Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (Atto del Governo n. 417) Schema di decreto legislativo recante codice del Terzo settore
Riferimenti:
SCH.DEC 417/XVII     
Serie: Verifica delle quantificazioni    Numero: 548
Data: 21/06/2017
Organi della Camera: XII-Affari sociali


 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

 

Codice del Terzo settore

 

 

(Schema di decreto legislativo n. 417)

 

 

 

 

 

N. 548 – 22 giugno 2017

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

___________________________________________________________________________

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


INDICE

PREMESSA. - 3 -

ONERI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA. - 4 -

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI - 4 -

ARTICOLI 1-3. - 4 -

Disposizioni generali - 4 -

ARTICOLI 4-16. - 4 -

Enti del Terzo Settore. - 4 -

ARTICOLI 17-19. - 6 -

Norme in materia di attività di volontariato.. - 6 -

ARTICOLI 20-31. - 7 -

Le associazioni e le fondazioni del Terzo Settore. - 7 -

ARTICOLI 32-34. - 8 -

Organizzazioni di volontariato.. - 8 -

ARTICOLI 35-36. - 9 -

Associazioni di promozione sociale. - 9 -

ARTICOLI 37-39. - 10 -

Enti filantropici - 10 -

ARTICOLO 40. - 11 -

Imprese sociali - 11 -

ARTICOLO 41. - 11 -

Reti associative. - 11 -

ARTICOLI 42-44. - 12 -

Norme in materia di società di mutuo soccorso.. - 12 -

ARTICOLI 45-54. - 13 -

Registro unico del terzo settore. - 13 -

ARTICOLI 55-57. - 15 -

Rapporti degli enti del terzo settore con gli enti pubblici - 15 -

ARTICOLI 58-60. - 17 -

Consiglio nazionale del terzo settore. - 17 -

ARTICOLI 61-71. - 19 -

Centri di servizio per il volontariato.. - 19 -

ARTICOLI 72-75. - 23 -

Risorse finanziarie. - 23 -

ARTICOLO 76. - 26 -

Contributo per l’acquisto di autoambulanze e beni strumentali - 26 -

ARTICOLO 77. - 27 -

Titoli di solidarietà.. - 27 -

ARTICOLO 78. - 31 -

Regime fiscale del social lending.. - 31 -

ARTICOLI 79, 80, 84, 85, 86, 89, commi da 1 a 6 e 8, e 100. - 32 -

Regime fiscale degli enti del terzo settore. - 32 -

ARTICOLO 81. - 44 -

Social bonus. - 44 -

ARTICOLO 82. - 47 -

Disposizioni in materia di imposte dirette e tributi locali - 47 -

ARTICOLI 83 e 89, commi 7 e da 9 a 14. - 49 -

Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali - 49 -

ARTICOLO 87. - 54 -

Tenuta e conservazione delle scritture contabili degli enti del terzo settore. - 54 -

ARTICOLO 88. - 55 -

“De minimis”. - 55 -

ARTICOLO 89, commi 14 e 15. - 55 -

Regime fiscale delle Fondazioni lirico-sinfoniche e delle associazioni impegnate in manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale. - 55 -

ARTICOLI 90-96. - 56 -

Monitoraggio, vigilanza e controllo.. - 56 -

ARTICOLO 97. - 60 -

Cabina di regia.. - 60 -

ARTICOLO 103. - 60 -

Copertura finanziaria.. - 60 -

 


INFORMAZIONI SUL PROVVEDIMENTO

 

Atto n.

417

Natura dell’atto:

Schema di decreto legislativo

Titolo breve:

Codice del terzo settore

Riferimento normativo:

articoli 1, commi 2, lettera b), 3 e 5, 2, 3, 4, 5, 7 e 9, della legge 6 giugno 2016, n. 106

Relazione tecnica (RT):

presente

Relatrice per la Commissione di merito:

Lenzi

Gruppo:

PD

Commissione competente:

XII Affari sociali

 

PREMESSA

 

Lo schema di decreto legislativo in esame reca il “Codice del terzo settore”, in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 2, lett. b), della legge n. 106 del 2016.

L’articolo 1 citato precisa che per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi.

La legge di delega precisa altresì che dall'attuazione della delega stessa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, agli adempimenti previsti dai decreti legislativi adottati in attuazione della legge le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni. Inoltre, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica e le ulteriori disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

 

ONERI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA

 

(milioni di euro)

Art.

Oggetto

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023 e ss

53

Registro

0

-14,7

-14,7

-14,7

-14,7

-14,7

-14,7

62

Credito di imposta per FOB

0

-15

-10

-10

-10

-10

-10

72

Fondo

-10

-10

-10

-10

-10

-10

-10

77

Titoli di solidarietà

0

-1

-2,1

-3

-3

-3

-3

79

Nuovi regimi fiscali per gli ETS

0

-

0

0

-49,8

-28,5

-28,5

81

Social Bonus

0

0

-11,1

-30,4

-44,1

-33,8

-33,8

82

Esenzione registro atti traslativi

0

-20

-20

-20

-20

-20

-20

83

Detrazioni e deduzioni

0

0

-30,2

-15,3

-15,3

-15,3

-15,3

 

Totale

-10

-60,7

-98,1

-103,4

-166,9

-135,3

-135,3

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLI 1-3

Disposizioni generali

Le norme individuano le finalità e l’oggetto del decreto in esame, indicando gli obiettivi di riordino e revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore (articolo 1).

Le norme poi indicano i principi generali che informano la disciplina in esame (articolo 2), le fonti normative applicabili agli enti del Terzo settore (articolo 3)

 

La relazione tecnica afferma che data la natura ordinamentale dell’articolo 1, la norma non è idonea a generare oneri finanziari.

Sul contenuto dell’articolo 2 la RT afferma che esso non comporta la produzione di oneri a carico del bilancio dello Stato.

Sull’articolo 3 la RT afferma che non comporta alcun onere finanziario.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLI 4-16

Enti del Terzo Settore

Le norme elencano nel dettaglio, per tipologie, gli enti che rientrano nel Terzo settore, definendone le caratteristiche e i casi di esclusione (articolo 4).

Vengono indicate poi le attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore possono svolgere (articolo 5) ed è riconosciuta la possibilità per gli stessi enti di esercitare in via secondaria attività di tipo diverso, purché secondarie e strumentali (articolo 6).

La raccolta fondi viene definita come uno degli strumenti di autofinanziamento degli enti del Terzo settore, rinviando ad un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione delle relative linee guida (articolo 7).

Gli enti del Terzo settore operano in assenza di scopo di lucro, con la destinazione del patrimonio allo svolgimento delle attività statutarie e il divieto della distribuzione anche indiretta di eventuali utili ed avanzi di gestione (articolo 8). In caso di estinzione o scioglimento, gli enti hanno l'obbligo di devolvere il proprio patrimonio ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell'organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale, previo parere positivo dell'Ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore (articolo 9).

Alcuni enti del Terzo settore possono costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi del Codice civile (articolo 10).

Per gli enti del Terzo settore è previsto l'obbligo di iscrizione nel Registro unico nazionale del terzo settore (articolo 11); vengono inoltre disciplinati l'utilizzo della denominazione di "ente del Terzo settore" o “ETS” (articolo 12) e gli obblighi in materia di scritture contabili e modalità di redazione e deposito del bilancio di esercizio (articolo 13).

Vengono individuati poi gli enti del Terzo settore tenuti a redigere e pubblicare il bilancio sociale e quelli tenuti ad oneri di pubblicità di eventuali emolumenti, compensi e corrispettivi attribuiti ai componenti degli organi sociali, ai dirigenti o agli associati (articolo 14). Allo stesso modo, l'articolo 15 detta disposizioni in materia di libri sociali obbligatori, ulteriori rispetto a quelli contabili e di bilancio.

Infine, l'articolo 16 reca disposizioni sul trattamento economico e normativo dei dipendenti degli enti del Terzo settore.

 

La relazione tecnica oltre a ribadire il contenuto delle disposizioni afferma che le stesse non sono suscettibili di generare oneri a carico del bilancio dello Stato. Oltre a ciò, con riferimento a singole disposizioni, la relazione tecnica afferma quanto segue: gli articoli 8 e 12 hanno contenuto regolatorio, l’articolo 10 ha portata ordinamentale, gli articoli 13, 14 e 15 pongono oneri a carico di privati.

In merito all’obbligo di iscrizione nel registro unico nazionale, di cui all’articolo 11, la RT afferma che gli effetti di spesa relativa all’istituzione ed alla gestione del registro medesimo sono trattati più diffusamente nella parte relativa all’articolo 53, alla cui scheda si rinvia.

 

Al riguardo, per quanto attiene all’individuazione delle tipologie di enti che rientrano nel Terzo settore, per i relativi riflessi finanziari si rinvia alle disposizioni del titolo X (artt. 79 e segg.) relative al regime fiscale applicabile.

 

ARTICOLI 17-19

Norme in materia di attività di volontariato

Le norme definiscono e regolano la figura del volontario che opera nell'ambito degli enti del Terzo settore. Questi ultimi sono obbligati a:

-        tenere un apposito registro dei volontari operanti presso i predetti enti (articolo 17);

-        assicurare i volontari contro gli infortuni e le malattie, connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché di responsabilità civile verso i terzi. La copertura assicurativa è elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del terzo settore e le amministrazioni pubbliche e i relativi oneri sono a carico dell’amministrazione pubblica con la quale viene stipulata la convenzione (articolo 18).

Si prevede, inoltre, che le amministrazioni pubbliche nei limiti delle risorse disponibili, promuovano la cultura del volontariato, in particolare tra i giovani, anche attraverso apposite iniziative da svolgere nell'ambito delle strutture e delle attività scolastiche, universitarie ed extrauniversitarie (articolo 19).

 

La relazione tecnica, in merito all’obbligo di copertura assicurativa per i volontari, previsto dall’articolo 18, afferma che la norma non è suscettibile di generare nuovi oneri a carico della finanza pubblica, in quanto i costi derivanti dall'obbligo assicurativo rientrano tra quelli derivanti dallo svolgimento delle attività previste in convenzione e devono essere calcolati ai fini della determinazione dell'ammontare complessivo del rimborso, dovuto solo per le spese effettivamente sostenute e documentate. Poiché la sottoscrizione delle convenzioni da parte delle singole amministrazioni pubbliche è legittima, tra l'altro, solo ove il relativo bilancio presenti la necessaria copertura finanziaria; la norma non genera oneri ulteriori a carico della finanza pubblica, potendo le amministrazioni interessate utilizzare lo strumento convenzionale con gli enti del Terzo settore entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili.

Con riferimento all’articolo 19, la RT afferma che la disposizione non genera nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto le iniziative di promozione possono essere svolte dalle amministrazioni pubbliche nei limiti delle risorse disponibili attraverso la riprogrammazione delle risorse destinate a legislazione vigente per le campagne informative rimodulandole tra i vari ambiti di interesse.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione in merito agli obblighi assicurativi di cui all’articolo 18, tenuto conto di quanto affermato dalla relazione tecnica e considerato che tale obbligo è già previsto a legislazione vigente (art. 4 della L. n. 266/1991). Per quanto riguarda la promozione della cultura del volontariato ad opera delle amministrazioni pubbliche, si prende atto che queste ultime svolgono le attività in questione, come espressamente indicato dal testo, nei limiti delle risorse disponibili (art. 19, comma 1) e, quindi, senza determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

ARTICOLI 20-31

Le associazioni e le fondazioni del Terzo Settore

Le norme in oggetto, riunite nel Titolo IV, sono applicate agli enti del terzo settore costituiti in associazioni o fondazioni (articolo 20) ed individuano i contenuti obbligatori dell'atto costitutivo e dello statuto (articolo 21).

L'articolo 22 prevede per gli enti dei Terzo settore un procedimento semplificato di acquisto della personalità giuridica in deroga al D.P.R. n. 361/2000, mediante l'iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore.

L'articolo 23 contiene disposizioni sulla struttura organizzativa delle associazioni, disciplinando l'entrata di nuovi soci senza vincoli precostituiti.

Gli articoli 24 e 25 disciplinano il funzionamento e i compiti dell'organo assembleare delle associazioni e fondazioni del terzo settore e il diritto di voto degli iscritti.

Gli articoli 26, 27 e 28 disciplinano le caratteristiche dell'organo di amministrazione delle associazioni e fondazioni del terzo settore, facendo rinvio al codice civile per la disciplina delle situazioni di conflitto di interessi degli amministratori e per quella del regime di responsabilità di amministratori, componenti dell'organo di controllo e soggetto incaricato della revisione legale dei conti.

L'articolo 29 estende alle associazioni e alle fondazioni del terzo settore l'articolo 2409 del codice civile (denuncia al Tribunale in caso di irregolarità nella gestione) e disciplinano la denunzia di irregolarità agli organi di controllo.

Gli articoli 30 e 31 prevedono i casi in cui nelle fondazioni e nelle associazioni del terzo settore devono essere nominati rispettivamente un organo di controllo, monocratico o collegiale, con individuazione dei compiti di quest'ultimo e i casi in cui è prevista la nomina di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni sopra descritte, affermando che dalle stesse non derivano oneri a carico del bilancio dello Stato.

Oltre a ciò, con riferimento a singole disposizioni particolari, la relazione tecnica afferma quanto segue: l’articolo 20 si limita a definire l’ambito di applicazione della disciplina del Titolo IV; l’articolo 21 ha contenuto ordinamentale; gli articoli da 23 a 28 e gli articoli 31 e 31 hanno ad oggetto la disciplina interna di soggetti privati.

Con riferimento al procedimento semplificato di acquisto della personalità giuridica di cui all’articolo 22, che nello specifico non prevede oneri aggiuntivi a carico dello Stato, la RT fa presente che l’articolo 53, cui si rinvia, quantifica le risorse aggiuntive in generale destinate all' operatività degli uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore presso le regioni e province autonome, titolari del procedimento di acquisto di personalità giuridica di cui si tratta.

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLI 32-34

Organizzazioni di volontariato

Le norme definiscono le organizzazioni di volontariato (ODV) come enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a nove volontari o a cinque organizzazioni di volontariato. Gli atti costitutivi possono prevedere l'ammissione come associati di altri enti del Terzo settore, a condizione che il loro numero non sia superiore al trenta per cento del numero delle organizzazioni di volontariato (articolo 32).

Le ODV possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare l'attività svolta. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati non può essere superiore al venti per cento del numero dei volontari.

Si rileva che l’articolo 3 della L. 266/1991, che a legislazione vigente disciplina le organizzazioni di volontariato, non individua specifici parametri quantitativi ai fini dell’individuazione dei soggetti in questione.

Le ODV possono trarre le risorse economiche loro necessarie da fonti diverse, quali quote associative, contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali e attività di raccolta fondi. Per l'attività di interesse generale prestata, le organizzazioni di volontariato possono ricevere, dai diretti beneficiari o da terzi, incluse le amministrazioni pubbliche, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate (articolo 33).

Tutti gli amministratori delle organizzazioni di volontariato sono scelti tra i volontari associati, ovvero tra le persone indicate, tra i propri volontari associati, dalle organizzazioni di volontariato associate. Ai componenti degli organi sociali, ad eccezione dei componenti degli organi di controllo, non può essere attribuito alcun compenso, salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per l'attività prestata ai fini dello svolgimento della funzione (articolo 34).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni non prevedono oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione attesa la natura ordinamentale delle disposizioni in esame.

Per le considerazioni inerenti il regime fiscale cui sono soggette le Organizzazioni di volontariato, si rimanda alle schede relative ai successivi articoli 79 e seguenti, relativi al regime fiscale applicabile.

 

ARTICOLI 35-36

Associazioni di promozione sociale

Le norme definiscono le associazioni di promozione sociale (APS) come enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a nove persone fisiche o a cinque associazioni di promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi, di una o più attività di interesse sociale, avvalendosi in modo prevalente dell'attività di volontariato dei propri associati. Non sono associazioni di promozione sociale i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all'ammissione degli associati o che prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale. Gli atti costitutivi delle APS possono prevedere l'ammissione come associati di altri enti del Terzo settore, a condizione che il loro numero non sia superiore al trenta per cento del numero delle associazioni di promozione sociale (articolo 35).

Si rileva che la L. n. 383/2000, che a legislazione vigente disciplina le associazioni di promozione sociale, non pone specifici parametri quantitativi per l’individuazione dei soggetti in esame.

Le APS possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell'attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell'attività non può essere superiore al venti per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati (articolo 36).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni, data la loro natura ordinamentale, non sono suscettibili di comportare oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione attesa la natura ordinamentale delle disposizioni in esame.

Per le considerazioni inerenti il regime fiscale cui sono soggette le Associazioni di promozione sociale, si rimanda alla scheda relativa ai successivi articoli 79 e seguenti, relativi al regime fiscale applicabile.

 

ARTICOLI 37-39

Enti filantropici

Le norme individuano una nuova tipologia organizzativa nell'ambito degli enti del Terzo settore, definendo gli enti filantropici come enti costituiti in forma di associazione riconosciuta o di fondazione aventi il fine di erogare denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale (articolo 37).

Gli enti filantropici traggono le risorse economiche necessarie allo svolgimento della propria attività principalmente da contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi. Gli atti costitutivi degli enti filantropici indicano i principi ai quali essi devono attenersi in merito alla gestione del patrimonio, alla raccolta di fondi e risorse in genere, alla destinazione, alle modalità di erogazione di denaro, beni o servizi e alle attività di investimento a sostegno degli enti· di Terzo settore (articolo 38)

Il bilancio sociale degli enti filantropici deve contenere l'elenco e gli importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso dell'esercizio (articolo 39).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni, data la loro natura ordinamentale, non sono suscettibili di comportare oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione attesa la natura ordinamentale delle disposizioni in esame.

 

ARTICOLO 40

Imprese sociali

La norma rinvia alla disciplina delle imprese sociali che sarà dettata dal decreto legislativo di cui all'articolo l, comma 2, lettera c), della legge 106/2016[1] e alla disciplina delle cooperative sociali e dei loro consorzi di cui alla L. 381/1991.

 

La relazione tecnica afferma che la portata contenutistica della disposizione esclude qualsiasi onere a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione.

 

ARTICOLO 41

Reti associative

Le norme definiscono le reti associative come enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che:

a) associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore, o, in alternativa, almeno·100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province autonome;

b) svolgono attività di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne e accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali. Le reti associative esercitano, ai sensi del comma 2, tra le altre, anche le seguenti attività:

a) monitoraggio dell'attività degli enti ad esse associati;

b) promozione e sviluppo delle attività di controllo, anche sotto forma di autocontrollo e di assistenza tecnica nei confronti degli enti associati.

Le reti associative possono promuovere partenariati e protocolli di intesa con le pubbliche amministrazioni e con soggetti privati (comma 3).

L'iscrizione, nonché la costituzione e l'operatività da almeno un anno, sono condizioni necessarie per accedere alle risorse del Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore, di cui al successivo articolo 72, che, in ogni caso, non possono essere destinate, direttamente o indirettamente, ad enti diversi dalle organizzazioni di volontariato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle fondazioni del Terzo settore (comma 4).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni, in ragione della loro portata regolatoria, non producono oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, con riferimento al comma 3, in base al quale le reti associative possono promuovere partenariati e protocolli di intesa con le pubbliche amministrazioni e con soggetti privati, si evidenzia che la norma disciplina una facoltà attribuita alle predette strutture associative. La neutralità di tale previsione è quindi subordinata alla condizione che le forme di partenariato indicate assumano carattere facoltativo anche per le pubbliche amministrazioni interessate e che le stesse quindi possano eventualmente aderirvi nei limiti delle risorse disponibili. In proposito appare utile una conferma.

 

ARTICOLI 42-44

Norme in materia di società di mutuo soccorso

Le norme prevedono che le società di mutuo soccorso[2] già esistenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, che nei successivi tre anni da tale data si trasformino in associazioni del Terzo settore o in associazioni di promozione sociale, mantengano, in deroga alla normativa vigente, il proprio patrimonio.

Si dispone, inoltre, che le società di mutuo soccorso non sono soggette all’obbligo:

-        di versare in favore dei fondi mutualistici il contributo del 3 per cento sugli utili netti annuali;

-        di iscrizione nella sezione delle imprese sociali presso il registro delle imprese, in caso di versamento annuo di contributi associativi di ammontare complessivo non superiore a 50.000 euro e qualora non gestiscano fondi sanitari integrativi.

 

La relazione tecnica afferma che le norme in esame non determinano oneri a carico del bilancio dello Stato.

Con particolare riguardo all’esonero dal versamento del contributo del 3% sugli utili netti annuali previsto a carico delle società cooperative in favore dei fondi mutualistici e dall'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese qualora siano di dimensioni ridotte e non gestiscano fondi sanitari integrativi, la RT precisa che le disposizioni non comportano nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato, nemmeno in termini di minor introiti per i fondi mutualistici gestiti dallo Stato. Infatti, spiega la RT, tali versamenti non sono mai potuti affluire ai fondi in parola da parte delle società di mutuo soccorso, in considerazione del fatto che il relativo modello societario è istituzionalmente inidoneo a produrre utili (infatti le società di mutuo soccorso sono enti non lucrativi, che non svolgono attività d'impresa, non hanno capitale sociale e vi è l'obbligo di impiegare la totalità dei contributi dei soci in attività in favore dei medesimi).

 

Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione alla luce dei chiarimenti forniti dalla relazione tecnica in merito al mancato versamento del contributo del 3% ai fondi mutualistici, compresi quelli gestiti dallo Stato e nel presupposto – sul quale andrebbe acquisita una conferma – che le previsioni di bilancio non scontino attualmente effetti derivanti dai predetti versamenti.

 

ARTICOLI 45-54

Registro unico del terzo settore

Le norme istituiscono, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Registro unico del Terzo settore, operativamente gestito su base territoriale e con modalità informatiche da ciascuna regione e provincia autonoma. In ogni regione e provincia autonoma è individuata la struttura denominata “Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore”.

Anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua la propria struttura competente nell’ambito della dotazione organica dirigenziale non generale disponibile a legislazione vigente.

Le norme prevedono che il registro, articolato per sezioni, sia accessibile a tutti gli interessati in modalità telematica.

Con riferimento alle modalità di funzionamento del Registro, le norme disciplinano in particolare:

-        il procedimento per l'iscrizione al Registro unico nazionale, da attivare presso il relativo Ufficio competente per territorio e i rimedi giurisdizionali attivabili contro il diniego di iscrizione (articolo 47);

-        le informazioni e gli atti la cui conoscibilità al pubblico è demandata al Registro unico (articolo 48)

-        gli adempimenti in capo all'Ufficio e al Tribunale competente in caso di estinzione o scioglimento dell'ente del Terzo settore (articolo 49);

-        la cancellazione e la migrazione in altra sezione (articolo 50);

-        revisione periodica (triennale) dei soggetti iscritti al Registro a cura degli uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore, che verificano la permanenza dei requisiti previsti per l’iscrizione (articolo 51);

-        la funzione di pubblicità del Registro unico nei confronti dei terzi (articolo 52).

Le risorse necessarie a consentire l'avvio e la gestione del Registro unico nazionale del Terzo settore sono stabilite in 14,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, da impiegare per l'infrastruttura informatica nonché per lo svolgimento delle attività di controllo a carico dell'Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore territorialmente competente, previste dall'articolo 93, comma 3, del provvedimento in esame, cui si rinvia (articolo 53, comma 3).

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro un anno dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, sono definiti (articolo 53, comma 1, e 54):

-         la procedura per l'iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore, individuando i documenti da presentare ai fini dell'iscrizione e le modalità di deposito degli atti;

-         le regole per· la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro;

-         le modalità con cui è garantita la comunicazione dei dati tra il registro delle Imprese e il Registro unico nazionale del Terzo settore con riferimento alle imprese sociali e agli altri enti del Terzo settore iscritti nel registro delle imprese;

-         la trasmigrazione dei registri esistenti.

 

La relazione tecnica precisa, riguardo all'articolo 45, che l'Ufficio del registro unico opera a livello regionale, prevedendosi a livello centrale la gestione della sezione relativa alle reti associative e il coordinamento con le Amministrazioni regionali atto ad assicurare l'effettiva operatività. A livello centrale a tali adempimenti si provvede nell'ambito della dotazione organica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali disponibile a legislazione vigente. La struttura competente, a livello dirigenziale non generale sarà individuata nell’ambito del centro di responsabilità amministrativa Direzione generale del Terzo settore e della responsabilità sociale dell'impresa.

Con riferimento all’articolo 53, comma 3, la RT precisa che la norma quantifica in 14,7 milioni di euro annui, a decorrere dal 2018 le risorse necessarie a consentire l'avvio e la gestione del Registro, sia per l'infrastruttura informatica nonché per lo svolgimento da parte delle Regioni delle attività di controllo di cui all'articolo 93, comma 3 del provvedimento in esame. Nei limiti della predetta quantificazione, nei primi due anni, si prevede un impiego in buona parte concentrato sulla configurazione iniziale e l'avvio dell'infrastruttura informatica e, a partire dal 2020, una riduzione progressiva legata alla necessità di assicurare la conduzione del sistema, a fronte della quale sarà necessaria un’implementazione delle attività di controllo da parte dei singoli uffici del registro.

Tale disposizione, come esplicitato dall'articolo 103, comma l, trova copertura attraverso la corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo l, comma 187, della legge n.190/2014, che prevede risorse per la riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale pari a 190 milioni di euro annui a regime dall'anno 2017.

In merito alle attività di revisione previste in capo agli Uffici del registro unico (articolo 51), la RT afferma che tali attività rientrano tra quelle di controllo di cui all'articolo 53, che prevede uno specifico stanziamento con le relative modalità di copertura.

 

Al riguardo, si evidenzia che la relazione tecnica non fornisce i dati e gli elementi sottostanti la stima delle risorse necessarie a consentire l'avvio e la gestione del Registro unico del Terzo settore né elementi riferiti all’impatto finanziario, nel tempo, delle diverse tipologie di attività (di realizzazione dell’infrastruttura informativa, di implementazione della stessa nonché di controllo) finanziate a valere sul predetto stanziamento.

Infatti, secondo la RT, le predette risorse, quantificate dalla norma in 14,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, sarebbero utilizzate sia per l'infrastruttura informatica sia per lo svolgimento da parte delle Regioni delle attività di controllo di cui all'articolo 93, comma 3 del provvedimento in esame.

In proposito appare opportuno acquisire elementi di maggior dettaglio.

 

ARTICOLI 55-57

Rapporti degli enti del terzo settore con gli enti pubblici

Le norme prevedono che le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione degli interventi e dei servizi nei settori di attività proprie degli enti del terzo settore[3], assicurino il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione (articolo 55, comma 1).

Le norme chiariscono che la co-programmazione è finalizzata all’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili (articolo 55, comma 2). La co-progettazione è, invece, finalizzata alla definizione ed alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti (articolo 55, comma 3).

L'individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi dell'intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali. dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l' individuazione degli enti partner (articolo 55, comma 4).

Si specifica che le amministrazioni pubbliche possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento, in favore di terzi, di attività o servizi di interesse generale (articolo 56, comma 1). Tali convenzioni possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate (articolo 56, comma 2). L'individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento (articolo 56, comma 3). Le convenzioni devono prevedere la durata del rapporto convenzionale, il contenuto e le modalità dell'intervento volontario, il numero e l'eventuale qualifica professionale delle persone impegnate nelle attività convenzionate, le modalità di coordinamento dei volontari e dei lavoratori con gli operatori dei servizi pubblici, le coperture assicurative sottoscritte in favore dei volontari ai sensi dell’articolo 18, i rapporti finanziari riguardanti le spese da ammettere a rimborso fra le quali devono figurare necessariamente gli oneri relativi alla copertura assicurativa, le modalità di risoluzione del rapporto, forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità, la verifica dei reciproci adempimenti nonché le modalità di rimborso delle spese, stesse, la limitazione. del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all’attività oggetto della convenzione (articolo 56, comma 4).

Si stabilisce, infine, che i servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato nelle ipotesi in cui l'affidamento diretto garantisca l'espletamento del servizio di interesse generale in condizioni di efficienza economica e adeguatezza (articolo 57).

 

La relazione tecnica afferma che le norme recate dall’articolo 55 non prevedono nuovi o maggiori oneri in quanto disciplinano esclusivamente modalità procedimentali delle attività delle pubbliche amministrazioni, da svilupparsi nei limiti delle risorse disponibili.

Parimenti non recano oneri gli articoli 56 e 57 dal momento che i loro effetti potranno dispiegarsi nei limiti delle risorse finanziarie a disposizione delle amministrazioni pubbliche.

 

Al riguardo, in merito all’articolo 55, comma 1, si evidenzia che la formulazione adottata non sembra consentire una valutazione delle Amministrazioni pubbliche riguardo alla possibilità o meno di coinvolgere nell’esercizio delle funzioni di programmazione e organizzazione gli enti del terzo settore, ma stabilisce un vero e proprio obbligo di coinvolgimento, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione.

Tale obbligo appare quindi potenzialmente in grado di determinare aggravi delle procedure di programmazione e di organizzazione dei servizi, con possibili riflessi finanziari. In proposito appare necessario acquisire l’avviso del Governo, anche al fine di chiarire i contenuti dell’espressione “coinvolgimento attivo”, precisando se quest’ultimo si configuri come un obbligo procedimentale o rappresenti soltanto una linea di indirizzo.

Si rileva in proposito che il coinvolgimento non riguarda solo la fase di progettazione degli interventi e dei servizi, ma anche, ai sensi dell’articolo 55, comma 3, la definizione e la realizzazione di specifici progetti.

Nulla da osservare con riferimento all’articolo 56, tenuto conto che la sottoscrizione delle convenzioni ivi previste assume carattere facoltativo per le amministrazioni pubbliche.

In merito all’articolo 57 andrebbe confermata la conformità delle disposizioni all’ordinamento europeo al fine di escludere eventuali procedure sanzionatorie.

 

ARTICOLI 58-60

Consiglio nazionale del terzo settore

Le norme prevedono che, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sia istituito il Consiglio nazionale del Terzo settore, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un suo delegato (articolo 58).

Il Consiglio è composto da:

a)       sei rappresentanti designati dall'associazione di enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio nazionale;

b)      dodici rappresentanti di reti associative;

c)       cinque esperti;

d)      tre rappresentanti delle autonomie regionali e locali.

Del Consiglio fanno anche parte, senza diritto di voto:

·       un esperto designato dal presidente dell’ISTAT;

·       un esperto designato dal presidente dell' Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche;

·       il direttore generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

La partecipazione al Consiglio dei componenti effettivi e supplenti è gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennità, rimborso od emolumento comunque denominato (articolo 59).

Si stabilisce che il Consiglio svolga, tra l’altro, i seguenti compiti:

·       esprime pareri non vincolanti, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardano il terzo settore o sulle modalità di utilizzo delle risorse finanziarie di cui agli articoli 72 e seguenti;

·       designa un componente nell'organo di governo della Fondazione Italia Sociale;

·       designa i rappresentanti degli enti. del Terzo settore presso il CNEL.

Per lo svolgimento di tali compiti il Consiglio nazionale del Terzo settore si avvale delle risorse umane e strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (articolo 60).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame non sono suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal proposito la relazione sottolinea che le norme prevedono che la partecipazione al Consiglio sia gratuita e che ai componenti non spettino indennità, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati. Si prevede inoltre che per lo svolgimento dei compiti ad esso assegnati, il Consiglio si avvalga delle risorse umane e strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Al riguardo, le spese volte ad assicurare il normale funzionamento dell'organo collegiale saranno imputate ai capitoli di bilancio relativi, rispettivamente, al trattamento economico del personale del Ministero, che svolgerà funzioni di supporto al Consiglio medesimo, e all'acquisto di beni e servizi, nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In particolare si fa riferimento a fondi della missione "Diritti sociali, politiche sociali e famiglia" e del programma "Terzo settore (associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni".

 

Al riguardo, si rileva che la relazione tecnica afferma che il Consiglio si avvarrà delle risorse umane e strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili sui pertinenti capitoli del relativo stato di previsione. Andrebbero peraltro forniti dati ed elementi di valutazione – anche riferiti al presumibile impegno finanziario e organizzativo derivante dalle disposizioni – al fine di verificare l’effettiva disponibilità delle necessarie risorse nonché la possibilità di un loro utilizzo senza determinare riflessi per lo svolgimento delle funzioni assegnate all’amministrazione interessata.

 

ARTICOLI 61-71

Centri di servizio per il volontariato

Le norme recano la disciplina dei centri di servizio per il volontariato (CSV). In particolare:

-        possono essere accreditati come CSV gli enti del Terzo settore costituiti da organizzazioni di volontariato e da altri enti del Terzo settore, in forma di associazione riconosciuta, con personalità giuridica, ad esclusione di quelli costituiti in una delle forme previste al libro V del Codice civile (forma societaria) (articolo 61);

-        il finanziamento dei CSV è assicurato dal Fondo unico nazionale (FUN) alimentato da contributi annuali delle fondazioni bancarie (FOB) ed amministrato dall’Organismo nazionale di controllo (ONC). A decorrere dall’anno 2018, per le somme che vengono versate al Fondo è riconosciuto annualmente alle Fondazioni un credito d’imposta pari al 100 per cento dei versamenti effettuati, fino ad un massimo di 15 milioni di euro per l’anno 2018 e di 10 milioni di euro per gli anni successivi. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le disposizioni applicative necessarie, ivi comprese le procedure per la concessione del contributo nel rispetto del limite di spesa stabilito. L'ONC determina l'ammontare previsto delle proprie spese di organizzazione e funzionamento a valere sul FUN, inclusi i costi relativi all’organizzazione e al funzionamento degli Organismi territoriali di controllo (OTC) e ai componenti degli organi di controllo interno dei CSV. In ogni caso, non possono essere posti a carico del FUN eventuali emolumenti riconosciuti ai componenti e ai dirigenti dell'ONC e degli OTC. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN risultino inferiori ai costi annuali, l'ONC pone la differenza a carico delle FOB, richiedendo a ciascuna di esse il versamento di un contributo integrativo proporzionale a quello obbligatorio già versato (articolo 62);

-        le attività che possono essere svolte dai CSV e i princìpi per l’erogazione dei relativi servizi sono disciplinati all’articolo 63;

-        l'ONC è una fondazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita con decreto del Ministro del lavoro delle politiche sociali, al fine di svolgere, per finalità di interesse generale, funzioni indirizzo e di controllo dei CSV. Le funzioni di controllo e di vigilanza sull'ONC previste dall'articolo 25 del codice civile sono esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. I componenti dell'organo di amministrazione sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al rinnovo dell'organo medesimo. Per la partecipazione all'ONC non possono essere corrisposti a favore dei componenti emolumenti gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato (articolo 64);

-        gli OTC sono uffici territoriali dell’ONC privi di autonoma soggettività giuridica che svolgono funzioni di controllo dei CSV nel territorio di riferimento. I componenti dell'OTC sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al loro rinnovo. Per la partecipazione all'OTC non possono essere corrisposti emolumenti a favore dei componenti, gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato (articolo 65);

-        vengono estese, senza ulteriori oneri per lo Stato, alle organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che, nell'ambito delle convenzioni di cui all'articolo 56, abbiano ottenuto l'approvazione di uno o più progetti di attività e di servizi di interesse generale inerenti alle finalità istituzionali, le provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme vigenti per le cooperative e i loro consorzi (articolo 67).

In proposito, si rileva che già l’articolo 24 della legge n. 383 del 2000 dispone l’estensione delle provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme per le cooperative e i loro consorzi, senza ulteriori oneri per lo Stato, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato iscritte nei rispettivi registri che abbiano ottenuto l'approvazione di uno o più progetti di opere e di servizi di interesse pubblico inerenti alle finalità istituzionali;

-        lo Stato, le Regioni e le Province autonome promuovono le opportune iniziative per favorire l'accesso degli enti del Terzo settore ai finanziamenti del Fondo sociale europeo e ad altri finanziamenti europei per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali (articolo 69).

In proposito, si rileva che già l’articolo 28 della legge n. 383 del 2000 poneva tale adempimento in capo al Governo, d’intesa con le Regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano;

-        lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono prevedere forme e modi per l’utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee degli enti del Terzo settore, nel rispetto dei principi di trasparenza, pluralismo e uguaglianza (articolo 70).

In proposito, si rileva che già gli articoli 31 e 32 della legge n. 383 del 2000 dettano analoghe disposizioni in materia di strutture e autorizzazioni temporanee per manifestazioni pubbliche e strutture per lo svolgimento delle attività sociali;

-        lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono concedere in comodato beni mobili ed immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, agli enti del Terzo settore, lo svolgimento delle loro attività istituzionali. La cessione in comodato ha una durata massima di trent'anni, nel corso dei quali l'ente concessionario ha l'onere di effettuare sull'immobile, a proprie cura e spese, gli interventi di manutenzione e gli altri interventi necessari a mantenere la funzionalità dell'immobile. Inoltre, i beni culturali immobili di proprietà dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli altri enti pubblici, per l'uso dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a enti del terzo settore, che svolgono le attività indicate all'articolo 5, comma l, lettere f), i), k), o z)[4] con pagamento di un canone agevolato, determinato dalle amministrazioni interessate, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione a spese del concessionario, anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento delle attività indicate, ferme restando le disposizioni contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La concessione d'uso è finalizzata alla realizzazione di un progetto di gestione del bene che ne assicuri la corretta conservazione, nonché l'apertura alla pubblica fruizione e la migliore valorizzazione. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per gli interventi di restauro sopra menzionati entro il limite massimo del canone stesso. L'individuazione del concessionario avviene mediante le procedure semplificate di cui all'articolo 151, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016. Le concessioni sono assegnate per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i 50 anni. Per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di recupero, di restauro, di adattamento, di adeguamento alle norme di sicurezza e di straordinaria manutenzione di strutture o edifici da utilizzare per le finalità in esame, per la dotazione delle relative attrezzature e per la loro gestione, gli enti del Terzo settore sono ammessi ad usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, al ricorrere dei presupposti e in condizioni di parità con gli altri aspiranti, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste per i privati, in particolare per quanto attiene all'accesso al credito agevolato. Le disposizioni in esame non si applicano alle imprese sociali (articolo 71).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ad eccezione dell’articolo 62 che prevede la concessione di un credito d’imposta nel limite di spesa di 15 milioni per il 2018 e 10 milioni per gli anni successivi coperti a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 187 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014.

In particolare, la RT precisa, con riferimento agli articoli 64 e 65, che le spese di organizzazione e funzionamento dell’ONC e degli OTC gravano sulle risorse del fondo unico nazionale alimentato dai contributi delle fondazioni bancarie. Inoltre, per quanto concerne l’esercizio, da parte del Ministero del lavoro, delle funzioni di vigilanza e controllo sull’ONC si provvederà con il personale del Ministero, nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio relativi, rispettivamente, al trattamento economico del personale e all’acquisto di beni e servizi dello stato di previsione del Ministero del lavoro nell’ambito della missione “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia” e del programma “Terzo settore, responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni”.

Con riferimento all’articolo 71, la RT precisa che la norma non genera oneri in quanto è rimessa agli enti pubblici la possibilità di avvalersi della norma previa valutazione della propria situazione e nei limiti delle risorse disponibili.

 

Al riguardo, in merito ai profili di quantificazione, per quanto riguarda la concessione del credito d’imposta di cui all’articolo 62, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto di quanto evidenziato dalla relazione tecnica e della fissazione di un limite di spesa corredato di un meccanismo procedurale, volto a garantire preventivamente l’osservanza del predetto limite. Ciò posto, per quanto riguarda i contributi obbligatori e integrativi a carico delle Fondazioni bancarie, già previsti a legislazione vigente, appare comunque necessario un chiarimento circa i possibili effetti di gettito derivanti dalla possibilità di dedurre tali versamenti come componenti negativi di reddito, in quanto il provvedimento in esame riforma il metodo di determinazione dei predetti contributi, con potenziali effetti di incremento degli stessi.

Per quanto riguarda l’articolo 69 (in base al quale lo Stato, le Regioni e le Province autonome promuovono le opportune iniziative per favorire l'accesso del Terzo settore ai finanziamenti europei), si rileva che, a legislazione vigente, (articolo 28 della legge n. 383 del 2000) tali iniziative rivestono carattere facoltativo, mentre il provvedimento in esame le caratterizza come adempimenti obbligatori, ampliando altresì il novero delle amministrazioni tenute a porle in essere: stanti tali innovazioni, appaiono necessari chiarimenti in merito alla sostenibilità delle stesse nel quadro delle risorse disponibili ovvero riguardo ai possibili effetti onerosi derivanti dall’attuazione della norma.

Per quanto riguarda l’articolo 71, concernente la concessione in comodato di beni pubblici ad enti del Terzo settore, non si hanno osservazioni da formulare stante il carattere facoltativo delle concessioni, che potranno dunque essere operate nel quadro delle risorse disponibili e dei vincoli di bilancio di ciascun ente interessato.

 

ARTICOLI 72-75

Risorse finanziarie

Normativa vigente. L’articolo 9 della L. 106/2016 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore) prevede che i decreti legislativi volti alla riforma del Terzo settore disciplinino anche le misure agevolative e di sostegno economico in favore dei suddetti enti. In particolare, l’articolo 9, comma 1, lettera g), della L. 106/2016 prevede l’istituzione di un Fondo, presso il Ministero del lavoro, destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale, attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni comprese tra gli enti del Terzo settore. Il Fondo è articolato, solo per l'anno 2016, in due sezioni: la prima di carattere rotativo, con una dotazione di 10 milioni di euro; la seconda di carattere non rotativo, con una dotazione di 7,3 milioni di euro.

Il successivo articolo 11, comma 2, della L. 106/2016 prevede altresì che, per l'attuazione di quanto disposto dall'articolo 9, comma 1, lettera g), sia autorizzata la spesa di 17,3 milioni di euro per l'anno 2016 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017.

 

Le norme dispongono che il Fondo di cui all'articolo 9, comma 1, lettera g), della legge n. 106/2016, sostenga lo svolgimento di attività di interesse generale, oggetto di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore. Le iniziative e i progetti possono essere finanziati anche in attuazione di accordi sottoscritti dal Ministero del lavoro con le pubbliche amministrazioni Il Ministro del lavoro determina annualmente gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo. A decorrere dall'anno 2017, la dotazione della seconda sezione del Fondo di cui all'articolo 9, comma l, lettera f), della L. 106/2016 è incrementata di 10 milioni di euro annui (articolo 72).

Ai sensi del successivo articolo 103, comma 1, del provvedimento in esame, al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 187, della L. 190/2014.

A decorrere dall'anno 2017, le risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche sociali[5], destinate alla copertura degli oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore di competenza del Ministero del lavoro, sono trasferite, per le medesime finalità, su un apposito capitolo di spesa iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro, nel programma "Terzo settore (associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni", nell'ambito della missione

"Diritti sociali, politiche sociali e famiglia".

Le risorse interessate riguardano:

a)    l’articolo 12, comma 2 della L. 266/1991, per un ammontare di 2 milioni di euro;

b)    l’articolo 1 della L. 438/1998, per un ammontare di 5,16 milioni di euro;

c)     l’articolo 96, comma l, della L. 34272000, per un ammontare di 7,75 milioni di euro;

d)    l’articolo 13 della L. 383/2000, per un ammontare di 7,050 milioni di euro.

Si rappresenta che tali disposizioni sono abrogate, ai sensi del successivo articolo 102, comma 3, del provvedimento in esame, a decorrere dalla data di efficacia del decreto che determina la destinazione delle risorse di seguito descritto.

Il Ministro del lavoro determina annualmente, nei limiti delle risorse complessivamente disponibili, gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento, le linee di attività finanziabili e la destinazione delle risorse.

Le finalità perseguite sono le seguenti (artt. 73, comma 2, 74 e 75, comma 1):

a) sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato finalizzate, ai sensi del successivo articolo 74, alla concessione di contributi per la realizzazione di progetti sperimentali elaborati. anche in partenariato tra loro e in collaborazione con gli enti locali dalle organizzazioni .di volontariato per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;

b) sostegno alle attività delle associazioni di promozione sociale, finalizzate, ai sensi del successivo articolo 75, comma 1, alla concessione di contributi per la realizzazione di progetti elaborati dalle associazioni di promozione sociale, anche in partenariato tra loro e in collaborazione con gli enti locali, volti tra l’altro a far fronte a particolari emergenze sociali, in particolare attraverso l'applicazione di metodologie avanzate o a carattere sperimentale;

c) contributi per l'acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali (cfr. successivo art. 76).

Il contributo in favore dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 476/1987, nella misura indicata all'articolo 1 comma 2, della L. 438/1998, continua ad essere corrisposto, a valere sulle risorse destinate al sostegno alle attività delle associazioni di promozione sociale ai sensi dell'articolo 73, comma 2, lettera b) (articolo 75, comma 2).

La relazione illustrativa precisa che la disposizione intende mantenere, per le cosiddette associazioni storiche (ENS - Ente nazionale sordi, ANMIL - Associazione Nazionale Mutilati Invalidi Del Lavoro, UICI – Unione italiana ciechi e ipovedenti, UNMS - Unione nazionale mutilati per servizio, ANMIC – Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, tutte persone giuridiche privatizzate) il finanziamento delle attività istituzionali di promozione e integrazione sociale degli aderenti, appartenenti a categorie particolarmente meritevoli di tutela, già disposto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 476/1987, nella misura indicata all'articolo 1 comma 2, della L. 438/1998. Si tratta di un finanziamento complessivo di 2.580.000 euro da suddividersi in parti uguali tra tutti i suindicati enti.

 

La relazione tecnica, con riferimento all’articolo 72, nel richiamare la normativa vigente e le disposizioni in esame, afferma che le norme contengono un esplicito richiamo alle risorse finanziarie disponibili, quale limite per l'utilizzo del Fondo in esame, e che pertanto le stesse non sono suscettibili di generare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In relazione all’articolo 73, la RT afferma altresì che le norme non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Infine, per quanto attiene agli articoli 74 e 75, la RT afferma che le disposizioni precisano le finalità e le modalità di impiego delle risorse di cui al precedente articolo 73, comma 2, lettere a), b) e c), senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare relativamente all’incremento del Fondo di cui all'articolo 9, comma 1, lettera g), della legge L. 106/2016, come disposto dall’articolo 72, pari a 10 milioni di euro a decorrere dal 2017, atteso che l’onere è limitato all’entità dello stanziamento previsto.

Non vi sono altresì osservazioni da formulare sugli articoli da 73 e 75 atteso che le disposizioni sono volte a prevedere una differente allocazione di risorse già stanziate e a precisarne le finalità e le modalità di impiego.

 

ARTICOLO 76

Contributo per l’acquisto di autoambulanze e beni strumentali

Le norme dispongono che le risorse di cui all'articolo 73, comma 2, lettera c), sono destinate a sostenere l'attività di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l'erogazione di contributi per l'acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di interesse generale (comma 1).

Per l'acquisto di autoambulanze e di beni mobili iscritti in pubblici registri destinati ad attività antincendio da parte dei vigili del fuoco volontari, in alternativa a quanto sopra, le organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto contributo nella misura corrispondente all'aliquota IVA del prezzo complessivo di acquisto, mediante corrispondente riduzione del medesimo prezzo praticata dal venditore. Il venditore recupera le somme corrispondenti alla riduzione praticata mediante compensazione[6] (comma2).

 

La relazione tecnica afferma che la norma determina le finalità e le modalità di impiego delle risorse di cui al precedente articolo 73, comma 2, lettera c), senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al riguardo, si rileva preliminarmente che, al fine di garantire la neutralità finanziaria della disposizione in esame, i contributi per l’acquisto di autoambulanze e beni strumentali sono erogati, come espressamente previsto dall’articolo 73, comma 2, del provvedimento in esame, nell’ambito delle risorse complessivamente destinate alla copertura degli oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore.

Ciò premesso, si evidenzia la necessità di acquisire chiarimenti circa la modalità di erogazione dei contributi prevista dal comma 2: infatti, in base a tale disposizione, le organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto contributo mediante una riduzione del prezzo, nella misura corrispondente all’aliquota IVA, praticata dal venditore, che recupera dette somme mediante compensazione in sede di versamento delle imposte. Non appare chiaro, né viene esplicitato dalla RT, in base a quali procedure il riconoscimento di tali contributi possa essere ricondotto al rispetto del citato limite di spesa, al fine di escludere effetti onerosi per la finanza pubblica.

Infatti, in mancanza di una procedura che autorizzi preventivamente le operazioni di sconto, l’Amministrazione finanziaria potrebbe solo a consuntivo, nel momento in cui vengono effettuate le compensazioni dei debiti e dei crediti da parte degli operatori economici, conoscere l’effettivo ammontare dei contributi erogati sotto forma di sconto all’acquisto.

 

ARTICOLO 77

Titoli di solidarietà

La norma prevede che le banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia possano emettere obbligazioni e altri titoli di debito nonché certificati di deposito con l'obiettivo di sostenere le attività istituzionali degli enti del Terzo settore.

In particolare, si prevede che le obbligazioni e gli altri titoli di debito abbiano scadenza non inferiore a 36 mesi, possano essere nominativi ovvero al portatore e corrispondano interessi con periodicità almeno annuale, in misura pari al maggiore tra il tasso di rendimento lordo annuo di obbligazioni dell’emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata, collocate nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli. I certificati di deposito hanno scadenza non inferiore a 12 mesi, corrispondono interessi con periodicità almeno annuale, in misura pari al maggiore tra il tasso di rendimento lordo annuo di certificati di deposito dell'emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata, emessi nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli.

Si prevede altresì che gli emittenti possano erogare, a titolo di liberalità, una somma non inferiore allo 0,60% dell'ammontare nominale collocato dei titoli ad uno o più enti del Terzo settore per il sostegno delle attività ritenute meritevoli dagli emittenti sulla base di un progetto predisposto dagli enti richiedenti. Inoltre, gli emittenti, tenuto conto delle richieste di finanziamento pervenute dagli enti del Terzo settore e compatibilmente con le esigenze di rispetto delle regole di sana e prudente gestione bancaria, devono destinare una somma pari all'intera raccolta effettuata attraverso l'emissione dei titoli, al netto dell'eventuale erogazione liberale, ad impieghi a favore degli enti del Terzo settore, per il finanziamento di iniziative di cui all'articolo 5 dello schema di decreto in esame.

Agli emittenti che rispettino le previsioni suddette (erogazione liberale e destinazione dell’intera raccolta titoli agli enti del Terzo settore) si applicano le seguenti agevolazioni:

-      esenzione dall'obbligo di versamento delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla vigilanza della CONSOB e da quest'ultima determinate ai sensi dell'articolo 40, comma 3, della legge n. 724/1994[7];

-      applicazione del regime fiscale agevolativo di cui all’articolo 31 del DPR n. 601 del 1973 (si tratta dell’aliquota prevista per i titoli di Stato, ovvero un’imposta sostitutiva del 12,5% per gli interessi cedolari percepiti) agli interessi, premi ed ogni altro provento di cui all'articolo 44 del testo unico delle imposte sui redditi (concernente i redditi di capitale) e di cui all’articolo 67, comma l, lettera c-ter) del medesimo decreto (concernente i redditi diversi per plusvalenze da partecipazioni qualificate e da operazioni assimilate);

-      riconoscimento di un credito d'imposta pari al 50 per cento delle erogazioni liberali in danaro effettuate a favore degli enti del Terzo settore. Tale credito d'imposta non è cumulabile con altre agevolazioni tributarie previste con riferimento alle erogazioni liberali, è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive;

-      agli acquisti dei titoli non si applica la disciplina antielusiva che comporta la sterilizzazione dalla base di computo dell'aiuto alla crescita economica – ACE;

-      i titoli non concorrono alla formazione dell'attivo ereditario;

-      i titoli non rilevano ai fini della determinazione dell’imposta di bollo dovuta per le comunicazioni relative ai depositi titoli, di cui alla nota 2-ter dell'Allegato A - Tariffa (Parte 1), al DPR n. 642 del 1972.

Si prevede, inoltre, che gli emittenti comunichino al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 31 marzo di ogni anno, il valore delle emissioni di titoli effettuate nell'anno precedente, le erogazioni liberali impegnate a favore degli enti del Terzo settore e gli importi erogati specificando l'ente beneficiario e le iniziative sostenute nonché gli importi impiegati specificando le iniziative oggetto di finanziamento.

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni in esame.

 

La relazione tecnica afferma che, ai fini della stima dei possibili effetti di gettito, non esistendo fonti di dati a riguardo, sono stati utilizzati i dati forniti dagli operatori del settore che ipotizzano un importo annuo di titoli collocati per 240 milioni di euro di cui grant based[8] per 220 milioni di euro. Considerando una durata media dei titoli pari a 36 mesi, un tasso fisso lordo annuo dell'l% (in linea con le condizioni di tasso indicate in normativa) ed una percentuale di devoluzione media dello 0,5% si stimano:

-        interessi annui per ogni emissione della durata di 36 mesi pari a 2,4 milioni di euro ai quali, a normativa proposta, corrisponderebbero ritenute al 12,5% per 300.000 euro rispetto ad una ritenuta a legislazione vigente di 624.000 euro al 26% da cui una perdita di gettito di 324.000 euro: tenendo conto delle successive emissioni la perdita di gettito si stima di 648.000 euro il secondo anno e 972.000 euro a regime dal terzo esercizio: come di seguito illustrato

 

IMPATTO FISCALE

1° anno

2° anno

3° anno

Importo interessi

2.400.000

2.400.000

2.400.000

 

 

2.400.000

2.400.000

 

 

 

2.400.000

Totale interessi

2.400.000

4.800.000

7.200.000

Ritenuta fiscale su interessi 12,50%

300.000

600.000

900.000

Ritenuta fiscale su interessi 26%

624.000

1.248.000

1.872.000

Minor entrata fiscale da ritenuta interessi

-324.000

-648.000

-972.000

 

-        erogazioni liberali per circa 1,1 milioni di euro (220 mln di euro X 0,5%) da cui un corrispondente credito di imposta al 50% per circa 183.000 euro il primo anno, 367.000 euro il secondo anno e 550.000 euro a regime dal terzo anno;

 

Importo erogazione liberale

1.100.000

1.100.000

1.100.000

Credito d’imposta simil art bonus (50%)

-183.333

-366.667

-550.000

Credito di imposta

-183.333

-366.667

-550.000

 

-        per ciò che concerne l'esenzione ai fini dell'imposta di bollo sulle comunicazioni finanziarie relative ai depositi titoli di solidarietà (2 per mille dell'importo), di cui al comma 15, si ha una perdita di gettito pari a circa -0,48 milioni di euro per il primo anno (240 milioni x 2/1000), -0,96 mln di euro per il secondo anno e -1,44 mln di euro dal terzo anno.

La normativa nel suo complesso produce i seguenti effetti di cassa, considerando l'entrata in vigore dal 2018:

 

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

Ritenute su interessi

-0,3

-0,7

-1,0

Credito d’imposta

-0,2

-0,4

-0,6

Imposta di bollo

-0,5

-1,0

-1,4

Totale

-1,0

-2,1

-3,0

 

Al riguardo, si prende preliminarmente atto dell’ipotesi formulata dalla RT, in base alla quale i titoli interessati sono circa 240 milioni annui, tenuto conto della mancanza di fonti di dati relative a tale istituto, che assume carattere innovativo. Si evidenzia in proposito che i benefici fiscali previsti per il risparmiatore (in termini di imposta di bollo, di successione, ecc.) potrebbero comportare, nel corso del tempo, effetti incentivanti della raccolta rispetto alla stima iniziale; ciò anche alla luce dei rendimenti offerti da strumenti finanziari analoghi. Appare quindi opportuno acquisire l’avviso del Governo a conferma della prudenzialità delle assunzioni poste alla base della quantificazione.

Per quanto riguarda le stime della RT, si rileva che i calcoli si basano sull’ipotesi di emissioni annue costanti e – nell’indicare il raggiungimento dell’onere a regime al terzo anno – assumono implicitamente che i titoli abbiano durata triennale. La norma prevede tuttavia che i titoli abbiano “scadenza non inferiore a 36 mesi”; di conseguenza non risulta automatico che, a partire dal terzo anno, l’ammontare dei titoli di nuova emissione sia pari a quello dei titoli rimborsati, in quanto gli stessi potrebbero scadere in anni successivi. Infine, la relazione tecnica non ascrive effetti di gettito alle agevolazioni concernenti le imposte di successione. In merito ai predetti profili appare necessario un chiarimento ai fini della verifica delle quantificazioni proposte.

Sempre in merito alla quantificazione riferita al credito d’imposta, andrebbe valutata la prudenzialità dell’utilizzo di una percentuale di devoluzione media dello 0,5%, considerato che la quota di devoluzione minima prevista dal comma 5 è lo 0,6%, pur considerando l’incidenza di emissioni non caratterizzate dalla destinazione ad erogazione liberale di una quota dell'ammontare nominale collocato.

Se infatti - come sembrerebbe desumersi dalla RT - le emissioni caratterizzate da tale liberalità sono quelle grant based, tali emissioni, in base alle ipotesi esplicitate dalla stessa relazione tecnica, risultano quasi il 92% delle emissioni totali (220 milioni su un totale di 240 milioni); di conseguenza la percentuale di devoluzione media potrebbe risultare prossima allo 0,6% minimo.

Con riferimento all’esenzione dall'obbligo di versamento delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla vigilanza della CONSOB, non si hanno osservazioni da formulare stante il meccanismo di autofinanziamento dell’ente: considerato, tuttavia, il carattere innovativo delle emissioni in esame, appare opportuno acquisire una conferma.

 

ARTICOLO 78

Regime fiscale del social lending

La norma prevede che i gestori dei portali on line che svolgono attività di social lending, operino, sugli importi percepiti a titolo di remunerazione dai soggetti che prestano fondi attraverso tali portali, una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, secondo le previsioni dell'articolo 26, comma 4, del DPR n. 600 del 1973, con l'aliquota prevista per le obbligazioni e gli altri titoli di cui all'articolo 31 del DPR n. 601 del 1973 (si tratta dell’aliquota prevista per i titoli di Stato, ovvero un’imposta sostitutiva del 12,5% per gli interessi cedolari percepiti) (comma 1). Si prevede, inoltre, che gli importi percepiti, a titolo di remunerazione, dai soggetti che, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, prestano fondi attraverso i portali, costituiscono redditi di capitale ai sensi dell'articolo 44, comma l, lettera a), del TUIR, approvato con DPR n. 917 del 1986 (comma 2).

Si evidenzia che, poiché nel social lending la raccolta avviene ad opera di un soggetto diverso dalle banche, è presumibile che non risultino concretamente applicabili ai redditi di capitale i regimi del risparmio gestito e del risparmio amministrato, bensì quello della dichiarazione (risparmio individuale), in cui il contribuente include i risultati conseguiti nella propria dichiarazione dei redditi nell’anno e liquida le imposte eventualmente dovute.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione disciplina il regime fiscale del cd. social lending di cui alla sezione IX del Provvedimento della Banca d’Italia, emanato l’8 novembre 2016, recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche. La RT afferma che dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, in merito al comma 1, si rileva che la disposizione riconosce sugli importi percepiti a titolo di remunerazione dai soggetti che prestano fondi attraverso i portali on line, una ritenuta alla fonte a titolo di imposta con l'aliquota agevolata al 12,5%. Si osserva, in proposito, che la norma non fornisce una definizione di social lending.

Tale nozione non sembra d’altro canto desumersi dalla vigente legislazione primaria. Secondo una definizione rinvenibile in un provvedimento della Banca d’Italia[9] - citato dalla RT - attraverso il social lending “una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto”.

Tanto premesso, andrebbe precisato a quali fattispecie la norma faccia specificamente riferimento e quale sia il regime fiscale a queste applicabile in base alla vigente normativa: ciò al fine di una più puntuale verifica dell’ipotesi di neutralità finanziaria della disposizione asserita dalla relazione tecnica.

 

ARTICOLI 79, 80, 84, 85, 86, 89, commi da 1 a 6 e 8, e 100

Regime fiscale degli enti del terzo settore

Le norme sono incluse nel Titolo X (articoli da 79 a 89), che reca disposizioni di natura fiscale per gli enti del terzo settore.

In merito all’entrata in vigore delle disposizioni, si segnala che, ai sensi dell’art. 104, la maggior parte delle disposizioni del Titolo X si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale del terzo settore (comma 2).

Fanno eccezione – tra le disposizioni oggetto della presente scheda - il comma 2 dell’art. 84 e il comma 7 dell’art. 85, relativi al regime fiscale degli immobili, che si applicano in via anticipata dal 2018.

Inoltre l’articolo 100 dispone che fino all’adozione dei decreti attuativi relativi alla raccolta fondi[10], alla modulistica per la redazione del bilancio d’esercizio[11] e del bilancio sociale per gli enti con ricavi superiori a 1 milione di euro[12] si applicano le linee guida già elaborate dall’Agenzia del terzo settore.

Si esaminano, per omogeneità con la relazione tecnica, gli articoli 79, 80, 84, 85, 86 e 100 concernenti le imposte dirette degli enti del terzo settore diversi dalle imprese sociali (regimi fiscali agevolati) nonché il regime IVA per le organizzazioni di volontariato (OdV) e le associazioni di promozione sociale (APS).

Successive schede di lettura riguardano gli altri articoli del titolo X.

Articolo 79 – Imposte sui redditi degli enti del terzo settore

La norma stabilisce che agli enti del terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni del Titolo X del provvedimento in esame (artt. da 79 a 89) nonché, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel Titolo II del TUIR (disciplina IRES, articoli da 72 a 161) (comma 1).

Sono individuati specifici criteri che consentono la qualificazione di attività non commerciale delle attività svolte - tra quelle individuate dall’articolo 5 del provvedimento in esame - dagli enti del terzo settore (commi 2, 3).

Ulteriori criteri per la qualificazione di attività non commerciale sono indicati nel comma 6 nonché negli articoli 84 e 85 che disciplinano, rispettivamente, le organizzazione di volontariato (OdV) e le associazioni di promozione sociale (APS).

Sono inoltre individuate le voci di entrata che non rilevano ai fini della determinazione del reddito (comma 4).

La norma ripropone le analoghe voci già previste dalle lettere a) e b) dell’art. 143, co.3, TUIR. Si fa presente che, a fini di coordinamento, l’art. 89, co. 1, lett. a) del provvedimento in esame modifica il richiamato art. 143, c.3 del TUIR per prevedere la non applicazione di tale ultima disposizione agli enti del terzo settore.

Gli enti del terzo settore che svolgono in via esclusiva o prevalente attività non commerciali sono qualificati come enti non commerciali. Pertanto, nel caso in cui i proventi derivanti dall’attività non commerciale risultino uguali o inferiori ai proventi derivanti da attività di natura commerciale, gli enti del terzo settore sono qualificati enti commerciali. A tal fine viene precisato che sono inclusi tra i proventi dell’attività non commerciali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell’ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti (comma 5).

Articolo 80 – Regime forfetario degli enti del terzo settore non commerciali

La norma consente agli enti del terzo settore non commerciali di optare, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, per l’applicazione di uno specifico regime fiscale forfettario. In caso di opzione, ai ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6, si applicano i coefficienti indicati dalla norma, fissati in base al tipo di attività e al volume di ricavi.

Si riporta, di seguito, uno schema di raffronto fra il vigente regime forfetario per gli enti non commerciali (art. 145 TUIR) e quello previsto dalla norma in esame.

 

Art.145 TUIR vigente

Articolo 80 proposto (*)

Ricavi

Coeff.

Ricavi

Coeff.

Attività di prestazioni di servizi

 

Attività di prestazioni di servizi

 

-       fino a 15.494 euro

15%

-       fino a 130.000 euro

7%

-       da 15.494 a 309.874 euro

25%

-       da 130.000 a 300.000 euro

10%

 

 

-       oltre 300.000 euro

17%

Altre attività

 

Altre attività

 

-       fino a 25.823 euro

10%

-       fino a 130.000 euro

5%

-       da 25.823 a 516.457 euro

15%

-       da 130.000 a 300.000 euro

7%

 

 

-       oltre 300.000 euro

14%

(*) L’art. 86 del provvedimento in esame (cfr infra) prevede coefficienti di redditività agevolati per le APS e le OdV con ricavi fino a 130.000 euro.

 

Analogamente a quanto previsto dalla normativa vigente, al valore ottenuto applicando i predetti coefficienti sono aggiunte le plusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze attive, i dividendi ed interessi e i proventi immobiliari di cui ai vigenti articoli 86, 88, 89 e 90 del TUIR.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 101, comma 10, l’efficacia dell’articolo 80 è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

Articolo 84 – Regime fiscale delle organizzazioni di volontariato (OdV)

La norma introduce alcune disposizioni fiscali di favore specificamente riferite alle organizzazioni di volontariato (OdV).

L’art. 102, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame prevede l’abrogazione della legge n. 266/1991 (legge quadro sul volontariato).

In particolare, sono individuate ulteriori attività, rispetto a quelle già indicate nell’art. 79, commi 2 e 3, che, se svolte dalle OdV, sono qualificate come attività non commerciali. Viene inoltre confermato quanto disposto dall’art 79, co. 4, in materia di non concorrenza alla formazione del reddito (comma 1).

La relazione illustrativa afferma che “la norma, in continuità con le attuali previsioni della Legge 11 agosto 1991, n. 266 e nella susseguente normativa di attuazione, enumera alcune tipologie di attività che non sono considerate commerciali qualora effettuate dalle suddette organizzazioni senza l'impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità. In particolare si fa riferimento ad attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall'organizzazione senza alcun intermediario e di cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari, sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall'organizzazione di volontariato senza alcun intermediario (in entrambe i casi, si ritiene che l'impiego di nuove modalità di vendita- ad esempio tramite portali o aste su internet- non debba necessariamente configurare la presenza di intermediari ai fini di questa disposizione). Rientrano in questo contesto anche le attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale, nonché le attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali e verso il pagamento di corrispettivi specifici che non eccedono il 50 per cento dei costi di diretta imputazione. Si tratta di una disposizione già presente nell'ordinamento vigente, diretta a favorire la gestione da parte delle ODV di strutture destinate alla somministrazione di alimenti e bevande che sono naturalmente connaturate alle modalità di svolgimento delle loro attività”.

Inoltre, è disposta l’esenzione dall’IRES per i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle OdV (comma 2).

La relazione illustrativa afferma che “si tratta di una disposizione che introduce un beneficio specifico, con una novità nel panorama legislativo fiscale, permettendo alle organizzazioni che basano la propria attività sul supporto dei volontari, di evitare che il possesso degli immobili possa intaccare le risorse destinate allo svolgimento di attività di interesse generale meritevoli di tutela”.

Articolo 85 – Regime fiscale delle associazioni di promozione sociale (APS)

La norma introduce alcune disposizioni fiscali specificamente riferite alle associazioni di promozione sociale (APS), la cui disciplina è attualmente in gran parte contenuta nella legge n. 383 del 2000.

L’art. 102, comma 1, lettera a) del provvedimento in esame prevede l’abrogazione della citata legge n. 383 del 2000 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale).

Sono individuate ulteriori attività, rispetto a quelle già indicate nell’art. 79, commi 2 e 3, che sono qualificate attività non commerciali ai fini fiscali. In particolare:

-        i commi 1 e 2 indicano le attività che, se svolte dalle APS, sono considerate “non commerciali”. La formulazione proposta è analoga al vigente comma 3 dell’art. 148 TUIR (modificato dall’art. 89, co.3, del provvedimento in esame). Sono incluse tra le attività non commerciali anche quelle svolte secondo i requisiti di cui alla lettera m) dell'art. 5, che consentono lo svolgimento di attività a favore dei enti del terzo settore composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del terzo settore (comma 1). Sono altresì considerate non commerciali le cessioni a terzi di proprie pubblicazioni, cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali (comma 2);

Il comma 1, inoltre, conferma quanto disposto dall’art. 79, co. 4, in materia di non concorrenza di alcune voci alla formazione del reddito;

-        le attività indicate nel comma 4 sono considerate non commerciali se svolte dalle APS incluse tra gli enti di cui all’articolo 3, co. 6, lett. a), della legge n. 287/1991, iscritte nell’apposito registro e con i requisiti indicati;

-        le attività indicate nel comma 6 sono considerate non commerciali se svolte direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e senza impiego di mezzi organizzati.

Il comma 3 conferma quanto attualmente disposto dall’art. 148, co. 4, del TUIR, individuando le attività che comunque si considerano commerciali. Si tratta di un necessario coordinamento formale conseguente alla modifica apportata all’art. 148, co. 3 TUIR dall’art. 89 del provvedimento in esame (cfr supra).

Viene precisato che le quote e i contributi corrisposti alle APS non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sugli intrattenimenti (comma 5).

La disposizione ripropone quanto attualmente disposto dall’art. 21, comma 1, della legge n. 383 del 2000[13]. In proposito si segnala che il comma 2 del richiamato art. 21 dispone che per gli oneri che derivano dal comma 1 è autorizzata la spesa massima di 1,8 milioni di euro a decorrere dal 2002.

Infine, si dispone l’esenzione dall’IRES dei redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle associazioni di promozione sociale (comma 7).

Articolo 86 – Regime forfetario delle OdV e delle APS

La norma prevede un ulteriore regime agevolato cui possono accedere le OdV e le APS con ricavi non superiori a 130.000 euro annui. L’esercizio dell’opzione comporta, tra l’altro:

-        la determinazione forfetaria della base imponibile ai fini delle imposte dirette, ottenuta applicando il coefficiente di redditività - fissato in misura pari, rispettivamente, all’1% e al 3% - all’ammontare dei ricavi;

-        l’applicazione di specifici criteri di imputazione di componenti positivi e negativi di reddito nonché di riporto delle perdite rinviati da anni precedenti quello in cui si applica il nuovo regime;

-        l’esonero dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili;

-        l’esclusione dell’obbligo di operare le ritenute alla fonte;

-        semplificazioni ai fini IVA che riprendono, in larga parte, la disciplina del regime forfetario per le imprese e i lavoratori autonomi di cui all’art. 1, co. 54-89, legge n. 190/2014. Si evidenziano, in proposito, il mancato addebito dell’IVA nelle fatture emesse e la non detraibilità dell’IVA sugli acquisti. Ulteriori semplificazioni sono previste in merito agli adempimenti periodici e contabili;

-        l’esclusione dall’applicazione della disciplina sugli studi di settore, su parametri e su indici sistematici.

Viene infine precisato che le disposizioni contenute nell’articolo in esame si applicano fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.

Articolo 100 – Regime fiscale delle OdV e delle APS

La norma stabilisce che, fino all'adozione dei decreti di cui all’articolo 7, comma 2, all’articolo 13, comma 3, e all’articolo 14, comma l, trovano applicazione le linee guida già elaborate dall'Agenzia del terzo settore.

La relazione illustrativa afferma che l'articolo 100 dispone, in via transitoria e fino all'adozione di nuovi provvedimenti ministeriali, l'applicazione, in materia di raccolta fondi, di schemi di bilancio di esercizio, di bilancio sociale, dei provvedimenti (''linee guida") finora a carattere non vincolante, a suo tempo predisposti dall'Agenzia del terzo settore. Si fa riferimento alle linee guida per la raccolta dei fondi (seconda edizione, 2011), per la redazione dei bilanci di esercizio degli enti non profit (ottobre 2009) e per la redazione del bilancio sociale delle organizzazioni non profit ( aprile 2011l)

Articolo 89, commi da 1 a 6 e 8 - Coordinamento normativo

Tra le disposizioni di coordinamento normativo contenute nell’articolo 89 si segnalano le seguenti.

Il comma 1 che esclude l’applicazione di disposizioni vigente agli enti del terzo settore in quanto le relative discipline sono previste nell’ambito del provvedimento in esame (determinazione del reddito degli ETS, imposta di successione, e disciplina specifica per le associazioni sportive dilettantistiche).

Il comma 2 afferma che il regime forfetario di cui all’art. 145 del TUIR si applica ai soggetti di cui all’art. 4, co. 2 e a quelli di cui all’art. 4, co. 3 che non sono iscritti nel Registro unico nazionale del terzo settore. Ai soggetti di cui all’art. 4, co. 3 iscritti nel predetto Registro, l’art. 145 TUIR si applica limitatamente alle attività diverse da quelle indicate nell’articolo 5.

Il comma 3 modifica il vigente comma 3 dell’articolo 148 TUIR al fine di espungere, tra gli altri, il riferimento alle associazioni di promozione sociale dai soggetti per i quali sono individuate attività non considerate commerciali. L’analoga formulazione è riproposta nel comma 1 dell’art. 85 sopra illustrato.

Il comma 4 che prevede la non applicazione della riduzione al 50% dell’aliquota IRES per gli enti del terzo settore.

I commi 5 e 6 che estende agli enti del terzo settore la disciplina IVA prevista per le ONLUS.

Il comma 8 prevede l’iscrizione nel Registro unico nazionale del terzo settore delle Organizzazioni non governative già riconosciute.

 

La relazione tecnica considera il gruppo di disposizioni di cui agli articoli 79, 80, 84, 85, 86 e 100 nonché, anche separatamente, l’articolo 100.

Si riporta una sintesi schematica del contenuto della relazione tecnica.

Articoli 79, 80, 84, 85, 86 e 100

La RT afferma che la quantificazione è stata effettuata mediante modello di microsimulazione nel quale sono stati considerati:

-        la natura opzionale del regime forfetario proposto;

-        la mancata applicazione della riduzione dell’aliquota IRES al 50% (per effetto di quanto disposto dall’art. 89, co. 4, agli enti del terzo settore non si applica l’aliquota IRES ridotta di cui all’art. 6 del DPR n. 601/1973);

-        l’ipotesi di decorrenza degli effetti dal 2020 in quanto, afferma la RT, per i primi due anni (2018 e 2019) il nuovo regime fiscale non troverà applicazione nelle more dell’iter previsto per la concessione dell’autorizzazione della Commissione europea di cui all’art. 101, co. 10 (art. 104, c. 2).

I dati utilizzati per la stima sono ricavati dai seguenti due archivi:

1.     Dati fiscali. La RT afferma che in base alle dichiarazioni dei redditi presentate dagli Enti non commerciali, risultano circa 148 mila soggetti, di cui circa 12 mila presentate dalle ONLUS. Più in particolare, la RT afferma che le dichiarazioni UNICO2016 sono state presentate:

-        n. 4.756 da Associazioni di Promozione Sociale (APS);

-        n. 964 da Organizzazioni di Volontariato (OdV);

-        quasi 35.000 da soggetti che rappresentano tutti gli “altri enti del terzo settore” di cui all’articolo 80. La RT afferma che questo insieme di contribuente non comprende quei soggetti le cui attività non sono ritenute afferenti al terzo settore (fondazioni bancarie, formazioni/associazioni politiche, sindacati, associazioni professionali e di rappresentanza di categoria economica, associazioni di datori di lavoro e pubbliche amministrazioni ivi compresa l’istruzione).

La RT segnala, inoltre, che il vigente regime forfetario per gli enti non commerciali (art. 145 del TUIR) è stato applicato:

-        nel 2014, da circa 1.300 soggetti, con ricavi per circa 32 milioni di euro;

-        nel 2015, da circa 2.000 soggetti, con ricavi per circa 44 milioni di euro.

2.     Archivio di dati relativo al terzo settore, ottenuto attraverso l'integrazione di varie fonti, composto da oltre 387 mila soggetti.

Elaborando le informazioni disponibili nei predetti due archivi, la RT afferma di aver creato un archivio integrato che comprende sia i soggetti inclusi nelle due base-dati (cd. “soggetti abbinati”) sia i soggetti non abbinati. La RT afferma che l’archivio integrato:

-        include oltre 41.000 APS e oltre 16.000 OdV potenzialmente interessati dalle modifiche in esame (come indicato nei dati fiscali, solo una parte di essi risulta aver presentato la dichiarazione UNICO 2016);

-        esclude le imprese sociali, indicate in circa n. 1.000;

-        esclude le associazioni sportive dilettantistiche, indicate in oltre n. 20.000;

-        esclude i soggetti le cui attività non si ritengono afferire al terzo settore. Rispetto a tali soggetti non viene indicata la numerosità.

La RT afferma inoltre che la microsimulazione è stata effettuata considerando tre distinti gruppi di soggetti:

-        per i primi due gruppi (APS e OdV) si è proceduto come segue:

§  sono stati individuati, in base al codice attività, i soggetti che svolgono attività di prestazione di servizi per poter applicare i differenti coefficienti di redditività previsti dall’art. 80;

§  sono stati esclusi i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte dell’ente;

§  è stato ricalcolato il reddito d’impresa, applicando il coefficiente di redditività;

§  è stato applicato il regime forfetario nel caso di limite di 130.000 euro di ricavi in caso di possibilità (art. 86);

-        per gli altri enti del terzo settore si è proceduto come segue:

§  sono stati considerati i proventi da esercizio di attività commerciale (contabilità ordinaria e semplificata);

§  sono stati individuati, in base al codice attività, i soggetti che svolgono attività di prestazione di servizi per poter applicare i differenti coefficienti di redditività previsti dall’art. 80;

§  è stato ricalcolato il reddito d'impresa applicando i coefficienti previsti dall’art. 80, al quale è stato poi aggiunto l'ammontare dei componenti positivi di reddito relativi a plusvalenze patrimoniali, sopravvenienze attive, dividendi e proventi immobiliari che non costituiscono bene strumentale per il reddito d'impresa.

La RT riporta quindi i risultati della microsimulazione che consistono, complessivamente, in un maggiore onere per i contribuenti – ossia un effetto positivo per la finanza pubblica - stimato in circa 6 milioni di euro annui. La RT afferma che la stima degli effetti finanziari determinati dal passaggio al nuovo regime forfetario comporta, per un verso, una riduzione dell’imponibile (coefficienti inferiori) e, per altro verso, un incremento dell’aliquota IRES (mancata applicazione della riduzione al 50%). In particolare:

-        in riferimento a circa 5.800 soggetti, la RT segnala una perdita di gettito (minori oneri per il contribuente) pari a circa 6 milioni di euro corrispondente ad un minor reddito di impresa teorico pari a quasi 72 milioni di euro;

-        in riferimento ad oltre 26.000 soggetti, la RT segnala un maggior gettito (maggiori oneri per il contribuente) pari a quasi 12 milioni annui. In proposito la RT evidenzia che quasi tutti i soggetti in parola godono dell’aliquota IRES agevolata al 50% e, a parità di condizioni, subiscono un aggravio IRES dall’abolizione dell’aliquota agevolata.

Ulteriori effetti finanziari sono valutati dalla RT in riferimento al c.d. “effetto spiazzamento”. La RT afferma che “è possibile assumere un incremento del volume di affari con un conseguente effetto "spiazzamento". A fronte di un incremento degli affari, infatti, da parte degli enti del Terzo Settore (comprese le APS e OdV), si potrebbe ipotizzare una contestuale riduzione degli stessi da parte di soggetti commerciali che attualmente trattano prodotti attinenti a quelli commercializzabili dal Terzo Settore”.

Ai fini della stima la RT considera:

1.     Contribuenti che godono del regime più vantaggioso (APS e OdV).

All’interno di questa categoria, la RT ipotizza un incremento del fatturato di 49,6 milioni in capo alle APS e OdV che già hanno attività commerciale, per la parte capiente fino a 130.000 euro, a fronte di un analogo decremento per soggetti operanti fuori dal terzo settore.

Un’ulteriore categoria è riferita alle APS e OdV non abbinate con l’archivio degli enti non commerciali che, secondo la RT, potrebbero essere interessati ad intraprendere un’attività commerciale sia pure residua, secondo il regime forfetario. La RT ipotizza che tali soggetti corrispondano a circa ¼ delle APS e OdV non abbinate, indicando quindi quasi 13.000 soggetti. Attribuendo ai predetti soggetti un ricavo medio di 19.000 euro annui (ottenuto in base ai dati dei soggetti abbinati), si ottiene ammontare di ricavi pari a 246,8 milioni[14].

Complessivamente i ricavi determinati, per i soggetti in esame, dall’“effetto spiazzamento” ammontano a 296 mln (246,8+49,6). Rispetto a tali ricavi si verifica, per un verso, una perdita di gettito riferita alle imprese commerciali e, per altro un incremento di gettito riferito agli enti del terzo settore. La RT ipotizza una redditività delle imprese commerciali del 20% e stima la perdita di gettito in 14,2 milioni (296x20%x24%). L’incremento di gettito determinato dagli enti del terzo settore è stimato dalla RT ipotizzando un coefficiente di redditività del 3% (296x3%x24%)=2,1 milioni.

2.     Altri enti del terzo settore

La RT evidenzia che il numero degli enti, diversi da APS e OdV, che già hanno attività commerciale sono circa 34,6 mila ed assume tale dato come proxy per stimare il numero degli enti interessati ad una nuova attività commerciale (indicati in misura pari a 35 mila). Attribuendo a ciascun soggetto un ricavo medio di 19.000 euro determina un effetto spiazzamento pari a 665,4 milioni. Ipotizzando un coefficiente di redditività delle imprese commerciali del 20%, la perdita di gettito è pari a 665,4x20%x24%= 31,9 milioni annui. Contestualmente, il recupero di gettito in capo agli enti del terzo settore, calcolata ipotizzando una redditività del 6%, è pari a 665,4x6%x24%= 9,6 milioni annui.

L’effetto spiazzamento stimato dalla RT, considerando anche gli arrotondamenti, determina minori entrate IRES pari a 34,5 milioni annui in termini di competenza (-14,2+2,1-31,9+9,6).

Complessivamente, la RT riporta in tabella gli effetti attribuiti alle norme in esame in termini di competenza.

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023ss

Nuovi regimi

0

0

6

6

6

6

Spiazzamento

0

0

-34,5

-34,5

-34,5

-34,5

Totale

0

0

-28,5

-28,5

-28,5

-28,5

 

In termini di cassa, la RT riporta la seguente tabella

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023ss

Totale

0

0

-49,8

-28,5

-28,5

-28,5

 

Articolo 100

La RT afferma che la norma prevede che, fino all’introduzione di nuove linee guida in materia di raccolta fondi, di predisposizione del bilancio di esercizio e del bilancio sociale per gli enti del terzo settore, si applicano quelle esistenti già approvate dall’Agenzia del terzo settore. La RT afferma quindi che la disposizione non produce alcun effetto di spesa.

Con riferimento all’articolo 89, la RT afferma che lo stesso ha portata regolatoria e non genera effetti di spesa a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, si segnala, in via preliminare, che la relazione tecnica stima gli effetti finanziari recati dall’introduzione dei nuovi regimi fiscali mediante modello di microsimulazione. Il ricorso a tale strumento, che tiene conto della complessità delle variabili che concorrono a determinare la stima, non consente tuttavia di operare una verifica puntuale della quantificazione, non essendo esplicitati gli elementi ad essa sottostanti.

In merito alle indicazioni riportate dalla relazione tecnica, si rileva quanto segue.

Si rileva in primo luogo che la RT non considera i possibili effetti in termini di imposta sul valore aggiunto: ciò con particolare riferimento alle disposizioni che prevedono l’applicazione agli Enti del terzo settore dell’attuale disciplina IVA prevista per le ONLUS nonché un regime IVA agevolato per le Organizzazioni di volontariato e per le Associazioni di promozione sociale.

In merito ai profili di decorrenza, la RT quantifica gli effetti delle disposizioni a decorrere dal 2020, ipotizzando che per i primi due anni non sarà concluso l’iter per l’autorizzazione comunitaria. Andrebbe peraltro acquisita una valutazione del Governo in merito alla prudenzialità di tale ipotesi, in base alla quale alle disposizioni non sono imputati effetti di gettito per gli anni 2017, 2018 e 2019.

Per quanto concerne la platea considerata ai fini della quantificazione, la relazione tecnica, partendo da alcuni dati complessivi relativi all’archivio fiscale e all’archivio del terzo settore, illustra la procedura seguita per definire l’archivio integrato utilizzato ai fini della quantificazione, ottenuto – secondo la stessa relazione - mediante elaborazione dei predetti dati. Tuttavia, le indicazioni della RT non consentono di individuare specificamente il numero e la composizione, per categoria di appartenenza, del complesso dei soggetti inclusi in tale archivio.

Infatti, sono espressamente indicate le esclusioni (solo alcune con il dato numerico) ed il numero delle APS e delle OdV potenzialmente interessate. Non risulta invece precisato, né appare desumibile dalle informazioni fornite, il numero complessivo degli enti del terzo settore considerati ai fini della stima ed il raffronto rispetto agli enti che attualmente beneficiano di regimi agevolati.

Si rileva in proposito che i dati fiscali indicati dalla RT (circa 148.000 dichiarazioni di ENC di cui circa 12.000 ONLUS) sembrerebbero riferiti al periodo d’imposta 2015 le cui dichiarazioni dei redditi non sono ancora pubblicate sul sito dell’Agenzia delle entrate. Da tale sito, infatti, risulta che per i periodi d’imposta 2014 e 2013, sono state presentate, rispettivamente, n. 152.605 e n. 145.024 dichiarazioni da parte degli ENC e n. 7.603 e n. 7.452 dichiarazioni da parte delle ONLUS.

In proposito, appare quindi opportuno acquisire le necessarie informazioni di dettaglio, che consentano di individuare il numero degli enti interessati ai regimi agevolati previsti dal provvedimento in esame nonché, per ciascuna tipologia dei medesimi enti e per ciascuna classe di fatturato considerata dalla RT, elementi di raffronto rispetto ai regimi agevolati applicabili in base alla vigente normativa.

I predetti dati appaiono necessari ad esempio ai fini della verifica delle specifiche stime riferite ai regimi forfetari di cui agli artt. 80, 84, 85 e 86, in relazione ai quali non viene, tra l’altro, definita la consistenza delle categorie di enti con ricavi non superiori a 130.000 euro e di quelli che eccedono tale soglia. Analogamente, con riguardo alle disposizioni di coordinamento recate dall’art. 89, comma 8, andrebbe verificato se i soggetti ivi indicati, che saranno iscritti di diritto nel Registro unico del terzo settore, potranno beneficiare per effetto di tale iscrizione di agevolazioni diverse rispetto a quelle ora ad essi applicate.

Si osserva altresì che, tra i parametri utilizzati per la stima, la RT considera una redditività delle attività attualmente svolte dalle imprese commerciali pari al 20% dei ricavi. Poiché tale coefficiente determina la base imponibile rispetto alla quale è stimata la perdita di gettito, appare opportuno acquisire gli elementi, anche di carattere statistico, sottostanti la scelta della predetta percentuale al fine di verificarne la prudenzialità. Ciò anche in considerazione del fatto che, a normativa vigente, il regime forfetario per gli enti non commerciali (art. 145 del TUIR) prevede coefficienti di redditività fino al 25%.

Inoltre, per la stima del maggior gettito attribuibile ai redditi in capo alle APS e OdV con ricavi fino a 130.000 euro, la RT utilizza il coefficiente di redditività del 3%. Anche rispetto a tale ipotesi andrebbero acquisiti elementi riferiti ai profili di prudenzialità, tenuto conto che la normativa proposta prevede i coefficienti dell’1% e del 3% da applicare, rispettivamente, alle OdV e alle APS.

In merito alle disposizioni che, con decorrenza anticipata al 2018, prevedono l’esenzione dall’IRES dei redditi degli immobili utilizzati in via esclusiva per lo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato (art. 84, co. 2) e delle associazioni di promozione sociale (art. 85, co. 7), andrebbero acquisiti chiarimenti sul relativo impatto finanziario. Si segnala inoltre che la formulazione della norma - che riguarda letteralmente “i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciali” - sembrerebbe consentire il riconoscimento del beneficio in favore di qualunque soggetto realizzi il reddito oggetto di esenzione.

A titolo esemplificativo, potrebbe in linea di principio rientrare nell’ambito applicativo anche una società commerciale che conceda in locazione alla APS o OdV l’immobile utilizzato in via esclusiva per attività non commerciale.

In merito a tale formulazione è quindi opportuno acquisire l’avviso del Governo, anche in considerazione del fatto che, per le disposizioni indicate, è prevista l’entrata in vigore fin dal 2018.

Si segnala infine che l’art. 85, comma 5 (in base al quale le quote e i contributi corrisposti alle APS non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sugli intrattenimenti), sembrerebbe riproporre quanto attualmente disposto dall’art. 21, comma 1, della legge n. 383 del 2000. Non viene invece riproposto il comma 2 del citato articolo 21 ai sensi del quale l’agevolazione opera nel limite massimo di spesa fissato in 1,8 milioni annui. Andrebbero quindi acquisite informazioni in merito al profilo finanziario della disposizione, sia per quanto concerne la stima dell’onere (che non risulterebbe più soggetto ad un limite di spesa) sia per quanto concerne la relativa copertura finanziaria, tenuto conto che l’articolo 102, comma 1, lettera a) prevede l’abrogazione della legge n. 383 del 2000.

 

ARTICOLO 81

Social bonus

La norma introduce un credito d’imposta (c.d. social bonus) per i soggetti che effettuano erogazioni liberali in denaro in favore degli enti del terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 104, comma 1, le disposizioni di cui all’articolo 81 si applicano a decorre dal 2018, in via anticipata, quindi, rispetto alle altre disposizioni del Titolo X.

Il beneficio è fissato in misura pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche e del 50 per cento se effettuate da enti soggetti all’IRES. Il credito d’imposta non è cumulabile con le detrazioni e deduzioni previste dall’art. 83 del provvedimento in esame, né con quelle previste da altre disposizioni di legge (comma 1).

Il credito d’imposta è riconosciuto nel limite del 15 per cento del reddito imponibile, se erogato da persone fisiche o da enti non commerciali e nel limite del 5 per mille dei ricavi se erogato da soggetti titolari di reddito d’impresa. Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo (comma 2).

Il beneficio può essere fruito anche in compensazione e non rileva ai fini della determinazione della base imponibile delle imposte sui redditi e dell’IRAP (comma 3) né ai fini del calcolo della indeducibilità degli interessi passivi (comma 4).

Sono inoltre previste disposizioni a carico del beneficiario concernenti l’utilizzo delle risorse e la pubblicità delle somme ricevute (comma 5). Si rinvia ad un decreto ministeriale per la individuazione delle modalità attuative e delle procedure per l’approvazione dei progetti di recupero finanziabili (commi 6 e 7).

 

La relazione tecnica afferma che dai dati fomiti dall'Agenzia del demanio, relativi ai cespiti del patrimonio disponibile dello Stato con situazione occupazionale "libero", risulta un portafoglio di circa 950 immobili con un valore di circa 296 milioni di euro ed una superficie di circa 606 mila metri quadrati.

La RT ritiene che, valutando i risultati applicativi di norme simili, non più del 3% di tale patrimonio potrà essere oggetto di donazioni liberali; per questa ragione la RT ipotizza che per ogni anno di applicazione della norma potranno essere coinvolti fino a 28 immobili[15], per un valore immobiliare complessivo pari a circa 8,8 mln di euro[16] ed una superfice lorda di circa 17.700 mq[17].

Applicando i parametri di settore utili all'individuazione di un costo per ristrutturazione sul portafoglio cosi ottenuto la RT individua un fabbisogno di circa 20 mln di euro (1.162 €/mq).

Dai dati dichiarativi dei contribuenti circa le erogazioni effettuate per l'Art Bonus e relativi all'anno d'imposta 2015, risulta che la quota parte riferibile alle persone fisiche è pari al 9,4 per cento e al 90,6 per cento per le altre tipologie di contribuenti.

Estendendo l’analisi a tutto il patrimonio immobiliare del settore pubblico coinvolto dalla proposta normativa, sulla base dei dati dell'Agenzia del demanio, la RT afferma che risulta un numero di immobili pari a 112 per un costo complessivo di ristrutturazione pari a 80 milioni di euro[18] ed un credito di imposta stimato di circa 4,9 milioni di euro per le persone fisiche (80 x 9,4% x 65%) e 36,2 milioni di euro per le altre tipologie di contribuenti (80 x 90,6% x 50%).

La RT ipotizza che tali erogazioni liberali risultino sostitutive di altre per le quali i soggetti avrebbero comunque fruito delle vigenti detrazioni al 26 per cento, se persone fisiche, o deduzioni (aliquota IRES media stimata del 17,5 per cento) se appartenenti ad altre tipologie di contribuenti, e che tali somme siano pari al 50 per cento di quelle sopra calcolate e quindi pari a 40 milioni di euro.

In termini di competenza, la stima del social bonus è indicato dalla relazione tecnica in 3,9 milioni di euro per le persone fisiche e in circa 29,9 milioni per le altre tipologie di contribuenti[19].

In termini di cassa, la RT afferma di considerare un acconto pari al 75 per cento e una fruizione in tre quote annuali di pari importo del credito d’imposta e riporta i seguenti effetti.

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

2022ss

IRES

0

-10,0

-26,9

-39

-29,9

IRPEF

0

-1,1

-3,5

-5,1

-3,9

Totale

0

-11,1

-30,4

-44,1

-33,8

 

Al riguardo, si fa presente che la relazione tecnica quantifica gli oneri in base alla differenza tra la stima degli effetti di minor gettito riferiti alle agevolazioni vigenti e quelle derivanti dalle agevolazioni proposte.

Per quanto concerne la valutazione degli effetti in base alla normativa vigente (detrazione IRPEF e deduzione IRES delle erogazioni), la RT ipotizza che un ammontare di erogazioni pari a 40 milioni (corrispondente alla metà del totale delle nuove erogazioni stimate) sia già oggetto di erogazione liberale e che lo stesso benefici, a normativa vigente, della detrazione ad aliquota del 26%. Non sono peraltro esplicitati gli elementi sottostanti tali parametri, necessari ai fini della verifica della stima - anche sotto il profilo della prudenzialità - sia con riferimento all’ammontare delle erogazioni (50% delle nuove erogazioni sono attribuite ad un “effetto sostitutivo” e, pertanto, determinano oneri in base alla sola differenza di aliquota di detrazione) sia con riferimento alla misura della detrazione IRPEF. Ciò anche in considerazione del fatto che, a normativa vigente, le erogazioni liberali possono beneficiare della detrazione del 19% o del 26% in funzione delle caratteristiche del beneficiario.

Per quanto riguarda la valutazione degli effetti relativi alla normativa proposta, si rileva che né il testo della disposizione né la relazione tecnica esplicitano i tempi di fruizione del credito d’imposta introdotto. Infatti, la norma prevede la fruizione del beneficio in tre quote annuali di pari importo, anche a mezzo compensazione con modello F24, ma non indica la decorrenza per la fruibilità del credito d’imposta.

Tenuto conto che la disposizione entra in vigore dal 2018 e che la relazione tecnica ascrive effetti a decorrere dal 2019, sembrerebbe potersi desumere che l’ipotesi adottata dalla relazione tecnica sia quella della fruibilità a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è avvenuta l’erogazione liberale. Tale ipotesi, tuttavia, non sembra considerare gli effetti finanziari che si produrrebbero, anche nel 2018, a seguito della fruizione – mediante compensazione con modello F24 – del credito d’imposta introdotto dalla norma in esame.

In proposito andrebbero quindi acquisiti chiarimenti, anche al fine di verificare la stima degli effetti di cassa indicati dalla relazione tecnica, rispetto alla quale andrebbero comunque esplicitate le procedure di calcolo adottate.

 

ARTICOLO 82

Disposizioni in materia di imposte dirette e tributi locali

La norma introduce agevolazioni fiscali in favore degli enti del terzo settore, ivi comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, salvo quanto previsto dal comma 4 (comma 1).

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 104, comma 1, le disposizioni di cui all’articolo 82 si applicano a decorrere dal 2018, in via anticipata, quindi, rispetto alla data di entrata in vigore delle altre disposizioni del Titolo X.

In linea generale, rinviando a quanto più in dettaglio indicato dalle norme, viene prevista:

-       l’esenzione dall’imposta di successione e donazione e dall’imposta ipotecaria e catastale dei trasferimenti a titolo gratuito a favore degli enti di cui al comma 1. L’agevolazione spetta a condizione che i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione siano direttamente utilizzati entro cinque anni dal trasferimento in attuazione degli scopi istituzionali (comma 2);

-       l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in relazione agli atti costitutivi, alle modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione, scissione o trasformazione (comma 3);

-       l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in relazione agli atti traslativi di proprietà o diritti immobiliari in favore degli enti del terzo settore, comprese le imprese sociali. Il beneficio spetta a condizione che i beni siano direttamente utilizzati entro cinque anni per scopi istituzionali (comma 4);

-       l’esenzione dall’imposta di bollo degli atti, documenti, istanze, contratti e copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni (comma 5);

-       l’esenzione dall’IMU e dalla TASI degli immobili posseduti e utilizzati dagli enti del terzo settore destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, ai sensi dell’art. 79, co. 2, delle attività indicate dalla norma. E’ previsto il rinvio alla disciplina vigente (comma 6);

-       la possibilità per i Comuni, di introdurre agevolazioni su tributi diversi dall’IMU e dalla TASI (comma 7);

-       la facoltà per le regioni di disporre agevolazioni in materia di IRAP (comma 8);

-       l’esenzione dall’imposta sugli intrattenimenti (comma 9);

-       l’esenzione dalla tasse di concessione governativa (comma 10).

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni di cui ai commi 2, 5 e 10 non determinano effetti finanziari considerato che già a legislazione vigente tali soggetti possono beneficiare di analoghe agevolazioni.

Per quanto riguarda il comma 3, la RT fa presente che, seppure sia prevista attualmente un’imposta di registro del 3%, per quanto concerne le fusioni tra gli enti non commerciali, tale tassazione è limitata alle sole fusioni tra enti non appartenenti - per legge, regolamento o statuto - alla medesima struttura organizzativa, politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale. La misura fissa, invece, già si applica alle operazioni di riorganizzazione attuate tramite operazioni di fusione tra enti appartenenti alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale (circolare n. 2/E/2014; Agenzia delle Entrate). Dall'elaborazione dell'Archivio del Registro anno d’imposta 2015, incrociando i dati con i codici fiscali degli enti del terzo settore (perimetro già utilizzato nell'ambito della ridefinizione del reddito imponibile per le imposte dirette), sono risultati solo tre soggetti che hanno effettuato operazioni di fusione o scissione, dei quali un solo soggetto nell’anno di riferimento ha effettuato una operazione pagando un’imposta di registro pari al 3%, di importo irrisorio. Pertanto la RT stima che il comma in esame comporti effetti finanziari di trascurabile entità considerando preponderante la fusione tra enti simili per struttura organizzativa. ·

In riferimento al comma 4, la RT stima che la disposizione comporti una perdita di gettito di circa 20 milioni di euro su base annua.

In merito alla esenzione IMU TASI prevista dal comma 6, la RT evidenzia che, data la coincidenza dei soggetti esentati con quelli indicati all'art. 73, comma 1, lett. c) del DPR n. 917 del 1986, alla disposizione non si ascrivono effetti finanziari poiché si avrebbe un ambito applicativo coerente con le vigenti agevolazioni.

Ai commi 7 e 8 non si ascrivono effetti, in quanto attribuiscono una facoltà ai comuni e alle regioni.

 

Al riguardo, si segnala che la relazione tecnica indica l’onere stimato in relazione alle agevolazioni introdotte dal comma 4 (che si applicano anche alle imprese sociali), senza indicare la base informativa e/o i dati statistici utilizzati per la predetta quantificazione. Andrebbero quindi forniti i relativi dati al fine di consentire una verifica della stima riportata.

Per quanto concerne le altre agevolazioni, la relazione tecnica afferma l’assenza di effetti finanziari in quanto le previsioni normative non presentano sostanziali variazioni rispetto alla normativa vigente. Nel rilevare che non viene indicato l’ammontare di tali effetti finanziari, si evidenzia la necessità di chiarimenti in merito all’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni, tenuto conto che gli enti del terzo settore cui si riferiscono le agevolazioni in esame potrebbero non coincidere con quelli che attualmente beneficiano delle agevolazioni previste a normativa vigente.

 

ARTICOLI 83 e 89, commi 7 e da 9 a 14

Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali

La norma (articolo 83) introduce benefici fiscali in favore dei soggetti che effettuano erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del terzo settore di cui all’articolo 79, comma 5.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 104, comma 1, le disposizioni di cui all’articolo 83 si applicano a decorrere dal 2018, in via anticipata, quindi, rispetto alle altre disposizioni del titolo X.

In particolare:

-        per le erogazioni effettuate dalle persone fisiche, è prevista una detrazione IRPEF pari al 30 per cento (elevabile al 35% se in favore di organizzazioni di volontariato) da calcolare su un ammontare non superiore a 30.000 euro annui. Per le erogazioni liberali in denaro, la detrazione spetta se il versamento è eseguito tramite banche, uffici postali o altri sistemi di versamento previsti dall’art. 23 del d.lgs. n. 241/1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolare o altri sistemi di pagamento messi a disposizione dalle banche convenzionate) (comma 1);

-        per le erogazioni effettuate da enti e società, è prevista una deduzione dal reddito imponibile. L’ammontare deducibile non può essere superiore al 10 per cento del reddito complessivo dichiarato (comma 2).

Per quanto riguarda le erogazioni in natura da parte delle imprese, si stabilisce che non concorrono alla formazione della base imponibile[20]:

-        i beni, destinati a fini di solidarietà sociale senza scopo di lucro, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa (derrate alimentari, prodotti farmaceutici e gli altri prodotti, da individuare con apposito DM) (comma 3);

-        i beni non di lusso diversi da quelli indicati nel comma 3, ceduti gratuitamente dalle imprese, che presentano difetti tali da non consentirne la commercializzazione (pur lasciando inalterata l’idoneità all’utilizzo). La disapplicazione dell’art. 85, co. 2, è prevista per un valore corrispondente al costo sostenuto e comunque non superiore al 5 per cento del reddito d’impresa dichiarato (comma 4).

Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano a condizione che il soggetto beneficiario effettui un'apposita dichiarazione trimestrale di utilizzo dei beni ceduti e che l'ente dichiari la propria natura non commerciale. I beni di cui ai commi 3 e 4 si considerano distrutti agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto (commi 5 e 6).

I benefici relativi alle erogazioni liberali di cui al presente articolo non sono cumulabili con altre agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge (comma 7).

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cooperative sociali (comma 8).

Tra le disposizioni di coordinamento normativo riportate all’articolo 89, si segnala:

-        l’estensione delle agevolazioni fiscali previste in favore delle Organizzazioni di volontariato (commi 1 e 2) ai soggetti che effettuano erogazioni in favore dei trust o dei fondi speciali previsti dalla c.d. “legge del dopo di noi” (legge n. 112 del 2016) In particolare, in luogo dell’attuale deducibilità delle erogazioni effettuate (nel limite del 20 per cento del reddito complessivo e fino a 100.000 euro annui) è disposta l’applicazione delle agevolazioni previste per le OdV dall’articolo 83 del provvedimento in esame. Inoltre, intervenendo sull’articolo 1 relativo alle finalità della stessa legge 112/2016, viene sostituito l’attuale riferimento alle ONLUS con il riferimento agli enti del terzo settore che operano prevalentemente nel settore della beneficenza di cui all’art. 5, comma 1, lettera u) (beneficenza, sostegno a distanza, erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo).

In proposito si fa presente che le relazioni tecniche presentate nel corso dell’iter parlamentare della predetta legge n. 112/2016 indicano effetti di minor gettito (riferiti alla agevolazioni fiscali in favore dei soggetti che effettuano erogazioni liberali ai trust) pari, in termini di competenza, a 3,65 milioni annui;

-        l’inapplicabilità della vigente detrazione IRPEF[21] e della vigente deduzione IRES[22] in relazione alle erogazioni liberali in denaro effettuate nei confronti degli enti del terzo settore di cui all’art. 79, co. 5 e delle cooperative sociali (comma 10);

-        la deducibilità ai fini IRPEF delle erogazioni liberali di cui all’art. 10, co. 1, lett. g), del TUIR – ossia dei contributi, donazioni e oblazioni erogati in favore delle ONG idonee ai sensi dell'art. 28 della legge n. 49/1987, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato – è consentita a condizione che per le medesime erogazioni non si usufruisca delle detrazioni previste dall’art. 15, co. 1.1 TUIR (comma 11);

-        la deducibilità ai fini IRES delle erogazioni liberali di cui all’art. 100, co. 2, lett. a) e b) del TUIR – ossia delle erogazioni liberali fatte in favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità indicate dalla norma e di persone giuridiche con sede nel Mezzogiorno che perseguono finalità di ricerca scientifica nonché dei contributi, donazioni e oblazioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettera g), TUIR, , per un importo non superiore al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato – è consentita a condizione che per le medesime erogazioni non si usufruisca delle deduzioni previste dall’art. 100, co. 2, lett. h) TUIR (comma 12);

-        la deducibilità, ai fini IRES, delle erogazioni[23] effettuate dagli enti non commerciali è consentita a condizione che per le medesime erogazioni non si usufruisca delle detrazioni IRES previste dall’art. 153, co. 3 TUIR (comma 13);

-        l’inapplicabilità delle agevolazioni tributarie (detrazioni e deduzioni in favore di effettua erogazioni nonché esenzione da imposta sugli spettacoli ed esclusione di voci dalla formazione della base imponibile) per le fondazioni lirico-sinfoniche (comma 14).

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

In primo luogo, la RT ricorda che il comma 1 introduce la detrazione IRPEF del 30% degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro a favore degli Enti del terzo settore non commerciali nonché delle cooperative sociali per un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 30.000 euro. L'aliquota è elevata al 35% per gli oneri sostenuti dal contribuente qualora l'erogazione liberale in denaro sia a favore delle organizzazioni di volontariato.

E’ prevista inoltre l'abrogazione delle vigenti detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali ad ONLUS ed a enti operanti nel settore musicale. La normativa vigente prevede per le erogazioni liberali in denaro a favore delle ONLUS, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con DPCM, nei Paesi non appartenenti all’OCSE un'aliquota di detrazione del 26%, mentre è prevista un'aliquota del 19% per quanto concerne le erogazioni a favore di fondazioni operanti nel settore musicale e delle associazioni di promozione sociale.

Sulla base dei dati alle dichiarazioni presentate nell'anno d'imposta 2016, la RT afferma che per le citate erogazioni risulta un ammontare di spese detraibili di circa 217,4 milioni di euro e un ammontare di spese deducibili di circa 245,3 milioni di euro.

Inoltre, sulla base dei dati relativi al Terzo settore la RT stima che la percentuale delle associazioni di volontariato sia pari al 10%.

Per quanto concerne le erogazioni vigenti detraibili, applicando le aliquote differenziate del 30% e del 35%, rispettivamente, per gli enti del Terzo settore e per le associazioni di volontariato e confrontando con le vigenti aliquote di detrazione, la RT stima una perdita di gettito Irpef di circa 10,8 milioni di euro.

Per quanto concerne l'abrogazione della deducibilità delle erogazioni sopracitate, applicando un'aliquota marginale media del 30%, la RT stima un recupero di gettito Irpef di 73,6 milioni di euro e di 3,7 e 1,4 milioni di euro, rispettivamente, di addizionale regionale e comunale. Nell'ipotesi che tali erogazioni a seguito dell'abolizione usufruiscano della nuova detrazione, applicando le aliquote differenziate del 30% e del 35%, rispettivamente, per gli enti del Terzo settore e per le associazioni di volontariato la RT stima una perdita di gettito Irpef di circa 74,8 milioni di euro.

La RT stima quindi una perdita di gettito Irpef di competenza annua di circa 12 milioni di euro (-10,8+73,6-74,8) e un recupero di gettito di addizionale regionale e comunale IRPEF, pari, rispettivamente, a 3, 7 e 1,4 milioni di euro (comma 1).

La RT ricorda inoltre che il comma 2 dispone a favore di enti e società la deducibilità dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore, nel limite del 10% per cento del reddito complessivo dichiarato, delle liberalità in denaro o in natura erogate a favore degli enti del Terzo settore aventi natura non commerciale, nonché delle cooperative sociali. In via generale la RT evidenzia che nella dichiarazione IRES è presente un unico campo omnicomprensivo relativo alle deduzioni dal reddito di impresa per erogazioni liberali. In tale campo i contribuenti indicano quanto loro spettante a titolo di deduzioni ex art. l00, co. 2, TUIR (oneri di utilità sociale), che comprende numerose fattispecie.

La RT ipotizza che la normativa proposta sia suscettibile di aumentare le erogazioni liberali dedotte di un importo pari al 20% di quanto già complessivamente dichiarato (circa 175 milioni di euro da parte di oltre·11 mila soggetti, dati provvisori): ne consegue una perdita di gettito IRPEF di circa 175 X 20%X 24% = 8,4 milioni di euro.

I commi da 3 a 5 disciplinano il trattamento fiscale delle derrate alimentari, dei prodotti farmaceutici, nonché i beni non di lusso che presentano imperfezioni, alterazioni, danni e vizi tali da non consentirne la commercializzazione o la vendita che vengono ceduti gratuitamente per fini di solidarietà sociale agli enti del terzo settore. Alle disposizioni la RT non ascrive effetti data la non commerciabilità dei beni soggetti a ceduti.

Considerando l’entrata in vigore della norma a decorrere dal 2018, la RT riporta quindi la seguente tabella nella quale sono indicati gli effetti di cassa.

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023ss

IRPEF

0,0

-21,0

-12,0

-12,0

-12,0

-12,0

Add.le reg. IRPEF

0,0

3,7

3,7

3,7

3,7

3,7

Add.le com. IRPEF

0,0

1,8

1,4

1,4

1,4

1,4

IRES

0,0

-14,7

-8,4

-8,4

-8,4

-8,4

Totale

0,0

-30,2

-15,3

-15,3

-15,3

-15,3

 

Al riguardo, si segnala, in linea generale, che la disposizione introduce agevolazioni fiscali (detrazioni e deduzioni) in relazione alle erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli Enti del terzo settore e prevede, contestualmente, la non applicazione delle disposizioni vigenti in materia; queste ultime peraltro prevedono agevolazioni fiscali (detrazioni e deduzioni) in relazione alle erogazioni liberali in denaro e, solo in presenza di specifici requisiti, alle erogazioni effettuate in natura. Pertanto le disposizioni sembrano suscettibili di ampliare l’ambito oggettivo di applicazione dei benefici, con possibili effetti onerosi, non considerati dalla relazione tecnica, che, nell’illustrare la disposizione, fa riferimento alle sole erogazioni in denaro. In proposito andrebbe acquisita la valutazione del Governo.

Dalle indicazioni della RT non è possibile inoltre desumere se siano stati considerati, ai fini della stima, anche le erogazioni cui si estendono i benefici in esame ai sensi del comma 8 (erogazioni in favore di cooperative sociali) e dell’art. 89, comma 9 (erogazione ai trust costituiti ai sensi della “legge sul dopo di noi”).

In merito alla quantificazione operata, si segnala inoltre che la relazione tecnica non fornisce tutti gli elementi necessari per la verifica della stima: in particolare, non sono indicate le quote dell’ammontare complessivo delle erogazioni (indicato in 217,4 milioni) che, a normativa vigente, fruiscono della detrazione IRPEF ad aliquota del 19% o del 26%.

In base ai dati pubblicati dall’Agenzia delle entrate[24], l’ammontare delle erogazioni alle ONLUS che beneficiano della detrazione al 26% è indicato in misura pari a 202,9 milioni. Pertanto, sembrerebbe doversi desumere che la stima delle erogazioni che beneficiano della detrazione al 19% risulti pari a circa 14,5 milioni (217,4-202,9).

In merito alla sopra indicata ricostruzione appare comunque necessario acquisire elementi di valutazione e conferma.

Ciò anche in considerazione del fatto che, con riferimento a tali erogazioni, viene quantificata la perdita di gettito IRPEF, determinata dall’incremento dell’aliquota di detrazione al 30% o al 35%.

Per quanto concerne le modifiche alla deducibilità delle erogazioni effettuate dai soggetti IRES diversi dagli enti non commerciali (comma 2), la RT ipotizza un incremento del 20% delle erogazioni liberali risultanti dalle dichiarazioni dei redditi. In merito a tale parametro, andrebbe precisato se ed in quale misura l’incremento sia imputabile all’ampliamento dell’ambito oggettivo (es. erogazioni in natura) ovvero all’ambito soggettivo o ad altri eventuali fattori interessati dalle modifiche in esame (es. effetto incentivo o sostitutivo).

 

ARTICOLO 87

Tenuta e conservazione delle scritture contabili degli enti del terzo settore

Le norme disciplinano gli obblighi relativi alla tenuta e alla conservazione delle scritture contabili relativi agli enti del terzo settore. In particolare:

-        specifiche disposizioni sono previste per gli enti che non applicano il regime forfetario di cui all’art. 86 (commi 1 e 2);

-        è disposto l’obbligo di tenere una contabilità separata per gli enti che svolgono anche attività commerciale (comma 3);

-        ulteriori disposizioni sono previste per gli enti che svolgono attività non commerciale ai sensi dell’art. 79, co. 5 (commi da 4 a 6).

 

La relazione tecnica afferma che, trattandosi di una norma che pone obblighi specifici a carico di enti di diritto privato, non sono rinvenibili nella stessa nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 88

“De minimis”

La norma stabilisce che le disposizioni di seguito indicate trovano applicazione nei limiti del de minimis:

-        articolo 82, commi 7 e 8 che prevedono la facoltà per gli enti territoriali di deliberare agevolazioni su alcuni tributi (IRAP e tributi locali diversi dall’IMU e dalla TASI);

-        articolo 85, comma 2, ai sensi del quale non sono considerate attività commerciali delle APS le vendite di pubblicazioni se cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali;

-        articolo 85, comma 4, che qualifica come “non commerciale” l’attività di somministrazione di alimenti e bevande effettuata da APS in presenza di requisiti appositamente indicati .

 

La relazione tecnica afferma che la norma non genera effetti di spesa a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLO 89, commi 14 e 15

Regime fiscale delle Fondazioni lirico-sinfoniche e delle associazioni impegnate in manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale

Le norme, nell’ambito delle previsioni di coordinamento normativo, escludono l’applicazione dell'articolo 25, comma 5, del D.lgs. n. 367/1996 alle Fondazioni lirico-sinfoniche (di cui al medesimo D.lgs. n. 367 e di cui alla legge n. 310/2003), iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore (comma 14).

L’articolo 25, comma 5, del D.lgs. n. 367/1996 prevede che i proventi percepiti dalle fondazioni lirico-sinfoniche nell'esercizio di attività commerciali svolte in conformità agli scopi istituzionali siano esclusi dalle imposte sui redditi.

Inoltre, per le associazioni impegnate in manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali, iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore, si esclude l’applicazione dell’articolo 1, commi 185, 186 e 187 della legge n. 296/2006 (comma 15).

Le norme qui richiamate equiparano, a decorrere dal 1° gennaio 2007, le associazioni impegnate in manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali, ai soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle società, indicati dall'articolo 74, comma 1, del TUIR D.P.R. 917/1986 (Si tratta degli organi e delle amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, dei comuni, dei consorzi tra enti locali, delle associazioni e degli enti gestori di demanio collettivo, delle comunità montane, delle province e delle regioni). Inoltre, i soggetti, persone fisiche, incaricati di gestire le attività connesse alle finalità istituzionali delle predette associazioni, non assumono la qualifica di sostituti d'imposta e sono esenti dagli obblighi stabiliti dal D.P.R. n. 600/1973. Si prevede infine che le prestazioni e le dazioni offerte da persone fisiche in favore dei soggetti di cui al primo periodo del presente comma abbiano, ai fini delle imposte sui redditi, carattere di liberalità. I soggetti beneficiari sono individuati con decreto ministeriale in termini tali da determinare un onere complessivo non superiore a 5 milioni di euro annui.

 

La relazione tecnica, riferita al complesso dell’articolo 89, afferma che la disposizione contiene disposizioni di coordinamento normativo volte a salvaguardare l'effettiva applicazione delle norme fiscali del Codice agli enti del Terzo settore e che la sua portata specificamente regolatoria non genera effetti di spesa a carico del bilancio dello Stato.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

ARTICOLI 90-96

Monitoraggio, vigilanza e controllo

Le norme prevedono che i controlli e i poteri sulle fondazioni del Terzo settore di cui agli articoli 25 (controllo sull’amministrazione), 26 (coordinamento di attività e unificazione di amministrazione) e 28 (trasformazione) del codice civile siano esercitati dall'Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore (articolo 90).

Le norme stabiliscono inoltre le sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi in caso di distribuzioni di utili e avanzi di gestione in divieto alla legge, di devoluzione irregolare del patrimonio residuo degli enti, di illegittimo utilizzo di denominazioni o acronimi riservati agli enti del terzo settore (articolo 91).

Sono individuati i compiti di monitoraggio, vigilanza e controllo attribuiti al Ministero del

lavoro e delle politiche sociali (articolo 92).

In particolare, il predetto Ministero:

-       vigila sul sistema di registrazione degli enti del Terzo settore nel rispetto dei requisiti previsti dal presente codice e monitora lo svolgimento delle attività degli Uffici del Registro unico nazione del Terzo settore operanti a livello regionale;

-       provvede all'accreditamento delle reti associative iscritte nell’apposita sezione del registro unico nazionale autorizzandole ad espletare attività di controllo nei confronti degli enti ad esse aderenti;

-       predispone e trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sulle attività di vigilanza, monitoraggio e controllo svolte sugli enti del Terzo settore anche sulla base dei dati acquisiti attraverso le relazioni di cui all'articolo 95, commi.

Si prevede, inoltre, che l'Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore territorialmente competente eserciti le attività di controllo nei confronti degli enti del Terzo settore aventi sede legale sul proprio territorio, anche attraverso accertamenti documentata visite ed ispezione d'iniziativa, periodicamente o in tutti i casi in cui venga a conoscenza di atti o fatti che possano integrare violazioni alle disposizioni del presente codice (articolo 93).

In particolare, i compiti di controllo sono finalizzati ad accertare:

a)    la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari all'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore;

b)    il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale;

c)     l'adempimento degli obblighi derivanti dall'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore;

d)    il diritto di avvalersi dei benefici anche fiscali e del 5 per mille derivanti dall'iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore;

e)    il corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali ad essi attribuite.

In materia di controlli fiscali sugli enti del Terzo settore, le norme dispongono che l’Amministrazione finanziaria eserciti autonomamente le attività di controllo, anche ai fini del possesso dei requisiti richiesti per fruire delle agevolazioni fiscali previste per i soggetti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore (articolo 94).

Sono inoltre assegnate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali le funzioni di vigilanza finalizzate a verificare il funzionamento del sistema di registrazione degli enti del Terzo settore e del sistema dei controlli al fine di assicurare principi di uniformità tra i registri regionali all'interno del Registro unico nazionale e una corretta osservanza della disciplina prevista nel presente codice.

In particolare, si prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali possa effettuare verifiche, anche in loco, avvalendosi degli Ispettorati territoriali del lavoro, o a campione, sulle operazioni effettuate e sulle attività svolte dagli enti autorizzati al controllo (reti associative ed enti accreditati come Centri di servizio per il volontariato).

Le norme assegnano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali le funzioni di vigilanza sugli enti a struttura associativa privatizzati[25] e trasferiscono al medesimo Ministero le competenze relative alla ripartizione del contributo annuo dello Stato all'Unione italiana ciechi[26], attualmente in capo al Ministero dell’Interno.

I medesimi enti sono tenuti inoltre a trasmettere al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il bilancio d’esercizio entro dieci giorni dalla sua approvazione. Negli organi di controllo di tali enti deve essere assicurata la presenza di un rappresentante dell'Amministrazione vigilante.

 

La relazione tecnica afferma che le norme in esame non determinano oneri a carico del bilancio dello Stato.

In particolare, con riguardo ai controlli sulle fondazioni del Terzo settore (articolo 90), la RT precisa che la norma affida all'Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore i controlli sulle fondazioni del terzo settore già previsti a legislazione vigente in capo all'autorità governativa (o a quella regionale nel caso in cui riconoscimento della persona giuridica fosse di competenza di quest'ultima). Pertanto, afferma la RT, trattandosi di attività di controllo già previste a legislazione vigente, le stesse non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fatti salvi quelli già quantificati di cui all'articolo 53, comma 3, del provvedimento in esame (14.7 mln. annui). In proposito, con specifico riguardo agli ambiti e alle finalità dei predetti controlli sugli enti del Terzo settore (articolo 93), la RT afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica oltre a quelli già previsti dagli articoli 53, comma 3 (risorse per il finanziamento degli Uffici del registro unico), 62 (finanziamento dei Centri per il servizio di volontariato), 72, comma 1 (accesso al Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale da parte delle Reti associative di cui all’articolo 41) dello schema in esame.

Con riferimento ai compiti assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (articoli 92 e 95, la RT afferma che l’Amministrazione provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Al riguardo, le spese volte ad assicurare lo svolgimenti dei predetti compiti saranno imputate ai capitoli di bilancio relativi, rispettivamente, al trattamento economico del personale del citato dicastero e all'acquisto di beni e servizi, nei limiti delle risorse finanziarie annualmente disponibili sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che presentano le necessarie disponibilità, nell'ambito della missione "Diritti sociali, politiche sociali e famiglia" e del programma "Terzo settore (associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni".

In merito ai controlli fiscali (articolo 94), la RT afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, trattandosi di attività già svolta a legislazione vigente e che in ogni caso l’Amministrazione finanziaria fa fronte ai compiti previsti con le risorse finanziarie umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Al riguardo, si rappresenta che le disposizioni in esame recano norme in materia di monitoraggio, controlli e vigilanza sugli enti del Terzo settore.

In primo luogo, con riferimento alle attività assegnate agli Uffici del registro unico territorialmente competenti (controlli di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 93, comma 1), si segnala che l’articolo 53, comma 3, del provvedimento in esame dispone una specifica dotazione di risorse pari a 14,7 milioni di euro annui, destinate in parte a finanziare le predette attività di controllo. Come già segnalato (cfr. art. 53), la relazione tecnica non fornisce dati e ed elementi utili ad una puntuale verifica della congruità delle risorse stanziate per lo svolgimento dei compiti di controllo assegnati alle Regioni. Sul punto si rinvia quindi a quanto evidenziato con riferimento all’art. 53 in merito alla necessità di acquisire dati volti a verificare la congruità delle risorse stanziate rispetto ai compiti previsti.

In merito alle attività di monitoraggio, controllo e vigilanza assegnate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rileva che la RT afferma che le stesse saranno svolte dall’Amministrazione stessa nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alla luce dei compiti assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (tra i quali si segnalano le verifiche, le ispezioni, la funzione di vigilanza sugli enti privatizzati), andrebbe acquisita una conferma circa l’effettiva possibilità che dette attività siano svolte nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, tenuto conto del complesso delle innovazioni apportate dal provvedimento in esame.

Si osserva altresì che non sono espressamente disciplinate le procedure di trasferimento dall’amministrazione ora competente a quelle che svolgeranno i suindicati compiti delle relative risorse, anche finanziarie, attualmente utilizzate per le attività in questione.

Nulla da osservare in merito ai controlli di natura fiscale assegnati all’Amministrazione finanziaria, nel presupposto che gli stessi rientrino tra i compiti istituzionali dell’Agenzia delle entrate e possano quindi essere assolti nell’ambito delle risorse disponibili.

 

ARTICOLO 97

Cabina di regia

Le norme dispongono l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Cabina di regia con il compito di coordinare, in raccordo con i ministeri competenti, le politiche di governo e le azioni di promozione e di indirizzo delle attività degli enti del Terzo settore.

La composizione e le modalità di funzionamento della Cabina di regia sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. La partecipazione alla Cabina di regia è gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennità, emolumento o rimborso spese comunque denominato.

Si stabilisce che all'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri il carico della finanza pubblica.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni.

 

Al riguardo, si prende atto del fatto che la relazione tecnica ribadisce l’assenza di oneri in relazione all’utilizzo le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente: andrebbe peraltro acquisita conferma riguardo all’effettiva disponibilità delle predette risorse e alla possibilità di un loro utilizzo senza determinare riflessi per lo svolgimento delle altre funzioni assegnate alle amministrazioni interessate.

 

ARTICOLO 103

Copertura finanziaria

La norma dispone, al comma 1, che agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 53, 62, 72, 77, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86 e 101 del presente schema di decreto, pari a 10 milioni di euro per l’anno 2017, a 60,7 milioni di euro per l’anno 2018, a 98,1 milioni di euro per l’anno 2019, a 103,4 milioni di euro per l’anno 2020, a 166,9 milioni di euro per l’anno 2021 e a 135,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 187, della legge n. 190 del 2014.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo nonché di cui all’articolo 73, comma 1, ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Il comma 3, infine, reca una clausola di invarianza finanziaria riferita alle ulteriori disposizioni del presente decreto, prevedendo che dall’attuazione delle medesime non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvederanno agli adempimenti ivi previsti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Al riguardo, si osserva preliminarmente che l’articolo in commento provvede alla copertura degli oneri complessivamente derivanti dall’attuazione del presente decreto - pari a 10 milioni di euro per l’anno 2017, a 60,7 milioni di euro per l’anno 2018, a 98,1 milioni di euro per l’anno 2019, a 103,4 milioni di euro per l’anno 2020, a 166,9 milioni di euro per l’anno 2021 e a 135,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022 - mediante corrispondente riduzione del Fondo da ripartire per il finanziamento del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, istituito dall’articolo 1, comma 187, della legge n. 190 del 2014 con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2015, di 140 milioni di euro per l’anno 2016 e di 190 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.

Tanto premesso, si segnala che il citato Fondo (cap. 3093 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) appare presentare le occorrenti disponibilità, anche tenendo conto degli ulteriori interventi normativi che nel frattempo hanno determinato la parziale riduzione della predetta dotazione finanziaria[27]. Sul punto, si ravvisa comunque la necessità di acquisire una conferma da parte del Governo.

In particolare, si osserva che le disposizioni del presente schema di decreto, richiamate al comma 1 dell’articolo in commento, dalle quali discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica sono le seguenti:

- le risorse necessarie a consentire l’avvio e la gestione del Registro unico nazionale del terzo settore, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell’articolo 45, comma 1, del presente decreto, che vengono quantificate in 14,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2018 e nell’ambito delle quali dovrà altresì farsi fronte allo svolgimento delle attività di controllo sugli enti del terzo settore da parte dei singoli uffici del Registro territorialmente competenti (articolo 53, comma 3);

- il riconoscimento in favore delle Fondazioni di origine bancaria - che effettuano il versamento dei contributi obbligatori e integrativi al Fondo unico nazionale, istituito ai sensi dell’articolo 62, comma 1, del presente decreto quale strumento di finanziamento stabile dei Centri di servizio per il volontariato - di un credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, pari al 100 per cento dei versamenti effettuati, fino ad un massimo di 15 milioni di euro per il 2018 e di 10 milioni di euro per gli anni successivi (articolo 62, comma 6). In proposito, si segnala l’opportunità di riformulare il primo periodo della disposizione in esame al fine di meglio precisare che il credito d’imposta de quo è riconosciuto “fino ad un massimo di 15 milioni di euro per l’anno 2018 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019”, stante il carattere permanente della misura ivi prevista, come peraltro evidenziato anche dalla relazione tecnica. Sul punto, appare tuttavia necessario acquisire l’avviso del Governo;

- l’incremento, in misura pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2017, della dotazione della seconda sezione del Fondo di cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge n. 106 del 2016, destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale nel terzo settore (articolo 72, comma 5);

- l’applicazione della ritenuta agevolata di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 agli interessi, ai premi e ad ogni alto provento prodotti dai titoli di solidarietà emessi da istituti di credito autorizzati ad operare in Italia, nonché il riconoscimento di un credito d’imposta in favore degli emittenti medesimi pari al 50 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate - per una somma non inferiore allo 0,6 per cento dell’ammontare nominale collocato dei titoli in precedenza menzionati - a favore degli enti del terzo settore e l’esenzione dall’imposta di bollo sulle comunicazioni finanziarie relative ai depositi titoli di solidarietà (articolo 77, commi 9, 10 e 13);

- norme a vario titolo concernenti il regime fiscale applicabile, ai fini della determinazione delle imposte dirette, agli enti del terzo settore diversi dalle società con qualifica di impresa sociale (articoli 80, 84, 85 e 86);

- l’istituzione di un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore degli enti del terzo settore non commerciali, finalizzate al recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili o immobili confiscati alla criminalità organizzata ed assegnati agli enti medesimi (articolo 81);

- l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento a favore di tutti gli enti del terzo settore, incluse le imprese sociali (articolo 82, comma 4);

- norme che modificano l’attuale regime delle detrazioni e delle deduzioni per le erogazioni liberali in denaro o in natura effettuate in favore degli enti del terzo settore non commerciali (articolo 83, commi 1 e 2).

Si osserva, inoltre, che gli oneri derivanti dalle disposizioni dianzi sinteticamente richiamate si configurano in taluni casi come nuove o maggiori spese ricondotte entro un limite massimo di impegno esplicitamente stabilito dal testo[28], mentre in altri casi – ci si riferisce, nello specifico, alle disposizioni di carattere fiscale di cui agli articoli 77 e da 80 a 86 - essi si configurano quali minori entrate, la cui quantificazione viene esplicitata, in termini di previsione, esclusivamente nella relazione tecnica allegata al provvedimento, sulla base dei dati e delle stime nella stessa riportati.

Appare inoltre utile acquisire un chiarimento da parte del Governo in merito alla opportunità di mantenere l’attuale richiamo all’articolo 101 del presente schema di decreto tra quelli oggetto di copertura finanziaria ai sensi del comma 1 dell’articolo 103, tenuto conto del fatto che la relazione tecnica non ascrive alle disposizioni transitorie contenute nel citato articolo 101 effetti in termini di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Da un punto di vista meramente formale, appare infine opportuno, da un lato, specificare al comma 1 dell’articolo in commento il carattere annuo degli oneri previsti a regime a decorrere dall’anno 2020, dall’altro, sostituire l’attuale rubrica con quella denominata “Disposizioni finanziarie”, giacché oltre alla norma di copertura finanziaria di cui al comma 1 l’articolo in esame reca, al successivo comma 3, una clausola di invarianza finanziaria riferita all’attuazione delle restanti disposizioni del presente schema di decreto.

 



[1] (si ricorda che l’apposito schema di decreto legislativo è all’esame delle Camere (Atto n. 418).

[2] Disciplinate dalla legge n. 3818/1886.

[3] Di cui all'articolo 5.

[4] Si tratta delle seguenti attività: interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso, riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

[5] Di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328.

[6] Ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.241.

[7] Secondo tale disposizione, ai fini del proprio autofinanziamento ed entro il limite del fabbisogno finanziario per l’esercizio successivo, la CONSOB determina in ciascun anno l'ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza.

[8] Le obbligazioni grant based (lett. “basate su un sussidio”) prevedono l’erogazione di un contributo, pari a una quota della raccolta, a titolo di liberalità, mentre le obbligazioni loan based (lett. “basate su un prestito”) consentono di costituire plafond destinati all’erogazione di finanziamenti a condizioni competitive per enti che operano nel settore sociale.

[9] Sezione IX del Provvedimento della Banca d’Italia, emanato l’8 novembre 2016, recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche

[10] Di cui all’articolo 7, comma 3.

[11] Di cui all’articolo 13, comma 3.

[12] Di cui all’articolo 14, comma 1.

[13] La legge n. 383/2000, come già evidenziato, è abrogata dall’art. 102 del provvedimento in esame.

[14] N.13.000 soggetti x 19.000 euro corrisponde a 247 milioni.

[15] n. 950 immobili x 3% = 28,5.

[16] 296 mln di euro x 3%= 8,88 mln.

[17] Il valore indicato risulta inferiore al 3% di 606 mila metri quadrati. Infatti 606.000 x 3% = 18.180 mq.

[18] n. 112 : 28 x 20mln=80 milioni di euro.

[19] La relazione tecnica non esplicita i calcoli. Per le persone fisiche l’importo si ottiene: [40mln x 9,4% x (65%-26%) + 40 mln x 9,4% x 65%].Per gli altri soggetti si ottiene: [40mln x 90,6% x (50%-17,5%) + 40 mln x 90,6% x 50%]

[20] Si prevede, in particolare, la non applicazione dell’art. 85, comma 2, del TUIR ai sensi del quale il valore dei prodotti destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa è considerato ricavo e concorre quindi alla formazione del reddito imponibile.

[21] Di cui all’art. 15, co. 1.1, del TUIR che prevede una detrazione IRPEF del 26% per le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 30.000 euro annui, a favore delle ONLUS, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con DPCM. La detrazione è consentita a condizione che il versamento sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'art. 23 del d.lgs. n. 241/97 , e secondo ulteriori modalità idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con apposito decreto regolamentare.

[22] Di cui all’articolo 100, co. 2, lett. h) del TUIR, ai sensi del quale sono deducibili dalla base imponibile IRES le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 30.000 euro o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore delle ONLUS, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con DPCM ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all'OCSE.

[23] Di cui all’art. 153, co. 6, lett. a) e b), TUIR.

[24] Dichiarazioni IRPEF 2016, anno d’imposta 2015.

[25] Si tratta degli enti presenti nella Tabella B del DPR n. 616/1977 e privatizzati ai sensi dell’articolo 115 del medesimo decreto, con esclusione di quelle combattentistiche e patriottiche. Tali enti continuano a sussistere come enti morali assumendo la personalità giuridica di diritto privato e conservano la titolarità dei beni necessari allo svolgimento delle attività associative, nonché di quelle derivanti da atti di liberalità o contributi degli associati.

[26] Il contributo di cui alla legge 23 settembre 1993, n. 379, è erogato, per l'85 per cento, agli enti di formazione destinatari e, per la restante parte, all'Associazione nazionale privi della vista e ipovedenti Onlus, per le esigenze del Centro autonomie e mobilità e dell'annessa Scuola cani guida per ciechi e al Polo tattile multimediale della Stamperia regionale Braille Onlus di Catania.

[27] Si ricorda che la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, ha disposto una riduzione del Fondo da ripartire per il finanziamento del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale di 1 milione di euro per l’anno 2016 (articolo 10, comma 7) e di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2017 (articolo 11, comma 2). Successivamente l’articolo 50, comma 9-ter, del decreto-legge n. 189 del 2016 ha ulteriormente ridotto il citato Fondo nella misura di 139 milioni di euro per il solo anno 2016. Infine, l’articolo 20, comma 1, dello schema di decreto legislativo recante Disciplina in materia di impresa sociale (Atto del Governo n. 418, attualmente all’esame delle competenti Commissioni parlamentari), ha disposto una riduzione del medesimo Fondo in misura pari a 5,42 milioni di euro per il 2018 e a 3,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.

 

[28] Si tratta degli oneri derivanti dagli articoli 53, comma 3, 62, comma 6 e 72, comma 5.