Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna in materia di politica estera, difesa e sicurezza. Novembre 2015
Serie: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza    Numero: 23
Data: 04/12/2015
Descrittori:
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE   DIFESA E SICUREZZA INTERNAZIONALE
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI   ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI MILITARI
POLITICA ESTERA   RELAZIONI INTERNAZIONALI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


RASSEGNA PARLAMENTARE COMPARATA
 DI POLITICA INTERNAZIONALE E SICUREZZA

 

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna

in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 

 

 n. 23                                                                                                          30 Novembre 2015

 

Francia

 

Il 16 novembre, davanti al Parlamento riunito in Congresso, il Presidente della Repubblica, François Hollande, ha reso una dichiarazione per annunciare che la Francia è in guerra per distruggere

un’organizzazione, Daech, che costituisce una minaccia per tutta la comunità internazionale.

Hollande ha annunciato che la Francia intensificherà le sue operazioni in Siria, che è divenuta la più grande fabbrica di terroristi che il mondo abbia conosciuto, ma purtroppo la comunità internazionale è divisa e incoerente. Hollande ha rivendicato di avere sollecitato già da tempo la costituzione di un’unica coalizione, e a questo sta ancora lavorando: in tale contesto, la settimana prossima incontrerà i Presidenti Obama e Putin.

Ciascuno è ormai di fronte alle proprie responsabilità, in particolare l’Europa: ha dunque chiesto al Ministro della difesa di consultare i suoi omologhi europei a titolo dell’articolo 42, comma 7, del Trattato sull’Unione europea, a norma del quale quando uno Stato membro è aggredito, gli altri Stati devono dare prova di solidarietà.

Di fronte agli atti di guerra subiti la Francia deve essere impietosa e difendersi, tenendo conto dell’urgenza e della durata della situazione. Già la sera di venerdì ha ordinato la riattivazione immediata dei controlli alle frontiere e ha proclamato, su proposta del Primo ministro, lo stato d’urgenza, riguardo al quale ha deciso di sottoporre al Parlamento un progetto di legge che introduca una proroga di tre mesi e adatti le norme vigenti all’evoluzione delle tecnologie e delle minacce. Hollande ha invitato il Parlamento ad approvare tale progetto entro la fine della settimana in corso.

Il Presidente ha quindi dichiarato che occorre andare oltre l’urgenza, e modificare la Costituzione, affinché sia possibile ai poteri pubblici di agire contro il terrorismo di guerra in conformità ai principî dello Stato di diritto. La soluzione più adeguata sembra essere quella di modificare l’art. 36, per inserirvi anche lo stato d’urgenza: si avrebbe così uno strumento giuridico appropriato per poter adottare misure straordinarie per un certo periodo, senza compromettere l’esercizio delle libertà pubbliche. Il Presidente ha poi annunciato di aver deciso di rafforzare sensibilmente i mezzi a disposizione della giustizia, delle forze di sicurezza e dell’esercito: ciò comporterà ingenti spese, che dovranno essere inserite nelle previsioni di bilancio contenute nel progetto di legge finanziaria per il 2016. In circostanze come quelle attuali il patto di sicurezza deve avere la meglio sul patto di stabilità.

Hollande ha concluso la sua dichiarazione, annunciando che la Francia continuerà, con unità e sangue freddo, a lavorare, a vivere e a influenzare il mondo: in questo spirito il grande evento della Conferenza sul clima sarà mantenuto, e anzi costituirà un momento di speranza e solidarietà.

Alla dichiarazione del Presidente della Repubblica è seguito un dibattito, nel corso del quale i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari hanno riconosciuto la situazione di guerra, e hanno manifestato la volontà di collaborare per una rapida approvazione delle modifiche legislative e costituzionali richieste dal Presidente.

 

Il 19 novembre l’Assemblea nazionale ha esaminato e approvato il progetto di legge relativo allo stato d’urgenza e al rafforzamento dell’efficacia delle sue disposizioni. Il provvedimento - approvato con 551 voti favorevoli, 6 contrari (3 deputati del gruppo socialista e 3 del gruppo ecologista) e 1 astenuto (del gruppo socialista)  su 558 partecipanti alla votazione - è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 21 novembre 2015 come Legge n° 2015-1501 del 20 novembre 2015 recante proroga dell’applicazione della legge n° 55-385 del 3 aprile 1955, relativa allo stato d’urgenza e al rafforzamento dell’efficacia delle sue disposizioni.

La discussione è stata introdotta da una presentazione del Primo ministro, Manuel Valls, il quale ha ribadito che la Francia è in guerra, una guerra di tipo nuovo, esterna e interna, pianificata e condotta da un esercito di criminali con nuovi metodi terrificanti: nulla si può escludere, neanche – con le precauzioni che si impongono – l’uso di armi chimiche e batteriologiche.

Il provvedimento precisa, innanzitutto, la portata degli arresti domiciliari, ai quali si potrà ricorrere non soltanto per attività accertate, ma anche per minacce fondate su presunzioni fondate. È prevista anche un’azione coercitiva per condurre manu militari gli individui interessati nel luogo di arresto assegnato, con possibilità di privarli di passaporto e titoli di viaggio. Si dispone, inoltre, l’interdizione da qualsiasi contatto, diretto o indiretto, tra i detenuti agli arresti domiciliari e altri individui che rappresentino una minaccia.

Il secondo obbiettivo della legge è di rendere più efficaci le perquisizioni, consentendo alle forze di sicurezza di accedere al contenuto di telefoni e computer e di duplicarlo per ulteriori accertamenti. Il provvedimento rispetta, ovviamente, un equilibrio procedurale di protezione delle libertà pubbliche.

Il progetto di legge mira inoltre a chiudere rapidamente le moschee salafiste radicali, per disciogliere le associazioni o i raggruppamenti che di fatto rappresentano una grave minaccia per l’ordine pubblico.

Il Primo ministro ha quindi ringraziato i Presidenti delle Commissioni affari costituzionali dell’Assemblea nazionale e del Senato per avere rapidamente istruito, e migliorato con emendamenti importanti, il progetto di legge, assicurandone il coordinamento con il diritto vigente. In particolare considera importante che si sia prevista un’informazione costante del Parlamento sulle misure che si prenderanno durante lo stato d’urgenza.

Il Primo ministro ha poi annunciato la necessità di agire preventivamente contro la radicalizzazione degli islamici, con un’attività di formazione condotta in modo coordinato da operatori nei settori sociali e giudiziari. Intanto sta per essere creata una prima struttura per giovani radicalizzati: ci sono i finanziamenti, e si sta completando il quadro giuridico e il progetto pedagogico. I soggetti vi saranno ammessi in seguito ad una decisione giudiziaria e non potranno in alcun caso essere jihadisti di ritorno dalla Siria o dall’Iraq: per costoro c’è la prigione.

Alla presentazione del Primo ministro è seguita la discussione generale e la votazione di alcuni emendamenti di forma, al termine delle quali il provvedimento è stato approvato – come si è detto – pressoché all’unanimità.

 

Il 25 novembre il Primo ministro, Manuel Valls, ha reso una dichiarazione all’Assemblea nazionale sull’autorizzazione al prolungamento dell’impiego di forze aeree sul territorio siriano. Al termine della discussione l’Assemblea ha concesso l’autorizzazione con 515 voti favorevoli, 4 contrari e 10 astenuti.

Nell’introduzione alla discussione, e in replica ai numerosi interventi dei rappresentanti dei gruppi – tutti favorevoli alla concessione dell’autorizzazione -, il Primo ministro ha ribadito che la Francia condurrà una guerra implacabile contro il totalitarismo islamista, fino ad annientarlo. Ciò richiede un deciso rafforzamento degli attacchi aerei sulla Siria, che oggi è l’epicentro da cui Daech organizza e pianifica gli attentati.

La Francia svolge il ruolo centrale nella guerra contro Daech, ma questa lotta contro il terrorismo è anche quella delle Nazioni Unite: su richiesta francese, il 20 novembre il Consiglio di Sicurezza ha approvato la risoluzione n° 2249. In questa guerra è necessaria la più ampia coalizione, che comprenda non soltanto gli Stati Uniti e l’Europa – che hanno già manifestato anche concretamente il loro sostegno – ma un fronte mondiale: ognuno deve assumersi le sue responsabilità e dichiarare che il nemico in Siria è Daech. Per quanto riguarda, in particolare, la Russia si è stabilito un dialogo permanente, che ha consentito un coordinamento operativo efficace mirato esclusivamente contro Daech.

Valls ha tenuto a precisare che l’azione aerea è a sostegno delle truppe locali che sono insorte, compresi curdi e sunniti; sarebbe del tutto irragionevole e improduttivo impegnare truppe francesi sul territorio. Combattere contro Daech significa inserire l’impegno militare in una strategia di lungo termine, ed essere attenti a non alimentare tensioni tra sunniti e sciiti. Nel contempo si deve favorire in Siria una transizione politica sulla base di una riconciliazione nazionale: in questo quadro, Bashar Al-Assad non può rappresentare l’avvenire.

Valls ha concluso, ringraziando tutti i rappresentanti dell’Assemblea nazionale per il sostegno compatto all’azione del Governo: è questo il miglior segnale dell’unità e della forza della democrazia francese.

 

 

Regno Unito

 

Il 3 novembre la Commissione affari esteri della Camera dei Comuni ha pubblicato una “Relazione sull’estensione dell’intervento militare britannico in Siria” nella quale si analizzano gli effetti di un eventuale coinvolgimento del Regno Unito nella campagna di bombardamenti.

Il documento sottolinea che il Governo ha più volte manifestato l’intenzione di sottoporre al Parlamento la proposta che il Regno Unito partecipi con attacchi aerei quale membro della Coalizione globale contro l’ISIL. A questo riguardo la Commissione osserva che un eventuale intervento britannico necessiterebbe di una legittimazione internazionale – nella specie, una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU - poiché, al contrario dell’Iraq, Assad non ha richiesto l’intervento armato dell’Occidente.

Un eventuale intervento, pur compiacendo gli alleati della coalizione anti-ISIL – in primis gli Stati Uniti – sostanzialmente non andrebbe a modificare lo scenario di guerra ma, al contrario, vanificherebbe il ruolo del Regno Unito quale intermediatore ed autorità morale, acquisito anche grazie al poderoso sforzo umanitario britannico in terra siriana, capace di traghettare la Siria ad un negoziato condiviso.

In sostanza, nella relazione si chiede che il Governo chiarisca sette punti, prima di chiedere al Parlamento di approvare un’azione militare: quanto l’intervento britannico accrescerebbe effettivamente le chances di successo militare della coalizione; come l’azione proposta contribuirebbe alla formazione e all’accordo di un piano di transizione in Siria; quale legittimazione sarebbe addotta in assenza di una risoluzione ONU; se sulla proposta ci sia l’accordo di interlocutori fondamentali (Turchia, Iran, Arabia Saudita, Iraq), e in caso contrario se questo accordo sarebbe perseguito; quali forze amministrerebbero i territori sottratti all’ISIL in Siria; quali sono gli scenari futuri della campagna anti-ISIL, e quali risultati si aspetti il Governo da un’estensione degli attacchi aerei sulla Siria; quanto l’intervento del Regno Unito contribuirebbe alla capacità di azione della Coalizione.

I membri della Commissione concludono manifestando la convinzione che per il Governo non è ancora possibile argomentare una spiegazione plausibile ai quesiti posti. Raccomandano vivamente che il Governo non si presenti al Parlamento con alcuna richiesta di autorizzazione ad un’estensione dell’intervento armato britannico, finché non sia in grado di rispondere puntualmente ai quesiti sollevati.

 

Il 26 novembre, in Assemblea, il Primo Ministro, David Cameron, ha replicato ai membri della Commissione esteri della Camera dei Comuni rendendo una dichiarazione sulla questione siriana. Ha affermato che il motivo per cui è necessario e improrogabile un intervento diretto in Siria è la salvaguardia dei cittadini britannici, già colpiti all’estero dall’ISIL in diverse occasioni ed attualmente oggetto, in Gran Bretagna, di attacchi terroristici sventati.

Dopo una panoramica sulla sofisticatezza degli armamenti di cui dispone la RAF, che a detta del Premier  possono rivelarsi risolutivi nel teatro di guerra siriano, ha proseguito affermando che, se intervenire è necessario, bisogna agire da subito, anche nella prospettiva che una svolta alla guida della Siria potrebbe maggiormente facilitare l’azione nel Paese mediorientale.

Interrogandosi sull’eventualità di divenire bersaglio del terrorismo, Cameron ha dichiarato che il Regno Unito è già al livello massimo di allerta. Quanto alla legittimità dell’azione di guerra, il Governo agisce sulla scorta del diritto all’autodifesa così come riconosciuto dall’art. 51 della Carta dell’ONU, richiamato anche dalla risoluzione ONU n° 2249 approvata il 20 novembre dal Consiglio si Sicurezza, che bolla l’ISIL come una “minaccia globale e senza precedenti alla pace internazionale ed alla sua sicurezza”, invocando le singole nazioni “a prendere i provvedimenti del caso … per sradicare le basi installate sia in Iraq che in Siria”.

Ha proseguito fissando i quattro pilastri per sconfiggere l’ISIL: strategia antiterrorismo, diplomazia, intervento militare e sforzo umanitario, a cui dare corso contemporaneamente per garantire una soluzione nel lungo periodo.

Cameron ha concluso l’intervento affermando che, fin quando il Governo non avrà assicurata una maggioranza consolidata in Parlamento, non offrirà il destro ad una sconfitta parlamentare, che rafforzerebbe l’ISIL: tuttavia, il Regno Unito non può attendere una transizione politica in Siria, e affidare il proprio destino e la propria sicurezza nelle mani di altri.

 

Il 17 novembre alla Camera dei Comuni il Primo ministro David Cameron aveva già reso una dichiarazione all’indomani degli attacchi terroristici di Parigi nonché sul summit G20 di Antalya, che ha avuto al centro dei dibattiti l’emergenza terrorismo e la questione siriana. Cameron ha scandito, punto per punto, le questioni cruciali da affrontare per debellare la minaccia ISIL: risposta militare, intelligence antiterrorismo e lotta alla radicalizzazione. Il Premier si è detto convinto che stare seduti in disparte nella speranza che le cose cambino non aiuta certo a difendere il proprio Paese da chi ordisce attentati contro i propri connazionali.

Sul capitolo intelligence, Cameron aveva riferito che nell’ultimo anno sono state sventate almeno sette azioni terroristiche in Gran Bretagna: per questo, in fase di approvazione degli stanziamenti su difesa e sicurezza in agenda la settimana entrante, saranno stanziati ulteriori fondi a favore delle agenzie di intelligence, che comporteranno un incremento dello staff di 1.900 unità e ulteriori finanziamenti per l’azione antiterroristica in Medio oriente, Nord Africa, Sud Asia e Africa sub-sahariana, oltre un maggiore sforzo per una condivisione globale dei dati tra le agenzie di tutti i Paesi e una stretta sui controlli nel campo dell’aviazione civile.

Secondo Cameron il lento cammino della lotta al terrorismo passa attraverso una maggior integrazione e un incoraggiamento al mondo islamico moderato: il Governo ripone molta fiducia sul prezioso lavoro  di de-radicalizzazione operato dalle comunità islamiche moderate britanniche.

In merito alla questione siriana affrontata nel G20, aveva nuovamente fatto menzione di un possibile intervento in Siria, interrogandosi sulle questioni recentemente poste in Commissione esteri, alle quali aveva annunciato che avrebbe risposto puntualmente (vd. supra). Il Premier aveva manifestato la sicurezza di convincere i membri della Camera.

 

Il 18 novembre alla Camera dei Lords il Sottosegretario agli esteri, Baroness Anelay of St. Johns, ha risposto ad un’interrogazione circa il sostegno morale e diplomatico fornito alla Turchia in occasione dell’emergenza immigrazione.

La Baronessa ha dato conto dello sforzo economico sostenuto dal Regno Unito nel finanziare i progetti umanitari della Turchia con ulteriori 275 milioni di sterline nei prossimi due anni, che andranno ad aggiungersi ai 34 erogati dall’inizio del conflitto, esprimendo apprezzamento per lo sforzo del paese eurasiatico nell’accoglienza ai migranti siriani, e confermando tutta la collaborazione necessaria da parte del Regno Unito per il prossimo futuro. Il Sottosegretario ha altresì condannato fermamente l’attività terroristica del PKK a danno delle forze di polizia e civili turchi che, negli ultimi quattro mesi, ha fatto 345 morti e oltre 1.500 feriti, dando conto dell’operato della diplomazia britannica che da sempre si spende per una tregua tra i curdi e il Governo turco.

 

Il 18 novembre la Biblioteca della Camera dei Comuni ha pubblicato un documento informativo dal titolo Alla ricerca di una soluzione negoziata in Siria”, sulla scorta del Summit di Vienna del 30 ottobre scorso, a cui ha partecipato per la prima volta anche l’Iran, e facendo riferimento anche agli incontri di Ginevra del 2012 e del 2014 tenutisi sin dall’esordio del conflitto siriano. Da allora, sul terreno, le dinamiche sono assai cambiate, con l’egemonia dello Stato islamico, l’impegno sul campo dell’Iran e, da ultimo, l’intervento diretto della Russia.

 

Il 24 novembre Philip Hammond, Ministro degli esteri, è intervenuto alla Camera dei Comuni per rispondere alle questioni poste dai membri del Parlamento in ordine alla politica estera del Governo.

Interrogato sull’azione di governo nella lotta all’ISIL nei paesi del Nord Africa, Hammond ha affermato che per intercettare lo sviluppo del terrorismo bisogna aggredirlo nel suo cuore, a Raqqa: tuttavia il Paese dialoga con Tunisia ed Egitto per la sicurezza dei siti frequentati da cittadini britannici, soprattutto in Sinai, dove i britannici hanno in animo di lavorare con le autorità egiziane nella lotta al terrorismo.

Per quanto attiene alla Siria, il Ministro ha dato conto della partecipazione del Regno Unito ai gruppi di lavoro dell’ISSG (International Syria Support Group) a Vienna, sottolineando la volontà del Governo di creare un consenso verso l’operazione militare estesa alla Siria: inoltre, nelle more della battaglia ideologica, Hammond ha dichiarato che bisogna spendersi affinché la visione moderata dell’Islam prevalga su quella estremista.

 

Il 2 dicembre la Camera dei Comuni ha approvato con 397 sì e 223 no la mozione del Governo di estendere i bombardamenti contro l’ISIL in Siria; hanno votato a favore anche una larga parte dei membri del gruppo laburista. (Del dibattito si darà conto ampiamente nel prossimo numero della Rassegna).

 

 

 

 

 

 

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