Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea |
Titolo: | Emancipazione economica delle donne: agiamo insieme (FEMM) Bruxelles, 8-9 marzo 2017 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 80 |
Data: | 06/03/2017 |
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Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI
Emancipazione economica delle donne: agiamo insieme
(FEMM)
Bruxelles, 8-9 marzo 2017
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 57 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 80 |
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Dossier europei n. 57
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Dossier n. 80
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INDICE
Ordine del giorno
Divario nel decision making (economia e politica)
Politiche UE in materia di parità tra uomini e donne
L’uguaglianza di genere nel diritto primario
L’uguaglianza di genere nel diritto derivato
Ultimi sviluppi in materia di uguaglianza di genere
Recente attività del Parlamento europeo – Le risoluzioni non legislative
Posizione del Consiglio europeo
Il Consiglio dell’UE (EPSCO) del 3 marzo 2017
Iniziative attese nel corso del 2017
I dati più aggiornati sulla partecipazione delle donne al mondo del lavoro, compresi i gap salariali e pensionistici, cui fa riferimento l’Unione europea, sono contenuti principalmente nel Rapporto 2015 sulla parità tra uomo e donna (pubblicato dalla Commissione europea nel marzo 2016), e nel Progetto di relazione comune sull'occupazione della Commissione europea e del Consiglio dell’UE che accompagna la comunicazione della Commissione sull'analisi annuale della crescita 2017[1] (presentato nel novembre 2016).
Nel 2015 in tutti gli Stati membri i tassi di occupazione delle donne sono inferiori a quelli degli uomini, ma con ampie variazioni all'interno dell'UE.
In particolare, il tasso di occupazione degli uomini (fascia di età dai 20 ai 64 anni) nell'UE era del 75,9 per cento mentre quello delle donne raggiungeva soltanto il 64,3 per cento.
Di
seguito un grafico con il tasso di occupazione della popolazione di età
compresa tra i 20 e i 64 anni negli Stati membri, e la percentuale dei
lavoratori a tempo parziale, ripartiti per sesso nel 2015: Fonte Eurostat
Secondo la Commissione europea tale dato sussiste nonostante il fatto che le donne siano sempre più qualificate e superino spesso gli uomini in termini di livello di istruzione: ne l 2015 il 43,4 per cento delle donne (fascia di età dai 30 ai 34 anni) aveva un livello di istruzione terziario rispetto al 34 per cento degli uomini. In otto Stati membri, la maggior parte dei quali sono alle prese con un grave invecchiamento demografico, il tasso di occupazione femminile è del 60 per cento o inferiore e si osserva un forte divario di genere nei livelli di occupazione. Questo divario nei livelli di occupazione tra uomini e donne (15-64 anni) è particolarmente accentuato tra i rifugiati (17 punti percentuali) e i migranti (19 punti percentuali).
I dati sulla presenza delle donne
nei settori della ricerca e sviluppo e in generale sull’occupazione
femminile nelle materie scientifiche e tecnologiche (cosiddetti settori STEM:
Science, Technology, Engineering and Math) risalgono al 2014. In
particolare, Eurostat ha rilevato che, su circa 1,8 milioni di ricercatori
nell’UE (nel settore pubblico e privato), in media le donne sono il 33 per
cento con punte (che superano di poco il 50 per cento) in Bulgaria,
Lituania e Lettonia, mentre i Paesi in cui è minore la
presenza femminile sono Francia e Paesi Bassi (intorno al 25
per cento).
Di
seguito un grafico recante il divario di genere per quanto riguarda la presenza
tra gli addetti alla ricerca e sviluppo: Fonte Eurostat
La Commissione europea ha infine rilevato che le donne sono fortemente sottorappresentate nella maggior parte delle posizioni nei settori dell'istruzione e nelle professioni in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (STEM) e costituiscono solo il 24 per cento dei professionisti della scienza e dell'ingegneria; la rappresentanza femminile varia in base alle specializzazioni STEM: ad esempio per la chimica si registrano problemi nel trattenere le donne nel settore, mentre per l'ingegneria e la fisica le difficoltà riguardano soprattutto l'assunzione.
Nel progetto di relazione comune sull’occupazione si sottolinea che i divari di genere nell'occupazione sono particolarmente pronunciati tra i genitori poiché è maggiore la probabilità che siano le donne a farsi carico delle responsabilità di cura dei figli: in media il tasso di occupazione delle donne con un figlio in tenera età è di 8 punti percentuali inferiore rispetto al tasso di occupazione delle donne senza figli in tenera età e in alcuni paesi tale differenza supera i 30 punti percentuali (Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria).
Il divario nel tasso di occupazione è particolarmente marcato nel caso delle madri scarsamente qualificate e dei genitori soli.
Nei paesi che dispongono di misure ben concepite ed equamente condivise tra uomini e donne per assicurare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata (segnatamente in Svezia e in Danimarca), i tassi di occupazione delle madri tendono a essere più elevati di quelli delle donne senza figli.
In particolare la relazione si sofferma sui costi elevati dell'assistenza all'infanzia quale possibile fattore disincentivante per le madri a iniziare o a proseguire un’attività lavorativa. Secondo la Commissione europea ciò vale in particolare per il Regno Unito e l'Irlanda, paesi in cui i costi dell'assistenza all'infanzia rappresentano in media più del 23 per cento del reddito netto delle famiglie. Con riferimento all'UE nel suo insieme, nel 2014 soltanto il 28 cento dei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni sono stati affidati a servizi di assistenza formali, mentre per i bambini di età compresa tra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico la percentuale era dell'83 per cento.
Ai tassi di occupazione femminile più bassi si aggiunge pertanto una forte percentuale di occupazione a tempo parziale: il 31,9 per cento delle donne nel mondo del lavoro rispetto al solo 8,3 per cento degli uomini. Ciò vale ancor più per i genitori, tra cui si registra un 40,5 per cento di madri che lavorano a tempo parziale rispetto al 5,7 per cento di padri.
Il gap
occupazionale si accentua con riferimento all’aumento dell’età lavorativa,
considerato che, a fronte di un tasso UE di occupazione dei lavoratori
anziani (55-64 anni) attestatosi nel 2015 al 53,3 per cento (con gli
estremi rappresentati dal 34,3 per cento in Grecia e dal 74,5 per
cento in Svezia), la percentuale di donne occupate in età compresa tra i
55 e i 64 anni (seppur in fase di lento recupero) continua a rimanere
inferiore, fermandosi al 46,9 per cento.
Secondo la Commissione europea il divario di genere è significativo anche per quanto concerne la durata della vita lavorativa, poiché le donne partecipano al mercato del lavoro in media 5,1 anni in meno rispetto agli uomini (32,7 contro 37,8 anni nel 2014).
Anche in questo caso vi sono variazioni sostanziali tra gli Stati membri. La Commissione attribuisce il fenomeno a molteplici cause e ostacoli, quali un accesso insufficiente ai servizi di assistenza ed età pensionabili più basse per le donne che per gli uomini.
Nel
seguente grafico la durata media della vita lavorativa nel 2014 ripartita per
sesso: Fonte Eurostat
Il
progetto di relazione sull’occupazione si sofferma anche sulla percentuale di donne
nel lavoro autonomo, dato che registra una lenta ma continua ripresa passando
dal 31,8 per cento del totale nel 2014 al 32,2 per cento nel 2015
(nel 2008 era pari al 30,4 per cento). Secondo la Commissione le
donne rappresentano il 34,4 per cento dei lavoratori autonomi senza
dipendenti (lavoratori in proprio) e il 43,9 per cento dei
lavoratori in proprio con istruzione terziaria. Esse rappresentano però
soltanto il 26 per cento circa di tutti i lavoratori autonomi con
dipendenti.
Nel progetto di relazione sono altresì riportati i dati (più aggiornati) 2014 sul divario retributivo. In tale anno nell’UE esso era pari al 16,6 per cento, con forti variazioni tra gli Stati membri. Secondo la Commissione europea diverse sono le ragioni che sottendono il divario retributivo di genere come, ad esempio, differenze nell'esperienza di lavoro, nell'orario di lavoro, nel tipo di lavoro o nel settore di impiego: in particolare, le donne tenderebbero a lavorare in settori in cui la retribuzione è relativamente più bassa, sarebbero meno presenti nelle posizioni dirigenziali e più rappresentate degli uomini nel lavoro a tempo parziale, la cui retribuzione oraria è inferiore a quella del lavoro a tempo pieno. In ogni caso, in quasi tutte le professioni si riscontrano divari retributivi di genere che avvantaggiano gli uomini.
Per l'UE nel suo insieme la segregazione del mercato del lavoro è relativamente elevata; la segregazione occupazionale raggiunge il 25,3 per cento e la segregazione settoriale il 18,3 per cento.
Di
seguito un grafico recante i divari retributivi nei diversi Stati membri
insieme al dato medio europeo: Fonte Eurostat.
La retribuzione più bassa, l'orario di lavoro più breve e la durata più limitata delle carriere delle donne finiscono per incidere negativamente anche sul trattamento pensionistico.
In particolare, secondo il Rapporto 2016 sulla
parità tra donna e uomo, tra il 2008 e il 2014 il divario di genere nelle
pensioni è rimasto stabile nell’UE nel suo insieme; tuttavia la Commissione
europea ha registrato che tale divario si è allargato in modo significativo in
Austria, Cipro, Germania, Spagna, Italia e Paesi Bassi.
La Commissione europea sottolinea che nel 2014 la pensione percepita dalle donne era in media del 40 per cento inferiore alla pensione degli uomini, e, in certi paesi, un terzo delle donne anziane non percepiva nessun tipo di pensione.
Di seguito una tabella con l’indice di gender gap nelle pensioni (riferito a persone tra 65 e i 74 anni di età: Fonte Eurostat.
Il medesimo Rapporto registra altresì il dato relativo al divario di genere nella copertura pensionistica, ovvero il gap tra le proporzioni di uomini e donne che hanno diritto all’accesso al sistema pensionistico. Secondo la Commissione europea la differenza tra i tassi di copertura in sei Stati membri supera i 10 punti percentuali.
Divario di genere per quanto riguarda la copertura pensionistica (persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni): Fonte Eurostat
Per questi motivi, in vecchiaia, le donne sarebbero esposte a un rischio di povertà molto più elevato rispetto agli uomini; in media il 15,7 per cento delle donne di età pari o superiore a 65 anni sarebbe a rischio di povertà, rispetto all'11,3 per cento degli uomini.
La
Commissione europea ha altresì diffuso i dati relativi alla partecipazione
delle donne ai centri decisionali nel mondo economico e alla direzione politica
degli Stati membri .
In particolare, sebbene la presenza femminile nei consigli di amministrazione delle imprese continui ad essere bassa, si registrano alcuni progressi a partire dal 2010: la percentuale di donne nei board delle grandi imprese quotate in borsa è salita dal 11,9 per cento dell’ottobre 2010 al 22,7 per cento nell’ottobre 2015.
Secondo la Commissione europea, il miglioramento deve attribuirsi per lo più alla crescita del dibattito pubblico sulla questione e a interventi legislativi da parte degli Stati membri.
Di seguito un grafico con le percentuali relative alla presenza delle donne e degli uomini nei consigli di amministrazione delle grandi imprese quotate in borsa nel 2015, compreso il divario per quanto riguarda i principali ruoli direttivi (Presidente del board e Chief Executive Officer- Amministratore delegato): Fonte Commissione europea
Nel
seguente grafico si riportano i trend 2010-2014 degli Stati membri circa la
presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle grandi imprese
quotate in borsa: Fonte Commissione europea
Dal grafico si desume che in Italia, nel periodo di tempo considerato, si è registrato un miglioramento del 25 per cento.
Per
quanto riguarda infine la partecipazione delle donne al processo decisionale
politico, il Rapporto indica che nell’UE la presenza femminile media tra i
membri delle Camere singole/basse nei Parlamenti degli Stati membri si attesta
al 28,5 per cento. Secondo la Commissione europea se, da un lato, il
dato del 2015 conferma un costante miglioramento negli ultimi dieci anni,
dall’altro, il tasso di variazione registrato consentirebbe, in base alle
previsioni, il raggiungimento di una piena parità di genere nei Parlamenti
solo nel 2051.
Vi sono inoltre notevoli differenze tra gli Stati membri, atteso che nel mese di novembre 2015 nei Parlamenti di Svezia, Spagna e Finlandia la percentuale delle donne ha raggiunto il 40 per cento, mentre in Lettonia, Irlanda, Romania, Malta e Cipro è inferiore al 20 per cento; l’Ungheria è considerato lo Stato membro meno virtuoso con un dato sotto il 10 per cento.
Si possono trarre simili conclusioni anche per quanto riguarda la composizione dei Governi nazionali: a fronte di Stati membri in cui circa il 50 per cento dei Ministri sono donne (Svezia, Slovenia e Francia), si registrano Governi (Ungheria, Slovacchia) privi di presenza femminile.
Di
seguito un grafico recante la presenza delle donne nei Parlamenti (Camere
singole o basse) e nei Governi degli Stati membri dell’Unione europea nel novembre
2015: Fonte Commissione europea
L'Unione europea si fonda su un insieme di valori, tra cui l'uguaglianza, e promuove la parità tra uomini e donne (articolo 2 e articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea - TUE). Tali obiettivi sono altresì sanciti dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali.
Inoltre,
l'articolo 8 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE
attribuisce all'Unione il compito di eliminare le ineguaglianze e di promuovere
la parità tra uomini e donne in tutte le sue attività (questo concetto è
noto anche come gender mainstreaming - integrazione della
dimensione di genere). Nella dichiarazione 19, allegata all'atto finale
della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona,
l'Unione e gli Stati membri si sono, tra l’altro, impegnati a lottare contro
tutte le forme di violenza domestica per prevenire e punire questi atti criminali
e per sostenere e proteggere le vittime.
Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro è sancito dai Trattati europei sin dal 1957 (e, attualmente, dall'articolo 157 del TFUE). Inoltre, l'articolo 153 del TFUE consente all'UE di intervenire nell'ambito più ampio delle pari opportunità e della parità di trattamento nei settori dell'impiego e dell'occupazione. In tale contesto, l'articolo 157 del TFUE autorizza anche l’azione positiva finalizzata all’emancipazione femminile. L'articolo 19 del TFUE consente altresì l'adozione di provvedimenti legislativi per combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle fondate sul sesso. La legislazione volta a contrastare la tratta di esseri umani, in particolare di donne e bambini, è stata adottata a norma degli articoli 79 e 83 del TFUE, e il programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza finanzia, tra l'altro, le misure volte a eradicare la violenza contro le donne conformemente all'articolo 168 del TFUE.
Per
quanto riguarda la legislazione dell'UE in materia di parità di genere si
ricordano, tra le altre:
· la direttiva 2004/113/CE, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura;
Con la risoluzione del 24 maggio 2012 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, il Parlamento europeo ha chiesto la revisione delle disposizioni della direttiva che riguardano la parità di retribuzione;
· la direttiva 2010/18/UE, dell'8 marzo 2010 (come modificata alla fine del 2013), che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, EAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE;
· la direttiva 2010/41/CE, del 7 luglio 2010, che stabilisce gli obiettivi relativi all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità, e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio;
· la direttiva 2011/36/UE, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. La disciplina, volta al ravvicinamento delle sanzioni per la tratta di esseri umani tra gli Stati membri e delle misure di sostegno per le vittime, invita, tra l’altro, gli Stati membri a valutare la possibilità di adottare misure affinché costituisca reato la condotta di chi ricorre consapevolmente ai servizi, oggetto di sfruttamento, prestati da una persona che è vittima della tratta, al fine di scoraggiare la domanda;
· la direttiva 2011/99/UE, del 13 dicembre 2011, che istituisce l’Ordine di protezione europeo allo scopo di proteggere una persona da atti di rilevanza penale compiuti da un’altra persona tali da metterne in pericolo la vita, l’integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l’integrità sessuale, e che consente all’autorità competente di un altro Stato membro di continuare a proteggere la persona all’interno di tale altro Stato membro. La direttiva è rafforzata dal regolamento (UE) n. 606/2013 del 12 giugno 2013 relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile;
· la direttiva 2012/29/UE, del 25 ottobre 2012, che stabilisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.
Nell’ambito del bilancio UE, il programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza finanzia progetti volti a raggiungere la parità di genere e porre fine alla violenza contro le donne (articolo 4). Insieme al programma Giustizia (regolamento 2013/1382), esso è stato dotato di 15.686 milioni di euro fino al 2020 (regolamento QFP 1311/2013) e consolida sei programmi del periodo di finanziamento 2007-2013, tra cui il Programma Daphne III (decisione 779/2007) ed entrambe le sezioni «Anti-discriminazione e diversità» e «Uguaglianza di genere» del Programma per l'occupazione e la solidarietà sociale (PROGRESS) (decisione 1672/2006/CE).
Il relativo allegato specifica che la promozione dell'uguaglianza di genere sarà finanziata insieme ad altre misure antidiscriminatorie nell’ambito del Gruppo 1, al quale viene assegnata una quota del 57 per cento dei finanziamenti. La lotta alla violenza contro le donne è inclusa nel Gruppo 2, con il 43 per cento della dotazione finanziaria complessiva del programma.
Per il 2016, alla linea di bilancio 33 02 02 (Promuovere la non discriminazione e la parità) sono stati assegnati 33.546.000 euro in stanziamenti d'impegno e 23.000.000 euro in stanziamenti di pagamento, con un aumento considerevole nei pagamenti rispetto al 2015. Inoltre sono stati assegnati ulteriori 25.306.000 euro per contribuire, tra gli altri obiettivi, alla protezione delle donne contro tutte le forme di violenza e alla lotta contro tale violenza.
Nel dicembre 2006 il
Parlamento europeo e il Consiglio hanno creato l'Istituto europeo per
l'uguaglianza di genere, con sede a Vilnius, in Lituania, con l'obiettivo
generale di sostenere e rafforzare la promozione della parità di genere,
ivi compresa l'integrazione di genere in tutte le politiche unionali
e nazionali.
L'Istituto si prefigge altresì l'obiettivo di combattere le discriminazioni fondate sul sesso e di svolgere un'opera di sensibilizzazione sul tema della parità di genere, fornendo assistenza tecnica alle istituzioni europee mediante la raccolta, l'analisi e la diffusione di dati e strumenti metodologici.
Il 5
marzo 2010 la Commissione ha adottato la Carta
delle donne nell'ottica di migliorare la promozione dell'uguaglianza tra
donne e uomini; nel dicembre 2015 ha altresì pubblicato l'impegno
strategico per l'uguaglianza di genere 2016-2019 al fine di monitorare e
prorogare la
strategia della Commissione per l'uguaglianza tra uomini e donne (2010-2015).
L'impegno
strategico è incentrato sui seguenti cinque settori:
· aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e pari indipendenza economica;
· riduzione del divario di genere in materia di retribuzioni, salari e pensioni e, di conseguenza, lotta contro la povertà tra le donne;
· promozione della parità tra donne e uomini nel processo decisionale;
· lotta contro la violenza di genere e protezione e sostegno delle vittime;
· promozione della parità di genere e dei diritti delle donne in tutto il mondo.
Il 26 ottobre 2015 il Consiglio ha adottato conclusioni relative al Piano d'azione sulla parità di genere 2016-2020. Il Piano è basato sul documento congiunto dei servizi della Commissione e del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sul tema «Parità di genere ed emancipazione femminile: trasformare la vita delle donne e delle ragazze attraverso le relazioni esterne dell'UE (2016-2020)».
Nel nuovo Piano d'azione si sottolinea, tra l’altro, la necessità di realizzare pienamente il godimento, pieno e paritario, di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali da parte delle donne e delle ragazze e il conseguimento della loro emancipazione e della parità di genere.
È
tuttora all’esame delle Istituzioni legislative europee la proposta di
direttiva COM(2012)614
che fissa come obiettivo per il 2020 una percentuale del 40% di
amministratori senza incarichi esecutivi del sesso sottorappresentato,
approvata in prima lettura dal Parlamento europeo nel novembre 2013.
Sulla proposta il Consiglio non ha
ancora adottato la propria posizione in prima lettura a causa dell'opposizione
di un blocco nutrito di Paesi. Si segnala che, in tal senso, hanno sollevato
rilievi sul rispetto del principio di sussidiarietà i Parlamenti
nazionali di Danimarca, Paesi Bassi, polonia, Svezia e Regno Unito, e la Camera
dei deputati della Repubblica ceca.
Si segnala infine che nel 2008 la Commissione europea aveva presentato una proposta di riforma della direttiva 92/85/CEE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Sulla proposta il Parlamento aveva approvato la propria posizione in prima lettura, sostenendo un congedo di maternità pienamente retribuito di 20 settimane . Tuttavia, poiché non è stato raggiunto un accordo tra il Parlamento e il Consiglio sulla proposta della Commissione, quest'ultima ha ritirato la proposta e l'ha sostituita con una tabella di marcia per l'iniziativa "Nuovo inizio per affrontare le sfide dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata incontrate dalle famiglie che lavorano".
Negli ultimi anni il Parlamento europeo ha contribuito alla definizione generale delle politiche nel settore della parità di genere elaborando relazioni di iniziativa e richiamando l'attenzione delle altre Istituzioni su problemi specifici.
In particolare, ogni anno il Parlamento europeo approva una risoluzione che valuta i progressi compiuti verso il raggiungimento della parità tra donne e uomini. Tra le iniziative più recenti si ricordano :
· la risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2015 sui progressi concernenti la parità tra donne e uomini nell'Unione europea nel 2013;
· la risoluzione dell’8 marzo 2016 sull'integrazione della dimensione di genere nei lavori del Parlamento europeo (gender mainstreaming);
· la risoluzione dell’8 marzo 2016 sulla situazione delle donne rifugiate e richiedenti asilo nell'UE;
Si segnala anche la recente risoluzione del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio tra vita privata e vita professionale;
Il Parlamento europeo si sta adoperando per
l'integrazione della dimensione di genere nelle attività di tutte le sue
Commissioni. A tal fine, sono state istituite due reti sull'integrazione
della dimensione di genere, coordinate dalla commissione FEMM. La rete dei
presidenti e vicepresidenti per la dimensione di genere riunisce deputati che
sostengono l'introduzione di una dimensione di genere nel lavoro delle loro
rispettive commissioni. Sono assistiti da una rete di amministratori incaricati
dell'integrazione della dimensione di genere in ognuna delle segreterie di
commissione. Il gruppo ad alto livello sull'uguaglianza di genere promuove la formazione
e la sensibilizzazione sull'integrazione della dimensione di genere tra il
personale del Parlamento europeo e dei gruppi politici.
Il 16 giugno 2016 il Consiglio europeo ha adottato delle Conclusioni sulla parità di genere. Dopo avere accolto con favore i cinque settori di intervento prioritari e le questioni orizzontali indicati nell'impegno strategico della Commissione per la parità di genere 2016-2019 (par. 19), il Consiglio europeo rivolge specifici e dettagliati inviti alla Commissione europea ed agli Stati membri per l'attuazione dell'impegno medesimo (par. 23-33). In particolare, la Commissione viene invitata a "integrare in tutte le politiche e le attività dell'UE un piano d'azione concreto per l'attuazione di una prospettiva di parità di genere sistematica e visibile" (par. 27). Si auspica in quest'ottica l'adozione di una nuova strategia ad alto livello sulla parità di genere sotto forma di comunicazione ma anche l'integrazione della dimensione di genere nel contesto del semestre europeo (par. 31).
Da ultimo si ricorda che il 3 marzo 2017 il Consiglio dell’UE Occupazione, politica sociale, salute e consumatori ha approvato conclusioni sul miglioramento delle competenze delle donne e degli uomini nel mercato del lavoro dell'UE, recanti una serie di indicazioni anche in materia di divario di genere.
In particolare, il Consiglio ha, tra l’altro, invitato gli Stati membri:
· a dare la priorità, nell'attuazione della strategia Europa 2020, all'eliminazione degli ostacoli alla partecipazione di donne e uomini al mercato del lavoro, prestando particolare attenzione all'importanza delle competenze, al fine di raggiungere l'obiettivo principale di innalzare al 75% il tasso di occupazione delle donne e degli uomini di età compresa tra 20 e 64 anni;
· a intensificare gli sforzi tesi a integrare la prospettiva di genere nelle rispettive politiche nazionali in materia di competenze e mercato del lavoro e a tal fine, ove pertinente, includere tali misure nei piani d'azione nazionali e/o nell'ambito del semestre europeo, conformemente agli orientamenti in materia di occupazione, prestando particolare attenzione agli svantaggi specifici che le donne devono affrontare nel mercato del lavoro e nel corso della vita. Secondo il Consiglio misure che tengano conto della dimensione di genere dovrebbero essere concepite in modo da conseguire, tra l’altro i seguenti obiettivi:
o combattere la segregazione occupazionale orizzontale basata sul genere e promuovere misure volte a migliorare il riconoscimento e lo status di settori che occupano principalmente donne, quali i lavori domestici, il settore sanitario, i servizi sociali e il settore dell'assistenza, nonché prendere in considerazione misure per migliorare la retribuzione in tali settori rispettando nel contempo le circostanze nazionali e il ruolo delle parti sociali;
o promuovere la parità di accesso delle donne e degli uomini alla professione docente, anche per offrire ai discenti modelli di riferimento sia maschili che femminili;
o combattere la discriminazione di genere, la segregazione e gli stereotipi basati sul genere nell'istruzione, nella formazione, anche professionale, e nell'orientamento professionale; promuovere la parità di genere nelle scuole, negli istituti superiori e nelle università; incoraggiare ragazze, ragazzi, donne e uomini provenienti da tutti i contesti a scegliere percorsi di studio e di lavoro conformi alle loro capacità e competenze, non sulla base di stereotipi di genere, in particolare promuovendo l'accesso di donne e ragazze a settori di studio e lavoro come la scienza, la tecnologia, l'ingegneria e la matematica ("STEM") e, per contro, incoraggiando uomini e ragazzi a studiare e lavorare in settori quali i servizi sociali, l'assistenza all'infanzia e l'assistenza a lungo termine;
o continuare ad analizzare il fenomeno dell'abbandono scolastico da una prospettiva di genere prendendo in considerazione le varie difficoltà che ostacolano il successo scolastico,
o affrontare il divario di genere in materia di occupazione tra i lavoratori vicini alla pensione mediante un approccio intersettoriale, prestando particolare attenzione alla necessità di fornire sostegno alle donne e agli uomini in situazioni di disoccupazione di lungo periodo, salvaguardando le pari opportunità nell'occupazione, ad esempio nell'avanzamento e progressione di carriera nonché nelle retribuzioni o nelle promozioni, e fornendo servizi di sostegno per le donne e gli uomini con responsabilità di assistenza.
Il Consiglio dell’UE ha infine invitato la Commissione europea a:
Ø sostenere gli Stati membri nei loro sforzi volti ad integrare la prospettiva di genere nelle politiche relative al mercato del lavoro, anche nell'ambito dell'attuazione della strategia Europa 2020 (in particolare attraverso il semestre europeo) e della nuova agenda per le competenze per l'Europa, nonché nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei e nel pilastro europeo dei diritti sociali annunciato nel programma di lavoro della Commissione per il 2017;
Ø garantire che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche e nelle misure finalizzate al miglioramento delle competenze, in particolare nelle occupazioni connesse alla digitalizzazione, alla scienza, alla ricerca e allo sviluppo, nonché nei settori dell'apprendimento permanente e nel mercato del lavoro;
Ø promuovere programmi e politiche che riconoscano e tengano conto delle diverse circostanze ed esigenze di donne e uomini - in particolare di genitori e prestatori di assistenza in situazioni di lavoro precario - in modo da migliorare l'accesso a iniziative favorevoli alla famiglia, a modalità di lavoro flessibile e "agile" per donne e uomini e a servizi di assistenza formale accessibili, di qualità e a costi sostenibili per i figli e le altre persone a carico (compresa l'educazione e cura della prima infanzia); incoraggiare i padri a utilizzare il congedo di paternità e parentale e i datori di lavoro ad agevolarne l'esercizio, in modo da consentire alle donne di aumentare la loro partecipazione al mercato del lavoro. La Commissione dovrebbe tenere conto di tali aspetti al momento di porre in essere l'iniziativa intesa ad affrontare le sfide incontrate dalle famiglie che lavorano per equilibrare vita professionale e vita privata, annunciata nel programma di lavoro della Commissione per il 2017;
Ø fornire finanziamenti e sostegno per iniziative di sensibilizzazione sulla parità e i diritti in materia di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché sui vantaggi dell'apprendimento permanente e i servizi disponibili per orientare e assistere le persone scarsamente qualificate che desiderano migliorare la loro capacità di trovare occupazione, anche nell'ambito dell'attuazione della nuova agenda per le competenze per l'Europa.
Nel Programma di lavoro per l'anno 2017 (COM(2016) 710),
la Commissione europea ha preannunciato l’intenzione di presentare una serie di
iniziative correlate al pilastro dei
diritti sociali. Tra queste, l'Allegato I
fa specifico riferimento ad un'iniziativa che dovrebbe affrontare le
problematiche legate alla conciliazione tra vita professionale e vita
privata per le famiglie che lavorano (iniziativa 11). Dovrebbe avere
carattere sia legislativo che non legislativo ed essere corredata da una
valutazione d'impatto. Le Conclusioni del Consiglio "Occupazione" dell'8 dicembre 2016 preannunciano la presentazione
di tali iniziative per il mese di marzo 2017. In occasione del dibattito che ha
avuto luogo in Consiglio sono state inoltre tratteggiate, in generale, le
caratteristiche del "modello sociale europeo", che dovrebbe
realizzare al tempo stesso convergenza sociale e un migliore equilibrio tra la
crescita economica ed un'Europa sociale. Ciò dovrebbe implicare, tra l'altro,
"la riduzione delle ineguaglianze e la promozione della parità (...) di
genere". Del resto, quello delle pari opportunità è uno dei tre principi
basilari attorno ai quali ruota il Pilastro europeo.
Anche il Governo italiano, nella propria Relazione programmatica sulla
partecipazione dell'Italia all'Unione europea, manifesta l’intenzione di mantenere un'attenzione costante sulla
politica sociale, indicata anche tra le priorità generali della Presidenza maltese. Si individuano i seguenti elementi principali:
1) l'attuazione delle direttive europee sulla parità di trattamento. Si ricorda che nei confronti dell'Italia è pendente una procedura di infrazione (2013_4199) per non conformità della legge 22 dicembre 2011, n. 214 (riforma delle pensioni) con la direttiva 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale;
2) la realizzazione di standard e buone prassi;
3) la non discriminazione e integrazione della parità nella strategia Europa 2020;
4) la realizzazione di piani di azione su LGBTI. Una Conferenza al livello ministeriale sulle questioni LGBTIQ[3] è prevista anche tra gli eventi organizzati dalla Presidenza maltese;
5) la realizzazione di piani di azione contro le discriminazioni per motivi di età, etnico-razziali e religiosi.
[1] Il progetto di relazione comune sull'occupazione, prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si iscrive nel quadro del pacchetto sull'analisi annuale della crescita che dà l'avvio al semestre europeo. La relazione, intesa a dare un contributo importante alla governance economica dell'UE, offre una panoramica annuale dei principali sviluppi sociali e occupazionali in Europa nonché delle misure di riforma adottate dagli Stati membri in linea con gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione e con le priorità dell'analisi annuale della crescita.
[2] Per maggiori dettagli sulle iniziative l'anno 2017, si rinvia al Dossier n. 50/DE ("Il programma dell'Unione europea per il 2017"), realizzato dal Servizio studi del Senato della Repubblica assieme all'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati.
[3] "LGBTIQ" è acronimo di "Lesbians, gay, Bisexual, Transgender, Intersex, Questioning". La Conferenza della Presidenza maltese sarà finalizzata ad approfondire il piano d'azione della Commissione europea (si vedano, in proposito, la lista di azioni per fare avanzare l'eguaglianza della comunità LGBTI e lanciato la campagna "We all share the same dreams".