Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Settori culturali e creativi nell'Unione europea - Bruxelles, 11 ottobre 2016 | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 68 | ||||
Data: | 06/10/2016 | ||||
Descrittori: |
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Documentazione per le Commissioni
riunioni interparlamentari
Settori culturali e creativi nell’Unione europea
Bruxelles, 11 ottobre 2016
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 34 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 68 |
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Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier europei n. 34
Ufficio rapporti con l’Unione europea
Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it
Dossier n. 68
Il capitolo ‘Interventi per la promozione del settore culturale e creativo in Italia” è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento cultura, scienze e istruzione (' 066760.3255)
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
INDICE
ordine del giorno
L’ambito culturale dell’Unione europea e la sua dimensione economica
Sessione I - Strategie per la promozione dei settori culturali e creativi
Programma della Presidenza slovacca in materia di cultura
Parlamento europeo: testi approvati o in corso di approvazione
Sessione II - Promuovere l’impegno dei cittadini nella cultura
Fruizione di spettacoli dal vivo
Famiglie con accesso a internet
Uso di Internet per scopi culturali
Spesa delle famiglie per scopi culturali
La riunione interparlamentare, organizzata dalla Commissione Cultura (CULT) del Parlamento europeo, è inclusa nell’elenco delle conferenze interparlamentari del secondo semestre 2016 trasmesso ai Parlamenti nazionali dal Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz.
Il programma della riunione si articola in 2 sessioni: I) “Strategie per la promozione dei settori culturali e creativi”; II) “Promuovere l’impegno dei cittadini nella cultura”.
La riunione sarà introdotta dalla Presidente della stessa Commissione Cultura (CULT), Silvia Costa, dal Direttore generale per i media, l'audiovisivo ed il copyright del Ministero della cultura della Repubblica slovacca, Anton SKREKO, e dalla Direttrice generale per l'educazione e la cultura della Commissione europea, Martine REICHTERS.
La Commissione Cultura (CULT) del Parlamento europeo è competente per:
· gli aspetti culturali dell'Unione europea ed in particolare: a) il miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura; b) la protezione e la promozione della diversità culturale e linguistica; c) la conservazione e la salvaguardia del patrimonio culturale; d) gli scambi culturali e la creazione artistica;
· la politica dell'Unione europea nel campo dell'istruzione, compresi il settore dell'istruzione superiore europea, la promozione del sistema delle scuole europee e l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita;
· la politica dell'audiovisivo e gli aspetti culturali ed educativi della società dell'informazione;
· la politica della gioventù;
· lo sviluppo delle politiche dello sport e delle attività ricreative;
· la politica dell'informazione e dei media;
· la cooperazione con i paesi terzi nei settori della cultura e dell'istruzione e le relazioni con le organizzazioni e istituzioni internazionali interessate.
La Commissione Cultura (CULT) (v. agenda dei lavori) ha in calendario l’esame della Relazione sull'attuazione del programma "Europa creativa” 2015/2328(INI) (data del voto prevista: seduta del 24 gennaio 2017). Nella seduta del 5 settembre 2016, in stretta relazione con le politiche per la cultura e il programma Europa creativa, sono stati presentati due studi a cura del dipartimento tematico B e del Servizio Ricerca del Parlamento europeo aventi ad oggetto i sottoprogrammi “Cultura” e “Media” di “Europa creativa”.
L'azione dell'UE in ambito culturale è disciplinata dall'articolo 167 (ex 151 TCE)[1] del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che sancisce i principi e il quadro attuale in materia di politica culturale e comprende contenuti sostanziali e procedure decisionali. L'articolo 6 del TFUE stabilisce le competenze dell'UE in ambito culturale: «l'Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri».
Il trattato di Lisbona conferisce un'importanza accresciuta alla cultura: nel preambolo del trattato sull'Unione europea (TUE) si fa esplicito riferimento alla volontà di ispirarsi «alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa». Tra gli obiettivi prioritari dell'UE, come specificato nel trattato, figura l'impegno a rispettare «la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e [a vigilare] sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo» (articolo 3 del TUE). Il trattato di Lisbona introduce un'importante innovazione: le decisioni relative alle questioni culturali in seno al Consiglio non sono più soggette al requisito dell'unanimità, come in passato, ma adottate ricorrendo al voto a maggioranza qualificata (VMQ). Tuttavia, poiché non sono previste possibilità di armonizzazione della legislazione nazionale nel settore della politica culturale, la regola del VMQ si applica, principalmente, alle decisioni concernenti il formato e l'ambito dei programmi di finanziamento. Il trattato prevede, dunque, che l'UE contribuisca al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune.
Il tema è anche oggetto di specifiche statuizioni della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che, all'articolo 13, stabilisce che «le arti e la ricerca scientifica sono libere» mentre all’articolo 22 sancisce che «l'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica».
La cultura è riconosciuta quale fattore essenziale per conseguire gli obiettivi strategici dell'UE in materia di prosperità, solidarietà e sicurezza e garantire nel contempo una presenza più forte sulla scena internazionale dall'Agenda europea per la cultura 2007[2], che è basata su tre serie di obiettivi comuni: diversità culturale e dialogo interculturale, cultura come catalizzatore della creatività e cultura come componente essenziale delle relazioni internazionali.
Tra i programmi di azione, oltre le iniziative relative alle Capitali europee della cultura (CEDC), ai Premi nel campo del patrimonio culturale, dell'architettura, della letteratura e della musica e alla mobilità transnazionale degli artisti e dei professionisti della cultura, particolare rilievo assume il programma “Europa creativa”.
La cultura è considerata uno dei maggiori punti di forza in Europa perché, oltre ad essere fonte di valori e di identità, dà il senso di appartenenza al continente. Nei suoi diversi contenuti e profili essa contribuisce al benessere delle persone, alla coesione e all'inclusione sociale, nonché allo sviluppo anche economico: i settori culturali e creativi rappresentano un volano per la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e per il commercio estero. Come hanno messo in luce vari studi[3] citati nel Libro Verde della Commissione europea “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare”, COM(2010)183, il settore delle industrie culturali e creative si compone di imprese altamente innovative con un grande potenziale economico ed è uno dei settori più dinamici d'Europa, che contribuisce per il 2,6% al PIL dell'Unione europea, ha un elevato tasso di crescita e offre impieghi di qualità a milioni di persone nei paesi membri dell'UE.
Il piano di lavoro per la cultura 2015-2018[4], adottato nel dicembre 2014 dai ministri della Cultura dei paesi dell'UE, fissa quattro priorità principali per la collaborazione a livello europeo nel campo delle politiche culturali:
Per queste quattro priorità il piano di lavoro propone, nell’Allegato I, strumenti di lavoro, tematiche, attori, risultati attesi e calendario indicativo. In particolare, per i settori culturali e creativi, protagonisti dell’economia creativa e dell’innovazione, l’azione è indirizzata sulla tematica dell’accesso ai finanziamenti, sul ruolo delle politiche pubbliche nello sviluppo del potenziale in termini di imprenditorialità e di innovazione dei settori culturali e creativi, sul turismo culturale sostenibile.
Per quanto riguarda
i profili relativi all’occupazione, secondo quanto riportato nella più recente
pubblicazione periodica di Eurostat[6],
nell’Unione europea il settore “cultura” assorbe più di 6,3 milioni
di posti di lavoro rappresentando quasi il 3% dell'occupazione
totale. Per “occupazione culturale” si intende l’occupazione di coloro che
lavorano in un settore definito come “culturale”, a prescindere dall’effettivo
ruolo svolto: riguarda quindi i posti di lavoro che abbracciano l’universo
culturale composto da professionisti, scrittori, architetti, musicisti,
giornalisti, attori, ballerini, bibliotecari, operatori artigianali e grafici
cioè, settorialmente parlando, ci si riferisce: ad attività “creative,
artistiche e d'intrattenimento,”; al settore relativo a “biblioteche, archivi,
musei e altre attività culturali”; al settore della produzione e programmazione
delle attività radiodiffusive, cinematografiche, video e televisive, di
registrazione del suono; al settore delle attività di design specializzate.
Il periodo 2011-2014 evidenzia un leggero ma costante incremento dei livelli occupazionali nel settore culturale. In termini assoluti il consuntivo del 2014 indica che i posti di lavoro culturale nell’Unione europea sono aumentati di 230.000 unità rispetto al 2011 (con un tasso medio di crescita pari ad 1,3%); l’incremento è avvenuto anche in termini relativi giacché l’occupazione culturale sul totale dell’occupazione è passata dal 2,8% del 2011 al 2,9% del 2014.
La tabella 1 riporta i dati relativi all’occupazione mettendo a confronto gli anni 2011 e 2014. Nella tabella 2 vengono invece indicati i tassi medi di crescita dell’occupazione (AAGR), settoriale e totale, dal 2008 al 2014 (separandoli in due periodi: 2008-10 e 2011-2014).
Dalla lettura dei dati relativi ai singoli Stati, risulta che la percentuale di occupati nel settore cultura nel 2014 è estremamente variabile, andando dall’1,1% della Romania al 5,2% del Lussemburgo. Percentuali elevate (oltre il 3,5%) si registrano in Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia, Slovenia e Svezia. I paesi dell'EFTA (Islanda, Svizzera e Norvegia) segnano livelli percentuali sopra della media UE, mentre i paesi candidati (l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Turchia) raggiungono livelli al di sotto della media UE.
Tabella 1: livelli
occupazionali nel settore culturale negli anni 2011 e 2014 (in migliaia e in %)
[Fonte: Eurostat (cult_emp_sex)]
I dati di
tendenza evidenziano che i livelli occupazionali del lavoro culturale sono
stati investiti dalla crisi del 2008 (v. tabella 2), soprattutto nei
primi due anni del dopo-crisi finanziaria (2008-10), ma il settore ha
dimostrato una certa resilienza. Nel periodo 2008- 2010, infatti, il
numero di posti di lavoro culturali è aumentato con una media annua del 0,7%
che sembrerebbe una crescita modesta se non fosse che il livello totale
dell’occupazione nel medesimo periodo ha registrato un tasso di crescita medio
negativo pari al -1,4%. In altri termini il settore culturale ha dimostrato
maggiore capacità di opporsi alla crisi rispetto ad altri, aumentando i livelli
di occupazione sia in termini assoluti che relativi (% sul totale degli
occupati), mentre l’occupazione totale subiva un sensibile arretramento. Queste
tendenze divergenti erano ancora visibili dopo il 2011 anche se in misura
attenuata mentre, nel 2014, non sono più presenti e i tassi di crescita tornano
ad essere sostanzialmente simili (1,4% per l'occupazione culturale, 1,3% per
l'occupazione totale).
Tabella 2: tassi medi di crescita dell’occupazione
(AAGR) nel settore culturale e sul totale dei livelli occupazionali. Raffronto
periodi 2008-10 e 2011-14) [Fonte:
Eurostat (cult_emp_sex) e (lfsa_egan2)]
La figura 1 descrive i livelli occupazionali nel settore culturale per il 2014 in termini di percentuale sui livelli di occupazione totale. Nella figura 2 vengono invece indicati i livelli di occupazione nel settore culturale in rapporto all’occupazione totale dell’UE-28, anni 2008–14, sia in numeri assoluti (milioni di occupati) che in percentuale sul totale dei livelli di occupazione.
Figura 1: Occupazione nel settore culturale, anno 2014
(% sul totale dell’occupazione)
Fonte: Eurostat (cult_emp_sex)
Figura 2: Occupazione nel settore culturale in
rapporto all’occupazione totale dell’UE-28, anni 2008–14. In milioni di
occupati e in percentuale sul totale dei livelli di occupazione
Fonte: Eurostat (cult_emp_sex) e (lfsa_egan2)
L’occupazione
nel settore culturale è prevalentemente appannaggio di persone fornite di
istruzione universitaria (cd. terziaria). Nel 2014, circa il 60% degli
occupati dell’UE nel settore era in possesso di un’istruzione di livello
universitario, mentre solo il 7% aveva un’istruzione secondaria inferiore;
circa un terzo risultava in possesso di un’istruzione secondaria superiore o
post-secondaria superiore non terziaria. Significativamente, in confronto
all’incidenza sull’occupazione generale, ove la percentuale di lavoratori
muniti di istruzione universitaria è pari al 33%, nel settore cultura tale
percentuale è praticamente doppia e distanzia di ben 27 punti quella
sull’occupazione totale (vedi Figura 3). Ciò non è del resto sorprendente,
considerando che molte occupazioni culturali richiedono anni di studio (ad
esempio architetti, giornalisti, linguisti, musicisti, ecc.).
Figura 3: Lavoratori con livello di istruzione
terziaria: incidenza percentuale sull’occupazione culturale e sull'occupazione totale,
2014
Fonte: Eurostat (cult_emp_edu) e (cult_emp_artpc)
Nel 2014, in 23 Stati membri dell'UE, più della metà degli occupati del settore culturale avevano un’istruzione di livello terziario. Tale percentuale è superiore al 60% in 13 paesi: Bulgaria, Francia, Slovenia, Finlandia, Irlanda, Polonia, Regno Unito, Estonia, Cipro, Belgio, Lituania, Spagna e Lussemburgo (in questo ultimo caso si arriva all’84%). Risulta invece inferiore al 50% in Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Italia e Malta ove, comunque, la percentuale dei lavoratori del settore culturale con alle spalle un’istruzione almeno universitaria è di gran lunga superiore a quella concernente l’occupazione totale.
La dinamicità del settore
è ben descritta dall’andamento dei saldi del commercio culturale dell'UE.
Da un deficit commerciale di 2.068.000 euro nel 2008 si è passati ad un
avanzo commerciale pari a 1.857.000 euro nel 2014. Il rapporto
export/import è aumentato da 0,8 a 1,2 (v. tabella 3); la variazione è il
risultato dell’aumento delle esportazioni, da 10.535.000 euro a 12.725.000
euro, a fronte della diminuzione delle importazioni, da 12.603.000 euro a
10.868.000 euro.
Tabella 3: Livelli di scambio commerciale di beni
culturali extra-UE in milioni di euro, anni 2008 e 2014 (UE-28)
Fonte: Eurostat (cult_trd_prd)
Da una rapida
analisi sull’andamento del tasso medio di crescita annuo (AAGR), che
è pari al + 3,2% per quanto riguarda le esportazioni e a -2,4%
per le importazioni a livello globale, si nota che tra il 2008 e il 2014,
la crescita delle esportazioni è stata sostenuta per le categorie di beni
culturali “opere d'arte” (che ha fortemente contribuito al generale
miglioramento della bilancia commerciale dei beni culturali) e “antiquariato”
(questo ultimo ha registrato, per altro, anche il valore di crescita più
elevato in termini di esportazioni). La categoria “opere d'arte” è stata anche una
dei maggiori contributori al generale miglioramento della bilancia commerciale
dei beni culturali. Anche il settore “Libri” ha contribuito significativamente
al miglioramento della bilancia commerciale (con il secondo avanzo commerciale
in assoluto) e il suo tasso di crescita nel 2014 ha segno positivo rispetto al
2008.
Le categorie “giornali, riviste e periodici", "film, videogiochi e console”, e “CD, DVD e dischi in vinile”, hanno fatto registrare prestazioni in arretramento e risultano negativi gli indicatori AAGR sia delle importazioni che delle esportazioni; segnatamente per la categoria “CD ecc.” si evidenzia che, nel 2014 rispetto al 2008, il valore delle relative importazioni si è più che dimezzato (-55%): ciò, per altro, è coerente con i mutamenti tecnologici avvenuti in termini di cambiamento dei supporti per la fruizione di contenuti culturali che, in digitale, sono ormai disponibili tramite internet.
Le categorie di beni culturali "libri", "strumenti musicali", "lastre fotografiche e pellicole”, e ”mappe”, registrano, nel periodo, un aumento delle esportazioni e una diminuzione delle importazioni, mentre per le due categorie di beni culturali “ricami e stoffe a maglia” e “progetti architettonici e disegni” le esportazioni sono diminuite mentre sono cresciute le importazioni; in particolare le esportazioni della categoria “progetti architettonici ecc.” ha fatto registrare un decremento delle esportazioni molto accentuato di circa il 27% annuo, tanto che il rapporto export / import è passato da oltre 50 nel 2008 a poco più di 7 nel 2014
I tassi di crescita relativi alle esportazioni nel perio 2008-2014 dei singoli Stati evidenziano tendenze divergenti, con incrementi e decrementi anche a doppia cifra. Dodici Stati membri dell'UE hanno registrato AAGR positivi delle esportazioni: Lettonia e Cipro hanno realizzato AAGR più alti (rispettivamente 19% e 13%) e in Lettonia le esportazioni, nel predetto periodo, sono cresciute di oltre 60 milioni di euro (da circa 35 milioni di euro nel 2008 a circa 100 milioni di euro nel 2014). Al contrario, il tasso di crescita delle esportazioni nel periodo considerato è stato nettamente negativo in Irlanda (-22%), con un calo di oltre 450 milioni di euro (da 606 a 136 milioni di euro), e in Finlandia; nei restanti paesi UE che hanno registrato tassi negativi si va dal -8% della Bulgaria al -0,3 della Francia.
Figura 4: Tasso di crescita medio annuo delle
esportazioni di beni culturali, 2008-14 (%)
Fonte: Eurostat (cult_trd_prd
Il più elevato tasso di
crescita medio (AAGR) delle importazioni culturali è stato registrato dalla
Polonia (11%), in gran parte a causa di un notevole incremento delle
importazioni dei beni della categoria ”film, videogiochi e console”, mentre
AAGR delle importazioni in crescita è stato registrato in soli altri due paresi
UE: Lituania e Estonia. Significativa la tendenza evidenziata da Cipro che, oltre
ad aver registrato il secondo più alto AAGR relativamente alle esportazioni, è
lo Stato membro che ha registrato anche il più drastico calo delle importazioni
(13% in meno l'anno). Tutti gli altri paesi UE hanno registrato un calo del
tasso di crescita medio annuo delle importazioni, che ha generalmente
interessato quasi tutte le categorie di beni culturali.
Figura 5: Tasso di crescita medio annuo delle
importazioni di beni culturali, 2008-14 (%)
Fonte: Eurostat (cult_trd_prd)
Sono, per altro, molti i fattori che possono aver contribuito alla caduta delle importazioni di beni culturali: la crisi economica, il passaggio al digitale (con perdita di interesse per altri supporti) e le nuove tecnologie hanno certamente influenzato i modelli di consumo culturale e di conseguenza la composizione del paniere delle importazioni.
Per quanto
riguarda le esportazioni culturali extra-UE, nel 2014 circa un terzo
è andato verso gli Stati Uniti e oltre un quinto verso la Svizzera:
queste due mete hanno rappresentato quasi il 54% delle esportazioni UE verso
paesi extra-UE (v. figura 6), composte per lo più di beni culturali della
categoria “opere d'arte”. Per altro può evidenziarsi come la quota di
commercio diretto verso gli Stati Uniti tra il 2008 e il 2014 si sia
significativamente incrementata (passando dal 27% al 33%), mentre la quota di
commercio verso la Svizzera sia restata sostanzialmente invariata (circa il
21%). È forse interessante, ancora, segnalare che l’insieme delle prime 10
destinazioni delle esportazioni culturali europee (platea di paesi ove, nel
2014, la Cina è subentrata al Sud Africa) ha, tra il 2008 e il 2014, aumentato
il proprio peso percentuale passando dal 75% al 78% del totale esportazioni
extra-UE (con un netto aumento delle esportazioni verso Hong Kong: dal 2% del
2008 al 6% del 2014).
Figura 6: Esportazioni di beni culturali. I dieci principali partner dell'UE-28 (solo commercio extra-UE), anni 2008 e 2014 (%)
Fonte: Eurostat (cult_trd_prt)
Oltre due
quinti delle importazioni europee di beni culturali da paesi extra-UE, nel
2014, ha avuto provenienza cinese (v. figura 7). Dalla Cina, che
comunque ha visto ridursi dal 52% del 2008 al 41% del 2014 la propria quota di
esportazione di beni culturali verso la UE, provengono soprattutto beni della
categoria “film, videogiochi e console”. Nel periodo preso in considerazione
gli Stati Uniti hanno consolidato la seconda posizione tra i primi dieci
paesi che esportano beni culturali verso la UE passando dal 22% del 2008 al 28%
del 2014 (soprattutto beni della categoria “opere d’arte”). Nel complesso la UE
sembra rivolgersi ad una schiera di fonti di importazione molto concentrata,
considerato che i primi 10 partner commerciali assicurano il 94% delle
importazioni culturali europee.
Figura 7: Importazioni di beni culturali. I dieci principali partner dell'UE-28 (solo commercio extra-UE), anni 2008 e 2014 (%)
Fonte: Eurostat (cult_trd_prt)
La prima sessione è dedicata alle strategie per promuovere i settori culturale e creativo.
La sessione avrà inizio con la presentazione di Vincent LAPAGE, Direttore del programma belga "Creative Wallonia". Si tratta di un programma quadro che pone la creatività al centro dell'azione della regione Vallonia in Belgio con un approccio caratterizzato dall'abbattimento delle barriere tradizionali tra i settori economici e la promozione di approcci di cooperazione.
Seguiranno interventi articolati in due diversi moduli, da parte di esponenti di Parlamenti nazionali e di Parlamentari europei.
La presente scheda dà conto delle principali azioni ed iniziative delle istituzioni europee (Commissione europea, Consiglio e Parlamento) nel settore culturale e creativo.
Le
dieci
priorità che il presidente Juncker ha individuato per la propria
Commissione nel luglio 2014, e che da allora ne guidano l'operato, non
contengono riferimenti diretti al settore culturale se non nella misura in cui
esso rientra nella priorità "Un mercato unico del digitale connesso".
Da ultimo il 4 ottobre 2016, in occasione dell’incontro tra Presidenti di
Commissioni del PE e collegio dei Commissari, la presidente
Silvia Costa ha fatto presente questa circostanza ed affermato
la necessità di inserire
cultura ed educazione tra le priorità della Commissione, rafforzando di
conseguenza queste politiche.
Tra
gli interventi della Commissione europea in materia, ascrivibili
all'attività di collegi precedenti, si ricordano in particolare la
"Comunicazione su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di
globalizzazione" (COM(2007)
242) e il Libro verde "Le industrie culturali e creative, un
potenziale da sfruttare"(COM(2010)
183).
La Comunicazione, del 10 maggio 2007, pone in luce come la ricchezza e la diversità culturale dell'Europa sono strettamente connesse al suo ruolo e alla sua influenza nel mondo. L'Unione europea viene configurata non come un mero processo economico ma come un progetto socio-culturale, per giunta "di successo", in grado di esercitare un soft power fondato su norme e valori condivisi. In quest'ottica la Comunicazione formula proposte di potenziamento della cooperazione culturale nell'UE, che tengano conto del processo di globalizzazione.
Il Libro verde è stato
pubblicato dalla Commissione europea il 27 aprile 2010.
Specifica che le industrie culturali e creative dispongono di un potenziale in gran parte inutilizzato di creazione di crescita e di occupazione, il che rende necessario individuare nuove fonti di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, e investire in esse per assicurarsi un futuro. Si evidenzia che, al di là del loro contributo diretto al PIL, le industrie culturali e creative sono anche "importanti forze motrici dell'innovazione economica e sociale in numerosi altri settori". I principali motori dello sviluppo futuro delle industrie culturali e creative vengono individuati nella diversità culturale, la digitalizzazione e la mondializzazione. Si pone in luce la necessità che le industrie culturali e creative si dotino degli strumenti adatti, evidenziando in particolar modo l'importanza dell'accesso al finanziamento e dello sviluppo locale e regionale.
Dal punto di
vista dei finanziamenti disponibili, si ricorda in particolare il Programma Europa
creativa[7],
strumento quadro per il supporto della cultura e dei settori audiovisivi in
Europa. Si tratta di un progetto finanziato con 1,46 miliardi di euro
nell'arco di sette anni (2014-2020) che sostiene, tra l'altro, progetti
di cooperazione transnazionale tra organizzazioni culturali, reti di supporto a
settori culturali e creativi, traduzione e promozione di opere letterarie,
sviluppo di competenze e formazione professionale, festival cinematografici che
promuovono film europei. "Europa creativa" sostiene altresì le
capitali europee della cultura ed il marchio del patrimonio europeo.
In particolare, "Europa creativa" persegue due obiettivi generali, ovvero:
1) promuovere e salvaguardare la diversità linguistica e culturale europea;
2) rafforzare la competitività del settore culturale e creativo per promuovere una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva.
Ad essi si affiancano quattro obiettivi specifici:
1) supportare la capacità del settore culturale e creativo europeo di operare a livello transnazionale;
2) promuovere la circolazione transnazionale delle opere culturali e creative e degli operatori culturali;
3) rafforzare la capacità finanziaria dei settori culturali e creativi, in particolare delle PMI;
4) supportare la cooperazione politica transnazionale al fine di favorire innovazione, policy development, audience building e nuovi modelli di business.
Il programma della Presidenza slovacca comprende un numero circoscritto di azioni rilevanti in tema di cultura, e segnatamente:
La
proposta di direttiva, adottata nell'ambito della strategia per il mercato
unico digitale in Europa, è stata presentata dalla Commissione europea il 25
maggio 2016 (COM(2016)
287). Si tratta di un'iniziativa che rappresenta un contributo importante
per il completamento del mercato unico dell'audiovisivo. Comporta modifiche
sostanziali alla disciplina vigente in materia, tenendo conto dei cambiamenti
intervenuti a livello di mercato, consumi e tecnologia nel panorama dei servizi
audiovisivi. Tra le finalità della proposta vi è la creazione di condizioni più
eque per tutti gli operatori, la promozione di film europei, la tutela dei
minori da contenuti nocivi come la violenza e la pornografia, la protezione per
tutti i cittadini dall'incitamento all'odio e un nuovo approccio alle
piattaforme on-line.
Il 27 luglio 2016 la 8a
Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) del Senato della
Repubblica ha adottato una risoluzione favorevole con osservazioni nelle quali
si metteva in rilievo:
1) la necessità di garantire condizioni di omogeneità normativa per tutti i soggetti che forniscono servizi di media audiovisivi, con particolare riferimento alle piattaforme di condivisione video;
2) la necessità di adottare le misure più efficaci per assicurare la tutela dei minori da contenuti nocivi e dei cittadini da forme di incitamento all'odio e alla violenza;
3) l'opportunità di effettuare una riflessione più ampia circa gli effetti, in termini di parità delle condizioni competitive, derivanti dall'esclusione delle piattaforme di condivisione video dalla tutela del diritto d'autore e dalla possibilità di richiedere loro un contributo finanziario per il sostegno alle opere europee;
4) l'opportunità che la maggiore frequenza dell'interruzione pubblicitaria dei film per la televisione non comprometta l'integrità e la continuità delle opere stesse;
5) l'invito a valutare il rischio di possibili disagi per gli utenti in relazione alla nuova formulazione del limite giornaliero di pubblicità;
6) l'opportunità di valutare un'azione più efficace ed equilibrata sulla pubblicità televisiva con riferimento alle potenzialità complessive del mercato pubblicitario;
7) l'invito a prevedere criteri più rigorosi per evitare che possano derivare fenomeni di elusione fiscale dalla norma che consentirebbe ai fornitori di piattaforme di condivisione di scegliere liberamente lo Stato membro a cui spetta la giurisdizione nel caso in cui la casa madre non sia stabilita nell'Unione europea ed operi in più Stati membri.
L'auspicio della Presidenza slovacca è quello di presentare un "Progress report" sull'andamento delle negoziazioni alla sessione di novembre del Consiglio istruzione, gioventù, cultura e sport.
Il piano di lavoro per la cultura
2015-2018 è stato
approvato nel dicembre
2014 dai ministri della Cultura dei paesi dell'UE. Fissa quattro priorità
principali per la collaborazione a livello europeo nel campo delle politiche
culturali:
1) una cultura accessibile ed inclusiva;
2) il patrimonio culturale;
3) i settori culturali e creativi: economia creativa e innovazione;
4) promozione della diversità culturale, della cultura nelle relazioni esterne dell'UE e della mobilità.
Queste quattro priorità sono completate da ulteriori interventi concreti, ripartiti tra la Commissione e gli Stati membri a seconda del livello più opportuno di azione. Tra tali interventi si ricordano la promozione dell'accesso alla cultura con mezzi digitali, la valutazione e prevenzione dei rischi per la salvaguardia del patrimonio culturale dagli effetti di catastrofi naturali e le minacce causate dall'azione dell'uomo, il turismo culturale sostenibile ed il dialogo interculturale e mobilità.
Il piano di lavoro è corredato dai risultati attesi per ciascuna azione (per lo più la redazione di relazioni, di manuali di buone prassi e di orientamenti) e di un calendario, per quanto indicativo, entro cui realizzare i risultati.
La finalità perseguita dalla Presidenza è quella di adottare Conclusioni del Consiglio in materia, che potrebbero dare conto dello stato di attuazione del piano di lavoro.
La proposta di designare il 2018 quale anno europeo del patrimonio culturale è stata formulata dalla Commissione europea il 30 agosto 2016 nella forma di una proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2016) 543).
L'art. 2 della proposta individua gli obiettivi generali dell'anno europeo nell' "incoraggiare e sostenere, in particolare attraverso lo scambio di esperienze e di buone pratiche, l'impegno dell'Unione, degli Stati membri, delle autorità regionali e locali inteso a proteggere, salvaguardare, riutilizzare, rafforzare, valorizzare e promuovere il patrimonio culturale europeo nell'Unione europea".
Dall'osservatorio legislativo del Parlamento europeo si evince che il documento non ha ancora iniziato l'iter di approvazione al PE.
Le negoziazioni, invece, sono in corso in sede di Consiglio. Una particolare attenzione sarebbe stata data, nel corso dei dibattiti, alla salvaguardia degli interessi economici dell'Unione.
Il 28 aprile 2015 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in materia di film nell'era digitale (P8_TA(2015)0108), i lavori preparatori della quale sono stati distribuiti dagli organizzatori alla vigilia dell'evento quale contributo alla discussione. Tra l'altro il relatore sulla proposta originaria, l'on. Bogdan Wenta, curerà una presentazione nel corso della seconda parte della sessione.
La risoluzione
parte dal presupposto che le opere cinematografiche sono beni sia culturali che
economici e danno un importante contributo all'economia europea in termini sia
di crescita che di occupazione, oltre a contribuire a "plasmare le identità
europee" (punto A della Premessa). Lamenta quindi che il potenziale dei
settori culturali in Europa, e in particolare nell'industria cinematografica
non sia ancora pienamente sfruttato. Si rivolgono quindi incoraggiamenti
all'industria cinematografica: tra questi il perseguimento dello sviluppo di
servizi innovativi, di nuovi modelli aziendali e di nuovi canali di
distribuzione al fine di migliorare la disponibilità transfrontaliera delle
opere cinematografiche dell'Unione e di accrescere la disponibilità e la
visibilità dei film degli altri Paesi europei.
Il Parlamento europeo afferma la propria convinzione che sia "imprescindibile provvedere a un aumento di budget in termini assoluti per le attività di distribuzione, promozione e commercializzazione delle opere cinematografiche senza che ciò vada a discapito dei finanziamenti per le attività di produzione" (par. 25). Si invitano quindi gli Stati membri a aumentare i finanziamenti pubblici ed a promuovere incentivi alla cinematografia europea (par. 27 e 28).
Ancora
in fase di approvazione è, invece, il Progetto di relazione su una politica
coerente dell'UE per le industrie culturali e creative (2016/2072(INI).
La discussione del testo dovrebbe avere luogo, indicativamente, il 10 novembre in Commissione (Commissioni cultura ed industria) ed il 12 dicembre in Plenaria.
Uno dei due relatori, l'on. Luigi Morgano, effettuerà tra l'altro una presentazione nel corso della prima parte della Sessione.
Il progetto di relazione preliminarmente propone una definizione di "industrie culturali e creative" (par. 2)[8]. Si chiede quindi alla Commissione di individuare indicatori specifici per monitorare e analizzare l'impatto culturale, economico e sociale delle proprie politiche e proposte legislative connesse alle industrie culturali e creative, e possibilmente di identificare fonti alternative di dati per integrare e migliorare le statistiche ufficiali" (par. 3). Vengono formulate raccomandazioni relative a condizioni quadro e supporto all'innovazione (par. 5-9), all'istruzione, le competenze e la formazione (par. 10-15) ed al finanziamento (par. 16-25). In particolare, il par. 19 contiene l'invito alla Commissione a inserire le industrie culturali e creative come priorità orizzontale nei sistemi di finanziamento dell'UE , in particolare Orizzonte 2020 e i Fondi SIE".
La partecipazione culturale, intesa nelle sue dimensioni di flusso, costituisce un elemento essenziale dell’impegno dell’Unione europea come, ad esempio, confermato nel piano di lavoro per la cultura 2015-2018[9] (v. capitolo precedente, paragrafo “L’ambito culturale europeo ecc.”) e nella priorità 3 di Europa 2020.
Essa
contribuisce al benessere personale e all'integrazione degli individui
nella società e la misura del coinvolgimento delle persone nelle attività
culturali costituisce uno strumento efficace di analisi affinché siano percorse
le strade migliori per realizzare le priorità condivise a livello unionale.
Gli indicatori che il sistema statistico Eurostat fornisce sul consumo di beni culturali e le abitudini culturali riguardano le seguenti attività:
· abitudini di lettura (libri e giornali);
· fruizione cinematografica;
· partecipazione a spettacoli dal vivo (teatro, concerti, opera, balletto e danza);
· visita di siti culturali (monumenti storici, musei, gallerie d'arte o siti archeologici).
Inoltre la partecipazione
culturale avviene anche mediante strumenti innovativi legati a internet
o, comunque, digitali (utilizzo delle ICT - tecnologie
dell’informazione e della comunicazione). Per tale motivo più oltre sono
proposte analisi statistiche che riguardano i consumi culturali così
effettuati.
Tra le variabili di ripartizione utilizzate per l'analisi della partecipazione culturale — età, sesso, livello d’istruzione — quest'ultima è quella nella quale le discrepanze tra le categorie sono più visibili. In tutte le attività culturali oggetto di analisi Eurostat, le persone con istruzione terziaria partecipano con maggiore frequenza, mentre tra le persone con basso livello d'istruzione il grado di partecipazione è, spesso, piuttosto ridotto.
Il libro, in qualità
di strumento di comunicazione e mezzo di trasmissione della conoscenza nonché
di condivisione di idee tra i più antichi, continua a svolgere un ruolo
fondamentale nella formazione e nell’arricchimento culturale dei cittadini
europei. Le statistiche sul “consumo” culturale relativo alla lettura
di libri nell’Unione europea non sono incoraggianti. I dati
pubblicati più recentemente da Eurostat[10] sono relativi al 2011
e indicano che, tra i paesi per i quali sono disponibili le informazioni, gli Stati
membri con le maggiori percentuali di popolazione che nei 12 mesi
precedenti avevano letto almeno un libro figurano Lussemburgo (82%) e
Germania (75%) (v. tabella 4), mentre Estonia, Finlandia e Austria
registrano una percentuale non inferiore al 70%. Le peggiori performance
riguardano Romania, Portogallo, Bulgaria e Grecia ove la maggior parte
della popolazione non aveva letto nemmeno un libro negli ultimi 12 mesi.
Tabella 4: Persone che hanno letto almeno un libro
negli ultimi 12 mesi, per sesso, anni 2007 e 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_bka)
Per 19 Stati membri dell'UE sono disponibili anche i dati relativi al 2007 che, raffrontati a quelli del 2011, indicano che solo tre paesi hanno conseguito, nel periodo, un lieve incremento del tasso di lettori di libri (Germania, Grecia e Italia: quest’ultima registra un aumento del 7%) mentre nei restanti, la quota di lettori è scesa: tra questi si segnalano Lituania, Repubblica Ceca e Slovenia, ove la diminuzione è stata superiore a 10 punti percentuali.
Nella statistica del 2011, i paesi che presentano le più elevate percentuali di persone che avevano letto almeno un libro l’anno sono anche i paesi che registrano le percentuali più alte di lettori che avevano letto oltre 10 libri all’anno (v. figura 8).
Figura 8: Numero di libri letti negli ultimi 12 mesi,
anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_bka)
In termini di raggruppamento per
variabili, particolarmente rilevanti sono le differenze per sesso e, prevedibilmente,
per grado di istruzione.
La variabile età (v. figura 9), non segna differenze notevoli: a Malta, Portogallo, Grecia, Romania e Bulgaria, sembrano amare il consumo di libri più i giovani che i più anziani mentre è l’inverso in Lussemburgo, Lituania, Repubblica Ceca e Lettonia, anche se le differenze non sembrano rilevanti.
Figura 9: Persone che hanno letto almeno un libro
negli ultimi 12 mesi, per classi di età, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_bka)
Le
donne risultano essere lettrici più affezionate di quanto non siano gli uomini
(cfr. tabella 4). Nel 2011 le donne hanno letto più degli uomini in tutti i
paesi: la differenza percentuale è stata sempre superiore di almeno il 10% e,
in sei paesi, ha addirittura superato i 25 punti percentuali (in Italia
il 18%).
Il livello di istruzione rappresenta un'altra variabile che influenza fortemente la consuetudine alla lettura (v. figura 10): in tutti i paesi la quota di persone che avevano letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi aumenta con il livello di istruzione raggiunto.
Figura 10: Persone che hanno letto almeno un libro
negli ultimi 12 mesi, per livello di istruzione, anno 2011 (%) [Fonte: Eurostat (cult_pcs_bke)]
La lettura dei
giornali (quotidiani, settimanali, ecc.) è una forma di partecipazione
culturale. La stampa è una fonte privilegiata per informazioni su eventi locali
e internazionali nonché sui fenomeni sociali (e, quindi, anche culturali). Le
abitudini relative alla lettura dei giornali sono state inevitabilmente
influenzate dallo sviluppo delle nuove piattaforme ICT (cioè delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione) per la diffusione delle notizie (cd.
stampa online): le statistiche Eurostat dell'indagine del 2011 ne tengono
comunque conto e i risultati sono riportati nel paragrafo successivo
(“Tecnologie dell’informazione e della comunicazione TIC a scopo culturale”).
Nel 2011 i più accaniti lettori di giornali risultavano in Finlandia, Lussemburgo e Austria, dove oltre il 75% della popolazione leggeva i quotidiani quasi ogni giorno (v. figure 11 e 12); gli Stati membri dove si leggevano meno giornali erano Grecia e Romania, con appena il 30% di lettori al giorno.
Figura 11: Persone che hanno letto i giornali tutti i giorni negli ultimi 12 mesi, per sesso, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_nws)
Figura
12: Frequenza nella lettura di giornali negli ultimi 12 mesi, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_nws)
Per quanto riguarda la
suddivisione per sesso, la tendenza evidenziata nelle statistiche dei lettori
di giornali è speculare rispetto a quella dei lettori di libri: nel 2011, i
lettori di giornali quotidiani, salvo che in Lettonia, Polonia e Lituania (ove le
donne superavano di poco i lettori uomini) erano più uomini che donne (v.
figura 11) e, in alcuni paesi (Cipro, Spagna e Portogallo), il divario di
genere era superiore a 15 punti percentuali.
Figura 13: Persone che hanno letto i giornali tutti i giorni negli ultimi 12 mesi, per livello di istruzione, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_nwe)
Per quando riguarda l’influenza del livello d’istruzione sulle abitudini di lettura dei giornali la tendenza è uguale a quella relativa alla lettura dei libri, anche se in dimensione più modesta (v. figura 13). Infatti, si registra che in taluni Paesi (Lussemburgo, Regno Unito, Germania, Austria e Finlandia) la percentuale dei lettori di giornali tra persone con livello di istruzione medio era molto simile a quella del gruppo di persone in possesso di istruzione terziaria.
Sono
altamente significative anche le abitudini che riguardano altri tipi di
attività culturali come l’andare al cinema, la frequentazione di spettacoli
culturali dal vivo (opere teatrali, concerti, opera, balletto e danza) e la
visita di siti culturali (monumenti storici, musei, gallerie d'arte o siti
archeologici).
Tra queste attività culturali, le maggiori percentuali di partecipazione nel corso del 2011 sono state registrate dalle esibizioni dal vivo (in 12 dei 19 Stati membri per i quali i dati erano disponibili) (cfr. tabella 5), salvo che in Italia e Polonia, dove era preferito il consumo cinematografico, mentre Repubblica Ceca, Germania, Malta, Austria e Slovenia hanno manifestato una propensione per le visite ai siti culturali.
Tabella
5: Persone che hanno partecipato ad attività culturali, almeno una volta negli
ultimi 12 mesi, anni 2007 e 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa)
Il raffronto tra i consumi dei tre tipi di attività culturali del 2007 con quelli del 2011, delinea una tendenza generale per una maggiore partecipazione culturale, anche se non uniforme in tutti gli Stati membri: così, taluni paesi registrano aumenti in tutti i tipi di attività culturale presi in esame (Repubblica Ceca, Germania, Polonia e Finlandia) mentre altri subiscono diminuzioni in tutti e tre i consumi (Cipro e Romania). L’Italia registra andamenti disomogenei: resta invariato il consumo cinematografico, aumenta decisamente quello relativo alle performance dal vivo e diminuisce di un punto quello che riguarda le visite ai siti culturali: in un certo senso, tuttavia, sembra potersi affermare che i suoi comportamenti siano stati conformi al complesso degli Stati membri giacché, generalmente, il raffronto tra l’anno 2007 e il 2011 evidenzia che il pubblico ha mostrato crescente interesse per la frequentazione di teatri, cinema e concerti mentre i visitatori di siti culturali sono in diminuzione.
Nel
2011, Lussemburgo (73%) e Regno Unito (65%) risultano essere stati gli
Stati membri con la più elevata quota di persone di età compresa tra 25 e 64
anni che sono andate al cinema almeno una volta nell’anno
precedente. In altri cinque Stati membri (Finlandia, Austria, Germania, Italia
e Repubblica Ceca) oltre metà della popolazione è andata al cinema
almeno una volta negli ultimi 12 mesi. Dal lato basso della classifica si
segnalano i risultati di Bulgaria (26%) e Romania (16%) (v. tabella 5).
Dal 2007 al 2011, si è registrato un aumento della percentuale di persone che sono andate al cinema (12 dei 17 Stati membri per i quali sono disponibili dati). Questo aumento è stato particolarmente evidente in Lituania e Estonia (+12 punti percentuali), mentre la diminuzione più rilevante nei consumi cinematografici è stata registrata dalla Grecia, passata dal 49% del 2007 al 42% del 2011.
Tabella 6: Persone che hanno partecipato ad attività
culturali, almeno una volta negli ultimi 12 mesi, per classi di età, anno 2011
(%) [Fonte:
Eurostat (cult_pcs_caa)]
Altra variabile
fondamentale nel contribuire a descrivere il profilo del frequentatore di
cinema è il titolo di studio (o meglio, il livello d’istruzione, v. figura 14).
Generalmente, più elevata è l’istruzione più è alto il tasso di frequenza agli
spettacoli cinematografici. In tutti gli Stati membri, salvo che in Romania
(che è al 49%), oltre il 50% delle persone con istruzione terziaria va al
cinema almeno una volta l’anno contro percentuali generalmente inferiori al 43%
delle persone con bassi livelli d’istruzione in tutti i paesi (ad eccezione del
Lussemburgo, ove è pari al 63%).
Figura
14: Consumi cinematografici negli ultimi 12 mesi, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa)
Nel
2011, in 10 Stati membri, più della metà della popolazione adulta si è recata
ad eventi teatrali, concertistici, operistici, coreutici almeno una volta nel
corso dei 12 mesi precedenti (Lussemburgo, Slovacchia, Finlandia, Estonia,
Lettonia, Repubblica Ceca, Lituania, Austria, Portogallo e Cipro). Le presenze
più basse, che hanno interessato meno di un terzo della popolazione, si sono
registrate in Romania e Bulgaria (v. tabella 6).
Tra gli Stati membri per i quali sono disponibili i dati, la maggior parte ha segnato, tra il 2007 e il 2011, un aumento nella percentuale di spettatori di performance dal vivo: gli incrementi più rilevanti riguardano Slovacchia (+13%) e Italia (+12%). Diminuzioni si sono registrate in sei Stati membri, con punte dell’8% in Bulgaria e del 7% in Lituania.
Per quanto concerne il numero di spettacoli cui il singolo individuo ha assistito (v. figura 15), Lussemburgo, Slovacchia, Finlandia, Estonia, Repubblica Ceca e Portogallo registrano oltre il 10% di popolazione tra i 25 e i 64 anni che ha partecipato a più di sei eventi dal vivo nel corso dei 12 mesi precedenti. Tale percentuale è sotto il 5%, invece, in Romania, Bulgaria, Grecia e Polonia.
Figura
15: Frequenza a spettacoli dal vivo, nel corso dei precedenti 12 mesi, anno
2011, (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa)
In tutti gli Stati membri le donne appartenenti al gruppo di età 25 – 64 anni (v. tabella 7) hanno partecipato agli eventi dal vivo in misura superiore rispetto agli uomini (in quasi tutti in misura decisamente superiore, salvo Portogallo, Romania e Italia, dove questa differenza è più esigua).
Tabella
7: Persone che hanno partecipato a spettacoli dal vivo almeno una volta nel
corso dei precedenti 12 mesi, per sesso e classe di età, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa
Quasi tutti gli Stati membri hanno visto una partecipazione culturale alle esibizioni dal vivo ai livelli più bassi tra il gruppo di età più anziano: 55-64 anni.
Anche per questo consumo culturale il livello di istruzione rappresenta un fattore rilevante (v. figura 16). Come già evidenziato (per la fruizioni di spettacoli cinematografici), a più alti livelli di istruzione corrispondono più elevati livelli di presenza a spettacoli dal vivo. Le persone con alto livello d'istruzione, dunque, assistono a tali spettacoli in percentuali che variano dal 61% (Germania) all’87% (Slovacchia). Le percentuali di chi ha bassi livelli di istruzione, vanno dal 4% della Romania a meno del 50% del Portogallo (con la peculiarità del risultato del Lussemburgo, ove le persone con bassi livelli di istruzione partecipano ad eventi dal vivo in percentuale superiore al 70%: la forbice tra gli spettatori suddivisi per livello di istruzione è, per altro, molto ristretta: 14%)
Comunque, i paesi in cui il tasso di partecipazione per livelli di istruzione è fortemente divergente (Romania e Ungheria segnano una differenza di oltre 64 punti percentuali) sono anche quelli in cui alte percentuali non si recano a vedere esibizioni dal vivo nemmeno una volta l’anno (v. figura 15).
Figura
16: Percentuale di partecipanti ad almeno uno spettacolo dal vivo nel corso dei
precedenti 12 mesi, per livello di istruzione, anno 2011
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa
Con il 78% di
persone che, nel corso degli ultimi 12 mesi (nell’anno 2011), ha visitato siti
culturali il Lussemburgo si situa in testa alla classifica degli Stati membri,
come per altro avviene anche relativamente ai livelli di presenza al cinema e
agli spettacoli dal vivo. Seguono Repubblica Ceca e Austria con il 60% di
presenze, mentre oltre il 50% degli adulti di Slovenia, Estonia, Germania,
Finlandia, Slovacchia e Lettonia ha visitato un sito culturale nel corso
dell'anno precedente la rilevazione. Fanalini di coda, Romania e Grecia,
rispettivamente, con il 18% e il 27% (v. tabella 6). Dai dati emerge che, tra
il 2007 e il 2011, Slovacchia e Romania hanno visto ridursi la quota di
popolazione in visita ai siti culturali (rispettivamente, 17% e 7% in meno)
mentre Lituania e Lettonia hanno registrato i più cospicui incrementi
(rispettivamente, 10% e 9% in più).
In Lussemburgo, Germania, Repubblica Ceca, Malta e Slovenia, oltre una persona su dieci ha visitato almeno sette siti culturali nel corso dei precedenti 12 mesi (v. figura 17).
Figura
17: Frequenza di visite a siti culturali per persona nel corso dei precedenti
12 mesi, anno 2011
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa)
La Tabella 8 riporta i dati percentuali concernenti le visite ai siti culturali, suddivisi per sesso e gruppi di età.
Tabella
8: Visitatori di siti culturali (%), con almeno una presenza nel corso dei
precedenti 12 mesi, per sesso e classe di età, anno 2011
Fonte: Eurostat (cult_pcs_cae
Le
donne risultano visitatrici di siti culturali più assidue, rispetto agli
uomini. In gran parte degli Stati membri il gruppo che ha segnato la maggior
parte delle visite è composto da donne di età tra 25 e 34 anni (in sette Stati
membri) ovvero 35 e 44 anni (in sei Stati membri). Lussemburgo e Austria sono
gli unici paesi dove i tassi più elevati riguardano il gruppo d'età 55-64 anni
(senza rilevanti differenze tra i sessi), rispettivamente, con circa l'85% e il
65%.
Anche per le visite ai siti culturali il livello di istruzione rappresenta un fattore rilevante. Si verifica lo stesso schema seguito per gli altri tipi di partecipazione culturale: a più alti livelli di istruzione corrispondono più elevati livelli di presenza (v. figura 18). Tutti gli Stati membri, salvo la Grecia ove era al 49%, hanno registrato nell’anno 2011 percentuali di popolazione in visita ai siti culturali superiore al 57% (Lussemburgo oltre l’85%). Anche in questo caso i paesi in cui il tasso di partecipazione per livelli di istruzione è fortemente divergente sono anche quelli in cui alte percentuali di popolazione non si sono recate in visita a siti culturali nemmeno una volta l’anno.
Figura
18: Persone che hanno visitato un sito culturale, almeno una volta negli ultimi
12 mesi, per livello di istruzione, anno 2011 (%)
Fonte: Eurostat (cult_pcs_caa)
Nuove
forme di partecipazione culturale online sono state rese possibili grazie
al crescente numero di famiglie che hanno accesso alla rete internet da
casa, indipendentemente dal tipo di connessione. Tra il 2010 e il 2015, la
percentuale di famiglie dell'UE con accesso a internet è aumentata di 13 punti,
passando dal 70% all'83% (v. figura18). Nel 2015, il paese con la più alta
percentuale di famiglie con accesso a internet era il Lussemburgo (97%), mentre
il tasso più basso si registrava in Bulgaria (59%). Tuttavia, Bulgaria,
Estonia, Grecia, Spagna, Croazia e Romania, tra il 2010 e il 2015, hanno
registrato un forte aumento percentuale (20 punti circa) delle connessioni, ciò
che ha determinato una riduzione del divario tra gli Stati membri. Gli
incrementi nel periodo sono meno marcati nei Paesi Bassi, in Lussemburgo,
Svezia, Danimarca, Regno Unito, Germania e Finlandia dove la percentuale di
famiglie con accesso a internet era già rilevante (oltre l’80% nel 2010).
Figura
19: Famiglie con accesso a Internet, anni 2010 e 2015 (% sul totale delle
famiglie)
Fonte: Eurostat (isoc_ci_in_h)
I dati[11]
sull'utilizzo delle ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) da
parte degli individui si riferiscono allo svolgimento online delle seguenti
attività culturali:
· lettura di siti di notizie online (quotidiani o periodici);
· giochi online o download di giochi, immagini, film o musica;
· ascolto di radio via web.
A questo elenco, nel contesto del settore culturale, possono essere aggiunte altre due attività:
· creazione di siti Web o di Blog;
· consulenza wiki (per ottenere informazioni e formarsi una conoscenza su qualunque argomento).
Secondo gli ultimi dati statistici disponibili, riferiti al 2014:
- il 67% degli individui nell'UE che ha usato internet nei tre mesi precedenti la rilevazione lo ha fatto allo scopo di leggere notizie online (giornali e news);
- oltre la metà (51%) ha utilizzato internet per giocare o scaricare giochi, immagini, film o musica;
- il 31% ha ascoltato web radio (v. tabella 9).
Tabella 9: Uso di internet per finalità culturali, raggruppamento
per età, anno 2014 (% di coloro che hanno utilizzato Internet negli ultimi 3
mesi)
Fonte: Eurostat (isoc_ci_ac_i)
Inoltre, il 56% degli utenti internet ha consultato strumenti di conoscenza wiki mentre l’11% ha creato siti Web ovvero blog.
La
percentuale di utenti internet che si orienta alla lettura di news
online varia solo di poco in rapporto all'età. Nel 2014, il 67% degli utenti
internet (di tutte le età) leggeva giornali online. Questa percentuale era pari
al 65% tra le persone di età compresa tra 16 e 24 anni e al 62% tra quelli di
età compresa tra 55 e 74 anni. L'età non è, quindi, molto importante
per questo indicatore (v. tabella 9).
Le differenze di età sono tuttavia particolarmente marcate per gli utenti di internet in materia di gioco online e download di giochi, immagini, film o musica. Nel 2014, internet è stato utilizzato per questo scopo dal 76% dei giovani di età compresa tra 16 e 24 anni e dal 30% da persone di età compresa tra 55 e 74 anni, mentre il tasso medio è risultato pari al 51% tra tutti gli utenti di internet di età compresa tra 16 e 74 anni. Il gruppo di età 16-24 anni di Repubblica Ceca, Lussemburgo e Paesi Bassi ha sfiorato la percentuale del 90% di utenti che ha utilizzato internet per tali scopi, con punte pari al 95% in Finlandia. La quota più bassa è stata registrata in Croazia (50%). Il gruppo di età 55-74 anni, scarica giochi, immagini, film o musica o gioca online in misura più moderata: le percentuali più alte si registrano nei paesi Benelux e in Finlandia (40%) mentre i livelli minori si registrano in Irlanda, Lituania, Croazia, Polonia, Romania e Slovacchia (meno del 20%).
Per quanto riguarda l’ascolto radio via web, il 40% dei giovani tra 16 e 24 anni ascolta radio web, rispetto ad appena il 19% del gruppo di età 55-74 anni. Nel predetto gruppo d’età giovanile, le percentuali più alte si sono registrate in Grecia e Slovenia (rispettivamente, 62% e 57%) mentre per il gruppo d’età più anziano, ancora una volta, in Grecia e in Svezia (38% in entrambi i paesi). Si ricorda che tra le attività ricomprese nell’ascolto radio via web sono incluse l’ascolto di notizie, di musica ovvero altre programmazioni.
Le
percentuali di uomini e donne che utilizzano internet per i differenti scopi
culturali sono, generalmente, simili: nel 2014, a livello di UE, si sono,
infatti, registrati 6 punti percentuali a favore degli uomini per tutti e tre i
tipi di attività (v. figura 20). La situazione è, tuttavia, meno omogenea a
livello di Stato membro. Il divario di genere è abbastanza significativo per
quanto riguarda il gioco online o il download di giochi, immagini, film o
musica, ove diversi paesi segnano differenze percentuali a due cifre (Grecia e
Lituania marcano differenze percentuali del 17%; v. tabella 10).
Figura 20: Uso di internet per finalità culturali in UE-28, raggruppamento per sesso, anno 2014 (% di coloro che hanno utilizzato Internet, ultimi 3 mesi)
Fonte: Eurostat (isoc_ci_ac_i)
Tabella 10: Uso di internet per finalità culturali, anno 2014 (% di coloro che hanno utilizzato Internet, ultimi 3 mesi)
Fonte: Eurostat (isoc_ci_ac_i)
Anche relativamente all’ascolto della radio via web, per quanto sia meno estremo, il divario percentuale tra uomini e donne ha raggiunto valori significativi, a volte anche a due cifre (Danimarca, Germania, Estonia, Lussemburgo, Malta, Austria e Svezia).
Meno pronunciate le differenze percentuali tra i lettori di news online; per altro, solo Paesi Bassi e Austria hanno fatto registrare divari rilevanti pari, rispettivamente, al 10% e al 14%.
In molti paesi il download di giochi, musica, film o immagini è maggiormente popolare tra gli utenti in possesso di livelli di istruzione inferiori. La tabella 11 riporta i dati relativi all’utilizzo di internet per scopi culturali suddivisi per livello d'istruzione (International standard classification of education, ISCED). Dalla loro lettura sembra emergere una forte correlazione tra livello d'istruzione e partecipazione culturale via internet a scopo di lettura dei quotidiani e ascolto della web radio.
Tabella 11: Uso di internet per
finalità culturali, per livelli d’istruzione, anno 2014 (% di coloro che hanno utilizzato
Internet, ultimi 3 mesi)
Fonte: Eurostat (isoc_ci_ac_i)
In particolare, il 79% degli internauti europei con un livello d’istruzione terziaria ha utilizzato internet per leggere giornali e riviste (in molti paesi la loro percentuale ha superato il 90%). Il dato è in forte contrasto con quello relativo agli utenti internet con bassi livelli di istruzione: solo il 54% di loro ha utilizzato internet per leggere giornali (in Irlanda, Francia e Regno Unito questa percentuale è stata addirittura inferiore al 40%).
Tendenza simile per quanto riguarda gli ascoltatori di radio via web: la percentuale di utenti con istruzione terziaria è superiore a quella degli utenti con bassi livelli di istruzione in tutti i paesi tranne che Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovacchia.
Il cloud come mezzo di memorizzazione o condivisione dei contenuti culturali
I servizi basati
su tecnologia cloud computing consentono agli utenti di memorizzare file
o utilizzare il software su un server in internet, in remoto rispetto al
dispositivo utilizzato. Questi servizi sono un fenomeno relativamente nuovo
rispetto alle altre applicazioni web per il social networking, l’ascolto di
musica o la visione di film.
Nel 2014, più di un quarto (28%) degli utenti internet ha utilizzato i servizi cloud per salvare o condividere file (v. tabella 12). Le fotografie sono state archiviate dall’82% degli utenti dei servizi cloud. La musica si situa al secondo posto tra i servizi più popolari con il 36%, seguita dai video (tra cui film e programmi televisivi) con il 26% e dagli e-book, ovvero e-Magazine, con il 13%.
Tabella 12: Utilizzo di servizi cloud per l'archiviazione o la condivisione di contenuti culturali, anno 2014
Fonte: Eurostat (isoc_cicci_use)
L'uso di servizi cloud ha raggiunto picchi di diffusione in Danimarca e Regno Unito (rispettivamente, 46% e 42% degli utenti internet) mentre bassa diffusione ha avuto in Romania, Polonia e Lituania (percentuali pari o inferiori al 15%).
Un altro modo
per monitorare la partecipazione culturale è analizzare i dati sull'uso di
internet per acquistare beni e servizi culturali. In particolare di:
· film/musica;
· libri/riviste/e-learning;
· biglietti per eventi culturali e sportivi.
Lo shopping online di beni e servizi culturali, ad eccezione di film e musica, è aumentato di attrattività nel corso degli ultimi anni (cfr. tabella 13).
Tabella 13: Utilizzo di internet per l'acquisto di
beni e servizi culturali, anni 2010 e 2015 (% di coloro che hanno utilizzato
Internet nel corso dei 12 mesi precedenti la rilevazione) Fonte: Eurostat (isoc_ec_ibuy)
A livello dell'UE, il numero di chi acquista libri online è stabile (22% di utenti internet nel 2010 e 23% nel 2015). A livello nazionale, il numero di acquirenti di libri o riviste è aumentato ad un ritmo moderato, con il più alto incremento riscontrato in Estonia (+16 punti). Le diminuzioni più accentuate sono state osservate in Danimarca e Slovenia (-5 punti).
Per ciò che riguarda l'acquisto di film e musica registra una diminuzione di 2 punti percentuali (dal 18% nel 2010 al 16% nel 2015). Il leggero calo può essere collegato all'aumento degli altri tipi di offerta per questi contenuti, l'emergere di piattaforme e servizi di abbonamento a contenuti musicali o ai film in streaming. Il numero di e-shoppers è diminuito in 13 paesi dell'UE mentre è leggermente aumentato, o rimasto stabile, negli altri 15.
L'acquisto di biglietti per eventi culturali è aumentato in tutti gli Stati membri, tranne la Francia, raggiungendo una media UE del 24%, nel 2015, rispetto al 20% di cinque anni prima. L'aumento era più rilevante riguarda Estonia (+26 punti) e Svezia (+ 20 punti).
Dati per paese
La percentuale di acquirenti di beni e servizi culturali varia considerevolmente tra i diversi Stati membri dell'UE. Nel 2015, il numero di acquirenti per le tre categorie di beni e servizi culturali è costantemente superiore alla media europea in Danimarca, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia e Regno Unito. Le percentuali più basse riguardano Bulgaria, Grecia, Cipro e Romania. Tali differenze possono essere dovute alla preferenza per lo shopping fatto di persona o per una mancanza di fiducia nella qualità dei beni o nella sicurezza offerta dai pagamenti online. La disponibilità di beni culturali online, la varietà dell'offerta e i prezzi interessanti giocano parimenti un ruolo importante nelle scelte di acquisto.
Acquisti online per livello d'istruzione
Gli utenti di Internet con istruzione terziaria sono acquirenti più probabili di beni e servizi culturali online (cfr. tabella 14). Gli utenti con bassi livelli culturali accusano, nel 2015, una differenza del 14% rispetto agli utenti con alti livelli di istruzione nell’acquisto di film e musica. Per le altre due categorie di beni e servizi culturali (acquisto di libri e acquisto di biglietti per eventi) la differenza sale addirittura a 26 punti percentuali. Il divario è, per altro, in aumento rispetto al 2010.
Tabella 14: Utilizzo di internet per l'acquisto di beni e servizi culturali, per livelli d'istruzione, UE-28, anni 2010 e 2015 (% di coloro che hanno utilizzato Internet nel corso dei 12 mesi precedenti la rilevazione)
Fonte: Eurostat (isoc_ec_ibuy)
Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili (i dati riferiti al 2015 sono ancora in fase di elaborazione), nel 2010 il 3,6% delle spese per consumi delle famiglie dell'UE è stata dedicata all’acquisto di beni e servizi culturali (v. figura 21).
Figura 21: Spesa delle famiglie per l’acquisto di beni e servizi culturali sul totale delle spese per i consumi (%), anno 2010
Fonte: Eurostat (cult_pcs_hbs)
La percentuale varia notevolmente tra gli Stati membri: la Danimarca è in prima posizione con il 5,6% della spesa privata per bene e servizi culturali mentre la percentuale più bassa riguarda la Bulgaria (1,7%). In 11 Stati membri, l'importo della spesa “culturale” delle famiglie, in termini percentuali, è risultato superiore alla media UE: in Danimarca, Svezia e Regno Unito, ha superato il 5%, mentre in Grecia e Bulgaria non ha raggiunto il 2% della spesa totale per consumi delle famiglie.
Alla base di questa variabilità vi sono diversi fattori e, tra di essi, i più significati sono i differenti livelli di reddito e di prezzi dei singoli paesi. Tuttavia fattore essenziale è l’offerta culturale che, se anche dipende dalle infrastrutture del paese (ad es. il numero di cinema o di teatri), è comunque influenzata dalle specificità nazionali riguardanti le abitudini culturali dei suoi cittadini (ad es. quante volte la gente va a teatro).
In termini di spesa in valore PPS (Purchasing Power Standard, standard di potere d’acquisto), Danimarca, Irlanda e Austria risultavano essere, nel 2010, al primo posto, con una spesa per beni e servizi culturali di oltre 1.500 PPS a nucleo familiare. All’altra estremità della scala, con una spesa pari o inferiore a 400 PPS, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania e Romania (v. tabella 15).
Tabella 15: Spesa delle famiglie in valore PPS e per destinazione di spesa, anno 2010
Fonte: Eurostat (cult_pcs_hbs)
Figura 22: Spesa delle famiglie per destinazione di spesa (%), UE-28, anno 2010
Fonte: Eurostat (cult_pcs_hbs)
La figura 23 mostra la spesa cultura media delle famiglie analizzata per quintile di reddito. In tutti i paesi l'effetto del fattore reddito sulla spesa culturale è molto chiaro: a livello elevato di reddito corrisponde maggiore spesa culturale. Tuttavia, l’analisi della spesa culturale per quintile di reddito presenta strutture differenti tra i diversi Stati membri: Cipro, Portogallo, Estonia, Grecia, Lituania, Bulgaria e Polonia mostrano una struttura nella quale la spesa culturale delle famiglie del 5° quintile di reddito è, almeno, cinque volte superiore a quella delle famiglie del 1° quintile, mentre, in Lussemburgo e Svezia, il rapporto è di circa due a uno (un’attenuazione della polarizzazione che segnala minore diseguaglianza; ad es. l’indice di Gini del 2011 era inferiore a 0,28 in Svezia e Lussemburgo e superiore a 0,30 in Grecia e Portogallo). Il divario più ampio tra gruppi di reddito per le spese culturali delle famiglie riguarda la distanza tra il 4° e il 5° quintile (anche in questo caso il fenomeno è particolarmente evidente per Grecia e Portogallo). Per l’Italia Eurostat non dispone di dati suddivisi per quintile.
Figura 23: Spesa culturale delle famiglie per quintile di reddito, 2010
Fonte: Eurostat (cult_pcs_hbs)
La cultura e il patrimonio culturale rappresentano una risorsa fondamentale per lo sviluppo sostenibile di una nazione e per la promozione della crescita e dell’occupazione al suo interno, come già sostenuto nelle Conclusioni del Consiglio sul contributo della cultura all'attuazione della strategia Europa 2020 (2011/C 175/01), con riferimento al raggiungimento degli obiettivi posti dal programma Europa 2020[12]. In quella sede, in particolare, è stato sottolineato come le industrie culturali e creative svolgano un ruolo importante nell'attuazione di tale strategia, in quanto promotrici di innovazione, del capitale intellettuale europeo e della lotta alla povertà e all'esclusione sociale.
Il settore culturale, in Italia, può considerarsi una risorsa strategica, in quanto potenziale traino per tutti gli altri settori produttivi, tenuto peraltro conto del primato mondiale relativo al maggior numero di siti patrimonio dell’umanità, indicati dall’UNESCO. Il ruolo del patrimonio culturale ha effetti rispetto a molte politiche pubbliche oltre la cultura, contribuendo potenzialmente agli obiettivi delle politiche per lo sviluppo regionale, tra cui la coesione sociale, l’ambiente, l’agricoltura, il turismo, l’istruzione, l’agenda digitale e la ricerca e l’innovazione, come rilevato inoltre dalle recenti Conclusioni del Consiglio del 21 maggio 2014 relative al patrimonio culturale come risorsa strategica per un'Europa sostenibile, che invita gli Stati Membri a riconoscere e a sviluppare pienamente il potenziale del patrimonio culturale[13].
Partendo dagli ultimi dati rilevati[14], il valore economico complessivo dell’industria culturale e creativa in Italia[15], per il 2014, si stima intorno a 46,8 miliardi di euro, pari al 2,9% del PIL, e con un bacino di quasi un milione di occupati (gli occupati diretti sono cifrati intorno alle 851.000 unità, il 3,8% della forza lavoro), con una maggiore preponderanza di giovani e donne rispetto agli altri settori produttivi.
I giovani (vale a dire individui tra i 15 e i 39 anni d’età) che operano in ambito culturale, in particolare, si cifrano intorno al 41%, contro una media negli altri settori economici di circa il 37%.
Gli undici settori che compongono questa industria (architettura, arti performative - teatro, spettacoli lirici, attività circense, sale da ballo, concerti, ecc. -, arti visive - pittura e vendita opere d’arte, laboratori artistici, musei mostre d’arte, monumenti e aree archeologiche, design, ecc.-, cinema, libri, musica, pubblicità, quotidiani e periodici, radio, TV e home entertainment, videogiochi) sono caratterizzati da forte interconnessione e innovazione, a testimonianza del notevole grado di complessità che caratterizza l’intera filiera culturale[16]. Il grafico che segue mostra il valore (in miliardi di euro) dei singoli settori e il numero di unità occupate nel 2014:
L’andamento del valore prodotto da questi settori negli ultimi anni si è mostrato in calo (-4,1% dal 2012 al 2014), risentendo della generale contrazione dell’economia italiana, benchè la riduzione abbia rallentato il passo e mostrato una stabilizzazione delle risorse, probabilmente anche per effetto di più mirati interventi di politica economica e fiscale[17].
Inoltre, gli ultimi dati disponibili (anno 2014)[18] rivelano che guarda la TV e ascolta la radio, rispettivamente il 91,1% e il 56,7% della popolazione[19], mentre legge il quotidiani e i libri, rispettivamente, il 47,1% e il 41,4% della popolazione[20]. Tra questi ultimi, le persone che hanno letto almeno un libro nel tempo libero, nei 12 mesi precedenti all’intervista, sono in prevalenza in possesso di un titolo di istruzione terziaria (74,9%) e di sesso femminile (48%). Si registra comunque una flessione del dato complessivo, considerato che nel 2010 la cifra era del 46,8%.
La percentuale più alta, per tipologia di intrattenimento, della popolazione -oltre i 6 anni - è ascrivibile, nel 2014, al cinema (47,8%), seguito da mostre e musei (27,9%), spettacoli sportivi (25,2%), siti archeologici e monumenti (21,9%), discoteche (19,4%), teatro (18,9%) e altri concerti (18,2%), per una spesa media per abitante riferita al cinema, nel 2013, di 10,78 euro.
Le politiche fiscali nazionali sembrano aver posto maggiore attenzione, di recente, al tema dei beni culturali, anche in termini di incremento delle risorse di bilancio: gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (di seguito MiBACT), ad esempio, a seguito dell’ultima legge di stabilità per il 2016, hanno fatto registrare un aumento del 27%, passando da complessivi 1,56 miliardi di euro nel 2015 a 2,13 miliardi l’anno successivo[21].
Tra le risorse finanziarie a vantaggio del settore culturale si devono inoltre registrare quelle dei fondi strutturali europei del Programma Operativo Nazionale (PON) “Cultura e Sviluppo” nel settennio di programmazione 2014-2020 che, sommati alle quote di cofinanziamento nazionale, ammontano complessivamente a 490,9 milioni di euro. Dei tre assi prioritari di intervento previsti, in particolare, si segnala il secondo asse “Attivazione dei potenziali territoriali di sviluppo legati alla cultura (OT 3)” destinato alle regioni meridionali[22], a cui sono rivolte complessivamente risorse per 114 milioni di euro.
Per dare conto dei principali interventi, negli ultimi anni, volti a destinare maggiori risorse finanziarie a disposizione del MIBACT per la tutela e la valorizzazione dei beni e delle attività culturali, si segnalano, in particolare:
- la destinazione di un miliardo di euro del Fondo Sviluppo e Coesione 2014 – 2020, nella riunione del CIPE del 1 maggio 2016, per la realizzazione di 33 interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e di potenziamento del turismo culturale[23];
- l’istituzione, per l'anno 2016, di un Programma straordinario di interventi urgenti per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia[24] finanziato con 500 milioni di euro, allo scopo, tra l’altro, di rigenerare le aree urbane degradate per favorire l'inclusione sociale e le attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati, ed adeguare le infrastrutture per i servizi sociali e culturali, educativi e didattici;
- l’individuazione di una quota fissa delle risorse relative agli interventi infrastrutturali, quantificata in 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, per interventi di conservazione, manutenzione, restauro, nonché valorizzazione, dei beni culturali[25];
- per il 2016, la misura fiscale, finanziata con 100 milioni di euro, grazie alla quale i contribuenti possono destinare il 2 per mille dell'IRPEF a favore di una associazione culturale iscritta in un elenco appositamente istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri[26];
- l’istituzione di un Fondo per la tutela del patrimonio culturale[27], con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020 per la realizzazione di interventi di prioritario interesse, individuati in un programma triennale da parte del MiBACT, previo parere delle Commissioni parlamentari, e trasmesso al CIPE[28];
- l’autorizzazione, per il 2015, della spesa di 5,5 milioni di euro destinata alla tutela e promozione del patrimonio culturale e storico[29];
- l’istituzione del Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali", da adottarsi entro il 31 dicembre di ciascun anno, allo scopo di individuare beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per realizzare con urgenza interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche a fini turistici[30];
- la possibilità di riassegnazione al MIBACT, per l'attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, delle risorse disponibili nei conti di tesoreria delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale[31];
- la riassegnazione al MIBACT, a decorrere dal 2014, degli introiti derivanti dai biglietti di ingresso relativi a luoghi della cultura statali[32].
Numerosi sono gli altri interventi per i beni e le attività culturali promossi nel corso dell’ultima legislatura[33]: tra i più rilevanti, che peraltro hanno presentato profili di urgenza, si ricordano le disposizioni per la tutela e la valorizzazione di alcuni siti di generale interesse archeologico e culturale, quale l'area di Pompei[34] e il regime agevolato del cosiddetto ART-BONUS[35], vale a dire un credito d'imposta in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo. Sono state inoltre approvate disposizioni relative alle figure professionali competenti ad eseguire interventi sui beni culturali[36] e di modifica della disciplina transitoria sulle qualifiche di restauratore e di collaboratore restauratore di beni culturali[37].
Per favorire progetti, iniziative e attività di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale italiano, è stato istituito il "Programma Italia 2019"[38] con cui lo Stato, le regioni e i comuni interessati definiscono un piano finalizzato a non disperdere il patrimonio progettuale dei dossier di candidatura delle città a "Capitale europea della cultura 2019".
Anche allo scopo di promuovere l’occupazione giovanile, inoltre, è stato istituito il Fondo "Mille giovani per la cultura", per la promozione di tirocini formativi nel settore dei servizi per la cultura, rivolto a persone entro i 29 anni di età[39]. Altri 500 giovani fino a 35 anni di età sono stati impiegati nel programma straordinario per la digitalizzazione del patrimonio culturale italiano[40].
Dal profilo dei consumi culturali per i giovani, si segnala, ancora, l’assegnazione di una Card cultura per i giovani che compiono 18 anni nel 2016[41]. Si tratta di Carta elettronica, dell’importo massimo di 500 euro (non rilevante ai fini fiscali) che può essere utilizzata, tra l’altro, per ingressi a teatro, cinema, musei, mostre e spettacoli dal vivo, nonché per l’acquisto di libri e per l’accesso a monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali. Alla misura è destinata la spesa di 290 milioni di euro per il 2016. In proposito si deve ricordare che la legge di riforma della scuola aveva già previsto una Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del personale docente di ruolo da utilizzare per acquisti o iniziative di carattere culturale[42].
In materia di sostegno alla cultura ed educazione scolastica, peraltro, si deve segnalare l’istituzione, per il triennio 2016-2018,[43] di un nuovo Fondo nello stato di previsione del MIUR, finalizzato a sostenere le spese per l'acquisto di libri di testo e di altri materiali didattici, anche digitali.
Tra le iniziative legislative in corso di esame, si segnala la proposta di legge in materia di start-up culturali[44], finalizzata alla promozione dell'imprenditoria, in particolare giovanile, nel settore culturale e alla previsione di nuovi canali di raccolta di risorse per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali. Nel provvedimento si intende definire la tipologia della start-up culturale, inserendola nella categoria delle start-up innovative.
Per quanto riguarda gli interventi a sostegno del settore dell’industria cinematografica, dal 2014[45], è stato reso permanente il cosiddetto tax credit per il cinema, una misura di agevolazione fiscale che prevede crediti d'imposta per la produzione, la distribuzione e l'esercizio cinematografico già prevista dal 2008; la misura è stata poi estesa ai produttori indipendenti di opere audiovisive[46].
Dal 2015[47], la concessione di tali crediti fiscali ha beneficiato di ulteriori risorse, fissate, dapprima, complessivamente a 115 milioni di euro[48] e, successivamente, con la legge di stabilità per il 2016[49], a 140 milioni di euro annui a decorrere da tale anno. Per il 2015 e 2016 crediti d’imposta analoghi sono stati previsti per il restauro delle sale cinematografiche storiche[50]. Da ultimo, con la citata legge di stabilità 2016, la disciplina è stata estesa alle spese per la distribuzione internazionale, alla sostituzione di impianti di proiezione digitale ed ai film realizzati sul territorio nazionale su commissione di produzioni estere.
Infine, si segnala che è in corso di esame un disegno di legge volto a definire la disciplina del cinema e dell'audiovisivo e a conferire deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali[51], al quale sono state abbinate altre proposte di legge in materia, di iniziativa parlamentare. Il provvedimento è finalizzato, da un lato, a definire una disciplina sistematica del settore cinematografico e della produzione audiovisiva, dall’altro, a dettare i principi fondamentali dell'intervento pubblico a sostegno di questo settore.
Nel campo delle arti performative, gli interventi hanno riguardato principalmente:
- lo spettacolo dal vivo, prevedendo, a partire dal 2014, la rideterminazione dei criteri per l'erogazione e delle modalità per la liquidazione e l'anticipazione dei contributi a tale forma di spettacolo, determinando in sostanza nuovi criteri per l’erogazione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS)[52], in base ai parametri dell’importanza culturale e dei livelli quantitativi della produzione svolta, degli indici di affluenza del pubblico e della regolarità gestionale[53];
- le imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo, oltre che per le imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali, per le quali è stato previsto un credito di imposta, per il triennio 2014-2016[54];
- il campo di rilevanza storica, oltre che culturale, delle fondazioni lirico sinfoniche, con l’intento di scongiurarne la crisi. In particolare, sono state approvate disposizioni riguardanti il risanamento delle fondazioni che versavano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale, introducendo novità in materia di governance[55]. Dal 2014, è stata, poi, introdotta una nuova disciplina per l'individuazione delle fondazioni che possono dotarsi di forme organizzative speciali;
- giovani artisti, italiani e stranieri, organizzati in cooperative o in associazioni[56]: per favorirne il confronto culturale e la realizzazione di spazi di creazione e produzione artistica, oltre che per incentivare la musica, la danza ed il teatro contemporanei, è stata disposta l'individuazione di beni immobili di proprietà dello Stato[57] da destinare a studi per i predetti artisti;
- giovani autori, per i quali è stata approvata la misura che destina, sulla base di un atto di indirizzo annuale del MiBACT[58], il 10% di tutti i compensi percepiti per diritti d’autore sulla riproduzione privata di musica e video[59];
- il finanziamento di festival, cori e bande, mediante l'emanazione di un bando del MiBACT che stabilisca le modalità di accesso alle risorse, pari a 1 milione di euro annui per il periodo 2016-2018[60].
Sono state, per altro verso, introdotte nuove disposizioni in relazione all’attuazione delle norme sull’equipollenza dei titoli di studio rilasciati dalle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) e agli incarichi di insegnamento presso le stesse istituzioni[61].
In merito alle settore delle arti visive, occorre segnalare che, a seguito della riorganizzazione del MiBACT[62] è stata istituita una nuova Direzione generale Musei, grazie alla quale viene concessa maggiore autonomia a tali istituti per una migliore valorizzazione delle potenzialità esistenti, anche mediante risorse private che integrano l’offerta al pubblico. Infatti, rispetto al passato, la riforma riconosce ora all’istituto museale, precedentemente ufficio della Soprintendenza, la possibilità di dotarsi di un proprio statuto e di redigere un proprio bilancio.
In particolare, sono identificati venti Musei di rilevante interesse nazionale ad autonomia speciale che, ad esempio, possono dotarsi di direttori altamente qualificati in materia di gestione museale, grazie a procedure selettive di rilievo internazionale. Vengono inoltre istituiti i 17 Poli museali regionali (eccetto che nelle seguenti regioni a statuto speciale: Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Sicilia) in grado di gestire e coordinare i musei, le aree e i parchi archeologici e monumenti statali sul territorio.
Con riferimento al settore radiotelevisivo, si segnala che è stato approvato il disegno di legge sulla riforma dell’azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo – RAI[63], che interviene, in particolare, sulla governance e sull'attività gestionale dell’azienda, sui contratti di servizio, nonchè sulle competenze della Commissione parlamentare di vigilanza. Contiene, inoltre, una delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di servizi di media audiovisivi e radiofonici.
In sede parlamentare, è stato peraltro approvato il documento conclusivo di una indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, che evidenzia la necessità di delineare un quadro normativo unico in modo da assicurare parità di regole per tutti i soggetti che operano nel mercato audiovisivo, indipendentemente dalla piattaforma tecnologica utilizzata.
Per quanto riguarda il mercato editoriale, è nella fase conclusiva – alla data di questo dossier - l’iter di approvazione di un disegno di legge che modifica il quadro normativo sull’editoria e sulla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo[64].
Con questo provvedimento, in particolare, si istituisce un nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e si introducono deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico all'editoria e all'emittenza radiofonica e televisiva locale.
Le disposizioni intervengono inoltre sull’assetto normativo riguardante il sistema distributivo e la vendita dei giornali, sulla disciplina dei profili pensionistici dei giornalisti e sulla composizione e competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Infine, il provvedimento disciplina la procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e la durata della stessa, fissando un limite massimo retributivo per amministratori, dipendenti, collaboratori e consulenti del soggetto affidatario della medesima concessione.
Con riferimento al settore dei libri, in Parlamento si prosegue l'esame di un provvedimento[65] per favorire la diffusione del libro, su qualsiasi supporto, e la lettura, mediante l’adozione a livello centrale di un Piano d'azione nazionale per la promozione della lettura, e, a livello locale, dei Patti locali per la lettura.
Con riferimento a questo settore, si deve ricordare, peraltro, la legge varata nel 2011 sulla nuova disciplina del prezzo dei libri[66] che, in generale, affida all’editore la determinazione del prezzo di vendita dei libri al pubblico, disponendo che lo stesso non può prevedere sconti superiori al 15%.
Tra i più recenti interventi normativi che riguardano la sport – che rimane al di fuori dell’ambito dell’industria culturale e creativa in senso stretto, sebbene importante strumento per promuovere l’inclusione sociale - si segnalano infine le recenti disposizioni approvate in sede parlamentare relativamente a:
- impianti sportivi[67] volte a definire una nuova procedura per la realizzazione e l'ammodernamento degli stessi, con particolare riguardo alla sicurezza degli stessi impianti e degli spettatori;
- realizzazione e rigenerazione di impianti sportivi destinati all'attività agonistica nazionale, localizzati in aree svantaggiate e zone periferiche urbane, mediante l’istituzione del Fondo "Sport e periferie"[68];
- finanziamento del Comitato italiano paraolimpico (CIP) e trasformazione dello stesso in ente autonomo di diritto pubblico[69].
[1] Articolo 167 (ex articolo 151 del TCE): 1. L'Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune. 2. L'azione dell'Unione è intesa ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, ad appoggiare e ad integrare l'azione di questi ultimi nei seguenti settori: — miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei, — conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea, — scambi culturali non commerciali, — creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo. 3. L'Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti in materia di cultura, in particolare con il Consiglio d'Europa. 4. L'Unione tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge a norma di altre disposizioni dei trattati, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture. 5. Per contribuire alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presente articolo: — il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato delle regioni, adottano azioni di incentivazione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri; — il Consiglio, su proposta della Commissione, adotta raccomandazioni.
[2] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Comunicazione su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione COM(2007)0242
[3] Study on the economy of culture in Europe, studio realizzato nel 2006 da KEA per conto della Commissione europea; il citato documento di lavoro dei servizi della Commissione Challenges for EU support to innovation in services; il rapporto UNCTAD 2008 Creative Economy – the Challenge of Assessing the Creative Economy – towards informed policy-making.
[4] Conclusioni del Consiglio e dei Rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, su un piano di lavoro per la cultura (2015-2018),pubblicata in GU-UE del 23/12/2014 serie C n. 463 (2014/C 463/02).
[5] Comunicazione della Commissione COM(2010)2020, EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
[6] Statistical books - Culture statistics 2016, Eurostat (v. anche http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php)
[7] Si veda in proposito il regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11dicembre 2013, che istituisce il programma Europa creativa (2014-2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009.
[8] La definizione proposta è la seguente: "le industrie culturali e creative sono i settori che si basano su valori culturali, creatività, competenze e talento individuale, che hanno il potenziale di creare ricchezza e occupazione, generando valore dalla proprietà intellettuale. Comprendono i seguenti settori che si fondano sugli input culturali e creativi: l'architettura, gli archivi e le biblioteche, l'artigianato artistico, gli audiovisivi (compresi i film, la televisione, i videogiochi e i prodotti multimediali), il patrimonio culturale, il design, la moda e l'industria di alta gamma basate sulla creatività, i festival, la musica, le arti dello spettacolo, l'editoria, la radio e le arti visive".
[9] Conclusioni del Consiglio e dei Rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, su un piano di lavoro per la cultura (2015-2018),pubblicata in GU-UE del 23/12/2014 serie C n. 463 (2014/C 463/02).
[10] Statistical books - Culture statistics 2016, Eurostat (v. anche http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php)
[11] I dati esposti si riferiscono solo alla popolazione che ha utilizzato internet e descrivono, quindi, soltanto i modelli di comportamento e le scelte degli utenti di internet, escludendosi ogni analisi o valutazione concernenti il tasso di penetrazione di internet.
[12] Tra questi obiettivi, si segnalano, in particolare:
- garantire un'occupazione ad almeno il 75% della popolazione di età fra 20 e 64 anni;
- investire il 3% del PIL in ricerca e sviluppo;
- ridurre il tasso di abbandono scolastico a meno del 10% e portare almeno al 20% la quota dei giovani con una laurea o un diploma di terzo livello;
- salvare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà o emarginazione.
[13] In proposito si veda anche il documento di lavoro della Commissione «Analisi della consultazione avviata dal Libro verde “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare», COM(2010) 183 definitivo.
[14] Si veda il primo Rapporto “Italia Creativa”, commissionato dalla SIAE e dal MiBACT all’istituto di revisione Ernst&Young (dati 2014).
[15] Se si considerano i soli effetti diretti dell’industria creativa e culturale in Italia, la stima è del 2,5% del PIL, pari a 40 miliardi di euro, superiore al settore delle telecomunicazioni (39 miliardi euro).
[16] Nel 2014 i primi tre settori per valore economico totale sono Televisione e Home Entertainment, Arti Visive e Pubblicità, con valori generati rispettivamente di 12,2, 11,2 e 7,4 miliardi di euro, benchè l’effettivo valore non sia in molti casi univocamente attribuibile, proprio per le forti interconnessioni tra i vari settori (si pensi al settore pubblicitario che permea tutti gli altri settori, in quanto leva di risorse finanziarie).
[17] Il settore che ne ha maggiormente risentito è quello dei Quotidiani e periodici, con una riduzione del valore diretto nel periodo 2012-2014 del 22% e un calo degli occupati del 10,4%, seguito dal settore della pubblicità (-11,4%, dei libri 7,1%, dell’architettura (-6,2%) e della TV (-5,8%)). E’ invece cresciuto il valore del settore delle arti visive (+3,9%), del cinema (+3,4%) e dei videogiochi (+10,3%).
[18] Ultimi dati disponibili rilevati dall’ISTAT, Indagine sui consumi culturali (qui il link della sintesi).
[19] Persone oltre i 3 anni di età.
[20] Persone di 6 anni e più.
[21] Come si evince dal confronto tra le cifre in complesso registrate nel decreto di ripartizione dei capitoli di bilancio di previsione relativo allo stato di previsione MiBACT per l’anno 2015 (Decreto 101094 del 29 dicembre 2014) e quelle per il 2016 (Decreto 482300 del 28 dicembre 2015).
[22] Si tratta delle regioni ex Obiettivo 1 (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).
[23] Come da comunicato stampa del MIBACT pubblicato sul proprio sito.
[24] Articolo 1, co. 974, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).
[25] Articolo 1, co. 338, della stessa legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).
[26] Articolo 1, co. 985, della legge di stabilità sopra citata. Le modalità applicative sono recate dal DPCM 21 marzo 2016. Sul sito del MIBACT è stato inoltre pubblicato l'elenco delle associazioni culturali che hanno presentato istanza di iscrizione. La misura si aggiunge a quella prevista dall'art. 23, co. 46, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) che dal 2012 consente di destinare una quota pari al 5 per mille dell'IRPEF al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici. Inoltre, si ricorda che alla conservazione dei beni culturali può essere destinata la quota dell'8 per mille dell'IRPEF (art. 47, commi secondo e terzo, L. 222/1985 e D.P.R. 76/1998).
[27] Articolo 1, co. 9 e 10, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015).
[28] Il programma individua, in particolare, le risorse da destinare a ciascuno degli interventi di prioritario interesse e il relativo cronoprogramma, definendo le modalità di definanziamento in caso di mancata attuazione. Si veda in proposito il decreto di approvazione del programma triennale 2016-2018 adottato con il DM 28 gennaio 2016.
[29] Articolo 1, co. 241, della sopra citata legge di stabilità 2015. L'individuazione degli interventi da finanziare è stata effettuata con il DM 12 novembre 2015.
[30] Articolo 7, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014), modificato dall'art. 1, co. 337, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016). In particolare, è stata autorizzata la spesa di 70 mln di euro per il 2017 e di 65 mln annui dal 2018 per la realizzazione degli interventi del Piano. Sul Piano strategico relativo al biennio 2015-2016 è stato adottato il DM 1° settembre 2015, che stanzia 80 milioni per investimenti, di cui 30 mln nel 2015 ed 50 mln nel 2016, per 12 progetti che interessano le regioni del centro-nord.
[31] Articolo 40 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013).
[32] Articolo 3 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013).
[33] Per maggiori approfondimenti si riporta il link al corrispondente tema curato dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
[34] D.L. 91/2013 (L. 112/2013).
[35] Articolo 1 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014), reso poi strutturale dall'articolo 1, co. 318 e 319, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016). A decorrere dal 2016 la misura del credito d'imposta è del 65%; per approfondimenti si veda il sito dedicato www.artbonus.gov.it.
[38] Articolo 7, co. 3-quater, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014). Il "Programma Italia 2019" individua l'adeguata copertura finanziaria, anche attraverso il ricorso alle risorse previste dai programmi dell'Unione europea per il periodo 2014-2020, ed è approvato con decreto ministeriale. Da ultimo è stato emanato il bando del 31 marzo 2016 per il conferimento del titolo per l’anno 2018. Per approfondimenti si veda l’apposito sito dedicato.
[39] Articolo 2, co. 5-bis, del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) che inizialmente, per il solo 2014, ha dotato il fondo di 1 milione di euro; in seguito, l'articolo 1, commi 6, 10 e 13, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha disposto l'utilizzo dei giovani in questione nell'ambito del piano strategico che prevedeva la predisposizione dell'Unità Grande Pompei e il rafforzamento delle attività di accoglienza del pubblico e di valorizzazione della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e di quella per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta. Il Fondo è stato da ultimo rifinanziato con 1 milione di euro per il 2015 dall'art. 7, co. 3 e 4, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).
[41] Articolo 1, commi 979 e 980, della L. 208/2015. La misura, originariamente prevista per i cittadini italiani o di altri Paesi membri dell’UE residenti in Italia, è stata successivamente estesa (articolo 2-quinquies del D.L. 42/2016 – L. 89/2016) anche a soggetti cittadini di paesi extra UE, in possesso, ove previsto, del permesso di soggiorno in corso di validità.
[42] Articolo 1, co. 121-125, L. 107/2015. La Carta per il personale docente, del valore di 500 euro annui (non rilevante ai fini fiscali) per ciascun anno scolastico, può essere spesa, tra l’altro, per attività quali la partecipazione a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo. A tali fini è stata autorizzata la spesa di euro 381 milioni annui a decorrere dall'anno 2015.
[43] Articolo 1, comma 258, della legge di stabilità 2016.
[44] A.C. 2950 (qui il dossier del Servizio Studi del 16 marzo 2016).
[45] La misura è stata inizialmente prevista dalla legge finanziaria per il 2008 (L. 244 del 2007) e resa permanente dall’articolo 8 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013).
[46] Il DM 5 febbraio 2015 ne ha definito, in particolare, le modalità applicative.
[47] Articolo 6 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).
[48] Autorizzazione di spesa elevata a 140 milioni di euro dall'art. 16 del D.L. 185/2015 (L. 9/2016).
[49] Articolo 1, co. 331-334, della L. 208/2015.
[50]Le modalità applicative della misura sono recate dal DM 12 febbraio 2015, misura successivamente abrogata dalla legge di stabilità 2016 (facendo salve le procedure in corso), in quanto è stata contestualmente prevista una nuova disciplina per la concessione del credito di imposta per la ristrutturazione, l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale e dei relativi impianti e servizi accessori.
[52] Legge 30 aprile 1985, n. 163.
[53] Articolo 9 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013). In proposito si sottolinea che l’attuazione della norma è stata data con un decreto del MiBACT (DM 1 luglio 2014, v. anche Vademecum illustrativo), ritenuto, in un primo momento, illegittimo dal TAR (v. sentenza n. 7479 del 28 giugno 2016), ma successivamente confermato dal Consiglio di Stato, mediante sospensiva urgente della citata sentenza di primo grado (v. comunicato stampa del 2 luglio 2016). Da ultimo, il comma 3-sexies dell'art. 24 del D.L. 113/2016 ha previsto che l'art. 9, co. 1, del predetto D.L. 91/2013 si interpreta nel senso che il decreto ministeriale attuativo ha natura non regolamentare e che le regole tecniche di riparto sono basate sull'esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti dello spettacolo e sulla definizione di apposite categorie tipologiche dei soggetti ammessi per ciascuno dei settori di attività (danza, musica, teatro, circo, spettacolo viaggiante).
[54] Articolo 7, co. 1-7, dello stesso D.L. 91/2013 (L. 112/2013). I meccanismi applicativi sono stati definiti con il D.I. 2 dicembre 2014 (G.U. n. 27/2015).
[55] I vari interventi sono stati disposti dall’articolo 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), dall’articolo 5 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) e, da ultimo, dall'art. 1, co. 355-357, della legge di stabilità per il 2016 e dall'art. 24 del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) per il completamento del percorso di risanamento delle gestioni e per il rilancio delle attività di tali fondazioni.
[56] Articolo 6 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013). Il decreto attuativo successivamente intervenuto è il D.I. 22 dicembre 2015.
[57] Anche regioni ed enti locali sono autorizzati a concedere beni con analoghe modalità.
[59] Articolo 1, co. 335, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016).
[60] Articolo 1, co. 359, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016). E' stato conseguentemente emanato il DM 26 febbraio 2016, n. 108 con il quale è stata indetta una pubblica selezione per la partecipazione al progetto "Salvaguardia del patrimonio musicale tradizionale". Il DM prevede che le attività saranno concluse entro il 31 dicembre 2016.
[61] Articolo 1, co. 106, della legge di stabilità per il 2013 e D.L. 104/2013 (L. 128/2013). In proposito si ricorda che costituiscono il sistema delle AFAM le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati, ai sensi dell’articolo 2 della L. 508/1999.
[65] A.C. 1504 testo unificato, qui l’ultimo dossier del Servizio studi.
[66] Legge n. 128 del 27 luglio 2011 (GU n. 181/2011).
[67] Articolo 1, co. 304-305, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014).
[68] Articolo 15 del D.L. 185/2015 (L. 9/2016). Il Fondo beneficia di una dotazione di 20 milioni di euro nel 2015, 50 milioni nel 2016 e 30 milioni nel 2017.
[69] In particolare, l'articolo 1, co. 190, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha autorizzato la spesa di 7 milioni di euro annui per il CIP a decorrere dal 2015 e l'articolo 8, co. 1, lett. f), della legge delega per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (L. 124/2015) detta il principio del riconoscimento delle peculiarità dello sport per persone affette da disabilità e lo scorporo del CIP dal CONI.