Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Altri Autori: | Servizio Commissioni | ||
Titolo: | (Doc. 157) Misure per la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Verifica delle quantificazioni Numero: 209 | ||
Data: | 06/05/2015 | ||
Descrittori: |
| ||
Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato |
|
Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Verifica delle quantificazioni |
|
|
|
Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro
(Schema di decreto legislativo n. 157) |
|
N. 209 – 6 maggio 2015 |
La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato. La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione). L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.
|
( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it
SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione
( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it
Estremi del provvedimento
Atto n.:
|
157 |
Natura dell’atto:
|
Schema di decreto legislativo |
Titolo breve:
|
Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro
|
Riferimento normativo:
|
articolo 1, commi 8, 9 e 11, della legge 10 dicembre 2014, n. 183
|
Relatore per la Commissione di merito:
|
Martelli |
Gruppo: |
|
Relazione tecnica: |
|
Assegnazione
Alla
|
|
|
(termine per l’esame: 8 maggio 2015) |
|
|
Alla Commissione Bilancio |
ai sensi
|
|
(termine per l’esame: 8 maggio 2015)
|
|
|
|
|
|
|
INDICE
Oggetto, finalità e disposizioni finanziarie
ARTICOLI 5-6 e ARTICOLI 15 e 16, comma 1, lettera a)
Indennità di maternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata presso l’INPS
ARTICOLO 16, comma 1, lettera b)
Indennità di maternità per lavoratrici autonome e imprenditrici agricole
Indennità di maternità per libere professioniste
Disposizioni in materia di telelavoro
Congedo per le donne vittime di violenza di genere
Destinazione di risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata
PREMESSA
Lo schema di decreto legislativo in esame reca attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della L. 183/2014 (Delega in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro) in materia di sostegno alle cure parentali, revisione e aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Il provvedimento in esame si compone di 26 articoli ed è corredato di relazione tecnica, vidimata positivamente dalla Ragioneria generale dello Stato.
Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
ONERI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA
(euro)
Articolo |
Saldo netto da finanziare 2015 |
Indebitamento netto 2015[1] |
Articolo 2 |
48.000 |
34.000 |
Articolo 3 |
827.000 |
585.000 |
Articoli 5 e 15 |
2.354.200 |
2.110.000 |
Articoli 7, 9 e 10 |
92.928.800 |
44.260.110 |
Articolo 8 |
2.154.000 |
1.024.000 |
Articolo 13 |
314.000 |
314.000 |
Articolo 16 |
320.000 |
320.000 |
Articolo 23 |
5.054.000 |
3.800.000 |
TOTALE |
104.000.000 |
52.447.110 |
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
Oggetto, finalità e disposizioni finanziarie
Le norme specificano che lo schema di decreto legislativo in esame reca misure sperimentali volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori (articolo 1).
L’articolo 25, commi 2 e 3, dispone che le norme del decreto legislativo, con esclusione dell’articolo 24, si applichino in via sperimentale per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nel medesimo anno 2015. Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 è condizionato all’entrata in vigore di ulteriori decreti legislativi attuativi della delega di cui alla legge n.183/2014, che individuino un’adeguata copertura finanziaria (articolo 25, commi 2 e 3).
La relazione tecnica ribadisce che le norme del provvedimento in esame si applicano in via sperimentale esclusivamente per l’anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo e che l'eventuale riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 è condizionato all’entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino un’adeguata copertura finanziaria.
La RT precisa inoltre, in premessa, che, mentre nel settore privato dalle norme conseguono maggiori oneri per le gestioni previdenziali, nel caso del lavoratori dipendenti pubblici, sostituendosi la prevista indennità al trattamento retributivo, non deriverebbe, in linea generale, sul piano contabile, un maggior costo per la finanza pubblica, ma unicamente un incremento del costo del lavoro, tenuto conto della diminuzione della produttività fornita dai lavoratori tutelati. Pertanto l'assenza di oneri per le pubbliche amministrazioni si basa sul presupposto che le stesse amministrazioni interessate possano comunque sopperire alle esigenze connesse all'attività istituzionale attraverso l'impiego del personale in servizio e senza il ricorso a sostituzioni. Viceversa nel “comparto scuola”, a differenza del restante pubblico impiego, l'assenza del personale dal servizio genera l'obbligo di sostituzioni con altro personale. Va osservato che tale peculiarità non comporta un aggravio di spesa nello specifico settore, atteso che, anche per questo comparto, si conferma l'invarianza finanziaria del disposto normativo proposto. Ciò in quanto la norma in esame [art. 7, comma 1, lettera a)] comporta di fatto una diluizione di tale permesso in 12 anni piuttosto che in 8. Non si ravvedono, inoltre, ulteriori oneri all'articolo 2 comma 1, lettera b) che prevede il diritto per la madre, in caso di ricovero del neonato, di sospendere il congedo di maternità. A tale riguardo infatti va osservato che l'articolo 12, comma 3, del CCNL del “comparto scuola” prevede già, in caso di parto prematuro, la facoltà per la madre di richiedere di poter usufruire del congedo obbligatorio (congedo di maternità), post ed ante parto non goduto, a decorrere in tutto o in parte dalla data di effettivo rientro a casa del figlio. Alla luce di quanto sopra illustrato il provvedimento in esame risulta neutrale per il pubblico impiego.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che la RT e l’articolo 25 precisano che l’efficacia della normativa in esame – con l’eccezione dell’articolo 24, che trova applicazione per un triennio – è limitata all’esercizio 2015 in via sperimentale e che l’estensione agli esercizi successivi resta condizionata all’entrata in vigore dei decreti che individuino la relativa copertura. Tuttavia, le disposizioni sono quasi tutte formulate come novelle legislative, suscettibili in quanto tali di determinare oneri di carattere permanente. In proposito appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.
Inoltre, in linea generale andrebbe chiarito se la quantificazione degli oneri sia stata effettuata scontando la ridotta operatività delle stesse nel corso del 2015, orientativamente ipotizzabile in 7/12 del totale, o se gli oneri siano stati quantificati prudenzialmente considerando l’operatività delle norme nell’intero esercizio 2015.
Con riferimento alla disciplina in esame, la considerazione del ridotto ambito di applicazione della stessa nel corso dell’esercizio appare in particolare rilevante anche per la definizione della platea dei potenziali beneficiari.
Con riferimento al comparto scuola, nel quale l'assenza del personale dal servizio genera l'obbligo di sostituzioni con altro personale, si prende atto che la RT fornisce elementi volti ad escludere un aggravio di spesa relativamente all’articolo 7, comma 1, lettera a) (estensione del congedo parentale dall’ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino) e all'articolo 2 comma 1, lettera b) (sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del bambino). Tuttavia sarebbe utile acquisire analoghi elementi di valutazione con riferimento ad altre disposizioni del provvedimento che appaiono astrattamente idonee a determinare effetti finanziari per il possibile ricorso a supplenze.
Si fa riferimento, in particolare, all’articolo 5 (congedo di paternità in caso di padre lavoratore dipendente e di madre lavoratrice autonoma), all’articolo 8 (prolungamento del congedo parentale in presenza di figlio minore portatore di handicap) e all’articolo 23 (congedo per le donne vittime dei violenza di genere).
Normativa vigente. L’articolo 16, comma 1, del D. Lgs. 151/2001 dispone il divieto di adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, fermo restando che le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi ai sensi dell’articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre la data presunta, per il periodo intercorrente tra quest’ultima e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20;
d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
L’articolo 26 del medesimo decreto legislativo dispone altresì che tale congedo spetta, sempre per un periodo massimo di cinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore.
Le norme recano modifiche alla normativa in materia di congedo di maternità: in particolare, si dispone che, nel caso di parto anticipato, i giorni di maternità obbligatoria che la lavoratrice non ha goduto prima del parto possono essere aggiunti a quelli successivi alla nascita, anche se la somma dei due periodi supera il limite complessivo dei 5 mesi (attualmente tale possibilità è concessa, ma non si può superare il limite dei 5 mesi) (articolo 2, comma 1).
La relazione illustrativa chiarisce che si fa riferimento ai casi patologici di parti fortemente prematuri, in cui il bambino nasce più di due mesi prima dell'inizio del congedo obbligatorio.
Nel caso in cui il neonato venga ricoverato in una struttura durante l’astensione obbligatoria, la madre può chiedere, una sola volta per ogni figlio, la sospensione del congedo di maternità (articolo 2, comma 2). Tale facoltà può essere esercitata anche nel caso di congedo per adozione o affidamento (articolo 4).
Si dispone infine che l’indennità di maternità venga corrisposta anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa, derivante da colpa grave della lavoratrice, che si verifichi durante i periodi di congedo di maternità (articolo 3).
L’articolo 22 del D.Lgs. 151/2001 dispone che le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione per tutto il periodo di congedo di maternità. L'indennità decorre dal primo giorno di assenza obbligatoria dal lavoro ed è corrisposta, secondo specifiche modalità e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie[2].
Per quanto concerne il trattamento previdenziale per congedo di maternità, ai sensi dell’articolo 25 del D.Lgs. 151/2001 non è richiesta, in costanza di rapporto di lavoro, alcuna anzianità contributiva pregressa ai fini dell'accreditamento dei contributi figurativi per il diritto alla pensione e per la determinazione della misura stessa, mentre i periodi corrispondenti al congedo di maternità (astensione obbligatoria di cui agli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 151/2001) verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata.
La relazione tecnica, con riferimento all’articolo 2, comma 1, afferma che le ipotesi adottate sono le seguenti:
· da un rapporto dell'Istituto superiore di sanità del 2008 il numero di parti avvenuti prima della 29ma settimana è risultato pari a 56;
· la percentuale dei parti di lavoratrici dipendenti di cui al punto precedente è ipotizzata pari al 50%;
· la retribuzione media giornaliera è considerata pari a 75 euro;
· il numero delle giornate di anticipo della prestazione rispetto all'inizio del congedo obbligatorio pari a 20 giorni.
Tenuto conto delle ipotesi adottate, l'onere per l'anno 2015 risulta pari a circa 34.000 euro in termini di maggiori prestazioni e 14.000 euro in termini di maggiore contribuzione figurativa.
Per quanto attiene all’articolo 3, la RT ricorda preliminarmente che la Corte costituzionale, con sentenza n. 405/2001, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, comma 1, del D. Lgs. 151/2001, nella parte·in cui esclude la corresponsione dell'indennità di maternità nell'ipotesi prevista dall'art. 54, comma 3, lettera a), dello stesso decreto, ovvero in caso di licenziamento intimato per colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro. Con la modifica normativa si recepisce quanto affermato dalla Corte costituzionale. Ai fini della valutazione dell’onere, le ipotesi adottate sono le seguenti:
· dalla rilevazione condotta sull'archivio UNIEMENS è emerso che il numero dei lavoratori licenziati per giusta causa o giustificato motivo soggettivo risulta circa di 150 soggetti all'anno;
· il periodo residuo di maternità non ancora goduto all'atto del licenziamento è assunto pari a 2,5 mesi;
· la retribuzione media giornaliera considerata è pari a 75 euro.
Tenuto conto delle ipotesi adottate, l'onere per l'anno 2015 risulta pari a circa 585.000 euro in termini di maggiori prestazioni e a circa 242.000 euro in termini di maggiore contribuzione figurativa.
Relativamente all’articolo 4, in tema di rinvio e sospensione del congedo applicati anche ai casi di adozione e affidamento, la RT afferma che, trattandosi di una norma che consente la ripresa anticipata dell'attività lavorativa, non si evidenziano oneri aggiuntivi.
Relativamente all’articolo 2, comma 2, che introduce la facoltà per la madre di chiedere la sospensione del congedo nel caso in cui il neonato venga ricoverato in una struttura durante l’astensione obbligatoria, la RT ribadisce il contenuto delle norme.
Si ribadisce inoltre che la RT non ravvede ulteriori oneri all'articolo 2 comma 1, lettera b), che prevede il diritto per la madre, in caso di ricovero del neonato, di sospendere il congedo di maternità. A tale riguardo infatti va osservato che l'articolo 12, comma 3, del CCNL del “comparto scuola” prevede già, in caso di parto prematuro, la facoltà per la madre di richiedere di usufruire del congedo obbligatorio (congedo di maternità), post ed ante parto, non goduto, a decorrere in tutto o in parte dalla data di effettivo rientro a casa del figlio. Alla luce di quanto sopra illustrato il provvedimento in esame risulta neutrale per il pubblico impiego.
Al riguardo, per quanto riguarda le modifiche in materia di congedo di maternità in caso di parto anticipato, di cui all’articolo 2, comma 1, si osserva che la quantificazione operata dalla relazione tecnica appare sostanzialmente congrua rispetto ai parametri in essa riportati.
Atteso che il dato riferito al numero di parti avvenuti prima della 29ma settimana risale all’anno 2008, appare peraltro utile una conferma del medesimo ordine di grandezza negli anni successivi.
In merito agli articoli 2 e 3, la diversa modulazione dell’onere sul saldo netto da finanziare e sul saldo di indebitamento è giustificato dalla mancata inclusione in quest’ultimo saldo dell’onere per contribuzione figurativa, che resta a carico dello Stato.
Con specifico riferimento all’articolo 3, la RT afferma che la disposizione in esso contenuta recepisce la sentenza n. 405/2001 della Corte costituzionale, determinando conseguenti oneri quantificati nella stessa relazione. Non appare peraltro chiaro quale disciplina sia stata applicata nel periodo successivo alla predetta sentenza. Inoltre, si osserva che la normativa in esame si applica per il solo 2015 e che i relativi oneri sono quantificati con esclusivo riferimento a tale esercizio, mentre l’esigenza di conformità alla predetta pronuncia della Corte determina oneri di carattere permanente. In proposito appare utile acquisire l’avviso del Governo.
ARTICOLI 5-6 e ARTICOLI 15 e 16, comma 1, lettera a)
Normativa vigente. L’articolo 28 del D. Lgs. 151/2001 dispone che il padre lavoratore abbia diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
L’articolo 66 dispone altresì che alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali, alle imprenditrici agricole a titolo principale, nonché alle pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne, sia corrisposta una indennità giornaliera per il periodo di gravidanza.
Le norme dispongono modifiche ed integrazioni ai suddetti articoli 28 e 66 del D. Lgs. 151/2001. In particolare, le disposizioni:
· introducono il comma 1-bis dell’articolo 28, prevedendo che il padre possa usufruire del congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità, o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, anche se la madre è una lavoratrice autonoma, con diritto all’indennità di maternità [articolo 5, comma 1, lettera a), capoverso 1-bis];
· introducono il comma 1-ter dell’articolo 28, disponendo che al padre, lavoratore autonomo, spetti l’indennità di maternità, per tutta la durata del congedo di maternità, o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre [articolo 5, comma 1, lettera a), capoverso 1-ter];
· introducono il comma 1-bis dell’articolo 66, prevedendo che l’indennità di maternità spetti al padre, lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre, lavoratrice autonoma, o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (articolo 15);
· sono quindi introdotte conseguenti modifiche procedurali all’articolo 67 [articolo 16, comma 1, lettera a)].
Si prevede altresì che il congedo di maternità non retribuito, di cui all’articolo 26, comma 4, del D. Lgs. 151/2001, previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all’estero richiesto in caso di adozione internazionale, possa essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice (articolo 6).
La relazione tecnica afferma preliminarmente che le disposizioni recano modifiche all'articolo 28 del D.Lgs. 151/2001,. in analogia a quanto previsto nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti. In particolare, si prevede:
- il caso di lavoratore dipendente che usufruisce del congedo di paternità (art. 28, comma 1) anche se la madre è lavoratrice autonoma;
- il caso di lavoratore autonomo che usufruisce dell'indennità di paternità nel caso di madre lavoratrice dipendente. Il beneficio è previsto per le medesime causali di cui all'articolo 28, comma 1.
L’articolo 15 modifica l'articolo 66 del T.U. prevedendo, nel caso in cui entrambi i lavoratori siano autonomi, il diritto per il padre di usufruire dell'indennità di paternità in alternativa alla madre. Il beneficio è disposto per le medesime causali di cui all'articolo 28, comma 1.
La RT afferma altresì che dalla rilevazione condotta sugli archivi dell'Istituto è stata desunta la distribuzione per età e sesso del beneficiari di indennità di maternità, dalla quale è emerso che:
- il numero di lavoratrici autonome beneficiarie del trattamento di maternità è annualmente pari a 20.000 unità con un età media di 34 anni;
- il numero di lavoratrici dipendenti pubbliche e private beneficiarie del trattamento di maternità è annualmente pari a 275.000 unità con un età media di 34 anni;
- una frequenza media pari a 0,75% che si verifichino le condizioni di applicabilità degli articoli 28 e 66 del D. Lgs. 151/2001, stimata sulle base delle attuali evidenze amministrative;
- la retribuzione media annua per l'indennità degli uomini dipendenti è pari a 25.000 euro annui;
- il minimale contributivo giornaliero vigente per gli impiegati dell'artigianato e del settore del commercio (pari a 47,68 euro per l'anno 2015);
- la durata media del beneficio è pari a 3 mesi.
Tenuto conto delle ipotesi adottate l'onere per maggiori prestazioni risulta pari a:
- 592.000 euro per la prima casistica (padre lavoratore dipendente e madre autonoma);
- 1.415.000 euro per la seconda casistica (padre lavoratore autonomo e madre dipendente);
- 103.000 euro per la terza casistica (padre e madre lavoratori autonomi).
Con riferimento all’articolo 6, la RT afferma che, trattandosi di un congedo non retribuito, la disposizione non comporta oneri aggiuntivi.
Al riguardo, si prende atto delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica. Al fine di procedere a una verifica delle stesse, andrebbero tuttavia forniti tutti i parametri sottostanti tali stime, ivi compresa l’incidenza dei padri lavoratori autonomi per le diverse casistiche individuate. Si rileva inoltre che la somma degli oneri riportati nella RT corrisponde a quanto imputato nella tabella di sintesi, relativa agli oneri complessivi derivanti dal provvedimento, sul saldo di indebitamento netto (2.110.000 euro). In base alla medesima tabella, l’onere indicato in termini di saldo netto da finanziare corrisponde a 2.354.200 euro: andrebbe precisato se detta differenza sia imputabile alla maggiore contribuzione figurativa e, in tal caso, quali siano i parametri sottostanti la stima di tale onere.
Per quanto attiene al congedo di paternità non retribuito per il periodo di permanenza all’estero richiesto in caso di adozione internazionale, andrebbe acquisita conferma che detto congedo si configuri come interruzione di servizio, senza pertanto la corresponsione da parte dell’INPS della contribuzione figurativa.
Normativa vigente. L’articolo 32 del D. Lgs. 151/2001 dispone che abbia diritto di astenersi dal lavoro nei primi 8 anni di vita del bambino, con un limite complessivo massimo di 10 mesi:
a) la madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità (astensione obbligatoria), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
b) il padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi;
c) il genitore solo, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
L’articolo 33 dispone che per ogni minore con handicap la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, abbiano diritto, entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
L’articolo 34 riconosce alle lavoratrici e ai lavoratori, fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. Per i periodi di congedo parentale ulteriori è dovuta un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. L'indennità per congedo parentale non spetta ai lavoratori dipendenti che, durante la fruizione del congedo stesso, intraprendano una nuova attività lavorativa.
L’articolo 35, comma 3, dispone che i periodi di congedo parentale posteriori al terzo anno di vita del bambino, compresi quelli che non danno diritto al trattamento economico, sono coperti da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con riscatto oppure con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.
L’articolo 36 dispone infine che il congedo parentale spetti anche nel caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento, che può essere fruito qualunque sia l’età del minore, entro otto anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età. L’indennità di cui all’ articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo ivi previsto, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia.
Le norme recano modifiche in materia di congedi parentali. In particolare, le disposizioni:
· modificano l’articolo 32 del D. Lgs. 151/2001, estendendo il periodo massimo di fruibilità del congedo parentale dall’ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino. Vengono altresì modificati gli articoli 33 e 36 del medesimo decreto 151 prevedendo che lo stesso termine di dodici mesi si applichi anche in caso di adozione e affidamento (dall’entrata del minore in famiglia) e di prolungamento del congedo parentale in presenza di figlio minore portatore di handicap [articoli 7, comma 1, lettera a), 8 e 10, comma 1, lettera a)];
· estendono, anche nei casi di adozione e affidamento, dal terzo al sesto anno di vita del bambino (o entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia) il periodo di indennizzo previsto, nella misura del 30%, per l’utilizzo del congedo parentale. Dal sesto all’ottavo anno di età è dovuta un'indennità pari al 30% della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Nei casi di adozione e affidamento, l’indennità è dovuta entro i sei anni dall’ingresso del minore in famiglia [articoli 9 e 10, comma 1, lettera b)];
· viene prevista la possibilità per ciascun genitore di scegliere tra la fruizione giornaliera o oraria.
La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.
È esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi previsti dal provvedimento in esame [articolo 7, comma 1, lettera b)]
La relazione tecnica afferma preliminarmente che gli articoli sono stati valutati congiuntamente in quanto gli effetti dell'abbattimento del limiti di reddito e dell'estensione del periodo di fruibilità del congedo parentale sono strettamente collegati. Inoltre la platea interessata è coincidente e non vi è in archivio la possibilità di evidenziare i soli casi di affidamento o adozione.
In riferimento all’articolo 7, la RT precisa che le norme modificano l'articolo 32 del D. Lgs. 151/2001, concernente il congedo parentale, mediante: l'estensione da 8 anni a 12 anni di vita del bambino dell'arco temporale di fruibilità del congedo parentale (la cui durata resta comunque invariata). Viene inoltre prevista una disciplina suppletiva della fruizione del congedo in assenza di contratti collettivi. La novella appare necessaria in quanto, ad oggi, soltanto pochi CCNL hanno provveduto a regolamentare la fruizione del congedo parentale su base oraria.
Per quanto riguarda l’articolo 9, la RT afferma che si interviene a modificare l'articolo 34 del T.U. avente ad oggetto il trattamento economico e normativo in caso di congedo parentale, prevedendo che sino al sesto anno di età del bambino, le lavoratrici e i lavoratori abbiano diritto di fruire dell'indennità senza limitazioni di reddito. La durata del periodo di congedo fruibile non cambia.
Per quanto riguarda la valutazione dell’onere, le ipotesi adottate per l’individuazione dei genitori attualmente in fruizione del congedo oltre i primi sei mesi sono:
- dalla rilevazione condotta sull'archivio UNIEMENS è emerso che le giornate medie individuali di congedo parentale fruite nell'anno risultano approssimativamente pari a 15;
- i beneficiari di congedi parentali disciplinati dall'art. 34, comma 3, del D.Lgs. 151/2001 (oltre i 6 mesi entro i 3 anni di vita del bambino ovvero fruiti fra il 3° e 1'8° anno) pari a 24.900;
- la percentuale di beneficiari che superano 2,5 volte il trattamento minimo pari a 75%;
- la retribuzione media giornaliera pari a 75 euro.
Tenuto conto delle ipotesi adottate l'onere annuo risulta pari a circa 6.500.000 euro, in termini di maggiori prestazioni. I maggiori oneri in termini di contribuzione figurativa sono stimabili in circa 7.210.000 euro.
Le ipotesi adottate per i nuovi potenziali beneficiari derivanti da coloro che attualmente sono in fruizione del primi sei mesi di congedo parentale:
- beneficiari attuali congedi parentali disciplinati dall'art. 35, comma l, D.Lgs.n.l51/2001 (6 mesi entro i 3 anni di vita del bambino) pari a 231.000;
- numero ulteriori giorni annui di fruizione pari a 15;
- retribuzione media giornaliera pari a 75 euro;
- un effetto propensione a seguito dell'estensione del periodo di fruizione pari al 50%.
Tenuto conto dell'ampliamento delle classi di età si perviene ad un maggiore onere annuo per prestazioni pari a circa 44.250.000 euro per maggiori prestazioni e in circa 48.650.000 euro in termini di contribuzione figurativa.
L'onere annuo complessivo degli articoli 7,9 e 10 risulta pari a 50.800.000 euro in termini di maggiori prestazioni e a 55.860.000 euro in termini di contribuzione figurativa.
Tenuto conto dei tempi di entrata in vigore della disposizione e, in particolare, del necessario periodo di start-up anche in termini di conoscenza della stessa e di relativo adeguamento, per l'anno 2015 i sopra indicati oneri sono valutati in misura ridotta e pari rispettivamente a 44.260.110 euro in termini di maggiori prestazioni e 48.668.690 euro in termini di contribuzione figurativa, per un totale di 92.928.800 euro.
Con riferimento all’articolo 8, le ipotesi adottate sono le seguenti:
· numero medio di giornate individuali di prolungamento del congedo parentale fino a 8 anni di vita del bambino con handicap (articolo 33, comma 1, del DL 151/2001): 65 giorni;
· beneficiari di congedo parentale per figli portatori di handicap: circa 1.100;
· retribuzione media giornaliera: 75 euro.
Ipotizzando un’uniforme distribuzione dei beneficiari per età del bambino, la RT considera circa 140 soggetti che estendono il congedo per ulteriori 4 anni.
In via prudenziale, la RT – tenuto conto del possibile maggiore ricorso alla prestazione – ha effettuato il calcolo dell’onere con riferimento a 700 soggetti per un maggiore onere per prestazioni pari a euro 1.024.000 e pari a 1.130.000 per contribuzione figurativa, per un totale di 2.154.000 euro sul saldo netto da finanziare.
Al riguardo, si prende atto delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica, che peraltro non fornisce tutti i parametri necessari per una verifica delle medesime stime. In particolare, non è nota la distribuzione dei genitori potenzialmente interessati sulla base delle fasce di età del bambino (primi 3 anni di vita oppure tra 3 e 8 anni).
Le norme introducono la lettera b-bis) all’articolo 53, comma 2, del D. Lgs. 151/2001, estendendo alla lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore (nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età) o, in alternativa e alle stesse condizioni, al lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa, l’esclusione dall’obbligo di svolgere lavoro notturno.
La relazione tecnica afferma che la modifica in esame non comporta oneri aggiuntivi.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione.
Le norme modificano l’articolo 55 del D. Lgs. 151/2001, in materia di dimissioni. Le disposizioni modificate specificano che in caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento (fino al compimento di un anno di età del bambino), la lavoratrice e il lavoratore non sono tenuti al preavviso.
La relazione tecnica afferma che la norma è volta a coordinare il comma 1 e il comma 5 dell'art. 55 del T.U. in relazione all'obbligo d! preavviso in caso di dimissioni volontarie. Pertanto la modifica non comporta oneri aggiuntivi.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione.
Indennità di maternità per le lavoratrici iscritte alla Gestione separata presso l’INPS
Le norme dispongono l’introduzione degli articoli 64-bis e 64-ter del D. Lgs. 151/2001, che prevedono che alle lavoratrici, iscritte alla Gestione separata, in caso di adozione e affidamento spetti un’indennità per i cinque mesi (anziché tre mesi) successivi all’ingresso effettivo del minore in famiglia.
Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, la norma recepisce la sentenza della Corte costituzionale 257/2012 che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 64, comma 2, del D. Lgs. 151/2001 nella parte in cui prevede per le lavoratrici iscritte alla gestione separata la fruizione dell’indennità per un periodo di 3 mesi anziché 5.
Si prevede altresì l’estensione del principio di automaticità dell’indennità di maternità, che spetta anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente.
La relazione tecnica afferma preliminarmente che le modifiche prevedono l'automaticità delle prestazioni di maternità al fine di salvaguardare il lavoratore interessato dal danno derivante dal mancato riconoscimento della prestazione connesso a inadempimenti contributivi a lui non imputabili, nonché l'equiparazione nella durata della indennità tra maternità biologica e maternità adottiva o affidataria.
Per quanto attiene alla valutazione dell’onere annuo, la RT afferma che, sulla base dei dati del biennio 2012-2013, sono stati considerati come valori dl riferimento per la valutazione sull'automaticità delle prestazioni un numero medio annuo di beneficiari di maternità pari a 7.300 lavoratori e un importo medio indennizzato per ogni evento pari a 5.300 euro. Dai dati di archivio risulta che ogni 100 lavoratori indennizzati, altri 20 hanno vista respinta la domanda: l'importo che non si è liquidato a tali lavoratori è di circa 7,7 milioni di euro. Nella valutazione si assume che in questa platea ricadano i lavoratori che hanno vista respinta la domanda perché il committente non ha versato la contribuzione dovuta. Per la stima degli oneri si è ritenuto di procedere come segue: si è rilevato dall'ultimo Rendiconto della Gestione che la voce "crediti aliquote contributive verso gli iscritti" è pari nel 2013 a circa 1,48 miliardi di euro, poco meno del 2% sull'attivo totale; si è quindi ipotizzato pari al 2% la percentuale di lavoratori che hanno vista respinta la domanda perché il committente non ha versato la contribuzione dovuta. Applicando tale percentuale si è quindi stimato in circa 154.000 euro l'onere.
Sulla base dei dati del triennio 2011-2013 sono stati considerati come valori dl riferimento per la valutazione su adozioni e affidamenti un numero medio annuo di beneficiari di maternità per adozioni e affidamenti pari a circa 50 lavoratori, ed un importo medio indennizzato per ogni evento pari a 4.800 euro, per complessivi 240.000 euro. Se il periodo indennizzato dovesse essere aumentato dagli attuali 3 mesi ai previsti 5 mesi, l'onere medio annuo aggiuntivo sarebbe pari a 160.000 euro.
Al riguardo, si rileva altresì che la quantificazione degli oneri appare congrua sulla base dei dati e delle ipotesi riportati nella RT.
Con riferimento all'automaticità delle prestazioni di maternità, sarebbe utile una conferma che la percentuale dei lavoratori cui è stata respinta la domanda corrisponda al 20 per cento del totale, come si desume dagli importi indicati dalla RT (anche se la stessa relazione parla di “altri 20” lavoratori rispetto a 100, e quindi letteralmente di 20 lavoratori su 120).
Appare inoltre necessario acquisire elementi in merito all’identico impatto dell’onere sul saldo netto da finanziare e sull’indebitamento netto, a differenza di quanto previsto per le altre norme, per le quali si prevede uno scostamento tra i due importi, imputabile alla contribuzione figurativa.
ARTICOLO 16, comma 1, lettera b)
Indennità di maternità per lavoratrici autonome e imprenditrici agricole
Le norme sostituiscono integralmente l’articolo 67, comma 2, del D. Lgs. 151/2001, intervenendo in materia di indennità di maternità, con particolare riferimento alle lavoratrici autonome e alle imprenditrici agricole. In particolare, le disposizioni estendono alle lavoratrici autonome e alle imprenditrici agricole il diritto all’indennità di maternità anche nel caso di adozione e affidamento con le stesse regole e condizioni previste per le altre lavoratrici (cinque mesi per l'adozione e tre mesi per l'affidamento, anziché i tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia come attualmente previsto).
La relazione tecnica afferma che, sulla base dei dati del triennio 2011-2013, sono stati considerati come valori di riferimento per la valutazione su adozioni e affidamenti un numero medio annuo di beneficiari pari a circa 140 lavoratori. Se il periodo indennizzato dovesse essere aumentato dagli attuali 3 mesi ai previsti 5 mesi, l'onere aggiuntivo sarebbe pari a 320.000 euro sulla base del minimale contributivo giornaliero vigente per gli impiegati dell'artigiano e del settore del commercio (pari a 47,68 euro per l'anno 2015).
Al riguardo, si osserva che la quantificazione appare sostanzialmente congrua sulla base dei dati e delle ipotesi riportati nella relazione tecnica.
Appare peraltro necessario acquisire elementi in merito all’identico impatto dell’onere sul saldo netto da finanziare e sull’indebitamento netto, a differenza di quanto previsto per le altre norme, per le quali si prevede uno scostamento tra i due importi, imputabile alla contribuzione figurativa.
Indennità di maternità per libere professioniste
Le norme recano modifiche agli articoli 70, 71 e 72 del D. Lgs. 151/2001, in materia di indennità di maternità per le libere professioniste.
In particolare, le disposizioni prevedono che il padre, libero professionista, possa usufruire del congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità, o per la parte residua che sarebbe spettata alla madre, libera professionista, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre (articolo 18).
Si dispone altresì anche per le libere professioniste che il diritto all’indennità di maternità, nel caso di adozione e affidamento, avvenga con le stesse regole e condizioni previste per le altre lavoratrici (cinque mesi per l'adozione e tre mesi per l'affidamento, anziché i tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia come attualmente previsto) (articolo 20).
La relazione tecnica afferma che le norme riguardano la tutela della maternità per le lavoratrici iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza. Dalle disposizioni non deriverebbero effetti negativi per la finanza pubblica nell'ipotesi di adeguamento da parte degli enti delle relative contribuzioni; tuttavia atteso il carattere sperimentale, il relativo effetto indotto in termini di maggiori prestazioni per il Conto delle PA è comunque conteggiato nell'ambito dei criteri di prudenzialità assunti nelle valutazioni effettuate in ragione degli istituti che interagiscono con le norme in esame.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che le disposizioni in esame prevedono la possibilità per il padre, libero professionista, di disporre dell’indennità di maternità nel caso di morte o di grave infermità della madre, parimenti libera professionista, nonché di abbandono o in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Tale possibilità configura l’incremento delle prestazioni a carico delle varie casse previdenziali, soggetti che rientrano nell’elenco delle pubbliche amministrazioni ai fini del conto economico consolidato. La RT non fornisce una quantificazione dei maggiori oneri, rimandando, in funzione compensativa, ad un possibile incremento dell’onere contributivo a carico di tali iscritti. In proposito, andrebbe acquisita conferma della possibilità di assicurare l’allineamento temporale tra l’insorgenza dei maggior oneri e l’afflusso di maggiori entrate contributive, al fine di suffragare l’invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
Con riferimento a quanto successivamente affermato nella RT, in merito alla riconducibilità delle maggiori prestazioni per la PA nell’ambito dei criteri di prudenzialità assunti nelle valutazioni effettuate in ragione degli istituti che interagiscono con le norme in esame, si prende atto di tale valutazione. Tuttavia, sarebbe utile acquisire dati in merito alle grandezze finanziarie interessate, al fine di verificare l’invarianza complessiva dei predetti oneri.
Disposizioni in materia di telelavoro
La norma dispone che i datori di lavoro, che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi connessi all’esigenza di cure parentali beneficiano dell’esclusione dei lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti.
La relazione tecnica, oltre a descrivere la norma, precisa che il beneficio consiste nell'esclusione dei lavoratori in parola dal computo di limiti numerici previsti per l'applicazione di previsioni normative legate alla consistenza della base occupazionale e che la stessa non comporta oneri finanziari.
Al riguardo, tenuto conto del tenore delle disposizioni, che assumono portata generale, appare opportuno acquisire elementi di valutazione al fine di escludere che le medesime, connesse all’applicazione di particolari fattispecie connesse alla numerosità della base occupazionale, comportino benefici di ordine fiscale o contributivo suscettibili di comportare riflessi negativi per la finanza pubblica.
Congedo per le donne vittime di violenza di genere
Le norme dispongono che la dipendente di datore di lavoro pubblico o privato imprenditore, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, abbia diritto ad astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi. Le collaboratrici a progetto hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso di protezione, per il periodo corrispondente all’astensione, la cui durata non può essere superiore a tre mesi (commi 1 e 2).
Durante il periodo di congedo è dovuta l’intera retribuzione. Tale periodo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto (comma 4).
La lavoratrice ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva (commi 6 e 7).
La relazione tecnica afferma che dalla rilevazione dati effettuata trimestralmente dal Servizio di pubblica utilità "1522- Numero verde anti-violenza stalking" - del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio del Ministri, attualmente gestito da “Telefono Rosa” emerge quanto segue.
Nel corso del 2014 il suddetto numero di pubblica utilità "1522" ha ricevuto 45.036 telefonate. Tra queste vi rientrano 6.796 richieste di aiuto da parte di vittime (sia uomini che donne); 1.943 segnalazioni da parte di terze persone di violenza; 1.329 richieste di aiuto da parte di vittime di stalking (sia uomini che donne); 7.384 richieste di informazioni sui centri antiviolenza. Scendendo più nel dettaglio si fa presente che sul totale delle richieste di aiuto da parte di vittime di violenza pari a 8.739 (6.796 + 1.943), 8.197 sono donne. Il 34% delle 8.197 donne vittime di violenza, pari a 2.790 dichiarano di avere un regolare impiego. Sempre secondo i dati forniti dal "1522" l'86,06% delle 2.790 donne occupate - pari a 2.402- sono dipendenti e il 12,26% - pari a 342 - sono lavoratrici autonome. Tenuto conto dei parametri sopra riportati e del carattere sperimentale della disposizione l'onere è valutato in 3.800.000 euro in termini di maggiori prestazioni e in 1.254.000 euro in termini di contribuzione figurativa.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che non appare chiaro a quale istituto sia specificamente riferito l’onere individuato dalla RT e se il medesimo sia quindi riconducibile alla corresponsione a carico della finanza pubblica dell’intera retribuzione dovuta per il trimestre indicato dalla norma, con particolare riferimento alle donne impiegate nel settore privato. Inoltre, si prende atto delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica, peraltro al fine di una verifica delle stesse, andrebbero peraltro forniti i parametri retributivi utilizzati ai fini della stima.
Infine andrebbe precisato se sia stato considerato l’onere nel settore della scuola per la possibile esigenza di provvedere a supplenze.
Destinazione di risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata
Le norme dispongono che in via sperimentale sia destinato per il triennio 2016-2018 alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata una quota pari al 10% del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, secondo criteri e modalità fissati con apposito decreto interministeriale. Detto decreto è chiamato a definire ulteriori interventi in materia di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, anche attraverso l’elaborazione di linee guida, volte a favorire la stipula di contratti aziendali, cui provvede un’apposita cabina di regia (ai cui componenti non spetta alcun compenso o gettone di presenza), presieduta dal Ministro del lavoro con l’ulteriore compito di coordinare le attività di monitoraggio dei suddetti interventi. All’elaborazione delle richiamate linee guida e al coordinamento delle connesse attività di monitoraggio si provvede con le risorse (umane, strumentali e finanziarie) disponibili e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La relazione tecnica afferma che in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, è previsto che una quota pari al 10% del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello", di cui al capitolo 4330 dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro, missione 25 "Politiche previdenziali", programma 25.3 "Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali", sia destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, secondo i criteri indicati da un successivo decreto. Dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione nel presupposto che la finalizzazione del Fondo in esame non comprometta programmi già avviati a valere sulle medesime risorse e che la dinamica di spesa scontata ai fini delle previsioni tendenziali, con riferimento alle risorse del Fondo, sia compatibile con quella prevista per le nuove finalità di spesa. In proposito appare utile acquisire l’avviso del Governo.
In merito ai profili di copertura finanziaria (comma 1), con riferimento alla destinazione, in via sperimentale e per il triennio 2016-2018, di una quota pari al 10 per cento del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello (cap. 4330 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) a misure di promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, si fa presente che sul predetto Fondo risultano iscritti a bilancio stanziamenti pari a 391 milioni di euro per il 2015, 383 milioni di euro per il 2016 e 362 milioni di euro per il 2017. In proposito, appare opportuno che il Governo assicuri che l’utilizzo delle citate risorse per le finalità di cui al presente comma non pregiudichi gli interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle medesime risorse e che per l’anno 2018 il sopra menzionato Fondo rechi le necessarie disponibilità. Si dovrebbe, infine, valutare l’opportunità di riformulare la disposizione in esame al fine di esplicitare il riferimento normativo - articolo 1, comma 67, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni - relativo all’istituzione del Fondo in parola, potendosi viceversa omettere l’indicazione della missione, del programma e del capitolo di spesa cui lo stesso afferisce. Su tale aspetto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.
Con particolare riferimento al comma 3, si segnala l’opportunità di riformulare il secondo periodo della disposizione in esame nel senso di stabilire che ai componenti della cabina di regia - incaricata dell’elaborazione delle linee guida propedeutiche alla definizione di ulteriori azioni e modalità di intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, nonché del coordinamento delle connesse attività di monitoraggio degli interventi di cui al comma 2 del medesimo articolo 24 - non spetti “alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato”. Sul tale aspetto appare comunque opportuno acquisire l’avviso del Governo.
La norma dispone che agli oneri derivanti dagli articoli da 2 a 23 del presente decreto, valutati in 104 milioni di euro per l’anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015).
Al riguardo, con riferimento all’utilizzo del Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive (cap. 1250 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), si fa presente che l’articolo 1, comma 107, della legge n. 190 del 2014, istitutivo del suddetto Fondo, ne ha previsto una dotazione pari a 2,2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e a 2 miliardi di euro a decorrere dall’anno 2017[3], con la finalità - tra le altre - di fare fronte agli oneri derivanti dall’attuazione dei provvedimenti normativi in materia di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro. Ciò premesso, si segnala che il Fondo in commento reca per il 2015 le necessarie disponibilità.
La norma dispone che, ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge n. 196 del 2009, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche avvalendosi del sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, provvedono al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni di cui al presente decreto. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di cui all’articolo 25, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto alla rideterminazione dei benefici previsti dai precedenti articoli, avuto riguardo in particolare a quanto previsto dagli articoli da 7 a 10.
Al riguardo, con riferimento alla clausola di salvaguardia che affida, qualora si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di cui all’articolo 25, al Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la rideterminazione con proprio decreto dei benefici previsti dagli articoli da 2 a 23 dello schema di decreto in esame, si fa preliminarmente presente che la legge di delega non prevede un principio e criterio direttivo che consenta la rideterminazione dei benefici previsti dal provvedimento con apposito atto amministrativo. Ciò posto, al fine di escludere l’introduzione nel decreto legislativo di disposizioni che non trovano il proprio fondamento nei principi e criteri direttivi di delega, appare opportuno riformulare la clausola di salvaguardia prevedendo che alla correzione degli effetti finanziari eventualmente emersi all’esito del monitoraggio si provveda tramite l’adozione, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, di conseguenti iniziative legislative, secondo quanto stabilito dall’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Su tale aspetto appare comunque opportuno acquisire l’avviso del Governo.
[1] In mancanza di diversa indicazione, si osserva che gli importi previsti in corrispondenza del saldo di indebitamento netto debbano ritenersi equivalenti a quelli relativi al fabbisogno.
[2] il meccanismo di corresponsione delle indennità di malattia e di maternità ai lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati: in luogo del regime ora vigente prevede da parte del datore di lavoro l’anticipazione delle somme relative alle indennità in questione, che vengono poi recuperate attraverso una compensazione con le somme a debito dovute per i contributi da versare all’INPS per i lavoratori dipendenti. L'INPS provvede direttamente al pagamento agli aventi diritto delle prestazioni di malattia e maternità per i lavoratori agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati; per i lavoratori assunti a tempo determinato per i lavori stagionali; per gli addetti ai servizi domestici e familiari; per i lavoratori disoccupati o sospesi dal lavoro che non usufruiscono del trattamento di Cassa integrazione guadagni.
[3] Si segnala che, in attuazione delle deleghe conferite dalla legge 10 dicembre 2014, n. 183, a valere sulle risorse del citato Fondo è già stata disposta la copertura finanziaria degli oneri di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati) e all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti).