Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | I temi dell'attività parlamentare nella XVI Legislatura - Ordine pubblico e polizia | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 23 | ||
Data: | 15/03/2013 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.
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La sicurezza dei cittadini ha costituito uno dei punti cruciali dell’azione dei governi che si sono succeduti nel corso della XVI Legislatura e ha portato all’adozione di un ampio ventaglio di interventi; in questo contesto spicca il cd. “pacchetto sicurezza”, approvato dal Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008, nell'ambito del quale il provvedimento di maggior rilievo è rappresentato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94.
Le linee direttrici degli interventi legislativi possono essere ricondotte principalmente a tre filoni:
il rafforzamento della sicurezza urbana;
la repressione dell'illegalità diffusa e dei reati di particolare allarme sociale;
La politica di contrasto all'immigrazione clandestina ha agito su più fronti: penale, processuale, amministrativo. Essa si è basata innanzituttto su un complessivo inasprimento del sistema sanzionatorio, attraverso la previsione del reato (contravvenzionale) di immigrazione clandestina, l’introduzione di una circostanza aggravante nell’ipotesi in cui un reato sia commesso da uno straniero irregolare, la ridefinizione in un'ottica più rigorosa dei reati connessi all'immigrazione illegale. Sul versante processuale, è stata introdotta una corsia preferenziale per i reati commessi in violazione delle leggi sull'immigrazione. Sono state inoltre ridefiniti in termini più restrittivi i criteri per l’ingresso in Italia e le regole sull'espulsione ed è stato aumentato (da 60 a 180 giorni) il periodo di trattenimento degli stranieri nei centri di permanenza temporanea e assistenza, ridenominati centri di identificazione ed espulsione. L’accesso a determinati servizi pubblici è stato infine limitato ai soli stranieri regolari. Tra i principali provvedimenti adottati nell'ambito di tale politica vanno ricordati:
Sul piano della sicurezza urbana, gli interventi hanno puntato sul rafforzamento dei poteri in materia del sindaco, su una maggiore sinergia tra autorità di pubblica sicurezza ed amministratori locali e su un coinvolgimento delle forze armate nel presidio del territorio. Sono stati, in particolare, estesi alla sicurezza delle aree urbane i poteri di ordinanza del sindaco, che può anche avvalersi dell'ausilio di associazioni di osservatori volontari, composte da cittadini.
Nell'ottica del contrasto all'illegalità diffusa, le modifiche al sistema penale sono state indirizzate nel senso della lotta alla microcriminalità, della tutela dei soggetti deboli (minori, anziani, disabili), con una particolare attenzione anche ai temi della sicurezza stradale e del decoro urbano. Gli interventi hanno riguardato inoltre i reati a sfondo sessuale, di cui sono in prevalenza vittime le donne, e l'introduzione del delitto di "stalking".
Anche per la lotta alla criminalità organizzata, gli interventi sono stati caratterizzati da un inasprimento dell'apparato sanzionatorio, con un aumento delle sanzioni per il reato di associazione mafiosa e la sua estensione alle associazioni straniere ed un rafforzamento delle misure di prevenzione.
Ciò premesso, in via generale si ricorda che i principali provvedimenti riconducibili al “pacchetto sicurezza” sono:
Quest'ultima legge, composta di tre articoli, contiene sia norme in materia di immigrazione sia misure di contrasto alla criminalità mafiosa nonché disposizioni in materia penale e di sicurezza pubblica. Nel dettaglio rilevano le previsioni recanti modifiche in tema di matrimonio, cittadinanza, unità familiare e condizioni di soggiorno dello straniero; l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale; la nuova disciplina del trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione. Oltre a ciò si segnala la previsione in virtù della quale i sindaci possono avvalersi, d'intesa col prefetto, della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle Forse dell'ordine eventi atti a recar danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Requisiti e ambiti operativi della relativi disciplina sono stati fissati con il decreto ministeriale 8 agosto 2009.
Il Governo è successivamente intervenuto in materia con il decreto-legge n. 187/2010 recante norme sulla cd. flagranza differita relativamente a episodi di violenza commessi all'interno di impianti sportivi; sul potenziamento dell'attività di contrasto alla criminalità organizzata e della cooperazione internazionale di polizia; sulla tracciabilità dei flussi finanziari; misure in materia di sicurezza urbana.
Ancora in tema di ordine pubblico, non si è invece concluso l'esame parlamentare di due proposte di legge volte ad introdurre il divieto di indossare gli indumenti in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab (A.C. 2422) o comunque il divieto dell'utilizzo di mezzi che non rendano visibile l'intero volto, inclusi gli indumenti indossati in ragione della propria affiliazione religiosa (A.C. 2769).
Da ultimo la L. n. 228/2012 (Legge di stabilità 2013) ha introdotto norme volte completare il sistema digitale radiomobile e standard Te.T.Ra. in favore delle forze di polizia istituendo una apposita commissione per la pianificazione e la fase esecutiva di tale sosfisticato programma di comunicazione.
Con riferimento particolare all'ordinamento della polizia, l'inizio della XVI Legislatura appare segnata da un trend normativo volto a consentire il potenziamento della sicurezza urbana e della tutela dell'ordine pubblico anche mediante assunzione di personale a tempo indeterminato da parte delle Forze di polizia (D.P.R. 26 giugno 2008 e D.P.C.M. 23 giugno 2008); inoltre l'art. 2, comma 28 della L. n. 203/2008 (Finanziaria 2009) ha previsto lo stanziamento di risorse per miglioramenti stipendiali per il personale dell Forze di polizia a ordinamento civile e militare. Ulteriori autorizzazioni all'assunzione di personale sono state previste dal D.P.R. 21 aprile 2009. Il decreto-legge n. 95/2012, allo stesso modo, ha escluso dalle principali misure di spending review da esso introdotte, le strutture e il personale del comparto sicurezza.
Si segnala, infine, che non si è concluso l'esame parlamentare di una serie di proposte di legge volte a riordinare i ruoli delle Forze armate e delle Forze di Polizia (A.C. 137 ed abbinate).
Nel settore della lotta alla criminalità organizzata, la XVI legislatura si è caratterizzata soprattutto per l'adozione del cd. Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs 159/2011), emanato sulla base della delega prevista dalla legge 136/2010 (Piano straordinario contro le mafie). Ulteriori interventi hanno riguardato specificamente le misure di prevenzione (decreto-legge 4/2010, istitutivo dell'Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, la cui disciplina è ora confluita nel citato Codice antimafia) ed il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione (legge 175/2010). Specifici provvedimenti d'urgenza e la cd. legge sicurezza sono poi intervenuti in materia penale e di organizzazione degli uffici giudiziari. Mentre il DL 225/2010 ha ricondotto ad un unico Fondo il Fondo antiracket ed il Fondo di rotazione per le vittime dei reati mafiosi, la legge 3/2012 ha introdotto modifiche alla disciplina in materia di usura ed estorsione ed ha ampliato le condizioni per l'accesso ai benefici del citato Fondo.
Una sistemazione organica della normativa di contrasto alla mafia si è resa necessaria sia in relazione alla sua oggettiva estensione – relativa ad una pluralità di ambiti, sostanziale, processuale, penitenziario e amministrativo – sia alla sua frammentazione e stratificazione nel corso degli anni. L’occasione per pervenire ad un'effettiva opera di riordino è stata fornita dalla doppia delega concessa al Governo dalla legge 136/2010. La prima delega atteneva all'emanazione, entro un anno, di un codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Per la normativa di contrasto alla criminalità organizzata era disposta la sola attività di ricognizione, armonizzazione e coordinamento della normativa vigente mentre per le misure di prevenzione si prevedevano numerosi e specifici principi e criteri di delaga. La seconda delega prevedeva entro un anno l'aggiornamento e la semplificazione della normativa in materia di documentazione antimafia, anche qui sulla base di una definita serie di criteri direttivi. Il Governo ha deciso di esercitare entrambe le deleghe attraverso un unico decreto legislativo, il D.Lgs. 159/2011.
La nuova disciplina, successivamente corretta ed integrata dal D.Lgs. 218/2012, si articola in 120 articoli suddivisi in 4 libri.
Va segnalato come il Codice sia, tuttavia, privo di una riscrittura ed armonizzazione delle norme di diritto sostanziale e processuale che regolano il contrasto alla mafia. L’assenza di una specifica delega che autorizzasse il Governo a riscrivere il testo delle disposizioni in materia nonchè le difficoltà di procedere nei termini di delega ad una effettiva armonizzazione della complessa normativa ha consigliato di accantonare ed eliminare l’originario impianto normativo del libro I. In particolare, tale scelta, come si legge nel parere della Commissione Giustizia della Camera del 2 agosto 2011, è stata dettata dalla necessità di evitare di “alterare eccessivamente la vigente sistematica codicistica e di creare problemi e difficoltà nell’interpretazione delle norme”, estromettendo dal nuovo impianto “tutte quelle disposizioni ritenute compiutamente e inscindibilmente integrate nel tessuto normativo preesistente”.
Il libro I concerne il riordino della disciplina delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. Si provvede, da un lato, a riassumere, con modalità meramente compilative, la disciplina che regolamentava, attraverso un serie di disposizioni contenute in normative diverse, la complessa materia delle misure di prevenzione personali e patrimoniali; dall'altro, sono introdotte modifiche e aggiornamenti delle normative più datate, attuando anche complesse riscritture (è il caso dei diritti dei terzi nelle procedure di prevenzione). Il libro I contiene, tuttavia, una disciplina di carattere generale delle misure di prevenzione, non limitata alle sole misure di contrasto alla mafia. E' confermata la distinzione tra misure di prevenzione personali (titolo I) e patrimoniali (titolo II), con distinti procedimenti applicativi ed è dettata la disciplina dell’amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati (titolo III). Per ovviare alle rilevanti difficoltà applicative, importanti novità hanno interessato la citata tutela dei terzi ed i rapporti con le procedure concorsuali (titolo IV). Infine, il Libro I del decreto (titolo V) regola gli effetti delle misure di prevenzione, stabilisce le sanzioni per le violazioni alle prescrizioni imposte con le misure di prevenzione, disciplina la riabilitazione e detta disposizioni finali (titolo V).
Il libro II del decreto legislativo detta, invece, il riordino della disciplina della documentazione antimafia, distinta in comunicazioni e informazioni antimafia; ulteriori disposizioni riguardano, rispettivamente, la Banca dati unica nazionale della documentazione antimafia nonchè le norme sullo scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose.
Il Libro III contiene la disciplina relativa alle attività investigative nella lotta contro la criminalità organizzata: una prima parte concerne le magistrature specializzate nella lotta alla criminalità organizzata ovvero la D.N.A. (Direzione Nazionale Antimafia) e la D.D.A. (Direzione distrettuale antimafia) nonchè, nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, la disciplina della D.I.A. (Direzione investigativa antimafia) ed il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, istituito presso il Ministero dell'interno con funzioni di alta direzione e coordinamento; la seconda parte del libro III contiene la disciplina dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, istituita dal D.L. 4/2010.
Il Libro IV, infine, prevede le necessarie norme di coordinamento, una disciplina transitoria nonchè una serie di abrogazioni volte a rendere più chiara la normativa ed evitare inutili duplicazioni.
La legge 136/2010 reca un complesso di misure di contrasto della criminalità organizzata; tra queste le due norme di delega rispettivamente per l’adozione del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e per la modifica e l’integrazione della disciplina della documentazione antimafia, la certificazione necessaria per la stipula di contratti pubblici o per ottenere concessioni o erogazioni pubbliche. Il Governo ha esercitato entrambe le deleghe con l’emanazione del decreto legislativo 159/2011, composto da 120 articoli divisi in quattro libri.
Tra i contenuti della legge 136 si segnalano:
La legge 175/2010 interviene sul nodo cruciale dei rapporti tra politica e organizzazioni criminali. La sua disciplina pone a carico delle persone definitivamente sottoposte alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, il divieto di svolgere attività di propaganda elettorale in favore o in pregiudizio di candidati partecipanti a qualsiasi tipo di competizione elettorale. Il divieto opera per il periodo intercorrente tra il termine stabilito per la presentazione delle liste e dei candidati e la chiusura delle operazioni di voto. La violazione del divieto è sanzionata con la reclusione da uno a cinque anni, pena applicabile anche al candidato che, avendo diretta conoscenza della condizione di sottoposto in via definitiva alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ne richieda l’attività di propaganda e se ne avvalga concretamente. Alla condanna consegue l'interdizione dai pubblici uffici e l'ineleggibilità per la durata della pena detentiva.
Il D.L. 4/2010 ha istituito l’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – la cui disciplina è ora confluita nel Codice antimafia (D.Lgs 159/2011, artt. 110 e ss.) - con la finalità di una più efficace gestione di tali beni e di una più rapida destinazione dei beni confiscati.
L’introduzione del Codice antimafia, entrato in vigore il 13 ottobre 2011, non ha apportato sostanziali modifiche all’azione dell’Agenzia, specificando unicamente il compito di amministrazione e destinazione dei beni sottratti alla criminalità organizzata da restituire alla collettività, attraverso procedure che riducano i tempi di destinazione dei beni e permettano, nelle more del procedimento amministrativo, una gestione virtuosa dei beni stessi (mobili e immobili) e dei compendi aziendali. L'Agenzia relaziona annualmente il Parlamento sui risultati conseguiti dalla gestione; l'ultima Relazione presentata riguarda il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2011.
Per una descrizione più dettagliata dei compiti e della struttura dell'Agenzia, si rinvia al commento del Codice antimafia che, come accennato, contiene ora anche la normativa sull'Agenzia. Ulteriori notizie sull'Agenzia nazionale e sulla sua attività sono disponibili sul relativo sito Internet.
Per quanto riguarda il profilo processuale della lotta alla criminalità organizzata, nella XVI legislatura si segnalano:
Nel primo biennio di legislatura, misure di contrasto alle organizzazioni criminali sono state introdotte, in particolare, da due provvedimenti in materia di sicurezza pubblica.
Il D.L. 92/2008 inasprisce le sanzioni per il reato di associazione mafiosa e ne prevede l'applicazione anche alle associazioni straniere; il D.L. 4/2010 ne estende ulteriormente l'applicazione alla 'ndrangheta. Lo stesso DL 92, oltre ad ampliare l'ambito applicativo della legge 575/1965 sulle misure di prevenzione:
La legge 94/2009 ha poi introdotto:
Nell'ambito degli interventi a difesa dell'economia legale, i D.L. 39/2009 (art. 16, comma 5) e D.L. 195/2009) (art. 17-quater, comma 4) hanno previsto misure antinfiltrazione mafiosa rispettivamente, negli interventi per l'emergenza e la ricostruzione nelle aree colpite dal terremoto in Abruzzo e nell'attuazione del "Piano carceri". Le norme citate, in particolare, hanno previsto la creazione di "white list", ovvero liste di imprese (elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecuzione dei lavori) considerate, sulla base di severi controlli, non soggette ad infiltrazioni mafiose (la cui istituzione e gestione è affidata alle prefetture) ed a cui possono rivolgersi gli esecutori degli appalti. L'esigenza delle white list nasce dalla constatazione che le infiltrazioni della criminalità trovano terreno fertile prevalentemente nel settore dei subappalti, con particolare riferimento ad attività lavorative spesso controllate direttamente dalle organizzazioni criminali sul territorio. Analoghe disposizioni sulle withe list sono previste dall'art. 3-quinquies, comma 5, del D.L.135/2009 (Expo 2015), dall'art. 4, comma 13, del D.L. 70/2011 (Semestre Europeo, che per primo ha generalizzato l'istituzione di white list presso le prefetture) e dall'art. 5-bis del D.L. 74/2012, sul terremoto in Emilia). Nuove disposizioni in materia sono, più recentemente contenute nella cd. legge anticorruzione (art. 1, commi da 52 a 57, L. 190/2012) che, pur mantenendo l'impianto preesistente, contiene due rilevanti novità di valenza generale: la prima riguarda un elenco delle attività definite come maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa (una sorta di black list, riferita alla tipologia di attività d'impresa) tra cui, ciclo del calcestruzzo, noli a caldo a freddo, ciclo delle cave, trasporti a discarica, cottimi, guardianie dei cantieri (si tratta, sostanzialmente, di quelle già elencate nel citato decreto-legge 74/2012 per i lavori connessi all'emergenza terremoto in Emilia); la seconda è inerente agli effetti giuridici derivanti dall'iscrizione alla white list della propria prefettura, che equivale all'assolvimento degli obblighi di "informazione antimafia" per l'esercizio della relativa attività d'impresa (informazione di necessaria acquisizione per appalti pubblici di valore superiore alla soglia comunitaria). Si segnala, per completezza, che l'art. 91, comma 7, del D.Lgs 159/2011 (Codice antimafia) affida ad un regolamento, da adottare con decreto del Ministro dell'interno, l'individuazione delle diverse tipologie di attività d'impresa suscettibili di infiltrazione mafiosa (la citata black list) per le quali, in relazione allo specifico settore d'impiego e alle situazioni ambientali, è sempre obbligatoria l'acquisizione del'informazione antimafia, indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione, ecc.
Il D.L. 225/2010 ha ricondotto ad un Fondo unico il Fondo di solidarietà alle vittime delle richieste estorsive e dell’usura (istituito con D.P.R. 455/1999) ed il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso (istituito con legge n. 512/99). Il Fondo unificato è surrogato nei diritti delle vittime negli stessi termini e alle stesse condizioni già previsti per i predetti fondi e subentra in tutti i rapporti giuridici già instaurati al 27 febbraio 2011 (data di entrata in vigore della legge 10/2011, di conversione del decreto 225).
La legge 3/2012 ha introdotto modifiche alla leggi in materia di usura (L. 108/1996) ed estorsione (L. 44/1999) incidendo sugli aspetti relativi al diritto alle elargizioni di cui agli unificati Fondi antiracket ed antiusura. Ulteriori novità sono introdotte nel codice penale. La nuova disciplina prevede, in particolare, che anche l’imprenditore, vittima di usura o estorsione, dichiarato fallito, abbia il diritto di ottenere il mutuo antiusura e le elargizioni previste dalla disciplina antiracket; ciò, sempre che non sia indagato, imputato o abbia riportato condanne definitive per bancarotta fraudolenta, delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica, l’amministrazione della giustizia, il patrimonio, l’economia pubblica, l’industria e il commercio. La nuova normativa, inoltre, consente alla vittima di usura di ottenere il mutuo già nella fase delle indagini preliminari, a condizione che il Pubblico Ministero esprima parere favorevole. In precedenza, invece, bisognava attendere l’inizio del processo penale. Modifiche sono introdotte in materia di sospensione disposta a favore delle vittime di estorsione di alcuni termini sostanziali e processuali. Sono, infine aumentate le sanzioni per il reato di estorsione ed aggiunti i reati di usura e riciclaggio tra quelli alla cui condanna definitiva consegue la possibile risoluzione dei contratti di appalti pubblici.
Anche nella XVI legislatura, il Parlamento ha istituito:
La Camera ha approvato nel corso della legislatura un provvedimento che prevedeva, nei confronti dei condannati per alcuni reati di terrorismo e criminalità organizzata, la revoca delle prestazioni di natura assistenziale di cui il condannato era titolare, nonché la revoca dei trattamenti previdenziali aventi origine da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse ai reati indicati. L'iter del disegno di legge A.S. 2418 si è, tuttavia, interrotto al Senato.
Secondo le priorità stabilite nel programma di Stoccolma per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2014, l’azione dell’Unione europea nella lotta alla criminalità organizzata si svolge su due piani: da un lato, la valutazione dell’efficacia della normativa UE vigente e la proposta di nuovi interventi legislativi, come stabilito nella Strategia di sicurezza interna dell’Unione europea, presentata dalla Commissione nel novembre 2010, dall’altro, il potenziamento della cooperazione operativa tra le autorità di contrasto nazionali e con le agenzie UE (in particolare, Europol , Eurojust, Olaf) nell’ambito del Ciclo programmatico dell'UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità adottato dal Consiglio giustizia e affari interni dell’8-9 novembre 2010. Tra le iniziative più recenti, volte essenzialmente a colpire gli aspetti economici del fenomeno merita segnalare la una proposta di direttiva (COM(2012)85) in materia di congelamento e confisca dei proventi della criminalità in Europa.
La proposta comprende norme comuni per: facilitare la confisca di beni che derivano chiaramente dalle attività criminali di un condannato (concetto di confisca estesa); semplificare le procedure per confiscare i beni trasferiti ad altre persone che avrebbero dovuto rendersi conto della loro origine illecita (confisca nei confronti di terzi); consentire la confisca di beni nei casi in cui non si possa ottenere una condanna penale a motivo della morte, della malattia permanente o della fuga dell'indagato (confisca limitata non basata sulla condanna); garantire che i pubblici ministeri possano sottoporre a congelamento temporaneo i beni che rischiano altrimenti di scomparire (congelamento precauzionale); far sì che le autorità nazionali gestiscano i beni congelati o confiscati in modo da evitarne la svalutazione (gestione dei beni).
Si segnala inoltre la proposta di direttiva, presentata dalla Commissione europea il 5 febbraio scorso, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, destinata a sostituire la vigente direttiva 2005/60/CE (cd. terza direttiva antiriciclaggio).
Tra le nuove disposizioni, si segnala l’estensione degli obblighi di verifica della clientela e segnalazione di operazione sospette a tutti i soggetti che offrono merci o prestano servizi contro pagamento in contanti di importo pari o superiore a 7 500 euro, rispetto all’attuale soglia di 15 000 euro. La proposta stabilisce inoltre l’applicazione della normativa antiriciclaggio ai “prestatori di servizi di gioco d’azzardo” e non più solo alle case da gioco.
Si segnala infine che nel marzo 2012 il Parlamento europeo ha istituito una commissione parlamentare speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro. La commissione, che ha iniziato i suoi lavori nel mese di aprile 2012 con mandato annuale rinnovabile per un altro anno, ha il compito di investigare l'infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia legale, nella pubblica amministrazione e nella finanza, e individuare misure per contrastarla
Il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 si compone di 120 articoli, divisi in quattro libri relativi, rispettivamente, al riordino della disciplina delle misure di prevenzione (libro I) e della documentazione antimafia (libro II), alla disciplina relativa alle attività investigative nella lotta contro la criminalità organizzata (libro III) ed alla normativa di coordinamento, transitoria ed alle necessarie abrogazioni (libro IV). In attuazione della delega prevista dalla legge 136/2010, il Governo ha emanato un decreto correttivo del Codice (D.Lgs 218/2012).
Il Libro I (artt. 1-81) concerne il riordino della disciplina delle misure di prevenzione (personali e patrimoniali). In particolare, il Titolo I (artt. 1-15) tratta delle misure di prevenzione personali distinguendo:
Il Titolo II (artt. 16-34) disciplina le misure di prevenzione patrimoniali, che possono essere applicate agli stessi soggetti cui possono essere applicate le misure di prevenzione personali dall’autorità giudiziaria, nonché alle persone fisiche e giuridiche segnalate dal Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite o da altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche.
Le misure patrimoniali (sequestro e confisca) possono essere proposte dal procuratore della repubblica del distretto, dal questore o dal direttore della Dia competente per territorio. A seguito di indagini patrimoniali, indipendentemente quindi dall'applicazione di una misura di prevenzione personale, possono essere predisposti:
Il procedimento applicativo prevede l'intervento in tribunale dei terzi proprietari o comproprietari dei beni sequestrati. Eseguito il sequestro, l'ufficiale giudiziario immette nel pssesso dei beni l'amministratore giudiziario nominato dal tribunale.
Il Codice ha portato da un anno ad un anno e mezzo il termine massimo intercorrente tra il sequestro e la confisca; il termine decorre dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario (per indagini complesse o patrimoni rilevanti, tale termine può essere prorogato dal tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte). La legge di stabilità 2013, novellando il Codice, ha previsto che il termine di un anno e mezzo sia perentorio ed il suo decorso senza che il Tribunale abbia depositato il decreto che pronuncia la confisca comporta la perdita di efficacia del sequestro.
I provvedimenti che dispongono la confisca dei beni sequestrati, la confisca della cauzione o l'esecuzione sui beni costituiti in garanzia diventano esecutivi con la definitività delle relative pronunce. In caso di appello (per il quale si applica la medesima disciplina prevista per le impugnazioni dei provvedimenti che predispongono misure di prevenzione personale), il provvedimento di confisca perde efficacia se la Corte d'appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso.
Il Codice antimafia prevede che possa essere richiesta la revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione, nelle forme previste dall'articolo 630 del c.p.p., in ogni caso solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l'applicazione della misura. L'azione di prevenzione può essere esercitata anche indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale. Il sequestro e la confisca di prevenzione possono essere disposti anche in relazione a beni già sottoposti a sequestro in un procedimento penale. In tal caso la custodia giudiziale dei beni sequestrati nel processo penale viene affidata all'amministratore giudiziario.
Oltre all'introduzione di una specifica disciplina in materia di tutela dei diritti dei terzi di buona fede (titolari di diritti sui beni sequestrati) e dei terzi creditori, tra le novità introdotte dal Codice si segnalano:
Il Libro I detta inoltre la disciplina dell’amministrazione, gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Il Titolo III (artt. da 35 a 51) stabilisce che, con il provvedimento con il quale è disposto il sequestro preventivo, il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario. Fino al decreto di confisca di primo grado, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata coadiuva l'amministratore giudiziario sotto la direzione del giudice delegato: sulla base degli indirizzi dettati dall'Agenzia, il giudice delegato impartisce le direttive generali della gestione dei beni sequestrati. Sarà la stessa Agenzia, poi, ad occuparsi della fase amministrativa inerente la gestione e destinazione dei beni (v. ultra).
La legge di stabilità 2013 ha introdotto in tale parte del Codice alcune rilevanti novità; oltre al già previsto, possibile affidamento dei beni mobili sequestrati in custodia giudiziale, da parte dell'Agenzia, ad organi di polizia, ad altri organi dello Stato, ad enti territoriali ed enti pubblici non economici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale, viene stabilita - se il sequestro non deve essere revocato - la possibilità di vendita dei beni mobili sequestrati se gli stessi non possono essere amministrati senza pericolo di deterioramento o di rilevanti diseconomie; se i beni sono privi di valore, improduttivi, oggettivamente inutilizzabili e non alienabili, il tribunale può procedere alla loro distruzione o demolizione. Le somme derivanti dalla vendita dei citati beni sequestrati affluiscono, al netto delle spese sostenute, al Fondo unico giustizia per essere versati all'apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato e riassegnati, nella misura del 50% secondo le destinazioni previste dall'art. 2, comma 7, del DL 143/2008 (Min. interni, Min. giustizia e Bilancio dello stato) e per il restante 50% allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno per le esigenze dell'Agenzia che li destina prioritariamente alle finalità sociali e produttive. Se il tribunale non provvede alla confisca dei beni sequestrati, dispone la restituzione all'avente diritto dei proventi versati al Fondo unico giustizia in relazione alla vendita dei medesimi beni, oltre agli interessi maturati sui medesimi proventi computati secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale 127/2009. Il D.lgs. 218/2012, correttivo del Codice antimafia , ha stabilito che spetta all'Avvocato generale dello Stato decidere sull'eventuale assunzione da parte dell'Avvocatura della rappresentanza in giudizio dell'amministratore giudiziario nelle controversie sui beni sequestrati. Lo stesso correttivo chiarisce, invece, la natura obbligatoria del patrocinio legale assicurato dall'Avvocatura dello Stato all’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati.
A seguito della confisca definitiva di prevenzione, i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell'Agenzia. La somma ricavata dalla vendita affluiscono al Fondo unico giustizia per essere riassegnati nella misura del 50% al Ministero dell'Interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico e, nella restante misura del 50%, al Ministero della Giustizia, per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica.
Per ovviare alle rilevanti difficoltà applicative, importanti novità hanno interessato la tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali (titolo IV).
In base al Titolo IV (articoli da 52 a 65), la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro. I crediti per titolo anteriore al sequestro, verificati a seguito della richiesta del creditore dopo la composizione dello stato passivo, sono soddisfatti dallo Stato nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati.
A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. Se al momento dell'esecuzione del sequestro un contratto relativo al bene o all'azienda sequestrata è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto.
L'amministratore giudiziario presenta al giudice delegato l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei crediti e delle rispettive scadenze e l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali o personali sui beni, con l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto. All'udienza il giudice delegato, assunte anche d'ufficio le opportune informazioni, verifica le domande di ammissione al credito, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere, con indicazione delle eventuali cause di prelazione, e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi della esclusione. Conclusa l'udienza di verifica, l'amministratore giudiziario effettua la liquidazione dei beni mobili, delle aziende o rami d'azienda e degli immobili ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditori utilmente collocati al passivo.
Nei sessanta giorni successivi alla formazione dello stato passivo l'amministratore giudiziario redige un progetto di pagamento dei crediti, contenente l'elenco dei crediti utilmente collocati al passivo, con le relative cause di prelazione, nonché l'indicazione degli importi da corrispondere a ciascun creditore.
Quanto ai rapporti tra questa procedura e l’eventuale fallimento dell'imprenditore i cui beni aziendali siano sottoposti a sequestro o a confisca, il Codice dispone, salva l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento assunta dal debitore o da uno o più creditori, possa essere il pubblico ministero, anche su segnalazione dell'amministratore giudiziario che ne rilevi i presupposti, a chiedere al tribunale competente che venga dichiarato il fallimento dell'imprenditore. Ove sui beni compresi nel fallimento sia disposto sequestro, il giudice delegato al fallimento dispone, con decreto non reclamabile, la separazione di tali beni dalla massa attiva fallimentare e la loro consegna all'amministratore giudiziario. Analoga procedura di separazione consegue quando il fallimento sia successivo al sequestro: in tal caso, il giudice delegato, prima dell'emanazione del decreto deve, tuttavia, sentire il curatore ed il comitato dei creditori.
Infine, il Libro I del decreto regola gli effetti delle misure di prevenzione, stabilisce le sanzioni per le violazioni alle prescrizioni imposte con le misure di prevenzione, disciplina la riabilitazione e detta disposizioni finali (titolo V).
Il Titolo V (articoli da 66 a 81) stabilisce che l'applicazione delle misure di prevenzione di cui al libro I importa alcuni effetti, tra cui l'impossibilità di ottenere licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di contributi, finanziamenti ecc., nonché la decadenza del diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni già in possesso (articolo 67).
Il Codice disciplina inoltre la procedura per la riabilitazione (articolo 70) disponendo che, trascorsi tre anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale, l'interessato possa presentare apposita richiesta. La riabilitazione viene concessa se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta.
Il Libro II del decreto legislativo (artt. 82-101) è dedicato, invece, al riordino della disciplina della documentazione antimafia, distinta in comunicazioni e informazioni antimafia; ulteriori disposizioni riguardano, rispettivamente, la Banca dati nazionale della documentazione antimafia nonché le norme sullo scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose.
In particolare, presso il ministero dell'Interno è istituita la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, contenente tutte le comunicazioni e le informazioni antimafia. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilate dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche, devono acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici (articolo 83).
Sono sottoposti alla verifica antimafia tutti gli operatori economici (articolo 85) nonché l'ente locale, sciolto ai sensi dell'articolo 143 Testo unico egli enti locali (articolo 100).
La documentazione antimafia è costituita dalla comunicazione antimafia e dall'informazione antimafia. La prima, rilasciata dal prefetto, consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67. Fuori dai casi in cui è richiesta l'informativa antimafia e nei casi urgenti, i contratti e i subcontratti sono stipulati previa acquisizione di apposita autocertificazione.
L'informazione antimafia, rilasciata dal prefetto e richiesta prima di stipulare, approvare, autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, il cui valore sia superiore a determinate soglie (articolo 91), consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, nonché nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate.
Il citato decreto legislativo 218/2012, correttivo del Codice antimafia , ha introdotto alcune novità nella disciplina della documentazione antimafia dettata dal Codice. In particolare, la novella amplia le categorie di soggetti nei cui confronti devono essere espletate le prescritte verifiche ai fini del rilascio della documentazione antimafia; precisa i termini di validità della documentazione antimafia; esclude dai soggetti che possono richiedere la comunicazione antimafia i privati (tanto persone fisiche, quanto imprese, associazioni o consorzi); affida al prefetto le verifiche per il rilascio sia della comunicazione che dell'informazione antimafia quando la consultazione della Banca dati riguardi soggetti non censiti; aggiunge un ulteriore indizio dal quale il prefetto può desumere un tentativo di infiltrazione mafiosa, attraverso il riferimento alla reiterazione di violazioni agli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari derivanti da appalti pubblici; aggiunge una norma che prescrive la comunicazione dell’informazione antimafia interdittiva a tutti i soggetti istituzionali interessati; precisa che, fino all’attivazione della Banca dati nazionale (e comunque non oltre 12 mesi dalla pubblicazione del primo dei regolamenti attuativi), i soggetti pubblici acquisiscono d'ufficio tramite le prefetture la documentazione antimafia.
Il Libro III (art. 102-114) contiene la disciplina relativa alle attività investigative nella lotta contro la criminalità organizzata: una prima parte concerne le magistrature specializzate nella lotta alla criminalità organizzata ovvero la D.N.A. (Direzione Nazionale Antimafia) e la D.D.A. (Direzione distrettuale antimafia); la seconda parte contiene la disciplina dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie.
Il Titolo I (articoli da 102 a 109) prevede i seguenti organi: Direzione distrettuale antimafia, Direzione nazionale antimafia, Direzione investigativa antimafia e Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata.
La Direzione distrettuale antimafia (D.D.A.) è l'organo delle procure della Repubblica presso i tribunali dei capoluoghi di distretto di corte d'appello a cui viene assegnata la competenza sui procedimenti relativi ai reati di stampo mafioso.
La Direzione nazionale antimafia (D.N.A.) è l’organo di coordinamento a livello nazionale delle 26 Direzioni distrettuali antimafia, cui è preposto per quattro anni un Procuratore nazionale antimafia. La D.N.A. è a sua volta incardinata nella Procura generale presso la Corte Suprema di Cassazione
La Direzione investigativa antimafia è istituita nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, con il compito di assicurare lo svolgimento delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili all'associazione medesima. Il D.lgs 218/2012, correttivo del Codice antimafia, ha prevede che la Direzione possa avvalersi, oltre che di personale dei ruoli della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, anche di personale appartenente al Corpo forestale dello Stato.
Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata. E’ istituito presso il ministero dell'Interno ed è presieduto dal ministro dell'Interno. Il Consiglio provvede a definire e adeguare gli indirizzi per le linee di prevenzione anticrimine e per le attività investigative; individuare le risorse, i mezzi e le attrezzature occorrenti al funzionamento dei servizi e a fissarne i criteri per razionalizzarne l'impiego; verificare periodicamente i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi strategici delineati proponendo l'adozione dei provvedimenti atti a rimuovere carenze e disfunzioni e ad accertare responsabilità e inadempienze; concorrere a determinare le direttive per lo svolgimento delle attività di coordinamento e di controllo da parte dei prefetti dei capoluoghi di regione, nell'ambito dei poteri delegati agli stessi.
Obblighi semestrali di relazione al Parlamento sull’attività della D.I.A. unitamente ad un rapporto annuale sulla lotta alla criminalità organizzata sono stabiliti in capo al Ministro dell’interno.
Il Titolo II (articoli da 110 a 114) del Libro III disciplina l’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (soggetto di diritto pubblico, sottoposta alla vigilanza del ministro dell'Interno), dotata di autonomia organizzativa e contabile, con sede principale in Reggio Calabria.
All'Agenzia sono attribuiti i seguenti compiti:
In particolare, l'estensione della competenza dell'Agenzia alle ipotesi di confisca penale obbligatoria di cui all'art. 12-sexies del DL 306/1992 in relazione alle condanne per il numeroso catalogo di reati ivi previsti è opera della legge di stabilità 2013.
L’Agenzia è stata istituita dal D.L. 4/2010 (L. 50/2010) per occuparsi del processo di gestione dei beni sequestrati e confiscati attraverso le sue due fasi: la fase giudiziaria e la fase amministrativa.
Durante la fase giudiziaria – che va dal provvedimento di sequestro alla confisca definitiva – l’Agenzia si configura come un organo di consulenza e di consiglio per il supporto dell’attività dell’Autorità Giudiziaria nella risoluzione delle criticità riscontrate dal giudice e dall’amministratore giudiziario durante procedimento. Svolgerà, inoltre, il ruolo di amministratore dei beni, a conclusione dell’udienza preliminare (se si tratta di processo penale) o a conclusione del provvedimento di confisca di primo grado (se si tratta di processo di prevenzione).
Durante la fase amministrativa – che inizia col provvedimento di confisca definitivo – l’Agenzia si occupa della gestione operativa dei beni confiscati, provvedendo alla loro destinazione entro 90 giorni dalla confisca definitiva (raddoppiabili in caso di operazioni complesse). In entrambe le fasi, l’Agenzia si occupa del monitoraggio, attraverso l’acquisizione di documenti e dati, in ordine all’uso dei beni dopo la destinazione.
Quanto all’organizzazione interna, da ultimo integrata dalla legge di stabilità 2013 (art. 1, comma 189), l’Agenzia è formata da tre distinti organi; il Direttore, con funzioni di rappresentanza legale, di attuazione delle linee guida, di presentazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo dell’Agenzia; il Consiglio direttivo (presieduto dal direttore e composto da due magistrati e due esperti di gestioni aziendali e patrimoniali) ovvero l’organo deliberativo col compito di emanare le linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati nonché il Collegio dei revisori, l’organo di controllo contabile dell’Agenzia (composto da tre revisori contabili e due supplenti). Il personale dell'Agenzia è determinato in 30 unità complessive; altre unità di personale, fino ad un massimo di 100, possono essere attinte dai ruoli della Pubblica amministrazione in posizione di fuori ruolo, comando o distacco.
Oltre a questi tre organi, l’Agenzia si avvale dei Nuclei di supporto (vedi la circolare dell'Agenzia dell'agosto 2011) presso le singole Prefetture. Tali nuclei, già previsti dal DL 4/2010, affiancano il Prefetto nel monitoraggio dei beni destinati, al fine di individuare eventuali situazioni di degrado, di abbandono, di utilizzo distorto o comunque inadeguato dei beni medesimi o fenomeni quali il loro perdurante utilizzo, diretto o indiretto, da parte degli stessi soggetti criminali ai quali erano stati confiscati; dall’altro di facilitare l’azione dell’Agenzia nazionale nel ripristino delle condizioni dell’effettivo utilizzo dei medesimi beni per finalità istituzionali e sociali.
Sulla disciplina in oggetto è intervenuto anche il decreto-legge 187/2010 (convertito dalla legge 217/2010) prevedendo in particolare l’utilizzo dei beni confiscati da parte della medesima Agenzia per finalità economiche e la destinazione dei relativi proventi al potenziamento della stessa, nonché la possibilità che con delibera dell’Agenzia siano estromessi singoli beni immobili da aziende confiscate non in liquidazione e successivamente trasferiti agli enti territoriali che ne facciano richiesta e che utilizzano tali beni a fini istituzionali.
In attuazione della disciplina sull'Agenzia sono stati adottati tre regolamenti:
Ulteriori notizie sull'Agenzia nazionale e sulla sua attività sono disponibili sul relativo sito Internet.
Il Libro IV, infine, prevede le necessarie norme di coordinamento, una disciplina transitoria nonché una serie di abrogazioni volte a rendere più chiara la normativa ed evitare inutili duplicazioni.
Il libro prescrive alcune disposizioni di coordinamento con la legge 1423/1956, la legge 575/1965, la legge 410/1991 e la legge 629/1982 (articolo 115).
È previsto un regime transitorio, secondo il quale le disposizioni contenute nel libro I non si applicano ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione, continuandosi ad applicare le norme previgenti.
Analogo regime transitorio è stabilito per l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, per la quale sono previste disposizioni finanziarie per l'istituzione e il funzionamento (articolo 118).
L'entrata in vigore delle disposizioni del libro II, capi I, II, III e IV sulla documentazione antimafia era prevista decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" del regolamento ovvero, quando più di uno, dell'ultimo dei regolamenti di cui all'articolo 99, comma 1 del Codice sul funzionamento della banca dati presso il ministero dell'Interno. Il decreto legislativo 218/2012 ha anticipato l'entrata in vigore di tale parte del Codice decorsi 2 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta del primo decreto legislativo correttivo (vale a dire, dopo due mesi dalla pubblicazione dello stesso D.Lgs 218/2012).
Il D.L. 225/2010 (cd. proroga termini) ha disposto (art. 2, comma 6-sexies), a decorrere dal 31 marzo 2011, l'unificazione nel nuovo Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura dei preesistenti:
Il nuovo Fondo di rotazione è surrogato nei diritti delle vittime negli stessi termini e alle stesse condizioni già previsti per i predetti fondi e subentra in tutti i rapporti giuridici già instaurati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 225 (27 febbraio 2011). Il Fondo unificato è alimentato con le risorse previste dalle normative vigenti per i Fondi unificati, ovvero mediante:
La Consap (la società pubblica che ha per oggetto principale l'esercizio in regime di concessione di servizi assicurativi pubblici, nonché l'espletamento di altre attività e funzioni di interesse pubblico) gestisce il Fondo per conto del Ministero dell'Interno sulla base di un’apposita concessione. Nonostante l'unificazione dei due Fondi, permangono peraltro, quali organi del Fondo “unificato”, i due distinti Comitati di solidarietà (quello per le vittime dei reati mafiosi e quello per le vittime di estorsione ed usura) che hanno sede presso il Ministero dell'Interno, presieduti da un Commissario di nomina governativa, con funzioni deliberanti.
Le finalità del Fondo unificato sono le seguenti:
Il Comitato di Solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, presieduto dal “Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso”, delibera, alle condizioni previste dalla legge, i benefici economici alle vittime suindicate pari al danno quantificato in sede penale nel giudizio contro l'autore del reato nonché alle spese ed onorari di costituzione e difesa posti a carico degli imputati. La delibera del Comitato viene quindi trasmessa a Consap che provvede alla gestione del Fondo stesso ed alla materiale erogazione del beneficio deliberato. A tal fine, CONSAP: a) chiede ai beneficiari l'indicazione delle coordinate bancarie sulle quali effettuare l'accredito del beneficio concesso; b) ricevuta l'indicazione, ordina l'accredito delle somme dovute.
Il Comitato di Solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, presieduto dal “Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura”, delibera, alle condizioni previste dalla legge, la concessione degli indennizzi e dei mutui. A seguito della delibera del Comitato viene emanato il decreto dell'anzidetto Commissario Straordinario del Governo, che viene quindi trasmesso a Consap che provvede a darne esecuzione con le seguenti modalità:
- per i beneficiari vittime di estorsione:
- per i beneficiari vittime di usura:
La legge 225/2010 ha demandato, infine, ad un regolamento di attuazione - da adottare entro 3 mesi – il coordinamento delle discipline degli attuali regolamenti attuativi dei Fondi ora unificati dettate rispettivamente dal DPR n. 455 del 1999 (Regolamento del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura) e dal DPR 284 del 2001 (Regolamento del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso), quest'ultimo recentemente novellato dal DPR 139/2011. Il regolamento di attuazione, approvato dal Consiglio dei ministri il 30 aprile 2012 (ma tuttora non emanato) oltre ad armonizzare in un'unica fonte normativa le diverse disciplina, è volto a migliorare le procedure per l’assegnazione delle somme in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura. Le decisioni sulla concessione dei benefici in favore delle vittime, il coordinamento delle iniziative di solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e il coordinamento delle iniziative antiracket e usura restano affidati ai due distinti Comitati di solidarietà.
La creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne la prevenzione e la lotta alla criminalità costituisce uno degli obiettivi fondamentali dell’UE come definiti all’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea. In seguito al superamento della struttura a pilastri operato dal Trattato di Lisbona, la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, prima essenzialmente affidata al metodo intergovernativo, risulta attualmente pienamente integrata nel sistema dell’Unione. Ad essa sono dedicati gli articoli 82-89 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In particolare, l’articolo 87 prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio possano stabilire, secondo la procedura legislativa ordinaria, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale, quali la criminalità organizzata, il terrorismo, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale di donne e minori, il traffico illecito di stupefacenti e di armi, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di mezzi di pagamento e la criminalità informatica.
In questo quadro e secondo le priorità stabilite nel programma di Stoccolma per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2014, l’azione dell’Unione europea si svolge su due piani:
Allo scopo di garantire coerenza e complementarità fra la dimensione interna ed esterna della politica di sicurezza, l’Unione europea considera prioritario rafforzare le relazioni con i paesi terzi, in particolare gli Stati Uniti, nella lotta contro le forme gravi di criminalità organizzata e il terrorismo.
Il 22 novembre 2010 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “La strategia di sicurezza interna dell'UE in azione: cinque tappe verso un'Europa più sicura”(COM(2010)673), come previsto nel programma di Stoccolma per lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia per il periodo 2010-2014 e secondo le linee guida deliberate dal Consiglio europeo del 25-26 marzo 2010. La strategia individua i cinque obiettivi prioritari dell’Unione europea: smantellare le reti criminali internazionali; prevenire il terrorismo e contrastare la radicalizzazione e il reclutamento; aumentare i livelli di sicurezza per i cittadini e le imprese nel ciberspazio; rafforzare la sicurezza attraverso la gestione delle frontiere, aumentare la resilienza alle calamità naturali e provocate dall'uomo.
Per quanto riguarda la lotta alle reti criminali internazionali, la strategia individua le 3 aree di azione:
La prima relazione annuale sull'attuazione della Strategia di sicurezza interna dell'UE, presentata dalla Commissione europea nel novembre 2011 (COM(2011)790) dà conto di quanto finora intrapreso in relazione alle differenti azioni.
Per quanto riguarda il miglioramento nelle scambio di informazioni, nel febbraio 2011 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla raccolta dei dati del codice di prenotazione dei passeggeri presenti sui voli in entrata o in uscita dal territorio dell'Unione europea (dati PNR).
Tale proposta, che intende consentire alle competenti autorità degli Stati membri di analizzare i dati per prevenire, individuare e perseguire i reati di terrorismo e altri reati gravi, è attualmente oggetto di discussione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. Essa rientra in una politica PNR più vasta, che comprende la conclusione di accordi PNR con paesi terzi. Tali accordi consentono l'utilizzo di dati PNR provenienti dall'Unione europea da parte delle autorità di contrasto dei paesi in questione, per gli stessi scopi. Gli accordi vigenti con Canada e Stati Uniti sono attualmente in fase di rinegoziazione, mentre un nuovo accordo con l'Australia è stato firmato nel settembre 2011.
Ulteriori interventi hanno riguardato il potenziamento delle Squadre investigative comuni (SIC) attraverso il finanziamenti, del valore di 2,1 milioni di euro, al progetto SIC di Eurojust "Sostenere un utilizzo più ampio delle squadre investigative comuni". Nel primo anno, l'attuale progetto di Eurojust ha già offerto sostegno a 33 SIC incaricate di indagare su reati di vario genere, quali il traffico di stupefacenti, la tratta di esseri umani, l'immigrazione illegale, il traffico di autoveicoli rubati, la criminalità informatica e quella finanziaria.
Per quanto riguarda gli strumenti di collaborazione pratica nella lotta alla criminalità transnazionale, si segnala la recente comunicazione “Rafforzare la cooperazione in materia di applicazione della legge nell’UE: il modello europeo di scambio di informazioni (EIXM) (COM (2012) 735) nella quale la Commissione fornisce raccomandazioni agli Stati membri per una piena e organica valorizzazione degli strumenti UE esistenti in particolare, la decisione quadro 2006/960/JHA, sullo lo scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri incaricate dell’applicazione della legge e la decisione 2008/615/GAI (cd. decisione Prüm) che prevede lo scambio automatizzato di dati relativi a profili DNA, impronte digitali e immatricolazione di veicoli ai fini di indagine penale organizzata e alle altre gravi forme di criminalità con implicazioni transfrontaliere). La comunicazione si sofferma inoltre sul ruolo delle unità nazionali Europol e sullo scambio di informazioni nell’ambito del Sistema informativo Schengen, in vista della prossima introduzione di una piattaforma informatica tecnologicamente più avanzata (cd. SIS II).
Nel giugno 2011 la Commissione ha adottato un pacchetto contro la corruzione che istituisce a livello di Unione europea un meccanismo di relazioni per la valutazione periodica degli sforzi degli Stati membri contro la corruzione ("relazione dell'Unione sulla lotta contro la corruzione"). Tale relazione valuterà risultati, carenze e punti vulnerabili degli Stati membri, allo scopo di potenziare la volontà politica di varare approcci di totale intransigenza nei confronti della corruzione, incoraggiare l'apprendimento tra pari e lo scambio delle migliori prassi. La Commissione pubblicherà la relazione a scadenza biennale, a partire dal 2013.
Nel quadro del pacchetto contro la corruzione, una relazione della Commissione sulle modalità di partecipazione dell'Unione europea al Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione (GRECO) analizza varie possibilità per rafforzare la cooperazione tra l'Unione europea e il GRECO, In base a tali considerazioni, la Commissione chiederà al Consiglio l'autorizzazione ad aprire negoziati per l'adesione al GRECO.
Particolare rilevanza riveste inoltre la recente presentazione di una proposta di direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, mediante il diritto penale (COM(2012)363) nonché le proposte legislative per l’ammodernamento delle norme in materia di appalti pubblici (COM(2011)895 e 896), e di aggiudicazione dei contratti di concessione (COM(2011)897) attualmente all’esame delle istituzioni UE.
Il 12 marzo 2012 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva COM(2012)85 in materia di congelamento e confisca dei proventi della criminalità in Europa.
La proposta comprende norme comuni per: facilitare la confisca di beni che derivano chiaramente dalle attività criminali di un condannato (concetto di confisca estesa); semplificare le procedure per confiscare i beni trasferiti ad altre persone che avrebbero dovuto rendersi conto della loro origine illecita (confisca nei confronti di terzi); consentire la confisca di beni nei casi in cui non si possa ottenere una condanna penale a motivo della morte, della malattia permanente o della fuga dell'indagato (confisca limitata non basata sulla condanna); garantire che i pubblici ministeri possano sottoporre a congelamento temporaneo i beni che rischiano altrimenti di scomparire (congelamento precauzionale); far sì che le autorità nazionali gestiscano i beni congelati o confiscati in modo da evitarne la svalutazione (gestione dei beni).
Il 5 febbraio 2013, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2013)45 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, destinata a sostituire la vigente direttiva 2005/60/CE (cd. terza direttiva antiriciclaggio). Tra le modifiche previste, si segnala l’estensione degli obblighi di verifica della clientela, conservazione dei dati e segnalazione di operazione sospette, a tutti i soggetti che offrono merci o prestano servizi contro pagamento in contanti di importo pari o superiore a 7 500 euro, con un notevole abbassamento rispetto all’attuale soglia di 15000 euro. La proposta stabilisce inoltre l’applicazione della normativa antiriciclaggio anche ai “prestatori di servizi di gioco d’azzardo” e non più solo alle case da gioco.
Nella stessa data la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM(2013)44) riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi, che impone nuove regole in materia di transazioni effettuate tramite carte elettroniche e telefonia mobile e in materia d identificazione dei beneficiari.
Fondamentale importanza nell’ambito della lotta alle reti criminali rivestono inoltre ulteriori iniziative legislative UE in materia di contrasto allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e alla tratta degli esseri umani. In tale ambito si ricorda la presentazione della proposta di regolamento volta ad istituire il Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere – Eurosur (COM2012)873) nonché la creazione in seno alla Commissione della figura del coordinatore anti- tratta.
Per quanto riguarda la cyber criminalità, si segnalano, in particolare, la proposta di direttiva sugli attacchi ai sistemi informatici (COM(2010)517), la proposta di direttiva in materia di sicurezza delle reti e dell’informazione COM(2013)48, presentata dalla Commissione europea nell’ambito di una più articolata Strategia sulla sicurezza informatica (JOIN(2013)1) nonché l’istituzione presso Europol, nel gennaio 2013, di un Centro per lo scambio di intelligence e analisi.
Si ricorda che nel corso della XIV Legislatura, la proposta di direttiva sugli attacchi ai sistemi informatici (COM(2010)517) è stata esaminata dalla XIV Commissione Politiche dell’Unione europea che ha adottato un documento di conformità al principio di sussidiarietà il 30 novembre 2010.
Il Consiglio Giustizia e affari interni dell’8-9 novembre 2010 ha concordato un ciclo programmatico dell'UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale al fine di rafforzare la cooperazione tra le autorità di contrasto degli Stati membri (il cd. ciclo programmatico Harmony), le agenzie UE (Europol, Eurojust, OLAF) e individuato gli obiettivi delle azioni operative contro le minacce criminali più pressanti. Il ciclo, che entrerà nella sua fase pienamente operativa nel periodo 2013-2017, si baserà sui seguenti elementi:
In attesa della piena applicazione dello schema descritto, a partire dal 2013, è attualmente in corso una fase sperimentale 2011-2013 del ciclo, sulla base della relazione OCTA, presentata da Europol nel 2011. Le osservazioni contenute nell’OCTA hanno permesso di individuare 8 progetti EMPACT in cui elaborare piani operativi di coordinamento delle azioni delle autorità di contrasto nazionali e delle agenzie UE. Gli 8 progetti si prefiggono in particolare di:
Come già ricordato, il Trattato di Lisbona ha rafforzato il ruolo del sancito del Parlamento europeo attribuendogli la qualità di colegislatore anche per quanto riguarda la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e prevedendo il suo pieno coinvolgimento nel processo di valutazione delle politiche UE in materia di giustizia e affari interni.
Il 25 ottobre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione di iniziativa sulla criminalità organizzata nell'Unione europea (2010/2309(INI)), nella quale sottolinea la necessità di migliorare il funzionamento delle strutture europee impegnate a vario titolo nel contrasto alla criminalità organizzata, rafforzando al contempo le relazioni con le altre istituzioni internazionali nonché di sviluppare il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali e migliorare la cooperazione giudiziaria e di polizia nell'UE e con i paesi terzi. Per quanto riguarda il rafforzamento del quadro legislativo UE, il Parlamento europeo, tra le altre cose, chiede alla Commissione – tenendo presente l'impatto estremamente limitato esercitato sui sistemi legislativi degli Stati membri dalla decisione quadro 2008/841/GAI sul crimine organizzato, la quale non avrebbe apportato significativi miglioramenti né alle legislazioni nazionali né alla cooperazione operativa volta a contrastare la criminalità organizzata – di presentare entro la fine del 2013 una proposta di direttiva che contenga una definizione di criminalità organizzata più concreta e che individui meglio le caratteristiche essenziali del fenomeno, in particolare focalizzando l'attenzione sulla nozione chiave di organizzazione e altresì tenendo conto dei nuovi tipi di criminalità organizzata. In tale quadro, il Parlamento europeo chiede che venga esaminata con maggior rigore la questione della criminalizzazione di qualsiasi forma di sostegno alle organizzazioni criminali.
Allo scopo svolgere appieno il suo rinnovato ruolo, il 14 marzo 2012 il Parlamento europeo ha istituito una commissione parlamentare speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro. La commissione, che ha iniziato i suoi lavori nel mese di aprile con mandato annuale rinnovabile per un altro anno, ha il compito di investigare l'infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia legale, nella pubblica amministrazione e nella finanza, e individuare misure per combatterla. I suoi membri avranno la possibilità di fare visite in loco, organizzare audizioni con le istituzioni europee e nazionali provenienti da tutto il mondo e invitare i rappresentanti delle imprese, della società civile e le organizzazioni delle vittime ma anche i funzionari, compresi i giudici, coinvolti nella lotta quotidiana contro la criminalità, la corruzione e il riciclaggio di denaro. Il 17 aprile la Commissione speciale ha eletto proprio presidente Sonia Alfano (ALDE, IT) nonché vicepresidenti Rosario Crocetta (S&D, IT), Rui Tavares (Verdi/ALE, PT), Timothy Kirkhope (ECR, UK) e Søren Bo Sondergaard GUE/NGL, DK). La Commissione ha altresì nominato Salvatore Iacolino (PPE, T) in qualità di relatore.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie messe a disposizione delle iniziative in materia di contrasto alla criminalità, nell’ambito del programma quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” per il periodo 2007-2013, l’Unione europea ha adottato il programma specifico “Prevenzione e lotta contro la criminalità” (decisione 2007/125/GAI), con dotazione pari a 605,6 milioni di euro. Il programma si articola in tre temi: a) attività repressiva; b) prevenzione della criminalità e criminologia; c) protezione dei testimoni e delle vittime. Esso intende contribuire ai seguenti obiettivi specifici:
Il programma non riguarda la cooperazione giudiziaria. Può, tuttavia, finanziare azioni finalizzate alla cooperazione tra autorità giudiziarie e autorità di contrasto. Per quanto riguarda il nuovo Quadro finanziario per il settore Affari interni per il periodo 2014-2020, è attualmente in corso da parte delle istituzioni UE l’esame delle proposta di regolamento COM(2011)753 che istituisce, quale parte del Fondo per la Sicurezza interna, lo strumento per il sostegno finanziario alla cooperazione di polizia, alla prevenzione e alla repressione della criminalità nonché alla gestione delle crisi, con dotazione complessiva proposta pari a 1.128 milioni di euro.
La legge 136/2010 si inserisce in una politica più ampia di interventi contro la criminalità organizzata in attuazione della quale è stata istituita l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (decreto-legge 4/2010) ed adottato il primo Codice antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs 159/2011).
L’articolo 1 della legge 136 ha delegato il Governo all’emanazione di un codice della legislazione antimafia e delle misure di prevenzione. Il codice è diretto a realizzare un’esaustiva ricognizione delle norme antimafia di natura penale, processuale e amministrativa, la loro armonizzazione, nonché il coordinamento anche con la nuova disciplina dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. I principi e criteri direttivi della delega sono riferiti specificamente alla complessa disciplina delle misure di prevenzione.
Per la loro rilevanza o innovatività, si richiamano i seguenti principi e criteri direttivi:
L’articolo 2 ha delegato il Governo alla modifica ed l’integrazione della disciplina delle certificazioni antimafia che mira:
L’articolo 3 della legge 136 introduce norme volte a garantire la tracciabilità dei flussi finanziari nelle procedure relative a lavori, servizi e forniture pubbliche, applicabili anche ai concessionari di finanziamenti pubblici comunitari ed europei per la gestione dei relativi flussi finanziari. Si prevede in particolare che i contraenti debbano utilizzare – salvo eccezioni specificamente indicate – conti correnti dedicati alle pubbliche commesse, ove appoggiare i relativi movimenti finanziari, e di effettuare i pagamenti con modalità tracciabili (bonifico bancario o postale). Il mancato utilizzo del bonifico bancario o postale costituisce causa di risoluzione del contratto. La tracciabilità dei flussi finanziari è altresì tutelata mediante l’obbligo di indicare il Codice identificativo di gara (CIG) e, se obbligatorio, il Codice unico di progetto – CUP, assegnato a ciascun investimento pubblico sottostante alle commesse pubbliche, al momento del pagamento relativo a ciascuna transazione effettuata in seno ai relativi interventi.
Gli articoli 4 e 5 della legge sono volti, rispettivamente, a rendere facilmente individuabile la proprietà degli automezzi adibiti al trasporto dei materiali per l’attività dei cantieri ed a favorire l’identificazione degli addetti ai cantieri.
L’articolo 6 prevede sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione degli obblighi in materia di tracciabilità dei flussi finanziari.
L’articolo 9 della legge 136 inasprisce il regime sanzionatorio per il reato di Turbata libertà degli incanti attraverso una novella all’articolo 353, primo comma, c.p..
L’articolo 10 introduce il reato di Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, che ricorre nella condotta di chi, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della P.A.; la pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 5 anni e la multa da 103 a 1.032 euro.
L’articolo 11, novellando l’articolo 51, comma 3-bis, c.p.p, integra con il reato di Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 del d.lgs. 152/2006) la lista dei procedimenti per i reati di grave allarme sociale rispetto ai quali le funzioni di P.M. sono attribuite all'ufficio del P.M. presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente e la cui trattazione rientra nelle funzioni della Direzione distrettuale antimafia.
L’articolo 13 prevede l’istituzione, in ambito regionale, della Stazione unica appaltante (Sua) al fine di garantire trasparenza, regolarità ed economicità nella gestione degli appalti pubblici di lavori e servizi e prevenire, in tal modo, le infiltrazioni di natura malavitosa.
L’articolo 7 della legge 136 novella alcune disposizioni della legge 646/1982 (articoli 25, 30 e 31) in materia di accertamenti fiscali nei confronti di soggetti sottoposti a misure di prevenzione o condannati per taluni reati. Le novelle in particolare ampliano la platea dei soggetti sottoposti alle verifiche e tenuti all’obbligo di comunicare le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti elementi di valore superiori ad una determinata soglia e intervengono in senso estensivo sull’ambito e sulle finalità degli accertamenti, prevedendo che essi riguardino la verifica, oltre che della posizione fiscale, anche della posizione economica e patrimoniale del soggetto e abbiano la finalità dell’accertamento di illeciti valutari e societari e comunque in materia economica e finanziaria.
L’articolo 8 interviene in materia di “operazioni sottocopertura”, con la finalità, da un lato, di ampliarne l’ambito operativo, dall’altro di delineare una disciplina unitaria e superare le normative di settore in materia, che vengono conseguentemente abrogate o modificate. La disciplina quadro in materia, delineata dall’articolo 9 della legge 146/2006 (che prevede la non punibilità degli ufficiali di polizia giudiziaria in relazione alla commissione di illeciti penali nel corso di tali operazioni), viene in particolare estesa alle indagini per i reati di estorsione (art. 629 c.p.), usura (art. 644 c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche nelle ipotesi non aggravate, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, reati in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope di cui al TU stupefacenti (in tale ultimo caso si prevede un coinvolgimento della Direzione centrale per i servizi antidroga che può anche direttamente disporre le operazioni sottocopertura). Tra le novità più significative si richiamano l’estensione della causa di non punibilità alle interposte persone (delle quali possono avvalersi gli ufficiali di polizia giudiziaria) e l’ampliamento della fattispecie di reato di rivelazione o divulgazione indebita dei nomi del personale di polizia giudiziaria impegnati in operazioni sottocopertura (che può trovare applicazione anche al di fuori dei ristretti limiti temporali attualmente previsti relativi allo svolgimento delle suddette operazioni di polizia). Il medesimo articolo 6 novella il codice di procedura penale (art. 497) e le relative disposizioni di attuazione (artt. 115 e 147-bis) con la finalità di garantire l’anonimato dei soggetti impegnati in attività sottocopertura; si prevede, in particolare, che tali soggetti, chiamati a testimoniare nei relativi processi penali, indichino le stesse generalità di copertura e si estende ai medesimi l’applicazione dell’esame dibattimentale a distanza, previsto per i collaboratori di giustizia.
L'articolo 11, attraverso la novella dell’art. 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del c.p.p., prevede l’esame dibattimentale a distanza per i collaboratori di giustizia ammessi al programma provvisorio di protezione o a speciali misure di protezione.
L’articolo 14 modifica il decreto-legge 8/1991, in particolare in materia di collaboratori di giustizia e di testimoni di giustizia. Il comma 1 interviene sui ricorsi giurisdizionali avverso i provvedimenti della Commissione centrale di modifica o revoca delle speciali misure di protezione dei collaboratori di giustizia. La novella conferma la sospensione dell’esecuzione del provvedimento nel termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale, ma ne limita l’operatività al periodo di pendenza della decisione relativa all’eventuale richiesta di sospensione ai sensi degli articoli 21 della legge TAR e 36 del R.D. 642/1907, piuttosto che, come nel testo previgente, nel periodo di pendenza del ricorso. Il comma 2 interviene in materia di elargizioni a titolo di mancato guadagno a favore dei testimoni di giustizia, prevedendo l’estensione dell’applicazione dell’articolo 13 della legge 44/1999 (che reca modalità e termini per la presentazione della domanda per la concessione dell’elargizione a favore delle vittime di richieste estorsive) e la surroga del Dipartimento della pubblica sicurezza nei diritti verso i responsabili dei danni.
L’articolo 15 della legge 136/2010 interviene sulla composizione del Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, in particolare inserendo nel medesimo organismo il direttore della DIA.
La legge 175/2010 introduce il divieto per il sorvegliato speciale - ai sensi della legge 575/1965 (ora Codice antimafia, D.Lgs 159/2011, v. ultra) - di svolgere le attività di propaganda elettorale.
Il legislatore non ha fino ad oggi espressamente definito il concetto di propaganda elettorale. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per propaganda elettorale si intende la "specifica attività che si svolge nell'ambito del procedimento preparatorio della scelta e che è volta ad influire sulla volontà degli elettori nel periodo che precede le elezioni. Essa si connota [...] per la sua inerenza, diretta o indiretta alla competizione elettorale, sia quando ha, come scopo immediato o mediato, quello di acquistare voti o sottrarne agli avversari, sia quando ha come scopo, anche mediato, di convincere l'elettore a non votare, oppure a presentare scheda bianca, a rendere il voto nullo o ad esprimerlo in modo inefficace" (Corte di cassazione, sentenze n. 477/1998, e n. 11835/1989). Pure in assenza di una definizione generale di propaganda elettorale, già attualmente esistono fattispecie penali che fondano sulla definizione di tali attività – fornita dalla giurisprudenza – condotte penalmente rilevanti (cfr. ad es. art. 99 del D.P.R. 361/1957). Alcune leggi speciali disciplinano invece specifiche attività attraverso le quali si può svolgere la propaganda elettorale.
La ratio dell'introduzione di limitazioni allo svolgimento della propaganda elettorale da parte del sorvegliato speciale è stata così esposta dal relatore del provvedimento nel corso della seduta della Camera dei deputati del 24 febbraio 2010: "L'esigenza di introdurre nell'ordinamento questo divieto nasce da una considerazione tanto semplice quanto nei fatti da molti confutata. La considerazione è la seguente: è del tutto incongruente che la legge privi dell'elettorato attivo e passivo le persone sottoposte a sorveglianza speciale di polizia in forza di apposito decreto del tribunale (tali, per esempio, gli indiziati di appartenere alla mafia o ad altre organizzazioni similari), ma le lasci del tutto libere di svolgere propaganda elettorale e quindi di esercitare una loro influenza sul terreno politico, circostanza questa che offre alle stesse persone ampi spazi di pressione, soprattutto nei piccoli centri del Mezzogiorno d'Italia, sugli orientamenti dell'elettorato. Poiché si tratta di persone riconosciute socialmente pericolose, è fin troppo evidente come, in ipotesi del genere - si pensi, soprattutto in certe zone, ai fiancheggiatori di gruppi mafiosi -, possano risultarne favoriti i perversi intrecci di interesse tra le medesime e gli uomini politici ad esse legati. È questo per l'appunto ciò che la proposta in esame vorrebbe evitare. Al delinquente sottoposto a sorveglianza speciale non interessa tanto di essere persona dentro le istituzioni elettive come comune, provincia, regione o Parlamento. Ha invece interesse che vi sia chi lo possa aiutare o agevolare nella realizzazione di interessi specifici e particolari e, più precisamente, nella realizzazione del malaffare. Introducendo il divieto di propaganda elettorale per il sorvegliato speciale e sanzionando nel contempo anche la condotta del candidato che si rivolge per la propaganda al sorvegliato speciale, si recide alle origini e in maniera concreta l'intreccio delinquenza, politica e malaffare, bonificando le istituzioni. Con il testo in esame si mira a fare in modo che il delinquente non possa procedere alla raccolta dei voti, perdendo così il suo potere contrattuale nei confronti del politico. Questi, a sua volta, non sarà più in alcun modo condizionato dal delinquente. Infatti, è nella fase elettorale che si stringono rapporti sulla base dei quali esponenti della criminalità organizzata offrono voti ai candidati in cambio di favori futuri che spesso attengono al campo degli affari pubblici e, in particolare, agli appalti. A questo proposito vorrei sottolineare che non ritengo sufficiente la normativa vigente per scongiurare tali rischi. L'articolo 416-ter del codice penale, infatti, punisce il cosiddetto voto di scambio solo nel caso in cui sia comprovato lo scambio di denaro tra il candidato e l'elettore. Proprio in ragione della difficoltà di provare tale scambio la predetta disposizione ha trovato finora una scarsa applicazione, mentre nella realtà si registra una stretta collusione tra politica e criminalità organizzata proprio nella fase elettorale. È quindi necessario adottare norme che impediscano ai candidati di affidarsi, per la loro campagna elettorale, ai pregiudicati che hanno il controllo del territorio e che ostentano la loro disponibilità in fase elettorale, perché sicuri della non punibilità " (cfr. resoconto stenografico della seduta della Camera del 24 febbraio 2010).
L'art. 10 della legge 575/1965 prevede una serie di sanzioni accessorie nei confronti del soggetto al quale sia stata applicata, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione.
L'art. 1 della legge 175/2010 aggiunge al citato art. 10 due nuovi commi.
L'art. 2 della legge 175/2010 disciplina gli effetti della condanna alla pena della reclusione per il delitto previsto dal nuovo comma 5-bis.2 dall’art. 10 della legge 575/1965. Ai sensi del comma 1, tale condanna - anche se conseguente all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento) - comporta l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena detentiva. Nel caso in cui il condannato sia un membro del Parlamento, la Camera di appartenenza adotta le conseguenti determinazioni secondo le norme del proprio regolamento.
Il comma 2 stabilisce, al primo periodo, che dall’interdizione dai pubblici uffici consegue l’ineleggibilità del condannato per la stessa durata della pena detentiva.
La disposizione in questione ribadisce quanto previsto dall'art. 28 c.p., ai sensi del quale l'interdizione temporanea dai pubblici uffici priva il condannato, durante l'interdizione, del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale e di ogni altro diritto politico. Si ricorda inoltre che l'art. 2 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 stabilisce che non sono elettori (e dunque non possono essere eletti) coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata. Per quanto riguarda le elezioni regionali e amministrative, l'art. 19 della legge 55/1990 e l'art. 58 del decreto legislativo 267/2000, prevedono la non candidabilità per coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo.
Infine, il secondo periodo del comma 2 dell'art. 2 stabilisce che la sospensione condizionale della pena non ha effetto "ai fini dell’interdizione dai pubblici uffici".
A tal proposito, si ricorda che l'art. 166 c.p. prevede che la sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie. Successivamente, con legge 15/1992 è stato modificato il comma 2 dell'art. 2 del D.P.R. 223/1967, per prevedere che, al contrario, la sospensione condizionale della pena non ha effetto "ai fini della privazione del diritto di elettorato". La disposizione in esame riproduce dunque la formulazione del suddetto art. 2, comma 2, del D.P.R. 223/1967, ampliandone però l'oggetto, in quanto essa si riferisce a tutti gli uffici pubblici e non solo al diritto di elettorato (che rappresenta solo uno degli uffici pubblici oggetto dell'interdizione di cui all'art. 28 c.p.).
Con l'entrata in vigore del Codice antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs 159/2011), le disposizioni della legge 175/2010 sono confluite nel corpus del Codice. Il divieto di propaganda elettorale è ora sancito dall'art. 67, comma 7, del Codice, mentre le sanzioni previste per il reato sono contenute nell'art. 76, comma 8. Gli effetti della condanna per il divieto di propaganda elettorale sono, invece, oggetto dell'art. 76, comma 9, del Codice antimafia.
Il Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, nella sua relazione del 2009, segnalava l’ampia diffusione di tali fenomeni prevalentemente nelle regioni con forte radicamento delle organizzazioni criminali mafiose. Al tempo stesso, però, sottolineava la difficoltà di definirne le reali dimensioni, a causa dell’elevato grado di sommersione che caratterizza tali fenomeni. La relazione si soffermava inoltre sull’importanza di un’efficace attività preventiva, nonché di una più tempestiva erogazione dei benefici a favore delle vittime. In tale direzione, il Capo I della legge 3/2012 "Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento" introduce una serie di modifiche alla legge 108/1996 (cd. legge sull’usura) e alla legge 44/1999 (Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura) volte essenzialmente ad agevolare e rendere più celeri le procedure per l'accesso ai benefici economici previsti dalla legge in favore delle vittime dell'usura e del racket. Ulteriori disposizioni prevedono un incremento delle sanzioni previste per il reato di estorsione nonchè una novella al Codice degli appalti pubblici in funzione antiusura e antiriciclaggio.
L’art. 1, comma 1 della legge 3/2012 detta nuove disposizioni sul Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura.
Il Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura è stato unificato al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive dall’art. 18-bis della legge 44/1999. Come accennato (vedi Fondo di rotazione), il Fondo unificato antiracket ed usura è stato, dal D.L. 225/2010, a sua volta accorpato al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. La nuova denominazione del Fondo unificato è “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura”.
All’art. 14 della legge 108/1996 sull’usura sono aggiunti due nuovi commi che prevedono rispettivamente:
Una nuova formulazione del comma 3 dell’art. 14 è volta ad anticipare i tempi di erogazione del mutuo.
Il previgente art. 14, comma 3, stabiliva che il mutuo non potesse essere concesso prima del decreto che dispone il giudizio nel procedimento penale per il delitto di usura. Tuttavia, prima di tale momento, poteva essere concessa, previo parere favorevole del PM, un'anticipazione non superiore al 50 per cento dell'importo erogabile a titolo di mutuo quando ricorressero situazioni di urgenza specificamente documentate; l'anticipazione poteva essere erogata trascorsi 6 mesi dalla presentazione della denuncia ovvero dalla iscrizione dell'indagato per il delitto di usura nel registro delle notizie di reato, se il procedimento penale era ancora in corso.
Il nuovo comma 3 prevede la possibilità che il mutuo sia concesso anche nel corso delle indagini preliminari, previo parere favorevole del pubblico ministero, sulla base di elementi concreti acquisiti durante le stesse indagini.
Integrando il comma 5 dell’art. 14, si prevede - sempre con finalità acceleratorie - che la domanda di mutuo possa essere presentata al Fondo entro sei mesi dalla presentazione della denuncia per il delitto di usura oltre che - come attualmente stabilito - dalla data in cui la vittima dell’usura ha notizia dell'inizio delle indagini.
Il nuovo comma 7 dell’art. 14 incide sull’ambito soggettivo di concessione del beneficio.
Il comma 7 prevedeva che i mutui non potessero essere concessi a favore di soggetti condannati per usura o sottoposti a misure di prevenzione personale. Nei confronti di indagati o imputati per usura ovvero proposti per dette misure, la concessione del mutuo veniva sospesa fino all'esito dei relativi procedimenti. La medesima disposizione precisava, inoltre, che la concessione dei mutui è subordinata anche al verificarsi delle condizioni di cui all'articolo 1, comma 2, lettere c) e d) del decreto-legge 419/1991 (ovvero che la vittima non avesse concorso nel fatto delittuoso, ovvero in reati con questo connessi e che la medesima, al tempo dell'evento e successivamente, non risultasse sottoposta a misura di prevenzione, o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi delle leggi 1423/1956 e 575/1965 (ora D.Lgs 159/2011, Codice antimafia) né risulti destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della citata normativa antimafia, salvi gli effetti della riabilitazione.
La nuova norma restringe sostanzialmente tale ambito aggiungendo ulteriori ipotesi interdittive: i mutui non potranno, così, essere concessi né in caso di condanna per il “tentativo” del delitto di usura né ai condannati per una serie di reati consumati o tentati di particolare allarme sociale individuati dagli artt. 380 (delitti per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza) e 407, comma 2, lett. a) c.p.p. (associazione mafiosa, strage, terrorismo, omicidio, sequestro di persona a scopo di estorsione, ecc.). Analogo impedimento è introdotto per i soggetti sottoposti a misure di prevenzione patrimoniali e nei confronti di chi (ai sensi dell’art. 34 del citato D.Lgs 159/2011) – per finalità antimafia - è stato temporaneamente sospeso dall'amministrazione dei beni. Non viene invece riprodotta la norma del comma 7 che richiedeva inoltre il verificarsi delle condizioni di cui all'articolo 1, comma 2, lettere c) e d) del decreto-legge 419/1991 (su cui cfr. sopra).
Una nuova formulazione è dettata anche per il comma 9 dell’art. 14 che, prevedeva la revoca, da parte del Fondo, dei provvedimenti di erogazione del mutuo e della provvisionale ed il recupero delle somme già erogate se il procedimento penale per usura (in relazione al quale i benefici economici sono stati concessi) si fosse concluso con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione. Ferma restando tale ipotesi, il testo novellato esclude esplicitamente la revoca nel caso di archiviazione del procedimento penale per prescrizione del reato, per amnistia o morte dell’imputato ovvero nel caso in cui il giudice debba emettere sentenza, in qualsiasi fase o grado del processo, ai sensi dell’art. 129 , comma 1, c.p.p., sempre che sussistano elementi documentati, univoci e concordanti in ordine al danno subito dalla vittima dell’usura.
L’art. 1, comma 2 della legge 3/2012 novella l’art. 15, comma 8, della legge 108/1996 modificando la composizione della Commissione che gestisce il “Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura” e provvede all’erogazione delle contributi.
Tale Commissione, ai sensi del regolamento di attuazione emanato con DPR n. 315/1997, era costituita da sei componenti con qualifica dirigenziale: due in rappresentanza del Ministero dell’economia, di cui uno con funzioni di presidente, due del Ministero dello sviluppo economico e due del Dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il nuovo comma 8 dell’art. 15 prevede una Commissione di otto componenti. Per quanto riguarda la composizione, conferma i due membri dei Ministeri dell’economia e i due componenti dello sviluppo economico, aggiungendo due rappresentanti del Ministero dell’interno (di cui uno è il Commissario straordinario antiracket) e due rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. La norma - confermando la gratuità dell’incarico dei commissari - stabilisce, inoltre, la qualifica minima (dirigenti di seconda fascia) dei funzionari membri della commissione e detta i criteri di validità delle riunioni e delle deliberazioni dell’organo, attualmente oggetto del citato regolamento di attuazione (DPR n. 315/1997, art. 11).
Il comma 3 dell’articolo 1 trasforma in delitto il reato contravvenzionale di cui all’art. 16, comma 9, della legge n. 108/1996, ovvero il fatto di chi - nell'esercizio di attività bancaria, di intermediazione finanziaria o di mediazione creditizia - indirizza una persona, per operazioni bancarie o finanziarie, a un soggetto non abilitato. Alla pena precedente, consistente nell’arresto fino a due anni o nell'ammenda da 2.065 a 10.329 euro, è sostituita la reclusione da due a quattro anni.
Infine, il comma 4 dell’art. 1 aggiunge all’art. 17 della legge n. 108, un comma 6-ter in materia di riabilitazione del debitore protestato. Detta norma prevede la possibilità di presentare un’unica domanda di riabilitazione anche per più protesti, ove compresi nell’arco temporale di tre anni, purché il protestato abbia adempiuto alla relativa obbligazione e non abbia subìto ulteriore protesto trascorso un anno dal precedente.
L’articolo 2 della legge 3/2012 apporta modifiche alla richiamata legge 44/1999 (Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura). Come accennato, detto Fondo è ora confluito nel Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura.
La riformulazione dell’articolo 3 della legge 44 è volta anzitutto a precisare il concetto di evento lesivo (che costituisce presupposto per l'elargizione a favore dei soggetti vittime di estorsioni), confermando che esso ricorre in presenza di un danno a beni mobili o immobili, o di lesioni personali o di mancato guadagno inerente all’attività esercitata. Due commi aggiuntivi (1-bis e 1-ter) introducono disposizioni identiche a quelle dell’art. 14, commi 2-bis e 2-ter, L. 108/1996 (v. ante) in relazione sia alla possibilità di accesso all’elargizione del Fondo antiracket anche per l’imprenditore dichiarato fallito, sia alla non imputabilità dell’elargizione alla massa fallimentare.
Un nuovo art. 18-ter affida agli enti locali specifici funzioni di sostegno alle attività economiche in funzione antiestorsiva prevedendo il possibile esonero da tributi o canoni locali in favore di imprenditori che subiscono eventi lesivi volti a costringerli al pagamento del “pizzo”.
Una ulteriore modifica concerne l’art. 19 relativo al Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura presso il Ministero dell’interno.
Tale Comitato ha compiti consultivi, propositivi e di verifica della rispondenza della gestione del Fondo alle finalità previste dalla legge. In particolare spetta al Comitato deliberare la concessione dell'elargizione, poi concretamente disposta con decreto del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura (trasmesso alla Consap, che provvede a darne esecuzione).
La composizione del Comitato prevedeva oltre, al Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura (che lo presiede) altri nove membri: un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico ed uno del Ministero dell’economia; tre membri designati dal CNEL ogni due anni, assicurando la rotazione tra le diverse categorie; tre membri delle associazioni od organizzazioni antiracket iscritte nell'elenco tenuto dal Prefetto (art. 13, comma 2) nominati ogni due anni dal Ministro dell'interno (assicurando la rotazione tra le diverse associazioni od organizzazioni), su indicazione delle medesime; un rappresentante della Concessionaria di servizi assicurativi pubblici Spa (CONSAP), senza diritto di voto. Il Commissario ed i rappresentanti dei Ministeri restano in carica per quattro anni e l'incarico è rinnovabile una sola volta.
La novella incide sulle modalità di nomina dei tre rappresentanti delle associazioni antiracket, prevedendone in particolare la designazione da parte delle associazioni più rappresentative a livello nazionale (iscritte nell’elenco tenuto dal prefetto ex art. 13 (condizioni e requisiti per l'iscrizione nell'elenco e modalità per la relativa tenuta sono disciplinati dal DM 220/2007).
Modifiche sono, poi, introdotte all’art. 20 della legge n. 44/1999:
L’articolo 3 della legge 3/2012 interviene sull'articolo 1, comma 881, della legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), in materia di confidi.
Il citato comma 881 ha previsto che i consorzi di garanzia collettiva fidi (cd. “confidi”), provvedono ad imputare al fondo consortile o al capitale sociale le risorse proprie costituite da fondi rischi o da altri fondi o riserve patrimoniali derivanti da contributi dello Stato, degli enti locali o territoriali o di altri enti pubblici. Tali risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio a fini di vigilanza dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione.
La disposizione integra la formulazione della norma prevedendo che i vincoli di destinazione, soppressi dalla citata disposizione con riferimento ai confidi in genere, permangano in relazione ai soggetti beneficiari del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura.
Gli articoli 4 e 5 della legge intervengono sul codice penale.
L’articolo 4 novella l’art. 629 c.p. aumentando l’entità della multa per il delitto di estorsione aggiungendo, inoltre, una nuova circostanza aggravante speciale.
Il previgente art. 629c.p. puniva con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 516 a 2.065 euro chiunque, mediante violenza o minaccia, avesse costretto taluno a fare o ad ammettere qualche cosa, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno (primo comma). La pena era, invece, la reclusione da sei a venti anni e la multa da 1.032 a 3.098 euro se concorreva taluna delle seguenti circostanze: violenza o minaccia commessa con armi o da persona travisata, o da più persone riunite; violenza consistente nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire; violenza o minaccia posta in essere da persona che fa parte di associazione mafiosa (secondo comma).
L’estorsione è punita dal nuovo art. 629 c.p. – oltre che con la reclusione da 5 a 10 anni con la multa da 1.000 a 4.000 euro; la fattispecie aggravata del secondo comma con la multa da 5.000 a 15.000 euro.
L’articolo 5 della legge 3/2012 novella, infine, l’art. 135 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs 163/2006) stabilendo che - oltre per le altre fattispecie previste - anche la condanna irrevocabile dell'appaltatore per usura e riciclaggio comporta che il responsabile del procedimento debba proporre alla stazione appaltante la risoluzione del contratto.
Nel 2007 la legge 124 ha riordinato i servizi di informazione e sicurezza e la disciplina del segreto di Stato. A cinque anni dall'approvazione della riforma la legge 133 del 2012 ha apportato alcune modifiche alla legge 124.
La legge 133/2012 ha introdotto alcune modifiche significative alla disciplina dei servizi di informazione per la sicurezza, senza peraltro alterarne l’impianto, che rimane quello della riforma operata nella XV legislatura con la legge 124/2007.
Le integrazioni introdotte dalla legge sono principalmente indirizzate al rafforzamento dei poteri di controllo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir); tra queste si segnalano:
Tra le altre modifiche di rilievo si segnalano:
Il provvedimento origina da una proposta di legge di iniziativa parlamenare (A.C. 5284) che ha come primo firmatario il Presidente del Copasir. La proposta è stata elaborata sulla scorta dell’esperienza del Comitato, relativa all’attività quasi quinquennale successiva alla approvazione della legge 124/2007, che ha evidenziato l’opportunità di alcune modifiche.
Altre puntuali modifiche alla disciplina dei servizi di informazione erano state già apportate in precedenza da altri provvedimenti. In particolare, il decreto-legge 85/2008 (art. 1, commi 21 e 21-bis):
Il decreto-legge 78/2009 (art. 24, comma 73) ha escluso l’obbligo di nulla osta di sicurezza (NOS) per la trattazione delle informazioni classificate come “riservate” (livello minimo di segretezza), mentre l’obbligo permane per le classifiche più delicate: segretissimo, segreto e riservatissimo, e ha previsto l’emanazione di un apposito regolamento del Presidente del Consiglio in materia.
Il 20 dicembre 2012, poco prima dello scioglimento delle Camere, le Commissioni riunite I e VIII hanno approvato, con modificazioni, una proposta di legge di iniziativa parlamentare in materia di contratti pubblici segretati (A.C. 4063-A), di cui non è poi iniziato l’esame in Assemblea.
La proposta apporta alcune modifiche all'articolo 17 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006) che ha per oggetto appunto i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza, per i quali si prevede un regime derogatorio, che deve essere di volta in volta motivato, alla generale disciplina dei contratti pubblici.
La proposta di legge circoscrive l’ambito derogatorio, richiedendo ai fini di tali contratti la sussistenza del requisito dell’indifferibilità e urgenza e introducendo, per quelli delle amministrazioni statali, il controllo preventivo (oltre che successivo) della Corte dei conti che è tenuta ad esprimersi, non solamente sulla regolarità della gestione, ma anche sulla legittimità e la regolarità del’atto di segretazione.
Mentre era in corso l’esame della proposta di legge, il Codice è stato oggetto di alcune modifiche e integrazioni ad opera del D.Lgs. 208/2011, recante la disciplina dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva 2009/81/CE. Tra l’altro, il D.Lgs. 208/2011 ha modificato il citato art. 17 del Codice, mantenendo però inalterata la disposizione oggetto della novella della proposta di legge (art. 33, comma 3, D.Lgs. 208/2011).
La materia dei contratti segretati era già stata all’attenzione delle Commissioni I e VIII il 2 agosto 2011, quando hanno approvato una risoluzione (n. 8-00146) che ha evidenziato le considerazioni della Corte dei conti nella relazione concernente la gestione delle opere secretate del 22 novembre 2010, sulla genericità della dichiarazione di segretazione, sul ricorso in via generalizzata alla segretazione, sulla mancanza o genericità delle motivazioni del ricorso alla procedura stessa e sulle irregolarità nella gestione degli appalti. La risoluzione impegna il Governo ad un controllo sugli appalti in corso per i quali era stata disposta la procedura di segretazione, a fornire le opportune informazioni al Parlamento, nonché a circoscrivere il più possibile il ricorso alla segretazione anche dal punto di vista dei profili soggettivi, garantendone la trasparenza, a mettere a disposizione del Parlamento un elenco delle imprese aggiudicatarie degli appalti; promuovendo l'adozione di norme di immediata applicabilità e ipotizzando meccanismi di pubblicità relativamente al sistema degli incarichi dirigenziali.
Sui contratti secretati
Dall'avvio della XVI legislatura, il Parlamento ha dedicato grande attenzione al tema della sicurezza urbana, anche a seguito dell'emanazione di decreti-legge in materia tra i quali, in particolare, il D.L. n. 92/2008 e il D.L. n. 187/2010. Tra gli interventi previsti si ricordano l'ampliamento dei poteri di ordinanza del sindaco in materia e la facoltà di avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio. Presso la Commissione I della Camera dei deputati si è, altresì, svolta un'indagine conoscitiva su alcuni recenti fenomeni di protesta urbana organizzati in forma violenta.
Il decreto-legge 92/2008, parte di una serie articolata di misure legislative in materia di sicurezza approvate dal Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008 (il c.d. pacchetto sicurezza), ha previsto una serie misure tra le quali si citano i maggiori poteri riconosciuti ai sindaci per il controllo del territorio e per agire sul degrado urbano (art. 6); la cooperazione tra polizia municipale e forze di polizia (art. 7); il concorso delle forze armate nel controllo del territorio (art. 7-bis).
Le attribuzioni dei sindaci, in particolare, riguardano i poteri volti a prevenire e eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana e che possono condurre all’adozione, con atto motivato, di ordinanze contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento. Tali attribuzioni sono esercitate dal Sindaco in qualità di ufficiale di governo, ossia di organo del decentramento statale e, come tale, assoggettato ai poteri di gerarchia del prefetto (nei confronti del quale si prevede un vero e proprio obbligo di informazione preventiva in ordine all’attivazione dei poteri di sovrintendenza alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico) e del Ministro dell’interno.
L’ambito di applicazione della disposizione è stato fissato dal decreto del ministro dell’interno del 5 agosto 2008, che, orientando e circoscrivendo l’esercizio della discrezionalità amministrativa in materia, sottolinea come l’incolumità pubblica riguardi l’integrità fisica della popolazione mentre la sicurezza urbana sia “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell'ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
Intervenuta sulla materia a seguito di ricorso per denunciato contrasto con l’autonomia costituzionalmente garantita di enti territoriali, la Corte costituzionale ha dichiarato che spetta allo Stato definire le nozioni di “incolumita' pubblica” e di “sicurezza urbana” previste dalla legge, e individuare le situazioni in cui i sindaci sono autorizzati ad adottare provvedimenti di pubblica sicurezza e di ordine pubblico (sent. 196/2009).
Il citato decreto 5 agosto 2008 autorizza i sindaci a intervenire con ordinanze per prevenire e contrastare fenomeni (puniti anche sul versante penale), quali:
Il sindaco assicura la cooperazione fra le forze di polizia locali e statali, consentendo una maggiore partecipazione dell’amministratore locale alla tutela della sicurezza dei cittadini.
La polizia municipale – o il personale addetto ai servizi di polizia stradale, con qualifica di agente di pubblica sicurezza – può in conseguenza accedere agli schedari del CED (la banca dati delle Forze di Polizia) dei veicoli rubati e dei documenti d’identità rubati o smarriti e ai dati sui permessi di soggiorno.
Successivamente, l'articolo 8 del decreto-legge 187/2010, ha sostituito l'articolo 54, comma 9, del D.Lgs. 267/2000, prevedendo che il prefetto disponga le misure necessarie per il concorso delle forze di polizia per assicurare l'attuazione delle ordinanze sindacali. Tale novella ha mantenuto fermo il potere di ispezione in capo al prefetto.
I patti sono interventi concreti sul territorio, definiti da protocolli e programmi congiunti, condivisi tra la prefettura, il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il comune e la provincia. L’art. 7 del D.L. 92/2008 ha esteso la predisposizione di piani coordinati di controllo del territorio, per specifiche esigenze, anche ai comuni minori e alle forme associative sovracomunali, per potenziare la capacità di intervento della polizia locale nelle attività ordinarie.
Lo sviluppo di forme pattizie e collaborative finalizzate alla realizzazione di politiche integrate di sicurezza tra enti territoriali ed autorità di pubblica sicurezza ha assunto particolare rilevanza attraverso la valorizzazione dei patti per la sicurezza, sottoscritti nel nostro Paese fin dal 1997. La base normativa di questi strumenti risiede nell’art. 1, co. 439, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) che ha autorizzato i prefetti a stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali per incrementare i servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la tutela della sicurezza dei cittadini, accedendo alle risorse logistiche, strumentali o finanziarie che le regioni e gli enti locali intendono destinare nel loro territorio per questi scopi. Sulla base di tale previsione è stato stipulato, nel marzo 2007, un Patto per la sicurezza tra il Ministero dell’Interno e l’ANCI, che coinvolge tutti i comuni italiani e, nell’ambito di questo accordo cornice, un’intesa per la sicurezza delle aree urbane con i sindaci delle città sedi di aree metropolitane. Il Patto con l’ANCI costituisce l’accordo quadro di riferimento per sviluppare gli accordi e le iniziative congiunte da realizzarsi in collaborazione tra gli enti locali e il Ministero dell’interno.
Dalla fine del 2006 sono stati sottoscritti 71 patti per la sicurezza tra il ministro dell’interno e i rappresentanti delle istituzioni locali.
In materia di polizia locale si segnala l’esame in Commissione Affari costituzionali del Senato, di sei proposte di legge in materia, fra cui l’A.S. 272 che ripropone la proposta di legge adottata nel 2003 dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, dagli organi rappresentativi dell’UPI e dal Consiglio nazionale dell’ANCI.
Alcuni provvedimenti d’urgenza hanno introdotto la possibilità, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, di ricorrere alle Forze armate, in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia, per lo svolgimento di compiti di vigilanza su siti istituzionali e obiettivi sensibili e per il presidio del territorio.
In primo luogo, l’art. 7-bis del D.L. 92/2008 ha consentito l’utilizzo da parte dei prefetti di un contingente massimo di 3.000 militari per una durata massima di sei mesi, rinnovabile una sola volta. Successivamente, l’art. 2 del D.L. 151/2008, ha autorizzato l’impiego, fino al 31 dicembre 2008 di ulteriori 500 unità nelle aree ove si ritenesse necessario assicurare, in presenza di fenomeni di emergenza criminale, un più efficace controllo del territorio.
In seguito l’art. 24, comma 74, del D.L. 78/2009 ha autorizzato la proroga, dal 4 agosto 2009, del piano di impiego delle Forze armate nel controllo del territorio in concorso con le Forze di polizia; la proroga, nello specifico, poteva essere disposta per ulteriori due semestri, con incremento del contingente di 1.250 militari, per un totale complessivo di 4.250 unità.
Da ultimo, il D.L. 95/2012 consente di prorogare, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2013, gli interventi di impiego del personale delle Forze armate impiegate nelle operazioni di controllo del territorio.
La legge 94/2009 introduce la facoltà per il sindaco, previa intesa con il prefetto, di avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio. Le associazioni – da iscrivere in un apposito elenco provinciale istituito in ciascuna prefettura - possono segnalare alle forze di polizia eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale (quest’ultima ipotesi è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzione per violazione della competenza regionale residuale nella materia “servizi sociali”, sen. 226/2010). I sindaci si avvalgono in via prioritaria delle associazioni costituite tra gli appartenenti, in congedo, alle Forze dell’ordine, alle Forze armate e agli altri Corpi dello Stato. La norma è stata illustrata dal Ministro dell’interno alla Camera nella seduta del 18 marzo 2009. L'8 agosto 2009 è stato emanato il decreto ministeriale che ha determinato gli ambiti operativi e i requisiti richiesti alle associazioni operanti sul territorio. Il sindaco, se intende avvalersi della collaborazione delle associazioni, deve emanare apposita ordinanza. Successivamente, può stipulare convenzioni con le associazioni iscritte nell'elenco, volte ad individuare l'ambito territoriale e temporale in cui l'associazione è destinata a svolgere la propria attività nonché a disciplinare il piano d'impiego contenente i presupposti oggettivi per effettuare le segnalazioni alla polizia locale e alle Forze di polizia dello Stato. Il contenuto delle convenzioni viene concordato con il Prefetto competente per il territorio, sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
È, invece, entrata in vigore la disposizione, già contenuta nel disegno di legge sicurezza e trasfusa nel D.L. 11/2009, che autorizza i comuni ad impiegare sistemi di videosorveglianza nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, a fini di tutela della sicurezza urbana.
Nella XVI legislatura è stata approvata con il D.L. 59/2012 la riforma del Sistema nazionale di protezione civile, finalizzata a recuperare l'originaria vocazione di struttura per l'intervento di emergenza e a limitare a particolari tipologie di eventi calamitosi la necessità di impiego di mezzi e risorse. In relazione alle emergenze che hanno colpito il Paese in questi anni, sono state introdotte disposizioni tese a recuperare risorse umane e finanziarie per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo per tale struttura alcune deroghe alle misure generali di razionalizzazione e contenimento della spesa.
Nel corso della XVI Legislatura sono stati approvati alcuni provvedimenti di rilievo, che hanno inciso in maniera significativa sull’assetto ordinamentale del Servizio nazionale di Protezione civile, istituito e disciplinato dalla L. 225/1992.
Un primo tentativo di riforma si è avuto con il D.L. 195/2009, che recava disposizioni urgenti volte a far cessare determinate situazione di emergenza (i rifiuti nella regione Campania e la fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo). Tale decreto prevedeva, all'articolo 16, la costituzione della Protezione civile servizi s.p.a., interamente partecipata dallo Stato, per lo svolgimento delle funzioni strumentali del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri; la norma è stata soppressa in sede di conversione. Ha invece, espletato la propria efficacia, la disposizione di cui all’articolo 15 che ha istituito in via temporanea, fino al 31 dicembre 2010, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, a figura del Sottosegretario di Stato per il coordinamento degli interventi di prevenzione in ambito europeo ed internazionale rispetto ad eventi di interesse di protezione civile, individuato nella persona del Capo del dipartimento della protezione civile pro tempore.
Sulla materia è tornato, in chiusura di legislatura, il D.L. n. 59/2012, che ha ampiamente modificato la L. 225/1992, con la finalità di restituire alla funzione di protezione civile la sua tradizionale connotazione, riconducibile in prevalenza alla necessità di fronteggiare gli eventi calamitosi, impedendo che l'oggetto della normativa di emergenza ricomprenda fattispecie non attinenti all'organizzazione ed allo svolgimento di servizi di soccorso ed assistenza.
In particolare, la riforma:
A seguito di tale decreto è stata emanata una direttiva della Presidenza del Consigli, 26 ottobre 2012, tesa a offrire ulteriori indirizzi per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri da adottare ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della L. n. 225/1992 e per la predisposizione delle ordinanze di cui al comma 2 del medesimo articolo.
Il D.L. 59/2012 contiene altresì disposizioni volte a rendere più incisivi gli interventi per fronteggiare le emergenze (si veda D.L. 59/2012 - Riordino della protezione civile).
Nella XVI legislatura non sono stati approvati interventi legislativi di carattere generale riguardanti i Vigili del fuoco e l’assetto normativo vigente non ha subito innovazioni significative. Tuttavia si registrano alcune disposizioni in materia contenute all’interno di provvedimenti intersettoriali. Tali disposizioni hanno riguardato prevalentemente il personale e le risorse per gli interventi del Corpo.
L’articolo 19 della L. 183/2010 ha introdotto il riconoscimento normativo della specificità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (oltre che delle Forze armate e delle Forze di polizia), la quale concerne sia l’attività svolta sia lo stato giuridico del relativo personale. Detta specificità è riconosciuta, in particolare, ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale. La connotazione in termini di specificità discende dalla considerazione della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché dei peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e dei correlati impieghi in attività usuranti. Il c.d. collegato lavoro, inoltre, reca una delega per l’armonizzazione del sistema di tutela previdenziale e assistenziale applicato al personale permanente in servizio nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al personale volontario, da attuare entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge (art. 27, co. 7). Il Governo su questa materia ha predisposto uno schema di regolamento che è stato presentato alle Camere successivamente al loro scioglimento (atto n. 541). Le Competenti commissioni parlamentari non si sono convocate per l’esame dell’atto che non è stato successivamente adottato in via definitiva dal Governo.
Sempre in relazione al personale del Corpo rileva l’insieme delle disposizioni che hanno autorizzato nel corso della legislatura assunzioni in deroga ai limiti previsti dalla normativa generale (art. 61, co. 22, D.L. 112/2008; art. 17, co. 35-sexies e 35-septies, D.L. 78/2009; art. 2, co. 206-210, L. 191/2010). In particolare, l’articolo 66, comma 9-bis, D.L. 112/2008 ha previsto un regime permanente e speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, derogatorio rispetto a quello generale. In tal senso, a decorrere dal 2010, tali amministrazioni potevano procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. Tale regime è stato modificato, da ultimo, dall’articolo 14, co. 2, D.L. 95/2012, prevedendo:
Le amministrazioni provvedono a destinare a servizi effettivamente operativi un numero di unità di personale non inferiore a quello corrispondente alle minori assunzioni derivanti dalla nuova normativa. Inoltre, si prevede che i dipendenti di età inferiore a 32 anni, salvo casi eccezionali, devono essere utilizzati nei servizi operativi e si sottopone a revisione la nozione di “servizi operativi” secondo le linee guida definite con D.P.C.M.
Per quanto concerne il trattamento economico dei Vigili, sono state approvate alcune disposizioni relative alla corresponsione di indennità, tra cui:
Obiettivi di risparmio della spesa pubblica sono stati perseguiti con interventi sul trattamento giuridico ed economico del personale volontario dei Vigili del fuoco. A tale riguardo, si ricorda che la legge di stabilità 2012 (L. 183/2011, art. 4, co. 10) aveva ridotto la spesa per la retribuzione del personale volontario dei vigili del fuoco, in misura pari a 57,7 milioni di euro per il 2012 e 30 milioni a decorrere dal 2012. Tale taglio della spesa è stato successivamente ridimensionato a 30 milioni di euro dall’art. 4 del D.L. 79/2012. Ancora in riferimento al personale volontario, la L. 183/2011:
Mentre, il D.L. 79/2012 (all’art. 4, co. 2-bis), ha esteso al personale volontario il regime di assunzione obbligatoria dei familiari dei vigili del fuoco deceduti o divenuti inabili in servizio, introducendo tuttavia alcune significative differenze e limitazioni.
Tra le misure ritenute necessarie a far fronte alle carenze di organico dei Vigili del fuoco, si segnala l’articolo 3, D.L. 79/2012 che ha introdotto, da ultimo, norme relative alla semplificazione dell’accesso alle strutture operative del Corpo, al fine di implementarne la funzionalità, attraverso procedure straordinarie di reclutamento per l’ammissione ai ruoli di caposquadra e capo reparto del Corpo.
In relazione alle disposizioni di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, merita segnalare che il legislatore ha escluso le strutture del Corpo dei vigili del fuoco, insieme con quelle del comparto sicurezza, dall’applicazione delle misure di riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche, disposte ripetutamente per tutte le amministrazioni statali nel corso della legislatura (si v., in proposito: art. 74, co. 6-bis, D.L. 112/2008; art. 16, co. 6-bis, D.L. 39/2009; art. 2, co. 8-quinquies, D.L. 194/2009; art. 1, co. 5, D.L. 138/2011; art. 2, co. 7, D.L. 95/2012). In chiusura di legislatura, il D.L. n. 95/2012 ha escluso l’applicazione del divieto, dal 2013, di effettuare spese di ammontare superiore al 50% della spesa sostenuta nell'anno 2011 per autovetture e buoni taxi, in favore delle autovetture utilizzate dai vigili del fuoco.
Per quanto concerne l’assetto delle strutture del Corpo, si segnala che nel corso della legislatura, il D.L. n. 59/2012, all’art. 1, co. 2, ha disposto il trasferimento della flotta aerea antincendio della Protezione civile al Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno, mentre il centro operativo aereo unificato (COAU) rimane alle dipendenze della Protezione civile. L’art. 3-bis del successivo D.L. 79/2012 prevede che tale Dipartimento assicuri, a decorrere dal 2013, il coordinamento tecnico e l'efficacia operativa sul territorio nazionale delle attività di spegnimento con la flotta aerea antincendio. A tal fine, il Dipartimento si avvale di un'apposita sezione del centro operativo nazionale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, integrata dai rappresentanti delle amministrazioni statali che partecipano con effettivo concorso di personale o mezzi alle attività aeree di spegnimento. Le attività descritte sono esercitate nel quadro delle direttive emanate dal Presidente del Consiglio ovvero dal Ministro o Sottosegretario da lui delegato.
Altri provvedimenti urgenti, legati al verificarsi di gravi emergenze, sono intervenuti sulla disciplina dei vigili del fuoco, soprattutto al fine di reperire risorse finanziarie per lo svolgimento e la prosecuzione degli interventi di soccorso e delle attività necessarie al superamento delle emergenze:
Una misura strutturale per il reperimento di risorse aggiuntive è quella contenuta nell’art. 4-bis, co. 3, D.L. 79/2012, la quale dispone che le attività rese dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ai fini del rilascio dell’abilitazione ai servizi antincendio negli aeroporti di aviazione generale e delle avio superfici siano prestate a titolo oneroso. Gli introiti derivanti dall’applicazione della disposizione sono destinati al finanziamento delle spese di formazione del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In merito, si segnala, peraltro, che la legge di stabilità 2012 (L. 183/2011, art. 4, co. 16) ha previsto il dimezzamento permanente (in un primo momento limitato al triennio 2011-2013) della durata dei corsi di formazione, per gli allievi vigili del fuoco (il corso diventa così di sei mesi), vice-ispettori antincendi (sei mesi), vice-direttori (un anno).
Si segnala, in conclusione, che non si è concluso l’esame di alcune proposte di legge in materia di riapertura delle graduatorie di concorsi per l’assunzione di vigili del fuoco e di stabilizzazione dei vigili del fuoco discontinui (A.C. 1150 e abb.).