Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (A.C. 4444) Conversione del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo
Riferimenti:
AC N. 4444/XVII     
Serie: Verifica delle quantificazioni    Numero: 530
Data: 04/05/2017
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

 

Parte II – Profili finanziari


D.L. 50/2017 – A.C. 4444Disposizioni urgenti in materia finanziaria, a favore degli enti territoriali e zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppomaggio 2017


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte I – Schede di lettura

 

 

Servizio Studi - Dossier n. 484

Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png @SR_Studi

 

 

 

 

Servizio Studi - Progetti di legge n. 567

Dipartimento Bilancio

Tel. 06 6760-2233 - * - st_bilancio@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_bilancio

 

 

 

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 530

Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it

 

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

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I N D I C E

 

PREMESSA.. - 5 -

EFFETTI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA.. - 5 -

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI - 9 -

Articolo 1 (Disposizioni per il contrasto dell’evasione fiscale) - 9 -

Articolo 2 (Modifiche all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA) - 17 -

Articolo 3 (Disposizioni in materia di contrasto alle indebite compensazioni) - 19 -

Articolo 4 (Regime fiscale delle locazioni brevi) - 27 -

Articolo 5 (Disposizioni in materia di accise sui tabacchi) - 29 -

Articolo 6 (Disposizioni sui giochi – PREU e ritenute sulle vincite del lotto e di altri giochi) - 30 -

Articolo 7 (Rideterminazione base Ace) - 37 -

Articolo 8 (Pignoramenti immobiliari) - 40 -

Articolo 9 (Avvio della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia concernenti le aliquote dell’IVA e delle accise) - 43 -

Articolo 10 (Reclamo e mediazione) - 45 -

Articolo 11 (Definizione agevolata delle controversie tributarie) - 47 -

Articolo 12 (Rimodulazione delle risorse) - 51 -

Articolo 13 (Riduzione dotazioni di missioni e programmi di spesa dei Ministeri) - 53 -

Articolo 14 (Riparto del fondo di solidarietà comunale) - 56 -

Articolo 15 (Contributo a favore delle province della regione Sardegna e della città metropolitana di Cagliari) - 56 -

Articolo 16 (Riparto del concorso alla finanza pubblica da parte di province e città metropolitane) - 58 -

Articolo 17 (Riparto del contributo a favore delle Province e delle Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario) - 59 -

Articolo 18 (Disposizioni sui bilanci di Province e Città metropolitane) - 60 -

Articolo 19 (Sospensione termini certificazione enti locali) - 61 -

Articolo 20 (Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario) - 62 -

Articolo 21 (Contributo per fusioni di comuni) - 67 -

Articolo 22 (Disposizioni sul personale e sulla cultura) - 69 -

Articolo 23 (Consolidamento dei trasferimenti erariali alle province delle regioni Sardegna e Siciliana) - 77 -

Articolo 24 (Fabbisogni standard e capacità fiscali per Regioni) - 78 -

Articolo 25, comma 1 (Attribuzione quota investimenti in favore delle regioni, province e città metropolitane) - 79 -

Articolo 26 (Iscrizione dell’avanzo in bilancio e prospetto di verifica del rispetto del pareggio) - 81 -

Articolo 27, commi da 1 a 8 (Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale) - 83 -

Articolo 27, commi 9-11 (Rinnovo del materiale rotabile e locazione senza conducente) - 86 -

Articolo 27, comma 12 (Interventi per le imprese del trasporto pubblico su gomma) - 86 -

Articolo 28 (Diverse modalità di conseguimento degli obiettivi regionali di finanza pubblica) - 87 -

Articolo 29 (Flussi informativi delle prestazioni farmaceutiche) - 88 -

Articolo 30 (Disposizioni in materia di farmaci che presentano il requisito dell’innovatività condizionata) - 89 -

Articolo 31 (Edilizia sanitaria) - 90 -

Articolo 32 (Trasferimento di competenze in materia sanitaria per stranieri) - 91 -

Articolo 33 (Diverse modalità di conseguimento degli obiettivi regionali di finanza pubblica) - 93 -

Articolo 34 (Disposizioni sul finanziamento del SSN) - 95 -

Articolo 35 (Misure urgenti in tema di riscossione) - 98 -

Articolo 36 (Procedura di riequilibrio finanziario e di dissesto e piano di rientro) - 99 -

Articolo 37 (Fondo pluriennale vincolato) - 100 -

Articolo 38 (Enti previdenziali e gestione degli immobili pubblici) - 102 -

Articolo 39 (Trasferimenti regionali a province e città metropolitane per funzioni conferite) - 104 -

Articolo 40 (Rideterminazione delle sanzioni per le province e le città metropolitane) - 104 -

Articolo 41 (Fondo per l’accelerazione della ricostruzione a seguito di eventi sismici) - 105 -

Articolo 42 (Rifinanziamento Fondo ricostruzione terremoto 2016) - 107 -

Articolo 43 (Ulteriore proroga sospensione e rateizzazione tributi sospesi a seguito di eventi sismici) - 109 -

Articolo 44 (Proroga del credito d’imposta per investimenti - sisma centro Italia) - 114 -

Articolo 45 (Compensazione perdita gettito TARI) - 118 -

Articolo 46 (Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia) - 119 -

Articolo 47 (Interventi per il trasporto ferroviario) - 123 -

Articolo 48, commi 1-5 (Bacini di mobilità per servizi di trasporto pubblico locale) - 130 -

Articolo 48, commi 6-8 (Competenze dell'Autorità di regolazione dei trasporti) - 131 -

Articolo 48, commi 9-13 (Lotta all'evasione nel settore del trasporto pubblico locale) - 132 -

Articolo 49 (Disposizioni urgenti in materia di riordino di società) - 133 -

Articolo 50 (Investimenti nel settore dei trasporti) - 137 -

Articolo 51 (Contenimento dei costi del trasporto aereo) - 138 -

Articolo 52 (Ciclovie turistiche) - 139 -

Articolo 53 (APE) - 140 -

Articolo 54 (Documento Unico di Regolarità Contributiva) - 142 -

Articolo 55 (Premi di produttività) - 143 -

Articolo 56 (Patent box) - 147 -

Articolo 57 (Attrazione per gli investimenti) - 150 -

Articolo 58 (Modifiche alla disciplina dell’imposta sul reddito d’impresa -IRI) - 155 -

Articolo 59 (Transfer pricing) - 156 -

Articolo 60 (Proventi da partecipazioni a società, enti o OICR di dipendenti e amministratori) - 159 -

Articolo 61 (Eventi sportivi di sci alpino) - 160 -

Articolo 62 (Costruzione d’impianti sportivi) - 166 -

Articolo 63 (Garanzia per Ryder Cup 2022) - 167 -

Articolo 64 (Servizi nelle scuole) - 169 -

Articolo 65 (Autorità nazionale di regolazione del settore postale) - 173 -

Articolo 66, comma 1 e 2 (Rifinanziamento Fondo esigenze indifferibili e Fondo ISPE) - 175 -

Articolo 66, comma 3 (Copertura finanziaria) - 176 -

Articolo 66, commi 4 e 5 (Utilizzo effetti migliorativi e risultati differenziali del bilancio dello Stato) - 182 -

 


 

 

PREMESSA

Si esaminano di seguito i profili finanziari del disegno di legge C. 4444, di conversione del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo).

Il testo è corredato di relazione tecnica.

Sono prese in esame le norme considerate dalla relazione tecnica nonché le ulteriori disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

Per la descrizione integrale delle norme esaminate e della normativa sulla quale esse incidono, si rinvia alle schede di lettura contenute nella Parte I del presente dossier.

 

EFFETTI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA

Il prospetto riepilogativo allegato alla relazione tecnica ascrive complessivamente al provvedimento effetti di miglioramento con riguardo ai tre saldi di finanza pubblica, per il periodo 2017-2020.

Tali effetti sono rappresentati in sintesi nella seguente tabella, suddivisi tra impieghi e risorse. Sono inoltre indicate le variazioni complessive nette in termini di entrate e di spese e l’effetto complessivo sui saldi.

 


 

(milioni di euro)

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

 

 

Maggiori spese correnti

889,8

4.294,6

4.069,7

2.382,4

187,7

352,5

152,8

215,3

187,7

352,5

152,8

215,3

Maggiori spese in conto capitale

1.173,5

1.052,3

1.003,3

54,1

667,0

1.019,4

1.026,6

211,0

367,0

1.019,4

1.026,6

211,0

Minori entrate contributive

0,0

0,0

0,0

0,0

155,3

121,9

104,0

11,1

155,3

121,9

104,0

11,1

Minori entrate tributarie

101,0

3.828,5

4.363,0

4.088,0

665,5

7.650,2

8.176,7

6.244,0

665,5

7.650,2

8.176,7

6.244,0

Totale impieghi

2.164,3

9.175,4

9.436,0

6.524,5

1.675,5

9.144,0

9.460,1

6.681,4

1.375,5

9.144,0

9.460,1

6.681,4

 

Maggiori entrate extratributarie

123,0

369,0

425,0

425,0

121,0

369,0

425,0

425,0

121,0

369,0

425,0

425,0

Maggiori entrate tributarie

2.558,0

6.615,1

6.884,0

4.007,5

3.533,0

8.557,9

8.821,4

5.982,4

3.533,0

8.557,9

8.821,4

5.982,4

Minori spese correnti

1.479,5

2.043,8

2.037,4

2.074,9

506,5

101,0

100,0

100,0

506,5

101,0

100,0

100,0

Minori spese in conto capitale

419,5

148,0

90,0

54,1

316,2

130,5

113,8

174,1

316,2

130,5

113,8

174,1

Totale risorse

4.580,0

9.175,9

9.436,4

6.561,5

4.476,7

9.158,4

9.460,2

6.681,5

4.476,7

9.158,4

9.460,2

6.681,5

 

SALDO

2.415,7

0,5

0,4

37,0

2.801,2

14,4

0,1

0,1

3.101,2

14,4

0,1

0,1

Variazione netta entrate

2.580,0

3.155,6

2.946,0

344,5

2.833,2

1.154,8

965,7

152,3

2.833,2

1.154,8

965,7

152,3

Variazione netta spese

-164,3

-3.155,1

-2.945,6

-307,5

-32,0

-1.140,4

-965,6

-152,2

268,0

-1.140,4

-965,6

-152,2

Segno - = peggioramento del saldo

Fonte:  Elaborazione su dati contenuti nel prospetto riepilogativo allegato alla relazione tecnica.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che l’art. 66, comma 4, del decreto legge in esame prevede che gli effetti migliorativi, per l’anno 2017, derivanti dal medesimo provvedimento, pari a 2.415 mln di euro in termini di saldo netto da finanziare e 3.100 mln in termini di indebitamento netto, siano destinati al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel Documento di economia e finanza 2017.

Si ricorda in proposito che il DEF 2017 evidenzia che le previsioni programmatiche in esso contenute “incorporano le misure di politica fiscale e controllo della spesa, in via di definizione, che ridurranno l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche dello 0,2 per cento del PIL nel 2017”[1].

1.     Effetti netti per il 2017 (indebitamento netto e fabbisogno)

 

Per quanto attiene all’indebitamento netto (considerato in termini nominali), il provvedimento determina effetti complessivi di miglioramento per circa 3,1 mld nel 2017.

Sul saldo di fabbisogno si registra un miglioramento di circa 2,8 mld per il medesimo esercizio.

Tenuto conto del valore tendenziale dell’indebitamento netto per l’esercizio in corso, riportato nel DEF 2017 (39.554 mln), la correzione indicata comporta un valore del saldo rispetto al PIL pari a circa il 2,1 per cento, corrispondente all’obiettivo programmatico per il 2017 indicato nel Documento di economia e finanza.

Come chiarito dalla relazione tecnica, concorrono a determinare il predetto risultato anche interventi di carattere temporaneo (one-off) riconducibili agli introiti legati alla definizione agevolata delle controversie (320 mln per il 2017) e alle misure in favore delle zone terremotate. Queste ultime, considerando sia le minori entrate che le maggiori spese derivanti dalle disposizioni del titolo III del decreto in esame, incidono nel 2017 per circa 600 mln.

Pertanto, in termini strutturali, la correzione dell’indebitamento netto – come evidenziato dalla RT - sale a circa 3,4 mld (3,1 mld di miglioramento dell’indebitamento nominale - 0,3 mld, relativi alle entrate da definizione agevolata + 0,6 mld, per interventi in favore delle zone terremotate), corrispondente a circa 0,2 per cento del PIL per l’esercizio in corso. 

In ordine a tale ricostruzione appare comunque necessario acquisire una conferma.

 

2.     Effetti netti 2018-2020 (indebitamento netto e fabbisogno)

 

Per quanto riguarda gli esercizi successivi, l’effetto di miglioramento del saldo di indebitamento netto, espresso in termini nominali, si riduce nel 2018 a circa 0,014 mld, per poi quasi azzerarsi negli esercizi successivi (2019 e 2020).

Il medesimo impatto è stimato sul fabbisogno.

Concorrono in misura rilevante a determinare i predetti effetti complessivi sui saldi le minori entrate derivanti dalle misure di avvio della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia (art. 9), che incidono esclusivamente dal 2018. Escludendo gli effetti di tali misure, il miglioramento del saldo nominale di indebitamento salirebbe infatti a circa 3,8 mld nel 2018, 4,4 mld nel 2019 e 4,1 mld nel 2020, con valori quindi più elevati rispetto alla correzione attesa (3,1 mld) per il 2017.

Contribuiscono al più elevato risultato – al netto delle misure in materia di clausole di salvaguardia – previsto per gli anni 2018 e seguenti, la minore incidenza nel 2017, rispetto agli esercizi successivi, degli effetti complessivi di maggiore entrata ascritti alle misure in materia di split payment e di contrasto alle indebite compensazioni (articoli 1 e 3). Tali effetti sono solo in parte compensati, sul lato degli impieghi, dal contributo offerto dalla manovra sulle spese - che registra, per il solo 2017, effetti netti di risparmio (dovuti prevalentemente alle riduzioni delle spese dei ministeri previste dall’art. 13, con risparmi per 446 mln nel 2017 e 14 mln nel 2018) - e dal maggior peso, per gli esercizi 2018 e 2019, della spesa in conto capitale (circa 739 mln per il 2018 e 712 mln per il 2019) stanziata dagli articoli 41 e 42 per gli interventi di ricostruzione delle zone interessate dagli eventi sismici.

Mancano nella relazione tecnica indicazioni specifiche riguardo all’impatto complessivo del provvedimento in termini di saldo strutturale per gli anni successivi al 2017: tuttavia, tenuto conto degli effetti attribuiti in tale esercizio alle misure one-off prima indicate (interventi per zone terremotate terremoti e definizione agevolata delle controversie tributarie), la correzione complessiva in termini strutturali dovrebbe eccedere quella del saldo nominale per circa 920 mln nel 2018, 1 mld nel 2019 e 68,5 mln nel 2020.

In proposito appare peraltro utile acquisire più puntuali elementi di valutazione e conferma dal Governo.

 

3.     Effetti netti sul saldo netto da finanziare (2017-2020)

 

Anche sul saldo netto da finanziare il provvedimento determina un complessivo effetto di miglioramento nell’esercizio in corso (per circa 2,4 mld), seguito da risultati di ammontare molto più contenuto negli esercizi successivi.

Al netto della riduzione degli incrementi attesi delle accise e dell’IVA, i miglioramenti del saldo per gli anni 2018-2020 crescerebbero, attestandosi a circa 3,8 mld nel 2018, 4,4 mld nel 2019 e 4,1 mld nel 2020.

Per i profili relativi al saldo netto da finanziare si rinvia anche alla scheda relativa all’art. 66, comma 5, che modifica i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario fissati dalla legge di bilancio 2017 (legge n. 236/2016).

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

Articolo 1
(
Disposizioni per il contrasto dell’evasione fiscale)

Normativa previgente L’art. 17- ter[2] del DPR n. 633/1972 disciplina il cd split payment che si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti della P.A. i quali – in luogo del pagamento dell’intera fattura al fornitore - versano l’IVA indicata nella fattura di acquisto direttamente all’Erario e la parte restante al fornitore[3]. Alla norma che ha introdotto la disciplina in esame sono stati attribuiti effetti di maggior gettito pari a 988 milioni annui a decorrere dal 2015 (entrate IVA ulteriori rispetto a quelle già considerate nei tendenziali).

 

La norma amplia l’ambito di applicazione dello split payment includendovi le cessioni e le forniture effettuate nei confronti:

a)            della PA come definita dall’art. 1, co. 2, della legge n. 196/2009 (elenco Istat);

b)           società controllate, anche indirettamente, dalla PA (centrale e locale) e che rientrano nel conto consolidato della PA;

c)            società quotate secondo l’indice FTSE/MIB.

Inoltre, viene abrogato il comma 2 del richiamato art. 17-ter del DPR n. 633/1972, che esclude dallo split payment le fatture relative a compensi soggetti a ritenuta fiscale emesse da lavoratori autonomi.

Le modifiche si applicano alle fatture emesse a decorrere dal 1° luglio 2017 e fino al termine di scadenza della deroga comunitaria (30 giugno 2020).

In proposito si ricorda che il Documento di economia e finanza 2017, in un apposito focus dedicato al contrasto all’evasione fiscale, afferma che le valutazioni ex post delle misure introdotte in ambito IVA evidenziano un recupero di gettito complessivo di circa 3,77 miliardi, di cui circa 2,1 dovuto alle disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2015: tale recupero risulta superiore a quello quantificato ex ante in sede di relazione tecnica (988 milioni annui per lo split payment e 900 milioni annui per l’estensione del meccanismo reverse charge al settore delle pulizie, dei certificati verdi e dell’edilizia specializzata).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate tributarie

Estensione split payment -IVA

1.548

5.320

5.320

2.660

1.548

5.320

5.320

2.660

1.548

5.320

5.320

2.660

Maggiori spese correnti

Estensione split payment –rimborsi e compensazioni

502

3.765

3.765

2.156

 

 

 

 

 

 

 

 

Minori entrate tributarie

Estensione split payment –rimborsi e compensazioni

 

 

 

 

502

3.765

3.765

2.156

502

3.765

3.765

2.156

 

La relazione tecnica ai fini della quantificazione distingue cinque categorie di soggetti cui viene estesa l’applicazione dello split payment.

1. Soggetti rientranti nel Conto consolidato della Pubblica amministrazione

La RT ricorda che la misura è volta ad estendere l’ambito soggettivo dello split payment a tutti i soggetti che risultano inclusi nel conto consolidato della Pubblica amministrazione di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 196/2009, qualunque veste giuridica rivestano.

Per la stima del maggior gettito IVA, la RT assume che l’effetto per i nuovi soggetti sia analogo a quello che si è verificato per le pubbliche amministrazioni che già rientrano nel meccanismo dello split payment.

La RT riporta quindi i seguenti dati:

-        totale acquisti 2015 delle PA già rientranti nel campo di applicazione: circa 34,7 miliardi di euro, dei quali l’85% è soggetto a split payment;

-        recupero di gettito stimato in 2,171 miliardi di euro.

Considerando che il fatturato delle pubbliche amministrazioni che vengono ora incluse nell’ambito dello split payment i(in quanto incluse nel conto consolidato della PA) hanno dichiarato acquisti per circa 0,3 miliardi di euro, la RT stima un recupero di gettito pari a 20 milioni di euro su base annua (10 milioni per il 2017, considerando l’entrata in vigore il 1° luglio 2017).

 

2. Acquisti di prestazioni di lavoro autonomo

La RT ricorda che la misura è volta ad estendere l’ambito oggettivo dello split payment agli acquisti di prestazioni di lavoro autonomo che subiscono, in sede di fatturazione, una ritenuta d’imposta sul reddito.

Per valutare gli effetti sul gettito IVA al RT assume, analogamente al caso dell’estensione ai soggetti rientranti nel conto consolidato della PA, un recupero di entrate IVA simile a quello che si è verificato sugli altri acquisti delle Pubbliche amministrazioni che già rientrano nel meccanismo dello split payment.

La RT riporta quindi i seguenti dati:

-        totale IVA 2015 dichiarata dalle PA già rientranti nel campo di applicazione: circa 9,9 miliardi di euro;

-        recupero di gettito è stimato in 2,171 miliardi di euro.

Considerando che il totale degli acquisti di prestazioni di lavoro autonomo delle PA che operano in regime di split payment è di oltre due miliardi di euro, cui corrisponde un’IVA di circa 0,3 miliardi di euro, la RT stima un recupero di gettito pari a 70 milioni di euro su base annua (35 milioni per il 2017, considerando l’entrata in vigore il 1° luglio 2017).

La RT riporta quindi la tabella relativa agli effetti complessivi derivanti dall’estensione dello split payment a tutti i soggetti inclusi nel conto consolidato della P.A. nonché agli acquisti di prestazioni di lavoro autonomo sono riportati nella tabella seguente (punti 1 e 2 della RT):

(milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Iva lorda (A)

56

204

204

Rimborsi (B)

6

77

77

Compensazioni (C)

5

37

37

Recupero Iva netta (A)-(B)-(C)

45

90

90

 

3. Società controllate dalla Pubblica amministrazione centrale

La RT ricorda che la misura è volta ad estendere l’ambito soggettivo dello split payment a tutte le società controllate dalla Pubblica amministrazione centrale, nonché a tutte le società appartenenti a gruppi tenuti alla redazione del bilancio consolidato, per i quali la controllante sia soggetta al controllo della Pubblica amministrazione centrale, diretto o indiretto.

La RT evidenzia che i fornitori delle società controllate dalla Pubblica amministrazione centrale e le relative transazioni sono stati identificati utilizzando i dati del c.d. “spesometro” 2014 e suddivisi per settore di attività economica. Complessivamente sono stati identificati 150.004 fornitori delle società controllate per un valore complessivo di 85,8 miliardi a cui corrisponde un totale di 12,48 miliardi di imposta IVA che diventano 12,4 considerando solo le operazioni non assoggettate al reverse charge.

La RT afferma che l’efficacia della norma si basa sull’ipotesi che le società controllate dall’Amministrazione centrale abbiano un grado di “fedeltà fiscale” maggiore dei loro fornitori. A tal fine la RT evidenzia che i fornitori delle controllate dalla Pubblica amministrazione centrale hanno un valore di “fedeltà fiscale” pari a 16,24%, mentre per le controllate della Pubblica amministrazione centrale e locale il tasso di affidabilità fiscale assume un valore inferiore e pari a 6,51% (più basso è l’indice maggiore è la compliance fiscale). La sensibile differenza tra i due tassi prova che le società controllate sono caratterizzate da un maggiore grado di affidabilità fiscale rispetto a quello dei fornitori.

Per i parametri sottostanti il calcolo dei predetti indicatori di affidabilità fiscale, si rinvia al testo della relazione tecnica che riporta i parametri di riferimento in apposite tabelle.

Applicando il diverso grado di fedeltà fiscale stimato all’ammontare di IVA sulle cessioni alle controllate effettuate dai settori non assoggettati al reverse charge e da società che non appartengono al perimetro delle controllate, pari a 12,4 miliardi, la RT afferma che l’IVA recuperabile è compresa in una forchetta che va da 228 (limite minimo) a 1.104 milioni (limite massimo) su base annua.

Il limite massimo tiene conto del recupero della cd. evasione da omessa dichiarazione, ovvero dell’ipotesi in cui non venga versata (né dichiarata) l’Iva sulle cessioni e venga detratta l’Iva pagata sugli acquisti. Il limite minimo tiene conto del recupero della cd. evasione da omesso versamento, ovvero dell’ipotesi in cui venga dichiarata sia l’Iva sulle cessioni sia l’Iva sugli acquisti ma il saldo non viene versato.

Ponderando il limite di stima minimo per circa 1/3 e massimo per circa 2/3 (sulla base della ripartizione del VAT gap tra casi di omessi versamenti e casi di omessa dichiarazione), la RT stima un recupero di Iva al netto di rimborsi e compensazioni pari a 829 milioni su base annua. Nel 2017, il recupero di gettito riflette lo slittamento dei rimborsi per i primi tre mesi di entrata in vigore della norma (1° luglio 2017). La RT riporta quindi la seguente tabella.

 

(milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Iva lorda (A)

1.064

3.946

3.946

Rimborsi (B)

229

2.098

2.098

Compensazioni (C)

191

1.019

1.019

Recupero Iva netta (A)-(B)-(C)

644

829

829

 

4. Società controllate dalla Pubblica amministrazione locale

La RT ricorda che la misura è volta ad estendere l’ambito soggettivo dello split payment alle società controllate dalla Pubblica amministrazione locale, nonché a tutte le società appartenenti a gruppi tenuti alla redazione del bilancio consolidato, per i quali la controllante sia soggetta al controllo della Pubblica amministrazione locale, diretto o indiretto.

La RT evidenzia che i fornitori delle società controllate dalla Pubblica amministrazione locale e le relative transazioni sono stati identificati utilizzando i dati dello spesometro 2014 e suddivisi per settore di attività economica. Complessivamente sono stati identificati 108.141 fornitori delle società controllate per un valore complessivo di 18,8 miliardi a cui corrisponde un totale di 3 miliardi di imposta IVA.

Analogamente alla categoria precedente, la RT afferma che l’efficacia della norma si basa sull’ipotesi che le società controllate dall’Amministrazione locale abbiano un grado di “fedeltà fiscale” maggiore dei loro fornitori. A tal fine la RT evidenzia che i fornitori delle controllate dalla Pubblica amministrazione locale hanno un valore di “fedeltà fiscale” pari a 17,1%, mentre per le controllate della Pubblica amministrazione locale il tasso di affidabilità fiscale assume un valore inferiore e pari a 10,7% (più basso è l’indice maggiore è la compliance fiscale). La sensibile differenza tra i due tassi prova che le società controllate sono caratterizzate da un maggiore grado di affidabilità fiscale rispetto a quello dei fornitori.

Applicando il diverso grado di fedeltà fiscale stimato all’ammontare di IVA sulle cessioni alle controllate effettuate dai settori non assoggettati al reverse charge e da società che non appartengono al perimetro delle controllate, pari a 3 miliardi (dati relativi allo “spesometro 2014”), risulta che l’IVA recuperabile al netto di rimborsi e compensazioni è di 119 milioni di euro su base annua. Nel 2017, il recupero di gettito riflette lo slittamento dei rimborsi per i primi tre mesi di entrata in vigore della norma (1° luglio 2017). La RT riporta quindi la seguente tabella.

 

(milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Iva lorda (A)

91

271

271

Rimborsi (B)

11

102

102

Compensazioni (C)

9

50

50

Recupero Iva netta (A)-(B)-(C)

71

119

119

 

5. Società quotate secondo l’indice FTSE MIB

La RT ricorda che la misura è volta ad estendere l’ambito soggettivo dello split payment alle società quotate secondo l’indice FTSE MIB, escludendo quelle controllate dalla P.A. centrale.

La RT evidenzia che i fornitori delle società quotate secondo l’indice FTSE MIB e le relative transazioni sono stati identificati utilizzando i dati dello spesometro 2014 e suddivisi per settore di attività economica. Complessivamente sono stati identificati 62.392 fornitori delle società controllate per un valore complessivo di 29,23 miliardi a cui corrisponde un totale di 4,03 miliardi di imposta che diventano 3,6 considerando solo le operazioni non assoggettate al reverse charge.

La RT afferma che l’efficacia della norma si basa sull’ipotesi che le società controllate dalle prime 40 società quotate secondo l’indice FTSE MIB abbiano un grado di “fedeltà fiscale” maggiore dei loro fornitori. A tal fine la RT evidenzia che i fornitori delle società quotate secondo l’indice FTSE MIB hanno un valore di “fedeltà fiscale” pari a 21,25%, mentre per le società quotate secondo l’indice FTSE MIB il tasso di affidabilità fiscale assume un valore inferiore e pari a 2,24% (più basso è l’indice maggiore è la compliance fiscale). La sensibile differenza tra i due tassi prova che le società controllate sono caratterizzate da un maggiore grado di affidabilità fiscale rispetto a quello dei fornitori.

Per i parametri sottostanti il calcolo dei predetti indicatori di affidabilità fiscale, si rinvia al testo della relazione tecnica che riporta i parametri di riferimento in apposite tabelle.

 

Applicando il diverso grado di fedeltà fiscale stimato all’ammontare di IVA sulle cessioni alle controllate effettuate dai settori non assoggettati al reverse charge e da società che non appartengono al perimetro delle controllate, pari a 3,6 miliardi (dati relativi allo spesometro 2014), risulta che l’IVA recuperabile è compresa in una forchetta che va da  163 (limite minimo) a 694 milioni (limite massimo) su base annua.

Il limite massimo tiene conto del recupero della cd evasione da omessa dichiarazione, ovvero dell’ipotesi in cui non venga versata (né dichiarata) l’Iva sulle cessioni e venga detratta l’Iva pagata sugli acquisti. Il limite minimo tiene conto del recupero della cd evasione da omesso versamento, ovvero dell’ipotesi in cui venga dichiarata sia l’Iva sulle cessioni sia l’Iva sugli acquisti ma il saldo non viene versato.

Ponderando il limite di stima minimo per circa 1/3 e massimo per circa 2/3 (sulla base della ripartizione del VAT gap tra casi di omessi versamenti e casi di omessa dichiarazione) si stima un recupero di Iva al netto di rimborsi e compensazioni di circa 517 milioni su base annuale. Nel 2017, il recupero di gettito riflette lo slittamento dei rimborsi per i primi tre mesi di entrata in vigore della norma (1° luglio 2017). La RT riporta quindi la seguente tabella.

 

(milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Iva lorda (A)

337

898

898

Rimborsi (B)

28

256

256

Compensazioni (C)

23

125

125

Recupero Iva netta (A)-(B)-(C)

286

517

517

 

La RT riporta quindi gli effetti finanziari complessivi derivanti dalle disposizioni in esame precisando che, poiché la proroga della deroga concessa dalla Commissione europea scade il 30 giugno 2020, il profilo finanziario tiene conto per il 2020 dello slittamento dei rimborsi relativi al 2019.

 

(milioni di euro)

2017

2018

2019

2020

IVA Lorda

1.548

5.319

5.319

2.660

Rimborsi

274

2.533

2.533

1.541

Compensazioni

228

1.231

1.231

615

IVA Netta

1.046

1.555

1.555

504

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva quanto segue.

In generale, per tutte le categorie di contribuenti considerate, la relazione tecnica illustra la procedura di quantificazione adottata, indicando quindi i risultati ottenuti. Tali risultati, che corrispondono ai valori netti IVA, sono successivamente disaggregati nelle diverse componenti: maggiori entrate lorde IVA, oneri per rimborsi IVA, compensazioni. La relazione tecnica non fornisce peraltro indicazioni in merito ai criteri di stima delle predette componenti. Sul punto appaiono quindi necessari chiarimenti.

A titolo esemplificativo, per la categoria dei soggetti rientranti nel conto consolidato della PA (punto 1 della RT) e per gli acquisti di prestazioni di lavoro autonomo (punto 2 della RT), il risultato su base annua (20 milioni per i contribuenti del punto 1. e 70 milioni per i contribuenti del punto 2.) è indicato come valore netto tra maggiore IVA lorda (complessivamente 204 milioni) e le quote per rimborsi IVA (complessivamente 77 milioni) e le compensazioni (complessivamente 37 milioni).

Inoltre, mentre per talune categorie (indicate nei punti 1 e 2 della RT) gli effetti netti del 2017 sono proporzionali al valore annuale (più esattamente, sono pari alla metà del valore annuo, in quanto le norme decorrono dal 1° luglio 2017), per le altre categorie (punti 3, 4 e 5 della RT) il dato 2017 assume un valore superiore alla metà del dato annuo. Tenuto conto che la RT afferma – con riferimento ai predetti punti - che “il recupero del gettito riflette lo slittamento dei rimborsi per i primi tre mesi di entrata in vigore della norma”, appare necessario acquisire ulteriori elementi informativi sia in merito ai criteri utilizzati per la determinazione del valore dei rimborsi per il primo anno, sia in merito alla diversa metodologia adottata per le diverse categorie di contribuenti considerate dalla RT[4].

Sempre con riferimento alle categorie 1 e 2, si evidenzia che le stime, per la prima categoria considerano il volume degli acquisti, mentre per la seconda fanno riferimento all’imposta da split payment. In entrambi i casi non viene comunque esplicitato, nei singoli passaggi, il procedimento di quantificazione seguito. In proposito appaiono quindi opportuni ulteriori elementi di valutazione.

Andrebbe tra l’altro chiarito il raffronto tra volume complessivo degli acquisti (34,7 miliardi) e l’imposta IVA da split payment (9,9 mld), che, in base agli ammontari indicati, sembrano implicare un’aliquota superiore a quella vigente.

Con riferimento alle tipologie di contribuenti considerate nei punti 3, 4 e 5 della RT (società controllate dalla PA centrale e locale e società quotate), la relazione fornisce elementi per la determinazione degli indicatori di fedeltà fiscale di ciascuna tipologia considerata, dai quali si desume che le società controllate dalla PA e le società quotate sono caratterizzate da un maggiore grado di affidabilità fiscale rispetto a quella dei rispettivi fornitori e che, pertanto, la norma è suscettibile di produrre effetti positivi di gettito. Non viene tuttavia interamente esplicitato il procedimento in base al quale tali indici sono utilizzati per la determinazione dei valori limite, minimo e massimo, riferiti all’IVA recuperabile e considerati ai fini della quantificazione.

A titolo esemplificativo, per la categoria della società controllate dalla PA centrale, la RT evidenzia (tabelle 3 e 4) che il tasso di affidabilità per i fornitori delle controllate è pari al 16,24% e per le società controllate il tasso di affidabilità è pari al 6,51% (ad un tasso minore corrisponde una maggiore fedeltà fiscale). La relazione afferma quindi che, “applicando il diverso grado di fedeltà fiscale stimato all’ammontare di IVA sulle cessioni alle controllate effettuate dai settori non assoggettati al reverse charge e da società che non appartengono al perimetro delle controllate, pari a 12,4 miliardi (dati relativi allo spesometro 2014), risulta che l’IVA recuperabile è compresa in una forchetta che va da 228 (limite minimo) a 1.104 milioni (limite massimo) su base annua”.

Si segnala, infine, che la relazione tecnica non riporta, con riferimento alle singole categorie analizzate, i dati relativi all’anno 2020, indicati invece nella tabella riassuntiva degli effetti dell’articolo e nel prospetto riepilogativo allegato alla relazione tecnica. Inoltre, la norma in esame ha durata predeterminata (triennio 1° luglio 2017-30 giugno 2020), ma i relativi effetti finanziari non sembrano esaurirsi nel quadriennio 2017-2020, come emerge anche dal raffronto tra i valori annui in competenza e quelli indicati nel prospetto riepilogativo (cfr tabella seguente).

(milioni di euro)

 

Valore su

base annua

(competenza)

Valore

triennale (competenza)

Prospetto riepilogativo

(2017-2020)

Annualità successive

Maggiore Iva lorda

5.320

15.960

14.848

1.112

Rimborsi e compensazioni

3.765

11.295

10.188

1.107

Fonte: Elaborazione su dati della RT e del prospetto riepilogativo.

 

Andrebbero quindi acquisite informazioni in merito allo sviluppo temporale degli effetti ascrivibili, per cassa, nelle annualità successive a quelle considerate dal prospetto riepilogativo.

 

Articolo 2
(
Modifiche all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA)

La norma, intervenendo sul DPR n. 633 del 1972, anticipa il termine ultimo entro il quale è possibile portare in detrazione l’IVA assolta sugli acquisti. In particolare, in luogo del “secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorta”, l’imposta indicata nelle fatture di acquisto è riconosciuta, ai fini della detrazione dell’imposta, al più tardi nella dichiarazione IVA presentata per il periodo d’imposta in cui è sorto il medesimo diritto alla detrazione (comma 1, che modifica il comma 1 dell’art. 19 del DPR n.633 del 1972).

Inoltre, si interviene sull’art. 25 del DPR n. 633/1972 stabilendo che le fatture di acquisto devono essere annotate nel registro degli acquisti entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno in cui è esercitato il diritto alla detrazione (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate tributarie

Detrazione IVA

100

100

100

100

100

100

100

100

100

100

100

100

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

La RT ricorda che il gap IVA rappresenta una delle criticità più rilevanti nell’ambito del corretto adempimento degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti. Il suo ammontare è di circa 40 miliardi di euro, derivanti sia da frodi di grandi entità sia, per la parte più consistente, da irregolarità diffuse, anche se caratterizzate da importi relativamente contenuti. La RT evidenzia che aggredire quest’ultimo aspetto rappresenta un’attività particolarmente onerosa per l’amministrazione finanziaria, poiché, se effettuata con gli strumenti ordinari del controllo, implica un utilizzo massivo della forza lavoro, incompatibile con le dotazioni attualmente disponibili. Ricorda quindi che per ovviare a tale inconveniente, negli ultimi anni sono state introdotte le comunicazioni massive di promozione della compliance (c.d. “cambia verso”), finalizzate a stimolare l’adempimento spontaneo dei contribuenti e, quindi, a recuperare somme a tassazione per mezzo di processi lavorativi a minore intensità di lavoro. Una precondizione necessaria al successo di questa strategia è rappresentata dall’utilizzo massivo di vaste basi di dati, già in possesso dell’Amministrazione finanziaria. Tramite degli opportuni incroci, operati su queste ultime, è infatti possibile scoprire anomalie che sono poi comunicate al contribuente, suggerendogli le opportune procedure per porvi rimedio.

La RT afferma che, ai fini del contrasto all’evasione IVA, è molto efficace il riscontro tra i dati delle fatture emesse dai fornitori con quelle registrate dagli acquirenti. Al fine di effettuare correttamente tali incroci, da un lato minimizzando la possibilità di segnalare dei “falsi positivi” e dall’altro massimizzando la capacità di individuare i possibili recuperi di gettito IVA, è necessario che sussista una coincidenza temporale tra il momento in cui viene registrata la fattura sulla cessione e quello nel quale si registra la fattura in acquisto.

Ai fini della stima, la RT considera il rigo VF20 della dichiarazione IVA, relativa all’anno d’imposta 2015, dal quale risulta che la base imponibile degli acquisti registrati negli anni precedenti, ma con imposta esigibile nell’anno in corso, ammonta a 1,5 miliardi di euro. Se a quest’ultimo dato si applica l’aliquota media sugli acquisti, calcolata sull’insieme dei contribuenti e pari al 17%, si ottiene un’imposta pari a 255 milioni di euro. Considerato che il tasso di evasione IVA, calcolato in rapporto all’ammontare dell’imposta effettivamente versata, si attesta su un valore pari al 41%, si può stimare un potenziale gap, afferente alle fatture acquisite negli anni precedenti e registrate nell’anno in corso, pari a circa 100 milioni.

Una volta allineato il momento di registrazione delle fatture emesse con quello delle fatture ricevute, nell’ambito di un unico periodo di imposta, sarà più agevole individuare queste anomalie e ridurre il gap IVA di 100 milioni di euro.

 

In merito ai profili di quantificazione, si segnala che, in fase di prima applicazione, la disposizione sembra suscettibile di determinare effetti negativi in relazione alla quota di IVA che verrebbe portata in detrazione con un anticipo di un anno. Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

Articolo 3
(Disposizioni in materia di contrasto alle indebite compensazioni)

Normativa previgente. Il comma 574 dell’articolo 1 della legge n. 147/2013 ha disposto che, a decorrere dal 2013, i contribuenti, che utilizzano in compensazione crediti di imposta per imposte dirette o sostitutive di ammontare complessivo superiore a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l'apposizione del visto di conformità[5]  da parte dei responsabili dei centri di assistenza fiscale.

Alla disposizione sono stati ascritti effetti positivi in misura pari a 460 milioni annui.

L’articolo 10, comma 1, lett. a), numero 7 del DL n. 78/2009 ha disposto che i contribuenti, che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all'imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l'obbligo di richiedere l'apposizione del visto di conformità relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito. La RT riferita alla citata disposizione e ad altre misure riguardanti le compensazioni di crediti fiscali stimava effetti positivi complessivi pari a 1 miliardo annuo.

Il comma 49-bis dell’articolo 37 del DL n. 223/2006 ha disposto che i soggetti titolari di partita IVA che intendono effettuare la compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per importi superiori a 5.000 euro annui, sono tenuti ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate.

 

Le norme dispongono quanto segue:

-         la  riduzione dagli attuali 15.000 a 5.000 euro dell'importo al di sopra del quale i crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito, all’IRAP e all’IVA, possono essere utilizzati in compensazione solo attraverso l'apposizione del visto di conformità (commi 1 e 2);

-        l’obbligo di utilizzo esclusivo dei servizi telematici dell’Agenzia delle entrate per i titolari di partita IVA  per i crediti IVA, per i quali è eliminata la soglia minima di 5.000 euro, e per le compensazioni dei crediti relativi alle imposte sul reddito e all’IRAP  (comma 3);

-        il divieto di utilizzare l’istituto della compensazione per il pagamento delle somme dovute in base agli atti di recupero relativi ai crediti indebitamenti utilizzati di cui all’articolo 1, comma 421 della legge n. 311 del 2004 (comma 4).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Minori spese correnti

 

 

975

1.930

1.930

1.930

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

 

 

 

 

 

 

975

1.930

1.930

1.930

975

1.930

1.930

1.930

 

La relazione tecnica chiarisce preliminarmente che le norme proposte comportano un miglioramento dei saldi di finanza pubblica, sia in termini di saldo netto da finanziare, sul versante della spesa, riducendo le dotazioni finanziarie appostate sui corrispondenti capitoli, sia in termini di fabbisogno e indebitamento netto sul versante delle entrate, in quanto minori compensazioni, sulla base dei criteri SEC 2010, si traducono in un aumento del livello delle entrate tributarie.

La RT afferma che, al fine di stimare gli effetti derivanti dall’introduzione delle disposizioni finalizzate al contrasto delle compensazioni indebite, si è tenuto conto degli effetti prodotti in passato da analoghe disposizioni[6].

La RT procede, quindi, quantificando gli effetti relativi alle singole disposizioni.

 

1.     Disposizioni concernenti l’utilizzo esclusivo dei servizi telematici dell’Agenzia per le compensazioni di crediti IVA inferiori a 5.000 euro (comma 3)

La RT precisa che il comma 3 elimina la soglia al di sopra della quale sussiste l’obbligo di utilizzare, per le operazioni di compensazione dei crediti Iva, i canali telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, permettendo in tal modo di aumentare la capacità di presidio dell’Amministrazione, al fine di evitare indebiti utilizzi dell’istituto della compensazione.

Per quantificare gli effetti positivi sulla finanza pubblica vengono presi in considerazione i tassi di variazione delle compensazioni IVA derivanti dalle novità normative di cui all’articolo 8, commi 18 e 19[7], del DL n. 16/2012. In particolare, detti tassi sono stati calcolati, con riferimento al biennio 2011-2012, suddividendo le compensazioni in tre fasce di importo, individuate in base all’ammontare dei crediti utilizzati. La RT afferma, quindi, che la diminuzione dell’ammontare delle compensazioni comprese nella fascia di importo 5.000-10.000 euro, pari a 339 milioni, rappresenta un indicatore dell’effetto deterrente esercitato dall’introduzione dell’obbligo di utilizzo esclusivo dei canali telematici e della presentazione preventiva della dichiarazione. Questo effetto risulta ancora più significativo poiché si verifica in un quadro complessivo di aumento delle compensazioni, per tutte le fasce, pari a 957 milioni.

La RT precisa, inoltre, che si è applicata una tecnica denominata analisi shift-share, utilizzando la quale si riesce a scindere la variazione annuale 2011-2012 delle compensazioni in due componenti: una componente “comune” a tutte le fasce di importo, che tiene conto, pertanto, dei fattori esogeni che influenzano la dinamica generale del fenomeno; una componente strutturale, dove si isola il solo effetto attribuibile alle specificità normative che caratterizzano ciascuna fascia. I tassi di variazione 2011-2012 sono illustrati nella tabella 1. L’analisi shift-share, per tali anni, evidenzia una variazione “comune” pari a 7.31% ed una “strutturale” nella classe 5.000-10.000 euro pari a -33.83%. Tale variazione, esprime l’effetto prodotto dal citato articolo 8 del d.l. n. 16 del 2012.

 

Tabella 1 Ammontare e tassi di variazione delle compensazioni IVA – anni 2011-2012

(milioni di euro)

Fascia d'importo

2011

2012

componenti variazione

comune

strutturale

0,01 - 5.000

1.338

1.515

13,23%

5,92%

5.000,01 - 10.000

1.278

939

-26,53%

-33,83%

>10.000,01

10.482

11.601

10,68%

3,37%

Totale

13.098

14.055

7,31%

0,00%

 

Tale variazione è stata applicata alla classe 0-5.000 del 2016 (tabella 2), sottintendendo l’ipotesi che la nuova disposizione eserciterà un effetto deterrente di pari intensità rispetto a quello registrato nel 2012.

La stima ottenuta implica una riduzione annua delle compensazioni di 415 milioni di euro.

 

 

Tabella 2 Ammontare delle compensazioni IVA anni 2015 – 2016 e 2016 stimato

(milioni di euro)

Fascia d'importo

2015

2016

componenti 2016 stimato

comune

strutturale

totale

0,01 - 5.000

1.403

1.462

1.522

-475

1.047

5.000,01 - 10.000

700

765

759

6

765

>10.000,01

12.188

13.272

13.218

54

13.272

Totale

14.291

15.499

15.499

-415

15.084

 

Tenuto conto che l’articolo 8, commi 18 e 19, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, ha ridotto sia la soglia al di sopra della quale è obbligatoria la presentazione preventiva della dichiarazione, sia quella al di sopra della quale è previsto l’utilizzo obbligatorio dei canali telematici messi a disposizione dall’Agenzia,  la variazione strutturale della classe di importo 5.000,01 - 10.000, riportata nella tabella 2, deriva dall’effetto congiunto delle citate modifiche.

Considerato che la proposta di modifica normativa non interviene sulla soglia di credito utilizzato in compensazione al di sopra della quale diviene obbligatoria la presentazione preventiva della dichiarazione, in via prudenziale l’entità dell’effetto previsto è dimezzata e pertanto si stima in 208 milioni di euro.

 

2.      Disposizioni concernenti l’obbligo di apposizione del visto di conformità alla dichiarazione IVA, IRES, IRAP e IRPEF se il credito che da essa emerge è compreso nella classe 5.000 -15.000 (commi 1 e 2)

La RT precisa che i commi 1 e 2 riducono l’importo del credito utilizzato in compensazione oltre il quale è necessaria l’apposizione del visto di conformità, ovvero della sottoscrizione alternativa, da 15.000 euro a  5.000 euro, in modo da agevolare l’effettuazione dei controlli avvalendosi dell’attività svolta dai soggetti abilitati all’apposizione dello stesso, e consentire un maggiore monitoraggio delle operazioni di compensazione.

Per quantificare gli effetti positivi in termini di miglioramento dei saldi di finanza pubblica derivanti dalle modifiche normative sono stati analizzati gli effetti prodotti dall’introduzione dell’articolo 10, comma 1, lettera a) punti 1, 6 e 7 del DL n. 78 del 2009 (si veda tabella 3).

Segnatamente, la diminuzione relativa alla fascia di importo comprendente le compensazioni di crediti di ammontare superiore a 15.000 euro, pari a 5,8 miliardi, esprime l’effetto congiunto delle novità in materia di visto di conformità, utilizzo dei canali telematici e presentazione preventiva della dichiarazione. La diminuzione relativa alla fascia di importo che comprende le compensazioni di crediti di ammontare tra 10.000 euro e 15.000 euro, pari a 77 milioni, esprime l’effetto congiunto delle novità in materia di utilizzo dei canali telematici e presentazione preventiva della dichiarazione, mentre non ha alcuna relazione causale con l’obbligo di apposizione del visto di conformità, poiché tale adempimento non era previsto per i crediti appartenenti a tale fascia. Questi eventi congiunti si verificano in un quadro complessivo di diminuzione delle compensazioni, per tutte le fasce, pari a 5,6 miliardi.

 

Tabella 3 Ammontare e tassi di variazione delle compensazioni IVA – anni 2009-2010

(milioni di euro)

Fascia d'importo

2009

2010

componenti variazione

comune

strutturale

0,01 - 5.000

1.555

1.493

-3,99%

26,12%

5.000,01 - 10.000

1.097

1.391

26,80%

56,91%

10.000,01 - 15.000

797

720

-9,66%

20,45%

> 15.000

15.210

9.437

-37,96%

-7,85%

Totale

18.659

13.041

-30,11%

0,00%

 

Come per il caso precedente, si è distinta la componente “comune” da quella “strutturale” della variazione, e si è proceduto a calcolare la differenza tra i tassi di variazione strutturale delle due classi considerate (sopra 15.000 e 10.000-15.000) al fine di isolare il solo effetto dell’apposizione del visto di conformità.

Pertanto, la differenza tra la variazione strutturale relativa alla fascia di importo “> 15.0000” e quella relativa alla fascia di importo “5.000,01 - 10.000” permette di isolare gli effetti attribuibili esclusivamente all’obbligo di apposizione del visto di conformità.

Il tasso di abbattimento ottenuto (-28.29%) è stato applicato all’ammontare delle compensazioni di crediti IVA, IRES, IRAP e IRPEF dell’anno 2016 rientranti nella classe  5.000-15.000, ottenendo le variazioni illustrate nella tabella 4.

 

Tabella 4. Ammontare delle compensazioni IVA, IRES, IRAP e IRPEF anno 2016 stimato, per la fascia 5.000-15.000 euro

(milioni di euro)

Imposta

2016

variazione

IVA

1.669

-469

IRES

449

-109

IRAP

485

-194

IRPEF

1.289

-411

 

La RT afferma, inoltre, che, per quanto riguarda l’IRPEF, un abbattimento della soglia così consistente non è detto che procuri una reazione analoga a quella delle altre imposte, tenuto conto che la stessa si rende applicabile a categorie reddituali che presentano profili di rischio generalmente non elevati, anche perché può cogliere realtà sulle quali non ci sono analoghe evidenze, in termini di attività di controllo e accertamento, rispetto alle altre imposte considerate. Per questa ragione l’importo stimato del recupero è stato ridotto del 20% e, quindi, si attesta su un ammontare pari a -329 milioni di euro.

 

3.     Disposizioni concernenti l’obbligo di utilizzo esclusivo dei servizi telematici dell’Agenzia per le compensazioni IRES, IRAP e crediti agevolativi indicati nel quadro RU della dichiarazione, effettuate dalle partite IVA (comma 3)

La RT afferma che per quantificare tale effetto occorre prendere in considerazione il tasso di abbattimento che si è riscontrato per l’IVA nel 2012 (pari al 16,3%) e applicarlo alle compensazione IRES IRAP e dei crediti agevolativi indicati nel quadro RU della dichiarazione, eseguite tramite i servizi di Home Banking.

Considerato che le compensazione che, nel 2016, non transitano per il canale telematico sono pari a 860 milioni per l’IRES e a 954 milioni per l’IRAP, il miglioramento dei saldi di finanza pubblica atteso si attesta su un valore pari a 295 milioni, di cui 140 ascrivibili all’IRES e 155 all’IRAP.

Per quantificare l’effetto derivante dall’applicazione della disposizione ai crediti agevolativi indicati nel quadro RU, occorre tener presente che gli stessi, nel 2016, ammontano a 2,5 miliardi di euro. Escludendo da tale ammontare i crediti dei non titolari di partita IVA e quelli per l’utilizzo dei quali è già obbligatorio l’uso dei servizi telematici dell’Agenzia, residua un ammontare pari a 2 miliardi di euro. Applicando a tale ammontare il tasso di abbattimento sopra indicato, (pari al 16,3 %), si stima un recupero annuo pari a 326 milioni di euro.

 

4.     Sintesi delle valutazioni

Nella tabella 5 la RT mostra le stime degli effetti finanziari derivanti dai provvedimenti illustrati nei paragrafi 1-3. In totale si stima un effetto positivo sui saldi di 1.930 milioni di euro, in termini di risparmi per minori compensazioni.

 

 

Tabella 5. Sintesi delle stime sul miglioramento dei saldi di finanza pubblica derivante dall’adozione delle nuove disposizioni in tema di compensazioni

(milioni di euro)

Provvedimento

Stima variazione compensazioni

IVA effetto telematico 0-5.000 (par. 1)

-208

IVA effetto visto 5.000-15.000 (par. 2)

-469

IRES effetto visto 5.000-15.000 (par. 2)

-109

IRAP effetto visto 5.000-15.000  (par. 2)

-194

IRPEF effetto visto 5.000-15.000  (par. 2)

-329

IRES effetto telematico partite IVA (par. 3)

-140

IRAP effetto telematico partite IVA  (par. 3)

-155

Crediti RU effetto telematico partite IVA (par. 3)

-326

Totale

-1.930

 

La RT riporta, inoltre, nella tabella 6, la distribuzione mensile del recupero stimato.

Dal momento che la norma produrrà i suoi effetti a partire da giugno 2017, sulla base della distribuzione di tabella 6, il miglioramento dei saldi di finanza pubblica atteso per quest’anno è pari a 1.288 milioni. Tale ammontare, però, si riduce a 975 milioni di euro, in quanto l’effetto della variazione del visto IVA si produrrà solo a partire dalla presentazione della prossima dichiarazione. La RT afferma, inoltre, che i 975 milioni si ripartiscono per tipologia di tributo nel seguente modo:

 

(milioni di euro)

 

IVA

 

139

IRES

166

IRAP

233

IRPEF

220

Crediti RU

217

 

Dal 2018 in poi l’effetto annuale risulta pari a 1.930 milioni di euro.

 

Tabella 6. Distribuzione mensile del miglioramento dei saldi di finanza pubblica derivante dall’adozione delle nuove disposizioni in tema di compensazioni

 

(milioni di euro)

Mesi

Importo

gennaio

-87

febbraio

-76

marzo

-193

aprile

-127

maggio

-155

giugno

-257

luglio

-172

agosto

-265

settembre

-199

ottobre

-99

novembre

-164

dicembre

-136

Totale

-1.930

 

La RT afferma, infine, che le stime di miglioramento dei saldi di finanza pubblica sono da considerarsi prudenziali in quanto non includono gli importi corrispondenti ai crediti d’imposta utilizzati in difformità dalle regole che prescrivono l’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni dalle quali emergono, mediante l’utilizzo dell’atto di recupero di cui all’articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, né gli effetti della disposizione che prevede il divieto di utilizzare l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per il pagamento delle somme dovute in base agli atti di recupero di cui all’articolo 1, comma 421, della stessa legge n. 311.

 

In merito ai profili di quantificazione, si prende atto della stima fornita dalla relazione tecnica, che appare corretta sulla base dei dati e degli elementi informativi indicati dalla stessa relazione.

Si rileva peraltro che la RT, si fini della quantificazione, utilizza i dati relativi agli effetti prodotti in passati esercizi (anno 2012), riferiti a precedenti disposizioni di analogo tenore. Anche in considerazione degli effetti di gettito ascritti alla disposizione, andrebbe acquisita la valutazione del Governo in ordine alla prudenzialità dell’acquisizione dei predetti coefficienti, rispetto ai quali non sono operati abbattimenti.

Infine, andrebbe acquisita una conferma in merito all’effettiva possibilità da parte dell’amministrazione finanziaria di gestire i controlli preventivi sulle dichiarazioni e sulle istanze di rimborso con le dotazioni umane e strumentali già previste a legislazione vigente.

 

Articolo 4
(
Regime fiscale delle locazioni brevi)

La norma disciplina il regime tributario delle locazioni brevi, definite da contratti di locazione e sublocazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa (commi 1 e 3).

I relativi redditi, realizzati a decorrere dal 1° giugno 2017, possono essere assoggettati, in alternativa al regime ordinario IRPEF e dietro esercizio di opzione da parte del contribuente, al regime della c.d. “cedolare secca” con aliquota al 21% (comma 2).

I soggetti intermediari, inclusi coloro che operano attraverso portali on line, hanno l’obbligo di comunicare i dati relativi ai contratti conclusi per il loro tramite (comma 4).

Gli intermediari che provvedono anche ad incassare i corrispettivi del contratto per conto del locatore, sono tenuti ad operare, in qualità di sostituto d’imposta, una ritenuta d’imposta ad aliquota del 21%. I percipienti che non hanno optato per la cedolare secca, considerano la ritenuta a titolo di acconto IRPEF (comma 5).

E’ prevista l’emanazione di un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per la definizione delle disposizioni di attuazione (comma 6).

L’Agenzia delle entrate stipula convenzioni con i soggetti di intermediazione on line per definire le modalità di monitoraggio delle locazioni concluse attraverso il portale. La stipula delle convenzioni deve avvenire senza oneri a carico dell’Agenzia delle entrate e dello Stato (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate tributarie

Tassazione affitti brevi

81,3

139,3

139,3

139,3

81,3

139,3

139,3

139,3

81,3

139,3

139,3

139,3

 

La relazione tecnica evidenzia che la norma introduce una ritenuta del 21 per cento, operata come cedolare secca dai soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, sui canoni di locazioni brevi di immobili residenziali.

La RT ricorda che per locazioni brevi si intendono i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, o di arte e professione, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.

La RT afferma che da un'indagine condotta dalla Guardia di finanza di Venezia sull’attività di accertamento risulta che un soggetto su quattro di coloro che affittano la propria abitazione o una camera dichiara al fisco gli affitti percepiti. In base ai dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nell’anno 2016, anno di imposta 2015, risulta un ammontare di canoni relativo alla locazione di immobili per periodi brevi di circa 221,1 milioni di euro per la quasi totalità assoggettati a cedolare secca all’aliquota del 21 per cento.

Ai fini della presente stima non si considerano gli effetti relativi ai canoni già indicati in sede dichiarativa. Considerando il dato della suddetta indagine, si stima un ammontare di maggiore base imponibile su cui applicare la nuova ritenuta d’acconto di circa 663,3 milioni di euro (221,1 x 3). Applicando l’aliquota del 21 per cento, si stima una maggiore ritenuta di circa 139,3 milioni di euro.

Nell’ipotesi che la norma entri in vigore a partire da giugno 2017, l’andamento finanziario risulta il seguente, in milioni di euro:

 

(milioni di euro)

 

2017

2018

dal 2019

Cedolare secca

81,3

139,3

139,3

 

In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che la quantificazione appare corretta sulla base dei dati forniti. In merito ai profili di prudenzialità, andrebbe peraltro acquisita la valutazione del Governo, tenuto conto che, ai fini della stima, la RT assume un recupero pari all’intera percentuale di evasione considerata (75%).

In merito all’imputazione per cassa, si segnala che nel primo anno di applicazione sono stati considerati effetti corrispondenti ai 7/12 del valore annuale. In proposito, si rileva che le ritenute operate nel mese di dicembre sono versate all’Erario a gennaio del 2018; tale slittamento non sembra considerato dalla RT. In proposito appare necessario un chiarimento.

Inoltre, poiché la relazione evidenzia, con riferimento ai redditi da locazione brevi dichiarati, che la quasi totalità è assoggettata a cedolare secca con l’aliquota del 21 per cento, andrebbe valutata l’opportunità di considerare, in via prudenziale, la riduzione del gettito che si realizzerebbe con riferimento ai contribuenti che, attualmente, versano l’IRPEF a tassazione ordinaria con aliquota marginale superiore al 21%.In proposito appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

Articolo 5
(Disposizioni in materia di accise sui tabacchi)

La norma dispone che, con decreto da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del DL in esame, siano stabilite le variazioni delle componenti e delle misure relative alle accise sui tabacchi, di cui all’articolo 1, comma 2, lett. a)[8] del d.lgs. n. 188 del 2014, in misura tale da garantire un maggior gettito pari a 83 milioni per l’anno 2017 e 125 milioni a decorrere dal 2018.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate

 

Rimodulazione accise tabacchi

83

125

125

125

83

125

125

125

83

125

125

125

 

La relazione tecnica precisa che le componenti e le misure di cui all’art. 1, comma 2, lettera a) del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188 sono stabilite in misura tale da assicurare il gettito specificato nella disposizione in esame.

 

In merito ai profili di quantificazione, si prende atto di quanto affermato dalla relazione tecnica in merito alla possibilità di conseguire il gettito indicato mediante la variazione delle componenti e delle misure relative alle accise sui tabacchi. In assenza di ulteriori elementi informativi, sarebbe comunque utile acquisire elementi di valutazione dal Governo volti ad escludere eventuali effetti sui consumi, suscettibili di incidere sul gettito ascritto alla disposizione.

 

Articolo 6
(Disposizioni sui giochi – PREU e ritenute sulle vincite del lotto e di altri giochi)

Normativa previgente La legge di stabilità 2016 ha, da ultimo, fissato il PREU (prelievo erariale unico) sugli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lett. a) e b), del regio decreto n. 773 del 1931 nelle seguenti misure, a decorrere dal 1° gennaio 2016:

- 17,5% della raccolta per gli apparecchi di cui alla lettera a) (cosiddetti AWP o newslot) (comma 918 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016). Si rammenta che lo stesso comma ha previsto anche la riduzione della percentuale minima obbligatoria di vincite (payout) dal 74% al 70% delle somme giocate;

- 5,5% della raccolta per gli apparecchi di cui alla lettera b) (cosiddetti VLT) (comma 919 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016).

La legge finanziaria per il 2005 (L. n. 311/2004) ha fissato la percentuale delle ritenute sulle vincite al gioco del Lotto al 6% (art. 1, comma 488)[9].

Ai sensi del decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 12 ottobre 2011 (cui fa rinvio, con novelle, l’articolo 10, comma 9, del DL n. 16 del 2012), a decorrere dal 1° gennaio 2012:

- per gli apparecchi denominati VLT, sulla parte della vincita eccedente euro 500, oltre al PREU (sopra citato) è applicata un’addizionale pari al 6 per cento (art. 5, comma 1, lett. a), del citato decreto direttoriale);

- per alcuni giochi, anche se a distanza (Vinci per la vita-Win for life, Vinci per la vita-Win for Life Gold, «SiVinceTutto SuperEnalotto», lotterie nazionali ad estrazione istantanea, Enalotto, Superstar) è dovuto un diritto pari al 6 per cento sulla parte della vincita eccedente euro 500 (art. 6, comma 1, del citato decreto direttoriale).[10]

 

Le norme modificano la tassazione sugli apparecchi da intrattenimento e sulle vincite al Lotto e per altri giochi.

Per quanto riguarda il PREU (comma 1), a decorrere dal 24 aprile 2017[11] l’aliquota del prelievo sugli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del RD n. 773 del 1931 viene incrementata:

- dal 17,5% al 19% per gli apparecchi di cui alla lettera a) (cosiddetti AWP o newslot);

- dal 5,5% al 6% per gli apparecchi di cui alla lettera b) (cosiddetti VLT).

Per quanto riguarda le ritenute sulle vincite al lotto e per altri giochi (commi 2, 3 e 4), (cosiddetta “tassa sulla fortuna”) le norme, a decorrere dal 1° ottobre 2017:

§  elevano la ritenuta sulle vincite del Lotto dal 6% all’8% (comma 2);

§  raddoppiano (dal 6% al 12%) l’addizionale sulla parte delle vincite - agli apparecchi VLT - superiore a 500 euro (comma 3);

§  raddoppiano (dal 6% al 12%) l’addizionale sulla parte delle vincite – al Superenalotto e ai giochi complementari e alle lotterie istantanee – superiore a 500 euro (comma 4).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate tributarie

 

Giochi: aumento PREU AWP (+1,5%)

(comma 1)

150,0

200,0

200,0

200,0

150,0

200,0

200,0

200,0

150,0

200,0

200,0

200,0

Giochi: aumento PREU VLT (+0,5%)

(comma 1)

52,0

70,0

70,0

70,0

52,0

70,0

70,0

70,0

52,0

70,0

70,0

70,0

Maggiori entrate extratributarie

 

Giochi: innalzamento prelievo vincite da 6% a 8% per il lotto; dal 6% al 12% per altri giochi

(commi 2, 3 e 4)

36,0

143,0

143,0

143,0

36,0

143,0

143,0

143,0

36,0

143,0

143,0

143,0

 

La relazione tecnica, relativamente al comma 1 (incremento del PREU), afferma preliminarmente che, per quanto riguarda le AWP, la raccolta complessiva relativa al 2016 è stata pari a 26,33 miliardi di euro. A parità di raccolta, quindi, l’incremento di 1,5 punti percentuali comporterebbe un maggior gettito di 390 milioni di euro.

Tuttavia, la RT osserva anche che, a partire dal mese di agosto 2016, quando le nuove schede con il payout (percentuale minima di vincite rispetto alla raccolta) ridotto sono entrate in esercizio in modo completo, la raccolta derivante dagli apparecchi in esame è diminuita rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno precedente di circa il 3,7% medio e che questa riduzione sembra trovare tendenzialmente conferma nei primi mesi dell’anno 2017.

Considerando una riduzione della raccolta del 3,7%, si possono formulare le seguenti stime:

- raccolta 2016: 26,33 miliardi - Erario 2016: 4,6 miliardi;

- raccolta con riduzione del 3,7%: 25,35 miliardi - Erario: 4,8 miliardi;

- maggior gettito annuo: 0,2 miliardi;

- maggior gettito 2017: 0,15 miliardi (0,2 x 9/12).

Per quanto riguarda le VLT, la raccolta complessiva per il 2016 è stata pari a 23,1 miliardi. A parità di raccolta, quindi, l’incremento di 0,5 punti percentuali comporterebbe un maggior gettito di 110 milioni su base annua.

Tuttavia, si osserva che l’aumento del PREU comporterà presumibilmente la necessità, da parte della filiera, di ridurre il payout, attualmente pari all’88% medio.

Come è stato registrato per il comparto delle AWP, la riduzione del payout potrebbe comportare una riduzione della raccolta per il decremento della domanda. Inoltre, nel comparto delle VLT assume una certa rilevanza, per le particolari modalità di gioco e alla luce dell’alto livello di payout, il c.d. “rigioco”, cioè il reimpiego delle somme vinte. La riduzione del payout, quindi, comporterà una riduzione del rigioco.

Alla luce di quanto sopra, tenendo conto di quanto registrato nel comparto delle AWP e dell’incidenza della diminuzione del rigioco, la riduzione della base imponibile soggetta a PREU potrebbe essere stimata nell’ordine del 2 o 3 per cento.

Nell’ipotesi in cui la riduzione della raccolta si attestasse sul 3%, si possono formulare le seguenti stime:

- raccolta 2016: 23,1 miliardi - Erario 2016: 1,27 miliardi;

- raccolta con riduzione 3%: 22,4 miliardi - Erario: 1,34 miliardi;

- maggior gettito annuo: 0,07 miliardi;

- maggior gettito 2017: 0,052 miliardi (0,07 x 9/12).

Il maggior introito sarebbe cioè pari a 70 milioni su base annua. Nel 2017 si otterrebbero i 3/4 di questa cifra, pari a 52 milioni.

La RT afferma, infine, che non si considerano gli effetti delle normative locali, sin qui ancora non operative e fornisce il seguente quadro riassuntivo:

(milioni di euro)

2017

2018

2019

202

270

270

 

Relativamente al comma 2 (gioco del lotto), la RT precisa che nel 2016 il totale del prelievo sulle vincite (c.d. “tassa sulla fortuna”) è stato pari a 395 milioni di euro, di cui oltre 300 milioni provengono dal Lotto (si tratta di circa il 78%, di cui oltre l’86% è attribuibile alle vincite di importo inferiore a 500 euro). La RT evidenzia altresì che il caso del gioco del Lotto è particolare, poiché, a differenza che negli altri giochi, il prelievo del 6% riguarda ogni sorta di vincita e non solo quelle superiori ai 500 euro.[12]

Con la norma in esame, il prelievo sul gioco del Lotto registrerebbe un aumento di circa 100 milioni di euro su base annua. Tuttavia, secondo la RT, occorre considerare che per il gioco del Lotto l’aumento del prelievo determina, in sostanza, una riduzione di payout, con possibili effetti sulla domanda di gioco.

Tenuto conto che si tratterebbe di un aumento limitato, lo stesso potrebbe risultare poco percepibile dai giocatori, con riflessi, quindi, contenuti sulla raccolta. Secondo la RT è dunque ragionevole ritenere che l’eventuale riduzione della raccolta possa risultare nell’ordine del 2% (-162 milioni di euro a parità di raccolta).[13]

In tal caso, considerato che la resa erariale è pari a circa il 22% della raccolta, si avrebbe un minor introito erariale di 35 milioni di euro (162 x 22%).[14]

La riduzione della raccolta, prosegue la RT, comporta minori ricavi per i ricevitori e per il concessionario; ciò che, a parità di costi, produce un minor gettito per IRES e IRAP, nell’ordine stimato di 11 milioni di euro.

Inoltre, la riduzione della raccolta implicherebbe teoricamente un livello più basso di vincite, con un minor introito da ritenuta di circa 6 milioni di euro.

In conclusione, l’aumento del prelievo erariale sulle vincite del Lotto porta un maggior introito stimato pari a: (+ 100 – 35 – 11 – 6) = + 48 milioni di euro annui.

Relativamente ai commi 3 e 4 (vincite eccedenti i 500 euro sugli apparecchi VLT e su altri giochi), la RT precisa innanzitutto che, per quanto concerne gli altri giochi soggetti al prelievo sulle vincite, incidendo la tassazione solo sulla parte di vincite superiore a euro 500, gli effetti sulla raccolta si stimano di modesto impatto.

Pertanto, a parità di base imponibile rispetto al 2016, il maggior gettito derivante dall’incremento di aliquota dal 6% al 12% è pari a 95 milioni di euro.

Complessivamente, dunque, l’impatto del provvedimento, relativamente ai commi da 2 a 4, può essere stimato su base annua in un incremento di gettito pari a 143 milioni di euro (48 per il Lotto + 95 per gli altri giochi).

L’aumento del prelievo sulle vincite richiede il preventivo adeguamento tecnologico dei sistemi, necessario all’applicazione concreta del prelievo e soprattutto alla rendicontazione contabile del gioco. L’applicazione dell’incremento di prelievo, relativamente all’anno 2017, potrà partire solo dal 1° ottobre. Il maggior gettito va considerato come rateo per i mesi corrispondenti (3/12), come segue:

(milioni di euro)

2017

2018

2019

36

143

143

 

In merito ai profili di quantificazione, relativamente all’incremento del PREU sugli apparecchi AWP (comma 19), la stima della RT incorpora una riduzione della raccolta del 3,7 per cento su base annua. Secondo la stessa relazione, tale riduzione corrisponde a quella osservata nel 2016 per effetto della contrazione della base imponibile, a seguito della riduzione della percentuale minima obbligatoria di vincite (payout) prevista dalla legge di stabilità 2016. Tuttavia - a differenza di quanto previsto per altri incrementi disposti dall’articolo in esame - la RT non considera effetti di ulteriore contenimento della raccolta in relazione all’incremento della tassazione disposto dalle norme in esame. Andrebbero quindi esplicitati i criteri di valutazione adottati, che inducono ad ipotizzare, per la categoria in esame, il mantenimento dei medesimi livelli di raccolta a fronte di un ulteriore aumento della tassazione.

Per quanto riguarda la raccolta sugli apparecchi VLT, per la quale la RT stima invece una riduzione del 3% in funzione della riduzione della percentuale di vincite riconosciute ai giocatori (payout), appare necessario acquisire gli elementi alla base dell’individuazione di tale percentuale nonché l’avviso del Governo in merito alla prudenzialità di tale stima, posto che nel settore delle VLT - come rammenta la stessa RT - proprio l’elevato payout è un fattore determinante del cosiddetto “rigioco”, ossia l’attitudine a puntare nuovamente le vincite in denaro.

In merito agli effetti per l’anno 2017, per entrambe le tipologie di apparecchi, si osserva che la RT assume che la nuova aliquota sia applicabile per 9 mesi, mentre il DL in esame è entrato in vigore il 24 aprile; le norme non prevedono inoltre espressamente effetti retroattivi o di carattere transitorio, né tali effetti sembrerebbero derivare dalla normativa primaria attualmente vigente: sul punto appare quindi necessario acquisire chiarimenti da parte del Governo.

Inoltre, si rileva che la RT esclude espressamente dalle stime “gli effetti delle normative locali, sin qui ancora non operative”. Si rileva in proposito che la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-10524, svolta il 9 febbraio 2017, include tali normative fra gli elementi che inducono a ritenere probabile una contrazione del gettito nel 2017 ed evidenzia che “gli enti locali hanno continuato a legiferare in modo sempre più restrittivo”. Andrebbe quindi acquisita una valutazione del Governo, sotto il profilo della prudenzialità, riguardo alla non considerazione di tali normative da parte della RT.

Relativamente alle vincite al Lotto, la RT procede come segue: stima innanzitutto l’effetto ascrivibile, a parità di altri fattori, all’aumento della percentuale di prelievo, individuandolo in 100 milioni di euro annui (dato coerente con gli elementi conoscitivi disponibili)[15], e lo rettifica sulla base di tre ulteriori effetti che possono essere indotti dalla riduzione della raccolta:

a) minor introito erariale, stimato 35 milioni annui. In proposito non si hanno osservazioni da formulare sulla base degli elementi forniti dalla relazione tecnica e di quelli riscontrabili dalla menzionata risposta del Governo[16];

b) minor gettito per IRES e IRAP, per 11 mln, derivante dalla riduzione della raccolta (che comporta minori ricavi per i ricevitori e per il concessionario). In proposito la RT si limita ad indicare il valore predetto senza esplicitare gli elementi e le ipotesi assunti alla base di tale quantificazione;

c) livello più basso di vincite, che teoricamente deriverebbe dalla riduzione della raccolta. In proposito la RT stima un minor introito da ritenuta di circa 6 milioni di euro. Sul punto non si hanno osservazioni da formulare, alla luce dei dati disponibili i quali permettono di ricostruire l’iter logico seguito dalla RT, pur non provvedendo la stessa ad esplicitare i passaggi seguiti.

Relativamente alle vincite eccedenti i 500 euro si prende atto dei dati e delle assunzioni esplicitati dalla relazione tecnica. Tuttavia, per quanto riguarda le vincite agli apparecchi VLT (oggetto del comma 3), si rileva che la RT assume come base di calcolo la stessa base imponibile del 2016, a differenza di quanto indicato in altra parte dalla stessa relazione (v. comma 1), laddove si ipotizza una contrazione della raccolta del 3%: sul punto andrebbero acquisiti chiarimenti da parte del Governo.

Infine, in merito all’assunzione secondo cui la tassa, colpendo la sola porzione delle vincite superiore a 500 euro, non è suscettibile di incidere significativamente sulla raccolta dei giochi, sarebbe comunque utile conoscere se si siano registrate variazioni della raccolta dei giochi interessati in seguito all’introduzione, a decorrere dal 2012, dell’addizionale, ora aumentata per effetto delle norme in esame.

 

Articolo 7
(
Rideterminazione base Ace)

Normativa previgente L’art. 1 del decreto legge n. 201/2011 ha introdotto l’Aiuto alla crescita economica (ACE) consistente in una agevolazione fiscale proporzionale al capitale proprio investito nelle aziende. In particolare, è possibile dedurre dal reddito imponibile un ammontare corrispondente al rendimento nozionale del valore investito. La norma individua i criteri per la determinazione del nuovo capitale investito (incremento del patrimonio rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2010) e del tasso di riferimento per la determinazione del rendimento (per gli anni 2011, 2012 e 2013 si applica l’aliquota del 3%; per gli anni dal 2014 al 2017 si applicano, rispettivamente, il 4%, il 4,5%, 4,75% e 2,3%. A decorrere dal 2018 l’aliquota è fissata al 2,7%).

La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), nell’introdurre il regime IRI (imposta sul reddito delle imprese) per le persone fisiche[17], è intervenuta sul richiamato art. 1 del DL n. 201/2011 anche al fine di prevedere l’applicazione dell’ACE ai soggetti che adottano il regime IRI con le ordinarie modalità previste per i soggetti IRES. In particolare, il comma 552 stabilisce che per i soggetti IRI rileva come incremento di capitale proprio anche la differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010.

 

La norma apporta le seguenti modifiche alla disciplina ACE.

Intervenendo sull’art. 1 del decreto legge n. 201 del 2011, prevede una diversa modalità di determinazione dell’incremento del capitale investito nell’impresa. In particolare, in luogo di un raffronto tra il capitale aggiornato e quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, viene prevista una valutazione mobile dell’incremento che è riferito, comunque, a quello esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente a quello di riferimento. Tale modifica si applica a decorrere dal 2017 e rileva ai fini della determinazione dell’acconto IRES dovuto per il 2017 (commi 1, 2 e 4).

Viene inoltre modificato il comma 552 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017, che disciplina l’applicazione del regime ACE per le persone fisiche, le società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria. Per tali soggetti l’incremento del capitale proprio, nei periodi d’imposta 2017, 2018 e 2019[18], è determinato anche dalla differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre del quinto periodo d’imposta precedente a quello per il quale si applica l’agevolazione (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate tributarie

Introduzione meccanismo incrementale dal 2017-IRES

219,3

292,4

766,0

563,0

219,3

292,4

766,0

563,0

219,3

292,4

766,0

563,0

Introduzione meccanismo incrementale dal 2017-IRES

 

32,9

50,3

36,8

 

32,9

50,3

36,8

 

32,9

50,3

36,8

 

La relazione tecnica evidenzia che la norma prevede per tutti i contribuenti un periodo mobile di cinque anni come riferimento per la determinazione della variazione di patrimonio netto ai fini ACE.

La RT ricorda inoltre che con la legge di bilancio 2017 erano state apportate le seguenti modifiche alla disciplina ACE:

-        riduzione dell’aliquota di rendimento del regime ACE delle variazioni di capitale dal 4,75% al 2,3% nel 2017 e al 2,7% a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017;

-        alcune normative antielusive in materia di eccedenze di ACE;

-        abrogazione della cosiddetta “superAce” per le società quotate;

-        per quanto riguarda le persone fisiche e le società di persone la modifica del metodo di calcolo del patrimonio sul quale valutare il rendimento ACE, passando da tutto il patrimonio al solo incremento rispetto al patrimonio netto al 31 dicembre 2010 con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015;

-        limitatamente alle imprese diverse dalle banche e dalle imprese di assicurazione la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell'incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2010.

Per la stima degli effetti di gettito, la RT utilizza la stessa metodologia utilizzata in sede di legge di bilancio. In particolare:

-      la RT ha proceduto mediante modello previsionale microeconomico IRES che ha come base dati provvisoria le dichiarazioni dei redditi UNICO2015 società di capitali e CNM2015 (consolidato nazionale e consolidato mondiale);

-      nel modello utilizzato sono stati aggiornati, sia dal punto di vista normativo che dal punto di vista degli andamenti macroeconomici, i dati sui versamenti in autotassazione (saldo +acconto) e i dati stimati del PIL nominale indicati nel DEF 2016[19];

-      sono state inserite le successive variazioni normative: è il caso, ad esempio, degli interventi in materia di deducibilità delle svalutazioni crediti e della riduzione di aliquota IRES al 24% dal 2017 per i soggetti non bancari;

-      sono state utilizzate le informazioni ricavate dai versamenti in autotassazione, per “portare avanti” di un anno di imposta il reddito imponibile;

-      sono state mantenute altre specifiche poste, che mantengono i dati dichiarati a quadro macroeconomico invariato;

-      il valore del patrimonio netto è incrementato negli esercizi successivi di stima in base all’andamento rilevato dal 2013 al 2014 al quale è stato successivamente applicato il rendimento nozionale vigente;

-      sono state considerate le modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017.

In particolare, la RT segnala che l’incremento patrimoniale per tutti i contribuenti è stato stimato non più rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2010 ma rispetto ad un periodo mobile di cinque anni precedenti: a titolo esemplificativo l’incremento del 2017 è stimato rispetto al patrimonio netto esistente al 31 dicembre 2012.

Per i soggetti IRES, la RT afferma di aver effettuato la stima considerando il nuovo incremento patrimoniale.

Per le persone fisiche e le società di persone la RT ha effettuato la stima considerando il singolo contribuente ed incrementando il patrimonio netto in base all’andamento rilevato tra il 2013 e il 2014.

Dalle elaborazioni del modello IRES e delle dichiarazioni delle società di persone e delle persone fisiche, le modifiche normative alla normativa ACE producono i seguenti effetti di recupero gettito di competenza:

 

(milioni di euro)

Competenza

2016

2017

2018

2019 s.s

IRES

0,0

292,4

563,0

563,0

IRPEF

0,0

18,8

36,8

36,8

Totale

0,0

311,2

599,8

599,8

 

Per cassa, con un acconto del 75% e considerando l’anticipo per il 2017, l’andamento è il seguente:

(milioni di euro)

Cassa

2017

2018

2019

2020 s.s.

IRES

219,3

292,4

766,0

563,0

IRPEF

0,0

32,9

50,3

36,8

Totale

219,3

325,3

816,3

599,8

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la relazione tecnica quantifica gli effetti delle disposizioni utilizzando un modello di microsimulazione; pertanto non risulta possibile, sulla base degli elementi forniti, procedere ad una verifica della stima operata.

Tenendo conto di quanto indicato dalla RT, si rileva che la stima è stata effettuata utilizzando i dati macroeconomici contenuti nel DEF 2016, mentre risultano disponibili dati più aggiornati indicati nel DEF 2017.

L’utilizzo di tali dati potrebbe rivelarsi utile anche al fine di una verifica degli effetti attribuiti all’introduzione del periodo mobile, in luogo di quello fisso. A tale modifica sono infatti ascritti complessivamente effetti positivi, che sembrerebbero riconducibili alla contrazione del maggiore patrimonio netto sul quale è applicata l’agevolazione fiscale in esame. In proposito, è opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

Articolo 8
(Pignoramenti immobiliari)

Normativa previgente. L’articolo 76 del DPR n. 602 del 1973 stabilisce i limiti dell’espropriazione immobiliare. In particolare, si prevede che, ferma la facoltà di intervento ai sensi dell'articolo 499 del codice di procedura civile, l'agente della riscossione:

a) non dà corso all'espropriazione se l'unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente;

a-bis) non dà corso all'espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti «beni essenziali» e individuato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con l'Agenzia delle entrate e con l'Istituto nazionale di statistica;

b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro. L'espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l'ipoteca di cui all'articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto.

Il comma 2 del medesimo articolo 76 prevede, inoltre, che il concessionario non procede all'espropriazione immobiliare se il valore del bene, determinato a norma dell'articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all'importo indicato nel comma 1 (120.000 euro).

 

Le norme modificano il comma 2 dell’articolo 76 del DPR n. 602 del 1973, prevedendo che il concessionario non proceda all'espropriazione immobiliare se il valore dei beni, determinato a norma dell'articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all'importo indicato nel comma 1 (la modifica ha, pertanto, l’effetto di riferire il limite di 120.000 euro per il pignoramento al valore complessivo dei beni anziché al singolo bene).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate extratributarie

 

 

85

226

282

282

85

226

282

282

85

226

282

282

 

La relazione tecnica afferma che la stima degli effetti sul gettito complessivo della riscossione  prende a riferimento le azioni cautelari propedeutiche all’esecuzione delle procedure immobiliari in quanto, già con la comunicazione di iscrizione ipotecaria, che precede l’effettiva iscrizione dell’ipoteca, si manifesta l’effetto di deterrenza che può indurre il debitore al pagamento della pretesa. Si tratta di misure i cui effetti sul riscosso si rilevano a medio/lungo termine, anche in considerazione della possibilità per il debitore di pagare in forma rateale, e, pertanto, al fine di non inficiare la stima, si ritiene opportuno prendere a riferimento i dati gestionali consuntivati nel 2014 e 2015.

Nella tabella successiva la RT evidenzia che, attualmente, circa l’87% dei preavvisi di ipoteca/iscrizioni d’ipoteca non registrano alcun successivo pagamento. Sul restante 13% si sono avute riscossioni (anche da rateizzazione) con un valore medio di riscosso pari a circa 12.300 euro per ciascuna azione.

 

 

Numero preavvisi di ipoteca / iscrizioni ipotecarie

Senza effetto

% atti senza effetto

Atti con pagamenti

% atti con pagamenti

riscosso in €/mgl

valore medio in €/mgl

2014

120.458

105.552

88%

14.906

12%

170.709

13,2

2015

249.121

213.819

86%

35.302

14%

374.060

11,3

Valori Medi periodo 2014-2015

87%

13%

12,3

 

Ipotizzando che l’azione di deterrenza della nuova norma possa incidere riducendo del 10% i casi senza alcuna riscossione, la RT stima il maggior gettito in circa 282 milioni di euro annui:

Stima volumi [20]: preavvisi di ipoteca / iscrizioni ipotecarie

Senza effetto

% atti senza effetto

Atti con pagamenti

% atti con pagamenti

valore medio in €/mgl

riscosso in €/mgl

Normativa Attuale

230.000

199.474

87%

30.526

13%

12,3

374.505

Introduzione Modifica:
riduzione del 10% delle azioni inefficaci

230.000

176.474

77%

53.526

23%

12,3

656.675

Incremento riscossione

282.170

 

La RT precisa inoltre che gli effetti, successivi all’introduzione della norma, si potranno quindi concretizzare nel loro valore complessivo nel medio/lungo termine (circa due anni), ciò in ragione:

-        da un lato, delle modalità previste dalla normativa per l’espletamento della procedura cautelare  in quanto l’Agente della riscossione è tenuto a notificare al proprietario dell’immobile una comunicazione preventiva (Preavviso d’ipoteca) contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta l’ipoteca; decorsi 30 giorni dalla notifica della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria senza che il contribuente abbia provveduto al pagamento delle somme richieste, procede ad un’analisi puntuale delle risultanze ipocatastali di ciascun soggetto, al fine di individuare compiutamente il/i bene/i che saranno oggetto di iscrizione ipotecaria; il successivo pignoramento immobiliare non potrà essere effettuato prima del decorso di 6 mesi dall’avvenuta iscrizione della misura cautelare;

-        dall’altro, dal fatto che il contribuente ha comunque la possibilità di accedere ad un pagamento rateale del suo debito seppur già oggetto di iscrizione ipotecaria. La rateizzazione del debito da parte del contribuente è infatti molto spesso il risultato dell’azione cautelare intentata dall’Agente della riscossione.

Infine, nella valutazione degli effetti sull’anno corrente (e sui successivi) sulla riscossione vi è da considerare la necessaria programmazione ed esecuzione nel corso dell’anno del processo di produzione dell’azione cautelare.

L’analisi del trend storico evidenzia che la riscossione derivante dall’azione cautelare effettuata si realizza per il 60% nel corso dei primi 12 mesi e per il 40% nei 24 mesi successivi.

La RT afferma, pertanto, che il maggior gettito complessivo stimato in 282 milioni di Euro (conseguente ad un’ipotesi di  230.000 preavvisi/iscrizioni ipotecarie) derivante dall’incremento del 10% dell’efficacia dell’azione cautelare a seguito dell’intervento normativo, potrà determinare, nell’ipotesi in cui la norma entri in vigore nel mese di maggio 2017 e considerati anche i tempi necessari per la ripresa delle procedure che devono tener conto della sospensione delle azioni determinata dalla Definizione Agevolata, un gettito incrementale stimato nel 2017 di circa 85 milioni di Euro (50% dell’effetto del 1° anno di introduzione della norma).

 

Valore incrementale annuale

2017

2018

2019

2020

282

85

226

282

282

30%

80%

100%

100%

 

In merito ai profili di quantificazione, appare necessario acquisire gli elementi alla base dell’indicazione di un incremento del 10% degli atti con riscossione a seguito dell’introduzione della norma in esame, tenuto conto che la RT sembra imputare tale incremento principalmente ad un effetto di deterrenza, senza peraltro esplicitare i criteri sottostanti la scelta del predetto parametro.

 

Articolo 9
(Avvio della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia concernenti le aliquote dell’IVA e delle accise)

Normativa previgente La legge n. 190/2014 (comma 718) stabilisce l’incremento delle aliquote IVA (cd. clausola di salvaguardia) secondo la seguente modulazione:

a)     l’aliquota ridotta è elevata dal 10% al 13% a decorrere dal 2018;

b)     l’aliquota ordinaria è elevata dal 22% al 25% nel 2018 e al 25,9% a decorrere dal 2019.

Inoltre, è previsto l’incremento delle accise sui carburanti in misura tale da assicurare maggiori entrate nette non inferiori a 350 milioni annui a decorrere dal 2018.

 

La norma prevede una più attenuata modulazione degli incrementi delle aliquote IVA e accise sui carburanti di cui al comma 718 della legge di stabilità 2015 (cd. clausola di salvaguardia). In particolare:

a)     l’aliquota IVA del 10% è elevata all’11,5% nel 2018, al 12% nel 2019 e al 13% a decorrere dal 2020;

b)    l’aliquota IVA del 22% è elevata al 25% nel 2018 e al 25,4% nel 2019. Nel 2020 è fissata al 24,9% e a decorrere dal 2021 è fissata al 25%;

c)     gli incrementi delle accise sui carburanti, finalizzati ad ottenere un maggior gettito netto di 350 milioni annui, sono applicati a decorrere dal 2019.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Minori entrate tributarie

Sterilizzazione parziale aumenti aliquote IVA

 

3.828,5

4.363,0

4.088,0

 

3.828,5

4.363,0

4.088,0

 

3.828,5

4.363,0

4.088,0

 

La relazione tecnica ricorda che la disposizione in esame prevede una riduzione dell'aliquota ordinaria dell'IVA dal 2019 e dell'aliquota ridotta dell'IVA limitatamente alle annualità 2018 e 2019. Inoltre, prevede la sterilizzazione dell'aumento delle accise per il solo anno 2018.

La RT evidenzia che a legislazione vigente sono previste le seguenti misure:

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

Aliquota dal 10% al 13% dal 2018

6.957

6.957

6.957

6.957

Aliquota dal 22% al 25 % dal 2018

12.264

12.264

12.264

12.264

Aliquota dal 25% al 25,9% dal 2019

0

3.679

3.679

3.679

Incremento accise dal 2018

350

350

350

350

TOTALE

19.571

23.250

23.250

23.250

 

La RT, utilizzando la stessa metodologia riferita alle disposizioni precedenti, stima i seguenti effetti finanziari.

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

Aliquota ridotta:

- nel 2018 scende dal 13% al 11,5%

- nel 2019 scende dal 13% al 12%

- dal 2020 torna pari al 13%

-3.478,5

-2.319,0

0,0

0,0

Aliquota ordinaria:

- nel 2018 resta pari al 25%

- nel 2019 scende dal 25,9% al 25,4%

- nel 2020 scende dal 25,9% al 24,9%

- dal 2021 scende dal 25,9% al 25%

0,0

- 2.044,0

-4.088,0

-3.679,2

Accise: sterilizzazione per il solo 2018 dell’incremento previsto a legislazione vigente

- 350

0,0

0,0

0,0

TOTALE

- 3.828,5

- 4.363,0

- 4.088,0

-3.679,2

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, in quanto la stima è coerente con le quantificazioni riferite alle precedenti disposizioni in materia.

 

Articolo 10
(Reclamo e mediazione)

Normativa previgente. L’articolo 17-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992 in materia di processo tributario prevede che, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa.

 

Le norme dispongono che, per gli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018, incrementa da ventimila a cinquantamila euro il limite del valore della controversia, rispetto al quale il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate

 

 

 

72

72

72

 

72

72

72

 

72

72

72

 

La relazione tecnica afferma che, al fine di stimare l’impatto finanziario dell’innalzamento della soglia per l’assoggettamento degli atti impositivi al procedimento di mediazione di cui al 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, vengono utilizzati i dati forniti dall’Agenzia delle entrate e quelli presenti nella relazione annuale sullo stato del contenzioso del Ministero dell’economia e delle finanze.

La RT evidenzia l’opportunità di fare riferimento al numero e al valore complessivo delle controversie presentate presso le Commissioni tributarie nell’anno 2016 con riferimento ai valori superiori a 20.000 euro e fino a 50.000 euro.

Dalle stime effettuate, tali controversie, aventi ad oggetto atti di accertamento e riscossione, sono pari a 15.309 per un ammontare di valore pari a 553,7 milioni di euro; dal computo sono state escluse le controversie aventi ad oggetto i rimborsi. Tali dati si riferiscono al valore delle controversie, così come definito dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 546/92, contro atti emessi da tutti gli enti impositori e i soggetti della riscossione.

Ai fini della stima, il valore complessivo delle controversie che, come detto, è pari a 553,7 milioni euro, è aumentato delle relative sanzioni che sono stimate nel 30% del suddetto valore. Il valore complessivo da mediare si stima quindi in 719,81 milioni di euro (553,7*1,3).

La RT ipotizza un flusso costante di nuove controversie e stima che il 20% di quest’ultime non sia oggetto di giudizio innanzi alla CTP competente per effetto della estensione della mediazione ai nuovi valori di scaglione delle controversie. Tale percentuale è ricavabile sia dal tasso di adesione riscontrato dall’Agenzia delle entrate nella mediazione relativa alle proprie controversie di valore fino a 20.000 euro nel biennio 2015-2016, sia dalle percentuali di abbattimento delle nuove controversie instaurate in primo grado nel biennio 2015-2016 contro atti emessi dagli enti territoriali e dall’Agenzia delle dogane. Applicando la suddetta percentuale del 20% al valore complessivo degli atti da mediare nella fascia di valore 20.001–50.000 euro, si ricava un importo soggetto a mediazione di circa 144 milioni di euro (20% di 719,81 milioni di euro quantificati in precedenza).

Ipotizzando che la mediazione si perfezioni sul 50% del predetto valore di 144 milioni di euro, la maggior entrata è stimabile, in termini di cassa, in 72 milioni di euro annui dal 2018.

 

In merito ai profili di quantificazione, al fine di valutare la prudenzialità della stima, appare necessario che siano esplicitati i dati ed i criteri sottostanti i parametri utilizzati dalla relazione tecnica (riferiti ad esempio alle quote di controversie non oggetto di giudizio innanzi alla CTP e alla procedura di riduzione del valore a seguito del perfezionamento della medesima), evidenziando ove possibile le ricorrenze statistiche sottostanti la scelta dei predetti parametri. Inoltre, andrebbe precisato in quale misura le entrate attese da tali controversie risultino eventualmente già scontate nelle previsioni tendenziali e non utilizzabili quindi ai fini della stima del maggior gettito.

 

Articolo 11
(Definizione agevolata delle controversie tributarie)

Le norme dispongono che le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l'Agenzia delle entrate pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, col pagamento di tutti gli importi di cui all'atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo[21], calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell'atto, escluse le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora[22].

In caso di controversia relativa esclusivamente agli interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il quaranta per cento degli importi in contestazione. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione. Sono definibili le controversie con costituzione in giudizio in primo grado del ricorrente avvenuta entro il 31 dicembre 2016 e per le quali alla data di presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

Sono escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte: a) le risorse proprie tradizionali previste dall'articolo 2, paragrafo l, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del13luglio 2015.

Al versamento degli importi dovuti si applicano le disposizioni previste dall'articolo 8 del D.lgs. n. 218/1997, con riduzione a tre del numero massimo di rate. Non è ammesso il pagamento rateate se gli importi dovuti non superano duemila euro. Il termine per il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata, di importo pari al 40 per cento del totale delle somme dovute, scade il 30 settembre 2017 e il contribuente deve attenersi ai seguenti ulteriori criteri: a) per il 2017, la scadenza della seconda rata, pari all'ulteriore quaranta per cento delle somme dovute, è fissata al 30 novembre; b) per il 2018, la scadenza della terza e ultima rata, pari al residuo venti per cento delle somme dovute, è fissata al 30 giugno.

Il contribuente che abbia manifestato la volontà di avvalersi della definizione agevolata di cui all'articolo 6, del DL n. 193del 2016, nei termini previsti dal comma 2 della stessa disposizione, può usufruire della definizione agevolata delle controversie tributarie solo unitamente a quella di cui al predetto articolo 6.

Entro il 30 settembre 2017, per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall'imposta di bollo.

Dagli importi dovuti ai sensi del presente articolo si scomputano quelli già versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio nonché quelli dovuti per la definizione agevolata di cui all’articolo 6 del DL  n. 193/2016.

Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 ottobre 2017. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2018.

Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di attuazione della disposizione in esame.

Qualora, a seguito del monitoraggio cui all'articolo 17, comma 12 della legge n. 196 del 2012, le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo non dovessero realizzarsi in tutto o in parte, si applica l'articolo 17, commi da 12-bis a 12-quater della citata legge n. 196 del 2009. Nel caso di realizzazione di ulteriori introiti rispetto alle maggiori entrate previste, gli stessi possono essere destinati, prioritariamente a compensare l'eventuale mancata realizzazione dei maggiori introiti di cui ai commi 575 (diritti d’uso delle frequenze) e 633 (riapertura dei termini per avvalersi della procedura di collaborazione volontaria) dell'articolo l della legge n. 232 del 2016, nonché, per l'eventuale eccedenza, al reintegro anche parziale delle dotazioni finanziarie delle missioni e programmi di spesa dei Ministeri, ridotte ai sensi dell'articolo 13, da disporre con appositi decreti di variazione di bilancio adottati dal Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate tributarie

 

Liti pendenti

320

80

 

 

320

80

 

 

320

80

 

 

 

La relazione tecnica, al fine di stimare l’impatto finanziario della definizione agevolata, evidenzia come la definizione delle liti di cui si tratta si differenzia notevolmente dalle precedenti, con la conseguenza che non si possono utilizzare modalità previsionali del gettito analoghe a quelle utilizzate in precedenza.

In particolare, la RT evidenzia che attualmente l’ampio ventaglio di strumenti deflattivi del contenzioso, che ormai arrivano fino alla conciliazione in secondo grado, consentono di definire in modo ampiamente agevolato sia le liti potenziali che quelle pendenti, limitando quindi, rispetto al passato, gli effetti di interventi straordinari di definizione delle liti. Invero, sia gli uffici sia i contribuenti intenzionati ad avvalersi degli istituti conciliativi sono attenti a sfruttare queste opportunità offerte a regime. Questa considerazione trova conferma nella forte riduzione dei ricorsi introduttivi del giudizio contro l’Agenzia delle entrate che nel 2016 si sono dimezzati rispetto agli oltre 170.000 del 2011. A ciò si aggiunge che è in corso la definizione agevolata dei carichi pendenti, di cui all’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193.

Ciò posto, la nuova definizione delle liti pendenti di fatto interessa l’eventuale quota dell’importo in contestazione non affidata all’agente della riscossione in applicazione delle disposizioni sulla riscossione in pendenza di giudizio, che resta esclusa dalla definizione di cui al predetto articolo 6. Questa circostanza riduce le liti interessate per lo più a quelle riguardanti gli avvisi di accertamento, per i quali è prevista la riscossione frazionata in base allo stato e al grado del giudizio. Inoltre, la platea dei contribuenti che potrebbe essere interessata alla definizione delle liti deve essere connotata, oltre che dalla propensione a definire le pendenze tributarie, anche - in un periodo che ancora risente degli effetti della crisi economica - dalla solvibilità.

La RT afferma che il dato orientativo che si può valorizzare può essere rappresentato dalla percentuale di ricorrenti in primo grado che versano direttamente il terzo dell’imposta dovuta provvisoriamente in caso di impugnazione.  In proposito, la percentuale media registrata nell’ultimo quadriennio è del 5%. In via prudenziale, è opportuno dimezzare tale percentuale, riducendola al 2,5%. Il tasso di adesione del 2,5% stimato va applicato all’imposta potenzialmente definibile. Tale imposta è costituita dalla maggiore imposta accertata in contestazione (MIAC) e non affidata all’Agente della riscossione, che il contribuente non aveva l’obbligo di pagare spontaneamente in base alle disposizioni in materia di riscossione frazionata, che risulta pari a:

due terzi della MIAC relativa alle controversie pendenti in primo grado e alle sentenze della commissione tributaria provinciale di rigetto del ricorso non impugnate ed ancora impugnabili,  che ammonta a 9,7 miliardi di euro;

un terzo della MIAC relativa alle controversie pendenti in secondo grado e alle sentenze della commissione tributaria regionale di rigetto dell’appello del contribuente non impugnate ed ancora impugnabili,  che ammonta a 2,2 miliardi di euro.

Un discorso a parte va fatto per quanto riguarda la MIAC riferita ai giudizi pendenti in Cassazione a seguito di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate. In questa ipotesi, non c’è carico affidato né è ammessa la conciliazione. La MIAC ammonta a circa 10,8 miliardi di euro. Posto che l’Agenzia ricorrente in Cassazione riesce a ribaltare l’esito della Commissione tributaria regionale mediamente nel 70% dei casi, tale percentuale può rappresentare l’importo potenzialmente oggetto di definizione. Applicando tale percentuale alla MIAC di 10,8 miliardi di euro si ottiene un montante di 7,5 miliardi di euro. Considerata la vetustà delle controversie e la circostanza secondo cui gran parte dei contenziosi riguarda società di capitali, che nel frattempo possono divenire insolventi, si stima un tasso di adesione più basso rispetto ai gradi di merito, quantificabile prudenzialmente all’1,5%.

Il gettito complessivo stimabile è quindi pari a 410 milioni [(11,9 miliardi x 2,5% = 297,5) + (7,5 miliardi x 1,5% = 112,5)], prudenzialmente arrotondato a 400 milioni.

Il gettito stimato va suddiviso sugli anni di dilazione previsti dalla nuova norma.

La norma prevede la possibilità di pagare in unica soluzione o in tre rate trimestrali, di cui due da corrispondere nel 2017 e una nel 2018.

Tenuto conto che il valore medio delle controversie definibili risulta piuttosto elevato, si stima che i pagamenti avvengano in maniera assolutamente prevalente con pagamenti rateali sfruttando il numero massimo delle rate a disposizione.

Partendo dal presupposto, sempre prudenziale, che le somme dovute per la definizione delle liti saranno versate attraverso pagamenti rateali (tre rate), si può ritenere che nel 2017 saranno effettuati versamenti in misura pari a 320 milioni di euro (80% del gettito complessivo stimabile); la restante parte (20% del gettito complessivo stimabile), in misura pari a 80 milioni, si può ritenere che sarà versata nel 2018.

 

In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che la quantificazione appare corretta sulla base dei dati e degli elementi posti alla base della stessa. Peraltro, poiché la stima si basa sul volume complessivo della maggiore imposta accertata in contestazione, andrebbe precisato se una quota di tale importo risulti già scontata nei tendenziali quale entrata da accertamento e, pertanto, non computabile come gettito aggiuntivo.

 

Articolo 12
(Rimodulazione delle risorse)

Normativa previgente I commi da 98 a 107 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) hanno introdotto un credito d’imposta in favore degli investimenti nel mezzogiorno. Il comma 108 stabilisce che gli oneri riferiti al predetto credito d’imposta sono valutati in 617 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019. Le modalità attuative sono previste dal provvedimento 24 marzo 2016 il quale stabilisce, tra l’altro, che l’utilizzo del credito d’imposta è possibile a partire dal quinto giorno successivo alla data di rilascio della ricevuta attestante la fruibilità del credito d’imposta stesso (articolo 3).

 

Le norme dispongono una rimodulazione dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma 108 della legge di stabilità 2016 come di seguito indicato:

-        nel 2017, da 617 milioni a 507 milioni;

-        nel 2018, da 617 milioni a 672 milioni;

-        nel 2019, da 617 milioni a 672 milioni.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Minori spese in conto capitale

Rimodulazione autorizzazione di spesa

110,0

 

 

 

110,0

 

 

 

110,0

 

 

 

Maggiori spese in conto capitale

Rimodulazione autorizzazione di spesa

 

55,0

55,0

 

 

55,0

55,0

 

 

55,0

55,0

 

 

La relazione tecnica considera la norma in esame insieme al successivo articolo 13 (riduzione dotazioni missioni e programmi di spesa dei Ministeri), alla cui scheda si rinvia.

Con riferimento all’articolo in esame, la RT precisa che la norma concorre al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa mediante la rimodulazione delle risorse stanziate per il credito d’imposta concesso alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali nuovi secondo le modalità e le procedure indicate dall’articolo 1, commi da 98 a 107, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni e integrazioni, che comporta una rimodulazione dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 108, della medesima legge n. 208 del 2015, per il periodo 2017-2019. La predetta rimodulazione, prosegue la RT, non è effettuata sulla quota di risorse, pari a 250 milioni annui, a valere sui fondi strutturali europei e di cofinanziamento nazionale previsti nel programma operativo nazionale «Imprese e Competitività 2014/2020» e nei programmi operativi relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2014/2020 delle regioni in cui si applica l'incentivo.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto - sul quale appare opportuna una conferma - che le ricevute per la fruizione del credito d’imposta già rilasciate dall’Amministrazione finanziaria consentano comunque il rispetto del nuovo limite di spesa per il 2017, che viene ridotto da 617 milioni a 507 milioni.

 

Articolo 13
(Riduzione dotazioni di missioni e programmi di spesa dei Ministeri)

Le norme, ai fini del concorso delle amministrazioni centrali dello Stato al raggiungimento degli obiettivi programmatici indicati nel documento di economia e finanza per il 2017, stabiliscono che, per il 2017, le dotazioni di bilancio, in termini di competenza e cassa, relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri siano ridotte per gli importi indicati nell’elenco allegato al provvedimento in esame (le riduzioni ammontano complessivamente a 460 milioni, di cui 319,5 di spese correnti e 140,5 di spesa in conto capitale).

Il Ministero dell'economia, nelle more dell’adozione delle necessarie variazioni di bilancio, è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili gli importi indicati in termini di competenza e cassa nel summenzionato elenco. Viene demandato ad un decreto ministeriale, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’adozione, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, delle variazioni compensative rispetto agli importi indicati nel citato elenco anche relative a missioni e programmi diversi. Resta precluso l’utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti (comma 1).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Minori spese correnti

 

 

319,5

 

 

 

319,5

 

 

 

319,5

 

 

 

Minori spese in conto capitale

 

 

140,5

 

 

 

126,5

14,0

 

 

126,5

14,0

 

 

 

La relazione tecnica afferma che le misure previste dalla disposizione seguono una procedura diversa da quella dei tagli lineari già sperimentata negli anni precedenti. Infatti, la ripartizione degli obiettivi di risparmio di spesa per i Ministeri e per le restanti amministrazioni centrali prevista dalla norma in esame non è conseguenza diretta di un mero taglio percentualizzato sulla spesa statale “aggredibile”, ma si concretizza in misure quantitativamente e qualitativamente tra loro differenziate.

Di conseguenza, alcune riduzioni per un ammontare pari a circa 161 milioni di euro (tra spese correnti e in conto capitale) sono ottenute in maniera indistinta attraverso le riduzioni delle missioni e dei programmi di spesa dei Ministeri. Altre misure, invece - per un totale di circa 299 milioni di euro - mirano alla riduzione puntuale di talune tipologie di spesa, anche attraverso il definanziamento di specifiche autorizzazioni di spesa. Le riduzioni riguardano le somme disponibili per competenza e cassa nell’anno 2017.

Riguardo all’individuazione della quota di risorse su cui operare l’intervento di riduzione, la relazione tecnica precisa che l’obiettivo di risparmio assegnato a ciascun Ministero è stato determinato in relazione all’entità e alla composizione della spesa per natura economica di ciascuno di essi. La base aggredibile è stata formata tenendo conto delle sole risorse effettivamente disponibili al netto di risorse “già prenotate” in relazione all’assunzione di impegni pluriennali di spesa, escludendo, altresì, la spesa la cui riduzione avrebbe determinato debiti fuori bilancio e quindi conseguenti effetti in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni. I riflessi in termini di fabbisogno e d’indebitamento netto delle richiamate riduzioni di spesa sono riportati nel prospetto di riepilogo degli effetti finanziari del provvedimento.

La relazione tecnica, afferma, inoltre, che tenuto conto dell’entità delle complessive misure di contenimento, al fine di assicurare la necessaria flessibilità gestionale nel corso dell’esercizio 2017, con apposita disposizione (articolo 13, secondo periodo) è prevista una procedura di carattere amministrativo, volta a rimodulare, su proposta delle amministrazioni, le suddette riduzioni di spesa qualora se ne ravvisi la necessità.

La relazione tecnica fornisce la seguente tabella riassuntiva, articolata per categorie economiche, nella quale sono riportati i dati dei tagli complessivi in termini di saldo netto da finanziare per il 2017, indicati nell’elenco per missioni e programmi allegato al decreto in esame.

 

(euro)

Riduzione dotazioni finanziarie spese Ministeri

Categorie economiche

2017

2-Consumi intermedi

91.911.687

4-Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

61.852.903

5-Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

11.599.244

6-Trasferimenti correnti a imprese

25.296.848

7-Trasferimenti correnti a estero

1.690.088

10-Poste correttive e compensative

120.412.231

12-Altre uscite correnti

6.775.539

21-Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

33.229.791

22-Contributi agli investimenti

24.055.915

23-Contributi agli investimenti ad imprese

22.028.625

24-Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

190.080

25-Contributi agli investimenti a estero

204.741

26-Altri trasferimenti in conto capitale

60.752.308

Totale

460.000.000

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare alla luce dei dati e degli elementi forniti dalla relazione tecnica. Quest’ultima evidenzia, tra l’altro, che ai fini delle riduzioni sono state considerate le sole risorse effettivamente disponibili, al netto di quelle collegate all’assunzione di impegni pluriennali di spesa, escludendo, altresì, la spesa la cui riduzione avrebbe determinato debiti fuori bilancio, con conseguenti effetti in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni .

Andrebbe peraltro confermato che le riduzioni non incidano sulla funzionalità delle strutture interessate e non determinino uno slittamento temporale di esigenze di spesa con conseguente maggiore aggravio negli esercizi successivi.

Tanto premesso, con specifico riferimento alla spesa di parte corrente, si osserva che la mancanza di riduzioni relative alle spese di personale, evidenziata anche dalla RT,  risulta coerente con la mancata previsione, nel prospetto riepilogativo di effetti indotti di natura fiscale e contributiva.

Con riferimento alle riduzioni di spesa in conto capitale, si rileva altresì che gli effetti sui saldi di fabbisogno ed indebitamento sono assunti come quasi corrispondenti alle riduzioni di stanziamento disposte. Su tali saldi infatti l’effetto di riduzione è scontato per circa il 90 % sul 2017 (126, 5 milioni) e per la restante parte sul 2018 (14 milioni).

Pur rilevando che tale dinamica non appare conforme a quella normalmente valutata per le spese in conto capitale, la stessa sembrerebbe determinata dalla prevalente incidenza dei tagli sulle categorie dei contributi e dei trasferimenti. In merito ai fattori sottostanti l’andamento indicato appare comunque opportuno acquisire ulteriori elementi di valutazione.

 

Articolo 14
(Riparto del fondo di solidarietà comunale)

Le norme modificano la disciplina concernente il riparto del Fondo di solidarietà comunale.

Una prima modifica incide sull’articolo 1, comma 450, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017), al fine di ridurre dall’8 per cento al 4 cento le soglie di variazione in aumento o diminuzione, rispetto all’ammontare delle risorse storiche, in corrispondenza delle quali si può applicare un correttivo finalizzato a ridurre le variazioni medesime.

È, poi, introdotto il comma 450-bis nella citata legge n. 232/2016 al fine di destinare somme già stanziate a legislazione vigente in favore dei comuni quale correttivo statistico del meccanismo di perequazione. Questo correttivo statistico è limitato al solo anno 2017 e mira ad attenuare gli scostamenti negativi più ampi derivanti dall’applicazione della nuova metodologia di calcolo dei fabbisogni standard.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica  afferma che le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto l’attribuzione a favore dei comuni di compensazioni a titolo di correttivo statistico del meccanismo di perequazione mediante l’utilizzo di fabbisogni standard avviene mediante l’utilizzo di risorse disponibili per l’anno 2017.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 15
(Contributo a favore delle province della regione Sardegna e della città metropolitana di Cagliari)

Le norme attribuiscono alle province della Regione Sardegna e alla città metropolitana di Cagliari un contributo nella misura complessiva di 10 milioni di euro per l’anno 2017 e 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

Il contributo di cui al comma 1, spettante a ciascuna Provincia e Città Metropolitana, è versato dal Ministero dell’interno all’entrata del bilancio statale a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica[23] da parte dei medesimi enti. In considerazione di quanto disposto dal periodo precedente, ciascun ente beneficiario non iscrive in entrata le somme relative al contributo attribuito ed iscrive in spesa il concorso alla finanza pubblica di cui al comma 418, dell’articolo 1, della legge n. 190 del 2014 per gli anni 2017 e successivi al netto di un importo corrispondente al contributo stesso.

All’onere si provvede mediante utilizzo dei risparmi di spesa di cui all’articolo 27, comma 1.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori spese correnti

 

Contributo a favore degli enti della regione Sardegna

10

20

20

20

10

20

20

20

10

20

20

20

 

La relazione tecnica afferma che il contributo di cui al comma 1 determina un onere di 10 milioni di euro per l’anno 2017 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018, ai quali si fa fronte attraverso i risparmi di spesa di cui all’articolo 27, comma 1.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che il comma 3 dell’articolo in esame stabilisce che agli oneri derivanti dalla concessione di un contributo in favore delle province della Regione Sardegna e della Città metropolitana di Cagliari, pari complessivamente a 10 milioni di euro per il 2017 e a 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, si provvede mediante utilizzo dei risparmi di spesa realizzati ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del presente decreto. Al riguardo, si segnala che tale ultima disposizione introduce all’articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017) il comma 534-quater, con il quale viene rideterminata la dotazione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario (cap. 1315 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), che viene ridotta di 70 milioni di euro per il 2017 e di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2018[24].

In proposito, appare opportuno che il Governo chiarisca se la riduzione del citato Fondo, nei termini dinanzi evidenziati, sia suscettibile di compromettere la realizzazione di interventi eventualmente già programmati ovvero di impegni già assunti a valere sulle risorse del Fondo medesimo.

Infine, si rileva l’opportunità di riformulare la disposizione in esame nel senso di prevedere l’utilizzo di “quota parte” dei risparmi di cui all’articolo 27, comma 1.

 

Articolo 16
(Riparto del concorso alla finanza pubblica da parte di province e città metropolitane)

Normativa previgente. L’articolo 1, comma 418, primo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 stabilisce che le province e le città metropolitane concorrono al contenimento della spesa pubblica attraverso una riduzione della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.

Il terzo periodo del citato comma, nella formulazione previgente alle disposizioni in esame, si limita a fissare le modalità di ripartizione dell'incremento (per 1.000 milioni) del predetto concorso previsto per il 2016 che è posto a carico degli enti appartenenti alle regioni a statuto ordinario. In particolare si stabilisce che la parte spettante a tali enti è di 900 milioni (mentre i restanti 100 milioni sono posti a carico degli enti della regione siciliana e della regione Sardegna) di cui 650 milioni di euro sono a carico degli enti di area vasta e delle province montane e i restanti 250 milioni di euro a carico delle città metropolitane e di Reggio Calabria.

L’articolo 47, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 stabilisce, tra l’altro, che le province e città metropolitane assicurano un contributo alla finanza pubblica pari 585,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Il successivo comma 2 stabilisce i criteri per la ripartizione di una quota pari a 516,7 milioni di euro di tale contributo.

 

Le norme integrano il testo dell’articolo 1, comma 418, terzo periodo della legge 23 dicembre 2014, n. 190, allo scopo di stabilire come sia ripartito, per il 2017, l’incremento di 900 milioni del concorso al contenimento della spesa pubblica posto a carico delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario. La ripartizione grava, anche per il 2017, per 650 milioni di euro sulle province e per 250 milioni di euro sulle città metropolitane (comma 1).

La tabella 1 allegata al testo del decreto legge specifica come è ripartito tra i vari enti l’ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascuna provincia e città metropolitana deve conseguire, per gli anni 2017 e seguenti, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (comma 2).

La tabella 2 allega al presente decreto stabilisce, altresì, come debba essere ripartito, per gli anni 2017 e 2018, il concorso alla finanza pubblica a carico delle province e delle città metropolitane previsto dall’articolo 47, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che i commi 1 e 2 non determinano effetti sui saldi di finanza pubblica, in quanto il concorso alla finanza pubblica da parte di province e città metropolitane, di cui al comma 418 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014, resta determinato nell’importo complessivo di 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.

La relazione tecnica afferma altresì che il comma 3 non determina effetti sui saldi di finanza pubblica, in quanto il concorso alla finanza pubblica da parte di province e città metropolitane di cui all’articolo 47, comma 2, del decreto legge n. 66/2014 resta complessivamente fissato in 516,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 17
(Riparto del contributo a favore delle Province e delle Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario)

Normativa vigente. L’articolo 1, comma 754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 stabilisce, fra l’altro, che alle province delle regioni a statuto ordinario è attribuito un contributo di 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, mentre a favore a favore delle città metropolitane il contributo è pari a 250 milioni di euro a decorrere dal 2017.

 

Le norme stabiliscono come sia ripartito, per gli anni 2017 e seguenti, l’ammontare del contributo di cui all’articolo 1, comma 754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a favore di ciascuna provincia e città metropolitana delle regioni a statuto ordinario.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non determina effetti sui saldi di finanza pubblica, in quanto la stessa è esclusivamente finalizzata a ripartire tra ciascuna provincia e città metropolitana il contributo di cui al comma 754 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 18
(Disposizioni sui bilanci di Province e Città metropolitane)

Le norme dispongono che, per l'esercizio 2017, le province e le città metropolitane:

·       possono predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2017 [comma 1, lett. a)];

·       al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, possono applicare al bilancio di previsione l'avanzo libero e destinato [comma 1, lett. b)].

Una disposizione identica, ma riferita all’esercizio 2016 è recata dall’articolo 1, comma 756 della legge n. 208/2015.

Si prevede, inoltre, che anche nel 2017[25] le province e le città metropolitane, nel caso di esercizio provvisorio o gestione provvisoria, applichino l'articolo 163 del D. Lgs. 267/2000 (che riguarda, appunto, l’esercizio provvisorio), con riferimento al bilancio di previsione definitivo approvato per l'anno 2016 (comma 2).

Si prevede che le disposizioni recate dall'articolo 1, comma 758, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, si applichino anche con riferimento all'esercizio finanziario 2017, tenuto conto degli avanzi di amministrazione vincolati e dei rendiconti relativi all'anno 2016. 

Il citato comma 758 prevedeva che, nel 2016, per garantire l’equilibrio di parte corrente delle province e città metropolitane, le Regioni potessero svincolare i trasferimenti già attribuiti a detti enti e confluiti nell’avanzo di amministrazione vincolato del 2015, con possibilità per le province e città metropolitane di applicare tali quote dell’avanzo al loro bilancio di previsione 2016, previa approvazione del rendiconto 2015.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni in esame non determinano effetti sui saldi di finanza pubblica, in quanto restano invariati gli obiettivi di finanza pubblica delle province e delle città metropolitane di cui al comma 466 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016.

Inoltre, l’eventuale svincolo dei trasferimenti correnti e in conto capitale, di cui al comma 758 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, già attribuiti dalle Regioni interessate alle province e alle città metropolitane affluiti nell’avanzo di amministrazione vincolato 2016, non comporta oneri atteso che non rileva ai fini degli obiettivi di finanza pubblica dei predetti enti locali.

 

In merito ai profili di quantificazione, si prende atto che, come evidenziato dalla relazione tecnica, le disposizioni in esame non variano gli obiettivi di finanza pubblica assegnati dalla vigente normativa alle province ed alle città metropolitane.

Si rileva, peraltro, che le facoltà previste (possibilità di applicare al bilancio di previsione l’avanzo libero e quello destinato nonché di svincolare i trasferimenti già attribuiti alle città metropolitane e alle province e confluiti nell’avanzo di amministrazione vincolato del 2015), se contribuiscono, nell'immediato, al mantenimento degli equilibri finanziari degli enti in esame, dall'altro, potrebbe non consentire una preventiva e piena conoscenza dell’andamento che concretamente assumerà la gestione di bilancio dell’anno 2017. In proposito appare opportuno acquisire la valutazione del Governo.

 

Articolo 19
(Sospensione termini certificazione enti locali)

Normativa vigente. L’articolo 1, comma 470 delle legge n. 232/2016 stabilisce che, ai fini della verifica del rispetto dell'obiettivo di saldo, ciascun ente territoriale è tenuto ad inviare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all'obbligo del pareggio di bilancio.

 

Le norme disciplinano i termini di invio della certificazione della verifica del rispetto dell'obiettivo di saldo da parte degli enti locali per i quali sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio[26], a seguito della dichiarazione di dissesto.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle disposizioni ed afferma che la disposizione non determina effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, stante il carattere procedurale delle disposizioni.

 

Articolo 20
(Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario)

Le norme dispongono l’attribuzione di un contributo alle province delle regioni a statuto ordinario (110 milioni di euro per l’anno 2017 ed 80 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018) per l'esercizio delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 1 della legge n. 56/2014.

Tali funzioni si riferiscono, tra l’altro alla pianificazione territoriale di coordinamento, alla tutela e valorizzazione dell'ambiente, alla pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, alla costruzione e gestione delle strade provinciali, alla programmazione provinciale della rete scolastica e alla gestione dell'edilizia scolastica, al controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità e alla cura dello sviluppo strategico del territorio (comma 1).

All'onere previsto dalla norma, pari a complessivi 110 milioni di euro per l'anno 2017 e a 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede:

quanto a 60 milioni di euro per l'anno 2017 e a 80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018, mediante utilizzo dei risparmi di spesa di cui all'articolo 27, comma 1;

al restante onere, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190/2014 istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (comma 2).

L’art. 1, comma 200, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, con una dotazione di 25 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. Si evidenzia che il Fondo in riferimento, per effetto dell’art. 1, comma 625, della legge 232/2016 (legge di bilancio 2017), è stato incrementato, tra l’altro, di 63,95 milioni di euro per il 2017.

Viene, inoltre, autorizzato un contributo di 100 milioni di euro per il 2017, per la manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza delle province delle regioni a statuto ordinario, con corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista all’articolo l, comma 68, della legge n. 147/2013 (comma 3).

L’art. 1, comma 68, della legge n. 147/2013, ha autorizzato la spesa di 335 milioni di euro per il 2014 e di 150 milioni di euro per il 2015, al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per il 2014 e la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e la società ANAS Spa.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori spese correnti

 

Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario

(comma 1)

110,0

80,0

80,0

80,0

110,0

80,0

80,0

80,0

110,0

80,0

80,0

80,0

Minori spese correnti

 

Riduzione Fondo esigenze indifferibili art. 1, comma 200 legge 190/2014

(comma 2)

50,0

 

 

 

50,0

 

 

 

50,0

 

 

 

Maggiori spese conto capitale

 

Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario manutenzione straordinaria rete viaria

(comma 3)

100,0

 

 

 

50,0

50,0

 

 

50,0

50,0

 

 

Minori spese conto capitale

 

Riduzione contributo ANAS art. 1, comma 68 legge 147/2013

(comma 3)

100,0

 

 

 

50,0

50,0

 

 

50,0

50,0

 

 

 

La relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto delle norme riferite alla copertura finanziaria.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, considerato che i maggiori oneri recati dalla disposizione appaiono configurati come limiti di spesa. Per quanto attiene alla disponibilità delle risorse sull’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 68, della legge 147/2013, senza pregiudizio per eventuali interventi già previsti o programmati, si rinvia alle considerazioni riferite ai profili di copertura finanziaria.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che il comma 2 dell’articolo in commento stabilisce che agli oneri derivanti dalla attribuzione in favore delle province delle regioni a statuto ordinario, per l’esercizio delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 1 della legge n. 56 del 2014, di un contributo pari complessivamente a 110 milioni di euro per il 2017 e a 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, si provvede:

a) quanto a 60 milioni di euro per il 2017 e a 80 milioni di euro a decorrere dal 2018, mediante corrispondente utilizzo dei risparmi di spesa realizzati ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del presente decreto. A tale riguardo, nel rinviare alle osservazioni già svolte in relazione all’utilizzo dei predetti risparmi con riferimento all’articolo 15, comma 3, del presente decreto, si rileva l’opportunità di specificare, sul piano formale, il carattere annuale dell’onere sostenuto a regime a decorrere dal 2018, e di riformulare la disposizione nel senso di prevedere l’utilizzo di “quota parte” dei risparmi in esame;

b) quanto a 50 milioni di euro per il 2017, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014. In proposito, si osserva che - sulla base di un’interrogazione effettuata al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato - sul citato Fondo risultano disponibili per il medesimo anno, alla data del 2 maggio 2017, risorse pari a circa 127 milioni di euro. Al riguardo, appare opportuno che il Governo confermi che la riduzione del citato Fondo non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi eventualmente già programmati a valere sulle risorse del Fondo medesimo, anche tenuto conto degli utilizzi previsti da ulteriori provvedimenti all’esame del Parlamento[27].

Si rileva inoltre che il comma 3 dell’articolo in commento prevede che agli oneri derivanti dalla concessione di un contributo pari a 100 milioni di euro per il 2017, finalizzato alle attività di manutenzione straordinaria delle rete viaria di competenza delle province delle regioni a statuto ordinario, si provveda mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 68, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014). Al riguardo, si rammenta che tale ultima disposizione ha autorizzato la spesa di 335 milioni di euro per l'anno 2014 e di 150 milioni di euro per l'anno 2015, al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per l'anno 2014, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS Spa.

Le suddette risorse sono state inizialmente allocate sul capitolo 7372, piano gestionale 3, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, denominato “Realizzazione di nuove opere e prosecuzione degli interventi previsti da contratti di programma già stipulati”. Successivamente, con la tabella E della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) il medesimo capitolo è stato rifinanziato in misura pari a 50 milioni di euro per il 2016 e a 143 milioni di euro per il 2017, mentre con l’articolo 1, comma 868, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è stato stabilito che “al fine di migliorare la capacità di programmazione e di spesa per investimenti dell'ANAS Spa e per garantire un flusso di risorse in linea con le esigenze finanziarie, a decorrere dal 1° gennaio 2016 le risorse iscritte nel bilancio dello Stato, a qualunque titolo destinate all'ANAS Spa, confluiscono in un apposito fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”. Per effetto di tale disposizione, il capitolo 7372 è stato pertanto soppresso e le risorse ivi iscritte sono confluite nel nuovo capitolo di spesa 7002 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, denominato “Fondo per gli investimenti dell’ANAS”.

Al riguardo, si segnala che la relazione tecnica all’emendamento del Governo[28] con il quale è stata introdotta la disposizione di cui al citato comma 868 risulta corredata da un apposito prospetto riepilogativo di tutte le risorse confluite nel predetto Fondo, dal quale si evince che le risorse di cui al capitolo 7372, piano gestionale 3, sono affluite al Fondo medesimo per un importo pari a 1.250 milioni di euro per il 2016, 1.443 milioni di euro per il 2017 e 1.500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2020[29]. Tanto premesso, appare opportuno che il Governo confermi l’effettiva disponibilità delle risorse previste a copertura e fornisca una rassicurazione in merito al fatto che il loro utilizzo non sia comunque suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle finalità eventualmente già programmate a valere sulle risorse medesime.

Infine, giacché le risorse utilizzate dalla disposizione in esame sono confluite nel Fondo istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 868, della legge n. 208 del 2015, si dovrebbe valutare l’opportunità di riformulare la disposizione stessa nel senso di prevedere, anziché la riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 68, della legge n. 147 del 2013, l’ utilizzo di quota parte del predetto Fondo.

 

Articolo 21
(Contributo per fusioni di comuni)

Normativa previgente. L’articolo 15, comma 3 del D.lgs. 267/2000, in tema di fusione dei comuni, prevede che, oltre ai contributi della regione, lo Stato eroghi per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.

L'articolo 1, comma 130, della legge n. 56/2014 prevede che i comuni possano promuovere il procedimento di incorporazione in un comune contiguo. In tal caso, il comune incorporante conserva la propria personalità, succede in tutti i rapporti giuridici al comune incorporato e gli organi di quest'ultimo decadono alla data di entrata in vigore della legge regionale di incorporazione. Lo statuto del comune incorporante prevede che alle comunità del comune cessato siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi. Le popolazioni interessate sono sentite, ai fini dell'articolo 133 della Costituzione, mediante referendum consultivo comunale, svolto secondo le discipline regionali e prima che i consigli comunali deliberino l'avvio della procedura di richiesta alla regione di incorporazione. Nel caso di aggregazioni di comuni mediante incorporazione è data facoltà di modificare anche la denominazione del comune.

 

Le norme prevedono l’incremento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 del contributo straordinario a favore dei comuni risultanti dalla fusione o dalla fusione per incorporazione (comma 1).

All'onere previsto dalla norma, pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, si provvede mediante riduzione delle risorse previste all’articolo 9-ter del D.L. n. 113/2016, relative al Fondo finalizzato all’erogazione di contributi per l'estinzione anticipata, totale o parziale, di mutui e prestiti obbligazionari da parte dei comuni.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori spese correnti

 

Contributo per fusioni ai Comuni

(comma 1)

1,0

1,0

 

 

1,0

1,0

 

 

1,0

1,0

 

 

Minori spese correnti

 

Riduzione risorse destinate al Fondo (comma 2)

1,0

1,0

 

 

1,0

1,0

 

 

1,0

1,0

 

 

 

La relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto delle norme riferite alla copertura finanziaria, precisando il capitolo di spesa n. 1387 dello stato di previsione del Ministero dell’interno relativo all’autorizzazione di spesa del D.L. n. 113/2016.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, essendo l’onere limitato all’entità del contributo previsto.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce che agli oneri connessi all’incremento, in misura pari a un milione di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, del contributo straordinario in favore dei comuni risultanti da fusione, di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000[30], si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 9-ter del decreto-legge n. 113 del 2016. Al riguardo, si rammenta che tale ultima disposizione ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno il Fondo per l'erogazione di contributi per l'estinzione anticipata, totale o parziale, di mutui e prestiti obbligazionari da parte dei comuni (cap. 1387), con una dotazione pari a 14 milioni di euro per il 2016 e a 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Tanto premesso, appare opportuno il Governo confermi l’effettiva disponibilità delle risorse previste a copertura e fornisca una rassicurazione in merito al fatto che l’utilizzo del Fondo in questione non sia comunque suscettibile di pregiudicare la realizzazione degli interventi eventualmente già programmati a valere sulle risorse del Fondo medesimo.

 

Articolo 22
(Disposizioni sul personale e sulla cultura)

Le norme, fermo restando il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e della vigente normativa in materia di contenimento dalla spesa complessiva di personale - in deroga all’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 relativo al limite di spesa in materia di contratti di lavoro flessibile - autorizzano i comuni ad assumere personale con contratto di lavoro a tempo determinato a carattere stagionale, secondo procedure concorsuali ad evidenza pubblica, con oneri integralmente a carico di risorse, già incassate nel bilancio dei comuni, derivanti da contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati (comma 1).

L’art. 9, comma 28, del DL n. 78/2010 riduce del 50% rispetto alla spesa sostenuta nell’anno 2009 la spesa delle pubbliche amministrazioni per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché per i contratti di formazione lavoro, somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio. Alla norma sono stati ascritti effetti complessivi di minor spesa ai fini dei saldi di finanza pubblica (73 mln annui in termini di saldo netto da finanziare e circa 37 mln annui in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Questi ultimi effetti non sono ascrivibili alle amministrazioni comunali).

In tema di turn over nella P.A., con riferimento alle facoltà assunzionali delle regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno l’articolo in esame:

·       si prevede l’estensione, per gli anni 2017 e 2018, delle facoltà assunzionali del 75 per cento del personale cessato nell’anno precedente - previste nel testo previgente dell’articolo 1, comma 228, della legge 208/2015 per i comuni con meno di 10.000 abitanti per i quali il rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica - ai comuni con più di 1.000 abitanti con il medesimo summenzionato rapporto dipendenti-popolazione (comma 2).

L’articolo 1, comma 228, della legge n. 208/2015, nel testo previgente, modificato dalla disposizione in esame, prevede che le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno possano procedere, per gli anni 2016, 2017 e 2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente. In particolare, al secondo periodo si prevede che, ferme restando le facoltà assunzionali previste dall'articolo 1, comma 562, della legge n. 296/2006[31], per gli enti non sottoposti nel 2015 al patto di stabilità interno, qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente risulti inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica la percentuale del 25 per cento sopra indicata sia innalzata al 75 per cento nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti;

·       tramite novella dell’art. 1, comma 479, lett. d), della legge di bilancio 2017, è previsto l’innalzamento delle facoltà assunzionali dal 75 al 90 per cento personale di qualifica non dirigenziale, a tempo indeterminato, cessato nell’anno precedente (comma 3).

L’articolo 1, comma 479, lettera d), della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017), nel testo previgente modificato dalla disposizione in esame, prevede l’innalzamento delle facoltà assunzionali dal 25 al 75 per cento del personale di qualifica non dirigenziale, a tempo indeterminato, cessato nell’anno precedente[32] qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, per i comuni che rispettano il saldo di cui al comma 466 (riferito al saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali), lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all'1 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell'esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo, nell'anno successivo.

Viene inoltre modificata (comma 4) la disciplina - di cui all’art. 5, comma 5, del DL n. 78/2010 - relativa all’attribuzione di emolumenti per lo svolgimento di incarichi presso pubbliche amministrazioni, inclusa la partecipazione ad organi collegiali, che prevede esclusivamente il rimborso delle spese sostenute e l’attribuzione di gettoni di presenza fino ad un massimo di 30 euro a seduta. In particolare le modifiche introdotte prevedono che:

·       non rientrano tra i suddetti incarichi quelli aventi ad oggetto prestazioni professionali conferiti a titolari di cariche elettive di Regioni ed enti locali da parte di pubbliche amministrazioni, purché la pubblica amministrazione conferente operi in ambito territoriale diverso da quello dell'ente presso il quale è rivestita la carica elettiva;

·       in caso di carica elettiva comunale, l'ambito della pubblica amministrazione conferente deve essere riferito ad area provinciale o metropolitana diversa da quella dell'ente presso il quale è rivestita la carica elettiva.

L’art. 5, comma 5, del DL n. 78/2010, nel testo previgente le modifiche apportate dalla norma in esame, prevede che, ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta. Alla disposizione non sono ascritti effetti ai fini dei saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica relativa al DL n. 78/2010, con riguardo alla norma in esame, afferma che le relative economie potranno essere compiutamente definite solo a consuntivo.

Si dispone la parziale disapplicazione del divieto – di cui all’articolo l, comma 420, lett. c), della legge n. 190/2014 – posto a carico delle provincie di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato. La disapplicazione consente a questi enti la copertura delle posizioni dirigenziali che richiedono professionalità tecniche e non fungibili in relazione allo svolgimento delle funzioni fondamentali previste dall'articolo 1, commi 85 e 86, delle legge n. 56/2014[33] (comma 5).

Si evidenzia che alla norma di cui all’art. 1, comma 420, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) non sono ascritti effetti ai fini dei saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica relativa alla legge di stabilità 2015, con riguardo alla norma in riferimento, afferma che questa ha carattere ordinamentale e non determina effetti finanziari negativi.

Viene, inoltre, previsto che ciascun istituto o luogo della cultura di rilevante interesse nazionale dotato di autonomia speciale[34], in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente e fino al 31 dicembre 2018, possa avvalersi di competenze o servizi professionali nella gestione di beni culturali[35] per una durata non superiore a 9 mesi, entro i limiti di spesa di 200.000 euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. A tal fine si provvede con le risorse disponibili sul bilancio di ciascun istituto. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dalla previsione in esame, pari a 700.000 euro per il 2017, a 1.500.000 euro per il 2018 e a 750.000 euro per il 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali[36] (comma 6).

Per le medesime finalità indicate al comma 6, possono essere rinnovati, per una sola volta per ulteriori quattro anni, gli incarichi di direttore di istituti e luoghi della cultura conferiti a seguito delle procedure di selezione pubblica internazionale di cui all’articolo 14, comma 2-bis, del D.L. 83/2014 (comma 7).

Infine, si autorizza la spesa di 2 milioni di euro per il 2017 in favore del teatro di rilevante interesse culturale "Teatro Eliseo", per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario dalla sua fondazione. Al relativo onere si provvede mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse di cui all'articolo 24, comma l, della legge n. 183/2011 che restano acquisite all'erario (comma 8).

Si evidenzia che l’art. 24, comma 1, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) prevede la riassegnazione annuale allo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, per essere destinate al rifinanziamento del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), delle somme corrispondenti all’eventuale minor utilizzo degli stanziamenti previsti per le agevolazioni fiscali disposte per il settore cinematografico dall’art. 1, commi da 325 a 337 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori spese correnti

 

Contratti di collaborazione istituti e luoghi di cultura (comma 6)

 

 

 

 

0,7

1,5

0,8

 

0,7

1,5

0,8

 

Contributo al Teatro Eliseo

(comma 8)

2,0

 

 

 

2,0

 

 

 

2,0

 

 

 

Minori spese correnti

 

Versamento entrata quota Tax credit non utilizzata (art. 24, comma 1 legge 183/2011)

(comma 8)

 

 

 

 

2,0

 

 

 

2,0

 

 

 

Minori spese conto capitale

 

Riduzione fondo contributi pluriennali art. 6, comma 2 D.L. 154/2008

(comma 6)

 

 

 

 

0,7

1,5

0,8

 

0,7

1,5

0,8

 

Maggiori entrate extratributarie

 

Versamento entrata quota Tax credit non utilizzata (art. 24, comma 1 legge 183/2011)

(comma 8)

2,0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica evidenzia quanto segue.

Con riferimento al comma 1, ribadisce il contenuto della disposizione e precisa che agli oneri derivanti dalle assunzioni previste dalla stessa si provvederà senza aggravio per la finanza pubblica.

In merito ai commi 2 e 5, viene sottolineato che si tratta di disposizioni che non comportano maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ma una ricomposizione fra le voci di spesa dei bilanci degli enti sottoposti agli obiettivi del pareggio di bilancio.

Con riguardo al comma 3, la relazione tecnica afferma che, in conseguenza della modifica introdotta al precedente comma 2, per non vanificare la misura premiale prevista per i comuni “virtuosi” (articolo 1, comma 479, lettera d), della legge n. 232/2016), si è innalzata al 90 per cento la percentuale del turn over. Da tale modifica non discendono effetti negativi per la finanza pubblica.

I commi 4 e 7 non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; per quanto attiene al conferimento di incarichi di collaborazione presso i musei o i parchi archeologici di rilevante interesse nazionale (comma 6), la relazione tecnica ribadisce il contenuto della disposizione e precisa che tali istituti presentano differenze rilevanti in termini di bilancio, a causa delle caratteristiche di ciascuno, delle dimensioni, del numero di visitatori e così via.

Accanto alle Gallerie degli Uffizi, che hanno un bilancio di oltre 18 milioni di euro o alla Galleria Nazionale di arte moderna di Roma con un bilancio di oltre 10 milioni di euro, esistono realtà più piccole come la Galleria estense di Modena, con un bilancio di circa 4,5 milioni di euro o il museo del Bargello con un bilancio di circa 2,5 milioni di euro.

Alla luce di tali differenze e delle conseguenti diverse esigenze di supporto nell’azione amministrativa, i diversi musei potranno applicare la disposizione compatibilmente con le rispettive disponibilità di bilancio.

Con riguardo infine al comma 8, la relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto della norma.

 

In merito ai profili di quantificazione, per quanto attiene al comma 6, si evidenzia che la norma prevede che ogni istituto o luogo di cultura di rilevante interesse nazionale con autonomia speciale possa - nell’ambito delle risorse disponibili sul rispettivo bilancio, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente e fino al 31 dicembre 2018 - avvalersi di competenze o servizi professionali nella gestione di beni culturali per una durata non superiore a 9 mesi, entro i limiti di spesa di 200.000 euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Alla disposizione sono ascritti effetti finanziari, in termini di fabbisogno e di indebitamente netto, pari a 700.000 euro per il 2017, a 1.500.000 euro per il 2018 e a 750.000 euro per il 2019. In proposito, si rileva che la relazione tecnica non esplicita i dati sottostanti la quantificazione dei suddetti oneri, che appaiono determinati, oltre che dal numero delle strutture interessate, anche alle disponibilità dei relativi bilanci[37]. In proposito andrebbero acquisiti tali elementi sottostanti la stima, anche per verificare la modulazione temporale degli oneri che, a fronte di un’autorizzazione prevista fino al 31 dicembre 2018, si estende anche all’esercizio 2019.

Non si hanno osservazioni da formulare in merito alle disposizioni che introducono discipline parzialmente derogatorie dei limiti previsti a normativa vigente in materia di contratti di lavoro flessibile (comma 1) e in tema di facoltà assunzionali (commi 2, 3 e 5) per gli enti territoriali; ciò in quanto tali misure, operando nel quadro dei vincoli di finanza pubblica che gravano sui medesimi enti, non appaiono suscettibili di determinare effetti di maggior onere per la finanza pubblica.

Con riguardo alla norma di cui al comma 4, si evidenzia che la stessa è finalizzata ad attenuare il vigente divieto di corresponsione di compensi nei confronti dei titolari di cariche elettive che svolgono incarichi presso pubbliche amministrazioni, escludendo dal novero di tali incarichi quelli aventi ad oggetto prestazioni professionali conferite a titolari di cariche elettive di Regioni ed enti locali da parte di pubbliche amministrazioni. Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare considerando che alla disposizione derogata (art. 5, comma 5, del DL n. 78/2010) non sono stati associati effetti finanziari scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica e che gli enti territoriali interessati dalla disposizione appaiono comunque vincolati al rispetto del vincolo del pareggio.

Nulla da osservare, infine, con riferimento al comma 8 che autorizza la spesa di 2 milioni di euro per il 2017 in favore "Teatro Eliseo" di Roma essendo il maggior onere configurato come limite di spesa.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si segnala che il comma 6 dell’articolo in esame, nel consentire il conferimento di incarichi di collaborazione presso gli istituti e i luoghi di cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale - entro un limite di spesa di 200.000 euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, a cui detti enti faranno fronte con risorse proprie - provvede alla compensazione dei relativi effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, pari a 700.000 euro per l’anno 2017, a 1.500.000 euro per l’anno 2018 e a 750.000 euro per l’anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008 (capitolo 7593 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze).

In proposito si evidenzia che il citato Fondo presenta, nel bilancio di previsione per il triennio 2017-2019, uno stanziamento di sola cassa pari a 362,5 milioni di euro per il 2017, a 320,2 milioni di euro per il 2018 e a 294 milioni di euro per il 2019.

Tanto premesso, appare opportuno che il Governo confermi l’effettiva disponibilità delle risorse previste a copertura e fornisca una rassicurazione in merito al fatto che l’utilizzo del Fondo in questione non sia comunque suscettibile di pregiudicare la realizzazione degli interventi eventualmente già programmati a valere sulle risorse del Fondo medesimo.

Si segnala inoltre che il comma 8 dell’articolo in esame stabilisce che all’onere derivante dall’autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2017 in favore del «Teatro Eliseo», si provveda mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 183 del 2011, che restano acquisite all’erario.

Al riguardo si evidenzia che il citato articolo 24, comma 1, della legge n. 183 del 2011, stabilisce che le somme corrispondenti all’eventuale minor utilizzo degli stanziamenti per agevolazioni fiscali in favore delle imprese del settore cinematografico, di cui all’articolo 1, commi da 325 a 337, della legge n. 244 del 2007, sono annualmente riassegnate allo stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per essere destinate al Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche[38] (capitolo 8571 dello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo).

Le agevolazioni fiscali per il settore cinematografico sono attualmente disciplinate dagli articoli da 15 a 22 della legge n. 220 del 2016, che, all’articolo 39, provvede all’abrogazione dei citati commi da 325 a 337 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007. L’articolo 21, comma 6, della stessa legge n. 220 del 2016, analogamente a quanto disposto dall’articolo 24, comma 1, della legge n. 183 del 2011, prevede che le risorse stanziate per il finanziamento delle nuove agevolazioni fiscali per il settore cinematografico, qualora inutilizzate, siano destinate al rifinanziamento del Fondo per il cinema e l'audiovisivo, istituito, a decorrere dal 2017, nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dall’articolo 13 della stessa legge n. 220 del 2016. Lo stesso articolo 13 prevede inoltre, al comma 3, che nel Fondo per il cinema e l'audiovisivo confluiscano, tra le altre, le risorse del soppresso Fondo per la produzione, la distribuzione l'esercizio e le industrie tecniche, il quale, nel bilancio di previsione per il triennio 2017-2019, reca stanziamenti per 19,6 milioni di euro per ciascun anno del triennio.

Si ricorda infine che l’articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 244 del 2016, consente di destinare una quota delle risorse di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 183 del 2011, al sostegno dello spettacolo dal vivo, nel limite massimo di 12 milioni di euro per l’anno 2017.

 

Articolo 23
(Consolidamento dei trasferimenti erariali alle province delle regioni Sardegna e Siciliana)

Le norme prevedono che, a decorrere dall’anno 2017, siano confermati nella misura determinata per l’anno 2016:

·       i valori finanziari relativi ai trasferimenti erariali da parte del Ministero dell'interno, a valere sui contributi ordinario, consolidato e perequativo, riguardanti le province della regione Sardegna, tenendo conto del riordino territoriale attuato dalla legge regionale 4 febbraio 2016, n. 2, e ripartendo i valori finanziari nei confronti degli enti subentranti per il 90 per cento in base alla popolazione residente e per il 10 per cento in base al territorio;

·       i valori finanziari relativi ai trasferimenti erariali da parte del Ministero dell’interno, a valere sui contributi ordinario, consolidato e perequativo, riguardanti gli enti subentrati alle province della Regione siciliana.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma si limita a confermare dall’esercizio 2017 i valori finanziari che determinano la misura dei trasferimenti erariali relativi agli enti di area vasta della regione Sardegna e della Regione siciliana, già stabilizzati da molti anni. La norma, secondo la relazione tecnica, non determina, quindi, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La relazione tecnica precisa che la spesa è sostenuta con le risorse disponibili a legislazione vigente sui capitoli 1316, 1317 e 1318 dello stato di previsione del Ministero dell’interno e tale stabilizzazione non pregiudica il perseguimento delle attività già finanziate a legislazione vigente con le risorse finanziarie iscritte sui menzionati capitoli.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 24
(Fabbisogni standard e capacità fiscali per Regioni)

Le norme introducono alcune integrazioni alla legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017). In particolare, si prevede quanto segue.

§  A decorrere dall'anno 2017 la Commissione tecnica per i fabbisogni standard[39] provvede all'approvazione di metodologie per la determinazione di fabbisogni standard e capacità fiscali standard delle Regioni a statuto ordinario, sulla base dei criteri per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di servizio stabiliti dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 68/2011, e nelle materie diverse dalla sanità[40].

Tale attività dovrà essere svolta sulla base delle elaborazioni e ricognizioni effettuate dalla Società Soluzioni per il sistema economico (Sose S.p.A), attraverso l'eventuale predisposizione di appositi questionari, in collaborazione con l'ISTAT e avvalendosi della Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di Studi e Documentazione (CINSEDO) delle regioni (comma 1, capoverso 534-bis).

§  A decorrere dall'anno 2018, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa in Conferenza Stato-Regioni entro il 15 gennaio di ciascun anno, si dispone che i fabbisogni standard determinati secondo la procedura sopra descritta, insieme alle capacità fiscali standard elaborate dal Dipartimento delle finanze, siano utilizzati per il riparto del concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario (comma 1, capoverso 534-ter).

§  Per coordinamento, a decorrere dal 2018 vengono soppresse le disposizioni che attualmente disciplinano, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, il riparto del concorso delle  regioni a statuto ordinario e delle Province autonome di Trento e Bolzano alla finanza pubblica[41] (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che le norme in esame, che introducono i commi 534-bis e 534-ter alla legge n. 232 del 2016, hanno carattere procedurale e non determinano effetti sulla finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare considerato il carattere procedurale delle norme in esame.

 

Articolo 25, comma 1
(Attribuzione quota investimenti in favore delle regioni, province e città metropolitane)

Le norme prevedono che per l’anno 2017 una quota del Fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[42], per un importo pari a 400 milioni di euro, sia attribuita alle Regioni a statuto ordinario per le medesime finalità[43] e sia ripartita secondo gli importi indicati in una tabella allegata al testo dell’articolo in esame. In relazione a ciò, le Regioni a statuto ordinario sono tenute ad effettuare investimenti nuovi e aggiuntivi per un importo almeno pari a 132.421.052,63 euro nell’anno 2017.  A tal fine, entro il 31 luglio 2017, le medesime Regioni a statuto ordinario adottano gli atti finalizzati all’impiego delle risorse, assicurando l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno 2017 per la quota di competenza di ciascuna Regione.  Gli investimenti che le singole Regioni sono chiamate a realizzare ai sensi delle presenti norme sono considerati nuovi o aggiuntivi al verificarsi di determinate condizioni (comma 1, capoverso comma 140-bis).

Una quota del medesimo Fondo, per un importo pari a 64 milioni di euro per l’anno 2017, 118 milioni di euro per l’anno 2018 80 milioni di euro per l’anno 2019 e 44,1 milioni di euro per l’anno 2020, è attribuita dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca alle province e alle città metropolitane per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica coerenti con la Programmazione triennale. È corrispondentemente ridotta l’autorizzazione di spesa del Fondo (comma 1, capoverso comma 140-ter).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Maggiori spese in conto capitale

 

Finanziamento edilizia scolastica

64

118

80

44,1

24

35

103

95

24

35

103

95

Minori spese in conto capitale

 

Riduzione Fondo rilancio investimenti

64

118

80

44,1

24

35

103

95

24

35

103

95

 

La relazione tecnica afferma, con riferimento al capoverso comma 140-bis, che la norma non determina effetti sulla finanza pubblica, in quanto l’attribuzione di risorse in favore delle Regioni per la realizzazione di investimenti è effettuata nell’ambito del fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, finalizzato ad assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.

Con riferimento al capoverso comma 140-ter, la relazione tecnica si limita a ribadire il contenuto delle norme.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si segnala che il comma 1, capoverso comma 140-bis, dell’articolo in commento ha attribuito alle Regioni a statuto ordinario una quota del Fondo da ripartire per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (capitolo 7555 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), per un importo pari a 400 milioni di euro per l’anno 2017. 

Si ricorda che detto Fondo è stato istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 140, della legge n. 232 del 2016, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032 e che il 4 aprile 2017 è stato trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari un primo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione del Fondo, che attribuisce 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e 260 milioni di euro per l'anno 2019 per il finanziamento dei progetti compresi nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie e delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia[44].

Si segnala, infine, che il comma 1, capoverso 140-ter, dell’articolo in commento attribuisce una quota del Fondo da ripartire per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, per un importo pari a  64 milioni di euro per il 2017, 118 milioni di euro per il 2018, 80 milioni di euro per il 2019 e 44,1 milioni di euro per il 2020, alle province e alle città metropolitane per interventi in materia di edilizia scolastica.

A questo riguardo, da un punto di vista formale, dovrebbe essere valutata l’opportunità di espungere dal testo il terzo periodo del citato capoverso 140-ter, che prevede la riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 140, della legge n. 132 del 2016, giacché le risorse della predetta autorizzazione sono già confluite nel Fondo da ripartire per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese e la norma in commento si limita a utilizzarne quota parte.

 

Articolo 26
(Iscrizione dell’avanzo in bilancio e prospetto di verifica del rispetto del pareggio)

Normativa previgente. L’articolo 1, comma 468, della legge n. 232/2016 stabilisce che - al fine di garantire l'equilibrio di bilancio degli enti territoriali, nella fase di previsione - al bilancio di previsione è allegato il prospetto dimostrativo del rispetto del saldo non negativo di cui al comma 466 della medesima legge. Il prospetto è aggiornato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato a seguito di successivi interventi normativi volti a modificare le regole vigenti di riferimento, dandone comunicazione alla Commissione per l'armonizzazione degli enti territoriali. Nel corso dell'esercizio, ai fini della verifica del rispetto del saldo, il prospetto è allegato alle variazioni di bilancio approvate dal Consiglio e ad una serie di altre variazioni disposte in applicazione di norme specificatamente elencate.

Le norme modificano l’articolo 1, comma 468, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017) per inserire altre due voci nell’elenco delle variazioni di bilancio in relazione alle quali è necessario allegare il prospetto di verifica del rispetto del saldo non negativo previsto ai sensi del comma 466 della legge n. 232/2016 [comma 1, lettere a) e b)].

Si tratta delle variazioni di bilancio riguardanti l'utilizzo della quota vincolata del risultato di amministrazione derivanti da stanziamenti di bilancio dell'esercizio precedente corrispondenti a entrate vincolate, in termini di competenza e di cassa e delle variazioni riguardanti le operazioni di indebitamento effettuate a seguito di variazioni di esigibilità della spesa.

Si prevede inoltre - introducendo il comma 486-bis nell’art. 1della legge n. 232/2016 - che le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano utilizzare le quote del risultato di amministrazione accantonato risultanti dall’ultimo consuntivo approvato o presunto e le quote del risultato di amministrazione vincolato, iscrivendole nella missione 20 in appositi accantonamenti di bilancio che, nel bilancio gestionale, sono distinti dagli accantonamenti finanziati dalle entrate di competenza dell’esercizio. Gli utilizzi degli accantonamenti finanziati dall’avanzo sono disposti con delibere della Giunta cui è allegato il prospetto di cui al comma 468 sopra descritto. La giunta è autorizzata ad effettuare le correlate variazioni, anche in deroga all’articolo 51 del decreto legislativo n. 118/2011 che disciplina le variazioni al bilancio di previsione [comma 1, lettera c)].

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che le norme di cui alle lettere a) e b) non comportano effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, in quanto dirette a migliorare gli strumenti di garanzia del rispetto dei vincoli di finanza pubblica degli enti territoriali.

La norma di cui alla lettera c), secondo la relazione tecnica, non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, in quanto i fondi non sono impegnabili e il loro utilizzo avverrebbe in quota parte solo nel momento in cui si liberassero nel bilancio regionale spazi finanziari, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica già previsti.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento alle disposizioni recate dal comma 1, lettera c), si osserva che le stesse sembrano finalizzate a consentire l’utilizzo di quote accantonate di avanzi di amministrazione in sede di variazione del bilancio di previsione e, comunque, previa verifica del rispetto del vincolo di pareggio, dal momento che sono richiamate le norme di cui all’articolo 1, comma 468, della legge n. 232/2016.

Pertanto le disposizioni, da un lato, appaiono volte a rendere più flessibile la gestione degli stanziamenti di bilancio finanziati dagli avanzi di amministrazione, dall'altro, - stante l’introduzione di margini di elasticità rispetto alle vigenti regole contabili - potrebbero non consentire una preventiva e piena conoscenza dell’andamento che concretamente assumerà la gestione di bilancio dell’anno 2017. In proposito, appare opportuno acquisire la valutazione del Governo.

 

Articolo 27, commi da 1 a 8
(Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale)

Normativa previgente. L'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, istituisce, a decorrere dall'anno 2013, il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. Il Fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. L'aliquota di compartecipazione è applicata alla previsione annuale del predetto gettito, iscritta nel pertinente capitolo dello stato di previsione dell'entrata, ed è stabilita, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, in misura tale da assicurare, per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a decorrere dal 2015, l'equivalenza delle risorse del Fondo stesso al risultato della somma, per ciascuno dei suddetti anni, delle seguenti risorse:

465 milioni di euro per l'anno 2013, 443 milioni di euro per l'anno 2014, 507 milioni di euro annui a decorrere dal 2015;

risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione e dell'accisa sulla benzina, per l'anno 2011, di cui agli articoli 1, commi da 295 a 299, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e 3, comma 12, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, al netto della quota di accisa sulla benzina destinata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale;

risorse derivanti dallo stanziamento iscritto nel fondo di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ivi comprese quelle di cui all'articolo 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

In data 21 luglio 2013 è stato poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il D.P.C.M. 26 luglio 2013, che, in attuazione della norma sopra descritta, reca, fra l’altro, la determinazione dell'aliquota di compartecipazione alle accise sulla benzina e sul gasolio per autotrazione. Tale aliquota è pari al 19,4 per cento a decorrere dall’anno 2015. Tale aliquota è applicata alla previsione annuale del gettito derivante dall'accisa sulla benzina, sulla benzina con piombo e sul gasolio, impiegati come carburanti per autotrazione, salvo conguaglio da effettuare sulla base dei dati di consuntivo.

 

Le norme dispongono che la dotazione del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sia rideterminata nell’importo di 4.789.506.000 euro per l'anno 2017 e 4.932.554.000 euro a decorrere dall'anno 2018, anche al fine di sterilizzare i conguagli di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 luglio 2013, con riferimento agli anni 2013 e successivi. Conseguentemente si stabilisce che non trova più applicazione, a decorrere dal 2017, il D.P.C.M. 26 luglio 2013 sulla base del quale era stabilita la dotazione del Fondo medesimo (comma 1).

È quindi dettata la disciplina per la ripartizione delle risorse del Fondo a decorrere dall'anno 2018. Entro il 15 gennaio di ciascun anno le regioni ricevono, a titolo di anticipazione l’ottanta per cento dello stanziamento del Fondo (commi da 2 a 4).

Si prevede, inoltre, che le amministrazioni competenti, al fine di procedere sulla base di dati istruttori uniformi, si avvalgano dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale[45] per l'acquisizione dei dati economici, finanziari e tecnici, relativi ai servizi svolti, necessari alla realizzazione di indagini conoscitive e approfondimenti in materia di trasporto pubblico regionale e locale, prodromici all'attività di pianificazione e monitoraggio. A tale scopo i suddetti soggetti forniscono semestralmente all'Osservatorio indicazioni sulla tipologia dei dati da acquisire dalle aziende esercenti i servizi di trasporto pubblico (comma 5).

Si prevede, inoltre, che ai fini del riparto del Fondo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del testo in esame, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[46] sono definiti i criteri con cui le regioni a statuto ordinario determinano i livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale con tutte le modalità. Le regioni provvedono alla determinazione degli adeguati livelli di servizio entro e non oltre i successivi centoventi giorni e provvedono, altresì, contestualmente ad una riprogrammazione dei servizi (comma 6).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Minori spese correnti

 

Rideterminazione Fondo per il trasporto pubblico locale

70

100

100

100

70

100

100

100

70

100

100

100

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle norme ed afferma che la stabilizzazione del Fondo destinato al finanziamento del trasporto pubblico locale nelle Regioni, nella misura indicata al comma 1, determina risparmi di spesa pari a 70 milioni di euro per l’anno 2017 e 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018 che vengono utilizzati a copertura degli interventi di cui agli articoli 15[47] e 20 del presente decreto legge.

La relazione afferma, altresì, che l’attribuzione dell’80 per cento delle risorse del Fondo TPL, a titolo di anticipazione, entro il 15 gennaio di ciascun anno, alle Regioni a statuto ordinario nelle more del riparto definitivo non determina oneri per la finanza pubblica, in quanto la dotazione complessiva del fondo, anche a seguito dell’incremento dell’anticipazione, rimane comunque invariata.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che la relazione tecnica, nello specificare gli effetti recati dalla norma, non esplicita i dati sottostanti la stima, necessari per una verifica delle quantificazioni. In proposito appare quindi necessario acquisire i relativi elementi informativi.

In particolare, la quantificazione del 2017 sembrerebbe determinabile in modo puntuale, dal momento che dovrebbero essere disponibili tanto i dati di consuntivo 2016, sulla base dei quali effettuare il conguaglio, quanto i dati di previsione 2017 per la liquidazione, in via provvisoria, gli importi di competenza del medesimo esercizio.

Per quanto concerne la maggiore quota del fondo corrisposta a titolo di anticipazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che i possibili effetti di cassa si compensino all’interno dell’anno finanziario. Sul punto appare utile acquisire una conferma.

 

Articolo 27, commi 9-11
(Rinnovo del materiale rotabile e locazione senza conducente)

Le norme dispongono, al fine del rinnovo del materiale rotabile, che quest’ultimo possa essere acquisito dalle imprese di trasporto pubblico regionale e locale anche ricorrendo alla locazione per quanto riguarda il materiale rotabile per il trasporto ferroviario e alla locazione senza conducente per veicoli di anzianità massima di dodici anni adibiti al trasporto su gomma e per un periodo non inferiore all'anno (comma 9).

Viene modificato l’articolo 84, comma 4, lettera b), del D. Lgs. 285/1992 (Nuovo Codice della strada), aumentando le tipologie di mezzi che possono essere destinati alla locazione senza conducente (comma 10).

Per il rinnovo del materiale rotabile si prevede altresì che le aziende affidatarie di servizi di trasporto pubblico locale pubblicistica possano accedere agli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione dalle centrali di acquisto nazionale (comma 11).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma, in relazione ai commi 9 e 11, afferma che le disposizioni, di carattere ordinamentale, non comportano oneri a carico della finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

 

Articolo 27, comma 12
(Interventi per le imprese del trasporto pubblico su gomma)

Normativa previgente. L’articolo 9, comma 2-bis, del DL 244/2016 (Proroga termini) prevede:

la modifica dell’articolo 1, comma 615, della legge n. 232/2016, che rinvia al 31 dicembre 2018 il termine per l’adozione, nell’ambito del Piano strategico nazionale, del programma di interventi finalizzati alla competitività delle imprese del trasporto pubblico su gomma e dei sistemi di trasporto intelligenti;

la modifica della disciplina riguardante i servizi di linea di trasporto di persone mediante autobus che collegano più di due regioni con itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti, specificando in dettaglio la definizione di “riunione di imprese”. L’adeguamento a tali norme dei soggetti autorizzati allo svolgimento di servizi automobilistici regionali di competenza statale deve avvenire entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del DL 244/2016;

 la disciplina degli accertamenti sulla sussistenza delle condizioni di sicurezza e regolarità dei servizi sono validi fin quando non sia accertato il venir meno delle condizioni di sicurezza.

 

Le norme dispongono l’integrale sostituzione dell’articolo 9, comma 2-bis del DL 244/2016. In particolare, si prevede la soppressione delle disposizioni inerenti la definizione del concetto di “riunioni di imprese” nell’ambito dei servizi di linea di trasporto di persone mediante autobus e il relativo termine per l’adeguamento da parte dei soggetti interessati.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione novella l'articolo 9, comma 2 bis del DL 244/2016, prevedendo la soppressione delle norme che innovano la disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, ovvero i servizi di linea di trasporto di persone mediante autobus, a offerta indifferenziata, che si svolgono in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni, e aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti. Vengono in tal modo rimosse le limitazioni all'accesso al mercato nell’ambito dei servizi di linea interregionale di competenza statale, rispristinando le precedenti condizioni di maggior tutela della concorrenza. La RT afferma altresì che la norma abrogativa interviene su disposizioni di natura ordinamentale e pertanto non comporta nuovi o maggiori oneri· per la finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare.

 

Articolo 28
(Diverse modalità di conseguimento degli obiettivi regionali di finanza pubblica)

Normativa previgente. L’articolo 1, comma 680, della legge n. 208/2015 stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, in ambiti di spesa e per importi proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome medesime, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno. In mancanza di tale intesa, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, inclusa la possibilità di prevedere versamenti da parte delle regioni interessate, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.

 

Le norme riformulano l’articolo 1, comma 680, secondo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. La riformulazione fa venir meno la possibilità di prevedere versamenti da parte delle regioni interessate in favore dello Stato finalizzati a garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati a carico delle Regioni ai sensi della norma citata.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma, condivisa in sede di Conferenza Stato-Regioni, fa venir meno l’espresso riferimento ai riversamenti da parte delle regioni al bilancio dello Stato, pur salvaguardando il concorso alla finanza pubblica da parte delle stesse. Pertanto, non determina oneri per la finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che sia comunque assicurato, attraverso il ricorso a differenti modalità, il concorso delle regioni agli obiettivi di finanza pubblica.

 

Articolo 29
(Flussi informativi delle prestazioni farmaceutiche)

Le norme dispongono in materia di flussi informativi relativi alla spesa farmaceutica per acquisti diretti, prevedendo, in particolare, che:

­   per la determinazione del pay-back farmaceutico per gli anni 2016 e 2017, l’AIFA si avvalga anche dei dati di fatturato delle aziende farmaceutiche disponibili presso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni (Sistema di interscambio per la fatturazione elettronica[48]);

­   a decorrere dal 2018, nelle fatture elettroniche emesse verso gli enti del servizio sanitario nazionale siano indicati obbligatoriamente il codice di autorizzazione all’immissione in commercio dei prodotti farmaceutici (AIC) e il corrispondente quantitativo. Le fatture sono rese accessibili all’AIFA.

Si dispone inoltre che alle attività previste dalla norma in esame si provveda con le risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi oneri per la finanza pubblica.

In proposito si ricorda che l’articolo 1, comma 398, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017) ha innalzato il tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti, da 3,5% a 6,89, includendo nell’aggregato oltre alla spesa farmaceutica ospedaliera (cui si riferiva il precedente tetto del 3,5%) anche la distribuzione diretta dei farmaci di classe H e quella diretta a per conto dei farmaci di classe A.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle norme, affermando che allo svolgimento delle  attività previste dalla disposizione in esame le amministrazioni provvedono ad invarianza di oneri.

 

In merito ai profili di quantificazione, pur tenendo conto della clausola di non onerosità dettata dalla norma in esame, andrebbe acquisita una conferma circa l’effettiva possibilità per le amministrazioni interessate di procedere, con invarianza di oneri, all’implementazione del Sistema di interscambio esistente al fine di consentire sia la gestione dei nuovi dati (codice di autorizzazione dell’immissione in commercio AIC e delle quantità acquistate) sia la  fruibilità della banca dati da parte di nuovi utenti, quali ad esempio l’AIFA.

 

Articolo 30
(Disposizioni in materia di farmaci che presentano il requisito dell’innovatività condizionata)

Normativa vigente. I commi 400 e 401 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), hanno disposto l’istituzione, a decorrere dal 2017, di due fondi, ciascuno con una dotazione annua di 500 milioni di euro: il Fondo per i medicinali innovativi e il Fondo per i medicinali oncologici innovativi. Il successivo comma 402 assegna all’AIFA il compito di stabilire i criteri per la definizione dei farmaci innovativi, oncologici innovativi e farmaci ad innovatività condizionata.

 

Le norme, inserendo un comma (402-bis) nella legge di bilancio per il 2017, dispone che i farmaci ad innovatività condizionata non accedono alle risorse dei due fondi (Fondo per i medicinali innovativi e Fondo per i medicinali oncologici innovativi), ma sono inseriti esclusivamente nei prontuari terapeutici regionali.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, essendo di natura meramente interpretativa. Infatti, la stessa chiarisce che le risorse di cui ai Fondi istituiti dall’articolo 1, commi 400 e 401, della legge 232/2016, concorrono al rimborso dei costi sostenuti dalle regioni per l’acquisto dei farmaci innovativi ed innovativi oncologici, ma non dei farmaci che presentano il requisito dell’ “innovatività condizionata”.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 31
(Edilizia sanitaria)

Normativa vigente. L’articolo 46, comma 6, del decreto legge n. 66/2014 e l’articolo 1, comma 680, della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) dispongono in materia di concorso alla finanza pubblica da parte delle regioni a statuto ordinario, prevedendo, in particolare, per l’anno 2017 i seguenti contributi:

- 2.211,80 milioni di euro (articolo 46, comma 6, del decreto legge n. 66/2014);

- 3.980 milioni di euro, di cui 3.500 milioni per il settore sanitario e 480 milioni per il settore extra sanitario (articolo 1, comma 680, della legge di stabilità 2016).

Con intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017 sono state concordate le misure per il conseguimento del concorso regionale agli obiettivi di finanza pubblica per l’anno 2017, pari complessivamente a 2.691,80 milioni di euro. Tra gli interventi previsti si segnala la riduzione delle risorse per l’edilizia sanitaria pari a 100 milioni di euro.

Inoltre, l’articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 118/2011 prevede che per la parte in conto capitale riferita all'edilizia sanitaria le regioni accertino ed impegnino nel corso dell'esercizio l'importo corrispondente a quello indicato nel decreto di ammissione al finanziamento.

 

Le norme, in deroga alla normativa vigente in materia di contabilizzazione delle entrate, dispongono che le somme ammesse a finanziamento nel 2017 per interventi di edilizia sanitaria compresi in accordi di programma sottoscritti nel 2016 sono accertate in entrata dalle regioni nel 2018. Conseguentemente sono prorogati, in misura corrispondente, i termini di risoluzione dei citati accordi di programma.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la legislazione vigente prevede che le regioni accertino in entrata le somme che vengono ammesse a finanziamento con decreto del Ministero della salute nell’esercizio di ammissione stessa. In relazione al fatto che la riduzione dello stanziamento per il 2017 incide su accordi di programma già sottoscritti nel 2016 e che saranno progressivamente ammessi a finanziamento, la presente disposizione è volta a rinviare al 2018 detta iscrizione, al fine di garantire il conseguimento dell’obiettivo di finanza pubblica perseguito con la riduzione in oggetto.

 

In merito ai profili di quantificazione, si evidenzia che la norma è diretta ad attuare l’intesa sancita in Conferenza Stato-regioni, con riferimento alla riduzione delle risorse per l’edilizia sanitaria pari a 100 milioni di euro, quale contributo delle regioni a statuto ordinario al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per l’anno 2017 fissati dalla normativa vigente. Riguardo all’accertamento in entrata nel 2018 delle somme ammesse al finanziamento, si prende atto di quanto evidenziato dalla RT, secondo la quale il rinvio è volto a garantire il conseguimento dell’obiettivo di finanza pubblica perseguito con la predetta riduzione.

 

Articolo 32
(Trasferimento di competenze in materia sanitaria per stranieri)

Le norme trasferiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2017, al Ministero della salute le competenze in materia di prestazioni sanitarie nei confronti degli stranieri non iscritti al SSN, prima assegnate al Ministero dell’interno. Tale trasferimento avviene in coerenza con le risorse a tal fine stanziate nel bilancio dello Stato in apposito capitolo di spesa (comma 1).

Si dispone inoltre che il Ministero della salute si faccia carico anche della gestione del pregresso, a seguito della ricognizione effettuata da parte delle regioni e delle province autonome in contraddittorio con le prefetture, le cui risultanze devono essere comunicate al Ministero della salute entro il 30 aprile 2017 (comma 2).

Le norme prevedono che le risorse finanziarie, nei limiti dello stanziamento, saranno ripartite tra le regioni e province autonome sulla base delle prestazioni effettivamente erogate agli stranieri, in possesso dei requisiti prescritti dalla legge (stranieri irregolari e privi di risorse economiche sufficienti)[49], desumibili dagli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute. Tale meccanismo di riparto è strutturato in una fase provvisoria e una fase a conguaglio tramite compensazione tra le stesse regioni e province autonome, su base annuale, la cui regolazione finanziaria è assicurata dalla verifica e dal consolidamento dei dati riportati nel citato sistema informativo NSIS (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica spiega che l’intervento normativo si rende necessario per effetto delle recenti disposizioni contabili, contenute nell'articolo 1 del d.lgs. 90/2016, finalizzate ad una più pertinente collocazione della spesa. E' stato, infatti, disposto, in sede di legge di bilancio 2017-2019, il trasferimento dal Ministero dell’interno al Ministero della salute del capitolo 2359 concernente le somme destinate al finanziamento delle spese sostenute dalle ASL per l'assistenza sanitaria agli stranieri di cui all’art. 35, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

La RT chiarisce che le funzioni ad oggi svolte a livello decentrato presso le Prefetture verranno accentrate presso il Ministero della salute che le gestirà a livello centrale nell'ambito delle attività demandate alla Direzione generale della programmazione sanitaria, cui è riferibile il programma 1.3 "Programmazione del SSN per l'erogazione dei LEA" e che gestirà il capitolo di spesa 2359.

La RT precisa inoltre che la gestione del pregresso, prevista dal comma 2, è riferita anche alle posizioni debitorie maturate fino al 31 dicembre 2016, gravanti sul capitolo trasferito.

La RT afferma che la norma, essendo di carattere ordinamentale, non genera nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica limitandosi a regolare il riparto di risorse annualmente stanziate con legge di bilancio.

 

In merito ai profili di quantificazione, pur prendendo atto di quanto affermato dalla relazione tecnica circa la neutralità finanziaria della norma in esame, stante il suo carattere ordinamentale, appaiono necessari chiarimenti circa il trasferimento delle competenze dal Ministero dell’intero al Ministero della salute, con particolare riferimento alla gestione del pregresso. In tale ambito infatti il comma 2 prevede che il Ministero della salute subentri al Ministero dell’interno nelle posizioni attive e passive maturate al 31 dicembre 2016, riferite al capitolo di bilancio trasferito. In proposito, la norma prevede una ricognizione delle posizioni attive e passive che deve essere effettuata dalla regioni in contraddittorio con le Prefetture e comunicata al Ministero della salute entro il 30 aprile 2017. Appare quindi necessario acquisire elementi di valutazione in merito alla sostenibilità delle attività in questione per le strutture interessate, anche in relazione ai tempi previsti per la citata ricognizione. Ciò al fine di escludere aggravi operativi, suscettibili di conseguenze di carattere finanziario.

Inoltre, appaiono altresì utili indicazioni circa l’entità, anche in via di approssimazione, delle passività maturate e gravanti sul capitolo di bilancio interessato.

 

Articolo 33
(Diverse modalità di conseguimento degli obiettivi regionali di finanza pubblica)

Normativa previgente. L’articolo 1, comma 495 della legge 232/2016 prevede che, per gli anni 2017, 2018 e 2019, siano assegnati alle regioni spazi finanziari nell'ambito dei patti nazionali, di cui all'articolo 10, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui. Gli spazi sono assegnati al fine di favorire gli investimenti, da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito.

 

Le norme dispongono che gli spazi finanziari previsti dall’articolo 1, comma 495, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) siano ripartiti tra le Regioni a statuto ordinario sulla base della seguente tabella, allegata al testo dell’articolo in esame.

 

 

La tabella di ripartizione può essere modificata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Le Regioni utilizzano gli spazi finanziari di cui alla predetta tabella per effettuare negli anni dal 2017 al 2021 investimenti nuovi o aggiuntivi. A tal fine, entro il 31 luglio di ciascuno dei predetti anni, le medesime Regioni adottano gli atti finalizzati all’impiego delle risorse, assicurando l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno di riferimento per la quota di competenza di ciascuna Regione, come indicata per ciascun anno nella tabella di ripartizione. Gli investimenti che le singole Regioni sono chiamate a realizzare, secondo quanto stabilito ai periodi precedenti, sono considerati nuovi o aggiuntivi qualora sia rispettata una delle seguenti condizioni:

·       le Regioni procedono a variare il bilancio di previsione incrementando gli stanziamenti riguardanti gli investimenti diretti e indiretti per la quota di rispettiva competenza, come indicata nella tabella di ripartizione;

·       gli investimenti per l’anno di riferimento devono essere superiori, per un importo pari ai valori indicati per ciascuna regione nella tabella di ripartizione, rispetto agli impegni per investimenti diretti e indiretti effettuati nell’esercizio precedente a valere su risorse regionali, escluse le risorse del Fondo pluriennale vincolato.

Le Regioni certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti di cui alla tabella di ripartizione entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti, si applicano le sanzione previste per il mancato conseguimento del saldo di bilancio obiettivo.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non determina effetti finanziari, limitandosi a stabilire il riparto e le modalità di utilizzo degli spazi finanziari in favore delle Regioni per 500 milioni di euro per l’anno 2017.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazione da formulare.

 

Articolo 34
(Disposizioni sul finanziamento del SSN)

Le norme dispongono in materia di finanziamento del SSN, prevedendo quanto segue.

·       Nell’ambito della disciplina relativa al pareggio di bilancio, si estende la possibilità per le regioni di utilizzare gli avanzi di amministrazione vincolati per il finanziamento del SSN formatisi anche  negli esercizi precedenti all’anno 2015 (comma 1).

In proposito, si ricorda che la disciplina vigente (articolo 1, comma 713-ter della legge n. 208/2015) prevede tale possibilità in relazione all’avanzo di amministrazione formatosi nel solo esercizio 2015.

·       Modificando l’articolo 2, comma 67-bis, della legge n. 191/2009, si dispone anche per il 2017 che il riparto della quota premiale tenga conto di criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome (comma 2).

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 2, comma 67-bis, della legge n. 191/2009 ha previsto forme premiali a valere sulle risorse ordinarie per il finanziamento del SSN in favore delle regioni virtuose. Successivamente l’articolo 42, comma 14-ter, del DL 133/2014, ha stabilito che in via transitoria per l'anno 2014 (poi esteso all’esercizio 2015 e 2016), il riparto della quota premiale fosse effettuato sulla base di criteri di riequilibrio indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

·    Si estende il regime di erogabilità in via provvisoria, a seguito dell’intesa raggiunta nella Conferenza Stato-regioni e nelle more della deliberazione del CIPE, anche alle quote distinte e vincolate del finanziamento del SSN destinato alle regioni nella misura dell’80 per cento degli importi assegnati (comma 3).

In proposito, si ricorda che la normativa vigente (articolo 20 del decreto legge n. 113/2016) già prevede la possibilità di erogare anticipatamente una quota del finanziamento indistinto, quello relativo ai progetti obiettivo del piano sanitario nazionale e quello riferito alla medicina penitenziaria (articolo 9-undecies del decreto legge n. 78/2015).

·    Fermo restando il livello complessivo del finanziamento del SSN, si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad erogare alle regioni le rispettive quote di compartecipazione all’IVA, nelle more dell’adozione del relativo DPCM di assegnazione delle stesse, facendo riferimento ai valori indicati nel riparto del fabbisogno del SSN e nella contestuale individuazione delle relative quote di finanziamento, come risultanti dall’intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni.

Si stabilisce che il DPCM di assegnazione in via definitiva delle citate risorse non possa fissare una quota di compartecipazione inferiore a quella stabilita in sede di riparto del fabbisogno sanitario nazionale.

Si pone, inoltre, una norma di salvaguardia, in base alla quale il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato, in sede di conguaglio, ad operare eventuali necessari recuperi, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti alle regioni  per gli esercizi successivi. Tale norma di salvaguardia si applica anche alle somme erogate negli esercizi 2016 e precedenti (comma 4).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme

 

La relazione tecnica afferma che il comma 1, analogamente a quanto già previsto dall’originario comma 712-ter, non comporta oneri ed è finalizzato a consentire il regolare pagamento di debiti commerciali del SSN. La RT afferma che la disposizione non comporta effetti sui saldi di finanza pubblica, trattandosi di somme già contabilizzate ai fini dell’indebitamento netto negli anni precedenti, come peraltro è stato verificato a seguito di apposito approfondimento tecnico condotto con ISTAT.

Con riferimento al comma 2 la RT precisa che la disposizione è finalizzata a consentire, anche per l’anno 2017, che le risorse di cui all’articolo 2, comma 67-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, siano ripartite sulla base di criteri di riequilibrio indicati dalle regioni, anziché in funzione dei meccanismi premiali indicati dal medesimo articolo 2, comma 67-bis. La RT afferma quindi che trattandosi di norma che incide unicamente sui criteri di riparto di somme predefinite, pari allo 0,25 per cento del fabbisogno sanitario complessivo, non comporta effetti finanziari.

In merito al comma 3, la RT afferma che la disposizione si colloca nell’ambito dei provvedimenti volti a garantire tempestività nei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, con specifico riferimento agli enti del SSN: occorre infatti evitare, precisa la RT, che i tempi di perfezionamento degli atti di riparto delle risorse (proposta del ministero della salute, raggiungimento dell’Intesa in Conferenza Stato-regioni e deliberazione del CIPE) rallentino i trasferimenti di cassa, nel mentre gli enti sopportano la relativa spesa e dunque assumono obbligazioni da onorare in tempi perentori, legislativamente fissati.

La presente disposizione, precisa la RT, riguarda quote residuali del finanziamento (finanziamento di borse di studio per la formazione in medicina generale, assistenza sanitaria per gli stranieri iscritti al SSN ex decreto legislativo 286/1998, riqualificazione dell’attività libero-professionale, trasferimento al SSN dell’assistenza sanitaria penitenziaria ex legge 230/1999, finanziamento corrente degli interventi per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, screening neonatali, fondo per compensazione dei minori gettiti fiscali effettivi rispetto ai gettiti stimati ai fini del finanziamento del SSN) e stabilisce l’obbligo di riparto entro luglio dell’anno di riferimento, avvalendosi di criteri e dati ultimi disponibili (la tardività di tali riparti dipende spesso dall’attesa di dati sottostanti più aggiornati, benché da questi derivino modifiche delle quote finali d’accesso alle risorse delle singole regioni non significative).

La RT afferma che le erogazioni trovano comunque un limite negli stanziamenti del bilancio statale (peraltro dotati per effettuare in corso d’esercizio il pagamento dell’intero finanziamento del Servizio sanitario nazionale) e che, quindi, dalla disposizione in esame non derivano nuovi, o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In relazione al comma 4, la RT afferma che la disposizione ha lo scopo di rendere più efficiente la gestione amministrativo-contabile della compartecipazione IVA destinata alle regioni per il finanziamento del SSN e non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In particolare, la RT precisa che, ai sensi della legislazione vigente, alle regioni in corso d’anno sono trasferite risorse complessive a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei limiti degli importi stabiliti in attuazione dell’articolo 2, comma 68, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Nell’ambito di tali risorse complessive la compartecipazione all’IVA è trasferita facendosi riferimento all’ultimo DPCM di assegnazione di quote alle regioni disponibile: questo vincolo comporta che in corso d’anno si eroga tendenzialmente una compartecipazione IVA inferiore rispetto a quella derivante dal riparto del fabbisogno sanitario dell’anno (con conseguente accumulazione di residui di bilancio) e questo differenziale è compensato con anticipazioni di tesoreria da parte del Ministero dell’economia alle regioni. La presente disposizione, dunque, si limita a consentire di fare riferimento, per il trasferimento delle somme a titolo di compartecipazione IVA, al riparto del fabbisogno sanitario dell’anno, evitando l’accumulazione simultanea di anticipazioni di tesoreria scoperte a cui corrispondono residui di bilancio (le difficoltà di gestione di tali importi ha reso necessaria una compensazione ope legis, come fissata dall’articolo 1, commi 530-532, della legge 11 dicembre 2016, n. 232).

 

In merito ai profili di quantificazione, si prende atto di quanto affermato dalla relazione tecnica circa la natura procedimentale delle norme in esame che appaiono dirette, come spiegato dalla stessa RT, a garantire, da un lato, la tempestività dei pagamenti dei debiti degli enti del SSN e, dall’altro, una maggiore efficienza della gestione amministrativo-contabile dell’erogazione delle risorse spettanti alle regioni nell’ambito del finanziamento del SSN. Al riguardo, non si rilevano profili di problematicità con riferimento ai saldi di finanza pubblica dal momento che le disposizioni in esame non incidono sul livello di finanziamento del SSN, stabilito dalla normativa vigente, e che la ripartizione delle risorse complessive viene effettuata nel limite degli stanziamenti del bilancio statale destinati al finanziamento della salute. Si evidenzia peraltro l’opportunità di un chiarimento in merito ai possibili riflessi delle norme in esame sul sistema di governance della sanità, con particolare riferimento alle modalità di riparto della quota premiale.

 

Articolo 35
(Misure urgenti in tema di riscossione)

La norma modifica gli articoli 1 e 2 del DL n. 193 del 2016 relativi allo svolgimento delle attività di riscossione da parte di Agenzia delle entrate - riscossione, prevedendo che quest’ultima possa svolgere la sola attività di riscossione delle entrate di tutte le amministrazioni locali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo l, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione delle società di riscossione, e delle società da esse partecipate.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica precisa che le modifiche normative proposte sono dirette ad allineare il contenuto dell’art. 1, comma 3, del decreto legge n. 193/2016, relativo all’oggetto sociale del nuovo ente pubblico economico Agenzia delle entrate-riscossione, e quello dell’art. 2, comma 2 del medesimo decreto legge, relativo alle attività che gli enti locali possono affidargli, con l’obiettivo di specializzare tale ente nella sola attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate di tutte le amministrazioni locali, quali individuate nel c.d. “consolidato ISTAT” ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196/2009 (con esclusione, naturalmente delle società di riscossione) e delle società da esse partecipate.

Infatti, nel testo attualmente vigente, la disposizione di cui all’art. 1, comma 3, del decreto legge 193/2016, contempla la sola attività di riscossione a favore soltanto di comuni, province e società da essi partecipate, mentre quella dell’art. 2, comma 2 del medesimo decreto legge,  menziona anche le attività di liquidazione ed accertamento e, sotto il profilo soggettivo, fa riferimento agli “enti locali”.

Pertanto, con le disposizioni proposte il nuovo ente pubblico economico potrà effettuare la sola attività di riscossione, spontanea e coattiva, ma per conto di tutte le amministrazioni locali del predetto “consolidato ISTAT”, e delle società da esse partecipate, così come giù oggi avviene per l’Agente della riscossione.

Ciò premesso, gli interventi normativi proposti, in virtù del loro contenuto, non sono idonei a determinare effetti finanziari di alcun genere sulla finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, tenuto conto di quanto affermato dalla relazione tecnica.

 

Articolo 36
(Procedura di riequilibrio finanziario e di dissesto e piano di rientro)

La norma modifica l'articolo 259, comma 1-ter, del D.lgs. n. 267/2000, elevando da 3 a 5 anni il periodo entro il quale i comuni in dissesto con più di 20.000 abitanti possono raggiungere il riequilibrio ed estende la sua portata a tutti i comuni, attraverso la rimozione del riferimento ai comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti (comma 1).

Si dispone, inoltre, la modifica dell'articolo 1, comma 457, della legge 232/2016, prevedendo che anche per le province in stato di dissesto (e non solo per i Comuni) l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete all'organo straordinario di liquidazione. Il medesimo comma 457 è poi integrato prevedendo la gestione separata dell’amministrazione dei residui attivi e passivi, nell’ambito della gestione straordinaria di liquidazione, ferma la facoltà di definizione, anche in via transattiva delle partite debitorie; tale disposizione si applica ai comuni e alle province che deliberano lo stato di dissesto finanziario successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame e a quelli, già in stato di dissesto finanziario, per i quali alla medesima data non è stata ancora approvata l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (commi 2 e 2).

Infine, si concede agli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario di ricomprendere, in sede di riformulazione del piano ai sensi dell’articolo 1, comma 714-bis  della legge n. 208/2015,  anche i debiti fuori bilancio emersi dopo la approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ancorché relativi a obbligazioni sorte antecedentemente alla dichiarazione di pre-dissesto (comma 4).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma, con riferimento ai commi 1, 2 e 3, che le disposizioni non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dal momento che le attività ivi previste saranno svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Sul comma 4, dopo aver ribadito il contenuto della norma, la RT afferma come risulti neutrale sotto il profilo finanziario.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la disposizione non determina effetti diretti sui saldi di finanza pubblica. Tuttavia, con riferimento alla previsione del comma 1 sull’allungamento dei termini per il riequilibrio del bilancio degli enti dissestati (cinque esercizi, in luogo dei tre esercizi attualmente previsti), con estensione a tutti i comuni, si osserva che la disposizione appare suscettibile di prolungare nel tempo eventuali condizioni di dissesto. In proposito appare opportuna una valutazione del Governo.

Con riferimento alla possibilità per gli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario di ricomprendere nel medesimo piano i debiti fuori bilancio emersi (comma 4), sarebbero utili elementi informativi sulla composizione e l’entità di tali debiti, anche ai fini di una valutazione sugli eventuali riflessi della disposizione rispetto al piano di rientro degli enti interessati.

 

Articolo 37
(Fondo pluriennale vincolato)

Normativa previgente. La legge di bilancio per il 2017 ha definito, ai commi 464-484, la nuova disciplina del pareggio di bilancio per gli enti territoriali. In termini generali, a decorrere dall'anno 2017, le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. In questo quadro, il comma 467 stabilisce che le risorse accantonate nel fondo pluriennale di spesa dell'esercizio 2015 in applicazione del punto 5.4 del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui al decreto legislativo n. 118/2011 per finanziare le spese contenute nei quadri economici relative a investimenti per lavori pubblici e quelle per procedure di affidamento già attivate, se non utilizzate, possono essere conservate nel fondo pluriennale vincolato di spesa dell'esercizio 2016 purché riguardanti opere per le quali l'ente disponga del progetto esecutivo degli investimenti redatto e validato in conformità alla vigente normativa, completo del cronoprogramma di spesa e a condizione che il bilancio di previsione 2017-2019 sia approvato entro il 31 gennaio 2017. Tali risorse confluiscono nel risultato di amministrazione se entro l'esercizio 2017 non sono assunti i relativi impegni di spesa.

 

Le norme intervengono sul comma 467 della legge di bilancio 2017 ampliando la possibilità, per gli enti territoriali, di conservare in bilancio le risorse accantonate nel fondo pluriennale di spesa dell'esercizio 2015: dette risorse, infatti, potranno essere conservate (invece di andare in economia) non solo se l'ente disponga del progetto esecutivo degli investimenti, come già previsto a legislazione vigente, ma anche se l’ente abbia avviato le procedure per la scelta del contraente, fatte salve secondo la disciplina transitoria del nuovo codice degli appalti.

In proposito si ricorda che, secondo la relazione tecnica che correda la legge di bilancio 2017, il comma 467 consente agli enti di non mandare in economia le risorse del fondo pluriennale vincolato di spesa del 2015 - accantonate per garantire la copertura di opere ancorché non ancora impegnate - e di accantonarle nel fondo pluriennale di spesa del 2016. Gli effetti, in termini d’indebitamento netto e fabbisogno, derivanti dall'applicazione di tale norma sono stati considerati nell'ambito delle valutazioni riguardanti l'inclusione del Fondo pluriennale vincolato non riveniente da debito tra le entrate finali (comma 466 della legge di bilancio 2017, cui sono stati ascritti effetti di maggiore spesa in conto capitale per 304 mln per il 2017, 296 mln. per il 2018 e 302 mln. per il 2019).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non determina effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica in quanto la modifica al comma 467 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 è volta a garantire, chiarendo la portata generale della disposizione, gli effetti di realizzazione degli investimenti previsti dal medesimo comma. A tal fine, si è ritenuto opportuno integrare la stessa includendo esplicitamente anche le procedure di gara già avviate e fatte salve dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la norma in esame appare volta ad ampliare la portata applicativa di una disposizione (comma 467 della legge di bilancio) che prevede specifiche modalità per la conservazione nel fondo pluriennale vincolato di somme accantonate nell’esercizio 2015, al fine di evitare che le stesse vadano in economia.

Si ricorda che all’inclusione delle disponibilità del fondo pluriennale vincolato tra le entrate, ai fini del pareggio di bilancio, sono stati ricollegati effetti di carattere oneroso (ai sensi del comma 466 della legge di bilancio).

La norma in esame, infatti, sempre con riguardo alle somme accantonate nel 2015, dispone che la conservazione delle stesse sia ammessa non solo nel caso in cui l’ente disponga del progetto esecutivo degli investimenti (come già previsto dalla legge di bilancio), ma anche nei casi in cui l’ente abbia soltanto avviato le procedure per la scelta del contraente.

Andrebbe quindi chiarito se tale estensione riguardi somme comunque già considerate in sede di valutazione degli effetti del citato comma 466, ovvero configuri un ampliamento - con conseguenti effetti onerosi - delle capacità di spesa degli enti rispetto a quelle già considerate e scontate in sede di legge di bilancio.

 

Articolo 38
(Enti previdenziali e gestione degli immobili pubblici)

Le norme intervengono sulla tempistica dei pagamenti da parte dello Stato dei trasferimenti all’INSP, prevedendo che l’assunzione degli impegni sui capitoli di bilancio sia autorizzata sulla base del fabbisogno di cassa dell’ente previdenziale approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. A tal fine l’INPS presenta, entro il mese di gennaio di ogni anno, il fabbisogno annuale con evidenza delle esigenze mensili (comma 1).

Si ricorda che, in base alla normativa vigente (articolo 3 del decreto legge n. 323/1996), gli impegni sui capitoli del bilancio dello Stato sono assunti con cadenza trimestrale per quote di pari importo.

Le norme rimuovono inoltre il vincolo del conferimento integrale del patrimonio immobiliare da reddito dell’INPS al fondo di investimento immobiliare ad apporto previsto dalla normativa vigente[50], al fine di facilitare il processo di cessione dello stesso.  Le operazioni di dismissione immobiliare possono essere svolte sia in forma diretta sia in forma indiretta attraverso il conferimento di immobili a fondi immobiliari. Le norme dispongono inoltre che le attività di dismissione immobiliare dovranno essere svolte dall’INPS a valere sulle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente  (comma 2).

Si prevede inoltre la possibilità di rimodulare le risorse finanziarie tra i fondi immobiliari gestiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell’economia e delle finanze (INVIMIT SGR), fermo restando il tetto complessivo previsto dalla normativa vigente (comma 3).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che il comma 1 non comporta alcun effetto sui saldi di finanza pubblica in quanto comporta una rimodulazione nel corso dell’anno dei pagamenti all’INPS a fronte di stanziamenti di bilancio previsti a legislazione vigente.

In merito a quanto previsto dal comma 2, la RT precisa le operazioni di dismissione immobiliare - sia in forma diretta sia in forma indiretta attraverso il conferimento di immobili a fondi immobiliari - trovano inquadramento nell’ambito dei piani triennali di investimento degli enti di previdenza, autorizzati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, previa verifica della compatibilità con i saldi strutturali di finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 8, comma 15 del decreto legge 78/2010.

Inoltre la RT evidenzia che a garanzia della neutralità finanziaria della disposizione, la norma dispone che le attività di dismissione immobiliare dovranno essere svolte dall’INPS a valere sulle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Con riferimento al comma 3, la relazione afferma che dalla disposizione non derivano oneri per la finanza pubblica, trattandosi di operazioni che trovano inquadramento nell’ambito dei piani triennali di investimento degli enti di previdenza, autorizzati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, previa verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 8, comma 15 del decreto legge 78/2010.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare alla luce di quanto affermato dalla relazione tecnica e in considerazione di quanto previsto dalla normativa vigente in materia, in base alla quale le operazioni di acquisto e vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza, nonché le operazioni di utilizzo, da parte degli stessi enti, delle somme rivenienti dall'alienazione degli immobili o delle quote di fondi immobiliari, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (articolo 8, comma 15, del decreto legge n. 78/2010).

 

Articolo 39
(Trasferimenti regionali a province e città metropolitane per funzioni conferite)

Le norme, per il quadriennio 2017-2020, prevedono che una quota del 20 per cento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale[51] sia riconosciuta a condizione che la regione, entro il 30 giugno di ciascun anno, abbia certificato[52] l’avvenuta erogazione a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l’esercizio delle funzioni ad esse conferite. La certificazione è formalizzata tramite Intesa in Conferenza unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ogni anno (comma 1).

In caso di mancata Intesa, il riconoscimento in favore della regione interessata del 20 per cento del fondo per il trasporto pubblico locale di cui al comma 1 è deliberato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Dipartimento per gli Affari regionali (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma, prevedendo che una quota del 20 per cento del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, sia riconosciuta a condizione che la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato l’avvenuta erogazione a ciascuna provincia e città metropolitana  del rispettivo territorio delle risorse per l’esercizio delle funzioni ad esse conferite non determina effetti sulla finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 40
(Rideterminazione delle sanzioni per le province e le città metropolitane)

Normativa previgente. L’articolo 1, comma 723, lettera a) della legge n. 208/2015 prevede che, in caso di mancato conseguimento del saldo di bilancio obiettivo, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza l'ente locale sia assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale, in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato.

Le norme dispongono che la sanzione di cui al comma 723, lettera a), dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 trovi applicazione nei confronti delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il saldo non negativo tra le entrate e le spese finali nell'anno 2016, nella misura eventualmente eccedente l’avanzo applicato al bilancio