Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Attribuzione della qualifica di beneficiario di protezione internazionale ' Schema di D.Lgs. n. 47 - Elementi per l'istruttoria normativa | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 42 | ||
Data: | 16/12/2013 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
Attribuzione della qualifica di beneficiario di protezione internazionale
16 dicembre 2013
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Indice |
Contenuto|Relazioni e pareri allegati|Conformità con la norma di delega|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Compatibilità comunitaria| |
Lo schema di decreto legislativo in esame recepisce la direttiva 2011/95/UE del 13 dicembre 2011 recante norme comuni sull'attribuzione della qualifica di protezione internazionale, sullo status che questa attribuzione conferisce e sul contenuto della protezione medesima.
La direttiva 2011/95 costituisce rifusione della direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (la cosiddetta "direttiva qualifiche"), recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.
La legge di delegazione europea 2013 (L. 96/2013) reca la delega al Governo per il recepimento della direttiva.
Il presente schema di decreto legislativo attua la delega e procede al recepimento della direttiva 2011/95/UE apportando le conseguenti modifiche al citato decreto legislativo 251/2007, in conformità del principio di cui all'articolo 32, comma 1, lettera e) della legge 24 dicembre 2012, n. 234 dove si prevede che "al recepimento di direttive o all'attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva o di altro atto modificato".
La determinazione della politica in materia di rifugiati dei Paesi dell'Unione europea è da tempo prevalentemente di competenza comunitaria. Nel 2005 è stato realizzato un Sistema comune di asilo per l'armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di rifugiati al fine di assicurare un approccio comune degli Stati membri che garantisca elevati standard di protezione per i rifugiati.
La base normativa del sistema comune è costituita principalmente da tre direttive. Si tratta, oltre della direttiva qualifiche oggetto del presente provvedimento, della direttiva accoglienza recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (dir. 2003/9/CE del 27 gennaio 2003 recepita dall'ordinamento italiano con il decreto legislativo 140/2005) e della direttiva procedure che disciplina il procedimento per l'attribuzione (e la revoca) dello status di rifugiato (dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005 recepita con il decreto legislativo 25/2008).
Come la direttiva qualifiche, anche le altre due direttive sono state modificate recentemente e il loro recepimento negli ordinamenti nazionali realizzerà il nuovo sistema comune di asilo che dovrebbe consolidare una vera e propria politica comune in materia.
In particolare, i provvedimenti di modifica sono la nuova direttiva accoglienza: dir. 2013/33/UE del 26 giugno 2013 (termine per il recepimento 20 luglio 2015) e la nuova direttiva procedure: dir. 2013/32/UE del 26 giugno 2013 (termine per il recepimento 20 luglio 2015, ad eccezione di alcune disposizioni da recepire entro il 20 luglio 2018).
L'autorizzazione al loro recepimento è contenuta nel disegno di legge di delegazione europea per il II semestre 2013, attualmente all'esame della Camera (A.C. 1836) che reca anche una ulteriore delega per l'emanazione di un testo unico delle disposizioni di attuazione in materia di asilo, protezione sussidiaria e di protezione temporanea 8art. 7). Il termine per l'esercizio della delega è fissato in 12 mesi, che decorrono dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione delle due ultime direttive citate (accoglienza e procedure).
Contenutol provvedimento si compone di 4 articoli. L'articolo 1 contiene le disposizioni occorrenti ad adeguare il decreto legislativo 251/2007 (di attuazione della direttiva qualifiche 2004/83/CE al contenuto della direttiva di rifusione 2011/95/UE anche tenendo conto dei principi e criteri direttivi dettati dalla della legge (L. 96/2013, art. 7).
Disposizioni generaliIn particolare, la lettera a) dell'articolo 1 sostituisce il riferimento alle due qualifiche (di rifugiato o di protezione sussidiaria) con il riferimento alla qualifica di beneficiario di protezione internazionale, coerentemente con l'obiettivo di una maggiore armonizzazione del contenuto dei due status.
La lettera b) incide sull'apparato definitorio recato nell'articolo 2 del D.Lgs. 251/2007 (in attuazione dell'art. 2 della direttiva 2011/95) come segue:
Riconoscimento ed esclusione della protezione internazionaleLa lettera c) modifica l'articolo 3 del D.Lgs. 251/2007, specificando che nel valutare l'attendibilità del richiedente minore, ai fini dell'esame di elementi o aspetti delle sue dichiarazioni non suffragati da prove, si tiene conto del grado di maturità e di sviluppo personale.
La lettera d) modifica l'articolo 6 del D.Lgs. 251/2007, specificando che quando la protezione nel Paese di origine non è offerta dallo Stato ma da altri soggetti (partiti o organizzazioni anche internazionali), deve trattarsi di soggetti che abbiano la volontà e la capacità di offrire tale protezione e che tale protezione sia effettiva e non temporanea (attua art. 6 direttiva).
La lettera e) modifica l'articolo 8 del D.Lgs. 251/2007, prevedendo che per il riconoscimento dello status di rifugiato si tiene conto non solamente degli atti di persecuzione, provocati da una serie tassativa di motivi, ma anche della mancanza di protezione contro tali atti, dovuta ai medesimi motivi (attua art. 9, § 3 direttiva). Inoltre, viene integrato il concetto di gruppo sociale, la cui appartenenza costituisce motivo di discriminazione: ai fini della determinazione dell'appartenenza a un determinato gruppo sociale si deve tener conto delle considerazioni di genere, compresa l'identità di genere (attua art. 10, § 1, lett. d).
Le lettere f) e h) modificano gli articoli 9 e 15 del D.Lgs. 251/2007 escludendo, rispettivamente per il rifugiato e per il titolare di protezione sussidiaria, la cessazione dello status quando, pur essendo venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento della protezione, il beneficiario possa invocare motivi imperativi, derivanti da precedenti persecuzioni, che giustificano il rifiuto ad avvalersi della protezione del Paese di cui ha la cittadinanza (art. 16, § 3, dir. 2011/95).
La lettere g) modifica l'articolo 10 del D.Lgs. 251/2007 intervenendo su una delle cause di esclusione dallo status di rifugiato, ossia la commissione di un reato grave al di fuori del territorio italiano, prevedendo che questo, per costituire causa di esclusione, debba essere stato compiuto prima dell'ammissione nel territorio italiano in qualità di richiedente, e non prima del rilascio del permesso di soggiorno in qualità di rifugiato, come attualmente previsto. La nuova direttiva di rifusione, come del resto la direttiva qualifiche, pur prevedendo tra le cause di esclusione in reati gravi, non specifica il momento della loro commissione e la diversa scansione temporale avanzata dal provvedimento in esame è piuttosto riconducibile al criterio di delega di cui alla lettera c) dell'articolo 1 della legge 96/2013, con cui si chiede di disciplinare gli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca, in conformità con la Convenzione di Ginevra, anche con riferimento ai beneficiari di protezione sussidiaria. Infatti, viene riprodotto parzialmente quanto disposto dall'art. 1, § F, lett. b) della Convenzione che prevede che le disposizioni della medesima Convenzione non si applicano alle persone di cui vi sia serio motivo di sospettare che abbiano "hanno commesso un crimine grave di diritto comune fuori dei paese ospitante prima di essere ammesse come rifugiati".
Anche la lettera i), che modifica l'articolo 6 del D.Lgs. 251/2007 è riconducibile al medesimo criterio direttivo in quanto uniforma i presupposti per il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a quello di rifugiato sotto il profilo della pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica che dovrà essere ricondotta, come per i rifugiati all'esistenza di una condanna definitiva per un reato grave, individuato tra quelli elencati all'articolo 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale. Tale articolo, già richiamato allo stesso fine nel capo dedicato ai rifugiati (art. 12, D.Lgs. 251/2007), prevede una tipologia di ipotesi delittuose, attinenti ai profili dell'ordine e della sicurezza pubblica, particolarmente gravi per i quali la durata massima delle indagini preliminari è di 2 anni in luogo dei 18 mesi ordinariamente previsti.
Tuttavia, si osserva in proposito che non appare completamente attuato il principio di delega che prevede l'applicazione della Convenzione di Ginevra agli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca. Ad esempio, la commissione di reati o il fatto di costituire un pericolo per la sicurezza dello Stato non sono compresi nella Convenzione tra le cause ostative alla concessione dello status di rifugiato dalla Convezione. Tali cause sono sì previste dalla direttiva di rifusione (e del resto anche dalla direttiva qualifiche originaria), ma sembrerebbero applicarsi alla concessione della sola protezione sussidiaria e non anche dello status di rifugiato, per il quale dette cause valgono come motivi di revoca, cessazione e rifiuto di rinnovo, ma non anche di esclusione.
Contenuto della protezione internazionaleLa lettera I) modifica l'articolo 19 del D.Lgs. 251/2007, inserendo le vittime di tratta e le persone con disturbi psichici tra le categorie vulnerabili ai fini del contenuto della protezione internazionale, come richiesto dalla direttiva che si recepisce (art. 20, § 3), ed enunciando espressamente che nell'attuazione delle norme di cui si tratta va attribuito carattere di priorità al superiore interesse del minore (art. 20, § 5).
La lettera m) interviene in materia di protezione dall'espulsione inserendo nell'articolo 20 del D.Lgs. 251/2007 un richiamo esplicito a tutti gli strumenti internazionali ratificati dall'Italia che concorrono ad assicurare il rispetto del principio di non respingimento (disposizione già prevista nella prima direttiva qualifiche e confermata nella direttiva rifusione, art. 21, § 1).
La lettera n) corregge (punto 1) una incongruenza rilevata nell'articolo 22, comma 3, del D.Lgs. 251/2007, che prevedendo il rilascio di un permesso per motivi familiari, ai sensi dell'articolo 30 del D.Lgs. 286/1998, ai familiari del titolare di protezione sussidiaria, presenti sul territorio nazionale, che non hanno individualmente diritto allo status, potrebbe ingenerare equivoci sul rilascio di analogo permesso ai familiari dello status di rifugiato. La successiva disposizione (punto 2) della medesima lettera n) è volta a garantire ai titolari di protezione sussidiaria il ricongiungimento familiare alle stesse condizioni dei rifugiati, in conformità al criterio di delega di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 96/2013 e all'art. 23 della direttiva 2001/95. Attualmente, tale ricongiungimento è subordinato alla dimostrazione dei requisiti previsti per gli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. A tal fine la lettera in esame sostituisce al comma 4 dell'articolo 22 del D.Lgs. 251/2007 il riferimento all'art. 29 del testo unico immigrazione, che disciplina il ricongiungimento familiare dello straniero in linea generale, con quello all'art. 29-bis, che disciplina in modo specifico il ricongiungimento familiare dei rifugiati. Infatti, la direttiva del 2011 elimina la possibilità per gli Stati membri di definire condizioni applicabili ai soli familiari dei beneficiari della protezione internazionale (art. 23, § 2, secondo periodo, dir. 2004/83/CE), equiparandoli di fatto a quelli dei rifugiati. L'Italia si è avvalsa della facoltà di attivare questo regime differenziato: infatti il vigente art. 22 del D.Lgs. 251/2007 da un lato equipara completamente i familiari dei rifugiati ai rifugiati stessi ai fini del ricongiungimento familiare, mentre dall'altro sottopone i familiari dei beneficiari di protezione sussidiaria per l'accesso al permesso di soggiorno (ossia allo strumento materiale indispensabile per l'esercizio del diritto di ricongiungimento) ad una serie di condizioni (alloggiative, di reddito, ecc.), le stesse condizioni richieste per gli immigrati per motivi di lavoro (D.Lgs. 286/1998, art. 29, comma 3).
La lettera o), che modifica l'articolo 23 del D.Lgs. 251/2007, equipara la durata del permesso di soggiorno dei titolari di protezione sussidiaria (attualmente tre anni) a quella dei rifugiati (cinque anni). Si rammenta che la direttiva rifusione non ha innovato sul punto la prima direttiva qualifiche e la durata del permesso di soggiorno per i rifugiati è stabilita in almeno tre anni e per i protetti sussidiari in almeno un anno (art. 24).
La lettera p), intervenendo all'articolo 25 del D.Lgs. 251/2007, specifica che l'equiparazione dei beneficiari di protezione internazionale ai cittadini italiani sotto il profilo della formazione professionale riguarda anche i corsi di aggiornamento, e che tale equiparazione si estende anche alla possibilità di usufruire dei servizi di consulenza dei centri regionali per l'impiego di cui all'articolo 4 del D.Lgs. 469/1997 (art. 26, § 2, direttiva rifusione). L'equiparazione tra i beneficiari di protezione sussidiaria e i rifugiati in materia di occupazione, disposta dalla nuova direttiva (art. 26) è già prevista dal D.Lgs. 251/2007 e la parificazione di rifugiati e protetti sussidiari con i cittadini italiani è stata completata, per quanto concerne l'accesso al pubblico impiego, con l'articolo 7 della legge n. 97/2013 (legge europea 2013), che ha modificato, in tal senso, l'articolo 38 del D.Lgs. n. 165/2001 (ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
La lettera q) introduce l'obbligo per le amministrazioni competenti al riconoscimento di qualifiche professionali, diplomi, certificati ed altri titoli professionali conseguiti all'estero di individuare sistemi di valutazione, convalida e accreditamento adeguati laddove i beneficiari della protezione internazionale non possano produrre certificazioni provenienti dal Paese in cui è stato conseguito il titolo. Tali sistemi di valutazione dovranno, in ogni caso, tener conto delle disposizioni vigenti sul riconoscimento dei titoli conseguiti in uno Stato terzo, ai sensi dell'articolo 49 del DPR 394/1999 recante il regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione che, al comma 2, fa esplicito richiamo alle disposizioni di attuazione di tali norme comunitarie. Il rinvio dell'articolo 49 citato ai decreti legislativi 115/1992 e 319/1994, oggi abrogati, è da intendersi, infatti, al decreto legislativo 206/2007, di attuazione della direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, come stabilito dall'articolo 60 del medesimo decreto legislativo 206/2007. Tale previsione non risulta nella nuova direttiva.
La lettera r), che modifica l'art. 27 D.Lgs. 251/2007, prevede l'adozione, da parte del Ministero della salute, di linee guida per il trattamento dei disturbi psichici dei beneficiari di protezione internazionale che hanno subito violenze. Viene così recepita una integrazione apportata dalla direttiva di rifusione che include il trattamento dei disturbi psichici tra le misure di assistenza sanitaria che gli Stati membri devono garantire ai beneficiari di protezione internazionale (art. 30, § 2). La direttiva, inoltre, elimina la facoltà per gli Stati membri (prevista dalla prima direttiva qualifiche) di limitare l'assistenza sanitaria per i beneficiari di protezione internazionale alle sole prestazioni essenziali. Tale facoltà non è stata esercitata e l'art. 27, del D.Lgs. 251/2007 già prevede l'equiparazione ai cittadini italiani per tutti i titolari di protezione internazionale.
La lettera s) modifica l'articolo 28 del D.Lgs. 251/2007 specificando che le iniziative per rintracciare i familiari del minore non accompagnato già previste dal medesimo articolo sono assunte quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione ove non siano già state avviate in precedenza, come previsto, peraltro, dal nostro ordinamento per ogni minore non accompagnato anche non richiedente protezione internazionale (D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535, Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, art. 2, comma 2, lett. f).
La lettera t), integrando l'articolo 29 del D.Lgs. 251/2007, prevede che nell'attuazione delle misure e dei servizi destinati all'accoglienza dei beneficiari di protezione internazionale si tenga conto anche delle esigenze di integrazione degli stessi e che sia adottato un Piano nazionale degli interventi e delle misure volte a favorire l'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. La predisposizione del Piano è demandata al Tavolo di coordinamento nazionale istituito presso il Ministero dell'interno. Si tratta del Tavolo di coordinamento sulla accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale istituito dal Ministro dell'interno pro-tempore a seguito del massiccio afflusso di richiedenti asilo e di profughi dai Paesi del Nord Africa (emergenza Nord Africa) e poi formalizzato dall'intesa in Conferenza unificata del 26 settembre 2012 sul Documento di indirizzo per il superamento dell'emergenza Nord Africa. In quella sede si demandava al Tavolo di coordinamento la definizione di tutti gli interventi necessari per l'uscita dalla fase emergenziale e ai tavoli di coordinamento regionali la definizione degli interventi sul territorio. Successivamente, l'intesa in Conferenza unificata dell'11 luglio 2013 sul Documento di indirizzo per il passaggio alla gestione ordinaria dei flussi migratori non programmati ha stabilito di proseguire ed accelerare il percorso per uniformare i sistemi di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale per uniformarli al modello del sistema di accoglienza SPRAR ei rendere permanente l'esperienza del Tavolo di coordinamento nazionale e dei tavoli di coordinamento regionali, quali strumenti di governance interistituzionali già sperimentati nel'ambito dell'emergenza Nord Africa. La composizione del Tavolo, composto da rappresentanti del Ministero dell'interno, dell'Ufficio del Ministro dell'integrazione e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali oltre che delle Regioni, dell'ANCI e dell'UPI, sarà integrato, ai sensi della disposizione in esame, in sede di programmazione delle misure di cui si tratta, da un rappresentante del Ministro delegato alle pari opportunità, un rappresentante dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati - UNHCR, della Commissione nazionale per l'asilo e, a seconda delle materie trattate, delle altre amministrazioni o altri soggetti interessati. La partecipazione alle sedute del Tavolo non comporta la corresponsione di gettoni di presenza o compensi. La disposizione corrisponde al criterio dì delega di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 96/2013 che richiede l'introduzione di uno strumento di programmazione. Inoltre, la lettera t) riformula il comma 3 dell'articolo 29 specificando che l'accesso all'alloggio ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria è consentito in condizioni di parità con i cittadini italiani. Nel testo vigente, la parità con i cittadini italiani si evince dal richiamo all'art. 40, comma 6 del testo unico, che equipara tutti gli stranieri ai cittadini italiani per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica, purché siano in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ovvero di un permesso di soggiorno almeno biennale e svolgano una regolare attività di lavoro.
Tale riferimento all'art. 40, comma 6, permane nel testo novellato. Si osserva che se la finalità della norma - come si evince dalla relazione illustrativa – è di escludere le condizioni di cui sopra ai fini dell'accesso dei rifugiati all'alloggio andrebbe valutata la opportunità di esplicitare che tali condizioni non si applicano ai rifugiati.
Altre disposizioniL'articolo 2 del provvedimento contiene una modifica all'articolo 29 del testo unico in materia di immigrazione che disciplina i ricongiungimenti familiari di coordinamento con l'articolo 22, comma 4 del decreto legislativo n. 251/2007 come modificato dalla lettera n) del presente decreto
L'articolo 3 reca una disposizione di aggiornamento dei riferimenti alla direttiva "qualifiche", contenuti in ogni altra disposizione legislativa, regolamentare o amministrativa vigente, alla direttiva che si recepisce con il presente decreto.
L'articolo 4 contiene la clausola di invarianza finanziaria. |
Relazioni e pareri allegatiAllo schema di decreto legislativo sono allegate la relazione illustrativa, la tabella di concordanza tra la direttiva 2011/95/UE e le norme di attuazione nell'ordinamento nazionale, la relazione tecnica, la relazione di analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e l'analisi tecnico normativa (ATN). |
Conformità con la norma di delegaLo schema di decreto legislativo in esame attua la delega introdotta dalla legge di delegazione europea 2013 (L. 96/2013, art. 1, comma 1, allegato B). Inoltre, l'articolo 6 della medesima legge di delegazione detta quattro specifici criteri di delega ad integrazione dei criteri di natura generale stabiliti dall'art. 32 della legge 234/2012 (che attengono prevalentemente a: semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi, coordinamento con le discipline vigenti, inammissibilità di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, introduzione ove necessario di sanzioni amministrative e penali, procedure di coordinamento amministrativo, considerazione delle modifiche medio tempore intervenute in sede europea unicità di atti che recepiscano normative attinenti a materie analoghe). Il primo criterio direttivo (lettera a) è di carattere generale e prevede il mantenimento in tutti i casi degli standard di garanzia previsti dalla normativa in vigore. Gli altri criteri direttivi, invece, intervengono su specifici punti della normativa da attuare. In particolare, il secondo criterio direttivo (lettera b) vincola il legislatore delegato a uniformare gli status giuridici dei beneficiari di protezione internazionale, sia dei rifugiati, sia dei beneficiari di protezione sussidiaria, in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 1 della direttiva, con particolare riferimento ai presupposti per ottenere il ricongiungimento familiare. Nel terzo criterio (lettera c) si vincola il legislatore delegato a disciplinare gli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca, in conformità con il dettato della Convenzione id Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati, di cui alla legge 24 luglio 1954, n. 722, anche con riferimento ai beneficiari di protezione sussidiaria. Anche l'ultimo criterio direttivo (lettera d) affronta un aspetto non toccato dalla nuova direttiva. Esso prevede infatti l'introduzione di uno strumento di programmazione delle attività e delle misure a favore dell'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale.
Il termine di adozione della delega è determinato rinviando alla suddetta legge 234/2012, il cui art. 31 stabilisce che essa deve avvenire entro i due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato dalla direttiva; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea. Il comma 3 dell'art. 1 della legge 96/2013 prevede che gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B (e se prevedono sanzioni penali anche quelle dell'allegato A) sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. In relazione al parere parlamentare, per effetto dell'art. 1, comma 3, della suddetta legge 234/2012, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi. Poichè lo schema in esame fa parte di un gruppo di schemi di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 dicembre 2013, in prossimità della scadenza dei termini per l'esercizio della delega (4 dicembre), il Governo può avvalersi, nell'esercizio della potestà legislativa delegata, del meccanismo di scorrimento dei termini, disposto in via generale dal richiamato articolo 31, comma 3 . Per effetto di tale norma, i termini di delega sono prorogati di tre mesi (vale a dire, nel caso di specie, fino al 4 marzo 2014). |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLe disposizioni oggetto del presente schema di decreto legislativo rientrano tra le materie di competenza esclusiva statale "diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea" e "immigrazione (rispettivamente lett. a) e b) del'art. 117, 2° comma, Cost.). |
Compatibilità comunitariaLa direttiva 2011/95 interviene sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale e sul contenuto della protezione riconosciuta. Come accennato, essa aggiorna e sostituisce la direttiva 2004/83/CE, del 29 aprile 2004 (recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 251/2007), cosiddetta direttiva "qualifiche". La nuova direttiva qualifiche pur mantenendo l'impianto della precedente, intende realizzare un maggiore ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali della protezione internazionale. Lo scopo principale della direttiva è di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e di assicurare un livello minimo di prestazioni per tali persone in tutti gli Stati membri. Il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria – secondo gli intenti comunitari - dovrebbe contribuire a limitare gli spostamenti dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri dovuti alla diversità dei quadri giuridici. In sintesi il contenuto della direttiva è il seguente:
Tra le principali novità rispetto alla precedente normativa si segnalano i seguenti:
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Procedure di contenziosoCon lettera di costituzione in mora del 24 ottobre 2012 la Commissione europea ha aperto la procedura di infrazione (n. 2012/2189) nei confronti dell'Italia contestando la violazione di obblighi imposti dal diritto dell'UE, previsti dalle direttive 2005/85/CE (direttiva "procedure"), 2003/9/CE (direttiva "accoglienza"), 2004/83/CE (direttiva "qualifiche", sostituita dalla direttiva attuata dallo schema di decreto delegato in esame), e dal regolamento n. 343/2003 (regolamento "Dublino", recante i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo).
In particolare le violazioni contestate consisterebbero:
Sulle questioni la Commissione aveva già chiesto chiarimenti il 15 febbraio 2012 attraverso il sistema EU Pilot.
Il sistema EU Pilot (strumento informatico EU Pilot - IT application) dal 2008 è lo strumento principale di comunicazione e cooperazione tramite il quale la Commissione, mediante il Punto di contatto nazionale - che in Italia è la struttura di missione presso il Dipartimento Politiche UE della Presidenza del Consiglio - trasmette le richieste di informazione agli Stati membri (25 in tutto in quanto Malta e Lussemburgo non hanno ancora aderito a questo strumento di pre-contenzioso) al fine di assicurare la corretta applicazione della legislazione UE e prevenire possibili procedure d'infrazione.
Il sistema viene utilizzato quando per la Commissione la conoscenza di una situazione di fatto o di diritto all'interno di uno Stato membro è insufficiente e non permette il formarsi di un'opinione chiara sulla corretta applicazione del diritto UE e in tutti i casi che potrebbero essere risolti senza dovere ricorrere all'apertura di una vera e propria procedura di infrazione.
EU PILOT, di fatto, ha sostituito l'inoltro delle lettere amministrative agli Stati membri tramite le Rappresentanze permanenti a Bruxelles e spesso ha portato alla conclusione positiva di molti casi, senza cioè l'apertura di una vera e propria procedura d'infrazione.
Il 21 dicembre 2012 il Dipartimento per le politiche UE della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasmesso alla Commissione un rapporto del Ministero dell'interno, in risposta ai rilievi contenuti nella lettera di costituzione in mora citata; tale rapporto è stato integrato con una nota successiva redatta dal Ministero medesimo il 25 marzo, ed inviata alla Commissione il 27 marzo 2013. |