Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Altri Autori: | Servizio Commissioni | ||
Titolo: | (AC 4144) Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Analisi degli effetti finanziari Numero: 512 | ||
Data: | 23/03/2017 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
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Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Verifica delle quantificazioni |
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A.C. 4144 e abb.
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Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette
(Nuovo testo) |
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N. 512 – 23 marzo 2017 |
La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato. La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione). L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.
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SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione
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La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
INDICE
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
Classificazione delle aree naturali protette
Contributo di sbarco a favore delle aree protette
Agevolazioni fiscali nelle aree protette
Modifica della disciplina dell’Ente Parco
Rilascio del nulla osta dell’Ente Parco
Gestione della fauna selvatica nelle aree naturali protette.
Attività di gestione ordinaria degli enti parco e aree marine protette nazionali
Divieto di introduzione della specie Cinghiale
Istituzione di aree protette marine
Gestione delle aree marine protette
Programma triennale per le aree marine protette
Vigilanza sulle aree naturali protette
Divieto di attività venatoria nelle aree naturali protette regionali
Organizzazione amministrativa del parco naturale regionale
Poteri del direttore dell’organismo di gestione dell’area protetta
Quadro sanzionatorio delle violazioni in materia di aree protette.
Comitato nazionale per le aree protette
Istituzione di parchi nazionali
Appennino parco d’Europa (APE)
Aree di reperimento di parchi e riserve marine
Sedi del Parco nazionale Gran Paradiso
Autorizzazioni ad interventi su beni soggetti a tutela
Comitato paritetico per la biodiversità
Conferenza nazionale “La Natura dell'Italia”
Delega al Governo per l'istituzione del Parco del Delta del Po
Informazioni sul provvedimento: |
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A.C. |
4144 e abb. |
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Titolo: |
Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette |
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Iniziativa: |
parlamentare |
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approvato, con modifiche, dal Senato |
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Commissione di merito: |
VIII Ambiente |
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Relatrice per la Commissione di merito |
Borghi |
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Gruppo: |
PD |
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Relazione tecnica: |
assente |
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Parere richiesto: |
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Destinatario: |
alla VIII Commissione |
in sede referente |
Oggetto: |
nuovo testo |
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Il progetto di legge, già approvato dal Senato, reca disposizioni in materia di aree protette.
Nel corso dell’esame presso il Senato è stato adottato un testo unificato[1] rispetto al quale è stata presentata una relazione tecnica, positivamente verificata subordinatamente ad alcune condizioni, trasmessa con Nota del Ministero dell’economia e delle finanze del 17 maggio 2016.
Le condizioni poste appaiono sostanzialmente recepite nel testo in esame.
Successivamente, il testo unificato è stato ulteriormente modificato nel corso dell’esame presso il Senato, durante il quale sono pervenute anche alcune Note tecniche.
Al momento della predisposizione del presente dossier non risulta invece pervenuta la relazione tecnica di passaggio, riferita al testo approvato dal Senato.
Nel corso dell’esame alla Camera la Commissione VIII (Ambiente) ha introdotto ulteriori modifiche ed integrazioni, non corredate di relazione tecnica.
Si esaminano di seguito le disposizioni contenute nel testo elaborato dalla Commissione di merito nel corso dell’esame finora svolto in sede referente. L’analisi è svolta alla luce della relazione tecnica e dell’ulteriore documentazione presentata al Senato, per le parti tuttora utilizzabili.
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
Classificazione delle aree naturali protette
La norma interviene sull’articolo 2 della legge quadro sulle aree protette[2] modificandola in più punti e aggiungendovi altresì ulteriori disposizioni (comma 1). Si segnala tra l’altro:
- l’inserimento delle aree protette marine nella classificazione delle aree naturali protette;
- l’istituzione di aree protette transfrontaliere e la definizione di parchi nazionali con estensione a mare;
- l’adozione di misure per le aree protette inserite nella rete “Natura 2000” e per l’istituzione di un nuovo parco, nonché per l’attribuzione di funzioni all’ISPRA.
Rispetto al testo unificato oggetto della relazione tecnica presentata al Senato, nel corso del successivo esame parlamentare presso il Senato e presso la Commissione di merito della Camera dei deputati, il comma 1 è stato modificato in più punti che non sembrano suscettibili di produrre effetti finanziari.
Le attività disciplinate dall’articolo in esame devono essere svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2).
La relazione tecnica, tuttora utilizzabile, evidenzia che la norma inserisce alcune aree marine protette e riserve marine tra i parchi nazionali. La relazione segnala, inoltre, che per tali disposizioni è stata inserita apposita clausola di invarianza finanziaria in forza della quale non sono previsti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Peraltro, prosegue la RT, le norme hanno carattere ordinamentale e organizzativo che prevedono attività che potranno essere realizzate dalle amministrazioni interessate con le risorse umane, strumentali e finanziaria già disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, sulla base di quanto affermato dalla relazione tecnica.
Normativa vigente: l’articolo 3 della legge n. 394/1991 prevede l’istituzione del Comitato per le aree naturali protette costituito dal Ministro dell'ambiente, che lo presiede, e dai Ministri dell'agricoltura e delle foreste, della marina mercantile, per i beni culturali e ambientali, dei lavori pubblici e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, e da sei presidenti di regione o provincia autonoma. Il Comitato individua, tra l’altro, le linee fondamentali dell'assetto del territorio e adotta il programma delle aree di rilievo internazionale e nazionale nonché le relative direttive per l'attuazione, integra la classificazione delle aree protette e le modifiche che si rendano necessarie e approva l'elenco ufficiale. Inoltre, la disposizione prevede l’istituzione della Consulta tecnica per le aree naturali protette costituita da nove esperti in materia di conservazione della natura, nominati, per un quinquennio, dal Ministro dell'ambiente con funzioni di natura consultiva del Comitato per le aree naturali.
La norma, introdotta durante l’esame presso la Commissione di merito della Camera dei deputati, dispone:
- l’abrogazione dell'articolo 3 della legge n. 394/1991 (comma 1);
- la sostituzione dell’articolo 4 della legge n. 394/1991 relativo al piano nazionale triennale per le aree naturali protette (comma 2).
In proposito si segnala che l’articolo 76 del decreto legislativo n. 112/1998[3] ha disposto la soppressione del programma triennale per le aree naturali protette.
Il nuovo articolo 4 disciplina il Piano nazionale per le aree protette, stabilendo che il Piano individui, tra l’altro, le risorse finanziarie a legislazione vigente, i criteri e le modalità per la realizzazione dei programmi, e dei progetti provenienti dall’Unione Europea e da altri contributi nazionali, regionali e internazionali, riservando almeno il 50 per cento delle risorse complessive alle aree protette regionali e alle aree marine protette (lettera c) del comma 2 del nuovo articolo 4).
Le regioni cofinanziano il Piano con proprie risorse (comma 3 del nuovo articolo 4).
Per il finanziamento del piano 2018-2020 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio (comma 6 del nuovo articolo 4).
All'onere di cui al comma 6, pari a 10 milioni di euro annui per gli anni 2018, 2019 e 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero» (comma 7 del nuovo articolo 4).
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Al riguardo, in merito ai profili di quantificazione, pur rilevando che l’onere è limitato all’autorizzazione di spesa prevista, si evidenzia che non appaiono evidenti i dati ed i parametri sottostanti la determinazione del predetto importo.
Si osserva altresì che la norma disciplina il piano nazionale per le aree naturali protette, che dovrà essere adottato con cadenza triennale, mentre l’autorizzazione di spesa è riferita al solo triennio 2018-2020. In proposito andrebbe chiarito se ciò comporti la necessità di ulteriori specifici finanziamenti in relazione a ciascun piano triennale (e agli eventuali aggiornamenti), ferme restando le attuali modalità di finanziamento delle aree naturali protette, previste dalla normativa vigente.
In merito ai profili di copertura finanziaria, con riguardo al comma 7, si fa presente che l’accantonamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze relativo al bilancio 2017-2019 - del quale è previsto l’utilizzo con finalità di copertura degli oneri derivanti dal finanziamento del Piano nazionale per le aree marine protette relativo al triennio 2018-2020 - reca le necessarie disponibilità.
Contributo di sbarco a favore delle aree protette
Normativa vigente: l’articolo 4 del D. Lgs. 23/2011 (Federalismo fiscale municipale) ha previsto che i comuni possano istituire un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. Il comma 3-bis del medesimo articolo 4 stabilisce che i comuni delle isole minori possono istituire, in alternativa alla predetta imposta di soggiorno, un contributo di sbarco, fino ad un massimo di euro 2,50, da riscuotere, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione.
Le norme prevedono che i comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori in cui sono presenti aree protette terrestri o marine ed i comuni nel cui territorio insistono isole minori ove sono presenti aree protette terrestri o marine possono destinare il gettito del contributo di sbarco[4], per finanziare, in accordo con l'ente gestore dell'area protetta, interventi volti alla tutela ambientale, alla conservazione della biodiversità, al ripristino o al restauro di ecosistemi naturali e del patrimonio archeologico e culturale, alla promozione del turismo sostenibile del territorio, nonché ad attività di educazione ambientale (comma 1).
I medesimi comuni possono, inoltre, deliberare una maggiorazione di tale contributo fino ad un massimo di 2 euro (comma 2).
Si prevede, infine, che anche i comuni facenti parte di un'area protetta marina possono richiedere il medesimo contributo di sbarco, ma solo con le finalità e modalità previste a legislazione vigente dall'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
La norma non è corredata di relazione tecnica.
La norma in esame è stata introdotta dal Senato dopo l’adozione del testo unificato[5] rispetto al quale è stata presentata la relazione tecnica. Le modifiche introdotte dalla Commissione di merito della Camera dei deputati hanno previsto la facoltà per i comuni di destinare il gettito dell’addizionale di cui al comma 2 alle finalità indicate nel comma 2.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che la norma assume carattere facoltativo sia per quanto attiene alla finalizzazione del contributo vigente (comma 1) sia in merito all’introduzione della maggiorazione (comma 2).
Agevolazioni fiscali nelle aree protette
La norma, introdotta durante l’esame alla Camera presso la Commissione di merito, prevede che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, possano essere definite, nell'ambito delle aree protette di cui alla presente legge, misure di incentivazione fiscale per sostenere iniziative compatibili con le finalità del parco e dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale (comma 1).
Nel decreto sono determinate, in considerazione delle disponibilità finanziarie, le agevolazioni sopra descritte, individuando il relativo ambito territoriale, le misure di attuazione, i limiti temporali e le tipologie di beneficiari (comma 2).
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Al riguardo, si segnala che il comma 1 prevede l’introduzione di agevolazioni fiscali mediante l’emanazione di un decreto ministeriale, senza prevedere una procedura di stima dei relativi oneri e di conseguente verifica in sede parlamentare. Inoltre, tenuto conto che le agevolazioni fiscali saranno introdotte “in considerazione delle disponibilità finanziarie”, andrebbe chiarito quali siano tali disponibilità e quali meccanismi siano previsti per assicurare che tali benefici siano effettivamente concessi entro i limiti delle risorse disponibili.
Modifica della disciplina dell’Ente Parco
Normativa vigente: l’art. 9 della legge n. 394/1991 disciplina l’Ente parco, definito come soggetto con personalità di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’ambiente (comma 1). Sono organi dell’Ente il Presidente, il Consiglio direttivo, la Giunta esecutiva, il Collegio dei revisori dei conti e la Comunità del parco (comma 2) e durano in carica cinque anni (comma 12). Il Presidente, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente, ha la legale rappresentanza dell'Ente parco, ne coordina l'attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva (comma 3). Il Consiglio Direttivo è formato dal Presidente e da otto componenti per i quali è prevista la procedura di nomina e i requisiti necessari (comma 4). Qualora siano designati membri della Comunità del parco sindaci di un comune oppure presidenti di una comunità montana, di una provincia o di una regione presenti nella Comunità del parco, la cessazione dalla predetta carica a qualsiasi titolo comporta la decadenza immediata dall'incarico di membro del consiglio direttivo ed il conseguente rinnovo, entro quarantacinque giorni dalla cessazione, della designazione. La stessa norma si applica nei confronti degli assessori e dei consiglieri degli stessi enti (comma 5). Le funzioni del Consiglio direttivo, tra le quali la delibera dello statuto dell’Ente, e le procedure sono individuate nei commi da 6 a 9. Il Collegio dei revisori dei conti, che esercita il riscontro contabile sugli atti dell'Ente parco, è nominato con decreto del Ministro del tesoro ed è formato da tre componenti scelti tra funzionari della Ragioneria generale dello Stato ovvero tra iscritti nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti (comma 10). Il direttore del parco, nominato con decreto dal Ministro dell'ambiente, provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato per una durata non superiore a cinque anni (comma 11). Ai Presidenti, ai vice presidenti, ai componenti dei Consigli direttivi e del Collegio dei revisori dei conti spetta un’indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso e in gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del Consiglio direttivo e della Giunta esecutiva, nell’ammontare fissato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2001, e con la procedura indicata nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 4993/IV.1.1.3 del 29 maggio 2001 (comma 12-bis). Agli Enti parco si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70[6]; essi si intendono inseriti nella tabella IV allegata alla medesima legge (comma 13). La pianta organica di ogni Ente parco è commisurata alle risorse finalizzate alle spese per il personale ad esso assegnate. Per le finalità di cui alla presente legge è consentito l'impiego di personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato ed indeterminato ai sensi dei contratti collettivi di lavoro vigenti per il settore agricolo-forestale (comma 14) Il Consiglio direttivo può nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell'Ente parco (comma 15).
La norma sostituisce i commi da 1 a 14 dell’articolo 9 della legge n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette).
La norma in esame è costituita da un solo comma che, in riferimento al citato articolo 9, prevede:
- la sostituzione dei commi da 1 a 8-bis con i commi da 1 a 8-septies (lettera a));
- la sostituzione del comma 9 (lettera b));
- la sostituzione del comma 10 con i commi 10 e 10-bis (lettera c));
- la sostituzione del comma 11 (lettera d));
- l’abrogazione del comma 12 (lettera e));
- la sostituzione del comma 12-bis (lettera f));
- la sostituzione del comma 14 con i commi da 14 a 14-ter (lettera g)).
Si segnalano, in particolare, le seguenti modifiche:
- rispetto al testo vigente, viene esclusa la Giunta esecutiva dagli organi dell’Ente parco e viene sostituito il Collegio dei revisori dei conti con il Revisore unico dei conti (cpv. comma 2). Contestualmente è modificato anche il riferimento contenuto nel cpv. comma 10-bis, mentre il cpv. comma 10 continua ad essere riferito al Collegio dei revisori;
- per il Presidente e per i componenti del Consiglio direttivo trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 79 del TUEL[7] in materia di permessi e licenze. Nel corso dell’esame presso la Commissione di merito il cpv. comma 7 è stato integrato al fine di escludere l’applicazione della norma sulle incompatibilità agli incarichi di Presidente e membro del Consiglio direttivo dei parchi nazionali e di Presidente delle aree marine protette e di prevedere l’efficacia delle nomine e delle designazioni intervenute alla data di entrata in vigore del DL n. 95/2012 fino alla loro naturale scadenza (cpv. comma 7).
Il testo unificato adottato dal Senato, al quale è riferita la relazione tecnica, afferma che il Presidente, se lavoratore dipendente (pubblico o privato) ha diritto di assentarsi dal lavoro per l’intera giornata in cui è convocato il Consiglio direttivo e ha diritto di assentarsi per un massimo di 48 ore lavorative al mese; ha inoltre diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 48 ore lavorative mensile qualora risultino necessari per l’espletamento dell’incarico. Gli eventuali oneri finanziari sono a carico del bilancio dell’Ente;
- è prevista una indennità onnicomprensiva per il Presidente. La misura è fissata con decreto del Ministro dell’ambiente ed i relativi oneri sono a carico del bilancio dell’Ente parco (cpv. comma 8).
Il testo unificato cui fa riferimento la relazione tecnica afferma che al Presidente spetta un compenso fisso stabilito dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, se il parco è nazionale, ovvero stabilito dalla regione, in caso di parco regionale o del consorzio del parco. L’indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti del parco che non chiedono l’aspettativa. Gli eventuali oneri sono a carico del bilancio dell’Ente;
- il Consiglio direttivo è formato dal Presidente e da otto membri (cpv. comma 8-bis).
La suddetta formulazione è stata introdotta nel corso dell’esame presso la Commissione di merito della Camera dei deputati.
Nel testo unificato adottato dal Senato la formulazione prevede, oltre al presidente, un numero di 4, 6 e 8 membri per i parchi il cui territorio comprende, rispettivamente, sino a nove comuni, da dieci a venti comuni o oltre venti comuni;
- il direttore del parco assicura la gestione amministrativa complessiva ed è nominato dal Presidente con procedura che prevede una selezione pubblica dei candidati. Il Presidente stipula con il direttore un contratto individuale di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni. Il direttore:
· se dipendente pubblico, è posto in posizione di comando, fuori ruolo, aspettativa o altri istituti simili previsti dall’ordinamento di provenienza, con decorrenza dell’anzianità di servizio ai soli fini della progressione in carriera;
· se dipendente privato, è posto in posizione di aspettativa, anche in deroga a quanto previsto dal CCNL di competenza.
In ogni caso, il trattamento economico del direttore è a carico dell’ente parco ed è equiparato a quello dei dirigenti non generali del comparto degli enti pubblici non economici (cpv. comma 11);
- al vice presidente e agli altri componenti spettano gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del Consiglio direttivo, nell’ammontare fissato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Gli oneri finanziari sono a carico del bilancio dell’Ente parco (cpv. comma 12-bis).
Nel testo unificato adottato dal Senato, al quale è riferita la relazione tecnica, la formulazione non prevedeva la clausola finanziaria in base alla quale gli oneri sono a carico del bilancio dell’ente parco;
- la dotazione organica deve essere approvata dal Ministero dell'ambiente. Il direttore costituisce la struttura amministrativa di vertice dell’Ente ed è posto fuori dalla dotazione organica. Nel corso dell’esame presso la Commissione di merito della Camera dei deputati, la disposizione è stata integrata per consentire la mobilità volontaria del personale tra gli enti parco, anche attraverso l’attivazione di periodiche procedure per l’immissione in ruolo dei dipendenti che abbiano presentato domanda di trasferimento. È consentito l’impiego di personale tecnico e di manodopera con contratti a tempo determinato e indeterminato. Dall’attuazione del comma in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (cpv. comma 14);
- è prevista la possibilità di stipulare tra Enti parco i cui territori insistano nella stessa regione o in regioni confinanti convenzioni o ricorrere ad affidamenti congiunti con procedure ad evidenza pubblica al fine di ridurre le spese ordinarie derivanti dai costi fissi di struttura e migliorare l’esercizio dei servizi di competenza (cpv. comma 14-ter).
La relazione tecnica, per le parti tuttora utilizzabili, afferma quanto segue:
§ in riferimento al comma 1, lettera a), capoverso comma 7, concernente la possibilità per il presidente del parco, se lavoratore dipendente , di assentarsi con permessi, anche retribuiti, gli oneri necessari sono a carico del bilancio dell’Ente parco e rientrano nelle risorse finanziarie ordinarie attribuite dallo Stato agli Enti parco nazionali;
§ in riferimento al comma 1, lettera c), concernente la designazione del direttore, la RT evidenzia che è prevista una procedura di selezione pubblica. In particolare, prosegue la RT, la disposizione in esame prevede che il direttore sia nominato secondo procedure selettive di evidenza pubblica attraverso bandi, precisando altresì che ciò deve avvenire in coerenza con la normativa per la dirigenza per la pubblica amministrazione. Al riguardo, la RT fa notare che la disciplina vigente consiste anch’essa in una procedura, qualificata dal Consiglio di Stato nel parere n. 1944/2015, come “selezione” pubblica, da svolgersi per titoli, in vista dell’accesso all’albo e che la riforma, pur prevedendo l’abolizione dell’albo, sottopone ad analoga selezione pubblica gli interessati.
Al riguardo, si segnala che alcune disposizioni prevedono che i relativi oneri siano posti a carico del bilancio dell’Ente parco. In proposito, andrebbero peraltro chiariti i riflessi finanziari di tali disposizioni al fine di verificare se le stesse siano suscettibili di determinare un incremento – rispetto alla vigente normativa – della spesa di carattere obbligatorio, con conseguente necessità di adeguare, nel tempo, i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato al fine di far fronte alle spese degli Enti. Ciò con particolare riguardo alla spesa per il personale e per gli organi.
Andrebbe quindi confermato che le procedure previste siano effettivamente idonee a garantire l’invarianza degli oneri per la finanza pubblica, peraltro espressamente prevista dal testo per le sole disposizioni relative alla dotazione organica, di cui al capoverso comma 14.
I suddetti chiarimenti appaiono necessari anche con riferimento alle spese relative al trattamento economico dei direttori dell’ente parco. Infatti, tenuto presente che il capoverso comma 11 stabilisce che il citato trattamento economico è equiparato a quello dei dirigenti non generali del comparto degli enti pubblici non economici, andrebbe chiarito se la corrispondente spesa comporti maggiori spese rispetto a quelle attualmente sostenute.
Infine, per quanto concerne gli organi dell’Ente parco, si rileva che la Commissione di merito ha sostituito il Collegio dei revisori con il Revisore unico dei conti. In proposito andrebbero forniti chiarimenti tenuto conto che nel corso del dibattito presso il Senato il Governo ha evidenziato che la previsione di un organismo monocratico di revisione dei conti contrasta con le norme di contabilità (articoli 14 e 16 della legge n. 196/2009) che prevedono, al contrario, un collegio di revisori dei conti[8].
La norma modifica alcune disposizioni della legge n. 394/1991 relative alla disciplina del regolamento del parco, al piano del parco e alla procedura di approvazione del regolamento del parco nonché norme sull’attività venatoria nelle aree contigue alle aree protette regionali.
Il comma 1, lettera a), interviene sull’art. 11 della legge n. 394/1991, apportando modifiche alla disciplina del regolamento dei parchi.
Il comma 1, lettera b), modifica l’art. 12 della legge n. 394/1991, recante disposizioni relative al piano per il parco.
Sono integrati i contenuti disciplinati dal piano del parco, finalizzati, tra l’altro, al perseguimento della tutela dei valori naturali ed ambientali nonché allo sviluppo economico e sociale delle collettività e al mantenimento e recupero degli ecosistemi e delle caratteristiche del paesaggio (punti 1) e 2)).
I numeri da 3) a 6) intervengono sulle norme che recano la suddivisione del territorio effettuata secondo il piano del parco, in base al diverso grado di protezione. Si prevedono inoltre modifiche alle locuzioni “zone di riserva”, in luogo di “riserve”, e “zone” di protezione e promozione, in luogo di aree di protezione e promozione.
Sono introdotti ulteriori commi che prevedono (comma 1, lettera a), numero 7):
§ la possibilità che il piano del Parco indichi le aree contigue ed esterne rispetto al territorio del parco naturale in cui poter svolgere attività di caccia e di pesca, di estrazione e per la tutela dell’ambiente (comma 2-bis);
§ la possibilità che il piano preveda contratti di collaborazione e convenzioni con le aziende agricole presenti nel territorio del parco, servizi di carattere turistico-naturalistico e agevolazione o promozione, anche in forma cooperativa, di attività agro-silvo-pastorali tradizionali finalizzati alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale[9]; quota parte di tali attività deve essere diretta a favorire l’occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l’accessibilità e la fruizione, in particolare per i soggetti diversamente abili (comma 2-ter);
§ le attività previste dai commi 2-bis e 2-ter devono essere svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2-quater)[10].
Il successivo numero 8) modifica la disciplina sulla predisposizione e approvazione del piano dell’Ente parco:
§ rispetto alla legislazione vigente, l’Ente parco avvia la procedura per la valutazione ambientale strategica del Piano svolta dall'autorità regionale competente, l’acquisizione del parere vincolante del MIBACT e il rispetto dei contenuti dell’articolo 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio nel caso non sia vigente o non sia adeguato il piano paesaggistico;
§ si modifica la procedura di approvazione del piano, riducendo, in particolare, la relativa tempistica[11].
Viene introdotta la possibilità per il piano del parco di promuovere strategie di sviluppo socioeconomico con specifiche finalità. A tal fine l’ente parco definisce su base convenzionale con regioni, province, città metropolitane e comuni, dei programmi e progetti di valorizzazione utilizzando le risorse che questi ultimi mettono a disposizione a valere sulla programmazione nazionale e comunitaria e nel rispetto delle normative e dei principi a tali fini vigenti (numero 8-bis).
Al comma 1, lettera c), vengono abrogate una serie di disposizioni[12] riguardanti la promozione di iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività degli abitanti del territori, l'elaborazione di un piano pluriennale economico e sociale, la disciplina di specifiche convenzioni per l’utilizzo del nome e dell’emblema del parco.
Alcuni contenuti del piano pluriennale economico e sociale in parte confluiscono nelle disposizioni del nuovo comma 2-ter dell'articolo 12 della legge 394/91.
Il comma 1, lettera d), contiene modifiche finalizzate a espungere il riferimento al piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili[13].
In particolare, il piano del Parco diviene l’unico strumento di attuazione delle finalità dei parchi naturali regionali (nuovo comma 1 dell’articolo 25) e si prevede l’inserimento nel piano del Parco delle indicazioni per la promozione delle attività compatibili (nuovo comma 3 dell’articolo 25).
Si prevede poi che il trasferimento delle risorse, a cui possono concorrere lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli altri organismi interessati, sia a favore direttamente del piano del Parco anziché del piano pluriennale economico e sociale, che viene soppresso (nuovo comma 4 dell’articolo 25). L’intervento del Ministro dell’ambiente per promuovere accordi di programma tra Stato, regioni ed enti locali aventi ad oggetto l'impiego coordinato delle risorse è ora basato sul piano per il parco (comma 1, lettera e) dell’articolo 26 della legge 394/1991).
Infine, al comma 1, lettera f), viene modificata la disposizione sulle attività venatorie nelle aree contigue[14].
In particolare, si stabilisce che il regolamento per l'area protetta regionale contiene le eventuali misure di disciplina dell'attività venatoria, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente relative alle aree contigue ed esterne al territorio dell'area naturale protetta, in conformità a quanto al piano per le aree medesime. Inoltre, vengono specificate le aree contigue ove può essere esercitata l'attività venatoria.
La relazione tecnica riferita ad un diverso testo, afferma che la norma non determina effetti negativi per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per le disposizioni aventi carattere ordinamentale. In merito, invece, alle attività previste dal nuovo comma 1-bis dell’articolo 12 della legge n. 394/1991 (introdotto dal comma, 1 lett. b), numero 8-bis) del provvedimento in esame), appare necessario acquisire la valutazione del Governo in merito alla effettiva possibilità per gli enti parco di svolgere le attività di promozione e di valorizzazione ivi elencate senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si ricorda che tale norma non era inclusa nel testo unificato oggetto della RT presentata al Senato.
Rilascio del nulla osta dell’Ente Parco
La norma modifica la disciplina relativa alla procedura di rilascio del nulla osta dell’Ente parco, necessario per le concessioni o le autorizzazioni relative alla realizzazione di interventi, impianti ed opere all’interno del parco[15] (comma 1, cpv. commi 1-3).
Si prevede, tra l’altro, il superamento dell’attuale meccanismo del silenzio assenzio nel rilascio del nulla osto e si stabilisce che il direttore del parco può prorogare per una sola volta il termine del rilascio medesimo.
Nel caso in cui il piano e il regolamento del parco sono stati approvati e sono stati recepiti dai comuni nei rispettivi strumenti urbanistici, gli interventi di natura edilizia da realizzare nelle zone D vengono autorizzati direttamente dagli enti locali competenti, salvo che l’intervento non comporti una variazione degli strumenti urbanistici vigenti, dandone comunicazione all’ente parco, il quale può, entro trenta giorni, esprimere motivato diniego (comma 1, cpv comma 3-bis).
La relazione tecnica, dopo aver ribadito il contenuto della norma, afferma che dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione nel presupposto, su cui appare utile una conferma, che gli enti parco e gli enti locali possano procedere allo svolgimento delle funzioni autorizzatorie in esame nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
La norma modifica l’articolo 15 della legge 394/1991 in materia di indennizzi. Viene in primo luogo disposto che l’indennizzo è dovuto sia per i danni provocati dalla fauna selvatica “del parco”, sia “nel parco”. E’ prevista quindi che l’apposito capitolo istituito nel bilancio dell’ente parco riguardi esclusivamente gli indennizzi e non più “indennizzi e risarcimenti”.
La relazione tecnica afferma che la norma non comporta aggravi per la finanza pubblica in quanto l’ente parco provvede ad istituire un apposito capitolo nel proprio bilancio all’uopo destinato.
Al riguardo, premessa la necessità di un chiarimento in merito all’effettiva portata normativa dell’esclusione dei risarcimenti dall’apposito capitolo del bilancio degli enti parco, appare altresì necessario chiarire gli effetti della disposizione che prevede l’indennizzo per i danni provocati dalla fauna “nel parco”.
Tale previsione potrebbe infatti, per un verso, limitare e, per altro verso, estendere l’ambito applicativo degli indennizzi.
Normativa vigente. L’articolo 16, comma 1, della L. 394/1991 elenca le tipologie di entrate dell'Ente parco da destinare al conseguimento dei fini istitutivi, tra le quali figurano:
· i canoni delle concessioni previste dalla legge, i proventi dei diritti d'ingresso e di privativa e le altre entrate derivanti dai servizi resi;
· i proventi delle attività commerciali e promozionali;
· i proventi delle sanzioni derivanti da inosservanza delle norme regolamentari;
· ogni altro provento acquisito in relazione all'attività dell'Ente parco.
Le norme – modificate durante l’esame in sede referente presso la Camera dei deputati – introducono all’articolo 16 della L. 394/1991 i commi da 1-bis a 1-septiesdecies.
Le disposizioni prevedono quanto segue:
· individuano, in capo ai titolari di determinate concessioni, autorizzazioni e attività, già esistenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, specifici obblighi di versamento annuale di somme in favore dell'ente gestore dell'area protetta (comma 1, cpv commi da 1-bis a 1-octies.1).
In particolare:
i titolari di concessioni di derivazione d'acqua, esercitate attraverso impianti per la produzione di energia elettrica di potenza superiore a 100 kW, con opere di presa collocate all'interno di aree protette, versano una tantum una somma di ammontare pari, in sede di prima applicazione, al 10 per cento del canone demaniale relativo alle concessioni medesime (cpv. comma 1-bis);
i titolari di autorizzazioni all'esercizio di attività estrattive nelle aree contigue al parco naturale sono tenuti a versare una tantum una somma pari, in sede di prima applicazione, ad un terzo del canone di concessione (cpv. comma 1-ter);
i titolari di impianti di produzione di energia elettrica alimentati con biomasse di potenza installata superiore a 50 kW, ubicati nel territorio dell'area protetta versano una tantum una somma pari, in sede di prima applicazione, a euro 6 per ogni kW di potenza elettrica installata (cpv. comma 1-quater);
i titolari di concessioni di coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, esistiti nel territorio dell'area protetta e nelle aree contigue, versano una tantum all'ente gestore dell'area protetta una somma pari, in sede di prima applicazione, all'1 per cento del valore di vendita delle quantità prodotte (cpv. comma 1-quinquies);
i titolari di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile diversa da quelle contemplate dai commi 1-bis e 1-quater e di potenza superiore a 100 kW, ubicati nel territorio dell'area protetta, versano una tantum una somma pari, in sede di prima applicazione, a euro 1 per kW di potenza (cpv. comma 1-sexies);
i titolari di autorizzazioni all'esercizio di oleodotti, metanodotti, carbondotti ed elettrodotti non interrati versano una tantum, in sede di prima applicazione, per ogni chilometro non interrato una somma pari a 100 euro per oleodotti o metanodotti e a 30 euro per ogni linea di elettrodotto ad alta tensione, a 50 euro per ogni linea di elettrodotto a media tensione non isolata e a 20 euro per ogni linea di elettrodotto a media tensione isolata (cpv. comma 1-septies);
i titolari di concessioni per pontile per ormeggio imbarcazioni, per punto ormeggio in campo boa e per posto barca presenti nel territorio dell'area protetta e nelle aree contigue versano una tantum all'ente gestore dell'area protetta una somma il cui ammontare è pari, in sede di prima applicazione, al 10 per cento del canone di concessione (cpv. comma 1-octies);
nelle annualità successive a quella di prima applicazione, per i soggetti titolari di cui ai commi da 1-bis a 1-octies è attivato il sistema di pagamento dei servizi ecosistemici di cui al successivo articolo 28 del provvedimento in esame (cpv. comma 1-octies.1);
· la facoltà per gli enti gestori dell’area protetta di deliberare che ciascun visitatore versi un corrispettivo per i servizi offerti nel territorio dell’area protetta (comma 1, cpv. comma 1-novies);
· i proventi derivanti dalla vendita della fauna selvatica catturata o abbattuta sono considerati entrate dell’ente gestore dell’area protetta (comma 1, cpv. comma 1-decies);
· i beni demaniali presenti nel territorio dell’area protetta, non già affidati in concessione a soggetti terzi, ad eccezione di quelli destinati alla difesa e alla sicurezza nazionale, possono essere dati in concessione gratuita all’ente gestore per un periodo di nove anni. La concessione è rinnovata automaticamente allo scadere, salvo motivato diniego del soggetto concedente. L’ente gestore può concedere tali beni in uso a terzi dietro il pagamento di un canone, ferma restando l’attività di vigilanza e sorveglianza. La concessione gratuita di beni demaniali all’ente gestore dell’area protetta non modifica la titolarità di tali beni (comma 1, cpv. comma 1-undecies);
· l’ente gestore può concedere, anche a titolo oneroso, il proprio marchio di qualità a servizi e prodotti locali. Detto ente è tenuto a predisporre uno o più regolamenti per attività o servizi omogenei recanti i requisiti minimi di qualità da garantire nonché a svolgere attività di controllo (comma 1, cpv. comma 1-duodecies);
· l’ente gestore può stipulare contratti di sponsorizzazione e accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni riconosciute o fondazioni (comma 1, cpv. comma 1-terdecies);
· è disposta l’inclusione, a decorrere dal 2017, degli enti gestori nell’elenco dei soggetti beneficiari del riparto della quota del 5 per mille IRPEF (comma 1, cpv. comma 1-quaterdecies);
· si precisa che le disposizioni di cui ai commi da 1-bis a 1-quaterdecies si applicano ai parchi nazionali, alle aree marine protette, ai parchi regionali e alle riserve naturali terrestri. Il 70 per cento delle risorse relative alle aree protette nazionali e regionali di cui ai commi da 1-bis a 1-octies è versato dagli enti gestori a un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad un apposito Fondo per le aree protette, da istituire presso il Ministero dell'ambiente e sono destinate esclusivamente al finanziamento del Piano nazionale triennale di sistema. Il restante 30 per cento è destinato prioritariamente dagli enti gestori al finanziamento complessivo di politiche e piani per la conservazione e la tutela della biodiversità nell'area protetta. Tali disposizioni si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome compatibilmente con le attribuzioni previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione. Le disposizioni si applicano ai parchi nazionali, alle aree marine protette, ai parchi regionali e alle riserve naturali terrestri, ove necessario attraverso il recepimento da parte delle normative regionali di settore, che individuano nella regione il soggetto al quale versare la quota del 50 per cento per l’organizzazione del fondo di rotazione per il finanziamento di progetti e azioni di sistema (comma 1, cpv. commi 1-quinquiesdecies e 1-sexiesdecies);
· l’ente gestore e i soggetti interessati disciplinano a mezzo di negozi giuridici ogni altro aspetto. Le clausole apposte in violazione delle disposizioni in esame sono nulle e integrano l’ipotesi di responsabilità amministrativa per il personale pubblico e di illecito civile per il soggetto privato ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile (comma 1, cpv. comma 1-septiesdecies).
Viene infine modificato l’articolo 48, comma 3, lettera a), del D. Lgs. 159/2011 (Codice antimafia), aggiungendo gli Enti parco nell’elenco dei soggetti cui possono essere dati in uso beni immobili confiscati alla mafia (comma 2).
La relazione tecnica, parzialmente utilizzabile, con riferimento ai commi da 1-bis a 1-octies introdotti all’articolo 16 della L. 394/1991 (i quali prevedono contributi a carico dei soggetti titolari di concessioni su aree protette), afferma che, si tratta di contributi ulteriori rispetto ai canoni di concessione già previsti a legislazione vigente, i quali fungono unicamente quale parametro di riferimento per il calcolo. Pertanto, la RT afferma che, in ragione del loro carattere aggiuntivo, le disposizioni non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ma solamente effetti sugli operatori del settore.
Con specifico riferimento ai proventi derivanti dalla vendita della fauna selvatica (comma 1-decies), la RT afferma che detti proventi rappresentano entrate destinate direttamente all’Ente parco, senza passare per il bilancio statale attraverso la procedura di versamento e riassegnazione e che, pertanto, la disposizione è neutrale rispetto al bilancio dello Stato.
Per quanto attiene al comma 1-undecies, la RT ricorda che a normativa vigente già esiste la possibilità di concessione per fini istituzionali dei beni in oggetto all’Ente di gestione delle aree protette. Peraltro, la titolarità dei beni demaniali statali ricadenti nell’area protetta non può essere trasferita agli enti gestori, dovendo permanere in capo allo Stato.
Al riguardo, si rileva che l’introduzione dei commi da 1-bis a 1-terdecies dell’articolo 16 della L. 394/1991 appare volta a incrementare le fonti di entrata per gli Enti gestori delle aree protette. È previsto che il 70 per cento di tali entrate affluisca in un apposito Fondo istituito presso il Ministero dell’ambiente e il residuo 30 per cento sia destinato prioritariamente dagli enti gestori al finanziamento complessivo di politiche e piani per la conservazione e la tutela della biodiversità nell'area protetta. Si osserva a tal proposito che il testo e la relazione tecnica non forniscono indicazioni riguardo alla tempistica di acquisizione delle entrate e di erogazione delle spese finanziate con tali risorse. Non è inoltre prevista una procedura volta a garantire che le predette entrate siano spese secondo modalità che assicurino la neutralità dei relativi effetti sui saldi di finanza pubblica.
Andrebbero quindi acquisiti chiarimenti in proposito al fine di escludere un impatto negativo sui saldi dovuto a spese effettuate in esercizi successivi a quelli di acquisizione delle entrate in questione. Ciò anche in considerazione del fatto che la norma destina le risorse ad interventi che potrebbero avere una proiezione pluriennale.
Inoltre, appare necessario acquisire dati ed elementi in merito agli effetti, di carattere indiretto, dovuti ad eventuali riduzioni di entrate tributarie per l’iscrizione dei predetti contributi quali componenti negativi di reddito da parte dei soggetti tenuti al versamento.
Per quanto riguarda l’inclusione nell’elenco dei soggetti beneficiari del riparto della quota del 5 per mille IRPEF degli enti gestori (articolo 16, comma 1-quaterdecies, della L. 394/1991, come introdotto dalle norme in esame), si ricorda in base a quanto disposto dall’articolo 1, comma 154, della L. 190/2014 (Legge di stabilità 2015), per la liquidazione della quota del cinque per mille è autorizzata la spesa di 500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015. Pertanto, l’inclusione degli Enti gestori delle aree protette, configurandosi come ulteriore finalizzazione nell’ambito di risorse già stanziate, non dovrebbe determinare effetti negativi sulla finanza pubblica. In proposito andrebbe acquisita una conferma.
Infine, appaiono opportuni ulteriori elementi riguardo alla possibilità che la concessione gratuita di beni all’ente gestore per un periodo di nove anni possa determinare la rinuncia a maggiori entrate per il bilancio dell’ente concedente.
Gestione della fauna selvatica nelle aree naturali protette
La norma introduce disposizioni[16] finalizzate alla redazione, da parte dell’ente gestore dell’area protetta, di piani di gestione della fauna selvatica, per il contenimento della fauna selvatica che può determinare un impatto negativo sulle specie e sugli habitat protetti o ritenuti vulnerabili (comma 1, capoverso articolo 11.1, commi 1 e 2).
I piani sono redatti dall'ente gestore dell'area naturale protetta, previo parere dell'ISPRA. Per la redazione, gestione e aggiornamento dei piani, l'ente gestore dell'area naturale protetta può stipulare protocolli pluriennali di intesa e accordi di collaborazione con università ed enti di ricerca iscritti nello schedario dell'Anagrafe nazionale delle ricerche.
Gli interventi di gestione della fauna selvatica devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'ente gestore ed essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone autorizzate, previa abilitazione rilasciata a seguito di corsi di formazione organizzati dallo stesso ente e validati dall'ISPRA (comma 1, capoverso articolo 11.1, comma 3).
Si dispongono poi le sanzioni applicabili in caso di realizzazione di interventi di gestione della fauna selvatica non conformi al piano (comma 1, capoverso articolo 11.1, comma 5).
Infine, si prevede che gli enti gestori dispongano degli animali catturati o abbattuti nell'ambito degli interventi di gestione della fauna selvatica mentre il 30 per cento di ogni introito ricavato dalla vendita degli animali abbattuti o catturati in operazioni di gestione deve essere versata dall'ente gestore all’ISPRA, in apposito capitolo di entrata del bilancio di tale istituto, per finanziare ricerche su metodi di gestione non cruenti della fauna selvatica (comma 1, capoverso articolo 11.1, commi 6 e 7).
Infine si aggiunge alla legge n. 394/1991 l’allegato I in cui sono contenute le specie alloctone per le quali non sono previsti, nei piani di gestione della fauna selvatica, l'eradicazione o il contenimento delle stesse (comma 2).
La relazione tecnica, riferita ad un testo che risulta sostanzialmente analogo al testo in esame, afferma che le norme hanno carattere ordinamentale e che non emergono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare, stante il carattere ordinamentale delle disposizioni.
Attività di gestione ordinaria degli enti parco e aree marine protette nazionali
La norma, introdotta durante l’esame presso la Commissione di merito della Camera, introduce l’articolo 16-bis nella legge n. 394/1991 per disciplinare il regime di alcune attività di gestione ordinaria degli enti parco e aree marine protette nazionali.
Si prevede, che non si applicano per gli enti di gestione dei parchi nazionali e per le aree marine protette, a partire dall’anno successivo a quello di entrata in vigore del presente articolo, alcune norme volte a ridurre voci di costo (convegni, mostre, sponsorizzazioni, consulenze, missioni eccetera) e spese per il personale impiegato con forme contrattuali flessibili. Sono fatte salve le relative riduzioni di spesa (comma 1, capoverso articolo 16-bis, comma 1).
Le disposizioni in esame sono dettate “al fine di realizzare interventi, attività e progetti coerenti con le finalità istituzionali e in considerazione della necessità di intervenire in misura efficiente per tutelare la biodiversità e gli ecosistemi”. Resta fermo il versamento annuale degli enti agli appositi capitoli dell’ entrata di bilancio dello Stato, previsto dalle disposizioni relative alle riduzioni di spesa che non trovano più applicazione (comma 1, capoverso articolo 16-bis, comma 4).
Le norme sui limiti di spesa disapplicate sono le seguenti:
§ articoli 6, commi 7, 8, 9, 12, 13, 14 dall'articolo 9, comma 28, nonché dall'articolo 8, comma 1, del D.L. n. 78/2010;
§ dall'articolo 5, comma 2, del D.L. n. 95/2012.
Le risorse utilizzabili per i fini di cui al comma 1 sono allocate in specifici capitoli del bilancio degli enti parco e delle aree marine protette per la realizzazione esclusiva di attività inerenti alla sperimentazione di attività in materia di sviluppo sostenibile, come attività e progetti esclusivamente destinati a giovani fino a 35 anni di età al momento della stipulazione del contratto, mediante il ricorso a contratti a tempo determinato o di lavoro flessibile, secondo la disciplina della legge n. 81/2015 (comma 1, capoverso articolo 16-bis, comma 2).
Viene poi introdotta la disciplina di approvazione del bilancio di previsione, nel quale interviene il parere del revisore unico dei Conti e la successiva trasmissione dello schema di bilancio alla Comunità del Parco ed infine l’approvazione del Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. In caso di mancata approvazione del bilancio di previsione entro il 30 ottobre dell’esercizio finanziario precedente, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla nomina di un Commissario ad acta per l’espletamento della procedura di approvazione del bilancio (comma 1, capoverso articolo 16-bis, comma 3).
Le disposizioni sopra descritte non si applicano agli enti di competenza regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano.
La norma non è corredata di relazione tecnica
Al riguardo si rileva che i possibili effetti finanziari negativi derivanti dalla disapplicazione, per gli enti di gestione dei parchi, di norme limitative delle spese sembrerebbero neutralizzati dalla previsione di cui al comma 1, capoverso articolo 16-bis, comma 4, che mantiene fermo il versamento annuale all’entrata, da parte degli enti in questione, delle somme derivanti dalle riduzioni di spesa non più applicabili agli enti gestori. Appare comunque opportuno acquisire conferma da parte del Governo circa l’effettiva neutralità finanziaria delle disposizioni in esame.
Divieto di introduzione della specie Cinghiale
La norma, introdotta durante l’esame in Commissione di merito presso la Camera dei deputati, affida al un regolamento del Ministero delle politiche agricole e forestali, la definizione di criteri e modalità di allevamento diretti ad impedire e prevenire possibili fuoriuscite dei capi allevati dei cinghiali (Sus scrofa) e a consentire la loro tracciabilità anche durante tutto il processo di trasformazione alimentare.
L’intervento è posto per l’attuazione del divieto di immissione di cinghiali (Sus scrofa) in tutto il territorio nazionale di cui all’articolo 7, comma 1, della legge n. 221/2015
La norma non è corredata di relazione tecnica
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Istituzione di aree protette marine
Normativa vigente L’art. 18 della legge n. 394 del 1991 (istituzione di aree protette marine) stabilisce che il Ministro dell'ambiente istituisca le aree protette marine autorizzando altresì il finanziamento definito dal programma medesimo. L'istruttoria preliminare è in ogni caso svolta, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 , dalla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti (comma 1). L'istituzione delle aree protette marine può essere sottoposta ad accordi generali fra le regioni e il Ministero dell'ambiente (comma 1-bis). Il decreto istitutivo contiene, tra l'altro, la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi cui è finalizzata la protezione dell'area e prevede, altresì, la concessione d'uso dei beni del demanio marittimo e delle zone di mare di cui all'articolo 19, comma 6 (comma 2).
La norma, sostituendo l’articolo 18 della legge n. 394/1991, introduce una nuova disciplina relativa all’istituzione di aree marine protette[17] con una procedura più articolata per l’istituzione delle aree, la verifica, almeno triennale, dell’adeguatezza della disciplina istitutiva e l’individuazione delle zone in cui è possibile istituire le aree e dettata una disciplina dell’uso del demanio marittimo nelle aree differenziata in base alla zonazione dell'area.
L’istruttoria tecnico-scientifica è svolta dall’ISPRA, ove necessario, con il concorso delle altre componenti del sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente.
L’istituzione delle aree avviene con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare che autorizza il finanziamento definito dal programma di cui all'art. 19-bis della L. 394/91, introdotto dall’art. 12 del testo in esame (comma 1, del nuovo 18).
Gli enti gestori delle aree e dei parchi nazionali con estensione a mare, sulla base degli esiti del monitoraggio, verificano, almeno ogni tre anni, l'adeguatezza della disciplina dei decreti istitutivi dell’area protetta alle esigenze ambientali e socio-economiche dell'area e, ove ritenuto opportuno, propongono al Ministero dell'ambiente le necessarie modifiche al decreto istitutivo o al regolamento (comma 2 del nuovo articolo 18).
Sono previste ulteriori disposizioni concernenti le procedure e le modalità attuative nonché l’uso del demanio marittimo nelle aree marine protette e nelle riserve marine.
La relazione tecnica, riferita ad un testo parzialmente diverso, afferma che, intervenendo la disposizione sull’istituzione delle aree protette marine e delle riserve marine, ha carattere ordinamentale per cui non emergono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Inoltre, la RT rileva come l’istruttoria tecnica sarà svolta dagli uffici della Direzione generale della protezione e della natura e del mare con il supporto tecnico-scientifico di ISPRA, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo tenuto conto che, rispetto al testo oggetto della RT, sono state in parte modificate le competenze degli organismi chiamati ad effettuare l’istruttoria tecnico-scientifica, andrebbe confermato che i compiti previsti nell’attuale formulazione delle disposizioni possano essere effettivamente svolti dai soggetti interessati nell’ambito delle risorse disponibili.
Gestione delle aree marine protette
Normativa vigente: l’articolo 19 della legge n. 394/1991 prevede che il raggiungimento delle finalità istitutive di ciascuna area protetta marina sia assicurato attraverso l'Ispettorato centrale per la difesa del mare. La gestione dell'area protetta marina può essere concessa ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni riconosciute. Si dispone inoltre, nelle aree marine protette, il divieto di una serie di attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area. La sorveglianza nelle aree protette marine è esercitata dalle Capitanerie di porto, nonché dalle polizie degli enti locali delegati nella gestione delle medesime aree protette.
Le norme, sostituendo integralmente l’articolo 19 della legge n. 394/1991, introducono alcuni elementi di novità rispetto al testo vigente. In particolare, si evidenzia quanto segue:
· il raggiungimento delle finalità di ciascuna area marina protetta è assicurato dall’ente gestore con il controllo e secondo gli indirizzi del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
· la gestione dell’area marina protetta è affidata prioritariamente ad un consorzio di gestione costituito tra enti locali, enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni di protezione ambientale (comma 2).
L’Ente gestore deve attenersi alla convenzione appositamente definita dal Ministero dell’ambiente recante gli obblighi e le modalità per lo svolgimento delle attività di gestione dell’area protetta (comma 2). Entro un anno dall’affidamento l’ente gestore formula la proposta di regolamento di organizzazione dell’area protetta approvato con decreto del Ministero dell’ambiente (comma 3);
· le aree possono essere suddivise in base alle misure di protezione (comma 6):
zona A - tutela integrale;
zona B – tutela generale;
zona C – tutela parziale;
zona D – tutela sperimentale.
Sono confermati i divieti connessi alle attività che possono alterare le caratteristiche dell’ambiente e comprometterne le finalità istitutive (comma 5).
Come nel testo vigente, la sorveglianza nelle aree marine protette e nei parchi nazionali con estensione al mare è esercitata dalle Capitanerie di porto e dai corpi di polizia degli enti locali delegati alla gestione. Nel nuovo testo viene specificato che le Capitanerie sono impiegate limitatamente al controllo del rispetto delle disposizioni di cui al decreto istitutivo dell’area e al regolamento. Inoltre, si prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente sono stabilite la consistenza e le modalità di impiego delle risorse umane e strumentali delle Capitanerie di porto che sono destinate alla sorveglianza (comma 10).
Le norme recano inoltre una specifica clausola di non onerosità, in base alla quale all’attuazione delle disposizioni in esame si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza che ne derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 11).
La relazione tecnica precisa che la disposizione in esame riguarda in generale la gestione delle aree marine protette. La RT rammenta inoltre che la norma prevede espressamente che dalle sue previsioni non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Programma triennale per le aree marine protette
Le norme aggiungono l’articolo 19-bis alla legge n. 394/1991 e prevedono che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predisponga, ogni tre anni, il programma triennale per le aree marine protette (comma 1, capoverso comma 1), che deve indicare:
gli indirizzi generali e le priorità programmatiche;
le attribuzioni economico-finanziarie;
gli obiettivi e le azioni nazionali;
i termini di valutazione dei risultati della gestione.
Il nuovo articolo 19-bis dispone che le assegnazioni finanziarie ordinarie dello Stato a favore delle aree marine protette siano disposte annualmente con decreto del Ministero dell’ambiente entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio e debbano essere destinate prioritariamente alle attività di tutela e conservazione e, subordinatamente, anche ad attività di valorizzazione e promozione (comma 1, capoverso comma 2 e comma 3, secondo periodo).
L’ente gestore dell’area marina protetta predispone annualmente un piano economico-finanziario e lo sottopone all’approvazione del Ministero dell’ambiente, unitamente al bilancio consuntivo e al bilancio di previsione per la successiva annualità (comma 1, capoverso comma 3, primo periodo).
Si prevede che i proventi delle sanzioni amministrative derivanti dalle violazioni relative alle disposizioni di cui al decreto istitutivo e al regolamento siano riscossi dagli enti gestori e destinati al finanziamento delle attività di gestione (comma 1, capoverso comma 6).
È prevista la nomina di una Consulta da parte dell’Ente gestore costituita tra le associazioni di categoria della cooperazione e delle imprese della pesca, del settore turistico-balneare, dell’industria nautica e della nautica da diporto, della subacquea, della protezione ambientale e della ricerca scientifica. La partecipazione alla Consulta non comporta la corresponsione di indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o emolumenti di qualsiasi natura. La norma reca inoltre una specifica clausola di invarianza in base alla quale dall’attuazione della stessa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 1, capoverso comma 9).
Si prevede inoltre che agli enti gestori delle aree marine protette, per l'attività svolta in tale veste, si applichino le norme previste, per gli enti parco, dall'articolo 16 della legge n. 394/1991, come integrato dall’art. 8 della proposta di legge in esame (comma 1, capoverso comma 10).
L’articolo 16 della legge n. 394/1991, nel testo vigente, disciplina le entrate dell’ente parco e pone a carico degli enti l’obbligo del pareggio di bilancio. Per quanto riguarda le integrazioni disposte dall’articolo 8 della proposta in esame, si rinvia alla rispettiva scheda.
Con riferimento all’organico dell’area marina protetta, le norme prevedono che questo sia costituito da una dotazione di personale per le finalità di funzionamento essenziale, impiegato ai sensi delle norme vigenti in materia e mediante procedure di mobilità da altre pubbliche amministrazioni. Si prevede, in particolare, che:
il Ministero dell’ambiente determini le dotazioni minime di organico necessarie alla direzione e al funzionamento essenziale di ciascuna area marina protetta (comma 1, capoverso comma 11);
gli oneri possono gravare oltre che sulle dotazioni finanziarie proprie dell’ente gestore, anche sui trasferimenti destinati dal medesimo Ministero, entro le soglie stabilite dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267/2000 (comma 1, capoverso comma 11);
il direttore dell’area marina protetta è reclutato dall’ente gestore attraverso selezioni ad evidenza pubblica. Con decreto del Ministero dell’ambiente sono stabiliti i requisiti di partecipazione ai bandi e i criteri per la determinazione del trattamento economico (comma 1, capoverso comma 12).
Sono inoltre abrogate le disposizioni vigenti in materia di dotazioni organiche degli enti gestori (di cui ai commi 1-5 dell’articolo 8 della legge n. 179/2002) incompatibili con la nuova disciplina (comma 4)
Le norme dispongono un incremento di 3 milioni di euro a decorrere dal 2018 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 10, della legge n. 93/2001 per il potenziamento della gestione e del funzionamento delle aree marine protette istituite (comma 5). Alla copertura degli oneri di cui al comma 5 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero (comma 6).
La relazione tecnica risulta utilizzabile con riferimento alle norme in esame, ad eccezione del comma 1, capoverso comma 12, e dei commi 5 e 6.
Con riguardo al comma 1, capoverso comma 6, in materia di riscossione e gestione delle sanzioni amministrative, la RT afferma che la norma si limita ad esplicitare in forma più analitica quanto già previsto dal vigente articolo 16, comma 1, lettera h), della legge n. 394/1991, ai sensi del quale costituiscono entrate dell’ente parco anche “i proventi delle sanzioni derivanti da inosservanza delle norme regolamentari”. La RT precisa che le disposizioni di divieto sono contenute nei decreti istitutivi delle aree marine protette e nei relativi regolamenti di organizzazione, che costituiscono norme regolamentari. Inoltre, la RT fa presente che verrebbe confermata la prassi fin qui costantemente seguita, in quanto in tutte le aree marine protette i proventi derivanti dalle sanzioni per violazione delle previsioni contenute nei decreti istitutivi e nei regolamenti sono incamerati dal soggetto gestore dell’area protetta.
In merito alla dotazione di personale di cui al comma 1, capoverso comma 11, la RT afferma che i relativi oneri possono gravare, oltre che sulle dotazioni finanziarie proprie dell’ente gestore, anche sui trasferimenti del Ministero dell’ambiente, entro le soglie stabilite dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267/2000). La RT afferma che gli oneri di personale saranno quindi modulati sulla base delle effettive disponibilità di bilancio.
Al riguardo, con riferimento alla redazione del programma triennale delle aree marine protette e alle assegnazioni finanziarie ordinarie dello Stato in favore delle stesse (comma 1, capoversi commi 1-4), si evidenzia preliminarmente la necessità di un chiarimento riguardo al coordinamento con le previsioni di cui all’art. 1-bis del progetto di legge in esame che, nel riformulare l’articolo 4 della legge n. 394/1991, prevede un piano nazionale triennale per le aree naturali protette, che individui, tra l’atro, il sistema delle aree protette marine.
Si rammenta che l’articolo 4 della legge 394/1991 prevede e disciplina un programma triennale per (tutte) le aree naturali protette, avente finalità in parte analoghe a quelle previste dal comma 1 del nuovo art. 19-bis. Tale programma è stato soppresso dall’art. 76 del D.Lgs. 112/1998 ed è invece nuovamente disciplinato dall’articolo 1-bis del progetto di legge in esame.
Si ricorda altresì che l’art. 3, comma 3, della medesima legge quadro n. 394/1991 prevede anche l’adozione della Carta della natura.
Tanto premesso, non si hanno osservazioni da formulare in quanto le disposizioni non appaiono introdurre significativi elementi di novità rispetto alla normativa vigente, che attualmente applicabile alle aree protette, tra cui anche le aree marine.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 40, della L. 549/1995, prevede che gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, di cui alla tabella A allegata alla citata legge, sono iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Il relativo riparto è annualmente effettuato da ciascun Ministro, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’economia, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, alle quali vengono altresì inviati i rendiconti annuali dell'attività svolta dai suddetti enti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa.
In merito alla nomina della Consulta quale organo consultivo dell’ente gestore (comma 1, capoverso comma 9), non vi sono osservazioni da formulare in considerazione del fatto che la norma stessa esclude la possibilità che ai suoi componenti siano corrisposti indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o emolumenti di qualsiasi natura. Tuttavia, ai fini del rispetto della clausola di non onerosità recata dalla norma, andrebbe confermato che agli oneri connessi al funzionamento della Consulta (organizzazione delle riunioni, funzioni di segreteria ecc.) si possa far fronte con le risorse umane, strumentali e finanziarie che, a legislazione vigente, sono assegnate agli enti gestori.
Inoltre, appare necessario acquisire chiarimenti in relazione alla nuova disciplina sulle dotazioni organiche degli enti gestori, introdotta dalle disposizioni in esame (comma 1, capoversi comma 11 e comma 12, e comma 4). La nuova disciplina assegna infatti al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il compito di determinare le dotazioni minime di organico necessarie alla direzione e al funzionamento essenziale di ciascuna area marina protetta. Inoltre, si prevede che gli oneri relativi all’organico possano gravare, oltre che sulle dotazioni finanziarie proprie dell'ente gestore, anche sui trasferimenti destinati dal Ministero dell’ambiente, entro le soglie stabilite dal testo unico degli enti locali.
Con particolare riferimento a tali trasferimenti, andrebbe acquisito un chiarimento circa il limite all’ammontare delle somme trasferite (che la nuova disciplina individua nelle “soglie stabilite dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”), precisando le specifiche disposizioni del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, oggetto del predetto rinvio.
Andrebbero inoltre acquisiti chiarimenti in merito ai possibili effetti finanziari delle disposizioni, che appaiono in linea di principio in grado di produrre incrementi della spesa per il personale, consentendo l’utilizzo a tal fine anche di fondi ministeriali, di cui non è previsto l’impiego in base alla normativa vigente, se non entro specifici limiti. Inoltre le disposizioni appaiono introdurre elementi di maggiore rigidità della predetta spesa rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente (in parte abrogata dalla norma in esame), che configura l’intervento finanziario dello Stato come eventuale e limitato nel tempo.
Si ricorda che le norme in esame dispongono l’abrogazione dei commi 1-5 dell’art. 8 della legge 179/2002. In particolare, il comma 1 impone ai soggetti gestori di ciascuna area marina protetta l'individuazione della dotazione delle risorse umane necessarie al funzionamento ordinario della medesima area, comunicandola al Ministero dell'ambiente per la verifica e l'approvazione. Il comma 3 pone le spese per le risorse umane destinate al funzionamento ordinario delle aree marine protette, a carico dei rispettivi soggetti gestori e vieta che tali spese gravino sui fondi trasferiti dal Ministero dell'ambiente ai medesimi soggetti. Il comma 4 prevede che i soggetti gestori provvedano al reperimento delle suddette risorse umane, nel rispetto della normativa vigente in materia, utilizzando in particolare modalità che ne assicurino flessibilità e adeguatezza di impiego. Il comma 5 precisa che il Ministero dell'ambiente non risponde in nessun caso degli effetti conseguenti ai rapporti giuridici instaurati dai soggetti gestori.
Si rammenta, in proposito, che i commi 6 e 7 dell’articolo 8 della citata legge (non abrogati), prevedono che, in caso di particolari e contingenti necessità, al fine di il corretto funzionamento delle aree marine protette il Ministero dell’ambiente può autorizzare di porre a proprio carico quote degli oneri di personale per un periodo non eccedente un biennio (comma 6). Si prevede inoltre che il costo relativo ad oneri aggiuntivi di personale appartenente alla pianta organica dell’ente gestore può essere posto a carico dei fondi trasferiti dal Ministero dell’ambiente (comma 7). Il successivo comma 8 reca una specifica autorizzazione di spesa pari ad 1 milione di euro a decorrere per la copertura degli oneri connessi alle predette spese di personale.
Inoltre, in considerazione della rigidità della spesa connessa al personale, appare necessario acquisire un chiarimento in merito a quanto affermato, con riferimento alle dotazioni organiche delle aree marine protette, dalla relazione tecnica, in base alla quale gli oneri di personale “saranno modulati sulla base delle effettive disponibilità di bilancio”.
Quanto alle risorse destinate alle aree marine protette, si evidenzia che non appaiono precisate le finalità dell’incremento (disposto al comma 5 del provvedimento in esame), pari a 3 milioni di euro a decorrere dal 2018, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 10, della legge n. 93/2001, finalizzata in via generale al potenziamento della gestione e del funzionamento delle aree marine protette già istituite. Pur rilevando che l’onere è limitato alla spesa autorizzata, sarebbe utile acquisire i dati e i parametri alla base della determinazione del predetto importo.
Inoltre, appare necessario un chiarimento circa la designazione del direttore dell’area marina protetta che, secondo la norma in esame, deve essere reclutato sulla base dei criteri stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente, che definisce anche i criteri per la determinazione del trattamento economico. Al riguardo, al fine di escludere effetti finanziari negativi connessi all’applicazione della norma in esame, andrebbe chiarito se la definizione di tale trattamento comporti incrementi di spesa rispetto a quella attualmente sostenuta per le medesime finalità.
Infine, in merito all’applicazione agli enti gestori delle aree marine protette delle norme in materia di entrate e di agevolazioni fiscali previste, per gli enti parco, dall'articolo 16 della legge n. 394/1991 (comma 1, capoverso comma 10) andrebbero acquisiti chiarimenti circa l’effettiva portata innovativa della disposizione in esame rispetto al testo vigente del citato articolo 16. In particolare, andrebbe chiarito se tali norme non siano già applicate per analogia anche agli enti gestori delle aree marine protette. Inoltre, con riferimento alle novità introdotte nel citato articolo 16 dall’articolo 8 del provvedimento in esame, si rinvia alle considerazioni svolte nell’apposita scheda del presente dossier.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si fa presente che il comma 5 prevede, al fine di potenziare la gestione e il funzionamento delle aree marine protette istituite, l’incremento in misura pari a 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 10, della legge 23 marzo 2001, n. 93.
Il successivo comma 6 provvede alla copertura del relativo onere, pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Al riguardo, si fa presente che l’accantonamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze - del quale è previsto l’utilizzo in misura pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018 a copertura del corrispondente incremento dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 10, della legge n. 93 del 2001, relativa al funzionamento e alla gestione delle aree protette marine - presenta le necessarie disponibilità.
Con riferimento alla disposizione legislativa da ultimo richiamata, si segnala peraltro che il citato articolo 8, comma 10, reca, al primo periodo, l’autorizzazione di spesa di lire 3.000 milioni a decorrere dall'anno 2001 per il funzionamento e la gestione delle aree protette marine e, al secondo periodo, quella di lire 2.000 milioni a decorrere dall'anno 2000 per investimenti nelle medesime aree protette marine. Ciò posto, andrebbe pertanto valutata l’opportunità di precisare a quale delle due citate autorizzazioni di spesa si intenda riferire il predetto incremento.
Da un punto di vista formale, si rileva infine la necessità, da un lato, di chiarire al comma 5 che l’incremento di 3 milioni di euro a decorrere dal 2018 riveste carattere “annuo”, dall’altro, di riformulare il comma 6, al fine di precisare che lo stanziamento del quale si prevede la riduzione è quello iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2017, conseguentemente specificando che la riduzione ivi prevista concerne le proiezioni, per gli anni 2018 e 2019, del medesimo stanziamento.
Vigilanza sulle aree naturali protette
Normativa vigente: l’articolo 21, comma 1, della legge n. 394/1991 prevede che la vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale sia esercitata per le aree terrestri dal Ministero dell’ambiente e per le aree marine congiuntamente dal predetto ministero e dal Ministero della marina mercantile.
L’articolo 1, commi 8 e 9, della legge n. 537/1993 ha soppresso il Ministero della marina mercantile e ha trasferito al Ministero dell'ambiente le funzioni del Ministero della marina mercantile in materia di tutela e di difesa dell'ambiente marino.
Le norme, sostituendo il comma 1 dell’articolo 21 della legge n. 394/1991, prevedono che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare vigili sugli Enti parco e gli altri enti istituiti per la gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale e internazionale mediante l’approvazione degli statuti, dei regolamenti, dei bilanci annuali e delle piante organiche, in collaborazione con Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze e il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
La relazione tecnica afferma che dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, si evidenzia che, rispetto al testo vigente, che non disciplina le modalità di esercizio della vigilanza da parte del Ministero dell’ambiente, la norma in esame enuclea il contenuto di tale attività che deve esplicarsi mediante l'approvazione degli statuti, dei regolamenti, dei bilanci annuali e delle piante organiche degli Enti parco e degli altri enti istituiti per la gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale e internazionale. In proposito, al fine di escludere effetti finanziari negativi, andrebbe acquisita una conferma che le predette attività siano già svolte dal Ministero dell’ambiente sulla base della legislazione vigente o che comunque possano essere svolte nel quadro delle risorse disponibili.
Divieto di attività venatoria nelle aree naturali protette regionali
Le norme modificano l’articolo 22 della L. 394/1991, intervenendo sulla disciplina riguardante le aree naturali protette regionali.
In particolare, le disposizioni:
· sostituiscono il comma 6, recante il divieto dell’attività venatoria nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali, sopprimendo la deroga che attualmente è prevista in caso di eventuali prelievi faunistici e abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici [lettera a)];
· introducono il comma 6-bis, prevedendo che l'attività di gestione della fauna selvatica (anche nelle aree protette regionali) sia disciplinata ai sensi dell'articolo 11.1 (della L. 394/1991), introdotto dall'articolo 9 della proposta di legge in esame e concernente la gestione della fauna selvatica [lettera b)].
La relazione tecnica afferma che dalle norme non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione, attesa la natura ordinamentale delle disposizioni in esame.
Organizzazione amministrativa del parco naturale regionale
Le norme modificano l’articolo 24 della L. 394/1991, intervenendo sulla disciplina relativa all’organizzazione amministrativa del parco naturale regionale.
In particolare, le disposizioni:
· modificano il comma 1, prevedendo che la revisione dei conti del parco naturale regionale sia affidata ad un unico revisore [lettere a) e b)];
· introducono il comma 3-bis, disponendo l’applicazione della disciplina in materia di permessi e licenze dal servizio – di cui all'articolo 9, comma 7, della L. 394/1991, come modificato dall’articolo 4, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame - anche al Presidente del parco regionale, se lavoratore dipendente, pubblico o privato.
Pertanto, al Presidente e ai componenti del Consiglio direttivo dell'Ente Parco si applica l'articolo 79 del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, TUEL), che reca per i sindaci, i presidenti delle province, i sindaci metropolitani, i presidenti delle unioni montane dei comuni e i presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti disposizioni in materia di permessi e licenze di assentarsi dal servizio.
La relazione tecnica afferma che dalla norma, a carattere ordinamentale, non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.
Per quanto concerne il carattere monocratico e non collegiale dell’organo di revisione, si rinvia a quanto già osservato in relazione all’articolo 4.
Poteri del direttore dell’organismo di gestione dell’area protetta
Le norme modificano l’articolo 29, commi 1 e 2, della L. n. 394/1991, attribuendo al direttore dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta i poteri attualmente affidati al rappresentante legale del medesimo organismo [lettera a)].
Con modifiche apportate durante l’esame in sede referente presso la Camera dei deputati, è stato altresì ulteriormente modificato il comma 2 del medesimo articolo 29, prevedendo che, in caso di inottemperanza all'ordine di riduzione in pristino o di ricostituzione delle specie vegetali o animali entro un congruo termine, il direttore dell'organismo di gestione provveda all'esecuzione in danno degli obbligati secondo la procedura di cui all’articolo 41 del DPR 380/2001, anziché dei commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della L. 47/1985, abrogati dall'art. 136, comma 2, lettera f), del DPR 380/2001 e dall'art. 136, comma 2, lettera f), del D. Lgs. 378/2001 [lettera b)].
La relazione tecnica afferma che, con riferimento alla lettera a), la norma non presenta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non si hanno osservazioni da formulare per quanto attiene ai profili di quantificazione.
Quadro sanzionatorio delle violazioni in materia di aree protette
Le norme – come modificate durante l’esame in sede referente presso la Camera dei deputati – sostituiscono l’articolo 30 della L. 394/1991, in materia di sanzioni.
In particolare, è previsto tra l’altro quanto segue:
· l’ammenda da 150 a 50.000 (in luogo di una cifra compresa tra 200.000 lire e 50.000.000 di lire) per la violazione degli articoli 6 e 13 e da 400 a 25.000 euro ((in luogo di una cifra compresa tra 200.000 lire e 25.000.000 di lire) per lo svolgimento delle attività vietate nei parchi e nelle aree marine protette in violazione degli articoli 11, comma 3 e 19, comma 5, nonché il raddoppio delle sole pene pecuniarie in caso di recidiva. Viene altresì aggiunta dalle disposizioni in esame la pena accessoria della confisca nei casi di violazioni riguardanti il prelievo o la cattura di organismi animali (cpv. comma 1);
· il raddoppio del limite massimo della sanzione amministrativa (somma compresa tra 200 e 2.000 euro) applicabile al comando o alla conduzione di un'unità da diporto che violi il divieto di navigazione a motore laddove l'area protetta marina non sia segnalata (cpv. comma 2);
· l’inasprimento della sanzione amministrativa pecuniaria applicabile per la violazione delle disposizioni emanate dagli enti gestori delle aree protette, prevedendo una somma da 100 a 2.000 euro (in luogo di una cifra compresa tra 50.000 lire a 2.000.000 di lire). Viene altresì aggiunta dalle disposizioni la pena accessoria della confisca nei casi di violazioni riguardanti il prelievo o la cattura di organismi animali. La sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta, qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di segnalazione conformi, a somma compresa tra i 50 ed i 1.000 euro (in luogo di un massimo attualmente vigente di 500 euro) (cpv. commi 3 e 4);
· l’aggiornamento delle sanzioni amministrative ogni due anni in misura pari all’intera variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti (cpv. comma 12).
La relazione tecnica afferma che le norme non determinano effetti negativi per la finanza pubblica.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare atteso che le disposizioni in esame sono comunque volte a confermare e a inasprire le sanzioni comminate per le violazioni delle norme relative alle aree protette.
Normativa vigente. L’articolo 31, comma 1, della L. n. 394/1991 ha previsto che, fino alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, le riserve naturali statali fossero amministrate dagli organismi di gestione dell'ex Azienda di Stato per le foreste demaniali.
Il successivo comma 3 ha previsto altresì che la gestione delle riserve naturali, di qualunque tipologia, istituite su proprietà pubbliche, che ricadano o vengano a ricadere all'interno dei parchi nazionali, fosse affidata all'Ente parco.
La norma – introdotta durante l’esame in sede referente – sostituisce integralmente l’articolo 31 della L. 394/1991, prevedendo che dal 1° gennaio 2018 le riserve statali, che già ricadano o che vengano a ricadere all'interno di un parco nazionale o di un parco regionale, siano affidate ai relativi enti gestori. Il Ministro dell'ambiente approva le direttive opportune per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, educativi e di protezione naturalistica, provvedendo alla verifica di tali obiettivi.
La relazione tecnica non considera la norma, introdotta durante l’esame in sede referente presso la Camera.
Al riguardo, si rileva che le disposizioni in esame sembrerebbero volte ad affidare agli enti gestori (enti parco nel caso di parchi nazionali e altre tipologie di enti nel caso di parchi regionali) le riserve statali che ricadono all’interno di un parco regionale. In proposito, non vi sono osservazioni da formulare nel presupposto – su cui appare utile acquisire conferma dal Governo – che gli enti gestori interessati possano svolgere tali compiti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Comitato nazionale per le aree protette
Normativa vigente. L’articolo 33 della L. 394/1991 prevede che il Ministro dell'ambiente, previa deliberazione del Consiglio nazionale per l'ambiente, presenti annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge sulle aree protette e sull'attività degli organismi di gestione delle aree naturali protette nazionali.
Le norme sostituiscono integralmente l’articolo 33 della L. 394/1991, istituendo presso il Ministero dell’ambiente il Comitato nazionale per le aree protette. Al funzionamento del Comitato si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Ai componenti del Comitato non spettano compensi, gettoni, emolumenti né rimborsi spese (cpv. art. 33, comma 1).
Il Comitato esercita funzioni propositive e consultive e svolge, in particolare, i seguenti compiti:
a) predispone il piano di sistema;
b) predispone l’elenco ufficiale delle aree naturali protette che sottopone al Ministro dell’ambiente per la sua approvazione;
c) propone all’approvazione della Conferenza unificata l’eventuale integrazione della classificazione delle aree naturali protette;
d) predispone annualmente una relazione sulle attività svolte dagli Enti parco e dagli altri enti istituiti per la gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale e internazionale (cpv. art. 33, comma 2).
Per lo svolgimento della propria attività il Comitato si avvale, in particolare, del supporto tecnico-operativo dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) (cpv. art. 33, comma 3).
Il Comitato è composto da un rappresentante del Ministero dell’ambiente che lo presiede, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, da un rappresentante del Ministero dei beni e delle attività culturali, da un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, da un rappresentante dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante della Federparchi, da un rappresentante dell’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (UNCEM) e da un rappresentante delle associazioni di protezione ambientale riconosciute a livello nazionale.
Entro il mese di gennaio di ogni anno ciascun Ente parco e ciascun ente istituito per la gestione delle aree naturali protette trasmette al Comitato un resoconto analitico sulle attività svolte nell’anno precedente. Il Ministro dell’ambiente presenta annualmente alle Camere la relazione, predisposta dal Comitato, sulle attività svolte dagli Enti parco e dagli altri enti istituiti per la gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale e internazionale (cpv. art. 33, commi 4 e 5).
La relazione tecnica afferma che le disposizioni non presentano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, si prende atto che le disposizioni in esame prevedono che il funzionamento del Comitato avvenga nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e che ai suoi componenti non spettino compensi, gettoni, emolumenti né rimborsi spese. Appare comunque utile acquisire conferma che anche le spese di funzionamento del Comitato possano essere sostenute nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Istituzione di parchi nazionali
Normativa vigente: l’articolo 34 della legge n. 394/1991 ha, fra l’altro, disposto l’istituzione di alcuni parchi nazionali e ha previsto una autorizzazione di spesa per consentire la loro gestione.
Le norme modificano l’articolo 34, comma 1, della legge n. 394/1991, al fine di prevedere l’istituzione del parco nazionale del Matese e del parco nazionale di Portofino, comprendente la già istituita area protetta marina di Portofino (comma 1).
L'istituzione e il primo avviamento dei parchi in oggetto sono finanziati nei limiti massimi di spesa di euro 300.000 per ciascun parco nazionale, per l'esercizio 2017. Il funzionamento del parco del Matese e del parco di Portofino è finanziato, a decorrere dall'esercizio 2018, rispettivamente con euro 2.000.000 e con euro 1.000.000 (comma 2).
Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a euro 600.000 per l'anno 2017 e a euro 3.000.000 a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione delle somme già destinate al funzionamento degli altri Enti parco[18] (comma 3).
La relazione tecnica è stata integrata con una Nota[19] della Ragioneria generale dello Stato in data 18 ottobre 2016, che fa però riferimento ad un testo diverso da quello approvato in via definitiva dal Senato.
In tale testo infatti il comma 2 stabiliva che si provvedeva all’istituzione dei Parchi “con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente” senza specificare la misura dell’onere.
Nella Nota si chiariva che l’onere recato per il funzionamento ordinario – non specificato dalla predetta norma – poteva essere stimato, per quanto concerne il Parco nazionale di Portofino, sulle valutazioni effettuate per il Parco nazionale di Pantelleria mentre per il Parco nazionale del Matese, sulla base degli oneri sostenuti per il Parco nazionale delle foreste Casentinesi. In base a tali informazioni si stimava un onere a regime di 3 milioni di euro. La Nota ha, altresì, chiarito, che l’onere recato dalla proposta poteva essere coperto utilizzando le risorse disponibili sul capitolo 1552 del bilancio del Ministero dell’ambiente, previa rimodulazione di quelle già destinate agli altri Enti parco, ad esclusione delle spese di personale. Nell’esame in Assemblea presso il Senato, il relatore ha presentato un emendamento (articolo aggiuntivo 18.0.100 (testo 3)) che ha riformulato la disposizione di copertura e con il parere favorevole della Commissione Bilancio.
Al riguardo appare opportuno che il Governo confermi che sia possibile procedere alla rimodulazione delle risorse già assegnate ad altri Enti parco attualmente operanti senza che ciò incida sulle attività già programmate dagli Enti medesimi e sui relativi equilibri di bilancio.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si fa presente che il comma 3 dell’articolo in esame provvede alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione e dal funzionamento dei parchi nazionali “Matese” e “Portofino”, complessivamente pari, rispettivamente, ad euro 600.000 per l’anno 2017 e a 3 milioni di euro a decorrere dal 2018, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, mediante corrispondente riduzione delle somme già destinate al funzionamento degli altri Enti parco. Tale ultima disposizione legislativa, in particolare, prevede che la dotazione dei capitoli di bilancio nei quali confluiscono, per ciascun Ministero interessato, gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, sia quantificata con la tabella C della previgente legge di stabilità, dovendosi peraltro tale ultimo richiamo oramai intendersi riferito al nuovo disegno di legge di bilancio, a seguito delle recenti modifiche in materia di contabilità pubblica introdotte con la legge n. 163 del 2016.
Ciò posto, per quanto concerne lo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il capitolo di pertinenza è il n. 1551[20], che reca per il triennio 2017-2019 uno stanziamento di circa 71 milioni di euro per il 2017 e di circa 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, per effetto del fatto che in esso sono confluite, a decorrere dall’anno 2017, anche le somme iscritte sul capitolo 1552 del medesimo stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare concernente le “Spese di natura obbligatoria” dei medesimi enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi.
In tale quadro, appare pertanto necessario acquisire l’avviso del Governo in merito alla sostenibilità finanziaria della copertura individuata dalla norma in esame, giacché le risorse delle quali si prevede l’utilizzo per far fronte agli oneri derivanti dalla istituzione e dal funzionamento dei due nuovi parchi naturali appaiono suscettibili di incidere sulla attuale ripartizione delle somme in favore degli enti attualmente destinatari dei contributi in parola, anche in considerazione del fatto che almeno una quota delle disponibilità presenti sul citato capitolo 1551 risulta riferita a spese di natura obbligatoria.
Sotto il profilo meramente formale, andrebbe infine valutata l’opportunità di riformulare il comma 2 del presente articolo in termini di autorizzazione di spesa - anziché di “finanziamento”, come attualmente previsto dal testo - nonché di precisare, ai comma 2 e 3 del medesimo articolo, il carattere “annuo” degli oneri aventi decorrenza dal 2018.
Appennino parco d’Europa (APE)
Le norme, introdotte dalla Commissione di merito della Camera dei deputati, prevedono che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare promuova la Convenzione degli Appennini per la tutela e la valorizzazione della catena appenninica ed individui le modalità operative per le attività e gli interventi previsti dal progetto Ape.
La relazione tecnica non considera le norme.
Al riguardo si evidenzia la necessità di indicazioni circa le modalità di attuazione e finanziamento della predetta convenzione, al fine di escludere eventuali effetti finanziari.
Aree di reperimento di parchi e riserve marine
Le norme, modificate rispetto al testo unificato oggetto della relazione tecnica pervenuta al Senato, intervengono sull'articolo 36 della legge n. 394/1991 il quale, nel testo vigente, elenca le aree ove possono essere istituiti parchi marini o riserve marine, in aggiunta alle aree individuate ai sensi dell’articolo 31 della legge 31 dicembre 1982, n. 979. Lo stesso articolo, sempre nel testo vigente, prevede anche che la Consulta per la difesa del mare possa individuare altre aree marine di particolare interesse nelle quali istituire parchi marini o riserve marine.
Le modifiche apportate sostituiscono le lettere g) ed o) dell’elenco sopra indicato che indica le aree dove possono essere istituite i parchi e le riserve marine. In particolare l’attuale dicitura della lettera g), “Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli”), viene sostituita con la dicitura “Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa e Romanelli” mentre l’attuale dicitura della lettera o), “Capo Spartivento - Capo Teulada”, viene variata in “Capo Spartivento”.
La relazione tecnica è stata integrata nel corso dell’esame presso il Senato con una Nota del 20 settembre 2016 della Ragioneria generale dello Stato[21] a cui è allegata una relazione tecnica che tratta della sola modifica apportata alla lettera o) sopra descritta. La Nota afferma, tra l’altro, che la proposta non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto non si tratta della previsione di una nuova area marina bensì di una riduzione territoriale.
Per quanto concerne le modifiche di cui alla lettera g) la nota dalla Ragioneria afferma che non si hanno osservazioni da formulare sull’emendamento che ha introdotto la disposizione.
Al riguardo si rileva che la norma non sembra comportare effetti finanziari diretti, dal momento che interviene sulle aree di reperimento dei parchi e delle riserve marine.
Sedi del Parco nazionale Gran Paradiso
Le norme, introdotte nel corso dell’esame presso il Senato, modificano l’articolo 80, comma 25, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il quale tra l’altro, prevede che il Parco nazionale Gran Paradiso ha la sede legale a Torino ed una sede amministrativa ad Aosta. Le modifiche stabiliscono che la sede legale sia in un comune del versante piemontese e la sede amministrativa in un comune del versante valdostano del Parco (comma 1).
Si prevede, inoltre, che l'Ente parco provvede all'eventuale trasferimento delle sedi con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2).
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta dal Senato nel corso dell’esame in Assemblea.
Sulla proposta emendativa che ha introdotto la norma in esame la 5^ Commissione ha reso un parere di nulla osta[22]. Il rappresentante del Governo ha affermato[23] che la medesima proposta non reca maggiori oneri, dal momento che ripropone una norma già esaminata in passato con esito favorevole.
Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione.
Autorizzazioni ad interventi su beni soggetti a tutela
Le norme apportano modifiche all’articolo 146 del codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo n. 42/2004. Tale articolo detta le disposizioni concernenti l’autorizzazione all’effettuazione di interventi su immobili ed aree di interesse paesaggistico soggetti a tutela.
In particolare è disposta l’integrazione del testo del comma 5 per stabilire che nel caso di interventi da realizzare all'interno di parchi nazionali, l'ente parco comunica al soprintendente l'atto di assenso attestando la conformità del progetto alle previsioni e prescrizioni paesaggistiche.
In relazione a tale integrazione è, altresì, integrato il testo del comma 6 per specificare che la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio per gli interventi da realizzare nei parchi nazionali è attribuita agli enti parco.
La relazione tecnica non considera la norma, introdotta nel corso del successivo esame parlamentare.
Al riguardo, appare necessario acquisire una conferma da parte del Governo che gli enti interessati possano provvedere alle funzioni attribuite in tema di autorizzazioni paesistiche con le risorse disponibili umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Comitato paritetico per la biodiversità
La norma, non presenta nel testo unificato oggetto della relazione tecnica presentata al Senato stabilisce che il Comitato paritetico per la biodiversità[24] coordina e promuove azioni integrate a favore delle aree protette nazionali e regionali e delle aree protette marine e fornisce il supporto informativo necessario, per quanto di competenza, all'esercizio delle funzioni che il Comitato per il capitale naturale esercita di cui all’articolo 67 della legge 28 dicembre 2015, n. 221.
Tale ultima norma stabilisce, tra l’altro, che il Comitato rediga un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato di informazioni e dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie.
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Al riguardo, appare necessario acquisire una conferma che il Comitato possa provvedere alle funzioni di coordinamento, di promozione e informative, previste dalle disposizioni, con le risorse disponibili a legislazione vigente.
Conferenza nazionale “La Natura dell'Italia”
Le norme, introdotte nel corso dell’esame presso la Commissione di merito della Camera dei deputati, prevedono che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare promuova la collaborazione tra le attività svolte dal Comitato nazionale della aree protette, dal Comitato paritetico per la biodiversità e dal Comitato per il Capitale naturale, individuando i temi strategici da condividere e le azioni da realizzare in maniera congiunta (comma 1).
Per promuovere e divulgare le attività svolte e i risultati conseguiti congiuntamente dai citati Comitati, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare convoca, entro il 31 gennaio 2019, la Conferenza nazionale ”La Natura dell'Italia”. Successivamente, la Conferenza è convocata ogni tre anni (comma 2).
Alle attività di cui al presente articolo si provvede con le risorse umane, finanziarie strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3).
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Al riguardo, al fine di verificare la clausola di invarianza di cui al comma 3, appare necessario acquisire indicazioni circa le attività necessarie per la preparazione e lo svolgimento della Conferenza nazionale ”La Natura dell'Italia”, il relativo impegno finanziario e le risorse disponibili a legislazione vigente a tal fine. Ciò anche in considerazione del fatto che le predette attività dovranno svolgersi con cadenza triennale (comma 2).
Delega al Governo per l'istituzione del Parco del Delta del Po
Le norma, non presente nel testo unificato oggetto della relazione tecnica presentata al Senato, delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per la riforma dell'assetto ordinamentale e organizzativo e delle finalità e dei criteri di gestione delle aree naturali protette del Delta del Po nelle regioni Emilia-Romagna e Veneto, mediante l'istituzione di un unico Parco del Delta del Po (comma 1).
L’istituendo Parco deve comprende le aree del perimetro del Parco naturale regionale del Delta del Po, istituito con la legge della regione Veneto 8 settembre 1997, n. 36, e del Parco regionale del delta del Po, istituito con la legge della regione Emilia-Romagna 2 luglio 1988, n. 27. Sono inoltre considerate aree contigue al Parco del Delta del Po, ai sensi dell'articolo 32 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, i siti di «rete Natura 2000» e le zone di protezione speciale disciplinati rispettivamente dalle direttive 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, e 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, confinanti con i perimetri dei due parchi regionali, che conservano l'attuale regime vincolistico di tutela.
Il decreto legislativo è adottato, fra l’altro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
· introdurre una disciplina dell'ordinamento e dell'organizzazione del Parco del Delta del Po tale da garantire il raggiungimento delle finalità di tutela, di conservazione e di difesa degli equilibri naturali del territorio [comma 2, lett. a)];
· prevedere che il Parco del Delta del Po persegua altresì le finalità di sviluppo socio-economico dei territori di competenza mediante la promozione e il sostegno delle attività economiche tradizionali e di forme di turismo sostenibile ecocompatibile, anche attraverso lo sviluppo della filiera delle imprese dei settori interessati [comma 2, lett. b)];
· prevedere che il nuovo Ente parco provveda, entro sei mesi dall'insediamento dei suoi organi, all'elaborazione di un piano del Parco del Delta del Po che deve anche affrontare le tematiche attinenti agli impatti delle attività economiche e produttive, anche se dismesse, alle problematiche connesse alla gestione fluviale e alla gestione integrata della fascia costiera [comma 2, lett. d)];
· prevedere che l'Ente parco del Delta del Po succeda in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi degli Enti parco regionali e che tutti gli atti inerenti la successione dell'Ente parco del Delta del Po nei rapporti giuridici attivi e passivi degli Enti parco regionali siano fiscalmente neutri e non siano soggetti a imposte e tasse, ad eccezione dell'imposta sul valore aggiunto [comma 2, lett. e)];
· prevedere misure idonee ad assicurare la continuità occupazionale, presso il nuovo Ente parco del Delta del Po, dei dipendenti a tempo indeterminato degli Enti parco regionali che prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché la copertura delle spese obbligatorie a valere sulle corrispondenti risorse rese disponibili a legislazione vigente dalle regioni e dagli enti locali territorialmente interessati [comma 2, lett. f)].
Il decreto legislativo è adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti (comma 3).
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Nel corso del dibattito presso la 5^ Commissione, il rappresentante del Governo ha evidenziato[25] che la disposizione recata dal comma 2, lettera e), si configura come rinuncia a maggior gettito, e come tale non influente dal punto di vista dei profili di copertura.
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Al riguardo, appare necessario acquisire l’avviso del Governo circa gli eventuali effetti finanziari della delega in esame, ovvero la conferma circa la possibilità di esercitare la medesima in assenza di oneri per la finanza pubblica.
Delega al Governo per l'introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici[26]
La norma, non presente nel testo unificato oggetto della relazione tecnica presentata al Senato, delega il Governo ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi per l'introduzione di un sistema volontario di pagamento dei servizi ecosistemici (PSE).
I decreti legislativi sono adottati nel rispetto, fra l’altro, dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
· prevedere che il sistema di PSE sia definito su base volontaria, quale remunerazione di una quota di valore aggiunto derivante dalla fornitura dei servizi ecosistemici secondo meccanismi di carattere negoziale tra fornitori e beneficiari, fermi restando la salvaguardia nel tempo degli ecosistemi nonché l'eventuale incremento della loro funzionalità, ovvero il loro ripristino, ove necessario [comma 2, lett. a)];
· prevedere che il sistema di PSE sia attivato in presenza di un intervento pubblico di assegnazione in concessione di un bene naturalistico di interesse comune, che deve mantenere intatte o incrementare le sue funzioni necessarie [comma 2, lett. b)];
· prevedere che nello strumento negoziale siano specificamente individuati i servizi oggetto di remunerazione e il loro valore, nonché definiti i relativi obblighi contrattuali e le modalità di pagamento necessario [comma 2, lett. c)];
· prevedere, in particolare, forme di remunerazione di servizi ecosistemici forniti dai comuni, dalle loro unioni, dalle aree protette e dalle organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni, comunque denominate, e prevedere idonee forme di rendicontazione necessarie [comma 2, lett. g)];
· prevedere che gli introiti finanziari derivanti dal sistema di PSE siano destinati anche all'adeguata manutenzione del capitale naturale, disponendo per i fornitori e i beneficiari di servizi ecosistemici l'onere di adottare appositi strumenti volti ad assicurare tale vincolo di destinazione necessario [comma 2, lett. h)];
· introdurre forme di premialità a beneficio degli enti territoriali e degli enti gestori delle aree protette che utilizzano, in modo sistematico, sistemi di contabilità ambientale [comma 2, lett. i)].
Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi, sono trasmessi alle Camere affinché su di essi siano espressi i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari (comma 3).
La norma non è corredata di relazione tecnica.
Si rammenta che il testo della norma in esame è analoga a quello dell’articolo 70 della legge 221/2015 che reca disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Il termine per l’esercizio della delega recata da tale disposizione è scaduta senza l’emanazione dei relativi decreti.
Al riguardo, pur rammentando che la norma ripropone sostanzialmente una delega già attribuita al Governo e non esercitata entro i termini stabiliti, si rileva che il testo in esame è volto a promuovere una serie di interventi per la tutela ambientale essenzialmente basati sulla valorizzazione e sulla remunerazione dei servizi ecosistemici.
Tanto premesso, pur essendo prevista la presentazione alle Camere degli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi, si evidenzia l’opportunità di acquisire chiarimenti riguardo al prevedibile impatto delle disposizioni, con particolare riferimento ai meccanismi di finanziamento del sistema e ai soggetti sui quali dovrebbero gravare i costi dei corrispettivi economici da riconoscere agli operatori, al fine di escludere eventuali effetti onerosi.
Si rileva, inoltre, che il testo introduce misure di incentivazione che potrebbero richiedere un intervento pubblico, nonché forme di premialità a beneficio dei comuni.
Si tratta, nel primo caso (interventi pubblici), dell’assegnazione di diritti di sfruttamento di beni naturalistici [comma 2, lett. b)]. Nel secondo caso (forme di premialità), si tratta di benefici ai comuni che utilizzino sistemi di contabilità ambientale e urbanistica [comma 2, lett. i)].
Anche per tali norme sarebbe utile acquisire indicazioni in ordine alle relative modalità applicative, al fine di verificare se:
• l’assegnazione di diritti di proprietà o di sfruttamento [comma 2, lett. b)] possa avvenire compatibilmente con gli equilibri patrimoniali e di bilancio degli enti titolari dei beni, anche in considerazione di eventuali flussi finanziari derivanti dallo sfruttamento dei beni;
• possano configurarsi, tra le forme di premialità previste dal testo [comma 2, lett. i)], misure di carattere finanziario gravanti su enti della pubblica amministrazione.
[1] Cfr. Seduta della Commissione Bilancio del Senato n. 70 del 6 marzo 2014.
[2] Legge n. 394/1991.
[3] Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[4] Di cui all'articolo 4, comma 3-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
[5] L’articolo 3 del Testo unificato adottato dal Senato prevede l’introduzione di un contributo per la tutela ambientale delle aree protette delle isole minori. Tale disposizione, tuttavia, non è contenuta nel testo definitivamente approvato dal Senato (AC4144).
[6] Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente
[7] Legge n. 267 del 2000.
[8] Cfr. la seduta del 1° agosto 2016. La 5^ Commissione del Senato, infatti, nell’esaminare l’emendamento 5.1000 del Relatore – interamente sostitutivo dell’articolo 5, ora corrispondente all’art. 4 del testo in esame – ha condizionato il parere non ostativo, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, alla previsione che l'organismo di revisione dei conti previsto dal capoverso 1, lettera c), avesse carattere collegiale anziché monocratico (seduta del 1° agosto 2016). Conseguentemente, in Commissione di merito, nella seduta del 4 agosto 2016, il relatore – richiamando esplicitamente la predetta condizione – ha riformulato il proprio emendamento come 5.1000 (testo 2): tale testo – approvato con subemendamenti dalla Commissione nella medesima seduta – prevedeva appunto un “Collegio dei revisori dei conti” in luogo di un revisore unico.
[9]. In gran parte si tratta di quanto già previsto dal comma 3 dell'articolo 14 della legge n. 394/1991, relativamente al piano pluriennale economico-sociale per le attività compatibili, di cui è prevista la soppressione ad opera del comma 1, lettera c) dell’articolo 5 in esame.
[10] Nel corso dell’esame presso il Senato, seduta dell’8 giugno 2016, è stata approvata la bozza di parere della Commissione nella quale il parere non ostativo era condizionato all’inserimento del comma 2-quater indicato.
[11] Nuovi commi 4 e 5 dell’articolo 12 della legge n. 394/1991
[12] articolo 14, commi 1-4 e 6 della L. 394/1991.
[13] Comma 1, lettera d)- Strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale- (art. 25, commi 1, 3 e 4, e articolo 26 della L. 394/91).
[14] art. 32 della L. 394/91
[15] articolo 13 della legge n. 394/1991.
[16] Il nuovo articolo 11.1 della L. 394/1991.
[17] articolo 18 della Legge n. 394/1991.
[18] A valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
[19] Recante il protocollo n. 80859/2016 e depositata nel corso della seduta n. 646 della 5^ Commissione in data 20 ottobre 2016
[20] A tale riguardo, si fa presente che secondo quanto previsto dallo schema di decreto ministeriale concernente la ripartizione dello stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’anno 2016, relativo a contributi a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (AG 330), le risorse iscritte sul citato capitolo 1551 risultavano ripartite tra i 23 parchi naturali e le 27 aree marine protette interessate.
[21] Nota con protocollo n. 73483/2016.
[22] Cfr. Resoconto della seduta 640 del 11 giugno 2016.
[23] Cfr. Resoconto della seduta 640 del 11 giugno 2016.
[24] Istituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 6 giugno 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 22 giugno 2011.
[25] Seduta 640 del 11 giugno 2016
[26] Secondo l’ISPRA i beni e servizi ecosistemici sono definibili come segue: “Gli ecosistemi forniscono all'umanità numerosi vantaggi definiti «beni e servizi ecosistemici». I beni prodotti dagli ecosistemi comprendono, ad esempio, il cibo, l'acqua, i carburanti e il legname; i servizi, invece, comprendono l'approvvigionamento idrico e la purificazione dell'aria, il riciclo naturale dei rifiuti, la formazione del suolo, l'impollinazione e molti altri meccanismi regolatori naturali.”