Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |
---|---|
Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea |
Titolo: | 'Valutazione approfondita della politica di sicurezza dell'UE' (Commissione LIBE del Parlamento europeo) |
Serie: | Bollettino commissioni Numero: 85 |
Data: | 09/05/2017 |
Documentazione per le Commissioni
riunioni interparlamentari
“Valutazione approfondita della politica di sicurezza dell’UE”
(Commissione LIBE del Parlamento europeo)
Bruxelles, 11 maggio 2017
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 66 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 85 |
Servizio Studi
Tel.
06 6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier europei n. 66
Ufficio rapporti con l’Unione europea
Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it
Dossier n. 85
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
INDICE
Ordine del giorno
L'Agenda europea sulla sicurezza per il periodo 2015-2020
Il coordinatore antiterrorismo
La lotta al finanziamento del terrorismo
Piano d'azione di lotta contro il finanziamento del terrorismo (COM(2016)50)
Gruppo di alto livello sulla lotta contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza
Riforma della direttiva sui servizi di media audiovisivi
Recenti attività del Consiglio dell’UE e del Parlamento europeo
Politiche UE in materia di cybercrime
Premessa: il fenomeno cybercrime
Principali linee guida della politica di contrasto al cybercrime
Il 28 aprile 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla sicurezza per il periodo 2015-2020 (COM(2015)185). Essa include la lotta al terrorismo fra le priorità dell'Unione e sostiene alcuni degli orientamenti individuati dai capi di Stato e di governo nella loro dichiarazione del 12 febbraio 2015 sulla lotta al terrorismo.
Le azioni fondamentali stabilite dall'Agenda sono le seguenti:
· l'istituzione di un centro di eccellenza per la lotta alla radicalizzazione;
· l'aggiornamento della decisione quadro sulla lotta al terrorismo, anche per poter disporre di un quadro efficace a partire dal quale affrontare il fenomeno dei combattenti stranieri;
· il taglio delle reti di finanziamento alla criminalità e al terrorismo e il rafforzamento dell'istituto della confisca dei beni;
· l'intensificazione del dialogo con il settore delle tecnologie dell'informazione (TIC);
· il rafforzamento del quadro giuridico sul traffico illegale di armi;
· il rafforzamento degli strumenti di lotta alla criminalità informatica, con particolare riferimento all'accesso alle prove e alle informazioni ricavate da Internet;
· il miglioramento delle capacità di Europol, anche attraverso la creazione di un centro europeo antiterrorismo - ECTC (il cui lancio ufficiale è avvenuto a gennaio 2016 a margine della riunione informale dei ministri della Giustizia e degli affari interni dell'UE).
L'Unione ha istituito la figura del coordinatore antiterrorismo, dando seguito a quanto previsto nella Dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio europeo in seguito agli attentati terroristici dell'11 marzo 2004 a Madrid.
Il 19 settembre 2007, Gilles de Kerchove è stato quindi nominato coordinatore antiterrorismo dell'UE da Javier Solana, all'epoca Alto rappresentante dell'UE per la politica estera e di sicurezza comune.
I principali compiti del coordinatore antiterrorismo consistono nel:
- coordinare i lavori del Consiglio nella lotta al terrorismo;
- presentare raccomandazioni politiche e proporre al Consiglio settori prioritari d'azione, basandosi sull'analisi della minaccia e sui rapporti stilati dal Centro dell'UE di analisi dell'intelligence e da Europol;
- monitorare da vicino l'attuazione della strategia antiterrorismo dell'UE;
- mantenere una visione d'insieme di tutti gli strumenti a disposizione dell'Unione europea per riferire periodicamente al Consiglio e assicurare l'efficace follow-up delle decisioni del Consiglio;
- coordinarsi con i competenti organi preparatori del Consiglio, la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e metterli al corrente delle sue attività;
- assicurare che l'UE svolga un ruolo attivo nella lotta al terrorismo;
- migliorare la comunicazione tra l'UE e i Paesi terzi in questo ambito.
Nella comunicazione "Attuare l'Agenda europea sulla sicurezza per combattere il terrorismo e preparare il terreno per l'Unione della sicurezza" (COM(2016)230)[1], del 20 aprile 2016, la Commissione ha valutato la realizzazione dell'Agenda europea sulla sicurezza in relazione a specifiche questioni operative e ha individuato quelle che ritiene siano le carenze attuative nella lotta contro il terrorismo.
La Commissione ha identificato gli interventi necessari per risolvere tali carenze e, partendo dagli strumenti esistenti, istituire le nuove strutture di cooperazione permanente tra servizi operativi responsabili della lotta contro il terrorismo, Europol, Eurojust, i servizi di intelligence, le forze di polizia e le autorità giudiziarie.
La comunicazione contiene infine, in allegato, una tabella di marcia recante le principali iniziative in materia di contrasto alla minaccia terroristica. La Commissione europea riferisce periodicamente sulla realizzazione delle misure annunciate nella comunicazione citata e nella stessa Agenda europea sulla sicurezza. Da ultimo, la Quinta relazione sui progressi compiuti verso un’autentica ed efficace Unione della sicurezza è stata presentata il 2 marzo 2017.
Di seguito alcune delle più recenti misure in materia di lotta al terrorismo adottate dall'Unione europea.
Il 18 novembre 2015, la Commissione aveva presentato una proposta di modifica della direttiva 91/477/CE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi[2]. La direttiva è stata quindi adottata dal Consiglio il 25 aprile 2017.
Principale obiettivo della nuova direttiva è quello di limitare la disponibilità di alcune armi semiautomatiche fra le più potenti e di quelle che potrebbero essere facilmente convertite in armi pienamente automatiche, nonché di migliorare lo scambio di informazioni fra Stati membri, la tracciabilità e le norme di marcatura.
In particolare, la direttiva contiene misure in materia di disattivazione e riattivazione o conversione delle armi da fuoco e rende obbligatoria la classificazione delle armi da fuoco disattivate nella categoria C (armi da fuoco soggette a dichiarazione). Include inoltre una nuova categoria di armi da saluto e acustiche, non contemplate dalla direttiva originaria, ossia armi da fuoco attive che sono state convertite in armi a salve da utilizzare, ad esempio, in teatro o in televisione.
Le armi da fuoco più pericolose, classificate nella categoria A, possono essere acquisite e detenute unicamente sulla base di una deroga concessa dallo Stato membro interessato. Alcune delle armi da fuoco semiautomatiche più pericolose sono state aggiunte alla categoria A e sono pertanto vietate per l'uso civile (come le armi da fuoco corte semiautomatiche con caricatori in grado di contenere più di 20 cartucce e delle armi da fuoco lunghe semiautomatiche con caricatori in grado di contenere più di 10 cartucce).
La proposta era stata presentata dalla Commissione il 2 dicembre 2015 con l'obiettivo di fornire una risposta all'evoluzione della minaccia terroristica e di attuare regole e obblighi nuovi assunti dall'Unione europea a livello internazionale[5].
In particolare, la direttiva modifica la decisione quadro 2002/475/GAI qualificando come reato:
La direttiva contiene inoltre norme riguardanti le vittime del terrorismo, per quanto concerne in particolare le loro specifiche esigenze di protezione, sostegno e assistenza (la direttiva 2012/29/UE[6] stabilisce, infatti, una serie di diritti vincolanti per tutte le vittime di reato, ma non prevede alcuna misura specifica per le vittime del terrorismo).
Nuove disposizioni sono infine volte ad assolvere agli obblighi internazionali derivanti, in particolare, dalla Risoluzione 2178(2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) sulle minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici, dal Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo e dalle Raccomandazioni della task force "Azione finanziaria" sul finanziamento del terrorismo.
In seguito alla proposta presentata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2015[8], il 7 marzo 2017 il Consiglio ha adottato un regolamento che modifica il codice frontiere Schengen al fine di rafforzare le verifiche nelle banche dati pertinenti alle frontiere esterne.
Con il nuovo regime si prevede:
· l'obbligo di effettuare, all'ingresso e all'uscita, verifiche sistematiche sui beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dell'Unione, consultando le pertinenti banche dati (il sistema d'informazione Schengen, la banca dati Interpol sui documenti smarriti o rubati, le banche dati nazionali contenenti informazioni sui documenti di viaggio rubati, smarriti o invalidati) e al fine di accertarsi che tali persone non rappresentino una minaccia per la sicurezza interna, l'ordine pubblico, le relazioni internazionali o la salute pubblica;
· un rafforzamento della necessità di verificare gli identificatori biometrici integrati nei passaporti e nei documenti di viaggio rilasciati in conformità al regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio[9];
· la possibilità per gli Stati membri, qualora alle frontiere esterne terrestri e marittime la consultazione sistematica delle banche dati per tutti i beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto dell'Unione rischi di avere un impatto sproporzionato sul flusso di traffico, di limitarsi a eseguire verifiche mirate nelle banche dati, in base a una valutazione dei rischi connessi con la sicurezza interna, l'ordine pubblico o le relazioni internazionali degli Stati membri o con una minaccia per la salute pubblica;
· l'eliminazione del margine lasciato agli Stati membri quanto alla possibilità di non effettuare verifiche sui cittadini di Paesi terzi all'uscita.
Modifiche al Sistema informativo Schengen (SIS)
Il SIS è un sistema di informazione centralizzato volto al rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne e al miglioramento della cooperazione di polizia e giudiziaria.
Il SIS fornisce informazioni, in particolare, sulle persone che non hanno diritto di entrare o soggiornare nello spazio Schengen, sulle persone ricercate in relazione ad attività criminali e sulle persone scomparse, nonché informazioni su determinati oggetti smarriti o rubati (veicoli, armi da fuoco, imbarcazioni, e documenti di identità).
Il sistema contiene attualmente circa 70 milioni di registrazioni ed è stato consultato nel 2015 circa 3 miliardi di volte (un miliardo in più rispetto al 2014).
In attuazione della comunicazione citata sulla realizzazione dell’Unione della sicurezza e della comunicazione "Sistemi d'informazione più solidi e intelligenti per le frontiere e la sicurezza", la Commissione europea ha proposto nel dicembre 2016, un pacchetto di misure volte rafforzare il sistema d'informazione di Schengen[10].
La revisione del SIS prevede, tra l’altro:
· l’introduzione di requisiti uniformi sulle procedure di uso del sistema e sulle modalità di trattamento dei dati in esso inseriti;
· il rafforzamento delle garanzie ai fini del rispetto dei diritti fondamentali per quanto riguarda la raccolta e il trattamento dei dati (compreso il diritto a un ricorso effettivo);
· il miglioramento dello scambio di informazioni e della cooperazione tra Stati membri, introducendo la nuova categoria di segnalazione relativa a "persone ricercate sconosciute" e attribuendo pieni diritti di accesso per Europol;
· l’introduzione dell’obbligo di creare una segnalazione SIS nei casi connessi a reati di terrorismo e del nuovo "controllo di indagine;
· la possibilità di introdurre, oltre alle segnalazioni sui minori scomparsi, segnalazioni preventive sui minori ad alto rischio di sottrazione;
· l’obbligo di introduzione dei divieti d'ingresso per i cittadini di paesi terzi alle frontiere esterne;
· l’introduzione della categoria delle segnalazioni sulle decisioni di rimpatrio emesse nei confronti di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare;
· un uso più efficace di dati quali le immagini del volto e le impronte palmari per identificare le persone che entrano nello spazio Schengen;
· il rafforzamento del sostegno alla prevenzione e alle indagini in merito ai furti e alle contraffazioni, prevedendo che le segnalazioni possano essere usate per una gamma più ampia di beni e documenti rubati o falsificati.
Il Piano d'azione, presentato dalla Commissione europea il 2 febbraio 2016, si concentra su due principali filoni d'azione:
· rafforzare l’individuazione e la prevenzione dei movimenti di fondi e di altri beni effettuati dalle organizzazioni terroristiche e dai loro sostenitori e fare in modo che i movimenti finanziari, quando è possibile, servano ai servizi di contrasto per seguire le tracce dei terroristi e impedire loro di commettere reati;
· smantellare le fonti delle entrate delle organizzazioni terroristiche, in primo luogo colpendo le capacità di raccolta fondi.
Indica quindi le possibili azioni immediate nell’ambito del quadro giuridico esistente:
· il recepimento e l'attuazione in tempi brevi della quarta direttiva antiriciclaggio, adottata il 20 maggio 2015;
· accelerare i lavori nell’ambito della direttiva antiriciclaggio per permettere l’identificazione dei Paesi terzi che presentano carenze strategiche nel settore della lotta contro il riciclaggio di denaro o contro il finanziamento del terrorismo;
· il miglioramento degli scambi di intelligence finanziaria fra le Unità di informazione finanziaria (UIF) europee e quelle dei Paesi terzi così come fra le UIF e il settore privato.
Ritiene inoltre necessario che vengano apportate modifiche alla quarta direttiva antiriciclaggio sui punti seguenti:
· assicurare un elevato livello di garanzie per i flussi finanziari provenienti dai Paesi terzi ad alto rischio;
· rafforzare i poteri delle Unità di informazione finanziaria dell'UE e facilitare la loro cooperazione;
· predisporre registri centralizzati nazionali dei conti bancari e dei conti di pagamento o sistemi centrali di reperimento dei dati in tutti gli Stati membri;
· affrontare i rischi di finanziamento del terrorismo legati alle valute virtuali;
· affrontare i rischi legati agli strumenti prepagati anonimi (ad esempio le carte prepagate).
Le ulteriori iniziative giudicate utili per completare il quadro giuridico esistente includono infine:
· una più efficace attuazione, da parte dell'UE, delle misure di congelamento dei beni delle Nazioni Unite e il miglioramento dell'accesso degli istituti finanziari e degli operatori economici dell'UE agli elenchi delle Nazioni Unite;
· la definizione comune ed esaustiva dei reati e delle sanzioni legati al riciclaggio di denaro in tutta l'Unione;
· la limitazione dei rischi legati ai pagamenti in contanti con una proposta legislativa sui movimenti illeciti di contanti;
· l'eventuale necessità di un sistema complementare europeo per seguire il finanziamento del terrorismo, che permetta ad esempio di controllare i pagamenti intra-UE che non rientrano nel Programma di controllo UE-USA delle transazioni finanziarie dei terroristi (TFTP).
Il 21 dicembre 2016 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di misure legislative al fine di potenziare la capacità dell'Unione europea di combattere il finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata, sulla base degli impegni assunti nel Piano d'azione di lotta al finanziamento del terrorismo[11].
Il pacchetto comprende le seguenti proposte:
· una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul riconoscimento reciproco degli ordini di congelamento e confisca (COM(2016)819);
· una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dall'Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (COM(2016)825);
· una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio per perseguire penalmente il riciclaggio di denaro (COM(2016)826).
La proposta abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, al fine di allineare la legislazione dell'Unione europea alle norme e alle migliori prassi internazionali per la lotta al riciclaggio dei proventi di attività criminose e al finanziamento del terrorismo.
Il regolamento (CE) n. 1889/2005 ha integrato le disposizioni della direttiva antiriciclaggio[12] istituendo un sistema di controlli applicabili a persone fisiche che, in entrata o in uscita dall'Unione, trasportano denaro contante o strumenti negoziabili al portatore di valore pari o superiore ai 10.000 euro. In tal modo il regolamento ha applicato, a livello di Unione europea, le norme internazionali nel settore della lotta al riciclaggio dei proventi di attività criminose e al finanziamento del terrorismo, in particolare una Raccomandazione del Gruppo di azione finanziaria internazionale in materia di riciclaggio di denaro ("GAFI"), istituito dal vertice del G7 tenutosi a Parigi nel 1989, sui controlli dei movimenti di denaro contante[13].
Obiettivo della proposta è quello di stabilire un sistema di controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dall'Unione che completi il quadro giuridico per la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo di cui alla direttiva (UE) 2015/849. Le principali questioni che intende affrontare sono le seguenti:
La proposta di regolamento sul riconoscimento reciproco degli ordini di congelamento e confisca dei proventi di reato mira a:
· introdurre uno strumento giuridico unico, applicabile immediatamente in tutti gli Stati membri;
· ampliare l'ambito di applicazione delle attuali norme sul riconoscimento transfrontaliero, al fine di includere la confisca nei confronti di terze persone collegate ai criminali. Rientra in tale ambito la confisca nei casi in cui gli autori dei reati non sono condannati, ad esempio perché fuggiti o deceduti;
· migliorare la rapidità e l'efficienza degli ordini di congelamento o di confisca grazie a un documento standard e all'obbligo per le autorità competenti di comunicare tra loro. Le norme fissano termini chiari che prevedono scadenze più ravvicinate per gli ordini di congelamento;
· garantire che il diritto delle vittime all'indennizzo e alla restituzione sia rispettato. Nel caso di esecuzioni transfrontaliere di ordini di confisca, il diritto della vittima è prioritario rispetto all'interesse dello Stato di esecuzione e di emissione.
Con tale disciplina la Commissione europea intende:
· stabilire norme minime per la definizione dei reati penali e delle sanzioni connesse al riciclaggio di denaro, colmando le lacune esistenti al fine di impedire ai criminali di sfruttare le differenze esistenti tra le diverse legislazioni nazionali;
· rimuovere gli ostacoli alla cooperazione giudiziaria e di polizia transfrontaliera istituendo disposizioni comuni per migliorare le indagini sui reati connessi al riciclaggio di denaro;
· allineare le norme dell'UE agli obblighi internazionali in materia, quali quelli stabiliti dalla convenzione del Consiglio d'Europa di Varsavia e dalle raccomandazioni del GAFI.
I reati di riciclaggio nell'ordinamento italiano L’incriminazione del riciclaggio, che il linguaggio comune identifica nelle operazioni di ripulitura del denaro “sporco”, è, , affidata agli artt. 648 bis e 648 ter c.p L’articolo 648 bis (Riciclaggio) punisce chiunque, «fuori dei casi di concorso nel reato», sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. L’articolo 648 ter (Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) punisce chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648 (Ricettazione) e 648 bis (Riciclaggio), impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto. Il reato di autoriciclaggio è stato introdotto nel codice penale italiano, all'articolo 648-ter.1, dal comma 3 dell'articolo 3 della legge sul c.d. rientro dei capitali dall'estero (legge n. 186 del 2014). Il nuovo articolo 648-ter.1 c.p. distingue due ipotesi:la prima, più grave, punisce con la reclusione da due a otto anni e con la multa da 5.000,00 a 25.000,00 euro chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo punito con la reclusione pari o superiore nel massimo a cinque anni, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare “concretamente” l’identificazione della loro provenienza delittuosa (articolo 648-ter.1 co. 1 c.p.); la seconda, attenuata, punisce con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 2.500,00 a 12.500,00 euro, le medesime attività ove poste in essere in relazione ad utilità provenienti da delitti non colposi puniti con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni (articolo 648-ter.1 co. 2 c.p.). Trovano comunque applicazione le pene previste dal primo comma (reclusione da due a otto anni e multa da 5.000,00 a 25.000,00 euro) se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. (associazioni di tipo mafioso anche straniere) ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (articolo 648-ter.1 co. 3 c.p.). |
La prevenzione della radicalizzazione e l’eliminazione delle cause profonde dell’estremismo violento rappresentano uno dei settori di intervento individuati nella Agenda europea sulla sicurezza. A tal proposito, nel giugno 2016, la Commissione europea ha presentato la comunicazione Sostenere la prevenzione della radicalizzazione che porta all'estremismo violento.
Le misure proposte nel documento riguardano sette aree specifiche.
1. Contrasto alla propaganda terroristica e gli incitamenti all'odio illegali online.
Si tratta di collaborare con il settore delle tecnologie dell'informazione per fermare la diffusione dei contenuti illegali che incitano alla violenza, sostenere lo sviluppo di argomentazioni alternative positive da parte della società civile e sviluppare l'alfabetizzazione mediatica soprattutto dei giovani.
2. Radicalizzazione nelle carceri.
La Commissione propone o scambio di esperienze tra Stati membri al fine di elaborare orientamenti in materia di radicalizzazione nelle carceri.
3. Promozione di un'istruzione inclusiva e dei valori comuni dell'UE.
La Commissione propone di utilizzare finanziamenti dal programma Erasmus+ per sostenere progetti volti a promuovere l'inclusione sociale, i valori comuni UE e la comprensione interculturale.
4. Promozione di una società inclusiva, aperta e resiliente e interazione con i giovani.
Si tratta in particolare di sviluppare strumenti destinati a chi opera a più stretto contatto con i giovani al fine di individuare e affrontare la radicalizzazione violenta.
5. Rafforzamento della collaborazione internazionale.
Si tratta di aiutare i paesi terzi che si confrontano con sfide analoghe nella lotta alla radicalizzazione attraverso strategie di enforcement e approcci rispettosi dei diritti umani.
6. Sostegno alla ricerca, raccolta di informazioni, monitoraggio e reti.
Si tratta di produrre strumenti di analisi per una migliore comprensione del processo di radicalizzazione, utilizzabili direttamente dalle forze di sicurezza e dai decisori degli Stati membri ed elaborate anche nel quadro del centro di eccellenza della rete per la sensibilizzazione alla radicalizzazione.
7. Attenzione alla dimensione securitaria.
La Commissione europea propone, infine, un approccio securitario, attraverso misure di contrasto, come i divieti di viaggiare e la criminalizzazione dei viaggi verso paesi terzi a fini terroristici.
Nel settembre 2011 la Commissione ha avviato la rete UE per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione (RAN).
La rete sostiene gli operatori locali che lavorano in prima linea per prevenire la radicalizzazione e l’estremismo violento e facilita lo scambio di esperienze e di buone pratiche.
La Rete comprende, tra l’altro, autorità di polizia e carcerarie, insegnanti, accademici, operatori sociali e professionisti del settore sanitario, nonché rappresentanti della società civile e delle autorità locali,
La RAN è articolata in nove gruppi di lavoro: comunicazione e linguaggi; polizia e forze dell’ordine, vittime del terrorismo, gestione dei processi di deradicalizzazione; giovani e contesti familiari; istituti penitenziari; sanità; autorità locali; istruzione; comitato direttivo.
È altresì previsto, in seno alla Rete, un Centro di eccellenza finanziato dalla Commissione, con il compito di fornire supporto logistico, tecnico e amministrativo alla Rete.
La Commissione europea, nella citata Quinta relazione sui progressi compiuti verso un’autentica ed efficace Unione della sicurezza, ha reso noto che è in corso una collaborazione con il Centro di eccellenza della RAN per la stesura di raccomandazioni e linee guida in materia di prevenzione e contrasto dei processi di radicalizzazione. Il Centro di eccellenza sta inoltre elaborando un manuale concernente le persone che rientrano in Europa considerate a rischio radicalizzazione, come ad esempio i cittadini che hanno avuto esperienze in territori dominati da terroristi; la Commissione ha altresì incaricato la Rete di preparare linee guida sulle modalità per tutelare e sostenere i bambini nati e cresciuti in tali territori o in contesti radicalizzati all’interno dell’UE.
Nel dicembre del 2015, dando attuazione ad uno degli impegni contenuti nell’Agenda sulla sicurezza, la Commissione europea ha istituito il Forum dell’UE su Internet. Si tratta di un organismo che riunisce i Ministri dell’interno degli Stati membri, rappresentanti di alto livello di importanti web company, Europol, il coordinatore dell'Unione europea per il terrorismo e il Parlamento europeo.
Il Forum ha due obiettivi fondamentali: ridurre l'accessibilità ai contenuti terroristici e all’hate speech on line, e potenziare i partner della società civile per rafforzare le narrazioni alternative in rete.
Tali temi sono stati oggetto di discussione nella riunione del secondo Forum su Internet, ospitata dalla Commissione europea l’8 dicembre 2016, che ha visto la partecipazione, tra l’altro, dei Commissari europei alla migrazione e affari interni (Dimitris Avramopolous) e alla sicurezza (Julian King), di rappresentanti degli Stati membri, di Europol della Rete sula radicalizzazione (RAN) e di società dell’IT. In tale sede le più importanti compagnie IT si sono impegnate a realizzare un meccanismo di rimozione dei contenuti Internet di matrice terroristica e a sviluppare un database condiviso volto a identificare i contenuti potenzialmente terroristici sui social media e a impedirne la ricomparsa su altre piattaforme.
È in fase di realizzazione una “banca dati di hash”, piattaforma di stringhe di codici identificativi sviluppata dall’industria di Internet in stretta cooperazione con la Commissione, che consentirà di individuare i contenuti online inneggianti al terrorismo e di garantirne la rimozione irreversibile.
Infine, la Commissione europea ha comunicato l’avvio di un programma di responsabilizzazione della società civile, con una dotazione finanziaria di 15 milioni di euro per potenziare l'efficacia dei contro-messaggi online.
Nel giugno 2016 la Commissione ha istituito un Gruppo di alto livello sulla lotta contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza, piattaforma UE per sostenere gli sforzi a livello nazionale nell’attuazione delle norme in materia e nell’elaborazione di politiche efficaci di prevenzione e contrasto ai reati di odio.
Al Gruppo è stato assegnato il compito di approfondire le principali questioni relative ai reati di odio, promuovere lo scambio di migliori pratiche, sviluppare linee guida comuni nelle politiche di contrasto e rafforzare la cooperazione con i principali portatori di interesse.
Successivamente, in seno all’organismo sono stati istituiti due sottogruppi, i cui lavori son iniziati nell’ottobre del 2016:
· un sottogruppo (coordinato dalla FRA) per l’elaborazione di metodologie per la registrazione e la raccolta di dati sui crimini ispirati dall'odio;
· un sottogruppo in materia di contrasto alle espressioni di odio on-line, con il principale compito di verificare l’attuazione del codice di condotta concordato da Facebook, Twitter, e YouTube Microsoft con la Commissione europea nel maggio 2016.
A tal proposito il sottogruppo sull’hate speech ha in primo luogo elaborato una metodologia comune per valutare le reazioni delle società IT firmatarie del code of conduct al momento delle segnalazioni dei discorsi di odio.
È all’esame delle Istituzioni legislative europee una proposta della Commissione europea volta e riformare la direttiva 2010/13/UE sulla fornitura di audiovisivi relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato.
La proposta mira, tra l’altro, a rafforzare le disposizioni già contenute nella direttiva vigente sul contrasto all’incitamento all’odio.
In particolare, è stabilito l’obbligo per gli Stati membri di garantire che i fornitori delle piattaforme per la condivisione di video adottino misure adeguate per:
a) tutelare i minori da contenuti che potrebbero nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori;
b) tutelare tutti i cittadini da contenuti che istighino alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito in riferimento al sesso, alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza, all’origine nazionale o etnica.
Tali misure devono consistere, tra l’altro, nel definire e applicare nei termini e nelle condizioni dei fornitori di piattaforme per la condivisione di video i concetti di istigazione alla violenza o all’odio e di contenuto che potrebbe nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori.
La proposta istituisce inoltre il Gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (European Regulators Group for Audiovisual Media Services, ERGA), tra i cui compiti è previsto quello di fornire pareri su richiesta della Commissione europea su qualsiasi questione relativa ai servizi di media audiovisivi, in particolare sulla tutela dei minori e l’istigazione all’odio.”
Il Consiglio Istruzione, gioventù, cultura e sport del 21-22 novembre 2016 ha, tra l’altro, adottato conclusioni sulla prevenzione della radicalizzazione che porta all'estremismo violento.
Nelle conclusioni si sottolinea l'esigenza di erodere e contestare le ideologie estremiste violente esistenti e di controbilanciarle con alternative non violente attraenti, in particolare sostenendo in tale attività coloro che hanno contatti con giovani a rischio di radicalizzazione violenta.
Il Consiglio, tra l’altro, pone in rilievo la necessità di coinvolgere e cooperare con i fornitori di servizi del web nella lotta all'illecito incitamento all'odio online, nel pieno rispetto della libertà di espressione, tenuto conto del ruolo dei social media quali canali utilizzati per individuare e adescare potenziali individui radicali e spingerli a commettere atti violenti.
Da ultimo si ricorda che il 23 novembre 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla comunicazione strategica dell'UE per contrastare la propaganda nei suoi confronti da parte di terzi.
Si tratta di un atto di indirizzo che si concentra in particolare sulle attività di propaganda e diffusione di false notizie da parte di soggetti esterni all’UE come media e siti on line russi oppure di organismi direttamente legati all’ISIS/ISIL.
Alcuni punti della risoluzione riguardano in ogni caso profili riconducibili al tema generale dell’incitamento all’odio.
In particolare il Parlamento europeo:
· invita l'UE e i suoi Stati membri ad adottare azioni coerenti e a livello dell'UE contro i discorsi di incitamento all'odio sistematicamente promossi da predicatori intolleranti ed estremisti attraverso sermoni, libri, show televisivi, Internet e tutti gli altri mezzi di comunicazione che possono creare un terreno fertile per le organizzazioni terroristiche come l'ISIS/Daesh e Al-Qaeda;
· sottolinea che l'incitamento all'odio, alla violenza o alla guerra non può "nascondersi" dietro la libertà di espressione; incoraggia l'adozione di iniziative giuridiche in tal senso, ai fini di una maggiore assunzione di responsabilità in tema di disinformazione;
· esprime preoccupazione per l'uso dei social media e delle piattaforme online per discorsi criminali di incitamento all'odio e alla violenza, ed esorta gli Stati membri ad adattare e aggiornare la loro legislazione per affrontare gli sviluppi in corso, o ad applicare e far rispettare pienamente la legislazione vigente sull'incitamento all'odio, sia online che offline; afferma la necessità di una maggiore collaborazione al riguardo con le piattaforme online e con le imprese leader di Internet e del settore dei media;
· rileva che l'educazione ai media permette di acquisire conoscenze e competenze e consente ai cittadini di esercitare il loro diritto alla libertà di espressione, di analizzare criticamente i contenuti multimediali e di reagire alla disinformazione; occorre quindi porre quindi in evidenza la necessità di sensibilizzare i cittadini in merito ai rischi della disinformazione per mezzo di iniziative di alfabetizzazione mediatica a tutti i livelli, anche tramite una campagna europea d'informazione sull'etica mediatica, giornalistica ed editoriale, nonché promuovendo una maggiore cooperazione con le piattaforme sociali e iniziative congiunte per affrontare l'incitamento all'odio e alla violenza e la discriminazione online.
Si considera cybercrime in ambito UE qualsiasi atto criminoso commesso on line mediante l’utilizzo di reti di comunicazione elettronica e sistemi informativi.
La definizione riguarda trasversalmente:
· i crimini specifici lesivi di Internet, come gli attacchi contro i sistemi informativi in senso stretto;
· ogni genere di frode e falsificazione on line, come ad esempio il furto d’identità e il phishing;
· i contenuti illegali online, inclusi i materiali relativi ad abuso sessuale sui minori, l’incitamento alla violenza, all'odio razziale e alla xenofobia, nonché l’incoraggiamento agli atti terroristici.
Europol, l’Agenzia dell’UE per il contrasto al crimine, ritiene che il cybercrime costi agli Stati membri circa 265 miliardi di euro all’anno, mentre .per l’economia globale il danno ammonterebbe a circa 900 miliardi.
Inoltre, secondo un sondaggio pubblicato nel 2016 dalla Commissione europea, almeno l'80% delle imprese europee ha subito almeno un incidente di sicurezza informatica nel corso dell’ultimo anno, mentre il numero degli incidenti in tutti i comparti industriali a livello mondiale è aumentato del 38% nel 2015.
Per quanto riguarda gli utenti di Internet, invece, secondo un’indagine condotta da Eurostat, pubblicata l’8 febbraio 2016, in occasione del Safer Internet Day, nel 2015 il 25% degli utenti di Internet nell'UE ha sperimentato problemi legati alla sicurezza (virus, abuso di dati personali, perdite finanziarie o accesso di bambini a siti web inappropriati). Anche se il tasso è sceso rispetto al 2010, ciò ancora scoraggia alcuni consumatori dall’effettuare acquisti online.
La percentuale più bassa si riscontra nella Repubblica
Ceca (10%) e la più alta in Croazia (42%), mentre in Italia la
percentuale è pari al 28%, di poco superiore alla media dell’UE.
![]() |
I dati di Eurostat illustrano, inoltre, che a livello UE, le preoccupazioni circa la sicurezza nel 2015 hanno scoraggiato il 19% degli utenti di Internet dal procedere ad un acquisto online, il 18% dall’utilizzo di servizi bancari online e il 13% dall’accesso tramite una connessione Wi-Fi al di fuori della propria abitazione.
Nel febbraio del 2013 la Commissione europea e l’Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. hanno presentato la comunicazione congiunta “La strategia sulla sicurezza informatica – “Uno spazio informatico aperto e sicuro”, recante la visione dell’Unione europea sul modo per prevenire e rispondere a perturbazioni e attacchi informatici.
La strategia è articolata in cinque priorità:
· conseguire la resilienza informatica;
· ridurre drasticamente la criminalità informatica;
· sviluppare la politica di difesa e le capacità informatiche connesse alla politica di sicurezza e di difesa comune;
· sviluppare le risorse industriali e tecnologiche per la sicurezza informatica;
· istituire una coerente politica internazionale del ciberspazio per l’Unione europea e sostenere i valori fondamentali dell’UE.
Per quanto riguarda i principali documenti programmatici UE si ricorda che la questione degli attacchi informatici è stata trattata nel Quadro congiunto per contrastare le minacce ibride – La risposta dell’UE, presentato nell’aprile del 2016 dalla Commissione e dall’Alta Rappresentante, recante 22 azioni volte alla sensibilizzazione, alla creazione di resilienza e a una migliore reazione alle crisi e al rafforzamento della cooperazione UE NATO nei confronti delle minacce ibride.
Per "minacce ibride" si intende una serie di attività che spesso combinano metodi convenzionali e non convenzionali e che possono essere realizzate in modo coordinato da soggetti statali e non statali pur senza oltrepassare la soglia di guerra formalmente dichiarata. Il loro obiettivo non consiste soltanto nel provocare danni diretti e nello sfruttare le vulnerabilità, ma anche nel destabilizzare le società e creare ambiguità per ostacolare il processo decisionale.
L’UE considera gli attacchi informatici come componente essenziale delle minacce ibride, atteso che le infrastrutture critiche (dagli ospedali alle centrali nucleari) fanno sempre più affidamento sulle tecnologie on line, potendo in tal modo mostrare profili di vulnerabilità.
La Commissione e l’Alta Rappresentante nel luglio 2017 dovrebbero presentare una relazione al Consiglio sull’attuazione delle azioni contenute nel quadro congiunto.
Si segnala inoltre che nel giugno 2016 il Consiglio Giustizia e affari interni ha, tra l’altro, approvato conclusioni sul miglioramento della giustizia penale nel ciberspazio, recanti misure per futuri interventi e azioni in tre principali settori di attività:
· razionalizzazione delle procedure di assistenza giudiziaria reciproca e, ove applicabile, di mutuo riconoscimento relativamente al ciberspazio grazie all'uso di moduli e strumenti elettronici standardizzati;
· miglioramento della cooperazione con i fornitori di servizi attraverso lo sviluppo di un quadro comune (es. uso di moduli e strumenti allineati) per richiedere specifiche categorie di dati;
· l'avvio di un processo di riflessione su possibili criteri di collegamento per la competenza nel ciberspazio.
Nelle medesime conclusioni è stata formalizzata e rafforzata la rete di autorità giudiziarie ed esperti nel settore della criminalità informatica, con il sostegno di Eurojust. L'obiettivo della rete è agevolare lo scambio di competenze, migliori pratiche e altre conoscenze ed esperienze pertinenti in materia di indagini e perseguimento di reati informatici.
Al riguardo si ricorda che la Commissione europea ha comunicato che sta valutando soluzioni volte a consentire a organismi inquirenti l’accesso a prove elettroniche transfrontaliere, rendendo più efficace l’assistenza giudiziaria reciproca, trovando modalità di cooperazione diretta con i fornitori di servizi Internet, e proponendo criteri relativi alla determinazione e alla competenza esecutiva nel ciberspazio.
In tal senso Commissione europea dovrebbe presentare un iniziativa nel corso del 2017.
Da ultimo si ricorda che nel luglio 2016 la Commissione europea ha presentato un piano di azione che prevede l’avvio del primo partenariato europeo pubblico-privato per la sicurezza informatica COM(2016)410, con un investimento da parte dell'Unione europea, nel quadro del programma di ricerca e innovazione Orizzonte 2020, di 450 milioni di euro. Gli investimenti degli operatori del mercato della cybersicurezza, rappresentati dalla Organizzazione europea per la sicurezza informatica (ECSO), dovrebbero essere tre volte maggiori. Al partenariato parteciperanno anche rappresentanti di pubbliche amministrazioni nazionali, regionali e locali, centri di ricerca e università. Si tratta di un'iniziativa volta a promuovere la cooperazione fin dalle prime fasi della ricerca e dell'innovazione e a sviluppare soluzioni di cybersicurezza per settori quali l’energia, la sanità, i trasporti e la finanza.
La Commissione stabilisce, inoltre, varie misure per affrontare la frammentazione del mercato della cybersicurezza dell’UE, in particolare realizzando un quadro europeo di certificazione per i prodotti per la sicurezza nel campo delle TIC.
La Commissione intende, altresì, agevolare l’accesso ai finanziamenti per le imprese più piccole che operano nel campo della cybersicurezza; a tal fine valuterà diverse opzioni nel quadro del piano di investimenti dell’UE.
Nell’ambito delle misure di attuazione della Strategia si segnala la recente approvazione della direttiva sulla sicurezza delle reti e dell’informazione[14]
In estrema sintesi, la direttiva:
a) fa obbligo a tutti gli Stati membri di adottare una strategia nazionale in materia di sicurezza della rete e dei sistemi informativi;
b) istituisce un gruppo di cooperazione al fine di sostenere e agevolare la cooperazione strategica e lo scambio di informazioni tra Stati membri e di sviluppare la fiducia tra di essi;
c) crea una rete di gruppi di intervento per la sicurezza informatica in caso di incidente («rete CSIRT») per contribuire allo sviluppo della fiducia tra Stati membri e promuovere una cooperazione operativa rapida ed efficace;
d) stabilisce obblighi di sicurezza e di notifica per gli operatori di servizi essenziali e per i fornitori di servizi digitali;
e) fa obbligo agli Stati membri di designare autorità nazionali competenti, punti di contatto unici e CSIRT con compiti connessi alla sicurezza della rete e dei sistemi informativi.
Secondo la Quinta relazione sui progressi compiuti verso un’autentica ed efficace Unione della sicurezza, pubblicata lo scorso marzo dalla Commissione europea, a febbraio si è tenuta la prima riunione formale del Gruppo di cooperazione SRI istituito dalla direttiva, con gli Stati membri, la Commissione e l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA). Il gruppo ha affrontato questioni relative al recepimento della direttiva e ha convenuto di portare avanti nei gruppi di esperti i lavori su una serie di aspetti, tra cui i criteri per definire la criticità dell’operatore, il processo di consultazione nei casi di impatto transfrontaliero dell'operatore e la procedura per l’obbligo di condividere le informazioni tra gli Stati membri interessati.
In materia di criminalità informatica si ricorda altresì la direttiva 2013/40 relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio.
La disciplina stabilisce norme minime per la definizione dei reati e delle sanzioni nel settore degli attacchi contro i sistemi di informazione. Essa reca inoltre disposizioni volte a facilitare la prevenzione di tali reati e a migliorare la cooperazione tra autorità giudiziarie e altre autorità competenti.
Sono previsti in particolare i reati di
· accesso illecito a sistemi di informazione;
· interferenza illecita relativamente ai sistemi;
· interferenza illecita relativamente ai dati;
· intercettazione illecita.
La direttiva prevede altresì un apparato sanzionatorio nei confronti delle persone giuridiche ritenute responsabili dei reati informatici.
La Commissione europea sta monitorando l’attuazione della direttiva negli Stati membri. a tal proposito, da ultimo nel dicembre 2016 ha inviato pareri motivati a Bulgaria, Belgio e Irlanda, che non hanno comunicato il recepimento completo della direttiva nella loro legislazione interna.
Per garantire un elevato livello di riservatezza delle comunicazioni elettroniche sia per le persone che per le imprese, e parità di trattamento per tutti gli operatori di mercato, come stabilito nella strategia per il mercato unico digitale dell’aprile 2015, l’11 gennaio la Commissione ha adottato una proposta di regolamento sulla ePrivacy che sostituisce la direttiva 2002/58/CE.
La disciplina integra e specifica nel campo delle comunicazioni elettroniche il recente regolamento generale sulla protezione dei dati personali.
In particolare la proposta:
· aggiornando la direttiva vigente con un regolamento direttamente applicabile, mira a realizzare lo stesso livello di protezione per tutti i cittadini UE utenti delle comunicazioni elettroniche, e a garantire certezza giuridica alle imprese fornitrici di servizi in tale settore;
· estende le tutele della privacy alle comunicazioni elettroniche realizzate mediante nuovi servizi (ad esempio il Voip e i servizi over the top come Whatsapp e Facebook Messenger) che finora non erano contemplati dalla direttiva;
· riforma il regime in materia di riservatezza dei dati conservati nei dispositivi finali (con particolare riferimento alle tecniche di tracciatura quali i cookie);
· riscrive la disciplina in materia di comunicazioni elettroniche indesiderate (spamming);
· prevede un nuovo apparato sanzionatorio per le infrazioni al regolamento sulla falsariga di quanto previsto dal regolamento generale in materia di protezione dei dati personali.
Si segnala che fra gli obblighi imposti ai fornitori di servizi vi sarebbe anche quello, per i fornitori stabiliti al di fuori dell’UE, di nominare un rappresentante in uno Stato membro, dando in tal modo agli Stati membri la possibilità di facilitare la cooperazione fra le autorità di contrasto e le autorità giudiziarie e i fornitori di servizi per quanto riguarda l’accesso alle prove elettroniche.
Inoltre, come avviene nel quadro delle attuali norme sulla vita privata e le comunicazioni elettroniche, l’accesso delle autorità di contrasto e delle autorità giudiziarie alle informazioni elettroniche rilevanti e necessarie ai fini delle indagini penali è disciplinato dall’eccezione di cui all’articolo 11 della proposta di regolamento ePrivacy: tale disposizione precede che il diritto dell’Unione o il diritto nazionale possano limitare la riservatezza delle comunicazioni, ove necessario e proporzionato, per salvaguardare la sicurezza nazionale, la difesa, la sicurezza pubblica e la prevenzione, le indagini, l’accertamento e il perseguimento dei reati o l’esecuzione delle sanzioni penali. Si tratta di disposizione particolarmente rilevante per le norme nazionali relative alla conservazione dei dati, cioè per obbligare i fornitori di servizi di telecomunicazione a conservare i dati delle comunicazioni per un periodo preciso al fine di un eventuale accesso da parte delle autorità di contrasto, a seguito dell’annullamento, da parte della Corte europea di giustizia, della direttiva sulla conservazione dei dati nel 2014. Da allora non vi è infatti alcuno strumento dell’Unione europea relativo alla conservazione dei dati, e alcuni Stati membri hanno adottato proprie leggi nazionali in materia.
La direttiva 2011/93/UE armonizza in tutta l’Unione europea (UE) i reati in materia di abuso sessuale ai danni di minori, sfruttamento sessuale dei minori e pornografia infantile. Essa stabilisce anche sanzioni minime. Le nuove norme prevedono anche disposizioni volte a combattere la pornografia infantile su internet e il turismo sessuale. Mirano inoltre a interdire ai pedofili già condannati l’esercizio di attività professionali che comportano contatti regolari e diretti con minori. È prevista in particolare l’istituzione del reato di adescamento di minori su internet per scopi sessuali (fattispecie di chi propone su Internet un incontro con un minore con l’intento di commettere abusi sessuali o incoraggiarlo, con lo stesso mezzo, a fornire materiale pornografico che ritragga tale minore).
È inoltre previsto che gli Stati membri garantiscano la tempestiva rimozione delle pagine web che contengono o diffondono materiale pedopornografico ospitate nel loro territorio e si adopirano per ottenere la rimozione di pagine ospitate al di fuori del loro territorio. In determinate condizioni di trasparenza e di informazione degli utenti internet, hanno altresì facoltà di bloccare l’accesso a tali siti.
Si segnala al riguardo che lo scorso dicembre la Commissione europea ha adottato relazioni sull’attuazione della direttiva, una delle quali verte specificamente sulle misure che gli Stati membri stanno adottando contro i siti web che contengono o diffondono materiale pedopornografico.
Europol ha istituito il Centro europeo per la lotta contro la cybercriminalità (EC3) nel 2013 per rafforzare la risposta delle forze dell'ordine degli Stati membri contro i crimini on-line.
L’attività dell’EC3 si articola in tre aree: competenza legale, settore strategico, settore operativo.
In estrema sintesi l’EC3:
- funge da hub centrale per informazioni e intelligence criminali;
- sostiene le operazioni e le indagini degli Stati membri offrendo analisi operative e coordinamento;
- fornisce una analisi strategiche sulla lotta e la prevenzione della criminalità informatica;
- stabilisce punti di collegamento tra le autorità di contrasto, il settore privato, il mondo accademico e gli altri partner;
- sostiene la formazione e la creazione di capacità, in particolare per le autorità competenti degli Stati membri;
- fornisce supporto tecnico-digitale per le indagini e le operazioni;
L’EC3 è stato coinvolto in decine di operazioni di alto profilo, e ha fornito supporto operativo in loco in oltre 200 casi, che hanno visto il conseguimento di centinaia di arresti. L’EC3 ha analizzato oltre 800.000 file, la maggior parte dei quali si sono configurati quali reati on line.
[1] Sulla comunicazione, il 16 marzo 2017, le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera dei deputati, hanno approvato un documento finale.
[2] Per approfondimenti sulla proposta della Commissione, vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 35, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
Il Senato si è espresso con risoluzione favorevole nella seduta del 12 gennaio 2016 (Doc. XVIII, n. 103).
[3] Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (2002/475/GAI).
[4] Decisione 2005/671/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici.
[5] Per approfondimenti sulla proposta della Commissione, vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 37, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
Il Senato si è espresso con risoluzione favorevole, con osservazioni, nella seduta del 17 marzo 2016 (Doc. XVIII, n. 117), così come la Camera dei deputati che, nella seduta del 21 giugno 2016, ha approvato un documento conclusivo (Doc. XVIII, n. 43), esprimendo una valutazione positiva con alcune condizioni.
[6] Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.
[7] Si segnala peraltro che, alla luce del fatto che il regolamento (CE) n. 562/2006 è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese, si è pervenuti alla codificazione di tale regolamento, ora sostituito con il regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen).
[8] Per approfondimenti sulla proposta della Commissione, vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 44, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.
Il Senato si è espresso con risoluzione favorevole nella seduta del 9 marzo 2016 (Doc. XVIII, n. 111).
[9] Regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 444/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 maggio 2009 (vd. la versione consolidata).
[10] Il pacchetto è costituito da: una proposta di regolamento relativo all'uso del sistema d'informazione Schengen per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (COM(2016)881); una proposta di regolamento sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del SIS nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica il regolamento UE 515/2014 ed abroga il regolamento CE 1987/2006; una proposta di regolamento sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale, che modifica il regolamento (UE) n. 515/2014 e abroga il regolamento (CE) n. 1986/2006, la decisione 2007/533/GAI del Consiglio e la decisione 2010/261/UE della Commissione (COM(2016)883).
[11] Per approfondimenti, si rimanda al Dossier n. 45/DE "L'Unione europea e la lotta al finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata", a cura del Sevizio Studi del Senato della Repubblica.
[12] L'allora vigente direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite, modificata dalla direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001, è stata poi sostituita dalla direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e, infine, dalla direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione.
[13] La Raccomandazione speciale IX del GAFI del 22 ottobre 2004 ha esortato i governi ad attuare provvedimenti per l'individuazione dei movimenti materiali di denaro contante, compreso un sistema di dichiarazione o altro obbligo di divulgazione. In linea con il mandato iniziale, il GAFI ha emanato 40 Raccomandazioni in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio, alle quali si sono aggiunte 9 Raccomandazioni speciali relative al contrasto finanziario del terrorismo internazionale. La materia è stata interamente rivista nel 2012 con l’emanazione di 40 nuove Raccomandazioni, che rappresentano gli standard di riferimento per gli altri organismi internazionali, il diritto dell’Unione europea e dei singoli Stati.
[14] Direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione.