di fatto assimilati agli stranieri irregolari e
hanno diritto alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque
essenziali, ancorché continuative per malattia o infortunio, erogate dal SSN.
Non hanno invece diritto all’iscrizione al SSN, fino all’ottenimento del
permesso di soggiorno come richiedenti asilo.
In
particolare, il comma 1 prevede l’accesso
dei richiedenti all’assistenza sanitaria, richiamando le disposizioni previste
dall’articolo 34 del Testo unico, che prevede l'obbligo di iscrizione al
servizio sanitario nazionale e la parità di trattamento e piena uguaglianza di
diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo
contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale
e alla sua validità temporale.
Al
contempo, si conferma che nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario
nazionale, si applica l'articolo 35 del medesimo Testo unico. Pertanto, in tale
periodo sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure
ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché
continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina
preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva.
In
particolare, sono garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della
maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione
della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito
di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie
infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
Rispetto
al quadro normativo vigente, sopra descritto, non si fa più riferimento al
fatto che i richiedenti asilo e i loro familiari, inseriti nei servizi del
sistema di protezione, siano iscritti al SSN a cura del gestore del servizio di
accoglienza.
Il comma 2 conferma quanto già disposto
attualmente dall’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo n. 140 del 2005,
ossia che i minori richiedenti protezione internazionale o i minori figli di
richiedenti protezione internazionale sono soggetti all'obbligo scolastico, ai sensi dell'articolo 38 del Testo unico.
Non è
invece riprodotta la disposizione, attualmente in vigore, che esclude il
diritto di accedere ai servizi scolastici ed educativi solo nel periodo di
permanenza nel centro di identificazione, oggi CARA, e comunque per un periodo
non superiore a tre mesi.
Al fine
di recepire l’art. 14, par. 2, della direttiva 2013/33/UE che prevede che siano impartiti corsi di preparazione,
anche di lingua, ai minori, se necessari per agevolarne l’accesso e la
partecipazione al sistema educativo, si prevede inoltre che i minori accedano
ai corsi e alle iniziative per l'apprendimento della lingua italiana che, ai
sensi del comma 2 dell’articolo 38 del testo unico, possono essere attivati da
Stato, regioni ed enti locali per garantire l'effettività del diritto allo
studio.
Articolo 21
(Lavoro e formazione professionale)
L'articolo
disciplina le possibilità di lavoro e formazione professionale dei richiedenti
asilo, in attuazione delle prescrizioni degli articoli 15 e 16 della direttiva 'accoglienza'.
Uno
degli obiettivi della revisione delle norme europee sull’accoglienza dei
richiedenti asilo è rappresentato dall’agevolazione all’accesso al mercato del
lavoro, attraverso la riduzione delle restrizioni temporali a tale accesso.
L’articolo 15 della direttiva richiede agli Stati
membri di garantire l’accesso dei
richiedenti al mercato del lavoro entro nove mesi dalla data di
presentazione della domanda di protezione internazionale nei casi in cui
l’autorità competente non abbia adottato una decisione in primo grado e il
ritardo non possa essere attribuito al richiedente, decidendo a quali
condizioni è concesso al richiedente l’accesso al mercato del lavoro
conformemente al diritto nazionale, senza limitare indebitamente tale accesso.
Con una
disposizione più favorevole, il comma 1
dispone a tale riguardo che il permesso di soggiorno per richiesta asilo
consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla
presentazione della domanda, qualora il procedimento di esame della domanda non
è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente.
Rispetto
alla normativa vigente, contenuta nell’articolo 11, comma 1, del decreto
legislativo n. 140 del 2005, la facoltà per i richiedenti di lavorare è
anticipata.
Oggi, infatti, è possibile solo nel
caso in cui la decisione sulla domanda di asilo non venga adottata entro sei
mesi dalla presentazione della domanda ed il ritardo non possa essere
attribuito al richiedente asilo. In tale ipotesi, i richiedenti hanno diritto
al rinnovo del permesso di soggiorno per richiesta asilo e possono svolgere
attività lavorativa fino alla conclusione della
procedura di riconoscimento.
Resta
fermo quanto oggi previsto, a proposito della impossibilità di convertire il
permesso di soggiorno per richiesta asilo in permesso di soggiorno per motivi
di lavoro (comma 2).
Il comma 3 riproduce quanto previsto
attualmente dall’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 140 del 2005,
che stabilisce per i richiedenti asilo accolti nei servizi predisposti
nell’ambito dello SPRAR la possibilità di frequentare
corsi di formazione professionale, eventualmente previsti dall’ente locale
dedicato all’accoglienza del richiedente asilo.
L’articolo 16 della direttiva dà facoltà
agli Stati membri di autorizzare l’accesso dei richiedenti alla formazione
professionale indipendentemente dal fatto che abbiano accesso al mercato del
lavoro. Al contempo, specifica che qualora la formazione professionale sia
collegata a un contratto di lavoro, il relativo accesso è subordinato alla
possibilità, per il richiedente, di accedere al mercato del lavoro.
Articolo 22
(Revoca delle condizioni di accoglienza)
Per
quanto riguarda le cause che determinano la revoca
delle misure di accoglienza, il comma
1 prevede quanto già oggi disposto dall’articolo 12 del decreto legislativo
n. 140 del 2005, con alcune lievi difformità.
Si
segnala che l’articolo 20 della direttiva 'accoglienza' (dir. 33/2013/UE)
specifica che i casi di revoca delle condizioni materiali di accoglienza devono
essere eccezionali e debitamente motivati.
Ebbene, le cause di revoca previste dall’articolo in
esame paiono trovare fondamento nelle previsioni di cui alla direttiva,
individuando in concreto i motivi idonei a giustificare l'allontanamento dal
centro, con ciò rispondendo alla direttiva giacché sono motivi oggettivi,
forniti all'autorità chiamata a decidere.
Pertanto,
le misure di accoglienza possono essere revocate con decreto del Prefetto,
qualora il richiedente asilo:
a)
non si presenti
presso la struttura individuata o abbandoni immotivatamente la struttura stessa
senza comunicarlo alla prefettura – UTG. In questa ipotesi, qualora il
richiedente protezione internazionale si ripresenti volontariamente alla
struttura, il Prefetto, sulla base degli elementi addotti dal richiedente, può
disporre il ripristino delle misure di accoglienza, purché la mancata
presentazione o l’abbandono fossero stati causati fa forza maggiore o caso
fortuito o comunque da gravi motivi personali (comma 3);
b)
non si presenti
all’audizione davanti all’organo che esamina la domanda. Anche per questa
ipotesi l’articolo 20 della direttiva 'accoglienza' prevede l’ipotesi di un
ripristino delle misure, alle stesse condizioni previste per la lettera a).
c)
abbia già in
precedenza presentato in Italia domanda di protezione internazionale, reiterata
ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 25 del 2008. Ai sensi della disposizione richiamata,
quando il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa
una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in
merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di
origine, la Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda e non
procede all'esame;
d)
abbia mezzi
economici sufficienti, e accertati. In questa ipotesi, il successivo comma 6 stabilisce l’obbligo del
richiedente di rimborsare i costi sostenuti per le misure indebitamente godute;
e)
abbia violato in
modo grave o ripetutamente le regole della struttura di accoglienza ovvero
abbia avuto comportamenti gravemente violenti: rispetto alle disposizioni
vigente, si precisa che rientra in questa causa di revoca anche il
danneggiamento doloso di beni mobili o immobili. In queste ipotesi, è il
gestore del centro a dover comunicare alla prefettura una relazione sui fatti,
entro tre giorni dal loro verificarsi (comma
4).
Rispetto
alla disciplina vigente, inoltre, è inserita una disposizione (comma 2) che, in vista dell’adozione
della revoca delle misure, richiede di prendere in considerazione la
complessiva situazione del richiedente, specie in riferimento ad eventuali
condizioni di vulnerabilità ai sensi del precedente articolo 16.
Resta
confermato che il provvedimento di revoca ha effetto dal momento della sua
comunicazione al richiedente ed è esplicitato l’obbligo di darne comunicazione
anche al gestore del centro.
Avverso il provvedimento di revoca delle misure di
accoglienza il richiedente può proporre ricorso giurisdizionale avanti al
Tribunale Amministrativo Regionale competente (comma 5).
Il comma 7 dispone, infine, un’ulteriore
causa di revoca, che si verifica ove, successivamente all’invio in una
struttura di accoglienza, emergano i
presupposti per la valutazione di pericolosità del richiedente che, ai
sensi del precedente articolo 6 dello schema di decreto, giustifica il
trattenimento.
In tal caso, il prefetto dispone la revoca delle
misure e ne dà comunicazione al questore ai fini dell’adozione del
provvedimento di trattenimento.
Articolo 23
(Revoca delle condizioni di accoglienza)
L’articolo dispone l’abrogazione del d.lgs. n.
140 del 2005, fatta eccezione per la norma di copertura finanziaria di cui
all’articolo 13.
Il contenuto delle
disposizioni abrogate risulta sostituito dalla disciplina prevista dallo schema
di decreto, secondo le corrispondenze schematizzate nella tavola che segue:
decreto
legislativo n. 140
del 2005 |
atto
Governo n. 170 |
Art. 1 |
Art. 1 |
Art. 2 |
Art. 2 |
Art. 3 |
Art. 3 |
Art. 4 |
Art. 4 |
Art. 5 |
Art. 13 |
Art. 6 |
Art. 14 |
Art. 7 |
--- |
Art. 8 |
Art. 16 |
Art. 9 |
Art. 19 |
Art. 10 |
Art. 20 |
Art. 11 |
Art. 21 |
Art. 12 |
Art. 22 |
Art. 14 |
--- |
Art. 15 |
--- |
Articolo 24
(Modifiche al decreto legislativo 28 gennaio
2008, n. 25)
L’articolo 24 apre il Capo II (artt. 24-26), che modifica la
disciplina in materia di procedure per
l'esame della domanda di protezione internazionale, attualmente contenuta
nel decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, nonché quella sul ricorso
giurisdizionale avverso le decisioni adottate dalle Commissioni territoriali
per il riconoscimento della protezione internazionale e dalla Commissione
nazionale per l'asilo, di cui al decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
Le modifiche introdotte sono
finalizzate a dare attuazione alla direttiva
2013/32/UE, il cui obiettivo è quello di stabilire procedure comuni ai fini
del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale (art. 1).
Nella relazione illustrativa si
evidenzia che le disposizioni del Capo II sono altresì finalizzate a
perfezionare il sistema per consentire una più rapida definizione delle
domande: da un lato, si intende rafforzare i livelli di garanzia e
l'effettività dell'accesso alle procedure di esame della domanda, dall'altro
lato, vi è la finalità di “arginare la possibilità di ricorso strumentale alla
domanda di protezione internazionale”.
Nell’analisi di impatto della regolamentazione si ricorda come dall’analisi svolta dalla
Commissione europea è emerso come l’applicazione disomogenea delle procedure di
esame negli Stati membri rappresenta un ostacolo alla realizzazione di un
sistema comune europeo di asilo. Obiettivi precipui dell'azione europea sono
stati, pertanto, individuati nell'accessibilità delle procedure per i
richiedenti asilo, nel miglioramento della qualità e dell'efficacia del
processo decisionale, nell'accesso ad un ricorso effettivo.
Sotto il profilo dell'accesso alle procedure, l'opzione
prescelta dalla direttiva UE è in particolare quella di: introdurre
disposizioni sulla formazione del personale incaricato di ricevere le domande;
fissare un termine per la registrazione delle medesime domande; incentivare i
servizi di informazione; rivedere la disciplina dell'inammissibilità della
domanda di protezione, consentendo al richiedente di far conoscere il proprio
punto di vista riguardo ai motivi che possono determinare tale inammissibilità.
Dal punto di vista della qualità e dell'efficacia del
processo decisionale, la direttiva UE interviene, tra l’altro, fissando un
termine per le decisioni, garantendo l'accesso al verbale del colloquio, la sua
comprensibilità e la possibilità per il richiedente di presentare osservazioni
prima che l'autorità competente adotti una decisione, prevedendo una disciplina
più dettagliata delle domande reiterate.
Riguardo all'accesso ad un
ricorso effettivo, la Commissione europea ha perseguito l'opzione di
disciplinare in maniera più dettagliata e, quindi, più vincolante nei confronti
degli Stati membri gli effetti sospensivi del ricorso giurisdizionale.
L’articolo 24 modifica in più parti il
decreto legislativo n. 25 del 2008 con
cui è stata data attuazione della
direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli
Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
Di recente, l'articolo 5 decreto-legge n. 119 del
2014 (in materia di contrasto a fenomeni
di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di
riconoscimento della protezione internazionale, nonché per assicurare la
funzionalità del Ministero dell'interno), sono state apportate una serie di
modifiche al decreto legislativo n. 25 del 2008.
In particolare, è stato elevato il numero delle
Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
(da dieci a venti) prevedendo che le stesse siano insediate presso le
Prefetture, la quali forniscono il necessario supporto organizzativo e
logistico. Al contempo è stata attribuita, in tale ambito, una funzione di
coordinamento al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del
Ministero dell'interno. In base ad un’ulteriore modifica, il rappresentante
dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) che fa
parte delle Commissioni territoriali può essere anche designato da tale
organismo senza doverne necessariamente fare parte. Inoltre, è stato elevato a
trenta il numero delle sezioni composte da membri supplenti.
Il testo è intervenuto inoltre in merito alla competenza
delle commissioni territoriali nel caso di trasferimento del richiedente ad un
centro diverso da quello in cui è accolto o trattenuto e riguardo alle modalità
di svolgimento del colloquio che, di norma, dovrà essere svolto alla presenza
di uno solo dei componenti della Commissione, con specifica formazione e, ove
possibile, dello stesso sesso del richiedente.
L’articolo
24 interviene, in primo luogo, in relazione all’ambito di applicazione del
decreto prevedendo che, ai fini della presentazione delle domande, il territorio nazionale comprende le frontiere
e le acque territoriali (comma 1, lettera a)).
In base
al nuovo articolo 1, il decreto legislativo n. 25 del 2008 stabilisce quindi le
procedure per l'esame delle domande di protezione internazionale presentate -
da cittadini di Paesi non appartenenti alla Unione europea o da apolidi - nel
territorio nazionale, con la specificazione, introdotta dalla lettera a), per cui nel territorio nazionale
“sono comprese le frontiere, e le relative zone di transito nonché le acque
territoriali”. Il suddetto provvedimento stabilisce altresì le procedure per la
revoca e la cessazione degli status riconosciuti.
Tale
modifica si fonda sulla previsione dell’articolo 3 della direttiva 2013/32/UE, che individua
quale ambito di applicazione “tutte le domande di protezione internazionale
presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o
nelle zone di transito degli Stati membri, nonché la revoca della protezione
internazionale”.
Sono
poi integrate le definizioni contenute nel decreto legislativo n. 25 del 2008
(articolo 2) con quella di "persone
vulnerabili": minori; minori non accompagnati; disabili, anziani,
donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, vittime della
tratta di esseri umani, persone affette da gravi malattie o da disturbi
mentali; persone per le quali è accertato che hanno subito torture, stupri o
altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di
mutilazioni genitali (v. scheda art. 16).
E’
altresì introdotto (al medesimo articolo 2 del decreto legislativo n. 25 del 2008),
tra le definizioni, il riferimento all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO)
istituito dal regolamento CE n. 439/2010.
E'
altresì soppressa (lettera m) dell’articolo 2 del decreto
legislativo n. 25 del 2008) la nozione di "Paese di origine sicuro"
inserito – come evidenziato nella Relazione illustrativa - nell'elenco comune
minimo che ai sensi della direttiva 2005/85/CE avrebbe potuto essere adottato
dal Consiglio e non è mai stato adottato. La relativa previsione non è stata
infatti riproposta nella direttiva 2013/32/UE (lettera b)).
Altra
modifica riguarda la composizione delle Commissioni territoriali prevedendo
che, in caso di urgenza, il rappresentante dell'ente locale (nominato dal
Ministro dell’interno) possa essere
designato dall'ANCI anziché dal sindaco del Comune in cui ha sede la
Commissione (lettera c), n. 1).
Finalità della disposizione è quella di consentire una
rapida sostituzione dei componenti in caso di necessità e di garantire la
continuità dei lavori delle Commissioni territoriali.
Attualmente fanno parte delle Commissioni territoriali, nel rispetto del principio di equilibrio di genere: un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e un rappresentante designato dall'ACNUR (articolo 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008).
Per ciascun componente sono nominati uno o più componenti supplenti. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. Le Commissioni territoriali possono essere integrate, su richiesta del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti protezione internazionale, in ordine alle domande per le quali occorre disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. Ove necessario, le commissioni possono essere composte anche da personale in posizione di collocamento a riposo da non oltre due anni appartenente alle amministrazioni o agli enti rappresentati nella commissione (sul punto è peraltro intervenuto il decreto-legge n. 90 del 2014 che limita il conferimento di incarichi a personale in quiescenza).
Le attività di supporto delle commissioni sono svolte dal personale in servizio appartenente ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno.
L’articolo
in esame specifica altresì che i componenti effettivi e quelli supplenti sono
designati sulla base delle esperienze o della formazione acquisite nel settore
dell'immigrazione e dell'asilo o in quello dei diritti umani (lettera c),
n. 1).
Come
evidenziato nella relazione illustrativa dello schema, la formazione richiesta
come requisito per la designazione a componente della Commissione non va
confusa con la formazione che necessariamente, poi, il componente della
Commissione territoriale riceve a cura della Commissione nazionale per
l'espletamento delle funzioni in esame ai sensi dell' articolo 15 del decreto
legislativo n. 25 del 2008.
Si
prevede inoltre che la nomina dei componenti sia subordinata alla previa
valutazione dell'insussistenza di motivi di incompatibilità derivanti da
situazioni di conflitto di interessi.
L'adeguamento
alla direttiva 2013/32/UE ha dunque richiesto un intervento normativo che
incide sul sistema, costituito dalle Commissioni territoriali per il
riconoscimento della protezione internazionale e dalla Commissione nazionale
per il diritto di asilo, con l'obiettivo di consentire la rapida definizione
delle domande. In tal senso vanno le disposizioni sulla nomina dei componenti
effettivi e supplenti, con la possibilità di ricorrere, in caso di urgenza,
alla designazione del componente che rappresenta l'ente territoriale da parte
dell'ANCl, così da consentire una rapida sostituzione
dei componenti in caso di necessità e garantire la continuità dei lavori delle
Commissioni nonché la sostenibilità del sistema a fronte di un numero di arrivi
numericamente significativi come avvenuto nell’ultimo anno.
Al
contempo, tenuto conto di quanto stabilito in particolare all’articolo 4 della
direttiva - che richiede agli Stati membri di assicurare che il personale
dell’autorità accertante abbia ricevuto una formazione adeguata - si prevede che la Commissione
nazionale per il diritto di asilo curi la predisposizione di corsi di formazione per i componenti
delle Commissioni territoriali, anche mediante convenzioni stipulate dal
Ministero dell'interno con le Università degli studi.
Viene specificato che, di conseguenza, i componenti
che hanno partecipato a tali corsi non prendono parte ai corsi di formazione
iniziale di cui all'articolo 15, comma 1 (lettera
c), n. 2).
In
materia di competenza territoriale delle Commissioni, resta fermo il
principio in base al quale questa è determinata sulla base della circoscrizione
territoriale in cui è presentata la domanda.
Il testo specifica che, in caso di accoglienza presso
una struttura dello SPRAR ovvero di trattenimento in un centro, la competenza
della commissione è determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui
è collocata la struttura, analogamente a quanto già previsto per i richiedenti
accolti in una struttura governativa (lettera
c), n. 3).
Nel
caso in cui, nel corso della procedura, si rende necessario il trasferimento
del richiedente, la competenza all'esame della domanda è assunta dalla
commissione nella cui circoscrizione territoriale sono collocati la struttura
ovvero (come già previsto) il centro di nuova destinazione.
Tuttavia,
come già stabilito, se prima del trasferimento il richiedente ha sostenuto il
colloquio, la competenza rimane in capo alla commissione territoriale innanzi
alla quale si è svolto il colloquio.
Vengono inoltre modificati i riferimenti agli articoli
20 e 21 del decreto legislativo n. 25 del 2008, abrogati dal provvedimento in
esame (v. infra).
La Commissione nazionale per l'asilo viene
espressamente indicata quale come punto di contatto per lo scambio di
informazioni con la Commissione europea e con le competenti autorità degli
Stati membri (lettera d), n. 1).
La Commissione
nazionale per il diritto di asilo è presieduta da un prefetto ed è composta da:
un dirigente in servizio presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, un funzionario della carriera
diplomatica, un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il
Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, un dirigente del
Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Ciascuna
amministrazione designa un supplente. L'incarico ha durata triennale ed è
rinnovabile. La Commissione nazionale si avvale del supporto organizzativo e
logistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero
dell'interno.
Nell'ambito
dei suoi compiti di indirizzo e coordinamento, la Commissione nazionale può
individuare periodicamente un elenco di
Paesi in cui sussistono condizioni tali per cui le Commissioni territoriali
possono omettere l'audizione dei richiedenti (provenienti da tali Paesi).
Ciò nel
caso in cui le commissioni ritengano, sulla base di ogni altro elemento in loro
possesso, di poter riconoscere la protezione sussidiaria. In tal caso, lo
stesso richiedente, preventivamente informato, può chiedere di essere ascoltato
se ritiene invece di aver diritto al riconoscimento dello status di rifugiato.
La
Commissione nazionale adotta altresì un codice
di condotta per i componenti delle commissioni territoriali, per gli
interpreti e per il personale di supporto (lettera
d), n. 2).
Altre
modifiche riguardano la presentazione
della domanda di protezione internazionale per il minore. Viene in particolare
consentito, in aderenza con le previsioni dell’articolo 7 della direttiva, che
la domanda possa essere presentata dal genitore
anche se non è a sua volta richiedente asilo e che la domanda del minore non
accompagnato possa essere presentata non solo dal minore stesso ma anche dal tutore, sulla base della valutazione
della situazione personale del minore (lettera
e)).
Viene
poi soppresso, nel testo dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 25 del 2008, il riferimento al decreto
legislativo n. 140/2005, abrogato dall'articolo 23 dello schema di decreto
legislativo in esame, mantenendo fermo il principio in base al quale il
richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato fino alla
decisione della commissione territoriale (lettera
f)).
E’
espressamente specificato nel testo, come previsto dalla direttiva, che la
Commissione territoriale debba valutare preliminarmente la sussistenza dei
presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato). Solo successivamente
valuterà se sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione
sussidiaria.
Altra modifica prevede che l'Ufficio europeo di
sostegno per l'asilo (EASO) sia tra i referenti della Commissione nazionale per
l'aggiornamento delle informazioni riguardanti la situazione generale esistente
nei Paesi di origine dei richiedenti e, ove necessario, dei Paesi di transito.
Ciascuna
Commissione territoriale, in base alle nuove disposizioni, ha altresì la
facoltà di:
- consultare esperti su aspetti di carattere
sanitario, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori;
- disporre visite mediche, previo consenso del
richiedente, al fine di accertare gli esiti di persecuzioni o danni gravi
subiti dal richiedente. Le visite saranno effettuate secondo le Linee guida
adottate dal Ministero della salute per la programmazione degli interventi di
assistenza e riabilitazione di coloro che hanno subito torture o altre forme
gravi di violenza (art. 27, co. 1-bis,
d. lgs. 251/2007). E’ consentito altresì al
richiedente, nel caso in cui la commissione non disponga una visita medica,
effettuarla a proprie spese, e sottoporre i risultati alla Commissione stessa
ai fini dell’esame della domanda (lettera
g)).
Una
serie di modifiche riguardano le garanzie
per i richiedenti asilo, in conformità dell’articolo 8 della direttiva
2013/32/UE.
In
particolare, la necessità di una formazione
adeguata ai propri compiti e alle proprie responsabilità è espressamente
prevista anche per il personale dell'ufficio di polizia che riceve la domanda e
che è tenuto ad informare il richiedente della procedura da seguire, dei suoi
diritti e doveri.
Viene
altresì specificando che l'opuscolo informativo redatto dalla Commissione
nazionale debba informare il richiedente anche sulle conseguenze
dell’allontanamento ingiustificato dai centri e sul servizio gratuito di
informazione che viene garantito allo stesso (relativamente alla procedura di
esame e di revoca della domanda, nonché sulle modalità di impugnazione delle
decisioni). Con la finalità di garantire tale servizio il Ministero
dell'interno stipula apposite convenzioni con l'UNHCR o con gli enti di tutela
dei titolari di protezione internazionale con esperienza consolidata nel
settore.
Infine,
si prevede che la documentazione prodotta dal richiedente, in ogni fase della
procedura, possa essere tradotta, ove necessario (lettera h)).
Restano ferme le attuali previsioni che garantiscono
che in tutte le fasi del procedimento al richiedente sia assicurata, se
necessario, l’assistenza di un interprete della sua lingua o di altra lingua a
lui comprensibile. Tutte le comunicazioni sono comunque rese al richiedente
nella lingua da lui indicata o in altre indicate dallo stesso come preferibili.
La
direttiva 2013/32/UE dispone, in via generale, che gli Stati membri prevedono
norme relative alla traduzione dei documenti pertinenti ai fini dell’esame
delle domande (art. 10, paragrafo 5) e che il richiedente sia informato in una
lingua che capisce o che è ragionevole supporre possa capire della procedura da
seguire e dei suoi diritti e obblighi nonché delle conseguenze della mancata
cooperazione con l’autorità. Riceve inoltre, laddove necessario, l’assistenza
di un interprete per spiegare la propria situazione (art. 12).
La
disciplina delle informazioni fornite e dei servizi di accoglienza resi ai valichi di frontiera e nelle relative
zone di transito è contenuta nel nuovo articolo 10-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008 (lettera i)).
Viene, in particolare, assicurato che allo straniero
che manifesta la volontà di chiedere protezione internazionale siano fornite le
occorrenti informazioni anche ai valichi di frontiera, richiamando a tal
proposito la previsione già esistente nel testo unico in materia di
immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286/1998.
In tali
zone è altresì assicurato l'accesso di rappresentanti dell'UNHCR e degli enti
di tutela dei titolari di protezione internazionale con esperienza consolidata
nel settore. Tale accesso può essere limitato per motivi di sicurezza, ordine
pubblico o per ragioni connesse alla gestione amministrativa, purché non sia
completamente impedito.
Viene
poi consentito alla Commissione territoriale competente di omettere l’audizione
dell’interessato – oltre alle ipotesi già previste – anche nel caso in cui il
richiedente provenga da uno dei Paesi compresi nell'elenco aggiornato
periodicamente dalla Commissione nazionale e si ritenga, sulla base degli
elementi in possesso, di riconoscere la protezione sussidiaria. Prima di
adottare la decisione formale la commissione territoriale comunica
all'interessato la sua facoltà di essere ascoltato per esporre alla commissione
ulteriori elementi di valutazione, che potrebbero anche condurre a diverse
decisioni (lettera l)).
Relativamente
alle modalità di svolgimento del colloquio,
si precisa che al richiedente deve essere garantita la possibilità di esporre
in maniera esauriente tutti gli elementi a sostegno della sua domanda e che
l'avvocato del richiedente ammesso ad assistere al colloquio può chiedere di
prendere visione del verbale e di acquisirne copia.
Per
quanto riguarda in particolare il colloquio del minore, si prevede che questo
debba svolgersi innanzi ad un componente della commissione territoriale con
specifica formazione e che il minore, dopo essere stato ascoltato alla presenza
del genitore o del tutore, possa essere nuovamente ascoltato – anche da solo,
ferma restando l’eventuale presenza di personale di sostegno - se la
commissione ritiene che ciò sia necessario in relazione alla sua situazione
personale e al suo grado di maturità e sviluppo, nel suo esclusivo interesse (lettera m)).
Sono
poi previste specifiche disposizioni relative al verbale del colloquio tenendo conto delle previsioni della
direttiva (art. 17): viene precisato
che al richiedente è data lettura in una lingua a lui comprensibile e, in ogni
caso, tramite un interprete. Il verbale è confermato – prima di essere
sottoscritto - dall’interessato, che ha facoltà di formulare osservazioni che
sono riportate in calce al verbale. Inoltre, si stabilisce che il colloquio
possa essere registrato e che la registrazione possa essere acquista in sede di
ricorso giurisdizionale. Ove la registrazione sia trascritta, non è richiesta
la sottoscrizione da parte del richiedente (lettera n)).
Sono
poi abrogati gli articoli 20, 21 e 22 del decreto legislativo n. 25/2008, in
materia, rispettivamente, di accoglienza, trattenimento e residenza del
richiedente, in quanto sono ora disciplinati dalle norme del Capo I dello
schema di decreto in esame (lettere o), p)
e q)).
E’
introdotto un nuovo articolo 23-bis
nel decreto legislativo n. 25 del 2008 per disciplinare l'ipotesi di allontanamento ingiustificato del
richiedente dalle strutture di accoglienza o il caso in cui il richiedente si sottragga alla misura del trattenimento
senza aver sostenuto il colloquio.
In tal caso, si prevede che la commissione sospenda
l'esame della domanda per 12 mesi.
Entro
tale termine il richiedente può chiedere – per una sola volta - la riapertura
del procedimento che riprende il suo corso.
Oltre tale termine la Commissione dichiara estinto il
procedimento e la domanda di riapertura eventualmente presentata
successivamente è trattata come domanda reiterata ed in quanto tale sottoposta
ad esame preliminare da parte del presidente della Commissione territoriale,
che valuterà, ai fini dell'ammissibilità della domanda, anche le ragioni
dell'allontanamento (lettera r)).
Il
nuovo art 23-bis tiene conto delle
previsioni della direttiva (art. 29) riguardo al ritiro implicito della
domanda.
Relativamente al verbale
da predisporre non appena ricevuta la domanda di protezione internazionale,
in cui sono contenute le dichiarazioni del richiedente e la relativa
documentazione, si prevede che questo sia redatto entro 3 giorni (lavorativi) dalla manifestazione della volontà di
chiedere protezione ovvero entro 6 giorni
(lavorativi) se tale volontà è manifestata agli uffici di polizia di frontiera.
Tali termini sono prorogati di dieci giorni in presenza di un numero elevato di
domande a causa di arrivi consistenti e ravvicinati.
La
direttiva 2013/32/UE, nel disciplinare l’accesso alla procedura, stabilisce che
quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale ad
un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande,
la registrazione è effettuata entro 3
giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda. Tale termine può essere
prorogato di 10 giorni lavorativi qualora le domande simultanee da parte di un
numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all’atto
pratico rispettare il termine di 3 giorni.
E’ poi
soppressa la disposizione del comma 4 dell’art. 26 del decreto legislativo n.
25 del 2008 che richiama le ipotesi di cui agli articoli 20 (casi di
accoglienza) e 21 (casi di trattenimento) del medesimo decreto, abrogati dalle
citate lettere o) e p) in quanto confluite nel Capo I.
Nel caso di minore, il tutore prende immediato
contatto con lo stesso e lo informa della sua nomina.
E' soppresso il riferimento al Comitato per i minori
stranieri presso il Ministero della solidarietà sociale (lettera s)).
Viene
quindi individuato in 6 mesi, come
previsto dalla direttiva, il termine
massimo per l'adozione della decisione da parte della Commissioni
territoriale.
Tale termine è prorogato di ulteriori 9 mesi nei casi in cui: l'esame della domanda richiede la
valutazione di questioni complesse in fatto o in diritto; ci si trovi in
presenza di un numero elevato di domande; il ritardo è da attribuire
all'inosservanza degli obblighi di cooperazione a carico del richiedente.
In casi
eccezionali e adeguatamente motivati, il termine può essere ulteriormente prorogato di 3 mesi (lettera
t)).
La
direttiva 2013/32/UE (art. 31) prevede che, in ogni caso, gli Stati membri
concludano la procedura nel termine massimo di 21 mesi dalla presentazione
della domanda. La direttiva prevede altresì che, nel caso di impossibilità di
prendere una decisione entro 6 mesi, il richiedente sia informato del ritardo
e, su sua richiesta, dei motivi del ritardo.
Si
ricorda altresì che la citata direttiva consente (art. 11, paragrafo 3) agli
Stati membri di adottare un’unica decisione quando più domande siano fondate
sui medesimi motivi tranne qualora ciò comporti una divulgazione della
situazione partecipare di una persona che rischi di nuocere ai suoi interessi,
in particolare nei casi di persecuzione per motivi di genere, orientamento
sessuale, identità di genere.
Riguardo al recepimento nella disciplina nazionale, la
tabella di concordanza allegata allo schema fa riferimento all’articolo 9 del decreto
legislativo n. 25 del 2008 che, tuttavia, non sembra recare un’espressa
menzione di tale previsione.
Per
quanto concerne le ipotesi di esame
prioritario delle domande di protezione internazionale da parte della Commissione
territoriale, vengono introdotte alcune modifiche volte a specificare che, tra
le domande presentate da persone vulnerabili, si fa riferimento prima di tutto
alla domanda del minore non accompagnato
ovvero che necessita di garanzie
procedurali particolari.
Viene
mantenuta ferma la previsione della trattazione, in via prioritaria, delle
domande palesemente fondate e di quelle presentate da persone in stato di
trattenimento; si aggiunge a tali ipotesi quella della domanda presentata da
una persona proveniente dai Paesi compresi nell'elenco redatto dalla
Commissione nazionale.
E'
abrogato poi il comma 2 dell’articolo 28 del decreto legislativo n. 25 del 2008
che disciplina la procedura accelerata che viene trova ora disciplina nel nuovo
articolo 28-bis (v. infra).
E’ il presidente
della Commissione territoriale, ai fini della organizzazione dei lavori della
commissione, che individua i casi sottoposti a procedura prioritaria o
accelerata (lettera u)).
Il
nuovo articolo 28-bis del decreto
legislativo n. 25 del 2008 - introdottovi dallo schema - disciplina le procedure
accelerate, che si differenziano da quella ordinaria per la previsione di
termini più brevi per la convocazione del colloquio e per l'adozione della
decisione da parte della commissione.
Le garanzie della procedura ordinaria rimangono le
stesse anche nei casi in cui sono previsti termini più brevi.
Restano immodificati i termini già previsti per la
procedura di esame della domanda presentata da un richiedente trattenuto in un
centro di identificazione ed espulsione: 7 giorni per l'audizione e 2 giorni
per la decisione della Commissione.
E’
previsto l'esame accelerato anche delle domande manifestamente infondate, delle
domande reiterate nonché delle domande presentate dal richiedente fermato per
aver eluso i controlli di frontiera o comunque in condizioni di soggiorno
irregolare, quando si presume che la domanda miri esclusivamente a ritardare o
impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione. In queste nuove
ipotesi di procedura accelerata, tuttavia, i termini sono raddoppiati rispetto
a quelli previsti per l'esame della domanda di un richiedente trattenuto in un
centro di identificazione ed espulsione.
Tali
termini possono essere superati nel caso in cui sia necessario per assicurare
un esame adeguato e completo della domanda, fermi restando i termini massimi
già previsti (lettera v)).
E’ poi
introdotta la previsione di un esame
preliminare per le domande reiterate.
Si tratta delle domande:
- presentate da un richiedente già riconosciuto come rifugiato
da uno Stato firmatario della Convenzione di Ginevra;
- riproposte dopo la decisione della commissione
territoriale senza che siano addotti nuovi elementi.
Ferma restando la dichiarazione di inammissibilità di
tali domande, il testo introduce dunque un esame preliminare, affidato al
presidente della commissione territoriale. In tale sede è prevista l'audizione
del richiedente già riconosciuto come rifugiato da un altro Paese mentre in
caso di domanda reiterata è prevista la possibilità per il richiedente di
presentare osservazioni a sostegno dell'ammissibilità della domanda (lettera z)).
Nel
caso in cui sia avviato il procedimento
per l'accertamento dello Stato UE competente all'esame della domanda ai
sensi del regolamento UE n. 604/2013 si precisa che i termini per l'adozione
della decisione decorrono dal momento in cui è accertata la competenza (lettera aa)).
Come
già in precedenza, sono soppressi i riferimenti al "Paese di origine
sicuro" inserito nell'elenco comune minimo che ai sensi della direttiva
2005/85/CE avrebbe potuto essere adottato dal Consiglio UE e non più previsto
dalla direttiva 2013/32/UE.
Sono
poi previste di carattere formale al fine di: coordinare la disposizione
dell’art. 32 con il nuovo articolo 28-bis
che disciplina le procedure accelerate; aggiornare riferimenti alla disciplina
delle espulsioni recata dal testo unico in materia di immigrazione; coordinare
la disposizione di cui all’art. 32 con la disciplina del ricorso
giurisdizionale e dei suoi effetti sospensivi (lettera bb)).
Relativamente
alla disciplina dell’impugnazione è
inserita una nuova previsione che prevede che i provvedimenti con cui è decisa
l'istanza cautelare in sede di ricorso giurisdizionale avverso le decisioni
della commissione territoriale o nazionale cosi come l'ordinanza con cui è
definito il medesimo ricorso giurisdizionale sono tempestivamente trasmessi al questore del luogo di domicilio del
ricorrente per gli adempimenti conseguenti (lettera cc)).
E’
infine disposta l’abrogazione
dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 25 del 2008 poiché
l'accoglienza del richiedente che ha presentato ricorso giurisdizionale avverso
la decisione della Commissione territoriale è ora disciplinata nel Capo I dello
schema di decreto in esame (lettera dd)).
Articolo 25
(Disposizioni
di aggiornamento)
L'articolo
reca una disposizione di aggiornamento del riferimento normativo, contenuto nel
decreto legislativo n. 25 del 2008, al regolamento (CE) 343/2003 del Consiglio
del 18 febbraio 2003, di cui è stata disposta la “rifusione” nel più recente
regolamento (UE) 604/2013 del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i
meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una
domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un
cittadino di un paese terzo o da un apolide.
Con una
modifica di carattere formale viene inoltre sostituito - nel testo del d. lgs. 25/2008 - il riferimento all’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) con quello, in lingua inglese, all’United Nations High Commissioner
for Refugees (UNHCR).
Articolo 26
(Controversie
in materia di riconoscimento della protezione internazionale)
L'articolo
modifica l’articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 201[2],
che disciplina il rito da applicare alle
controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale,
ovvero ai ricorsi avverso le decisioni di diniego della protezione
internazionale in base all’articolo 35 del decreto legislativo n. 25 del 2008.
Il
d.lgs. n. 150 del 2011 ha stabilito che a tali controversie si applichi il rito
sommario di cognizione, disciplinato dagli articoli 702-bis, 702-ter e 702-quater del codice di procedura civile.
Questo procedimento – destinato a trovare applicazione
per le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica - conduce all’emanazione
di un provvedimento immediatamente esecutivo su cui, in mancanza di appello, si
forma il giudicato.
In
particolare, rispetto alla normativa vigente, lo schema:
· specifica che la competenza
a conoscere della controversia è attribuita al tribunale – in composizione
monocratica – che ha sede nel capoluogo di distretto di corte di appello in cui
ha sede il centro ove il ricorrente è accolto (e dunque in una struttura
statale o degli enti locali in base all’articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416 del 1989) o trattenuto (e dunque in
un centro di identificazione ed espulsione in base all’articolo 14 del Testo
unico immigrazione);
· dimezza i termini
previsti per la proposizione del ricorso in tutti i casi in cui il ricorrente
si trovi trattenuto in un apposito centro e nei casi in cui sia soggetto alla
procedura accelerata di cui al nuovo articolo 28-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 25 del 2008 (v. supra; si tratta dei casi in cui la domanda è
manifestamente infondata, reiterata o in cui il richiedente ha eluso o tentato
di eludere i controlli di frontiera o abbia soggiornato irregolarmente al solo
scopo di ritardare o impedire un provvedimento di espulsione o respingimento). Tutti
i casi previsti dall’articolo 28-bis,
comma 2, del decreto legislativo 25/2008, che determinano il dimezzamento dei
termini per la proposizione del ricorso, riguardando comunque soggetti
destinatari di un provvedimento di trattenimento in un centro di identificazione
ed espulsione, sembrano comunque ricompresi
nell’altra ipotesi di dimezzamento dei termini, relativa al ricorrente
destinatario di un provvedimento di trattenimento nei centri di cui all’art. 14
del testo unico immigrazione;
· conferma la regola in base alla quale la proposizione
del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato,
aggiornando le ipotesi in cui, invece, a titolo di eccezione, il provvedimento
impugnato conserva esecutività. In
particolare: prevede l’ipotesi relativa al soggetto trattenuto in uno dei
centri di cui all’articolo 14 del Testo unico immigrazione (attualmente il
richiamo è ai centri di accoglienza e a quelli di trattenimento, secondo quanto
previsto dal decreto legislativo n. 25 del 2008); viene soppressa l’ipotesi del
ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale adottato sulla
base della documentazione in proprio possesso, dopo che l’interessato si è
allontanato dal centro di accoglienza senza giustificato motivo; sono aggiunte
le ipotesi del ricorso avverso il provvedimento adottato nei confronti di chi
sia stato fermato per avere eluso i controlli di frontiera ovvero dopo essere
stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare (art. 28-bis, comma 2,
lettera c), del d.lgs. 25/2008). Anche in questo caso, le ipotesi previste
dall’art. 28-bis, comma 2, lettera
c), del decreto legislativo n. 25 del 2008 risultano ricomprese nella
fattispecie relativa al ricorrente destinatario di un provvedimento di
trattenimento nei centri di cui all’articolo 14 del Testo unico immigrazione;
Peraltro,
anche nelle ipotesi di esecutività del provvedimento, l'efficacia del medesimo
può essere sospesa previa presentazione di apposita istanza cautelare e, in
caso di accoglimento, al ricorrente è rilasciato un permesso di soggiorno per
richiesta asilo. Il rilascio non è tuttavia previsto nei confronti di un
soggetto destinatario di un provvedimento di trattenimento in un centro
previsto dall’articolo 14 del testo unico immigrazione. Anche in questo caso merita valutare se l’eccezione per i soggetti
trattenuti nei centri, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per
richiesta asilo, assorba le ipotesi previste dall’art. 28-bis, comma 2, lettera
c), del decreto legislativo 25/2008. L’ordinanza che dispone la sospensione
dell’efficacia esecutiva dovrà essere adottata entro 5 giorni dall’istanza di
sospensione;
· precisa che, se il richiedente asilo ha reiterato
identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della
Commissione territoriale, senza addurre nuovi elementi in merito alle sue
condizioni personali o alla situazione del suo Paese, e la Commissione
conseguentemente dichiara la domanda inammissibile, la proposizione del ricorso
avverso tale pronuncia non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento;
· individua in 6
mesi il termine entro il quale il tribunale deve pronunciarsi sul ricorso
rigettandolo o accordando la protezione internazionale;
· specifica che la cancelleria del tribunale deve comunicare alle parti non solo l’esito
del ricorso ma anche l’esito delle istanze cautelari relative alla sospensione
dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
Articoli 27-29
(Disposizioni
finali)
Il Capo
III reca le disposizioni finali.
L'articolo 27 è
finalizzato a “trasferire” alle corrispondenti previsioni del nuovo
provvedimento la copertura finanziaria delle norme di cui lo schema di decreto
esame dispone l’abrogazione, in quanto sostanzialmente confluiti nel nuovo
atto.
L'articolo 28
reca la clausola di invarianza finanziaria dell’intero provvedimento.
L'articolo 29
prevede che entro 6 mesi dalla data
di entrata in vigore dello schema di decreto in esame – sentita la Conferenza
unificata – sia disposto l’adeguamento del regolamento di attuazione del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, adottato con decreto del Presidente
della Repubblica 12 gennaio 2015, n. 21, alle nuove norme in materia di
accoglienza dei richiedenti e di procedure per l'esame della domanda definite
con il provvedimento in esame.
Decreto legislativo 28 gennaio 2008,
n. 25
Attuazione della direttiva
2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri
ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato
Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 febbraio 2008, n. 40
Testo
vigente |
Modifiche
proposte dall'A.G. n. 170 |
Capo
I Disposizioni generali |
|
Articolo 1. Finalità |
|
1. Il presente
decreto stabilisce le procedure per l'esame delle domande di protezione
internazionale presentate nel territorio nazionale da cittadini di Paesi non
appartenenti alla Unione europea o da apolidi, di seguito denominati:
«stranieri», e le procedure per la revoca e la cessazione degli status
riconosciuti. |
1. Il presente
decreto stabilisce le procedure per l'esame delle domande di protezione
internazionale presentate nel territorio nazionale comprese
le frontiere, e le relative zone di transito nonché le acque territoriali, da
cittadini di Paesi non appartenenti alla Unione europea o da apolidi, di
seguito denominati: «stranieri», e le procedure per la revoca e la cessazione
degli status riconosciuti. |
Articolo 2. Definizioni |
|
1. Ai fini del
presente decreto s'intende per: a) «Convenzione di
Ginevra»: la Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a
Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722,
e modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge
14 febbraio 1970, n. 95; b) «domanda di
protezione internazionale o domanda di asilo o domanda»: la domanda
presentata secondo le procedure previste dal presente decreto, diretta ad
ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria; c) «richiedente»: il
cittadino straniero che ha presentato la domanda di protezione internazionale
sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva; d) «rifugiato»:
cittadino di un Paese non appartenente all'Unione europea il quale, per il
timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione,
nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione
politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e
non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di
tale Paese, oppure se apolide si trova fuori dal territorio nel quale aveva
precedentemente la dimora abituale e per lo stesso timore sopra indicato non
può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di
esclusione previste dall' articolo 10 del decreto legislativo 19 novembre
2007, n. 251; e) «status di
rifugiato»: il riconoscimento da parte dello Stato di un cittadino straniero
quale rifugiato, a seguito dell'accoglimento della domanda di protezione
internazionale, secondo le procedure definite dal presente decreto; f) «persona ammissibile
alla protezione sussidiaria»: cittadino di un Paese non appartenente
all'Unione europea o apolide che non possiede i requisiti per essere
riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi
di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un
apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora
abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come
definito dall' articolo 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi
della protezione di detto Paese; g) «status di
protezione sussidiaria»: il riconoscimento da parte dello Stato di un
cittadino straniero quale persona ammessa alla protezione sussidiaria, a
seguito dell'accoglimento della domanda di protezione internazionale, secondo
le procedure definite dal presente decreto; h) «minore non
accompagnato»: il cittadino straniero di età inferiore agli anni diciotto che
si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza
e di rappresentanza legale; i) ACNUR: l'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; m) «Paese
di origine sicuro»: il Paese inserito nell'elenco comune minimo di cui all' articolo
29 della direttiva 2005/85/CE. |
1. Ai fini del
presente decreto s'intende per: a) «Convenzione di
Ginevra»: la Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a
Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722,
e modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge
14 febbraio 1970, n. 95; b) «domanda di
protezione internazionale o domanda di asilo o domanda»: la domanda
presentata secondo le procedure previste dal presente decreto, diretta ad
ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria; c) «richiedente»: il
cittadino straniero che ha presentato la domanda di protezione internazionale
sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva; d) «rifugiato»:
cittadino di un Paese non appartenente all'Unione europea il quale, per il
timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione,
nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione
politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e
non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di
tale Paese, oppure se apolide si trova fuori dal territorio nel quale aveva
precedentemente la dimora abituale e per lo stesso timore sopra indicato non
può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di
esclusione previste dall' articolo 10 del decreto legislativo 19 novembre
2007, n. 251; e) «status di rifugiato»: il riconoscimento da
parte dello Stato di un cittadino straniero quale rifugiato, a seguito
dell'accoglimento della domanda di protezione internazionale, secondo le
procedure definite dal presente decreto; f) «persona ammissibile
alla protezione sussidiaria»: cittadino di un Paese non appartenente
all'Unione europea o apolide che non possiede i requisiti per essere
riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi
di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un
apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora
abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come
definito dall' articolo 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi
della protezione di detto Paese; g) «status di
protezione sussidiaria»: il riconoscimento da parte dello Stato di un
cittadino straniero quale persona ammessa alla protezione sussidiaria, a
seguito dell'accoglimento della domanda di protezione internazionale, secondo
le procedure definite dal presente decreto; h) «minore non
accompagnato»: il cittadino straniero di età inferiore agli anni diciotto che
si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza
e di rappresentanza legale; h-bis)
"persone vulnerabili: minori non accompagnati; disabili, anziani, donne
in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, vittime della
tratta di esseri umani, persone per le quali è accertato che hanno subito
torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o
sessuale, vittime di mutilazioni genitali; i) ACNUR: l'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; i-bis) "EASO": european asylum support office/ufficio europeo di sostegno per l'asilo,
istituito dal Regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 19 maggio 2010; |
Articolo 3. Autorità competenti |
|
1. Le autorità
competenti all'esame delle domande di protezione internazionale sono le
commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione
internazionale, di cui all' articolo 4. 2. L'ufficio di
polizia di frontiera e la questura sono competenti a ricevere la domanda,
secondo quanto previsto dall' articolo 26. 3. L'autorità
preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda
di protezione internazionale in applicazione del regolamento (CE) n.
343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, è l'Unità Dublino, operante
presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero
dell'interno. |
Identico |
Articolo
4. Commissioni
territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale |
|
1. Le Commissioni
territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato, di cui all' articolo
1-quater del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, assumono la
denominazione di: «Commissioni territoriali per il riconoscimento della
protezione internazionale», di seguito: «Commissioni territoriali». Le
Commissioni territoriali sono insediate presso le prefetture che forniscono
il necessario supporto organizzativo e logistico, con il coordinamento del
Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero
dell'interno. 2. Le Commissioni
territoriali sono fissate nel numero massimo di venti. Con decreto del
Ministro dell'interno sono individuate le sedi e le circoscrizioni
territoriali in cui operano le commissioni. 2-bis. Con decreto
del Ministro dell'interno, presso ciascuna Commissione territoriale possono
essere istituite, al verificarsi di un eccezionale incremento delle domande
di asilo connesso all'andamento dei flussi migratori e per il tempo
strettamente necessario da determinare nello stesso decreto, una o più
sezioni composte dai membri supplenti delle Commissioni medesime. Le sezioni
possono essere istituite fino a un numero massimo complessivo di trenta per
l'intero territorio nazionale e operano in base alle disposizioni che
regolano l'attività delle Commissioni territoriali. Il decreto di cui al
primo periodo può prevedere che la funzione di presidente delle sezioni o di
alcune di esse sia svolta in via esclusiva. 3. Le Commissioni
territoriali sono nominate con decreto del Ministro dell'interno, e sono
composte, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, da un
funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un
funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente
territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da
un rappresentante designato dall'ACNUR. In situazioni di urgenza, il Ministro
dell'interno nomina il rappresentante dell'ente locale, su indicazione del
sindaco del comune presso cui ha sede la commissione territoriale, e ne dà
tempestiva comunicazione alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per
ciascun componente sono nominati uno o più componenti supplenti. L'incarico
ha durata triennale ed è rinnovabile. Le Commissioni territoriali possono
essere integrate, su richiesta del presidente della Commissione nazionale per
il diritto di asilo, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con
la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia
necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti protezione
internazionale, in ordine alle domande per le quali occorre disporre di
particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di
provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. Ove necessario,
le Commissioni possono essere composte anche da personale in posizione di
collocamento a riposo da non oltre due anni appartenente alle amministrazioni
o agli enti rappresentati nella Commissione. Al presidente ed ai componenti
effettivi o supplenti, per ogni partecipazione alle sedute della Commissione,
è corrisposto un gettone di presenza. L'ammontare del gettone di presenza è
determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze. 3-bis. Ogni
Commissione territoriale e ognuna delle sue sezioni opera con indipendenza di
giudizio e di valutazione. 4. Le Commissioni
territoriali sono validamente costituite con la presenza della maggioranza
dei componenti e deliberano con il voto favorevole di almeno tre componenti.
In caso di parità prevale il voto del presidente. 5. Salvo quanto
previsto dall' articolo 7 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140,
la competenza delle Commissioni territoriali è determinata sulla base della
circoscrizione territoriale in cui è presentata la domanda ai sensi dell' articolo
26, comma 1. Nel caso di richiedenti accolti o trattenuti ai sensi degli articoli
20 e 21 la competenza è determinata in base alla circoscrizione
territoriale in cui è collocato il centro. Nel caso in cui nel corso della
procedura si rende necessario il trasferimento del richiedente ad un centro
diverso da quello in cui è accolto o trattenuto, la competenza all'esame
della domanda è assunta dalla commissione nella cui circoscrizione
territoriale è collocato il centro di nuova destinazione. Se prima del
trasferimento il richiedente ha sostenuto il colloquio, la competenza rimane in
capo alla commissione territoriale innanzi alla quale si è svolto il
colloquio. 5-bis. Fermo restando
in ogni caso la competenza della commissione territoriale innanzi alla quale
si è svolto il colloquio, la competenza all'esame delle domande di protezione
internazionale può essere individuata, con provvedimento del Presidente della
Commissione nazionale per il diritto di asilo in deroga al comma 5, tenendo
conto del numero dei procedimenti assegnati a ciascuna Commissione nonché dei
mutamenti di residenza o domicilio comunicati dall'interessato ai sensi
dell'articolo 11, comma 2. 6. Le attività di
supporto delle commissioni sono svolte dal personale in servizio appartenente
ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno. |
1. Le Commissioni
territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato, di cui all' articolo
1-quater del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, assumono la
denominazione di: «Commissioni territoriali per il riconoscimento della
protezione internazionale», di seguito: «Commissioni territoriali». Le
Commissioni territoriali sono insediate presso le prefetture che forniscono
il necessario supporto organizzativo e logistico, con il coordinamento del
Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero
dell'interno. 2. Le Commissioni
territoriali sono fissate nel numero massimo di venti. Con decreto del
Ministro dell'interno sono individuate le sedi e le circoscrizioni
territoriali in cui operano le commissioni. 2-bis. Con decreto
del Ministro dell'interno, presso ciascuna Commissione territoriale possono
essere istituite, al verificarsi di un eccezionale incremento delle domande
di asilo connesso all'andamento dei flussi migratori e per il tempo strettamente
necessario da determinare nello stesso decreto, una o più sezioni composte
dai membri supplenti delle Commissioni medesime. Le sezioni possono essere
istituite fino a un numero massimo complessivo di trenta per l'intero
territorio nazionale e operano in base alle disposizioni che regolano
l'attività delle Commissioni territoriali. Il decreto di cui al primo periodo
può prevedere che la funzione di presidente delle sezioni o di alcune di esse
sia svolta in via esclusiva. 3. Le Commissioni
territoriali sono nominate con decreto del Ministro dell'interno, e sono
composte, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, da un
funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un
funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente
territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da
un rappresentante designato dall'ACNUR. In
situazioni di urgenza il Ministro dell'Interno nomina il rappresentante
dell'ente locale su indicazione dell'ANCI e ne dà tempestiva comunicazione
alla Conferenza Stato-città e autonomie locali. Il decreto di nomina dei
componenti della Commissione è adottato previa valutazione dell'insussistenza
di motivi di incompatibilità derivanti da situazioni di conflitto di interessi,
diretto o indiretto, anche potenziale. Per ciascun componente sono nominati
uno o più componenti supplenti. I componenti effettivi e i componenti
supplenti sono designati in base alle esperienze o formazione acquisite nel
settore dell'immigrazione e dell'asilo o in quello della tutela dei diritti
umani. Le Commissioni territoriali possono essere integrate, su richiesta
del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un
funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente
a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a
particolari afflussi di richiedenti protezione internazionale, in ordine alle
domande per le quali occorre disporre di particolari elementi di valutazione
in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del
Ministero degli affari esteri. Ove necessario, le Commissioni possono essere
composte anche da personale in posizione di collocamento a riposo da non
oltre due anni appartenente alle amministrazioni o agli enti rappresentati
nella Commissione. Al presidente ed ai componenti effettivi o supplenti, per
ogni partecipazione alle sedute della Commissione, è corrisposto un gettone
di presenza. L'ammontare del gettone di presenza è determinato con decreto
del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze. 3-bis. La Commissione nazionale per il diritto di asilo cura la
predisposizione di corsi di formazione per componente delle Commissioni
territoriali, anche mediante convenzioni stipulate dal Ministero dell'interno
con le Università degli studi. I componenti che hanno partecipato ai corsi di
cui al presente comma non partecipano ai corsi di formazione iniziale di cui
all'articolo 15, comma 1. 3-bis. Ogni
Commissione territoriale e ognuna delle sue sezioni opera con indipendenza di
giudizio e di valutazione. 4. Le Commissioni
territoriali sono validamente costituite con la presenza della maggioranza
dei componenti e deliberano con il voto favorevole di almeno tre componenti.
In caso di parità prevale il voto del presidente. 5. La competenza delle commissioni
territoriali è determinata sulla base della circoscrizione territoriale in
cui è presentata la domanda ai sensi dell'articolo 26 comma 1. Nel caso di
richiedenti presenti in una struttura di accoglienza governativa o in una
struttura del sistema di protezione di cui all'articolo 1-sexies del
decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 febbraio 1990, n. 39, ovvero trattenuti in un centro di cui
all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la competenza
è determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui sono collocati
la struttura di accoglienza o il centro. Nel caso in cui nel corso della
procedura si rende necessario il trasferimento del richiedente, la competenza
all'esame della domanda è assunta dalla Commissione nella cui circoscrizione
territoriale sono collocati la struttura ovvero il centro di nuova
destinazione. Se prima del trasferimento il richiedente ha sostenuto il
colloquio, la competenza rimane in capo alla commissione territoriale innanzi
alla quale si è svolto il colloquio. 5-bis. Fermo restando
in ogni caso la competenza della commissione territoriale innanzi alla quale
si è svolto il colloquio, la competenza all'esame delle domande di protezione
internazionale può essere individuata, con provvedimento del Presidente della
Commissione nazionale per il diritto di asilo in deroga al comma 5, tenendo
conto del numero dei procedimenti assegnati a ciascuna Commissione nonché dei
mutamenti di residenza o domicilio comunicati dall'interessato ai sensi
dell'articolo 11, comma 2. 6. Le attività di
supporto delle commissioni sono svolte dal personale in servizio appartenente
ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno. |
Articolo 5 Commissione nazionale per il
diritto di asilo |
|
1. La Commissione
nazionale per il diritto di asilo ha competenza in materia di revoca e
cessazione degli status di protezione internazionale riconosciuti, nelle
ipotesi previste dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251,
oltre che compiti di indirizzo e coordinamento delle Commissioni
territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime
Commissioni, di costituzione e aggiornamento di una banca dati informatica
contenente le informazioni utili al monitoraggio delle richieste di asilo, di
costituzione e aggiornamento di un centro di documentazione sulla situazione
socio-politico-economica dei Paesi di origine dei richiedenti, di
monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche al fine di proporre
l'istituzione di nuove Commissioni territoriali e di fornire, ove necessario,
informazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri per l'adozione del
provvedimento di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 25 luglio 1988,
n. 286. La Commissione mantiene rapporti di collaborazione con il Ministero
degli affari esteri ed i collegamenti di carattere internazionale relativi
all'attività svolta. 2. La Commissione
nazionale è nominata, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei
Ministri dell'interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da
un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da
un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento
per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento
della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Ciascuna amministrazione
designa un supplente. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. La
Commissione è validamente costituita con la presenza della maggioranza dei
componenti e delibera con il voto favorevole di almeno tre componenti. Alle
riunioni partecipa senza diritto di voto un rappresentante del delegato in
Italia dell'ACNUR. La Commissione nazionale si avvale del supporto
organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e
l'immigrazione del Ministero dell'interno. 3. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'interno
e degli affari esteri, possono essere istituite una o più sezioni della
Commissione nazionale. I componenti di ciascuna sezione sono individuati e
nominati secondo quanto previsto al comma 2. Le sezioni della Commissione
nazionale sono validamente costituite e deliberano con le medesime modalità
previste per la Commissione nazionale. |
1. La Commissione
nazionale per il diritto di asilo ha competenza in materia di revoca e
cessazione degli status di protezione internazionale riconosciuti, nelle
ipotesi previste dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251,
oltre che compiti di indirizzo e coordinamento delle Commissioni
territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime
Commissioni, di costituzione e aggiornamento di una banca dati informatica
contenente le informazioni utili al monitoraggio delle richieste di asilo, di
costituzione e aggiornamento di un centro di documentazione sulla situazione
socio-politico-economica dei Paesi di origine dei richiedenti, di
monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche al fine di proporre
l'istituzione di nuove Commissioni territoriali e di fornire, ove necessario,
informazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri per l'adozione del
provvedimento di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 25 luglio 1988,
n. 286. La Commissione mantiene rapporti di collaborazione con il Ministero
degli affari esteri ed i collegamenti di carattere internazionale relativi
all'attività svolta. La Commissione
costituisce punto nazionale di contatto per lo scambio di informazioni con la
Commissione europea e con le competenti autorità degli altri Stati membri. 1-bis) Nell'esercizio dei compiti di indirizzo e coordinamento
di cui al comma 1, la Commissione
nazionale può individuare periodicamente i paesi di provenienza dei
richiedenti o parte di tali Paesi ai fini dell'articolo 12, commi 2 e 2-bis. 1-ter) La Commissione nazionale adotta un codice di condotta per i
componenti delle commissioni territoriali, per gli interpreti e per il
personale di supporto delle medesime Commissioni. 2. La Commissione
nazionale è nominata, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei
Ministri dell'interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da
un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da
un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento
per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento
della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno. Ciascuna amministrazione
designa un supplente. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. La Commissione
è validamente costituita con la presenza della maggioranza dei componenti e
delibera con il voto favorevole di almeno tre componenti. Alle riunioni
partecipa senza diritto di voto un rappresentante del delegato in Italia
dell'ACNUR. La Commissione nazionale si avvale del supporto organizzativo e
logistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del
Ministero dell'interno. 3. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'interno
e degli affari esteri, possono essere istituite una o più sezioni della
Commissione nazionale. I componenti di ciascuna sezione sono individuati e
nominati secondo quanto previsto al comma 2. Le sezioni della Commissione
nazionale sono validamente costituite e deliberano con le medesime modalità
previste per la Commissione nazionale. |
Capo II
Principi fondamentali e garanzie |
|
Articolo 6. Accesso alla procedura |
|
1. La domanda di
protezione internazionale è presentata personalmente dal richiedente presso
l'ufficio di polizia di frontiera all'atto dell'ingresso nel territorio
nazionale o presso l'ufficio della questura competente in base al luogo di
dimora del richiedente. 2. La domanda
presentata da un genitore si intende estesa anche ai figli minori non
coniugati presenti sul territorio nazionale con il genitore all'atto della
presentazione della stessa. 3. La domanda può
essere presentata direttamente dal minore non accompagnato ai sensi dell' articolo
19. |
1. La domanda di
protezione internazionale è presentata personalmente dal richiedente presso
l'ufficio di polizia di frontiera all'atto dell'ingresso nel territorio
nazionale o presso l'ufficio della questura competente in base al luogo di
dimora del richiedente. 2. La domanda
presentata da un genitore si intende estesa anche ai figli minori non
coniugati presenti sul territorio nazionale con il genitore all'atto della
presentazione della stessa. La domanda
può essere presentata direttamente dal minore, tramite il genitore. 3. La domanda può
essere presentata direttamente dal minore non accompagnato ai sensi dell' articolo
19. La domanda del minore non accompagnato può essere
altresì presentata direttamente dal tutore sulla base di una valutazione
individuale della situazione personale del minore. |
Articolo 7 Diritto di rimanere nel territorio
dello Stato durante l'esame della domanda |
|
1. Il richiedente è
autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della
procedura, fatto salvo quanto previsto dall' articolo 11 del decreto
legislativo 30 maggio 2005, n. 140, fino alla decisione della Commissione
territoriale in ordine alla domanda, a norma dell' articolo 32. Il
prefetto competente stabilisce un luogo di residenza o un'area geografica ove
i richiedenti asilo possano circolare. 2. La previsione di
cui al comma 1 non si applica a coloro che debbano essere: a) estradati verso un
altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto
europeo; b) consegnati ad una
Corte o ad un Tribunale penale internazionale; c) avviati verso un
altro Stato dell'Unione competente per l'esame dell'istanza di protezione internazionale. |
1. Il richiedente è autorizzato a rimanere
nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale
ai sensi dell'articolo 32. 2. La previsione di
cui al comma 1 non si applica a coloro che debbano essere: a) estradati verso un
altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto
europeo; b) consegnati ad una
Corte o ad un Tribunale penale internazionale; c) avviati verso un
altro Stato dell'Unione competente per l'esame dell'istanza di protezione
internazionale. |
Articolo 8. Criteri applicabili all'esame delle
domande |
|
1. Le domande di
protezione internazionale non possono essere respinte, né escluse dall'esame
per il solo fatto di non essere state presentate tempestivamente. 2. La decisione su
ogni singola domanda deve essere assunta in modo individuale, obiettivo ed
imparziale e sulla base di un congruo esame della domanda effettuato ai sensi
del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. 3. Ciascuna domanda è
esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione
generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra,
dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione
nazionale sulla base dei dati forniti dall'ACNUR, dal Ministero degli affari
esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei
diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla
Commissione stessa. La Commissione nazionale assicura che tali informazioni,
costantemente aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni
territoriali, secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai
sensi dell' articolo 38 e siano altresì fornite agli organi
giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni
negative. |
1. Le domande di
protezione internazionale non possono essere respinte, né escluse dall'esame
per il solo fatto di non essere state presentate tempestivamente. 2. La decisione su
ogni singola domanda deve essere assunta in modo individuale, obiettivo ed
imparziale e sulla base di un congruo esame della domanda effettuato ai sensi
del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. La Commissione territoriale accerta in primo luogo se sussistono le
condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi
dell'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e
successivamente se sussistono le condizioni per il riconoscimento dello
status di protezione sussidiaria ai sensi dell'articolo 17 del medesimo decreto
legislativo. 3. Ciascuna domanda è
esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione
generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra,
dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione
nazionale sulla base dei dati forniti dall'ACNUR, dall'EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la
collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti
a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa. La
Commissione nazionale assicura che tali informazioni, costantemente
aggiornate, siano messe a disposizione delle Commissioni territoriali,
secondo le modalità indicate dal regolamento da emanare ai sensi dell' articolo
38 e siano altresì fornite agli organi giurisdizionali chiamati a
pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative. 3-bis. Ove necessario ai fini dell'esame della domanda, la
Commissione territoriale può consultare esperti su aspetti particolari come
quelli di ordine sanitario, culturale, religioso, di genere o inerenti ai
minori. La Commissione sulla base degli elementi forniti dal richiedente, può
altresì disporre, previo consenso del richiedente visite mediche dirette ad
accertare gli esiti di persecuzioni o
danni gravi subiti effettuate secondo le linee guida di cui all'articolo 27,
comma 1-bis del decreto legislativo
19 novembre 2007, n. 251 e successive modificazioni. Se la Commissione non
dispone una visita medica, il richiedente può effettuare la visita medica a
proprie spese e sottoporne i risultati alla Commissione medesima ai fini
dell'esame della domanda. |
Articolo 9. Criteri applicabili alle decisioni
dell'autorità accertante |
|
1. Le decisioni sulle
domande di protezione internazionale sono comunicate per iscritto. 2. La decisione con
cui viene respinta una domanda è corredata da motivazione di fatto e di
diritto e deve recare le indicazioni sui mezzi di impugnazione ammissibili. |
Identico |
Articolo
10. Garanzie per i
richiedenti asilo |
|
1. All'atto della
presentazione della domanda l'ufficio di polizia competente a riceverla
informa il richiedente della procedura da seguire, dei suoi diritti e doveri
durante il procedimento e dei tempi e mezzi a sua disposizione per corredare
la domanda degli elementi utili all'esame; a tale fine consegna al
richiedente l'opuscolo informativo di cui al comma 2. 2. La Commissione
nazionale redige, secondo le modalità definite nel regolamento da adottare ai
sensi dell' articolo 38 un opuscolo informativo che illustra: a) le fasi della
procedura per il riconoscimento della protezione internazionale; b) i principali
diritti e doveri del richiedente durante la sua permanenza in Italia; c) le prestazioni
sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle; d) l'indirizzo ed il
recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela
dei richiedenti protezione internazionale. 3. Al richiedente è
garantita, in ogni fase della procedura, la possibilità di contattare l'ACNUR
o altra organizzazione di sua fiducia competente in materia di asilo. 4. Il richiedente è
tempestivamente informato della decisione. Tutte le comunicazioni concernenti
il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale sono
rese al richiedente nella prima lingua da lui indicata, o, se ciò non è
possibile, in lingua inglese, francese, spagnola o araba, secondo la
preferenza indicata dall'interessato. In tutte le fasi del procedimento
connesse alla presentazione ed all'esame della domanda, al richiedente è
garantita, se necessario, l'assistenza di un interprete della sua lingua o di
altra lingua a lui comprensibile. 5. In caso di
impugnazione della decisione in sede giurisdizionale, allo straniero, durante
lo svolgimento del relativo giudizio, sono assicurate le stesse garanzie di
cui al presente articolo. |
1. All'atto della
presentazione della domanda l'ufficio di polizia competente a riceverla
informa il richiedente della procedura da seguire, dei suoi diritti e doveri
durante il procedimento e dei tempi e mezzi a sua disposizione per corredare
la domanda degli elementi utili all'esame; a tale fine consegna al
richiedente l'opuscolo informativo di cui al comma 2. 1-bis. Il personale
dell'ufficio di polizia di cui al comma 1 riceve una formazione adeguata ai
propri compiti e responsabilità. 2. La Commissione
nazionale redige, secondo le modalità definite nel regolamento da adottare ai
sensi dell' articolo 38 un opuscolo informativo che illustra: a) le fasi della
procedura per il riconoscimento della protezione
internazionale, comprese le
conseguenze dell'allontanamento ingiustificato dai centri; b) i principali
diritti e doveri del richiedente durante la sua permanenza in Italia; c) le prestazioni
sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle; d) l'indirizzo ed il
recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela
dei richiedenti protezione internazionale nonché informazioni sul servizio di cui al comma 2-bis. 2-bis. Al fine di garantire al richiedente un servizio gratuito di
informazione sulla procedura di esame della domanda da parte delle
Commissioni territoriali nonché sulle procedure di revoca e sulle modalità di
impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il Ministero
dell'interno stipula apposite convenzioni con l'UNHCR o con enti di tutela
dei titolari di protezione internazionale con esperienza consolidata nel
settore, anche ad integrazione dei servizi di informazione assicurati dal
gestore nelle strutture di accoglienza previste dal presente decreto. 3. Al richiedente è
garantita, in ogni fase della procedura, la possibilità di contattare l'ACNUR
o altra organizzazione di sua fiducia competente in materia di asilo. 4. Il richiedente è
tempestivamente informato della decisione. Tutte le comunicazioni concernenti
il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale sono
rese al richiedente nella prima lingua da lui indicata, o, se ciò non è
possibile, in lingua inglese, francese, spagnola o araba, secondo la
preferenza indicata dall'interessato. In tutte le fasi del procedimento
connesse alla presentazione ed all'esame della domanda, al richiedente è
garantita, se necessario, l'assistenza di un interprete della sua lingua o di
altra lingua a lui comprensibile. Ove
necessario, si provvede alla traduzione della documentazione prodotta dal
richiedente in ogni fase della procedura. 5. In caso di
impugnazione della decisione in sede giurisdizionale, allo straniero, durante
lo svolgimento del relativo giudizio, sono assicurate le stesse garanzie di
cui al presente articolo. |
Articolo
. 10-bis (Informazioni e servizi di accoglienza ai valichi di frontiera) |
|
|
1. Le informazioni di cui all'articolo 10, comma 1, sono fornite allo
straniero che manifesta la volontà di chiedere protezione internazionale ai
valichi di frontiera e nelle relative zone di transito nell'ambito dei
servizi di accoglienza previsti dall'articolo 11, comma 6, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286. 2. E' assicurato l'accesso ai valichi di frontiera dei rappresentanti
dell'UNHCR e degli enti di tutela dei titolari di protezione internazionale
con esperienza consolidata nel settore. Per motivi di sicurezza, ordine
pubblico o comunque per ragioni connesse alla gestione amministrativa,
l'accesso può essere limitato purché non sia impedito completamente. |
Articolo 11. Obblighi del richiedente asilo |
|
1. Il richiedente
asilo ha l'obbligo, se convocato, di comparire personalmente davanti alla
Commissione territoriale. Ha altresì l'obbligo di consegnare i documenti in suo
possesso pertinenti ai fini della domanda, incluso il passaporto. 2. Il richiedente è
tenuto ad informare l'autorità competente in ordine ad ogni suo mutamento di
residenza o domicilio. 3. In caso di mancata
osservanza dell'obbligo di cui al comma 2, eventuali comunicazioni
concernenti il procedimento si intendono validamente effettuate presso
l'ultimo domicilio del richiedente. 4. In tutte le fasi
della procedura, il richiedente è tenuto ad agevolare il compimento degli
accertamenti previsti dalla legislazione in materia di pubblica sicurezza. |
Identico |
Articolo 12. Colloquio personale |
|
1. La Commissione
nazionale e le Commissioni territoriali dispongono l'audizione
dell'interessato tramite comunicazione effettuata dalla questura
territorialmente competente. 1-bis. Il colloquio
si svolge di norma alla presenza di uno solo dei componenti della
Commissione, con specifica formazione e, ove possibile, dello stesso sesso
del richiedente. Il componente che effettua il colloquio sottopone la
proposta di deliberazione alla Commissione che decide ai sensi dell'articolo
4, comma 4. Su determinazione del Presidente, o su richiesta
dell'interessato, preventivamente informato, il colloquio si svolge innanzi
alla Commissione. 2. La Commissione
territoriale può omettere l'audizione del richiedente quando ritiene di avere
sufficienti motivi per accogliere la domanda di riconoscimento dello status
di rifugiato in relazione agli elementi forniti dal richiedente ai sensi
dell' articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ed
in tutti i casi in cui risulti certificata dalla struttura sanitaria pubblica
o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l'incapacità
o l'impossibilità di sostenere un colloquio personale. 3. Il colloquio può
essere rinviato qualora le condizioni di salute del cittadino straniero,
certificate ai sensi del comma 2, non lo rendano possibile, ovvero qualora
l'interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi motivi. 4. Se il cittadino
straniero benché regolarmente convocato non si presenta al colloquio senza
aver chiesto il rinvio, l'autorità decidente decide sulla base della
documentazione disponibile. 5. Nel caso la
convocazione non sia stata portata a conoscenza del richiedente asilo non
ospitato nelle strutture di accoglienza o di trattenimento e non sia già
stata emessa nei suoi confronti decisione di accoglimento della relativa
istanza, la Commissione territoriale competente o la Commissione nazionale
dispone, per una sola volta ed entro dieci giorni dalla cessazione della
causa che non ha consentito lo svolgimento del colloquio, una nuova convocazione
dell'interessato, secondo le modalità di cui al comma 1, al fine della
riattivazione della procedura. |
1. La Commissione
nazionale e le Commissioni territoriali dispongono l'audizione
dell'interessato tramite comunicazione effettuata dalla questura territorialmente
competente. 1-bis. Il colloquio
si svolge di norma alla presenza di uno solo dei componenti della
Commissione, con specifica formazione e, ove possibile, dello stesso sesso
del richiedente. Il componente che effettua il colloquio sottopone la
proposta di deliberazione alla Commissione che decide ai sensi dell'articolo
4, comma 4. Su determinazione del Presidente, o su richiesta
dell'interessato, preventivamente informato, il colloquio si svolge innanzi
alla Commissione. 2. La Commissione territoriale
può omettere l'audizione del richiedente quando ritiene di avere sufficienti
motivi per accogliere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato
in relazione agli elementi forniti dal richiedente ai sensi dell' articolo
3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ed in tutti i casi in
cui risulti certificata dalla struttura sanitaria pubblica o da un medico
convenzionato con il Servizio sanitario nazionale l'incapacità o
l'impossibilità di sostenere un colloquio personale. 2-bis. Fuori dei casi previsti dal comma 2, la Commissione
territoriale può omettere l'audizione del richiedente proveniente da uno dei
Paesi individuati ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, quando ritiene di avere sufficienti motivi per riconoscere
lo status di protezione sussidiaria sulla base degli elementi in suo
possesso. In tal caso, la Commissione prima di adottare la decisione formale
comunica all'interessato che ha facoltà di chiedere, entro tre giorni dalla
comunicazione, di essere ammesso al colloquio e che in mancanza di tale
richiesta la Commissione adotta la decisione. 3. Il colloquio può
essere rinviato qualora le condizioni di salute del cittadino straniero,
certificate ai sensi del comma 2, non lo rendano possibile, ovvero qualora
l'interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi motivi. 4. Se il cittadino
straniero benché regolarmente convocato non si presenta al colloquio senza
aver chiesto il rinvio, l'autorità decidente decide sulla base della
documentazione disponibile. 5. Nel caso la
convocazione non sia stata portata a conoscenza del richiedente asilo non
ospitato nelle strutture di accoglienza o di trattenimento e non sia già
stata emessa nei suoi confronti decisione di accoglimento della relativa
istanza, la Commissione territoriale competente o la Commissione nazionale
dispone, per una sola volta ed entro dieci giorni dalla cessazione della
causa che non ha consentito lo svolgimento del colloquio, una nuova
convocazione dell'interessato, secondo le modalità di cui al comma 1, al fine
della riattivazione della procedura. |
Articolo 13. Criteri applicabili al colloquio
personale |
|
1. Il colloquio
personale si svolge in seduta non pubblica, senza la presenza dei familiari,
a meno che l'autorità decidente non ritenga che un esame adeguato comporti
anche la presenza di altri familiari. 2. In presenza di un
cittadino straniero portatore delle particolari esigenze di cui all' articolo
8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, al colloquio può essere
ammesso personale di sostegno per prestare la necessaria assistenza. 3. Il colloquio del
minore avviene alla presenza del genitore che esercita la potestà o del
tutore. In caso di minori non accompagnati, il colloquio si svolge alla
presenza del tutore di cui all' articolo 26, comma 5. 4. Se il cittadino
straniero è assistito da un avvocato ai sensi dell' articolo 16,
questi è ammesso ad assistere al colloquio. |
1. Il colloquio
personale si svolge in seduta non pubblica, senza la presenza dei familiari,
a meno che l'autorità decidente non ritenga che un esame adeguato comporti
anche la presenza di altri familiari. 1-bis. Nel corso del
colloquio, al richiedente è assicurata la possibilità di esporre in maniera
esauriente gli elementi addotti a fondamento della domanda ai sensi
dell'articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. 2. In presenza di un
cittadino straniero portatore delle particolari esigenze di cui all' articolo
8 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, al colloquio può essere
ammesso personale di sostegno per prestare la necessaria assistenza. 3. Il colloquio del minore si svolge innanzi
ad un componente della Commissione con specifica formazione, alla presenza
del genitore che esercita la responsabilità genitoriale o del tutore nonché
del personale di cui al comma 2. In presenza di giustificati motivi, la
Commissione territoriale può procedere nuovamente all'ascolto del minore
anche senza la presenza del genitore o del tutore, fermo restando la presenza
del personale di cui al comma 2, se lo ritiene necessario in relazione alla
situazione personale del minore e al suo grado di maturità e di sviluppo
nell'esclusivo interesse del minore. 4. Se il cittadino
straniero è assistito da un avvocato ai sensi dell' articolo 16,
questi è ammesso ad assistere al colloquio e può chiedere di prendere visione del verbale e di acquisirne copia.
|
Articolo 14. Verbale del colloquio personale |
|
1. Dell'audizione è
redatto verbale che è sottoscritto dall'interessato e contiene le
informazioni di cui all' articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 19
novembre 2007, n. 251. Al cittadino straniero è rilasciata copia del
verbale. La Commissione territoriale adotta le idonee misure per garantire la
riservatezza dei dati che riguardano l'identità e le dichiarazioni dei
richiedenti la protezione internazionale. 2. Il rifiuto di
sottoscrivere il contenuto del verbale e le motivazioni di tale rifiuto sono
registrati nel verbale stesso e non ostano a che l'autorità decidente adotti
una decisione. |
1.Dell'audizione è redatto verbale di cui
viene data lettura al richiedente in una lingua a lui comprensibile e, in
ogni caso, tramite interprete. Il verbale è confermato e sottoscritto
dall'interessato e contiene le informazioni di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 19
novembre 2007, n. 251. Il richiedente riceve copia del verbale e ha facoltà
di formulare osservazioni che sono
riportate in calce al verbale. La Commissione territoriale adotta idonee
misure per garantire la riservatezza dei dati che riguardano l'identità e le
dichiarazioni dei richiedenti. 2. Il rifiuto di
sottoscrivere il contenuto del verbale e le motivazioni di tale rifiuto sono
registrati nel verbale stesso e non ostano a che l'autorità decidente adotti
una decisione. 2-bis. Il colloquio può
essere registrato con mezzi meccanici. La registrazione può essere acquisita
in sede di ricorso giurisdizionale avverso la decisione della Commissione
territoriale. Ove la registrazione sia trascritta, non è richiesta la
sottoscrizione del verbale di cui al comma 1 da parte del richiedente. |
Articolo 15. Formazione delle commissioni territoriali
e del personale |
|
01. I componenti
effettivi e supplenti delle Commissioni territoriali partecipano a un corso
di formazione iniziale e a periodici corsi di aggiornamento organizzati dalla
Commissione nazionale ai sensi dei commi 1 e 1-bis. 1. La Commissione
nazionale cura la formazione ed il periodico aggiornamento dei propri
componenti e di quelli delle Commissioni territoriali, anche al fine di
garantire che abbiano la competenza necessaria perché il colloquio si svolga
con la dovuta attenzione al contesto personale o generale in cui nasce la
domanda, compresa l'origine culturale o la vulnerabilità del richiedente. La
Commissione nazionale cura altresì la formazione degli interpreti di cui si
avvalgono le Commissioni, per assicurare una comunicazione adeguata in sede
di colloquio e la formazione del personale di supporto delle Commissioni. 1-bis. La formazione
di cui al comma 1 è effettuata anche in collaborazione con l'ACNUR e con
l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo di cui al regolamento (UE) n.
439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010. |
Identico |
Articolo 16. Diritto all'assistenza e alla
rappresentanza legali |
|
1. Il cittadino
straniero può farsi assistere, a proprie spese, da un avvocato. 2. Nel caso di
impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il cittadino straniero
è assistito da un avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio ove ricorrano
le condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l'attestazione dei redditi prodotti
all'estero si applica l' articolo 94 del medesimo decreto. |
Identico |
Articolo 17. Ambito di applicazione dell'assistenza e
della rappresentanza legali |
|
1. Al cittadino
straniero o al suo legale rappresentante, nonché all'avvocato che
eventualmente lo assiste, è garantito l'accesso a tutte le informazioni
relative alla procedura, alle fonti di prova utilizzate e agli elementi di
valutazione adottati, che potrebbero formare oggetto di giudizio in sede di
ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale o della
Commissione nazionale, con le modalità di cui all' articolo 18. |
Identico |
Articolo 18. Applicazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 |
|
1. Ai procedimenti
per l'esame delle domande di protezione internazionale si applicano le
disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di accesso agli atti
amministrativi, di cui ai capi I, ad esclusione dell' articolo 2,
comma 2, II, IV-bis e V, nonché agli articoli 7, 8 e 10
del capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241. |
Identico |
Articolo 19. Garanzie per i minori non accompagnati |
|
1. Al minore non
accompagnato che ha espresso la volontà di chiedere la protezione
internazionale è fornita la necessaria assistenza per la presentazione della
domanda. Allo stesso è garantita l'assistenza del tutore in ogni fase della
procedura per l'esame della domanda, secondo quanto previsto dall' articolo
26, comma 5. 2. Se sussistono
dubbi in ordine all'età, il minore non accompagnato può, in ogni fase della
procedura, essere sottoposto, previo consenso del minore stesso o del suo
rappresentante legale, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine
di accertarne l'età. Se gli accertamenti effettuati non consentono l'esatta
determinazione dell'età si applicano le disposizioni del presente articolo. 3. Il minore deve
essere informato della possibilità che la sua età può essere determinata
attraverso visita medica, sul tipo di visita e sulle conseguenze della visita
ai fini dell'esame della domanda. Il rifiuto, da parte del minore, di
sottoporsi alla visita medica, non costituisce motivo di impedimento
all'accoglimento della domanda, né all'adozione della decisione. 4. Il minore
partecipa al colloquio personale secondo quanto previsto dall' articolo 13,
comma 3, ed allo stesso è garantita adeguata informazione sul significato e
le eventuali conseguenze del colloquio personale. |
Identico |
Articolo 20. Casi di accoglienza |
|
1. Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare
la sua domanda. 2. Il richiedente è ospitato in un centro di accoglienza richiedenti
asilo (CARA) nei seguenti casi: a) quando è necessario verificare o determinare la sua nazionalità o
identità, ove lo stesso non sia in possesso dei documenti di viaggio o di
identità, ovvero al suo arrivo nel territorio dello Stato abbia presentato
documenti risultati falsi o contraffatti; b) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato per aver
eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo; c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in
condizioni di soggiorno irregolare; [d) abrogato] 3. Nel caso di cui al comma 2, lettera a), il richiedente è ospitato
nel centro per il tempo strettamente necessario agli adempimenti ivi previsti
e, in ogni caso, per un periodo non superiore a venti giorni. Negli altri
casi il richiedente è ospitato nel centro per il tempo strettamente
necessario all'esame della domanda innanzi alla commissione territoriale e,
in ogni caso, per un periodo non superiore a trentacinque giorni. Allo
scadere del periodo di accoglienza al richiedente è rilasciato un permesso di
soggiorno temporaneo valido tre mesi, rinnovabile fino alla decisione della
domanda. 4. La residenza nel centro non incide sull'esercizio delle garanzie
inerenti alla sua domanda, né sulla sfera della sua vita privata, fatto salvo
il rispetto delle regole di convivenza previste nel regolamento di cui al
comma 5, che garantiscono comunque la facoltà di uscire dal centro nelle ore
diurne. Il richiedente può chiedere al prefetto un permesso temporaneo di
allontanamento dal centro per un periodo di tempo diverso o superiore a
quello di uscita, per rilevanti motivi personali o per motivi attinenti
all'esame della domanda, fatta salva la compatibilità con i tempi della
procedura per l'esame della domanda. Il provvedimento di diniego sulla
richiesta di autorizzazione all'allontanamento è motivato e comunicato
all'interessato ai sensi dell' articolo 10, comma 4. 5. Con il regolamento di cui all' articolo 38 sono fissate, le
caratteristiche e le modalità di gestione, anche in collaborazione con l'ente
locale, dei centri di accoglienza richiedenti asilo, che devono garantire al
richiedente una ospitalità che garantisca la dignità della persona e l'unità
del nucleo familiare. Il regolamento tiene conto degli atti adottati
dall'ACNUR, dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. L'accesso alle
strutture è comunque consentito ai rappresentanti dell'ACNUR, agli avvocati
ed agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata
nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno. |
Abrogato |
Articolo
21 Casi di
trattenimento |
|
1. E' disposto il trattenimento, nei centri di cui all' articolo
14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, del richiedente: a) che si
trova nelle condizioni previste dall'articolo 1, paragrafo F, della
Convenzione di Ginevra; b) che è
stato condannato in Italia per uno dei delitti indicati dall'articolo 380,
commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti agli
stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell'immigrazione
clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso
altri Stati, o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla
prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da
impiegare in attività illecite; c) che è destinatario di un provvedimento di espulsione o di
respingimento. 2. Il provvedimento di trattenimento è adottato dal questore con le
modalità di cui all' articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286. Quando è già in corso il trattenimento, il questore chiede al
tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento
per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di
cui all' articolo 28. 3. L'accesso ai centri di identificazione ed espulsione è comunque
garantito ai rappresentanti dell'ACNUR, agli avvocati ed agli organismi di
tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore autorizzati dal
Ministero dell'interno. |
Abrogato |
Articolo 22. Residenza nei casi di accoglienza e di
trattenimento |
|
1. L'accoglienza dei richiedenti di cui all' articolo 20,
comma 2, è subordinata all'effettiva permanenza nella struttura, salvo il
trasferimento in altro centro che può essere disposto, per motivate ragioni,
dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo in cui ha sede la struttura
che ospita il richiedente. L'indirizzo dei centri di cui agli articoli 20
e 21è comunicato dal questore alla Commissione territoriale e
costituisce il luogo di residenza valevole agli effetti della notifica e
delle comunicazioni degli atti relativi al procedimento di esame della
domanda di protezione internazionale. Al termine del periodo di accoglienza
nei centri di cui all' articolo 20 o del periodo di trattenimento di
cui all' articolo 21, è fatto obbligo al richiedente di comunicare
alla questura e alla competente Commissione territoriale il luogo di
domicilio ai sensi e per gli effetti dell' articolo 11. 2. L'allontanamento del richiedente dal centro senza giustificato
motivo fa cessare le condizioni di accoglienza e la Commissione territoriale
decide la domanda sulla base della documentazione in suo possesso. |
Abrogato |
Articolo 23. Ritiro della domanda |
|
1. Nel caso in cui il
richiedente decida di ritirare la domanda prima dell'audizione presso la
competente Commissione territoriale, il ritiro è formalizzato per iscritto e
comunicato alla Commissione territoriale che dichiara l'estinzione del
procedimento. |
Identico |
Articolo
23-bis |
|
|
1. Nel caso in cui il richiedente si allontana senza giustificato
motivo dalle strutture di accoglienza ovvero si sottrae alla misura del
trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, senza aver sostenuto il colloquio di cui all'articolo
12, la Commissione territoriale sospende l'esame della domanda. 2. Il richiedente può chiedere per una sola volta la riapertura del
procedimento sospeso ai sensi del comma 1, entro dodici mesi dalla
sospensione. Trascorso tale termine, la Commissione territoriale dichiara
l'estinzione del procedimento. La domanda presentata dal richiedente
successivamente alla dichiarazione di estinzione del procedimento è
sottoposta ad esame preliminare ai sensi dell'articolo 29, comma 1-bis. In sede di esame preliminare sono
valutati i motivi addotti a sostegno dell'ammissibilità della domanda
comprese le ragioni dell'allontanamento. |
Articolo 24 Ruolo
dell'ACNUR |
|
1. Oltre a quanto
previsto dagli articoli 4, comma 3, 5, comma 2, 8, comma
3, 10, comma 3, i rappresentanti dell'ACNUR sono in ogni caso ammessi
nelle strutture di cui all' articolo 20 secondo le modalità previste
dal regolamento di cui all' articolo 38. 2. L'ACNUR svolge in
relazione ai propri compiti istituzionali attività di consulenza e di
supporto a favore del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del
Ministero dell'interno e delle Commissioni territoriali e nazionale, su
richiesta del Ministero dell'interno. |
Identico |
Art. 25. Raccolta
di informazioni su singoli casi |
|
1. Ai fini dello
svolgimento della procedura in nessun caso possono essere acquisite
informazioni dai presunti responsabili della persecuzione ai danni del
richiedente. 2. Le Commissioni
territoriali e la Commissione nazionale in nessun caso forniscono
informazioni circa la domanda di protezione internazionale presentata dal
richiedente ovvero altre informazioni che possano nuocere all'incolumità del
richiedente e delle persone a suo carico, ovvero alla libertà e alla
sicurezza dei suoi familiari che ancora risiedono nel Paese di origine. |
Identico |
Capo
III Procedure di primo grado |
|
Articolo 26. Istruttoria della domanda di protezione
internazionale |
|
1. La domanda di
asilo è presentata all'ufficio di polizia di frontiera ovvero alla questura
competente per il luogo di dimora. Nel caso di presentazione della domanda
all'ufficio di frontiera è disposto l'invio del richiedente presso la
questura competente per territorio, per l'adozione dei provvedimenti di cui
al comma 2. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni
partecipa personale femminile. 2. La questura,
ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige il verbale delle
dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla
Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione prevista dall' articolo
3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. Il verbale è
approvato e sottoscritto dal richiedente cui ne è rilasciata copia,
unitamente alla copia della documentazione allegata. 3. Salvo quanto
previsto dall' articolo 28, comma 3, nei casi soggetti alla procedura
di cui al regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003,
la questura avvia le procedure per la determinazione dello Stato competente
per l'esame della domanda, secondo quanto previsto dall' articolo 3,
comma 3. 4. Il questore, qualora ricorrono le ipotesi
di cui agli articoli 20 e 21 dispone l'invio del richiedente
nelle strutture ivi previste e rilascia al richiedente un attestato
nominativo che certifica la sua qualità di richiedente protezione
internazionale presente nel centro di accoglienza o di permanenza temporanea
e assistenza. Negli altri casi rilascia un permesso di soggiorno valido per
tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento
dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria da parte della
Commissione territoriale. 5. Quando la domanda
è presentata da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende
il procedimento, dà immediata comunicazione al tribunale dei minorenni e al
giudice tutelare per l'apertura della tutela e per la nomina del tutore a
norma degli articoli 343, e seguenti, del codice civile, ed informa il
Comitato per i minori stranieri presso il Ministero della solidarietà
sociale. Il giudice tutelare nelle quarantotto ore successive alla
comunicazione del questore provvede alla nomina del tutore. Il tutore prende
immediato contatto con la questura per la conferma della domanda, ai fini
dell'ulteriore corso del procedimento e l'adozione dei provvedimenti relativi
all'accoglienza del minore. 6. L'autorità che
riceve la domanda ai sensi del comma 5 informa immediatamente il Servizio
centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di cui
all' articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39,
per l'inserimento del minore in una delle strutture operanti nell'ambito del
Sistema di protezione stesso e ne dà comunicazione al tribunale dei minori ed
al giudice tutelare. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato
inserimento del minore in una di tali strutture, l'assistenza e l'accoglienza
del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune
dove si trova il minore. I minori non
accompagnati in nessun caso possono essere trattenuti presso le strutture di
cui agli articoli 20 e 21. |
1. La domanda di
asilo è presentata all'ufficio di polizia di frontiera ovvero alla questura
competente per il luogo di dimora. Nel caso di presentazione della domanda
all'ufficio di frontiera è disposto l'invio del richiedente presso la
questura competente per territorio, per l'adozione dei provvedimenti di cui al
comma 2. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni
partecipa personale femminile. 2. La questura,
ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige il verbale delle
dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla
Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione prevista dall' articolo 3 del decreto legislativo 19
novembre 2007, n. 251. Il verbale è approvato e sottoscritto dal
richiedente cui ne è rilasciata copia, unitamente alla copia della documentazione
allegata. 2-bis. Il verbale di cui al
comma 2 è redatto entro tre giorni lavorativi dalla manifestazione della
volontà di chiedere la protezione ovvero entro sei giorni lavorativi nel caso
in cui la volontà è manifestata all'Ufficio di polizia di frontiera. I
termini sono prorogati di dieci giorni lavorativi in presenza di un elevato
numero di domande in conseguenza di arrivi consistenti e ravvicinati di
richiedenti. 3. Salvo quanto
previsto dall' articolo 28,
comma 3, nei casi soggetti alla procedura di cui al regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003,
la questura avvia le procedure per la determinazione dello Stato competente
per l'esame della domanda, secondo quanto previsto dall' articolo 3,
comma 3. 4. abrogato.
5. Quando la domanda
è presentata da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende
il procedimento, dà immediata comunicazione al tribunale dei minorenni e al
giudice tutelare per l'apertura della tutela e per la nomina del tutore a
norma degli articoli 343, e seguenti, del codice civile. Il giudice tutelare nelle quarantotto ore successive alla
comunicazione della questura provvede alla nomina del tutore. Il tutore
prende immediato contatto con il minore per informarlo della propria nomina e
con la questura per la conferma della domanda ai fini dell'ulteriore corso
del procedimento di esame della domanda. 6. L'autorità che
riceve la domanda ai sensi del comma 5 informa immediatamente il Servizio
centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di cui
all' articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39,
per l'inserimento del minore in una delle strutture operanti nell'ambito del
Sistema di protezione stesso e ne dà comunicazione al tribunale dei minori ed
al giudice tutelare. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato
inserimento del minore in una di tali strutture, l'assistenza e l'accoglienza
del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del comune
dove si trova il minore. |
Articolo 27. Procedure di esame |
|
1. L'esame della
domanda di protezione internazionale è svolto dalle Commissioni territoriali
secondo i principi fondamentali e le garanzie di cui al capo II. 1-bis. La Commissione
territoriale, ovvero il giudice in caso di impugnazione, acquisisce, anche
d'ufficio, le informazioni, relative alla situazione del Paese di origine e
alla specifica condizione del richiedente, che ritiene necessarie a
integrazione del quadro probatorio prospettato dal richiedente. 2. La Commissione
territoriale provvede al colloquio con il richiedente entro trenta giorni dal
ricevimento della domanda e decide entro i tre giorni feriali successivi. 3. Qualora la
Commissione territoriale, per la sopravvenuta esigenza di acquisire nuovi
elementi, non abbia potuto adottare la decisione entro i termini di cui al
comma 2, informa del ritardo il richiedente e la questura competente. |
1. L'esame della
domanda di protezione internazionale è svolto dalle Commissioni territoriali
secondo i principi fondamentali e le garanzie di cui al capo II. 1-bis. La Commissione
territoriale, ovvero il giudice in caso di impugnazione, acquisisce, anche
d'ufficio, le informazioni, relative alla situazione del Paese di origine e
alla specifica condizione del richiedente, che ritiene necessarie a integrazione
del quadro probatorio prospettato dal richiedente. 2. La Commissione
territoriale provvede al colloquio con il richiedente entro trenta giorni dal
ricevimento della domanda e decide entro i tre giorni feriali successivi. 3. Qualora la
Commissione territoriale, per la sopravvenuta esigenza di acquisire nuovi
elementi, non abbia potuto adottare la decisione entro i termini di cui al
comma 2, informa del ritardo il richiedente e la questura competente. In
tal caso, la procedura di esame della domanda è conclusa entro sei mesi. Il
termine è prorogato di ulteriori nove mesi quando: a) l'esame della domanda richiede la valutazione di questioni
complesse in fatto o in diritto; b) i n presenza di un numero elevato di domande presentate
simultaneamente; c) il ritardo è da attribuire all'inosservanza da parte del
richiedente degli obblighi di cooperazione di cui all'articolo 11. In casi eccezionali, debitamente motivati, tale termine può essere
ulteriormente prorogato di tre mesi ove necessario per assicurare un esame
adeguato e completo della domanda. |
Articolo 28. Esame
prioritario |
|
1. La Commissione
territoriale esamina in via prioritaria la domanda, conformemente ai principi
fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, quando: a) la domanda è palesemente
fondata; b) la domanda è
presentata da un richiedente appartenente alle categorie di persone
vulnerabili indicate dall' articolo 8 del decreto legislativo 30 maggio
2005, n. 140; c) la domanda è
presentata da un richiedente per il quale sono stati disposti l'accoglienza o
il trattenimento ai sensi degli articoli 20 e 21, fatto salvo
il caso in cui l'accoglienza sia disposta per verificare o accertare
l'identità del richiedente. 2. Nei casi previsti dall' articolo 21,
appena ricevuta la domanda il questore, competente in base al luogo in cui è
stata presentata, dispone il trattenimento del richiedente ai sensi dell' articolo
21, comma 2, e contestualmente provvede alla trasmissione della
documentazione necessaria alla Commissione territoriale che, entro sette
giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione.
La decisione è adottata entro i successivi due giorni. 3. Lo Stato italiano
può dichiararsi competente all'esame delle domande di cui al comma 1, lettera
c), ai sensi del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18
febbraio 2003. |
1. La Commissione
territoriale esamina in via prioritaria la domanda, conformemente ai principi
fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, quando: a) la domanda è
palesemente fondata; b) la domanda è presentata da un
richiedente appartenente a categorie di persone vulnerabili, in particolare
da un minore non accompagnato ovvero che necessita di garanzie procedurali
particolari; c) la domanda è presentata da un richiedente
per il quale è stato disposto il trattenimento nei centri di cui all'articolo
14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; c-bis). la
domanda è esaminata ai sensi dell'erticolo 12,
comma 2-bis. 1-bis. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 e all'articolo 28-bis, il
Presidente della Commissione territoriale sulla base della documentazione in
atti, individua i casi di procedura prioritaria o accelerata. 2. (abrogato). 3. Lo Stato italiano
può dichiararsi competente all'esame delle domande di cui al comma 1, lettera
c), ai sensi del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18
febbraio 2003. |
Articolo 28-bis
Procedure accelerate |
|
|
1. Nel caso previsto dall'articolo 28, comma 1, lett. c), appena ricevuta la domanda, la
questura provvede immediatamente alla trasmissione della documentazione
necessaria alla Commissione territoriale che, entro sette giorni dalla data
di ricezione della documentazione provvede all'audizione. La decisione è
adottata entro i successivi due giorni. 2. I termini di cui al comma 1 sono raddoppiati quando: a) la domanda è manifestamente infondata in quanto il richiedente ha
sollevato esclusivamente questioni che non hanno alcuna attinenza con i
presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale ai sensi
del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251; b) la domanda è reiterata ai sensi dell'articolo 29, comma 1, lett.
b); c) quando il richiedente presenta la domanda dopo essere stato
fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera ovvero
dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo
scopo di ritardare o impedire l'adozione o l'esecuzione di un provvedimento
di espulsione o di respingimento. 3. I termini di cui ai commi 1 e 2 possono essere superati ove
necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda, fatti
salvi i termini massimi previsti dall'articolo 27, comma 3. Nei casi di cui
al comma 1, i termini di cui all'articolo
27, comma 3 sono ridotti ad un terzo. |
Articolo 29. Casi
di inammissibilità della domanda |
|
1. La Commissione
territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all'esame, nei
seguenti casi: a) il richiedente è
stato riconosciuto rifugiato da uno Stato firmatario della Convenzione di
Ginevra e possa ancora avvalersi di tale protezione; b) il richiedente ha
reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte
della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue
condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine. |
1. La Commissione
territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all'esame, nei
seguenti casi: a) il richiedente è
stato riconosciuto rifugiato da uno Stato firmatario della Convenzione di
Ginevra e possa ancora avvalersi di tale protezione; b) il richiedente ha
reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte
della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue
condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine. 1-bis. Nei casi di
cui al comma 1 la domanda è sottoposta ad esame preliminare da parte del
Presidente della Commissione, diretto ad accertare se emergono o sono stati
addotti, da parte del richiedente, nuovi elementi rilevanti ai fini del
riconoscimento della protezione internazionale. Nell'ipotesi di cui al comma
1, lettera a), il Presidente della Commissione procede anche all'audizione
del richiedente sui motivi addotti a sostegno dell'ammissibilità della
domanda nel suo caso specifico. Nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera b),
la Commissione prima di adottare la decisione di inammissibilità comunica al
richiedente che ha facoltà di presentare, entro tre giorni dalla
comunicazione, osservazioni a sostegno dell'ammissibilità della domanda e
che, in mancanza di tali osservazioni, la Commissione adotta la decisione. |
Articolo 30. Casi
soggetti alla procedura di cui al regolamento
(CE) n. 343/2003 |
|
1. Nei casi soggetti
alla procedura di cui al regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del
18 febbraio 2003, la Commissione territoriale sospende l'esame della
domanda. Qualora sia stata determinata la competenza territoriale di altro
Stato, ai sensi dell' articolo 3, comma 3, la Commissione dichiara
l'estinzione del procedimento. |
1. Nei casi soggetti
alla procedura di cui al regolamento
(CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, la Commissione
territoriale sospende l'esame della domanda. Qualora sia stata determinata la
competenza territoriale di altro Stato, ai sensi dell' articolo 3,
comma 3, la Commissione dichiara l'estinzione del procedimento. 1-bis. Quando è
accertata la competenza dell'Italia all'esame della domanda di cui al comma
1, i termini di cui all'articolo 27 decorrono dal momento in cui è accertata
la competenza e il richiedente è preso in carico ai sensi del regolamento
(UE)n. 604/2013. |
Art. 31. Acquisizione di ulteriori dichiarazioni o
di nuovi elementi |
|
1. Il richiedente può
inviare alla Commissione territoriale memorie e documentazione in ogni fase
del procedimento. Nel caso in cui il richiedente reitera la domanda prima
della decisione della Commissione territoriale, gli elementi che sono alla
base della nuova domanda sono esaminati nell'ambito della precedente domanda.
|
Identico |
Articolo 32. Decisione |
|
1. Fatto salvo quanto
previsto dagli articoli 23, 29 e 30 la Commissione
territoriale adotta una delle seguenti decisioni: a) riconosce lo
status di rifugiato o la protezione sussidiaria, secondo quanto previsto
dagli articoli 11 e 17 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251; b) rigetta la domanda
qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione
internazionale fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251,
o ricorra una delle cause di cessazione o esclusione dalla protezione
internazionale previste dal medesimo decreto legislativo, ovvero il richiedente
provenga da un Paese di origine sicuro e non abbia addotto i gravi motivi di
cui al comma 2; b-bis) rigetta la domanda per manifesta infondatezza quando
risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto
legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero quando risulta che la
domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione
di un provvedimento di espulsione o respingimento. 2. Nel caso in cui il richiedente provenga
da un Paese di origine sicuro ed abbia addotto gravi motivi per non ritenere
sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui egli si trova, la
Commissione non può pronunciarsi sulla domanda senza previo esame, svolto in
conformità ai principi ed alle garanzie fondamentali di cui al capo secondo.
Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e
repressioni di comportamenti non costituenti reato per l'ordinamento
italiano, riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguibili
nel Paese di origine sicuro. 3. Nei casi in cui
non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano
sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale
trasmette gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di
soggiorno ai sensi dell' articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286. 3-bis. La Commissione
territoriale trasmette, altresì, gli atti al Questore per le valutazioni di
competenza se nel corso dell'istruttoria sono emersi fondati motivi per
ritenere che il richiedente è stato vittima dei delitti di cui agli articoli
600 e 601 del codice penale. 4. La decisione di
cui al comma 1, lettere b) e b-bis), ed il verificarsi delle
ipotesi previste dagli articoli 23 e 29 comportano alla
scadenza del termine per l'impugnazione l'obbligo per il richiedente di
lasciare il territorio nazionale, salvo che gli sia stato rilasciato un
permesso di soggiorno ad altro titolo. A tale fine si provvede ai sensi dell'
articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
nei confronti dei soggetti accolti o trattenuti ai sensi degli articoli 20
e 21 e ai sensi dell' articolo 13, comma 5, del medesimo
decreto legislativo nei confronti dei soggetti ai quali era stato rilasciato
il permesso di soggiorno per richiesta asilo. |
1. Fatto salvo quanto
previsto dagli articoli 23, 29 e 30 la Commissione
territoriale adotta una delle seguenti decisioni: a) riconosce lo
status di rifugiato o la protezione sussidiaria, secondo quanto previsto
dagli articoli 11 e 17 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251; b) rigetta la domanda
qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione
internazionale fissati dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251,
o ricorra una delle cause di cessazione o esclusione dalla protezione
internazionale previste dal medesimo decreto legislativo; b-bis) rigetta la domanda per manifesta
infondatezza nei casi di cui all'articolo 28-bis, comma 2, lett. a). 2. (abrogato); 3. Nei casi in cui
non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano
sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale
trasmette gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di
soggiorno ai sensi dell' articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286. 3-bis. La Commissione
territoriale trasmette, altresì, gli atti al Questore per le valutazioni di
competenza se nel corso dell'istruttoria sono emersi fondati motivi per
ritenere che il richiedente è stato vittima dei delitti di cui agli articoli
600 e 601 del codice penale. 4. La decisione di
cui al comma 1, lettere b) e b-bis), ed il verificarsi delle ipotesi previste
dagli articoli 23 e 29 comportano alla scadenza del termine per
l'impugnazione l'obbligo per il richiedente di lasciare il territorio
nazionale, salvo che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad
altro titolo. A tale fine, alla
scadenza del termine per l'impugnazione, si provvede ai sensi dell'articolo
13, commi 4 e 5 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, salvo gli effetti dell'articolo 19, commi
4 e 5 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150. . |
Capo IV Revoca, cessazione e rinuncia della protezione
internazionale |
|
Articolo 33. Revoca e cessazione della protezione
internazionale riconosciuta |
|
1. Nel procedimento
di revoca o di cessazione dello status di protezione internazionale,
l'interessato deve godere delle seguenti garanzie: a) essere informato
per iscritto che la Commissione nazionale procede al nuovo esame del suo
diritto al riconoscimento della protezione internazionale e dei motivi
dell'esame; b) avere la
possibilità di esporre in un colloquio personale a norma degli articoli 10,
11 e 12 o in una dichiarazione scritta, i motivi per cui il suo
status non dovrebbe essere revocato o cessato. 2. La Commissione
nazionale, nell'ambito di tale procedura, applica in quanto compatibili i
principi fondamentali e le garanzie di cui al capo II. 3. Nel caso di
decisione di revoca o cessazione degli status di protezione internazionale si
applicano le disposizioni di cui all' articolo 32, comma 3. |
Identico |
Articolo
34. Rinuncia agli
status riconosciuti |
|
1. La rinuncia
espressa allo status di rifugiato o di soggetto ammesso alla protezione
sussidiaria determina la decadenza dal medesimo status. |
Identico |
Capo V
Procedure di impugnazione |
|
Articolo 35. Impugnazione |
|
1. Avverso la
decisione della Commissione territoriale e la decisione della Commissione
nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di
persona cui è accordata la protezione sussidiaria è ammesso ricorso dinanzi
all'autorità giudiziaria ordinaria. Il ricorso è ammesso anche nel caso in
cui l'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato
e sia stato ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria. 2. Le controversie di
cui al comma 1 sono disciplinate dall' articolo 19 del decreto legislativo
1° settembre 2011, n. 150. |
1. Avverso la
decisione della Commissione territoriale e la decisione della Commissione
nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di
persona cui è accordata la protezione sussidiaria è ammesso ricorso dinanzi
all'autorità giudiziaria ordinaria. Il ricorso è ammesso anche nel caso in
cui l'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato
e sia stato ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria. 2. Le controversie di
cui al comma 1 sono disciplinate dall' articolo 19 del decreto legislativo
1° settembre 2011, n. 150. 2-bis. I provvedimenti
comunicati alla Commissione nazionale ovvero alle commissioni territoriali ai
sensi dell'articolo 19, comma 19-bis del decreto legislativo 1 settembre
2011, n. 150, sono tempestivamente trasmessi dalle medesime commissioni
territoriali o Nazionale al questore del luogo di domicilio del ricorrente,
risultante agli atti della Commissione, per gli adempimenti conseguenti. |
Articolo 36. Accoglienza del ricorrente |
|
1. Al richiedente asilo che ha proposto il ricorso ai sensi dell' articolo
35, si applica l' articolo 11 del decreto legislativo 30 maggio 2005,
n. 140. 2. Il richiedente di cui al comma 1 ospitato nei centri di cui all' articolo
20 rimane in accoglienza nelle medesime strutture con le modalità
stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140. 3. Il richiedente trattenuto nei centri di cui all' articolo 21
che ha ottenuto la sospensione del provvedimento impugnato, ai sensi dell' articolo
35, comma 8, ha accoglienza nei centri di cui all' articolo 20 con
le modalità stabilite dal decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140. |
Abrogato |
Capo
VI Disposizioni finali e transitorie |
|
Articolo 37. Riservatezza |
|
1. Tutti i soggetti
coinvolti nei procedimenti disciplinati nel presente decreto sono soggetti
all'obbligo di riservatezza relativamente a tutte le informazioni ottenute
nel corso del procedimento. |
Identico |
Articolo 38. Regolamenti di attuazione |
|
1. Con uno o più
regolamenti da emanare ai sensi dell' articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite le
modalità di attuazione del presente decreto. http://entilocali.leggiditalia.it/rest?print=1
- 32 2. Fino alla data di
entrata in vigore dei regolamenti di cui al comma 1, continuano a trovare
applicazione in quanto compatibili le disposizioni di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, ed i riferimenti
ivi contenuti alla domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato,
si intendono sostituiti con domanda di protezione internazionale come
definita dal presente decreto. |
Identico |
Articolo 39. Disposizioni finanziarie |
|
1. Per le finalità di
cui all' articolo 4, comma 2, è autorizzata la spesa di euro 239.000
per l'anno 2008. 2. Per le finalità di
cui all' articolo 4, comma 3, è autorizzata la spesa di euro 832.000 a
decorrere dall'anno 2008. 3. L'onere derivante
dall'attuazione dell' articolo 16, comma 2, è valutato in 3.200.000
euro annui a decorrere dall'anno 2008. 4. Per le esigenze di
adeguamento dei centri, derivanti dall' articolo 20, comma 5, è
autorizzata la spesa di euro 8.000.000 per l'anno 2008. 5. L'onere derivante
dall'attività di accoglienza di cui agli articoli 20, commi 2, 3 e 4, 35
e 36 è valutato in euro 12.218.250 a decorrere dall'anno 2008 e la
dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di cui
all' articolo 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, è
aumentata di 6.600.000 euro annui, a decorrere dall'anno 2008, per i servizi
di accoglienza gestiti dagli enti locali. 6. Per le finalità di
cui all' articolo 24, comma 2, è autorizzata la spesa di euro 500.000
a decorrere dall'anno 2008. 7. All'onere
derivante dai commi 1, 2, 4 e 6, pari complessivamente a euro 9.571.000 per
l'anno 2008 e a euro 1.332.000 a decorrere dall'anno 2009, nonché a quello
derivante dai commi 3 e 5, valutato complessivamente in 22.018.250 euro a
decorrere dall'anno 2008, si provvede a valere sulla disponibilità del Fondo
di rotazione di cui all' articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 8. Il Ministero
dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri derivanti
dai commi 3 e 5, ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui
all' articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468. Gli
eventuali decreti emanati ai sensi dell' articolo 7, comma 2, n. 2), della
legge 5 agosto del 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore
dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono
tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni
illustrative. |
Identico |
Articolo 40. Abrogazioni |
|
1. Sono abrogate le
seguenti disposizioni: a) articoli 1,
commi 4, 5 e 6, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies
del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39; b) il decreto del
Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, a decorrere dalla
data di entrata in vigore del regolamento di cui all' articolo 38. Il presente decreto,
munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli
atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti
di osservarlo e di farlo osservare. |
Identico |
Decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150
Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di
riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi
dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69
Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 settembre
2011, n. 220
Testo
vigente |
Modifiche
proposte dall'AG n. 170 |
Articolo 19 Delle controversie in materia di riconoscimento
della protezione internazionale |
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1. Le controversie aventi ad oggetto
l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall' articolo 35 del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono regolate dal rito sommario di
cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. |
1. Identico |
2. È competente il tribunale, in composizione
monocratica, del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede
la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione
internazionale che ha pronunciato il provvedimento impugnato. Sull'impugnazione
dei provvedimenti emessi dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo
è competente il tribunale, in composizione monocratica, del capoluogo del
distretto di corte di appello in cui ha sede la Commissione territoriale che
ha pronunciato il provvedimento di cui è stata dichiarata la revoca o la
cessazione. Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli
articoli 20 e 21 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, è competente
il tribunale, in composizione monocratica, che ha sede nel capoluogo di
distretto di corte di appello in cui ha sede il centro ove il ricorrente è
accolto o trattenuto. |
2. È competente il tribunale, in composizione
monocratica, del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede
la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione
internazionale che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Sull'impugnazione dei provvedimenti emessi dalla Commissione nazionale per il
diritto di asilo è competente il tribunale, in composizione monocratica, del
capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede la Commissione
territoriale che ha pronunciato il provvedimento di cui è stata dichiarata la
revoca o la cessazione. Nel caso di
ricorrenti presenti in una struttura di accoglienza governativa o in una
struttura del sistema di protezione di cui all'articolo 1-sexies del
decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla
legge 28 febbraio 1989, n. 39, ovvero
trattenuti in un centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, è competente il tribunale in composizione monocratica, che ha sede nel capoluogo di
distretto di corte di appello in cui ha sede la struttura ovvero il centro. |
3. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità,
entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro
sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e può essere depositato
anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una
rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso l'autenticazione
della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono
effettuati dai funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al
procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza. La procura
speciale al difensore è rilasciata altresì dinanzi all'autorità consolare.
Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e
21 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, i termini previsti dal
presente comma sono ridotti della metà. |
3. Il ricorso è proposto, a pena di
inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento,
ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e può
essere depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di
una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso
l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria
italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le
comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima
rappresentanza. La procura speciale al difensore è rilasciata altresì dinanzi
all'autorità consolare. Nei casi si
cui all'articolo 28-bis, comma 2, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.
25, e nei casi in cui nei confronti del ricorrente è stato adottato un
provvedimento di trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, i termini previsti dal presente comma
sono ridotti della metà. |
4. La proposizione del ricorso sospende
l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi
in cui il ricorso viene proposto: |
4. La proposizione
del ricorso sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato,
tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso viene proposto: |
a) da parte di soggetto ospitato nei centri di
accoglienza ai sensi dell' articolo 20, comma 2, lettere b) e c), del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, o trattenuto ai sensi dell' articolo 21
del medesimo decreto legislativo, ovvero |
a) da
parte di un soggetto nei cui confronti è stato adottato un provvedimento di
trattenimento in un centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286; |
b) avverso il provvedimento che dichiara
inammissibile la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di
persona cui è accordata la protezione sussidiaria, ovvero |
b) avverso il provvedimento che dichiara
inammissibile la domanda di riconoscimento
della protezione internazionale; |
c) avverso il provvedimento adottato dalla
Commissione territoriale nell'ipotesi prevista dall' articolo 22, comma 2,
del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ovvero |
c) avverso
il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell'articolo
32, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,
e successive modificazioni; |
d) avverso il provvedimento adottato dalla
Commissione territoriale che ha dichiarato l'istanza manifestamente infondata
ai sensi dell' articolo 32, comma 1, lettera b-bis), del citato decreto legislativo. |
d) avverso
il provvedimento adottato nei confronti dei soggetti di cui all'articolo
28-bis, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,
e successive modificazioni. |
5. Nei casi previsti dal comma 4, lettere a),
b), c) e d), l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere
sospesa secondo quanto previsto dall' articolo 5. Quando l'istanza di
sospensione viene accolta, al ricorrente è rilasciato un permesso di
soggiorno per richiesta di asilo e ne viene disposta l'accoglienza ai sensi
dell' articolo 36 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. |
5. Nei casi previsti dal comma 4, lettere a),
b), c) e d), l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere
sospesa secondo quanto previsto dall' articolo 5. L'ordinanza di cui all'articolo 5, comma 1, è adottata entro 5
giorni dalla presentazione dell'istanza dì sospensione. Nei casi di cui alle
lettere b), c) e d), del medesimo
comma 4, quando l'istanza di sospensione è accolta, al ricorrente è
rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo. |
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5-bis. La proposizione del
ricorso non sospende l 'efficacia esecutiva del provvedimento che dichiara,
per la seconda volta, inammissibile la domanda di riconoscimento della
protezione internazionale ai sensi dell'articolo 29, comma 1-bis, del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni. |
6. Il ricorso e il decreto di fissazione
dell'udienza sono notificati, a cura della cancelleria, all'interessato e al
Ministero dell'interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la
competente Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero.
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6. Identico. |
7. Il Ministero dell'interno, limitatamente al
giudizio di primo grado, può stare in giudizio avvalendosi direttamente di
propri dipendenti o di un rappresentante designato dalla Commissione che ha
adottato l'atto impugnato. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo
417-bis, secondo comma, del codice di procedura civile. |
7. Identico. |
8. La Commissione che ha adottato l'atto
impugnato può depositare tutti gli atti e la documentazione che ritiene
necessari ai fini dell'istruttoria e il giudice può procedere anche d'ufficio
agli atti di istruzione necessari per la definizione della controversia. |
8. Identico |
9. L'ordinanza che definisce il giudizio
rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di
persona cui è accordata la protezione sussidiaria ed è comunicata alle parti
a cura della cancelleria. |
9. Entro sei mesi dalla presentazione del
ricorso, il Tribunale decide con ordinanza che rigetta il ricorso ovvero
riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata
la protezione sussidiaria. |
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9-bis. L'ordinanza di cui
al comma 9 nonché i provvedimenti di cui all'articolo 5 sono comunicati alle
parti a cura della cancelleria. |
10. La controversia è trattata in ogni grado in
via di urgenza. |
10. Identico. |
[1] Dati comunicati dal prefetto Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, nell'audizione del 7 maggio 2015 innanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sui centri di trattenimento e di accoglienza per gli immigrati, istituita dalla Camera dei deputati.
[2] Decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69.