Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||||
Titolo: | Riunione interparlamentare delle Commissioni competenti in materia di energia, innovazione ed economia circolare - L'Aja, 3 e 4 aprile 2016 | ||||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 59 | ||||||
Data: | 01/04/2016 | ||||||
Descrittori: |
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Documentazione per le Commissioni
RIUNIONI INTERPARLAMENTARI
Riunione interparlamentare delle Commissioni competenti in materia di energia, innovazione ed economia circolare
L’Aja, 3 e 4 aprile 2016
Senato della Repubblica Servizio Studi Dossier europei n. 25 |
Camera dei deputati Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 59 |
Servizio Studi
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Dossier europei n. 25
Ufficio rapporti con l’Unione europea
Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it
Dossier n. 59
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INDICE
Ordine del giorno
Infrastrutture e sicurezza dell'approvvigionamento energetico
Il contesto nazionale (a cura del Servizio Studi della Camera)
Efficienza energetica – Le città che risparmiano energia
La politica dell’UE per le città
Smart cities and communities - il Partenariato europeo di innovazione
Prestazione energetica degli edifici
Il contesto nazionale (a cura del Servizio Studi della Camera)
Il contesto nazionale (a cura del Servizio Studi della Camera)
La transizione verso l’economia circolare
Il contesto nazionale (a cura del Servizio Studi della Camera)
Nonostante i progressi realizzati in termini di diversificazione degli approvvigionamenti, la dipendenza energetica dell'UE è ancora molto forte, con molti Stati dell’Europa dell’Est e dell’Europa centrale che dipendono esclusivamente da un unico fornitore (Russia). Il livello di dipendenza varia a seconda dei paesi: nel 2014 hanno importato meno energia Estonia (8,9%), Danimarca (12,8) e Romania (17%), mentre ne hanno importata di più Malta (97,7%), Lussemburgo (96,6%), Cipro (93,4%), Irlanda (85,3%), Belgio (80,1%) e Lituania (77%). Tra i cinque Stati con i più elevati consumi di energia, i meno dipendenti dalle importazioni sono stati il Regno Unito (45,5%) e la Francia (46,1%), i più dipendenti sono Germania (61,4%), Spagna (72,9%) e Italia (75,9%).
Nell’ambito UE, già con la decisione 1364/2006/CE relativa alle reti transeuropee nel settore dell'energia (TEN-E) sono stati definiti una serie orientamenti volti a garantire, tra l'altro, la diversificazione delle fonti e una maggiore sicurezza dell'approvvigionamento mediante il rafforzamento delle relazioni con i paesi terzi, l'aggiornamento delle infrastrutture esistenti e lo sviluppo di nuove infrastrutture di rilevanza europea. Tali interventi richiederanno investimenti dell'ordine di 140 miliardi per le reti dell'elettricità e di 70 miliardi per le reti di gas. Per il periodo 2014-2020, nell'ambito del Meccanismo per Collegare l'Europa[1] l'UE ha stanziato 5,85 miliardi di euro per promuovere lo sviluppo delle infrastrutture transeuropee per l’energia. Anche il Fondo europeo per gli Investimenti strategici (FEIS), istituito nell'ambito del Piano Junker per la crescita e gli investimenti, viene utilizzato per sostenere, tra gli altri, progetti relativi alle infrastrutture energetiche e alle interconnessioni elettriche.
Il Consiglio europeo nel 2014 ha infatti fissato un obiettivo relativo ad una interconnessione minima del 10% per l'energia elettrica, da raggiungere entro il 2020. Il Pacchetto "Unione dell'energia", al fine di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti, ha definito una Strategia[2] individuando una serie di Progetti di interesse comune (PIC), 248 in tutto, di cui 52 riguardano le interconnessioni elettriche. L'elenco è stato aggiornato nel novembre 2015[3] e comprende 195 progetti di cui 108 riguardanti le reti elettriche e 77 le reti del gas. Per i progetti legati all'energia elettrica saranno necessari 105 miliardi di euro, di cui 35 miliardi per le interconnessioni.
Al fine di dotare l'Unione europea degli strumenti necessari per affrontare le possibili interruzioni dell'approvvigionamento energetico e per sostenere la transizione energetica globale, il 16 febbraio scorso la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di misure in materia di energia sostenibile e sicurezza energetica (winter package).
Le misure del pacchetto, che sono incentrate sulla sicurezza energetica, si prefiggono di rafforzare la resilienza dell'Unione europea in caso di interruzione delle forniture di gas mediante una riduzione della domanda di energia, un aumento della produzione di energia in Europa, anche da fonti rinnovabili, l'ulteriore sviluppo di un mercato dell'energia ben funzionante e perfettamente integrato, la diversificazione delle fonti energetiche, dei fornitori e delle rotte. Intendono inoltre migliorare la trasparenza del mercato europeo dell'energia e creare maggiore solidarietà tra gli Stati membri[4].
In particolare, la proposta di regolamento in materia di sicurezza degli approvvigionamenti del gas[5]:
- propone il passaggio da un approccio nazionale ad un approccio regionale;
- introduce un principio di solidarietà per cui i paesi confinanti contribuiranno ad assicurare le forniture di gas;
- definisce obblighi in materia di capacità bidirezionale delle infrastrutture;
- prevede l’obbligo per gli Stati membri di elaborare congiuntamente piani d'azione preventivi e piani di emergenza regionali che dovranno essere adottati, resi pubblici e notificati alla Commissione europea entro il 1° marzo 2019 e saranno aggiornati ogni 4 anni.
Integrano il pacchetto:
- la proposta di decisione[6], che mira a garantire la conformità degli accordi intergovernativi nel settore energetico al diritto dell'UE e a migliorarne la trasparenza, attraverso una valutazione ex ante da parte della Commissione;
- la strategia volta a valorizzare le potenzialità del gas naturale liquefatto e dello stoccaggio[7] per rendere il mercato del gas il più diversificato possibile.
La Sicurezza energetica è la prima delle cinque dimensioni dell'Unione dell'energia, secondo quanto previsto dalla Strategia quadro presentata dalla Commissione nel febbraio 2015[8]. I fattori chiave della sicurezza energetica sono, ad avviso della Commissione, il completamento del mercato interno dell'energia, un consumo energetico più efficiente nonché la diversificazione dell'approvvigionamento, con riferimento alle fonti di energia, ai fornitori e alle rotte per il trasporto dei combustibili.
Nonostante i progressi in questa direzione, la Comunicazione sullo Stato dell'Unione dell'energia pubblicata nel novembre 2015[9] ha rilevato che:
- la dipendenza energetica dell'UE è ancora molto forte, con molti Stati dell’Europa dell’Est e dell’Europa centrale che dipendono esclusivamente da un unico fornitore (Russia)[10];
- per prevenire o mitigare le crisi energetiche occorre rafforzare la cooperazione a livello regionale;
- sarà necessario migliorare i collegamenti tra alcuni Stati (gli Stati baltici e la Finlandia) e il mercato del gas dell'Europa centrale e assicurare l’accesso al gas liquefatto da parte di tutti i paesi europei.
La principale fonte delle importazioni europee è la Russia (per tutti i tipi di prodotti: carburanti solidi, gas naturale e petrolio greggio).
UE -28, importazioni di prodotti energetici dalla Russia, 2002-2013 (% totale importazioni extra UE) |
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2002 |
2005 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
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Combustibili solidi |
13.1 |
23.7 |
30.0 |
26.9 |
26.2 |
25.9 |
28,8 |
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Petrolio greggio |
29.5 |
22.9 |
33.5 |
34.7 |
34.8 |
33.7 |
33,5 |
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Gas naturale |
45.2 |
40.7 |
33.0 |
29.5 |
31.6 |
32.0 |
39,3 |
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Fonte: Eurostat, Energy, transport and environment indicators - 2014 |
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I dati dimostrano che, sebbene sia stato fatto uno sforzo per diversificare il grado di dipendenza dell’UE da un singolo paese esportatore, la dipendenza energetica complessiva dell’UE è rimasta sostanzialmente stabile.
Secondo i dati più recenti pubblicati da Eurostat nello scorso mese di febbraio[11] l'Unione europea nel 2014 ha continuato ad importare il 53.4% dell'energia consumata. Peraltro, sebbene il trend della dipendenza energetica dal 1990 non sia stato costante (il picco più elevato si è registrato nel 2008), dal 2004 i valori si sono attestati sempre al di sopra del 50%.
Il livello di dipendenza varia a seconda dei paesi: nel 2014 hanno importato meno energia Estonia (8,9%), Danimarca (12,8) e Romania (17%), mentre ne hanno importata di più Malta (97,7%), Lussemburgo (96,/%), Cipro (93,4%), Irlanda (85,3%), Belgio (80,1%) e Lituania (77%). Tra i cinque Stati con i più elevati consumi di energia, i meno dipendenti dalle importazioni sono stati il Regno Unito (45,5%) e la Francia (46,1%), in contrapposizione alla Germania (61,4%), alla Spagna (72.9%) e all'Italia (75,9%), dove comunque le importazioni hanno registrato una diminuzione rispetto ai livelli del 1990 (84,7%). Il paese con il tasso più elevato rispetto al 1990 è la Repubblica Ceca (30,4%).
Tasso di dipendenza energetica nel 2014 per tutti i prodotti.
Dipendenza energetica per tutti gli Stati membri
Il gas naturale
Componente essenziale dell'approvvigionamento
energetico dell'Unione è il gas naturale, che rappresenta un quarto
della fornitura di energia primaria, ed è utilizzato per la produzione di
energia elettrica, per il riscaldamento, come materia prima per l'industria e
come carburante nei trasporti. Negli ultimi dieci anni, a fronte di un calo
nella produzione interna di gas si è registrato un aumento delle
importazioni, per soddisfare una domanda di circa 400 miliardi di metri
cubi. Secondo i
dati Eurostat, nel 2013 l'UE ha importato il 65% del gas, di cui il 39%
proveniva dalla Russia, il 30% dalla Norvegia e il 13% dall'Algeria.
Percentuale di dipendenza energetica - Gas naturale
Fonte: Commissione europea, EU Energy in Figures, 2015
I tassi negativi indicano che il paese in questione è un esportatore netto.
Importazioni dal paese di origine
Fonte: Commissione europea, EU Energy in Figures, 2015
Nei prossimi anni si prevede che la domanda di gas rimarrà stabile, creando così una maggiore dipendenza dalle importazioni e sollevando la necessità di affrontare i problemi legati alla sicurezza dell’approvvigionamento.
Gli stress test del 2014
Gli stress test regionali eseguiti
nel 2014 hanno evidenziato che l'Europa è ancora vulnerabile in caso di
interruzioni dell'approvvigionamento di gas[12].
Tali test sono stati eseguiti al fine di valutare la resilienza del sistema del
gas europeo per l'inverno 2014-2015 in vista del rischio evidenziato dalla
controversia tra Russia e Ucraina sul gas. Le prove del 2014 hanno evidenziato
che una grave perturbazione delle forniture di gas dall'Est, ossia dalla
Russia, continuerebbe ad avere oggi forti ripercussioni in tutta l'Unione,
soprattutto nell'Europa orientale[13].
Reti Transeuropee
Già con la decisione 1364/2006/Ce relativa alle reti transeuropee nel settore
dell'energia (TEN-E) sono stati definiti una serie orientamenti volti a
garantire, tra l'altro, la diversificazione delle fonti e una maggiore
sicurezza dell'approvvigionamento mediante il rafforzamento delle relazioni
con i paesi terzi (dei bacini del Mediterraneo, del Mar Nero e del Mar
Caspio, delle regioni del Medio Oriente e del Golfo persico)[14]. Sono
state definite le seguenti priorità d'azione per reti del gas e
dell'elettricità: sviluppo delle reti dell'energia e soluzione di problemi
dovuti a strozzature e collegamenti mancanti; creazione di reti nelle regioni
insulari, isolate e periferiche e ultraperiferiche per favorire la
diversificazione delle fonti; garanzia dell'interoperatività delle reti
elettriche; sviluppo delle reti del gas naturale e garanzia
dell'interoperatività delle relative reti con i paesi candidati, quelli in fase
di adesione e i paesi terzi. Le priorità si sono state tradotte in una serie
progetti ammissibili al finanziamento dell'UE - progetti di interesse comune,
Progetti Prioritari e progetti di interesse europeo[15] -
nell'ambito dei quali, nel periodo 2007-2013 sono stati destinati 155 milioni
di euro. L'aggiornamento delle infrastrutture esistenti e lo sviluppo di nuove
infrastrutture di rilevanza europea richiederanno investimenti dell'ordine di 140
miliardi per le reti dell'elettricità e di 70 miliardi per le reti
di gas. Per il periodo 2014-2020, nell'ambito del Meccanismo per
Collegare l'Europa (CEF)[16]
l'UE ha stanziato 5,85 miliardi di euro per promuovere lo sviluppo delle
infrastrutture transeuropee per l’energia. Anche il Fondo europeo per
gli Investimenti strategici (FEIS), istituito nell'ambito del Piano Junker
per la crescita e gli investimenti, viene utilizzato per sostenere, tra gli
altri, progetti relativi alle infrastrutture energetiche e alle
interconnessioni elettriche.
Secondo lo stato di avanzamento di marzo 2016, sono stati approvati 21 progetti nel settore energetico, per una garanzia totale di 2,7 miliardi di euro dal FEIS, che dovrebbero mobilitare investimenti per 14 miliardi di euro. Due i progetti che riguardano l’Italia, uno approvato ma non ancora firmato, relativo alla modernizzazione della raffineria di Milazzo (garanzia di 30 milioni di euro dal FEIS per un investimento di 225.4 milioni di euro) e l’altro firmato il 18 dicembre 2015, relativo all’installazione di contatori intelligenti per il gas (garanzia di 200 milioni di euro dal FEIS per un investimento totale di 415 milioni di euro).
Interconnessio-ni
Il Consiglio europeo nel 2014 ha
infatti fissato un obiettivo relativo ad una interconnessione minima del 10%
per l'energia elettrica, da raggiungere entro il 2020. Il Pacchetto
"Unione dell'energia", al fine di rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti,
ha definito una Strategia[17]
individuando una serie di Progetti di interesse comune (PIC), 248 in tutto, di cui 52 riguardano le interconnessioni
elettriche. L'elenco è stato aggiornato nel novembre 2015[18] e
comprende 195 progetti di cui 108 riguardanti le reti elettriche e 77 le reti
del gas. Per i progetti legati all'energia elettrica saranno necessari 105
miliardi di euro, di cui 35 miliardi per le interconnessioni.
Per favorire gli investimenti in questo
settore l'Unione europea utilizza una serie di strumenti, tra cui, oltre al
Meccanismo per collegare l'Europa e al FEIS, anche il programma energetico
europeo per la ripresa (EEPR), elaborato a seguito della crisi economica,
nell'ambito del quale sono stati individuati alcuni progetti di interconnessione
e sono stati spesi circa 650 milioni di euro per le interconnessioni
elettriche. Inoltre, nell'ambito del Fondo europeo e di sviluppo
regionale (FESR) ne saranno stanziati circa 2 miliardi.
PIC italiani
Per quanto riguarda la situazione a
livello di interconnessioni dell'Italia, la comunicazione sullo Stato
dell'Unione dell'Energia ha evidenziato che la capacità di
interconnessione rappresenta il 7,4% della capacità istallata e necessita
di essere migliorata. L’Italia è interessata a 16 PIC; quelli nel settore
elettrico sono concentrati principalmente sulle interconnessioni con la Francia
(Grande Ile-Piossasco), la Svizzera (Verderio Inferiore-Thusis/Sils e
Airolo-Baggio), l’Austria (Lienz-Veneto e Wurmlach-Somplago), la Slovenia
(Salgareda-Divaca/Bericevo) e il Montenegro (Latsva-Villanova). Il
completamento almeno dei progetti che coinvolgono anche la Francia e l’Austria
potrebbe portare il grado di interconnessione italiana al 12 per cento entro
il 2020 mentre l’obiettivo del 15% entro il 2030 dovrebbe essere raggiunto
con l’attuazione dei nuovi PIC. La Commissione segnala inoltre la necessità di
migliorare la rete interna per eliminare i colli di bottiglia, aumentando i
livelli di sicurezza e flessibilità del sistema. Per quanto riguarda il gas,
l’Italia gioca un ruolo importante nella creazione di un hub
mediterraneo: in tale ambito, uno dei progetti PIC prevede la costruzione di un
gasdotto che colleghi l’Algeria all’Italia, via Sardegna (cosiddetto gasdotto
Galsi). Nell’ambito del corridoio meridionale per il gas – una delle priorità
della politica energetica dell’UE -, la TAP (Trans Adriatic Pipeline),
che trasporterà il gas azero dal confine turco all’Italia meridionale
attraverso Grecia e Albania, dovrebbe partire nel 2016 nonostante la forte
opposizione delle autorità locali.
Al fine di dotare l'Unione europea degli strumenti necessari per affrontare le possibili interruzioni dell'approvvigionamento energetico e per sostenere la transizione energetica globale - le cui premesse sono state gettate con l'Accordo di Parigi sul clima - il 16 febbraio scorso la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di misure in materia di energia sostenibile e sicurezza energetica (winter package).
Il winter package:
obiettivi
Le misure del pacchetto, che sono
incentrate sulla sicurezza energetica, si prefiggono di rafforzare la
resilienza dell'Unione europea in caso di interruzione delle forniture
di gas mediante una riduzione della domanda di energia, un aumento della
produzione di energia in Europa, anche da fonti rinnovabili, l'ulteriore
sviluppo di un mercato dell'energia ben funzionante e perfettamente integrato,
la diversificazione delle fonti energetiche, dei fornitori e delle rotte.
Intendono inoltre migliorare la trasparenza del mercato europeo dell'energia e
creare maggiore solidarietà tra gli Stati membri[19].
Esse sono contenute nei seguenti atti:
- proposta di regolamento in materia di sicurezza degli approvvigionamenti del gas,
- proposta di decisione sugli accordi intergovernativi nel settore energetico,
- strategia per il gas naturale liquefatto e lo stoccaggio del gas;
- strategia per il riscaldamento e il raffreddamento[20].
La proposta mira a garantire che tutti gli Stati membri si dotino degli strumenti adeguati al fine di prepararsi ad un'eventuale carenza di gas provocata da una perturbazione della fornitura o da una domanda eccezionalmente elevata. Essa migliora le azioni di prevenzione e mitigazione previste dal regolamento (Ue) n. 994/2010 del Consiglio, al minor costo possibile per i consumatori.
Novità del winter
package
Introduce i seguenti principali elementi di novità:
- propone il passaggio da un approccio nazionale ad un approccio regionale, nel predisporre le misure di sicurezza degli approvvigionamenti. Ciò consentirà un migliore coordinamento tra gli Stati e una valutazione più accurata dei rischi comuni, delle possibili crisi simultanee e delle risorse disponibili;
- introduce un principio di solidarietà in base al quale, come ultima possibilità, i paesi confinanti contribuiranno ad assicurare le forniture di gas alle abitazioni e ai servizi sociali essenziali;
- definisce obblighi in materia di capacità bidirezionale delle infrastrutture;
- rafforza la cooperazione con i paesi vicini: le parti contraenti della Comunità dell'energia saranno coinvolte nell'assicurare una prevenzione e una gestione più efficaci delle crisi energetiche ai confini con l'UE;
-
Piani regionali comuni
propone un miglior accesso all'informazione e misure in materia
di trasparenza per alcuni contratti rilevanti per la sicurezza degli
approvvigionamenti che dovranno essere notificati automaticamente dalle
compagnie di gas naturale alla Commissione europea e agli Stati membri al
momento della stipula o delle modifiche.
In particolare, per quanto riguarda la cooperazione e il coordinamento regionali, la proposta rafforza quanto previsto dalle norme vigenti, prevedendo l'obbligo per gli Stati membri di elaborare congiuntamente i piani d'azione preventivi, i piani di emergenza e le valutazioni regionali dei rischi, sulla base di modelli obbligatori[22] e secondo una configurazione di regioni - già prevista dal Regolamento 994/2010 ma modificata - definita in base ai criteri della prossimità geografica, delle interconnessioni esistenti, della capacità di aggregare risorse, dello sviluppo e della maturità del mercato e delle strutture di cooperazione esistenti[23]. In base alla configurazione proposta, l'Italia farebbe parte della regione sudorientale assieme all'Austria, alla Croazia, all'Ungheria e alla Slovenia. Questa configurazione è dettata dallo schema di fornitura in caso di perturbazione delle importazioni dalla Russia.
Configurazione delle Regioni ai fini dell'elaborazione
delle valutazioni dei rischi e dei piani regionali.
Fonte: Commissione europea.
I piani d'azione preventivi e i piani di emergenza regionali dovranno essere adottati, resi pubblici e notificati alla Commissione europea entro il 1° marzo 2019 e saranno aggiornati ogni 4 anni. La valutazione dei rischi, una volta approvata dagli Stati membri della regione interessata, sulla base di un meccanismo di cooperazione concordato, sarà notificata alla Commissione europea entro il 1° settembre 2018 e aggiornata, anch'essa, ogni 4 anni. Essa tiene conto di tutti i rischi pertinenti, quali catastrofi naturali e rischi tecnologici, commerciali, finanziari, sociali, politici e di altro tipo.
Principio
di
solidarietà per i
clienti protetti Ruolo dell'Ue Livelli di crisi e
livelli di intervento
Per quanto riguarda l'approccio adottato in caso di crisi, la proposta
prevede tre livelli di intervento, il primo dei quali coinvolge le
compagnie del gas e le industrie pertinenti, il secondo gli Stati membri a
livello nazionale o regionale e il terzo l'Unione europea, con funzioni di
coordinamento. La proposta mira a far si che in caso di crisi le compagnie di
gas naturale e i clienti si affidino ai meccanismi di mercato il più a lungo
possibile. Vengono riconosciuti infatti i tre livelli di crisi già
previsti dal regolamento vigente: preallarme, allarme e deteriorare la
situazione della fornitura innescando un livello di allarme o di emergenza; il
secondo è dato da una perturbazione della fornitura o da una domanda
eccezionalmente elevata che però può ancora essere fronteggiata dal mercato
stesso; il terzo livello è caratterizzato dalla necessità di varare misure
non di mercato[24]
poiché l'offerta del gas non è in grado di soddisfare la domanda e di garantire
la fornitura dei clienti protetti. Nel caso di emergenza a livello regionale o
dell'Unione, la Commissione europea coordinerà gli interventi delle
autorità competenti assicurando lo scambio di informazioni, la coerenza e
l'efficacia delle azioni a livello degli Stati membri e a livello regionale, e
coordinerà le azioni concernenti i paesi terzi. Nel caso in cui la situazione
dovesse deteriorarsi sarà applicato il principio di solidarietà che come
ultima ipotesi prevede che al fine di assicurare la fornitura ai clienti
civili, ai servizi sociali essenziali e agli impianti di teleriscaldamento
(clienti protetti) dello Stato membro in stato di emergenza, la fornitura ai
clienti non protetti degli Stati membri direttamente collegati ad esso sarà
sospesa e il gas non fornito sarà inviato, in base a modalità tecniche,
giuridiche e finanziarie concordate tra gli Stati, allo Stato membro in stato
di emergenza. Tale misura si applicherà dal 1° marzo 2019 e riguarderà i
servizi sociali essenziali e gli impianti di teleriscaldamento nella misura in
cui questi rientrano nella definizione di "clienti protetti" nei
rispettivi Stati membri. Gli Stati membri dovranno notificare alla Commissione
europea le rispettive definizioni di clienti protetti entro il 31 marzo 2017.
Decisioni congiunte sui flussi invertiti
Relativamente alla capacità delle infrastrutture e all'inversione dei
flussi, la proposta prevede che, contrariamente a quanto avviene
attualmente, la decisione di dotare un interconnettore di una capacità
bidirezionale, di potenziarne una esistente o di ottenere un'esenzione da
tale previa consultazione di tutti gli Stati che si trovano lungo il
corridoio di approvvigionamento del gas[25],
della Commissione europea e dell'ACER (Agenzia europea per la cooperazione fra
i regolatori nazionali di energia). Le proposte dovranno essere presentate entro
il 1° dicembre 2018 per tutti gli interconnettori esistenti alla
data di entrata in vigore del regolamento..
Maggiori informazioni
sui contratti
Per quanto riguarda lo scambio di informazioni la proposta
aumenta le informazioni contrattuali che in base alla norma vigente le imprese
del gas devono trasmettere alla Commissione europea. Innanzitutto tali dati non
saranno più trasmessi in forma aggregata. Per i contratti di fornitura di gas
della durata superiore ad un anno, le imprese dovranno notificare anche i
volumi di gas minimi giornalieri, mensili e annui e le condizioni di
sospensione delle forniture di gas. Inoltre, in circostanze debitamente
giustificate, se vi è motivo di ritenere che un contratto possa compromettere
la sicurezza dell'approvvigionamento di uno Stato membro, di una regione o
dell'Unione, l'autorità competente che opera nello Stato membro in cui
l'impresa ha concluso il contratto, oppure la Commissione europea, può chiedere
all'impresa di trasmettere il contratto al fine di valutarne l'impatto sulla
sicurezza dell'approvvigionamento.
Limiti della valutazione
ex post
La proposta mira a garantire la
conformità degli accordi intergovernativi al diritto dell'UE e a migliorarne la
trasparenza. Come sottolineato dalla Strategia quadro per un'Unione
dell'energia varata nel febbraio 2015, un elemento importante per garantire la
sicurezza dell'approvvigionamento energetico, e del gas in particolare, è
infatti la piena conformità al diritto UE da parte degli accordi per l'acquisto
di energia stipulati con i paesi terzi[27].
La Strategia ha previsto quindi la revisione della Decisione 994/2012/UE relativa allo scambio di informazioni riguardo agli
accordi intergovernativi fra Stati membri e paesi terzi al fine di rendere tali
accordi maggiormente conformi al diritto UE. La decisione 994/2012/UE dispone
che tutti gli accordi intergovernativi vigenti e le relative modifiche debbano
essere sottoposti alla Commissione europea ai fini della una valutazione di
conformità con le norme in materia di concorrenza e di mercato interno
dell'energia. Tuttavia, secondo quanto afferma la Commissione nella relazione
di valutazione sull'applicazione della decisione[28], essa
non si è rivelata efficace a causa della natura ex post delle verifiche
di conformità. Infatti, nessuno degli Stati membri ai quali la Commissione
aveva sollevato dubbi di conformità è riuscito ad annullare o rinegoziare gli
accordi non conformi, a causa della complessità del quadro giuridico (diritto
pubblico internazionale) che non prevede una clausola sospensiva o risolutiva[29].
Novità della proposta La decisione 994/20102
La Commissione europea pertanto ha
predisposto una proposta di modifica della decisione volta a garantire la
conformità degli accordi intergovernativi al diritto dell'UE ai fini del buon
funzionamento del mercato interno, a migliorare la trasparenza degli stessi e a
rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri.
Valutazione ex ante
In particolare, la proposta, che è
accompagnata da una dettagliata analisi di impatto, inserisce alcuni elementi
di novità, tra cui la valutazione ex ante da parte della Commissione
europea. E' previsto infatti che gli Stati membri trasmettano alla Commissione
europea tutti i progetti di accordi intergovernativi o di modifica di accordi
esistenti prima della conclusione dei negoziati formali ai fini di una
valutazione ex ante. La Commissione europea avrà 6 settimane per
informare lo Stato membro interessato di eventuali perplessità sulla
compatibilità del progetto con le norme UE in materia di concorrenza e di
mercato interno dell'energia e 12 settimane per emettere un parere.
Decorsi questi termini senza che la Commissione abbia fornito una risposta o
emesso un parere, si desume che non sollevi obiezioni. Nel frattempo lo Stato
non potrà firmare, ratificare o approvare il progetto di accordo o la modifica
di un accordo intergovernativo. Per quanto concerne gli accordi vigenti, è
previsto che entro e non oltre tre mesi dall'entrata in vigore della decisione
questi siano trasmessi alla Commissione europea che avrà 9 mesi per
condurre una valutazione ex post e informare gli Stati membri su
eventuali perplessità circa la conformità degli stessi con le norme UE.
Campo d'applicazio-ne
più ampio
La proposta estende poi il
campo d'applicazione della decisione vigente anche agli strumenti non
vincolanti, quali ad esempio i memoranda d'intesa, le dichiarazioni
congiunte strumenti, ad eccezione degli accordi tra imprese. Anche in questo
caso sono previsti obblighi di comunicazione per gli Stati membri, che dopo la
loro adozione dovranno trasmetterli alla Commissione europea (gli strumenti
vigenti dovranno essere trasmessi entro tre mesi dall'entrata in vigore della
decisione). Quest'ultima li sottoporrà a valutazione e se riterrà che le loro
misure di attuazione siano in contrasto con le norme UE in materia di
concorrenza e mercato dell'energia, potrà informare lo Stato interessato.
Maggiore trasparenza
Inoltre, la proposta rafforza le norme
vigenti in materia di trasparenza e riservatezza stabilendo che se lo Stato
membro che assolve gli obblighi di comunicazione non specifica - entro tre
mesi dall'entrata in vigore della decisione - che le informazioni trasmesse
sono considerate riservate, la Commissione provvederà a renderle accessibili
a tutti gli Stati membri in formato elettronico sicuro. Nel caso ritenga
che siano riservate metterà a disposizione una sintesi che la Commissione
europea provvederà a norme vigenti.
Per quanto concerne le altre disposizioni vigenti, viene mantenuto l'obbligo per gli Stati membri di comunicare alla Commissione europea l'intenzione di avviare negoziati con gli Stati terzi e di tenerla informata sugli andamenti degli stessi. La Commissione continuerà, come avviene tuttora, a fornire consulenza su richiesta dello Stato membro interessato su come evitare incompatibilità con il diritto UE e potrà partecipare ai negoziati in qualità di osservatrice.
La Strategia presentata dalla Commissione europea è volta a valorizzare le potenzialità del gas naturale liquefatto (GNL) e dello stoccaggio per rendere il mercato del gas il più diversificato possibile. Al fine di superare la vulnerabilità dovuta alla crescente dipendenza dalle importazioni occorre infatti assicurare che il mercato del gas resti flessibile e capace di reagire alle fluttuazioni dell'approvvigionamento. Poiché l'Unione europea è il più grande importatore di gas naturale al mondo, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento è di primaria importanza ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti e della concorrenza. La Comunicazione sullo stato di attuazione dell'Unione dell'energia, come già affermato, ha sottolineato che occorre assicurare l'accesso al GNL per tutti i paesi europei.
Negli ultimi anni il GNL ha rappresentato il 10% delle importazioni di gas nell'Unione europea. I paesi dell'Europa occidentale hanno accesso ad importanti terminali di GNL e a mercati del gas liquidi, pertanto risultano più resilienti alle possibili interruzioni rispetto ai paesi che dipendono da un unico fornitore, quali quelli della regione del Baltico e dell'Europa centro e sud-orientale. Per tali paesi il GNL potrebbe fornire un grande contributo in termini di diversificazione delle fonti.
Misure necessarie a
livello UE
Al fine di promuovere l'accesso al GNL come fonte alternativa l'Unione
europea dovrà agire su tre fronti:
- garantire la realizzazione dell'infrastruttura necessaria per consentire agli Stati membri di beneficiare dell'accesso ai mercati internazionali di GNL, sia direttamente che attraverso altri Stati membri;
- completare la realizzazione del mercato interno per inviare i corretti segnali di prezzo;
- rafforzare la cooperazione con i partner internazionali per promuovere mercati di GNL liquidi, trasparenti, e di dimensioni globali.
Punti d'azione
A ciò si aggiungono anche interventi
sugli impianti di stoccaggio del gas al fine di garantire la sicurezza e
la resilienza sul piano energetico in periodi di gravi perturbazioni
dell'approvvigionamento.
Per ciascuno dei citati aspetti, la Strategia analizza gli interventi necessari e presenta dei punti d'azione.
Completa-mento di Infrastrutture
Per quanto concerne le infrastrutture,
la distribuzione sul territorio dell'Unione non è ottimale e spesso i terminal
sono sotto utilizzati[31].
Occorre pertanto costruire nuovi terminal laddove sono mancanti o migliorare
quelli esistenti. I punti d'azione elaborati dalla Strategia prevedono il
sostegno ai gruppi di alto livello che hanno individuato alcuni progetti
prioritari nell'Europa centrale e sud-orientale (CESEC), nel Baltico
(BEMIT) e nell'Europa sud-occidentale, con l'invito agli Stati membri ad
accelerare l'adozione di decisioni finali su di essi. Dovranno inoltre essere
intensificate le analisi dei costi/benefici al fine di determinare quali
terminal GNL e quali ulteriori interconnessioni siano da preferire. Per quanto
concerne i finanziamenti, la Commissione europea dovrebbe garantire che i
promotori dei progetti siano a conoscenza delle possibilità offerte dai fondi
europei, ad esempio il FEIS.
Infrastrutture UE rilevanti ai fini della Strategia per il GNL e lo stoccaggio. Collegamenti mancanti: infrastruttura da costruire/potenziare per migliorare i collegamenti dei terminal GNL al mercato interno. I puntini blu indicano i terminal GNL esistenti.
Azioni per il mercato interno
Fonte: Commissione europea. Fonte: Commissione europea. Fonte:
Commissione europea.
Relativamente al completamento del mercato interno del gas, occorrerà rimuovere gli ostacoli di natura regolamentare, commerciale e legale al fine di garantire l'accesso di alcuni mercati agli hub del gas. I punti d'azione della Strategia si rivolgono sempre alle regioni dell'Europa centrale e sud-orientale, del Baltico e dell'Europa sud-occidentale. Per quanto riguarda ad esempio la seconda regione le autorità di regolamentazione dovranno elaborare un piano d'azione volto a consentire una corretta applicazione del terzo pacchetto dell'energia[32] aprendo il prima possibile il mercato Baltico del gas e a individuare le misure necessarie a creare una zona a mercato unico; per la terza regione occorrerà operare a livello tecnico e politico per favorire il completamento dell'asse orientale del gas al fine di collegare meglio la Penisola iberica al mercato del gas.
Cooperazione
internazionale
Per quanto concerne la cooperazione con partner internazionali, l'Unione
europea dovrà fare in modo che non vi siano limitazioni alla libertà degli
scambi, al fine di godere appieno delle opportunità che derivano dalla
globalizzazione del mercato del GNL, grazie alla prossima realizzazione di hub
anche in Australia e negli Stati Uniti. I punti d'azione prevedono che la
Commissione europea: avvii consultazioni con l'Australia; prosegua il suo
impegno con i fornitori attuali e potenziali tra cui il Qatar, la Nigeria,
l'Egitto, l'Angola, il Mozambico, l'Algeria, gli Usa e il Canada; cooperi con
gli altri importatori di GNL quali il Giappone. La Commissione dovrà inoltre verificare
che gli accordi intergovernativi in materia di GNL siano conformi al diritto
dell'UE.
Potenziamen-to dello
stoccaggio
Per quanto riguarda gli impianti di stoccaggio dovrebbe
essere migliorata l'efficacia e l'efficienza dell'uso dello stoccaggio a
livello transfrontaliero tra Stati membri e a livello regionale, sia in
condizioni normali che in situazioni di crisi. I punti d'azione prevedono che
gli Stati membri garantiscano un adeguato accesso fisico allo stoccaggio, che
operino più strettamente con i paesi confinanti e che elaborino piani d'azione
regionali preventivi e d'emergenza, come previsto dalla proposta di revisione
sulla sicurezza degli approvvigionanti del gas.
Secondo l’ultimo “Bilancio energetico nazionale” (BEN) pubblicato dal MISE a dicembre 2015, il fabbisogno energetico lordo del Paese è stato pari, nel 2014, a circa 165,9 Mtep. Si tratta del valore più basso degli ultimi 18 anni.
La diminuzione della domanda energetica nel 2014 (nel 2013, essa era stata pari a 172,994 Mtep) conferma dunque il trend di riduzione registratosi negli ultimi anni.
Tabella 1. Consumo interno lordo nazionale – serie storica
Anno |
Consumo
interno lordo |
1997 |
174,415 |
1998 |
179,427 |
1999 |
182,669 |
2000 |
185,897 |
2001 |
188,773 |
2002 |
188,066 |
2003 |
194,379 |
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 |
196,526 197,776 196,191 194,200 191,304 180,343 187,785 184,204 176,306 172,994 165,965 |
Fonte Mise “Bilancio Energetico Nazionale”. Consumo interno lordo dal 1998 al 2014 - serie storica
La Relazione sulla "Situazione energetica nazionale nel 2014" di luglio 2015 - redatta da un gruppo di lavoro, formato da rappresentanze istituzionali e settoriali, per fornire un quadro informativo finalizzato al monitoraggio e all'aggiornamento della Strategia Energetica Nazionale approvata con D.M. 8 marzo 2013[33] (vedi, box successivo) - già forniva i dati preliminari per il 2014, evidenziando come il decremento del fabbisogno energetico sia stato determinato dall’azione congiunta della recessione economica, della ricomposizione settoriale della produzione, nonché della maggiore efficienza energetica.
Come si evince dalla Tabella successiva, avendo riguardo alla composizione percentuale delle fonti energetiche impiegate per la copertura della domanda nel 2014, essa è caratterizzata, rispetto al 2013, da una lieve riduzione del petrolio (dal 33,7% del 2013 al 34,4%) e da una sostanziale stabilità dei combustibili solidi (circa l’8,2% in ciascuno degli anni 2013 e 2014), mentre diminuisce il gas, dal 33,2% al 30,5%. Aumenta inoltre di poco l'importazione netta di energia elettrica mentre continua a crescere la quota di fabbisogno coperta dalle fonti rinnovabili che – secondo la contabilizzazione del Bilancio energetico nazionale - passa dal 19,5% al 20,9%.
Nel 2014, la produzione nazionale di fonti energetiche è cresciuta complessivamente dell’ 1,8%, passando da 43,8 a 44,6 Mtep. Si consideri al riguardo che la produzione nazionale riguarda perlopiù le fonti rinnovabili (32,6 Mtep nel 2014 in aumento rispetto al 2013, laddove era pari a 31,6 Mtep), seguita dal gas naturale (5,9 Mtep nel 2014, in diminuzione rispetto al 2013 ove era pari a 6,3 Mtep) e dal petrolio (5,8 Mtep nel 2014, in aumento riapetto al 2013, in cui era pari a 5,5 Mtep). La produzione nazionale copre dunque nel 2014 il 26,9% del consumo interno lordo di energia (rispetto al 25,3% del 2013).
La quota delle importazioni nette rispetto al fabbisogno nazionale di energia rimane dunque preponderante, ma essa si riduce nel 2014. L'Italia, rileva il MISE, nel confronto con la media dei 28 paesi dell'UE, si caratterizza per un maggior ricorso al gas naturale, all'import strutturale di elettricità, al ridotto contributo dei combustibili solidi e al mancato ricorso alla fonte nucleare.
Tabella 2. Bilancio energetico nazionale Italia 2014-2013 per
sottosettori
Fonte: Mise, Direzione generale per la sicurezza e l’approvvigionamento delle
risorse energetiche: Bilancio energetico
nazionale 2014. Dati definitivi.
Analizzando l’andamento dell’approvvigionamento delle principali fonti energetiche nell’anno 2014, il MISE[34] evidenzia – come già accennato - una riduzione del consumo interno lordo di petrolio e dei prodotti petroliferi dell’1,8% rispetto all’anno precedente in un contesto economico caratterizzato da un PIL ancora in contrazione dopo due anni di pesante recessione.
Al fabbisogno di 57,3 Mtep, la produzione nazionale ha contribuito per circa il 10%, mentre le importazioni nette (al netto delle scorte accumulate) hanno soddisfatto circa il 90% della domanda.
Le importazioni di greggio, di semilavorati e di prodotti petroliferi nel 2014 sono comunque diminuite complessivamente dell’ 8,4% rispetto al 2013. La riduzione ha interessato le importazioni provenienti dall’Africa (-15,6%), dall’Europa (-19,5%) e dall’Asia (-10,2%). Variazioni positive si sono registrate nelle importazioni dall’America (+234%) e dal Medio Oriente (+7,4%).
Per ciò che attiene al gas naturale, nel 2014 il consumo è stato pari a 61,9 miliardi di metri cubi (valore simile a quello registrato nel 1998), con una contrazione di circa l’11,6% rispetto al 2013, a seguito di una contrazione nei consumi del settore termoelettrico e del settore residenziale e terziario.
Nel 2014, i fattori climatici hanno contribuito a contenere i consumi di gas per riscaldamento e per generazione termoelettrica.
La disponibilità di gas naturale ha visto una riduzione della produzione nazionale di gas naturale del 7,6% ed una riduzione dell’importazione di circa il 10% rispetto al 2013.
Di fatto – afferma il MISE - le importazione via gasdotto, che nel 2013 hanno rappresentato il 90,9% del totale delle importazioni di gas naturale, sono diminuite del 9,1%. Le forniture provenienti dall’Algeria si sono ridotte del 44,6% rispetto al 2013, quelle dalla Russia del 6,8% rispetto al 2013. I flussi dalla Libia sono invece incrementati del 14,1% così come quelli provenienti dal Nord Europa (Olanda e Norvegia, + 40%).
Circa l’andamento delle fonti energetiche rinnovabili, del quale si ha un quadro fino all’anno 2015, grazie all’aggiornamento fornito dal GSE nell’ultimo Rapporto sull’attività 2015, diffuso il 16 marzo 2016, si rinvia alla scheda di lettura relativa alle energie rinnovabili (sessione III).
La Strategia energetica nazionale
La Strategia energetica nazionale (SEN) – documento adottato dal Governo italiano con D.M 8 marzo 2013 - contiene a tutt’oggi le linee direttrici della politica energetica italiana dei prossimi decenni. Essa ha indicato quattro obiettivi principali:
- l'allineamento dei costi energetici a quelli europei, con una previsione di circa 9 miliardi di euro l'anno di risparmi sulla bolletta elettrica e gas a livello nazionale (pari a circa 70 miliardi nel 2013);
- il raggiungimento ed il superamento di tutti gli obiettivi ambientali europei
In particolare, la SEN prevede una riduzione delle emissioni di gas serra del 21% rispetto al 2005 (obiettivo europeo: 18%), la riduzione del 24% dei consumi primari rispetto all'andamento inerziale (obiettivo europeo: 20%) e il raggiungimento del 19-20% di incidenza dell'energia rinnovabile sui consumi finali lordi (obiettivo europeo: 17%);
- il rafforzamento della sicurezza ed indipendenza di approvvigionamento,
Grazie ai previsti interventi di efficienza energetica, all’aumento delle rinnovabili, alla maggiore produzione nazionale di idrocarburi e ad una riduzione delle importazioni di elettricità, la SEN del 2013 prospetta una significativa riduzione della sua dipendenza dall’estero, dall’84% al 67% circa del fabbisogno energetico, con una conseguente riduzione della fattura energetica di circa 14 miliardi di euro l’anno rispetto ai 62 miliardi del 2013 (o una riduzione di circa 19 miliardi rispetto al livello di 67 miliardi atteso nel 2020 in caso di evoluzione ‘inerziale’ del sistema in assenza di misure e a prezzi costanti).
- la spinta alla crescita economica guidata dal settore energetico, con una previsione di circa 180 miliardi di euro di investimenti di qui al 2020, sia nella green e white economy (rinnovabili e efficienza energetica), sia nei settori tradizionali (reti elettriche e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi). Si tratta di investimenti privati, solo in parte supportati da incentivi, e con notevole impatto in termini di competitività e sostenibilità del sistema. Per ottenere questi obiettivi, la SEN ha individuato 7 priorità d'azione:
- Efficienza energetica
- Mercato competitivo del gas e hub sud-europeo
- Sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili
- Sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico
- Ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione carburanti
- Produzione sostenibile di idrocarburi nazionali
- Modernizzazione del sistema di governance
Attualmente il 75% degli europei vive nelle città; dove si registra l'80% del consumo europeo di energia, dovuto per il 50% al riscaldamento e raffreddamento degli edifici. Ne consegue che o programmi volti alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, all’incremento delle energie rinnovabili e al miglioramento dell’efficienza energetica si riferiscono in primo luogo alle aree urbane.
Un numero crescente di politiche settoriali dell'UE è incentrato esplicitamente sulle zone urbane: politica dell'energia, della società dell'informazione, dell'ambiente, dell'istruzione e della cultura, dei trasporti, ecc., azione per il clima, iniziative di sostegno come la capitale europea della cultura, Città e comunità intelligenti - Partenariato europeo d'innovazione (vedi infra), il premio "Capitale verde europea", Patto dei sindaci e l'iniziativa Mayors Adapt (vedi infra).
Tali iniziative hanno contribuito a sostenere le azioni assunte nell’UE per trasformare le città in centri urbani innovativi, avanzati e sostenibili, in cui la fornitura dei servizi tradizionali – ivi compresa la fornitura di energia - è resa più efficace grazie all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Secondo lo studio “Mapping Smart Cities in the EU”, commissionato dal Parlamento europeo, sei sono le città europee di maggior successo: Amsterdam, Barcellona, Copenaghen, Helsinki, Manchester, Vienna.
In sintesi, le politiche e i programmi dell’UE per le smart cities si muovono su più fronti:
· in materia di trasporti intelligenti, fornire informazioni tempestive agli utenti per evitare gli ingorghi, canalizzare la mobilità verso soluzioni alternative, calibrare l’offerta di trasporto pubblico in base alla domanda;
· promuovere la condivisione nell’uso dei mezzi di trasporto (vehicle sharing system), la diffusione dei veicoli ibridi ed elettrici e l’utilizzo della bicicletta. La città di Copenaghen - una delle smart cities più complete attualmente esistenti - grazie ad un’infrastruttura perfetta consente ad oltre il 40% della popolazione di spostarsi in bicicletta. Vienna ha puntato tra l’altro sulla promozione della mobilità elettrica con la creazione di 440 stazioni di ricarica;
· migliorare la gestione dei rifiuti e il loro riutilizzo, anche per produrre energia sfruttando in particolare la frazione organica per produrre energia rinnovabile;
· promuovere il riscaldamento e raffreddamento degli edifici tramite il teleriscaldamento e la cogenerazione, sull’esempio di città come Göteborg in Svezia o Torino per l’Italia;
· favorire la ristrutturazione degli edifici per migliorarne l’efficienza energetica. Su questo versante Vienna è leader nella ristrutturazione energetica degli edifici: circa il 10% è stato ristrutturato negli ultimi15 anni, anche con la trasformazione dei tetti piani in tetti verdi;
· sperimentare sistemi innovativi per il controllo dell’illuminazione pubblica, consentendo una significativa riduzione del consumo di energia elettrica, graduando la sua intensità in base alla luce dell’ambiente e alle persone che frequentano la zona, come si sta facendo a Milano;
· promuovere tra i cittadini abitudini sostenibili e soluzioni intelligenti mirati a ottenere la riduzione del consumo domestico d’acqua e il risparmio sia d’energia nelle abitazioni e sia dei rifiuti prodotti.
Il finanziamento di progetti in materia di efficienza energetica rappresenta una delle priorità del Fondo europeo per gli investimenti strategici cosi come dei Fondi strutturali e di investimento europei. In particolare, nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020, saranno disponibili almeno 38 miliardi di euro per investimenti nell'economia a basse emissioni di carbonio. In aggiunta, nell’ambito del programma Horizon 2020 per il periodo 2014-2020 si prevede di disporre di circa 2.000 milioni di euro.
Tra gli strumenti specifici, si segnalano ELENA, il programma per l'assistenza energetica europea a livello locale, gestito dalla Banca europea per gli investimenti e finanziato dalla Commissione, e il Fondo Europeo per l'Efficienza Energetica (EEEF), un'innovativa partnership pubblico-privato indirizzata all'attenuazione dei cambiamenti climatici attraverso misure di efficienza energetica, capitalizzato con un bilancio iniziale di 265 milioni di euro da parte di Commissione, Banca europea per gli investimenti, Cassa Depositi Prestiti e Deutsche Bank.
L’edilizia è un punto focale della politica energetica dell’UE, poiché quasi il 40% del consumo energetico finale (e il 36% delle emissioni di gas serra) deriva da case, uffici, negozi e altri edifici. Secondo i calcoli della Commissione, migliorando l’efficienza energetica degli edifici è possibile ridurre il consumo di energia dell’UE del 5-6% e tagliare le emissioni di CO2 di quasi il 5%.
Gli edifici nuovi oggi consumano meno della metà rispetto agli edifici costruiti negli anni ottanta. Si rendono necessari ulteriori interventi dal momento che circa il 35% degli edifici europei ha più di 50 anni. Inoltre, l'efficienza energetica degli edifici è aumentata soltanto dell'1,4% l'anno, a causa dei tassi ridotti delle ristrutturazioni. La sfida principale secondo la Commissione è accelerare e finanziare gli investimenti iniziali per aumentare la percentuale di ristrutturazione del parco immobiliare ad oltre il 2% l'anno. In questo contesto, la Commissione ritiene che gli Stati membri dovrebbero destinare una quota significativa dei finanziamenti della politica di coesione e/o dei fondi nazionali per sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio.
Il 16 febbraio 2016 – nell’ambito del citato winter package - la Commissione ha presentato una strategia per rendere il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici più efficienti e sostenibili, mediante interventi volti a eliminare la dispersione energetica, a massimizzare l'efficienza e la sostenibilità dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento, a sostenere l'efficienza energetica nell'industria e a cogliere i benefici di un'integrazione del riscaldamento e del raffreddamento nel sistema dell'energia elettrica.
Attualmente il 75% degli europei vive nelle città; sebbene il tasso di urbanizzazione della popolazione abbia subito un rallentamento, la quota della popolazione urbana continua a crescere e raggiungerà probabilmente un livello superiore all'80% entro il 2050. Nelle città si registra l'80% del consumo europeo di energia, dovuto per il 50% al riscaldamento e raffreddamento degli edifici. Ciò fa delle città e delle aree urbane il perfetto laboratorio per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, l’incremento delle energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica, tanto da far sostenere dal Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo stato dell'Unione, che la lotta contro i cambiamenti climatici verrà vinta o persa nelle città.
Politiche UE per la città
La Commissione negli
ultimi anni sta incrementando la sua attenzione sulle questioni urbane, a
partire dalla loro inclusione nel settimo programma quadro ambientale
sotto la priorità 8 "Working
together for Common Solutions", con l’obiettivo generale di
incrementare la sostenibilità delle città. Nel 2012 la denominazione della
direzione generale della Politica regionale della Commissione europea è stata
modificata in DG "Politica regionale e urbana". Ciò a
riconoscimento del fatto che le città devono partecipare fattivamente allo
sviluppo territoriale, sociale ed economico dell'UE, nonché a riconoscimento
della forte dimensione urbana delle politiche dell'UE, non da ultimo della
politica regionale. Si stima che almeno il 50% del Fondo europeo di sviluppo
regionale (FESR), per un ammontare di 80-90 miliardi di euro, sarà
investito nelle aree urbane tramite programmi operativi generali nel periodo
finanziario 2014-2020, mentre una quota minima del 5% delle assegnazioni
nazionali del FESR è stata stanziata a favore dello sviluppo urbano sostenibile
integrato per garantire che esso sia prioritario in tutti gli Stati membri. Lo
sviluppo urbano, comunque, non è promosso soltanto dalla politica regionale
dell'UE e dai Fondi strutturali. Un numero crescente di politiche settoriali
dell'UE è incentrato esplicitamente sulle zone urbane: politica dell'energia,
della società dell'informazione, dell'ambiente, dell'istruzione e della
cultura, dei trasporti, ecc., azione per il clima, iniziative di sostegno come
la capitale europea della cultura, Città e comunità intelligenti - Partenariato
europeo d'innovazione (vedi infra), il premio "Capitale verde
europea", Patto dei sindaci e l'iniziativa Mayors Adapt (vedi infra).
Nonostante che la maggior parte delle politiche dell’UE presenti una dimensione
urbana, negli ultimi tempi è stata evidenziata dal Parlamento europeo e da
diversi Stati membri la necessità di un quadro organico e coerente, che si è
tradotta – dopo una fase di ampia consultazione dei soggetti interessati – in
un’agenda urbana dell’UE, volta a migliorare l’attuazione delle politiche
europee e nazionali sul territorio e a coinvolgere le città nel disegno delle
politiche. L’agenda, che vedrà la sua attuazione a partire dal maggio 2016,
dovrebbe al momento concentrarsi su tre obiettivi o "Azioni
Innovative": 1. Smart – città intelligenti nel campo dell'energia e dei
trasporti; 2. Green – infrastrutture urbane verdi e sostenibili; 3. Inclusive –
città aperte e inclusive per migliorare la qualità sociale ed economica della
vita cittadina.
Obiettivi efficienza energetica
Ad integrazione dell’obiettivo del 20% entro il 2020, nell’autunno 2015
i leader europei hanno concordato un obiettivo collettivo di incremento
dell’efficienza energetica del 27%-30% entro il 2030. L’Unione
dell’energia, presentata dalla Commissione a febbraio 2015, ha confermato il
principio secondo il quale occorre puntare per prima cosa sull’efficienza
energetica, che è stata equiparata ad una vera e propria fonte di energia,
pari al valore dell'energia risparmiata. Il quadro regolamentare in materia è
stato rafforzato attraverso la revisione della legislazione relativa
all’efficienza dei prodotti[35],
cui farà seguito entro la fine del 2016 la revisione delle direttive
sull’efficienza energetica e sulla prestazione energetica dell’edilizia (vedi infra).
Dal momento che – come anticipato – nelle aree urbane si concentra il consumo di energia, le città sono direttamente coinvolte nella realizzazione degli obiettivi fissati a livello di UE e sono sostenute da diverse iniziative assunte dalla Commissione.
La smart city è il luogo in cui la fornitura dei servizi tradizionali – ivi compresa la fornitura di energia - è resa più efficace grazie all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC).
Città e comunità intelligenti
Per favorire il loro sviluppo, nel 2012 la Commissione ha inaugurato il
Partenariato europeo su Città e comunità intelligenti, che rientra nella
strategia europea dell’Unione dell’innovazione e si prefigge di mobilitare
attori pubblici e privati a livello europeo, nazionale e regionale, per
migliorare l’ambiente urbano e i servizi forniti, facilitando
l’individuazione di soluzioni innovative, tecnologicamente avanzate ed
integrate, riducendo il consumo di energia e risorse e tagliando le emissioni
di CO2.
Al momento ha finanziato con 450 milioni di euro progetti dimostrativi che combinano i tre settori (energia, trasporti e TIC), con l’obiettivo di valutare soluzioni innovative in vista di un loro possibile sviluppo su larga scala e della loro replicabilità nelle altre città europee. Una parte di tali progetti – quelli su larga scala - è finanziata da diversi canali, tra i quali in particolare la linea Smart Cities and Communities Lighthouse nell’ambito del programma Horizon 2020. Altri progetti sono finanziati tramite fondi privati, locali o regionali provenienti da città, regioni o banche.
Il finanziamento di progetti in materia di efficienza energetica rappresenta una delle priorità del Fondo europeo per gli investimenti strategici cosi come dei Fondi strutturali e di investimento europei. In particolare, nell'ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020, saranno disponibili almeno 38 miliardi di euro per investimenti nell'economia a basse emissioni di carbonio, e questa somma sarà moltiplicata dai cofinanziamenti nazionali e regionali e dalla mobilitazione di capitali privati.
In aggiunta, nell’ambito del programma Horizon 2020 per il periodo 2014-2020 si prevede di disporre di circa 2.000 milioni di euro, in particolare a titolo della sezione "Efficienza energetica" (che rientra nella sfida per la società "Energia sicura, pulita ed efficiente") e nell'ambito dei partenariati pubblico-privato "Edilizia ad alta efficienza energetica", "Fabbriche del futuro" e per "Sustainable Process Industry through Resource and Energy Efficiency (SPIRE)".
Tra gli strumenti specifici, si segnala ELENA, il programma per l'assistenza energetica europea a livello locale, gestito dalla Banca europea per gli investimenti e finanziato dalla Commissione. ELENA copre fino al 90% dei costi sostenuti per il supporto tecnico necessario a preparare attuare e finanziare programmi di investimenti delle autorità locali e, secondo le previsioni, dovrebbe mobilitare oltre 1,6 miliardi di euro in investimenti nei prossimi cinque anni. I programmi di investimento possono riguardare il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici o dell’illuminazione stradale, l’integrazione di fonti di energia rinnovabile o l’installazione di sistemi di riscaldamento, l’introduzione di mezzi pubblici efficienti dal punto di vista energetico.
Altro strumento dedicato è il Fondo Europeo per l'Efficienza Energetica (EEEF), un'innovativa partnership pubblico-privato indirizzata all'attenuazione dei cambiamenti climatici attraverso misure di efficienza energetica e mediante l'utilizzo di energia rinnovabile negli Stati membri dell'Unione Europea. Capitalizzato con un bilancio iniziale di 265 milioni di euro da parte di Commissione, Banca europea per gli investimenti, Cassa Depositi Prestiti e Deutsche Bank, prevede il finanziamento (a tassi di mercato) di misure in materia di efficienza energetica, energia rinnovabile di scala ridotta e trasporto urbano pulito in progetti di enti municipali, locali e regionali e di società pubbliche e private operanti per conto dei suddetti enti. Come riportato nella relazione annuale 2014, a partire dal 2011 il fondo ha messo a disposizione 115 milioni di euro per diversi progetti europei, consentendo di risparmiare quasi 100.000 tonnellate of CO2.
Tra i programmi in via di conclusione, si segnala l’iniziativa CONCERTO finanziata nell’ambito del sesto e settimo programma quadro per l’ambiente che ha investito 175 milioni di euro in 58 progetti innovativi focalizzati sulla produzione integrata di energia in Europa, l’utilizzo di una maggior quantità di fonti rinnovabili e la moderazione della domanda di energia in edifici vecchi e nuovi. Come riportato sul sito dedicato all’iniziativa, a partire dal 2005 sono stati costruiti oltre 3.000 nuovi edifici con prestazioni energetiche molto elevate e rinnovati 1.400, consentendo ogni anno una riduzione della domanda di energia pari a 1.326 GWh per anno e un risparmio di 530.000 tonnellate of CO2..
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La Commissione per l'Industria, la Ricerca e l'Energia (ITRE) del Parlamento europeo ha pubblicato nel 2014 uno studio intitolato “Mapping Smart Cities in the EU”, per monitorare e conoscere le iniziative, pianificate e in corso d'opera, finalizzate a trasformare le città in centri urbani innovativi, avanzati e sostenibili.
Prima questione quella ambientale
L’indagine ha considerato un campione di 468 città europee con almeno
100.000 residenti; tra queste 240 (pari al 51%) hanno attuato o proposto
un’iniziativa Smart City. Secondo lo studio i paesi che presentano il
numero più alto di città intelligenti sono l’Italia, il Regno Unito e la Spagna.
Le questioni ambientali appaiono come le principali preoccupazioni, dal momento
che quasi il 50% delle iniziative prese in considerazione dallo studio ha
affrontato il tema del miglioramento dell’ambiente attraverso una migliore
efficienza energetica degli edifici o soluzioni di trasporto urbano
intelligente. La maggior parte delle iniziative adottate sono state finanziate
da fondi dell’UE
Lo studio ha portato alla selezione di sei città europee di maggior successo, di cui è stata fatta un’analisi più approfondita, che sono: Amsterdam, Barcellona, Copenaghen, Helsinki, Manchester, Vienna.
Per ognuno di questi casi studio, sono state valutate una serie di iniziative al fine di identificare i fattori che hanno portato al loro successo, dimostrando che la maggior parte delle soluzioni (ad esempio i piani di ciclismo intelligenti) si concentrano sui trasporti, la mobilità, la Smart Governance e le tecnologie di costruzione.
Secondo l’esperto di sostenibilità e sviluppo urbano Boyd Cohen la top ten delle smart cities europee sarebbe invece composta da Copenhagen, Amsterdam, Vienna, Barcellona, Parigi, Stoccolma, Londra, Amburgo, Berlino e Helsinki, classificate partendo dall’analisi dei successi ottenuti da ciascuna di loro in base a 28 differenti fattori che spaziano tra la mobilità sostenibile, green economy, la qualità della vita, la governance, l’ambiente ed il costruito.
Le città italiane analizzate sono state Milano e Firenze, che hanno presentato varie iniziative. La prima ha realizzato il progetto “Smart Light”, che regola l’illuminazione stradale al livello della luce naturale, riducendo i costi energetici e le emissioni di CO2; la seconda ha reso i dati e le informazioni più accessibili al pubblico con il progetto “Open Data”.
L’analisi ha anche sottolineato una serie di buone pratiche, ciascuna correlata a tre fattori importanti: una visione chiara; il coinvolgimento dei cittadini, delle istituzioni e delle imprese locali; processi efficienti.
Dallo studio emergono importanti conclusioni sulla più ampia diffusione delle iniziative legate alle città intelligenti, quali il ruolo strategico dei cittadini nello sviluppo e nell’esecuzione di alcune iniziative (ad esempio “Smart Neighbourhoods”), la partecipazione di società private come attori chiave accanto alle autorità cittadine ed alle imprese locali e la creazione di piattaforme comuni tra città intelligenti.
Strumenti legislativi
L’edilizia è un punto focale della politica energetica dell’UE,
poiché quasi il 40% del consumo energetico finale (e il 36% delle
emissioni di gas serra) deriva da case, uffici, negozi e altri edifici. Il
miglioramento della prestazione energetica degli edifici europei è un aspetto
di fondamentale importanza, non solo per il raggiungimento degli obiettivi
fissati per il 2020 da parte dell’UE, ma anche per il conseguimento degli
obiettivi più a lungo termine della strategia climatica. Secondo i calcoli
della Commissione, migliorando l’efficienza energetica degli edifici è
possibile ridurre il consumo di energia dell’UE del 5-6% e tagliare le emissioni
di CO2 di quasi il 5%.
La direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica sono i principali strumenti legislativi a livello dell’UE per il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici europei.
La direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia impone agli Stati membri di fissare requisiti minimi di prestazione energetica per gli immobili, rilasciare attestati di prestazione energetica degli edifici e garantire che, entro la fine del 2020, tutte le costruzioni nuove siano "a energia quasi zero". La direttiva ha introdotto un sistema di parametri di riferimento, il cui obiettivo è creare un incentivo a rendere più ambiziosi i requisiti di prestazioni energetiche fissati dai codici dell’edilizia nazionali o regionali, e garantire che tali requisiti siano riesaminati regolarmente.
Per quanto riguarda la direttiva sull’efficienza energetica:
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Come ricordato dalla Commissione nella comunicazione del 2014[36], a seguito dell'introduzione dei requisiti di efficienza nelle norme per l'edilizia, gli edifici nuovi oggi consumano meno della metà rispetto agli edifici costruiti negli anni ottanta. Tuttavia, si rendono necessari ulteriori interventi dal momento che circa il 35% degli edifici europei ha più di 50 anni; il 64% degli apparecchi per il riscaldamento d'ambiente sono nel migliore dei casi dei modelli a bassa temperatura poco efficienti e il 44% delle finestre ancora adesso non ha i doppi vetri.
Inoltre, l'efficienza energetica degli edifici è aumentata soltanto dell'1,4% l'anno, a causa dei tassi ridotti delle ristrutturazioni. La sfida principale secondo la Commissione è accelerare e finanziare gli investimenti iniziali per aumentare la percentuale di ristrutturazione del parco immobiliare ad oltre il 2% l'anno.
In questo contesto, la Commissione ritiene che gli Stati membri dovrebbero destinare una quota significativa dei finanziamenti della politica di coesione e/o dei fondi nazionali per sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, in un'ottica di mobilitazione di capitali privati, predisponendo strumenti finanziari adeguati che siano accessibili a tutte le categorie di consumatori.
Da parte sua, la Commissione:
· continuerà a collaborare con le istituzioni finanziarie e con gli Stati membri per la creazione o la diffusione di strumenti e iniziative finanziari adeguati, in modo da aumentare la liquidità disponibile per le misure di efficienza energetica;
· coopererà con gli Stati membri allo scopo di chiarire le modalità per finanziare i lavori di ristrutturazione degli edifici con i fondi della politica di coesione, al fine di aiutare le autorità di gestione a pianificare e concretizzare, nell'ambito di programmi operativi, gli investimenti nel parco immobiliare;
· continuerà a vigilare affinché il diritto dell'UE sia correttamente recepito e applicato, garantendo la parità di trattamento tra gli Stati membri e ottimizzando il risparmio energetico.
Revisione direttive
Sul versante degli interventi normativi, la Commissione procederà entro
il 2016 ad una revisione delle due direttive in materia di efficienza
energetica. In particolare per quanto riguarda la direttiva sulla prestazione
energetica nell'edilizia, anche sulla base dei risultati di un’ampia
consultazione pubblica, la Commissione cercherà di rafforzare l'affidabilità
degli attestati di prestazione energetica e di aumentare le indicazioni a
favore delle energie rinnovabili in essi contenute. Inoltre, prenderà in
considerazione:
· l'elaborazione di una serie di misure atte a facilitare la ristrutturazione nei condomini;
· la diffusione di modelli di efficienza energetica di provata validità per edifici scolastici e ospedali di proprietà pubblica;
· la possibilità di utilizzare le revisioni delle caldaie per fornire informazioni sull'efficienza degli attuali sistemi di riscaldamento e raffreddamento;
· la possibilità di facilitare la diffusione sul mercato dei regimi volontari di certificazione per gli edifici non residenziali.
In occasione del riesame della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, volto a valutare se le misure pertinenti sono efficienti, efficaci e coerenti con il più ampio quadro legislativo dell’UE, la Commissione cercherà di incrementare l’efficienza energetica puntando sul coinvolgimento dei consumatori:
- migliorando il feedback dato ai consumatori mediante sistemi avanzati di misurazione e fatturazione;
- rendendo gli strumenti avanzati di misurazione, automazione e controllo basati su informazioni in tempo reale un requisito standard per gli edifici del settore dei servizi;
- dando ai consumatori la possibilità di partecipare alla gestione attiva della domanda e, in questo modo, di risparmiare denaro.
La strategia per riscaldamento e raffreddamento
Il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici sono responsabili di metà del consumo energetico dell'UE; lo sviluppo di una strategia per renderli più efficienti e sostenibili è dunque una priorità dell'Unione dell'energia. La proposta è stata presentata dalla Commissione il 16 febbraio 2016 e dovrebbe contribuire a ridurre le importazioni di energia e la dipendenza energetica, a ridurre i costi per le famiglie e le imprese e a conseguire l'obiettivo dell'UE di ridurre le emissioni di gas serra nonché a rispettare gli impegni sottoscritti nell'accordo sul clima raggiunto alla conferenza sul clima di Parigi (COP21).
Obiettivi della strategia
La strategia fornisce un quadro per integrare l'efficienza di
riscaldamento e raffreddamento nelle politiche energetiche dell'UE, mediante
interventi volti a eliminare la dispersione energetica degli edifici, a
massimizzare l'efficienza e la sostenibilità dei sistemi di riscaldamento e
raffreddamento, a sostenere l'efficienza energetica nell'industria e a cogliere
i benefici di un'integrazione del riscaldamento e del raffreddamento nel
sistema dell'energia elettrica.
Con il 50% (546 Mtoe) del consumo finale di energia nel 2012, il settore del riscaldamento e del raffreddamento costituisce il più grande settore energetico dell'UE. E’ responsabile del 13% del consumo totale di petrolio e del 59% del consumo totale di gas, il che equivale al 68% delle importazioni totali di gas.
Nel 2012 le energie rinnovabili sono ammontate al 18% dell'approvvigionamento di energia primaria per il riscaldamento e il raffreddamento e i combustibili fossili al 75%.
Energia primaria per il riscaldamento e il raffreddamento, 2012
Consumo finale di energia per il riscaldamento e il
raffreddamento, 2012
Nella strategia la Commissione ha individuato le questioni problematiche:
· vecchiaia del patrimonio immobiliare europeo. Circa la metà degli edifici dell'UE è dotata di caldaie individuali montate prima del 1992 aventi un'efficienza pari o inferiore al 60%. Il 22% delle caldaie individuali a gas, il 34% dei sistemi di riscaldamento elettrici diretti, il 47% delle caldaie a gasolio e il 58% delle caldaie a carbone sono più vecchi del loro ciclo di vita tecnico;
· inadeguato utilizzo delle fonti rinnovabili: il gas naturale è la principale fonte primaria di energia (46%), seguito dal carbone (circa il 15%), la biomassa (circa l’11%), gasolio (10%), energia nucleare (7%) e fonti rinnovabili (vento e acqua, circa il 5%). Il totale delle energie rinnovabili – che raggiunge il 18% - presenta un significativo potenziale di incremento;
· troppa energia viene persa: si stima che la quantità di calore prodotto dai processi industriale e perso nell’atmosfera o nell’acqua sia in grado di coprire le necessità totali di riscaldamento degli edifici residenziali e terziarli dell’UE.
Per massimizzare l’efficienza energetica, la strategia identifica le seguenti azioni, oltre a quelle già citate in precedenza (vedi supra) e volte a favorire la ristrutturazione degli edifici, puntando su sistemi moderni di raffreddamento e riscaldamento quali le pompe di calore e materiali isolanti:
· incrementare la percentuale di fonti rinnovabili, favorendo la sostituzione delle caldaie obsolete alimentate a combustibili fossili con sistemi di riscaldamento efficienti che utilizzano energie rinnovabili e l'utilizzo delle energie rinnovabili nel teleriscaldamento e nella cogenerazione;
· riutilizzare l’energia dispersa dagli impianti industriali e inceneritori per riscaldare gli edifici residenziali grazie al teleriscaldamento e per rinfrescarli tramite la cogenerazione e il sistemi di accumulazione termica in grado di convertire il calore durante i mesi estivi;
· coinvolgere i cittadini e le industrie rendendoli informati sulle decisioni e sulle opzioni per migliorare i sistemi di riscaldamento e raffrescamento, risparmiando energia nonché sui finanziamenti a disposizione.
Il Patto dei sindaci
Nel 2008, dopo l’adozione del pacchetto europeo su clima ed energia 2020, la Commissione europea ha lanciato il Patto dei Sindaci per avallare e sostenere gli sforzi compiuti dagli enti locali nell’attuazione delle politiche nel campo dell’energia sostenibile.
Il Patto dei Sindaci è un movimento basato su un impegno volontario dei firmatari, che è riuscito con successo a mobilitare un gran numero di autorità locali e regionali, spronandole a elaborare piani d’azione e a orientare i propri investimenti verso misure di mitigazione dei cambiamenti climatici.
Mayors Adapt
Sulla scia dell’esperienza del Patto dei Sindaci, nel 2014 è stata
lanciata l’iniziativa Mayors Adapt, che
si basa sullo stesso modello di governance, promuovendo gli impegni
politici e l’adozione di azioni di prevenzione volte a preparare le città agli
inevitabili effetti dei cambiamenti climatici. Alla fine del 2015 le
iniziative si sono fuse nel nuovo Patto dei Sindaci per il clima e l’energia,
che ha adottato gli obiettivi dell’UE per il 2030 e un approccio integrato alla
mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici.
Per tradurre il proprio impegno politico in misure e progetti pratici, i firmatari del Patto devono in particolare redigere un Inventario di base delle emissioni e una valutazione dei rischi del cambiamento climatico e delle vulnerabilità. Si impegnano inoltre a elaborare, entro due anni dalla data di adesione del consiglio locale, un Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima che delinei le principali azioni che le autorità locali pianificano di intraprendere. Tale impegno politico segna l’inizio di un processo a lungo termine, durante il quale ogni due anni le città forniranno informazioni sui progressi compiuti.
I trasporti rappresentano più del 30% del consumo finale di energia in Europa; le aree urbane sono inoltre responsabili di una quota elevata (circa il 23%) di tutte le emissioni di CO2 prodotte dal settore dei trasporti.
Tanto la strategia Europa 2020 – inaugurata nel 2010 – quanto l’Unione dell’energia hanno sottolineato l'importanza di rendere più moderno e sostenibile il sistema europeo dei trasporti per lo sviluppo futuro dell'Unione, evidenziando la necessità di affrontare la dimensione urbana dei trasporti.
In tale ambito, da diversi anni la Commissione sostiene l’impegno delle autorità cittadine, locali e regionali, cui spetta la gestione della mobilità urbana e dei trasporti tramite l'elaborazione di orientamenti, la condivisione di esperienze e finanziamenti.
Nel 2009 la Commissione ha pubblicato un piano d'azione proponendo venti iniziative intese a migliorare la mobilità urbana. A seguito di una revisione indipendente dei risultati del piano d'azione, di un'indagine Euro barometro sulla posizione degli europei nei confronti della mobilità urbana e di una consultazione pubblica, nel 2013 la Commissione ha pubblicato la comunicazione Insieme verso una mobilità urbana competitiva ed efficace sul piano delle risorse, contenente azioni rivolte alle città da realizzare sia dall'UE sia dagli Stati membri.
La strategia punta su:
· elaborazione di piani di mobilità urbana sostenibile sviluppati di concerto con vari livelli di governo, per stimolare il passaggio a modi di trasporto più sostenibili e più ecologici nelle aree urbane;
· condivisione delle esperienze e delle migliori pratiche: la Commissione ha istituito nel 2014 una piattaforma europea per i piani di mobilità urbana sostenibile, che aiuta le città, gli esperti di pianificazione e le parti interessate a progettare una mobilità urbana più facile e più ecologica;
· garanzia di un sostegno finanziario mirato: con i fondi strutturali e di investimento europei l'UE continuerà a sostenere i progetti di trasporto urbano, in particolare nelle regioni meno sviluppate dell'Unione. Oltre ad essi, l'iniziativa Civitas 2020 nel quadro di Horizon 2020 – con un finanziamento di 200 milioni di euro - permette alle città, alle imprese, alle università e ad altri soggetti interessati di sviluppare e testare nuovi approcci ai problemi di mobilità urbana. L'iniziativa Civitas 2020 è affiancata dal citato partenariato europeo per l'innovazione "Città e comunità intelligenti" e dalle attività dell'iniziativa europea per i veicoli verdi (con 159 milioni di euro stanziati per il 2014 e il 2015);
· coinvolgimento degli Stati membri: la Commissione invita gli Stati membri a creare le giuste condizioni affinché le città e le metropoli possano elaborare e attuare i loro piani di mobilità urbana sostenibile e promuove un'azione coordinata tra tutti i livelli di governo e tra il settore pubblico e quello privato.
Un aspetto importante della strategia è rappresentato dall’utilizzo delle tecnologie intelligenti, e in particolare dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS), che sono ritenuti strumenti fondamentali per la pianificazione della mobilità urbana, dal momento che permettono di ottimizzare l'uso dell'infrastruttura esistente mediante una serie di mezzi, quali segnali stradali, sistemi di pianificazione degli itinerari, tariffazione intelligente o sistemi cooperativi (compresi i sistemi di comunicazione da veicolo a veicolo e da veicolo a infrastruttura).
La promozione degli ITS risale al 2008, con il piano di azione per la diffusione di Sistemi di Trasporto Intelligenti in Europa, che aveva l’obiettivo di creare le condizioni di tipo normativo, organizzativo, tecnologico e finanziario, atte a favorire il passaggio da una fase di applicazione limitata e frammentata ad una diffusione coordinata su vasta scala degli ITS su tutto il territorio europeo. Fra i seguiti del piano d’azione, si segnala in particolare la direttiva 2010/40/UE che istituisce un quadro a sostegno della diffusione e dell'utilizzo di sistemi di trasporto intelligenti coordinati e coerenti nell'Unione, in particolare attraverso le frontiere tra gli Stati membri, stabilendo le condizioni generali necessarie a tale scopo. La Direttiva è, quindi, di fatto l’atto legislativo che concretizza le azioni previste dall’ITS Action Plan inserendole nelle agende politiche degli Stati Membri.
Per garantire una maggiore coerenza e interoperabilità delle soluzioni ITS in Europa, la Commissione ha incaricato un gruppo di esperti di elaborare una serie di orientamenti sulle modalità di attuazione di tre aspetti chiave dei sistemi di trasporto intelligenti nelle aree urbane: informazioni di viaggio, travel management e smart ticketing. Attraverso queste linee guida, che comprendono inoltre una serie di buone pratiche condivise da città europee, la Commissione intende sostenere le città nello sviluppo di sistemi di trasporto intelligenti, fornendo una piattaforma per lo scambio delle migliori pratiche tra le città di tutta Europa e cercando di garantire l'interoperabilità delle reti di trasporto urbano.
Più di recente, a novembre 2015, nell’ambito dei progetti finanziati dal Meccanismo per collegare l’Europa, sono stati messi a disposizione 7,6 miliardi di euro per i trasporti, con un'attenzione particolare ai sistemi di trasporto intelligenti.
Il fabbisogno energetico lordo del Paese nel 2014 è stato pari a circa 165,9 Mtep. Si tratta del valore più basso degli ultimi 18 anni (nel 2013, esso era stato pari a 172,994 Mtep).
Il MISE, nella Relazione sulla situazione energetica nazionale di luglio scorso, ascrive il decremento del fabbisogno energetico all'azione congiunta della recessione economica, della ricomposizione settoriale della produzione e della maggiore efficienza energetica.
Coerentemente con la strada tracciata nel 2013 dalla Strategia Energetica Nazionale, nell'attuale legislatura, è stato adottato il D.Lgs. n. 102/2014, il Piano d'Azione per l'Efficienza Energetica (PAEE, con D.M. 17 luglio 2014)[37], nonché sono state adottate misure sull'efficienza energetica nel patrimonio edilizio, attraverso la leva delle detrazioni per la riqualificazione energetica degli edifici (i cd. ecobonus), e sulla certificazione energetica.
In particolare, il Decreto Legislativo 102/2014[38] ha recepito nell’ordinamento nazionale la Direttiva sull'Efficienza Energetica Dir. 2012/27/UE stabilendo un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell'efficienza tese al raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico, che consistono nella riduzione, entro il 2020, di 20 milioni di Tonnellate Equivalenti di Petrolio (Mtep) di energia primaria, pari a 15,5 Mtep di energia finale, conteggiati a partire dal 2010, in coerenza con la Strategia energetica nazionale (articolo 3 del D.Lgs.).
Il D.Lgs. n. 102/2014 contiene una serie di misure eterogenee e molteplici adempimenti per realizzarle, in capo a più soggetti istituzionali. In via sintetica, si richiamano le misure di promozione dell'efficienza energetica negli edifici privati e pubblici (articolo 4) e, in particolare, il programma per rendere più efficiente il patrimonio edilizio pubblico (articolo 5). In tali misure, si inserisce anche l’adeguamento dei criteri e delle procedure per l’acquisto di beni e servizi delle PP.AA. centrali ai requisiti minimi di efficienza energetica (articolo 6).
Il potenziamento dell’efficacia del meccanismo dei certificati bianchi (attraverso la previsione della revisione delle linee guida) e del conto termico, quali misure per l’attuazione del regime obbligatorio di efficienza energetica di cui alla direttiva 2012/27/UE (articolo 7).
Sono inoltre introdotti (a decorrere dal 2015) obblighi di diagnosi energetiche periodiche per grandi aziende ed energivori (articolo 8), nonché la previsione di interventi per una migliore e più trasparente misurazione e fatturazione dei consumi energetici (anche attraverso l’ausilio di contatori intelligenti evoluti), con l’attribuzione all’Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) di adottare provvedimenti in tal senso. All’AEEGSI è inoltre demandato di adottare provvedimenti per il superamento della struttura della tariffa elettrica progressiva rispetto ai consumi, con l’adeguamento delle componenti della stessa ai costi dell’effettivo servizio (articolo 9 e 11).
Si prevede la valutazione del potenziale nazionale di applicazione della cogenerazione ad alto rendimento, del teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti (articolo 10), e l’intervento dell’AEEGSI per l’introduzione - nella regolazione della remunerazione delle attività di sviluppo e gestione delle reti di trasmissione, trasporto e distribuzione - di misure per eliminare eventuali componenti che possono pregiudicare l'efficienza (articolo 11).
Vi sono poi norme per la diffusione delle informazioni e per la formazione di imprese, pubbliche amministrazioni e cittadini, ed in particolare un programma triennale di formazione ed informazione, volto a promuovere l’uso efficiente dell’energia attraverso misure di sensibilizzazione delle PMI all’esecuzione di diagnosi energetiche e all’utilizzo di strumenti incentivanti (articoli 12-14).
Viene, infine, istituito il Fondo per l'efficienza energetica, finalizzato a dare supporto alla riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione ed agli interventi per la riduzione dei consumi di energia nei settori dell’industria e dei servizi(articolo 15).
Il D.Lgs. 201/2014 prevede una cabina di regia per il coordinamento degli interventi per l'efficienza energetica, composta dal Ministero dello sviluppo economico, che la presiede, e dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. La cabina di regia si potrà avvalere della collaborazione di ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) e GSE (Gestore Servizi Energetici). Tra i primi obiettivi, quello di coordinare la rapida attuazione del programma per la riqualificazione energetica degli edifici della pubblica amministrazione centrale (articolo 4).
Si segnala che la X Commissione attività produttive della Camera ha reso (il 22 ottobre 2015) parere favorevole con condizioni e osservazioni sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative al D.Lgs. n. 102/2014, finalizzato a dare risposta ai rilievi della Commissione europea circa l’incompleto recepimento nell'ordinamento giuridico italiano della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica. Il provvedimento non risulta adottato ancora in via definitiva.
Per un approfondimento sui contenuti e sullo stato di attuazione del D.Lgs. n. 102/2014 si rinvia al Dossier di documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 222 del 14 marzo 2016“ Stato di attuazione degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 in materia di efficienza energetica”.
Per quanto riguarda gli ecobonus¸ la legge di stabilità 2016 dispone la ulteriore proroga per l'anno 2016 relativi agli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali, e di quelli concernenti gli interventi antisismici.
La legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 74 della legge n. 208 del 2015) ha previsto la proroga delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e per il risparmio energetico mantenendo anche per il 2016 le già vigenti misure:
Le detrazioni per interventi di efficienza energetica, pari al 65% delle spese sostenute comprendono anche l'acquisto, l'installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento e/o produzione di acqua calda e/o climatizzazione delle unità abitative, che garantiscono un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche.
Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali si prevede la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (ovvero pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi incapienti) di cedere la detrazione fiscale loro spettante ai fornitori che hanno effettuato i lavori. Le relative modalità attuative sono state definite con il provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 23 marzo 2013.
Le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
È altresì disposta la proroga sino al 31 dicembre 2016 della detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche.
Per quanto riguarda la riqualificazione energetica degli edifici, si ricorda che a decorrere dal 1° ottobre 2015, è in vigore l'attestato di prestazione energetica degli edifici (APE) che sostituisce il precedente attestato di certificazione energetica. Il nuovo attestato viene introdotto - in attuazione del decreto-legge n. 63/2013, il quale ha recepito la direttiva 2010/31/UE in materia di certificazione energetica degli edifici,- dai relativi D.M. attuativi[39].
Nella Relazione di luglio 2015, il MISE illustra i risparmi energetici complessivi conseguiti per settore per il periodo 2011-2013 rapportati agli obiettivi stabiliti per il periodo 2011-2020 dalla Strategia Energetica Nazionale, successivamente rivisti nel PAEE 2014.
Come rileva il Ministero, oltre la metà dei risparmi derivano dal meccanismo dei Certificati Bianchi[40]. In termini di energia finale, il settore residenziale ha conseguito oltre un terzo dell’obiettivo atteso al 2020 (35,2%), l’industria oltre un quarto (26,6%).
La relazione riporta inoltre le stime dei risparmi conseguiti nel 2014 attraverso le misure notificate a dicembre 2013 alla Commissione Europea, nell’ambito dell’articolo 7 della Direttiva sull’efficienza energetica.
In materia di energie rinnovabili l'UE persegue i seguenti obiettivi:
- per il 2020: portare al 20% la loro quota nel consumo energetico, come previsto dal Pacchetto clima-energia adottato nel 2008[41];
- per il 2030: raggiungere la quota del 27% di energia da fonti rinnovabili, come previsto dal Quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima[42].
L'uso delle energie rinnovabili ha conosciuto un notevole sviluppo. L'ultima Relazione[43] del luglio 2015 elaborata anche sulla base dei dati Eurostat del 2013, evidenzia che nel 2014 la quota stimata di utilizzo totale di energia da fonti rinnovabili è pari al 15.3%[44], il che significa che nel suo complesso l'Unione europea sta progredendo bene verso l'obiettivo del 2020.
Per quanto concerne l'Italia, la Commissione segnala che con una percentuale di 16.7% di energie da fonte rinnovabile nel 2013, l’Italia ha pressoché raggiunto l’obiettivo del 17% per il 2020[45]. Secondo quanto dichiarato dal Gestore dei servizi energetici durante un’audizione al Senato[46], il sostegno ai costi per l’energia euro 120/MWh per le altre rinnovabili. Ciò avrebbe indotto il Governo a rivedere il sistema degli incentivi. Secondo la Commissione, le attuali incertezze sul futuro degli incentivi alle rinnovabili possono determinare nuove sfide per lo sviluppo di questo importante settore.
Per quanto riguarda le iniziative future della Commissione in materia di rinnovabili, la Comunicazione sullo Stato dell'Unione dell'energia ha preannunciato, per il 2016, la presentazione di un pacchetto di misure tra cui una nuova direttiva sulle energie rinnovabili e una politica di sfruttamento sostenibile della bioenergia, che dovrebbero offrire il quadro appropriato per conseguire l’obiettivo vincolante a livello dell’UE di almeno il 27% di energie rinnovabili entro il 2030.
Il settore delle energie rinnovabili nel quale l'Unione europea mira a diventare leader mondiale[47], fa parte, assieme alla politica climatica, della quarta dimensione dell'Unione dell'energia, relativa alla decarbonizzazione dell'economia. L'obiettivo dell'UE per questa dimensione è quello di garantire un’efficiente integrazione nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e la decarbonizzazione dei trasporti, anche attraverso la promozione dell'elettrificazione del settore e di investimenti nella produzione di biocarburanti avanzati.
Per energia da fonti rinnovabili si intende quella proveniente da fonti non fossili, ossia energia eolica, solare, geotermica, idrotermica, marina, da biomassa, da gas residuati dai processi di depurazione (ad esempio il metano). L'uso dell'energia da fonti rinnovabili ha molti benefici, come ridurre le emissioni di gas a effetto serra, garantire la diversificazione delle fonti e ridurre la dipendenza dei mercati dei combustibili fossili, in particolare del petrolio e del gas.
Obiettivi UE
In materia
di energie rinnovabili l'UE persegue i seguenti obiettivi:
- per il 2020: portare al 20% la loro quota nel consumo energetico, come previsto dal Pacchetto clima-energia adottato nel 2008[48];
- per il 2030: raggiungere la quota del 27% di energia da fonti rinnovabili, come previsto dal Quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima[49].
L'uso delle energie rinnovabili ha conosciuto un notevole sviluppo delle energie rinnovabili nel periodo 1990-2012, come evidenziato dai dati Eurostat del 2014.
EU-28: produzione di energia da fonti rinnovabili (1990-2012)
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Fonte: Eurostat , Energy, transport and environment indicators - 2014.
Quadro normativo UE
La direttiva 2009/28/CE[50] fissa obiettivi nazionali vincolanti entro il 2020
per gli Stati membri al fine di raggiungere l'obiettivo UE del 20% di energia
da fonti rinnovabili. Inoltre la direttiva stabilisce un obiettivo specifico
del 10% per il settore dei trasporti. rinnovabili è del 17%.
In particolare, la direttiva prevede che gli Stati membri entro il 2020:
· elaborino dei piani d'azione nazionali fissando degli obiettivi per la quota di energia da rinnovabili consumata nel settore dei trasporti, del riscaldamento-raffreddamento e dell'elettricità[51];
· possano scambiare energia da fonti rinnovabili e ricevere energia anche da paesi terzi, a determinate condizioni;
· costruiscano le infrastrutture necessarie per l'uso di energie rinnovabili nel settore dei trasporti;
· garantiscano l'uso sostenibile dei biocarburanti e dei bioliquidi.
Progressi nel settore
Inoltre, in base alla direttiva, la
Commissione europea pubblica ogni due anni un Progress report che fornisce
una valutazione dei progressi dell'Unione europea, sulla base delle relazioni
fornite dagli Stati membri. L'ultima Relazione[52] del luglio 2015 elaborata anche sulla base dei dati
Eurostat del 2013, evidenzia che nel 2014 la quota stimata di utilizzo totale
di energia da fonti rinnovabili è pari al 15.3%[53], il che
significa che nel suo complesso l'Unione europea sta progredendo bene verso
l'obiettivo del 2020.
Consumo finale di energia in Europa per settore con un
confronto tra la quota di rinnovabili nel 2014 e l'obiettivo del 2020.
Fonte: Commissione europea
La relazione prevede che 25 dei 28 paesi raggiungeranno gli obiettivi fissati dai rispettivi piani nazionali per il 2020, e che molti di essi, tra cui l'Italia, li supereranno.
Utilizzo delle energie rinnovabili negli Stati membri e obiettivi 2020[54].
Fonte: Commissione europea.
Per quanto concerne il raffreddamento e il riscaldamento, la Relazione afferma che vi è un crescente uso di energie rinnovabili, la cui quota nel 2014 era del 16.6%. I dati relativi all'energia elettrica mostrano che il 26% risulta prodotta da energie rinnovabili. Nel settore dei trasporti i progressi sono stati più lenti, con una media UE del 5.4%. L'unico stato che ha raggiunto e superato l'obiettivo del 10% è stato la Svezia, con una quota del 16.7%. La forma di energia rinnovabile più utilizzata è biodiesel, con un consumo di 10.3 Mtoe nel 2013, seguita dal bioetanolo con 2.7 Mtoe. Francia, Germania e Italia sono i tre più grandi mercati di biodiesel con un consumo rispettivamente di 2.3, 1.9, e 1.2 nel 2013. Per il bioetanolo, il consumo maggiore si è registrato in Germania con 758 Ktoe, seguita da Francia con 392 Ktoe e Danimarca con 387 Ktoe.
La Comunicazione sullo stato di attuazione dell'Unione dell'energia del novembre 2015 ha evidenziato che le energie rinnovabili soddisfano già il fabbisogno di 78 milioni di europei e l'Unione europea è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo del 20% di consumo di energia finale da tali fonti.
La Comunicazione ha confermato che 19 Stati membri possono superare - alcuni addirittura notevolmente - gli obiettivi in materia di rinnovabili fissati per il 2020. L'Ungheria e la Polonia potrebbero non riuscire in questo senso, e alcuni Stati tra cui Francia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Regno Unito e, in misura minore, Belgio e Spagna, devono valutare se le loro politiche e gli strumenti adottati sono sufficienti ed efficaci.
La Comunicazione ha sottolineato che per tutti gli Stati saranno necessari sforzi aggiuntivi per integrare le energie rinnovabili nel mercato europeo. Si richiedono inoltre iniziative regionali volte a promuovere la cooperazione degli Stati in materia di energie rinnovabili. Al momento, gli unici Stati membri impegnati in tal senso sono la Svezia e la Norvegia con il Piano di interconnessione del mercato energetico del Baltico.
L'Italia
Per quanto concerne l'Italia,
relativamente alle energie rinnovabili la Commissione europea segnala che con
una percentuale di 16.7% di energie da fonte rinnovabile nel 2013, l’Italia
ha pressoché raggiunto l’obiettivo del 17% per il 2020[55]. Secondo quanto dichiarato dal Gestore dei servizi
energetici durante un’audizione al Senato[56], il sostegno ai costi per l’energia
rinnovabile ha raggiunto euro 307/MWh per il fotovoltaico solare e euro 120/MWh
per le altre rinnovabili. Ciò avrebbe indotto il Governo a rivedere il
sistema degli incentivi. Secondo la Commissione, le attuali incertezze sul
futuro degli incentivi alle rinnovabili possono determinare nuove sfide per lo
sviluppo di questo importante settore.
Per quanto riguarda le iniziative future della Commissione europea in materia di rinnovabili, la Comunicazione sullo Stato dell'Unione dell'energia ha preannunciato, per il 2016, la presentazione di un pacchetto di misure tra cui una nuova direttiva sulle energie rinnovabili e una politica di sfruttamento sostenibile della bioenergia, che dovrebbero offrire il quadro appropriato per conseguire l’obiettivo vincolante a livello dell’UE di almeno il 27% di energie rinnovabili entro il 2030.
Come risulta dal Bilancio Energetico Nazionale, le Fonti energetiche rinnovabili (FER), hanno consolidato negli ultimi anni un ruolo di primo piano nell’ambito del sistema energetico italiano, trainate da meccanismi di sostegno pubblico.
Applicando ai dati sulla produzione effettiva di energia i criteri di contabilizzazione previsti dalla Direttiva 2009/28/CE ai fini del monitoraggio degli obiettivi di consumo di FER al 2020 (si tratta di criteri differenti rispetto alle contabilizzazioni del BEN)[57], i consumi complessivi di energia da fonti rinnovabili sono risultati pari nel 2013 a 20,7 Mtep, con un’incidenza sui consumi finali lordi di energia pari al 16,7%, di poco inferiore al target del 17% fissato per l’Italia al 2020.
Mentre, per il 2014, i consumi complessivi di energia da FER si attestano intorno ai 20,2 Mtep[58], con un’incidenza sui consumi finali lordi di energia pari al 17,07%. In termini assoluti, la flessione nel 2014 di circa 0,5 Mtep rispetto al 2013 (-2,4%) ha interessato il settore Termico (principalmente per il clima più caldo registrato nel 2014 che ha fatto diminuire l’utilizzo della biomassa) e il settore Trasporti (principalmente come conseguenza del trend di contrazione dei consumi di carburanti).
In termini percentuali (consumi complessivi di energia da FER su consumi finali lordi di energia), nel 2014 è stato raggiunto in anticipo e superato dall’Italia il target del 17% fissato in sede europea per il 2020 (cfr. Tabelle successive).
Eurostat nel comunicato stampa del 10 febbraio 2016 osserva che, tra i 28 Stati membri, un terzo di essi ha già raggiunto nel 2014 i propri obiettivi nazionali 2020: Bulgaria, repubblica Ceca, Estonia, Croazia, Italia, Lituania, Romania, Finlandia and Svezia. Inoltre, Danimarca ed Austria sono sotto di un punto percentuale rispetto al loro target 2020. All’opposto, la Francia (sotto di 8,7 punti percentuali dal raggiungimento del suo obiettivo 2020), i Paesi Bassi (sotto di 8,5 punti), il Regno unito (sotto di 8,0 punti) e l’Irlanda (sotto di 7,4 punti) sono i più lontani dai loro obiettivi.
Per quanto riguarda l’anno 2015, i dati preliminari diffusi dal GSE il 29 febbraio scorso evidenziano che i consumi di energia da FER lo scorso anno sarebbero stati pari a 21,1 Mtep, con un’incidenza sui consumi finali lordi intorno al 17,3%, dunque un valore - sia in termini assoluti che in termini percentuali - superiore rispetto agli impieghi del 2014. L’incremento degli impieghi di FER ( circa 900 ktep) è per oltre il 70% imputabile all’utilizzo delle biomasse nel settore termico.
Conclusioni
Secondo la contabilizzazione Eurostat, nel 2014, i consumi finali lordi (CFL) di energia in Italia si sono attestati intorno a 118,6 Mtep, valore più basso degli ultimi 10 anni e inferiore di oltre 5 Mtep rispetto all’anno precedente (-4,3%)[59]. La quota di tali consumi coperta da fonti rinnovabili (FER)è stata pari al 17,07 %, un valore superiore al target assegnato all’Italia dalla Direttiva 2009/28/CE per il 2020 (17%) e non distante dall’obiettivo individuato dalla Strategia Energetica Nazionale (19-20%).
Nel 2015, i consumi finali lordi (CFL) di energia in Italia si sono attestati (stime preliminari GSE) intorno a 122,2 Mtep, registrando dunque una ripresa rispetto al 2014 (+ 3,0 %).
La quota di tali consumi coperta da FER sarebbe pari a 21,1 Mtep, con un’incidenza sui consumi finali lordi intorno al 17,3%, un valore dunque - sia in termini assoluti che in termini percentuali - superiore rispetto agli impieghi del 2014.
Si osservi comunque che l’obiettivo del 17% è un criterio dinamico che dipende dai consumi finali lordi di energia. Tale target è stato raggiunto nell’anno 2014 in una situazione di riduzione dei consumi complessivi di energia, dovuta dunque non solo agli interventi di maggiore efficientamento energetico avutisi negli ultimi anni, ma anche ed in modo sensibile alla crisi economica, che ha determinato una riduzione dei consumi energetici.
Pertanto, come rileva il GSE la possibilità di mantenere la quota dei consumi finali coperta da rinnovabili su questi livelli dipenderà, oltre che dal trend di diffusione delle FER stesse nei prossimi anni (e dagli interventi di efficienza energetica), anche dall’andamento dei consumi energetici complessivi del Paese nella fase post-crisi.
La tabella seguente, tratta dalla pubblicazione del GSE “Energia da fonti rinnovabili in Italia – Dati preliminari 2015” del 29 febbraio 2016, fornisce il quadro completo delle grandezze considerate per il monitoraggio dell’obiettivo 2020: esse comprendono gli impieghi di FER in Italia nei settori elettrico, termico e trasporti, nonché le macro-voci che compongono i Consumi Finali Lordi di energia del Paese. Il GSE, nel citato comunicato, riporta la serie storica ufficiale 2010-2014, e per il 2015 presenta stime preliminari.
Dalla Tabella precedente, si evince che le FER trovano impiego diffuso, in primis, per la produzione di calore: nel 2015 il settore Termico, concentra infatti circa il 50,1% dei consumi complessivi di energia da FER (dopo la lieve flessione registrata nel 2014 principalmente per il clima più caldo che aveva fatto diminuire l’utilizzo della biomassa); nonché, per la produzione di energia elettrica: il settore Elettrico assorbe nel 2015 il 44,3% dei consumi da FER; infine come biocarburanti per l’autotrazione: il settore Trasporti assorbe il 5,6%, in lieve aumento rispetto al 2014 (anno in cui si è registrato un valore di consumi inferiore ascrivibile al trend di contrazione dei consumi di carburanti)[60].
La riduzione delle bollette elettriche e le recenti politiche legislative in materia di fonti rinnovabili
Gli incentivi alla produzione rinnovabile elettrica in Italia sono storicamente i più elevati d’Europa, con un forte impatto sul costo dell’energia: circa il 20% circa della bolletta elettrica italiana è destinato a incentivi alla produzione tramite fonti rinnovabili (componente A3 della bolletta).
Negli ultimi anni, comunque, in coerenza con la Strategia energetica nazionale, sono stati approvati alcuni provvedimenti mirati a ridurre i costi dell’energia, e in particolare le cosiddette norme “spalma-incentivi”, che puntano a diminuire l’onere annuo dell’incentivazione delle fonti rinnovabili che si scarica sulla componente A3. Dapprima, con il D.L. 145/2013 (articolo 1, commi 3-6), c.d. Destinazione Italia è stato previsto il cosiddetto "spalma-incentivi volontario" con il quale si è proposto ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di Certificati Verdi, Tariffe Onnicomprensive e tariffe premio, un’alternativa tra continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo oppure optare per la fruizione di un incentivo ridotto a fronte di una proroga del periodo di incentivazione[61].
Successivamente, con il D.L. 91/2014, articolo 26, è stato introdotto il cosiddetto "spalma-incentivi obbligatorio", che introduce nuove modalità di erogazione degli incentivi a carico delle tariffe elettriche già riconosciuti all’energia prodotta dai grossi impianti fotovoltaici (di potenza incentivata superiore a 200KW), lasciando ai produttori la scelta tra tre opzioni[62].
Con riferimento al cd. spalma incentivi obbligatorio, è attualmente pendente dinnanzi alla Corte Costituzionale un ricorso incidentale per questione di legittimità costituzionale sull'articolo 26, comma 3 del D.L. n. 91/2014 (il TAR Lazio-Sezione Terza Ter ha sollevato la questione con l'ordinanza n.294 del 3 luglio 2015).
Alcuni più recenti interventi, contenuti nella legge di stabilità 2016, sono invece suscettibili di determinare un aumento degli oneri della componente A3. La legge di stabilità infatti riconosce alla produzione di energia elettrica di impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili, che hanno cessato al 1° gennaio 2016 o cessano entro il 31 dicembre 2016 di beneficiare di incentivi sull’energia prodotta - in alternativa all’integrazione dei ricavi prevista dall’articolo 24, comma 8 del D.Lgs. n. 28/2011 a favore degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili eserciti in assenza di incentivi (norma questa mai attuata) - un diritto a fruire fino al 31 dicembre 2020 di un incentivo all’energia prodotta. L’incentivo è pari all’80% di quello riconosciuto dal D.M 6 luglio 2012 agli impianti di nuova costruzione e di pari potenza, ed è erogato dal GSE secondo le modalità fissate dallo stesso D.M.. L’erogazione dell’incentivo è subordinata alla decisione favorevole della Commissione europea in esito alla notifica del regime di aiuto (articolo 1, commi 149-151).
Infine, per quanto riguarda le recenti politiche legislative, si ritiene opportuno richiamare il settore termico. L’obiettivo delineato nella SEN è quello di sviluppare la produzione di rinnovabili fino al 20% dei consumi finali al 2020 (dal 17% dell’obiettivo 20-20-20), pari a circa 11 Mtep/anno. Il raggiungimento dell’obiettivo è legato alla sostituzione di una parte degli impianti esistenti alimentati a combustibili convenzionali, alle nuove installazioni, all’evoluzione degli obblighi di integrazione delle rinnovabili nell’edilizia.
Per lo stimolo delle rinnovabili termiche di piccola taglia (destinato prevalentemente al settore civile), è stato varato un decreto ministeriale che incentiva direttamente l’installazione di impianti dedicati, il cosiddetto “Conto Termico” (D.M. 28 dicembre 2012). Con il D.L. 133/2014 (cd. Sblocca-Italia) si è cercato di dare nuovo impulso a tale tipologia di incentivazione, cercando di facilitare l'accesso ad imprese, famiglie e soggetti pubblici ai contributi per gli interventi:
· di produzione di energia termica da fonti rinnovabili;
· di incremento dell'efficienza energetica di piccole dimensioni,
realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011.
Il D.L. n. 133/2014 (articolo 22) ha previsto, a tal fine, l'aggiornamento, entro il 31 dicembre 2014, del sistema di incentivi definiti dal c.d. conto termico con il D.M. 28 dicembre 2012, al fine di semplificare le procedure ed utilizzare gli strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate (cd. nuovo conto termico). Il “Nuovo conto termico” (Decreto interministeriale del 16 febbraio 2016) pubblicato in Gazzetta ufficiale il 2 marzo 2016), aggiorna dunque la disciplina per l’incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, perseguendo i principi di semplificazione, efficacia, diversificazione e innovazione tecnologica indicati dal D.L. n. 133/2014.
Una componente indispensabile degli sforzi messi in campo dall’Unione europea per sviluppare un’economia sostenibile, competitiva e a basso tenore di carbonio è rappresentata dalla transizione verso un sistema ad economia circolare, in cui i materiali e l'energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano quante meno risorse possibili.
La transizione verso un'economia circolare risponde ad una logica tanto ambientale quanto economica. Potrebbe infatti allentare le pressioni sull'ambiente, con ricadute positive sugli ecosistemi, la biodiversità e la salute umana. Potrebbe altresì aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, dal momento che l'UE importa attualmente, in equivalente materie prime, circa la metà delle risorse che consuma. Inoltre, le imprese avrebbero la possibilità di realizzare risparmi sulle spese per i materiali (tra i 250 e i 465 miliardi di euro l'anno, ovvero tra il 12% e il 23% delle spese per i materiali, secondo la Fondazione Ellen MacArthur) nonché trarre benefici dalle innovazioni organizzative e di prodotte richieste. Sul versante dell’occupazione, secondo uno studio dell’organizzazione non profit Worldwide Responsible Accredited Production (WRAP), entro il 2030, la diffusione dell’economia circolare ha il potenziale per creare da 1.2 a 3 milioni di posti di lavoro in Europa e di ridurre i disoccupati dalle 250.000 alle 520.000 unità
Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato il pacchetto sull’economia circolare, composto dalla comunicazione L'anello mancante - Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare COM(2015) 614 fin con annesso cronoprogramma, accompagnata da proposte legislative per la revisione delle direttive UE in materia di rifiuti[63]
I risultati attesi
Secondo la Commissione, la prevenzione dei rifiuti, la progettazione
ecocompatibile, il riutilizzo e misure analoghe possono generare risparmi
netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l'8% del
fatturato annuo, generando 580.000 nuovi posti di lavoro e riducendo
nel contempo l'emissione di gas a effetto serra del 2-4% pari a 450 milioni
di tonnellate per anno.
Le azioni chiave adottate o da realizzare nel corso del mandato dell'attuale Commissione includono:
· finanziamenti per oltre 650 milioni di euro provenienti da Horizon 2020 e per 5,5 miliardi di euro dai fondi strutturali;
· azioni per ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030;
· lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli operatori nel mercato unico;
· misure nell'ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l'efficienza energetica;
· la revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;
· una strategia per le materie plastiche nell'economia circolare, che affronta questioni legate a riciclabilità, biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose nelle materie plastiche e, nell'ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l'obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;
· una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue
Tra le principali novità introdotte dalle proposte legislative in materia di rifiuti si segnalano:
· l'obbligo di incrementare il riciclaggio dei rifiuti urbani di almeno il 60% in peso entro il 2025 e di almeno il 65% entro il 2030;
· l'obbligo di aumentare la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento inerenti ai rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi del 70% entro il 2020;
· aumento al 65% entro il 2025 dell'obiettivo relativo alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di tutti i rifiuti di imballaggio, e fissazione di obiettivi minimi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio per alcuni materiali specifici in essi contenuti;
· aumento al 75% entro il 2030 dell'obiettivo relativo alla preparazione per il riutilizzo e riciclaggio con fissazione, anche in questo caso, di obiettivi minimi per alcuni materiali specifici;
· graduale limitazione al 10% entro il 2030 dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani.
Una componente indispensabile degli sforzi messi in campo dall’Unione europea per sviluppare un’economia sostenibile, competitiva e a basso tenore di carbonio è rappresentata dalla transizione verso un sistema ad economia circolare, in cui i materiali e l'energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano quante meno risorse possibili.
Viceversa, l’economia lineare – basata su un modello che prevede la produzione di un bene, il suo utilizzo ed alla fine l’abbandono – comporta un elevato spreco di risorse con un forte impatto ambientale.
Il grafico mostra l’incremento globale del consumo di materiali da costruzione, metalli e minerali, energie fossili e biomassa (fonte Agenzia europea per l’ambiente)
Costi dell’uso di
risorse
Poiché le risorse, in particolare le materie prime essenziali, sono per
lo più concentrate al di fuori dell'Unione europea, l'industria e la
società europee dipendono dalle importazioni e sono sempre più vulnerabili
all'aumento dei prezzi, alla volatilità dei mercati e alla situazione politica
dei paesi fornitori.
Dai
dati forniti dalla Commissione risulta che l’UE importa sei volte tanto
materiali e risorse di quante riesca ad esportarne, per una cifra che si
aggira sui 760 miliardi di euro l’anno e che rappresenta oltre il 50% in
più rispetto agli USA. In particolare, importa circa il 60% del fabbisogno di combustibili fossili e
metalli e ha individuato
20 materie prime che rappresentano una criticità in
termini di sicurezza degli approvvigionamenti.
Fonte: Agenzia europea per l’ambiente
Le risorse hanno registrato una variazione in aumento dei prezzi, in termini reali, del 300% nel periodo tra il 1998 e il 2011. Va peraltro osservato che, successivamente, con l’aggravarsi della crisi economica e i progressi sul versante tecnologico, volti in particolare all’efficientamento energetico, si è registrato un aumento della produttività, che unito alla contrazione dei consumi, ha contribuito al calo dei costi di alcune risorse, e in particolare dei prodotti energetici. Le previsioni della Commissione indicano che la produttività delle risorse - continuerà ad aumentare con uno scenario immutato, ma ad un ritmo più lento di quello registrato fino ad ora (0,9% all'anno, 15% entro il 2030). In ogni caso, come rilevato dall’Agenzia europea per l’ambiente, nonostante i recenti miglioramenti nella produttività delle risorse, i modelli di consumo europei di risorse rimangono molto intensivi in confronto agli standard mondiali.
Produttività delle risorse in 32 paesi
(Agenzia europea per l’ambiente) nel 2000 e nel 2012
Di seguito si evidenzia la produttività delle risorse nei diversi Stati membri (dati Eurostat aggiornati al 2014), calcolata come il rapporto tra produzione economica (PIL) e il consumo interno di materiali (CMI). Il consumo interno di materiali misura la quantità di materie prime (misurate per massa) usate direttamente da un’economia, come i materiali estratti dal territorio nazionale e i flussi netti di beni e risorse dall’estero.
Dalla tabella si evidenzia come l’Italia sia uno dei paesi dell’UE che consuma meno risorse, anche in ragione delle caratteristiche del suo sistema produttivo.
Secondo un recente studio sull’economia circolare[64] l'economia europea costituisce un “sorprendente” modello di spreco nella creazione di valore con il suo sistema di produzione e smaltimento (modello "usa-e-getta"). Nel 2012, ad esempio, il 60% dei materiali di scarto è stato conferito in discarica o incenerito, mentre solo il 40% è stato riciclato o riutilizzato. In termini di valore, l'Europa ha perso il 95% del materiale e valore energetico, mentre il riciclaggio dei materiali e il recupero energetico dai rifiuti ha recuperato solo il 5% degli originali valori delle materie prime Anche il riciclaggio più efficiente come quello dell'acciaio, del polietilene tereftalato (PET), e della carta perde comunque dal 30 al 75% del valore materiale incorporato nel ciclo prima dell'uso. In pratica, l'Europa utilizza materiali una volta sola.
Rifiuti urbani – Kg. prodotti per abitante
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
|
EU 28 |
503 |
497 |
488 |
481 |
Germany |
602 |
614 |
619 |
617 |
Spain |
510 |
485 |
468 |
449 |
France |
533 |
538 |
535 |
530 |
Italy |
547 |
529 |
504 |
491 |
Poland |
316 |
319 |
317 |
297 |
United Kingdom |
509 |
491 |
477 |
482 |
Fonte: Eurostat, agg. 23 luglio 2015
Peraltro,
esistono significative
differenze in termini di gestione dei
rifiuti urbani tra gli Stati membri, come mostra la figura seguente.
I dati sul trattamento dei rifiuti urbani mostrano che la percentuale più elevata di riciclo pari al 46% è quella relativa alla Germania mentre il valore più basso, il 3%, è riferibile alla Romania; la media UE è pari al 27%.
Per quanto riguarda il conferimento in discarica dei rifiuti urbani, sei paesi conferiscono meno del 3%, mentre nove paesi più del 75%.
Rifiuti urbani – Kg. trattati per abitante
Rifiuti urbani – Smaltimento in discarica, Kg. per abitante
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
% su totale rifiuti (2013) |
|
EU 28 |
186 |
169 |
157 |
147 |
30,56 |
Germany |
3 |
3 |
1 |
1 |
0,16 |
Spain |
318 |
305 |
284 |
270 |
60,13 |
France |
166 |
149 |
153 |
150 |
28,30 |
Italy |
253 |
222 |
197 |
181 |
36,86 |
Poland |
195 |
201 |
188 |
157 |
52,86 |
United Kingdom |
234 |
199 |
178 |
165 |
34,23 |
Fonte: Eurostat, agg. 23 luglio 2015
Rifiuti urbani – Incenerimento totale (compreso il recupero di energia), Kg. per abitante
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
|
EU 28 |
113 |
119 |
117 |
122 |
Germany |
223 |
224 |
214 |
218 |
Spain |
44 |
50 |
45 |
44 |
France |
181 |
191 |
183 |
180 |
Italy |
92 |
94 |
93 |
99 |
Poland |
1 |
1 |
1 |
20 |
United Kingdom |
66 |
80 |
90 |
102 |
Fonte: Eurostat, agg. 23 luglio 2015
Europa “circolare” al 20%
Utilizzando come indicatore di circolarità il rapporto tra il totale di
materiale recuperato e il totale di materiale consumato, risulterebbe infatti
che l’Europa è attualmente «circolare» per il 20% nell’uso del materiale,
comparata al 15% del 2004.
Vantaggi economici della circolarità
La transizione verso un'economia circolare risponde dunque ad una logica tanto ambientale quanto economica. Potrebbe infatti allentare le pressioni sull'ambiente, con ricadute positive sugli ecosistemi, la biodiversità e la salute umana. A titolo esemplificativo, secondo le stime della Commissione, la piena attuazione degli obiettivi in materia di gestione dei rifiuti ridurrebbe del 27% l’inquinamento del mare entro il 2030. Potrebbe altresì aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, dal momento che l'UE importa attualmente, in equivalente materie prime, circa la metà delle risorse che consuma.
Inoltre, le imprese avrebbero la possibilità di realizzare risparmi sulle spese per i materiali (tra i 250 e i 465 miliardi di euro l'anno, ovvero tra il 12% e il 23% delle spese per i materiali, secondo la Fondazione Ellen MacArthur) nonché trarre benefici dalle innovazioni organizzative e di prodotte richieste.
Vantaggi sull’occupa-zione
Sul versante
dell’occupazione, secondo uno studio dell’organizzazione non profit
Worldwide Responsible Accredited Production (WRAP).
in attività connesse con l’economia circolare (riparazioni, rifiuti e
riciclaggio, settori noleggio e leasing) sono già impiegate almeno 3.4 milioni
di persone.
Entro il 2030, la diffusione dell’economia circolare ha il potenziale per creare da 1.2 a 3 milioni di posti di lavoro in Europa e di ridurre i disoccupati dalle 250.000 alle 520.000 unità
Per poter realizzare il passaggio a un'economia circolare occorre intervenire in tutte le fasi della catena del valore: dall'estrazione delle materie prime alla progettazione dei materiali e dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione e al consumo dei beni, dai regimi di riparazione, rifabbricazione e riutilizzo alla gestione e al riciclaggio dei rifiuti.
Il diagramma sottostante illustra il modello di economia circolare schematizzandone le fasi principali, ciascuna delle quali offre opportunità in termini di taglio dei costi, minore dipendenza dalle risorse naturali, impulso a crescita e occupazione, nonché contenimento dei rifiuti e delle emissioni dannose per l'ambiente. Le fasi sono interdipendenti, in quanto le materie possono essere utilizzate a cascata. Per garantire il funzionamento ottimale del sistema occorre evitare per quanto possibile che le risorse escano dal circolo.
Fonte: Commissione europea
Il nuovo pacchetto
Il 2 dicembre 2015 la Commissione ha presentato il pacchetto
sull’economia circolare. Rispetto alle proposte avanzate dalla precedente
Commissione nel 2014 e successivamente ritirate, si propone un approccio
integrato che va oltre il focus sui rifiuti e comprende azioni per
promuovere l’economia circolare in ogni fase della catena del valore, dalla
produzione alla riparazione ai prodotti secondari, coinvolgendo tutti gli
attori, sia dal lato della produzione che del consumo. Azioni specifiche
riguarderanno alcune aree identificate come prioritarie: plastica,
rifiuti alimentari, materie prime critiche, costruzione e demolizioni, biomassa
e prodotti bio-based.
D’altro canto, come evidenziato anche nel breve dossier prodotto dall’European Parliamentary Research Service, rispetto alla proposta precedente: gli obiettivi di gestione dei rifiuti sono stati rivisti al ribasso; deroghe sono state introdotte per cinque Stati membri; l’obiettivo di incrementare la produttività delle risorse del 30% entro il 2030 è stato eliminato e l’obiettivo auspicabile di ridurre i rifiuti alimentari di almeno il 30% entro il 2025 non figura più nelle nuove proposte.
Il pacchetto è composto dalla comunicazione L'anello mancante - Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare COM(2015) 614 fin con annesso cronoprogramma, accompagnata da proposte legislative per la revisione delle seguenti direttive UE:
- direttiva quadro sui Rifiuti 2008/98/EC – proposta COM(2015) 595;
- direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio 1994/62/EC – proposta COM(2015) 596;
- direttiva sui rifiuti da apparecchiature elettriche e ed elettroniche (Direttive 2000/53/EC (relativa ai veicoli fuori uso), 2006/66/EC (relativa a pile e accumulatori) e 2012/19/EU (sui rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche (RAAE)) – proposta COM(2015) 593;
- direttiva sulle discariche 1999/31/EC – proposta COM(2015) 594.
I risultati attesi
Secondo la Commissione, la prevenzione dei rifiuti, la progettazione
ecocompatibile, il riutilizzo e misure analoghe possono generare risparmi
netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l'8% del
fatturato annuo, generando 580.000 nuovi posti di lavoro e riducendo
nel contempo l'emissione di gas a effetto serra del 2-4% pari a 450 milioni
di tonnellate per anno.
Nei settori del riutilizzo, della rigenerazione e della riparazione, a titolo di esempio, la Commissione rileva che:
· se il 95% dei telefoni cellulari fosse raccolto si potrebbero generare risparmi sui costi dei materiali di fabbricazione pari a oltre 1 miliardo di euro;
· il passaggio dal riciclaggio alla rimessa a nuovo dei veicoli commerciali leggeri, i cui i tassi di raccolta sono già elevati, potrebbe far risparmiare materiali per oltre 6,4 miliardi di euro l'anno (circa il 15% del bilancio per i materiali) e 140 milioni in costi energetici, riducendo inoltre le emissioni di gas a effetto serra di 6,3 milioni di tonnellate.
Le azioni chiave adottate o da realizzare nel corso del mandato dell'attuale Commissione includono:
· finanziamenti per oltre 650 milioni di euro provenienti da Horizon 2020 e per 5,5 miliardi di euro dai fondi strutturali;
· azioni per ridurre i rifiuti alimentari, compresa una metodologia comune di misurazione, una migliore indicazione della data di consumo, e strumenti per raggiungere l'obiettivo di sviluppo sostenibile globale di ridurre della metà i rifiuti alimentari entro il 2030;
· lo sviluppo di norme di qualità per le materie prime secondarie al fine di aumentare la fiducia degli operatori nel mercato unico;
· misure nell'ambito del piano di lavoro 2015-2017 sulla progettazione ecocompatibile per promuovere la riparabilità, longevità e riciclabilità dei prodotti, oltre che l'efficienza energetica;
· la revisione del regolamento relativo ai concimi, per agevolare il riconoscimento dei concimi organici e di quelli ricavati dai rifiuti nel mercato unico e sostenere il ruolo dei bionutrienti;
· una strategia per le materie plastiche nell'economia circolare, che affronta questioni legate a riciclabilità, biodegradabilità, presenza di sostanze pericolose nelle materie plastiche e, nell'ambito degli obiettivi di sviluppo sostenibile, l'obiettivo di ridurre in modo significativo i rifiuti marini;
· una serie di azioni in materia di riutilizzo delle acque, tra cui una proposta legislativa sulle prescrizioni minime per il riutilizzo delle acque reflue.
Il piano d'azione include anche un certo numero di azioni mirate alle barriere del mercato in specifici settori o flussi di materiali, come la plastica, gli sprechi alimentari, le materie prime essenziali, la costruzione e la demolizione, la biomassa e i bioprodotti nonché misure orizzontali in settori come l'innovazione e gli investimenti.
La proposta di modifica della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, (COM(2015)595)[65], sostituisce quella presentata dalla Commissione europea nel luglio 2014 e ritirata nel febbraio 2015. La Commissione europea motivò tale ritiro anche sulla considerazione che l'approccio generale presentato nel luglio 2014 era focalizzato quasi esclusivamente sulla gestione dei rifiuti, senza esplorare in modo adeguato le sinergie con altri settori. Inoltre, occorreva prendere maggiormente in considerazione le differenti situazioni nei vari Stati membri e migliorare l'attuazione della politica in materia di rifiuti sul campo.
Tra le principali novità introdotte dalla proposta si segnalano:
- l'obbligo di incrementare il riciclaggio dei rifiuti urbani di almeno il 60% in peso entro il 2025 e di almeno il 65% entro il 2030;
- l'obbligo di aumentare la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento inerenti ai rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi del 70% entro il 2020;
- l'inserimento di nuove definizioni tra cui quella di "rifiuti urbani", "rifiuti da costruzione e demolizione", "riempimento" e "processo finale di riciclaggio";
- nuove disposizioni in materia di regimi di responsabilità estesa del produttore che definiscono alcuni requisiti minimi al fine di superare le differenze tra i vari Stati membri;
- nuove disposizioni in materia di prevenzione dei rifiuti che prevedono, da parte degli Stati membri, l'adozione di misure volte, tra l'altro, ad incoraggiare l'uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse che siano fonti principali di materie prime e a ridurre la produzione di rifiuti nei processi inerenti alla produzione industriale nonché di rifiuti alimentari;
- il potenziamento dei meccanismi di tracciabilità dei rifiuti pericolosi tramite appositi registri;
- il divieto del getto di piccoli rifiuti nei luoghi pubblici;
- la semplificazione degli obblighi di registrazione per gli enti o le imprese di piccole dimensioni che raccolgono o trasportano piccole quantità di rifiuti non pericolosi;
- il miglioramento della qualità, dell'affidabilità e della comparabilità delle statistiche mediante l'utilizzo, da parte degli Stati membri della metodologia più recente messa a punto dalla Commissione europea e dagli istituti nazionali di statistica.
La proposta di direttiva COM(2015)596[66], che modifica la direttiva quadro sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (94/62/CE), mira ad evitare o a ridurre l'impatto negativo sull'ambiente da parte di questo tipo di rifiuti, fornendo un elevato livello di tutela ambientale. Essa innalza pertanto gli obiettivi fissati dalla direttiva 94/62/UE affinché riflettano più incisivamente l'ambizione dell'Unione europea di passare ad un'economia circolare.
I principali elementi di modifica sono:
· aumento al 65% entro il 2025 dell'obiettivo relativo alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di tutti i rifiuti di imballaggio, e fissazione di obiettivi minimi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio per alcuni materiali specifici in essi contenuti;
· aumento al 75% entro il 2030 dell'obiettivo relativo alla preparazione per il riutilizzo e riciclaggio con fissazione, anche in questo caso, di obiettivi minimi per alcuni materiali specifici;
· allineamento delle definizioni con quelle della direttiva quadro sui rifiuti;
· semplificazione degli obblighi di comunicazione da parte degli Stati membri e miglioramento della qualità, dell'affidabilità e della comparabilità dei dati.
La proposta di direttiva COM(2015) 593 modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. A detta della Commissione, si tratta di un intervento di prevalente semplificazione, i cui elementi sono:
· eliminazione dell’obbligo a carico degli Stati membri di presentare ogni tre anni le relazioni sullo stato di attuazione, che secondo la Commissione non si sono rivelati strumenti efficaci per verificare la conformità e garantire la corretta attuazione della normativa, generando oltretutto inutili oneri amministrativi;
· miglioramento della qualità, affidabilità e comparabilità dei dati statistici che andranno comunicati annualmente dagli Stati membri e che sono ritenuti indispensabili affinché la Commissione valuti la conformità con la legislazione in materia di rifiuti in tutti gli Stati membri. Le modifiche prevedono: l’introduzione di un punto di ingresso unico per tutti i dati relativi ai rifiuti; la soppressione di obblighi obsoleti in materia di comunicazione; il confronto dei metodi nazionali di comunicazione e l’introduzione di una relazione di controllo della qualità dei dati, redatta da ciascuno Stato membro. Ogni tre anni la Commissione una relazione che valuta l'organizzazione della raccolta dei dati, le fonti di dati e la metodologia utilizzata negli Stati membri nonché completezza, affidabilità, tempestività e coerenza dei dati. La valutazione potrà includere raccomandazioni specifiche di miglioramento.
Gli elementi principali della proposta di modifica della direttiva 1999/31/CE in materia di discariche di rifiuti COM(2015) 594 sono:
· allineamento delle definizioni, in linea con le modifiche da apportare alla direttiva quadro sui rifiuti (vedi supra);
· graduale limitazione al 10% entro il 2030 dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani (Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia possono ottenere una proroga di cinque anni. Se il termine è prorogato, lo Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che entro il 2030 la quantità di rifiuti urbani collocati in discarica sia ridotta al 20% del totale dei rifiuti urbani generati). Entro il 31 dicembre 2024, la Commissione esamina il predetto obiettivo al fine di ridurlo e introdurre restrizioni al collocamento in discarica dei rifiuti non pericolosi diversi da quelli urbani. A tal fine, viene trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione della Commissione corredata, se del caso, di una proposta;
· eliminazione dell’obbligo a carico degli Stati membri di presentare ogni tre anni le relazioni sullo stato di attuazione, che secondo la Commissione non si sono rivelati strumenti efficaci per verificare la conformità e garantire la corretta attuazione della normativa, generando oltretutto inutili oneri amministrativi;
· miglioramento della qualità, affidabilità e comparabilità dei dati statistici che andranno comunicati annualmente dagli Stati membri e che sono ritenuti indispensabili affinché la Commissione valuti la conformità con la legislazione in materia di rifiuti in tutti gli Stati membri. Le modifiche prevedono: l’introduzione di un punto di ingresso unico per tutti i dati relativi ai rifiuti; la soppressione di obblighi obsoleti in materia di comunicazione; il confronto dei metodi nazionali di comunicazione e l’introduzione di una relazione di controllo della qualità dei dati, redatta da ciascuno Stato membro. Ogni tre anni la Commissione una relazione che valuta l'organizzazione della raccolta dei dati, le fonti di dati e la metodologia utilizzata negli Stati membri nonché completezza, affidabilità, tempestività e coerenza dei dati. La valutazione potrà includere raccomandazioni specifiche di miglioramento;
· attribuzione alla Commissione del potere di adottare atti delegati al fine di integrare o modificare la direttiva 1999/31/CE, in particolare per adattarne gli allegati al progresso scientifico e tecnico;
· introduzione di un meccanismo di segnalazione preventiva sul conseguimento dell’obiettivo del 10%. A tal fine la Commissione, in cooperazione con l'Agenzia europea dell'ambiente, redige una relazione sui progressi compiuti dagli Stati membri verso il conseguimento dell’obiettivo entro il 2030 e il 2035 (per quelli cui è concessa la proroga), tre anni prima di ciascun termine. Le relazioni includeranno:
- una stima del conseguimento degli obiettivi da parte di ciascuno Stato membro;
- l'elenco degli Stati membri che rischiano di non raggiungere tali obiettivi entro i termini prestabiliti, accompagnato da opportune raccomandazioni per ciascuno Stato membro.
Secondo quanto riportato nel Rapporto rifiuti urbani 2015 dell’ISPRA, nel 2014 la produzione nazionale dei rifiuti urbani (RU) si attesta a circa 29,7 milioni di tonnellate (13,8 milioni di tonnellate al Nord, 6,6 milioni di tonnellate al Centro e 9,3 milioni di tonnellate al Sud), facendo rilevare una crescita di 83 mila tonnellate rispetto al 2013 (+0,3%). Tale incremento, sebbene di entità ridotta, rappresenta un’inversione di tendenza rispetto a quanto rilevato nel periodo 2010-2013, in cui si era osservata una riduzione complessiva della produzione di circa 2,9 milioni di tonnellate (-8,9%). I dati regionali mostrano che la crescita registrata nel 2014 è dovuta principalmente all’incremento del dato afferente al Nord Italia, dove si registra un aumento percentuale pari all’1,4% (+188 mila tonnellate). Per il Centro e il Sud prosegue, invece, il trend di decrescita, con riduzioni rispettivamente pari allo 0,3% (-20 mila tonnellate) e allo 0,9% (-85 mila tonnellate).
Il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti[67] individua la produzione dei rifiuti urbani per unità di PIL come uno dei parametri oggetto di monitoraggio per la valutazione dell’efficacia delle misure intraprese. Per tale parametro è, infatti, fissato un obiettivo di riduzione del 5%, misurato in relazione ai valori del 2010, da conseguire entro il 2020. Il Programma prevede, inoltre, che nell’ambito del monitoraggio sia considerato anche l’andamento della produzione dei RU in rapporto ai consumi delle famiglie. Effettuando il calcolo per il periodo 2010-2014 si ottiene una variazione percentuale del rapporto RU/PIL pari al -4,6%, mentre la variazione della produzione dei rifiuti urbani per unità di spese delle famiglie risulta pari al -2,9%.
La percentuale di raccolta differenziata (RD) si attesta, nel 2014, al 45,2% della produzione nazionale, facendo rilevare una crescita di quasi 3 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
L’analisi territoriale mostra una maggiore efficienza per le regioni settentrionali, dove la RD è pari al 56,7%, mentre nelle regioni del centro e del sud le percentuali raggiunte sono decisamente inferiori (40,8% per le regioni del Centro; 31,3% per le regioni del Mezzogiorno).
In valore assoluto, la raccolta differenziata si attesta a 13,4 milioni di tonnellate, con una crescita di 900 mila tonnellate rispetto al 2013 (+7,2%).
Per quanto riguarda la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani, per i quali la direttiva 2008/98/CE prevede un target del 50% da conseguire entro il 2020, il rapporto dell’ISPRA evidenzia che il risultato nazionale, calcolato come “percentuale di riciclaggio di rifiuti domestici e simili costituiti da carta, metalli, plastica e vetro e altri singoli flussi di rifiuti domestici e simili” è pari, nel 2014, al 45,2%. Tale valore scende al 40,4% considerando la percentuale di riciclaggio riferita all’intero ammontare dei rifiuti urbani.
Per quanto riguarda i rifiuti urbani indifferenziati, i dati disponibili evidenziano che nel corso degli anni si è assistito a un progressivo incremento della quota di indifferenziati sottoposta a pre-trattamento prima del loro invio allo smaltimento finale. Nel 2014, in particolare, il trattamento meccanico biologico (TMB) interessa circa il 32% dei rifiuti urbani prodotti, venendo diffusamente utilizzato al fine di migliorare la stabilità biologica dei rifiuti, ridurne l’umidità e il volume, nonché per incrementare il loro potere calorifico al fine di rendere più efficiente il processo di combustione.
Il Rapporto dell’ISPRA evidenzia altresì che lo smaltimento in discarica interessa ancora il 31% dei rifiuti urbani prodotti (in termini assoluti si tratta di 9,3 milioni di tonnellate, pari a quasi 1,6 milioni di tonnellate di rifiuti in meno rispetto all’anno precedente).
Tuttavia, il riciclaggio delle diverse frazioni provenienti dalla RD o dagli impianti di TMB dei rifiuti urbani raggiunge, nel suo insieme, il 42% della produzione: più del 16% è costituito dal recupero di materia della frazione organica da RD (umido+verde) e oltre il 25% dal recupero delle altre frazioni merceologiche.
Il 17% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (si tratta di poco più di 5 milioni di tonnellate). A tale percentuale va aggiunto un 2% circa che viene inviato ad impianti produttivi, quali i cementifici, per essere utilizzato come combustibile per produrre energia.
I dati finora menzionati vanno integrati con quelli relativi ai rifiuti speciali.
Secondo quanto riportato nel Rapporto rifiuti speciali 2015 dell’ISPRA, la produzione nazionale dei rifiuti speciali si attesta, nel 2013, a 131,6 milioni di tonnellate (valore che include i quantitativi di rifiuti provenienti dal trattamento meccanico biologico di rifiuti urbani, pari a oltre 8,1 milioni di tonnellate, perché classificati come rifiuti speciali). Tra il 2012 ed il 2013, in analogia al precedente biennio, si rileva una flessione nella produzione totale di rifiuti speciali, seppur meno marcata, di quasi 2 milioni di tonnellate (pari all’1,5%), dovuta principalmente alla riduzione dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti.
Nel 2013 i rifiuti speciali complessivamente gestiti in Italia sono 129,5 milioni di tonnellate, il 94% dei quali è costituito da rifiuti non pericolosi.
Tra le modalità di gestione, la quota predominante (84,2 milioni di tonnellate, pari al 65%) è costituita dal recupero di materia. Seguono con il 14,5% (18,8 milioni di tonnellate) le altre operazioni di smaltimento (escluso l’incenerimento, che riguarda una quota inferiore all’1%) e, con l’8,4% (pari a 11 milioni di tonnellate), lo smaltimento in discarica.
Allo scopo di «dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti» l'art. 29 della Direttiva 2008/98/CE ha previsto che gli Stati membri adottino, entro il 12 dicembre 2013, programmi di prevenzione dei rifiuti.
In attuazione di tale disposizione, con il decreto 7 ottobre 2013, il Ministero dell’ambiente ha adottato il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, che è stato successivamente rivisto con la “Relazione recante l’aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti” (l’ultima di tali relazioni, contenuta nel Doc. CCXXIV, n. 2, riporta l’aggiornamento al 31 dicembre 2015) in attuazione del disposto dell’art. 180, comma 1-bis, del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente).
Tale comma, introdotto nel testo del Codice citato dal D.Lgs. 205/2010 di recepimento della direttiva 2008/98/CE e integrato dall’art. 1 del D.L. 2/2012, dispone infatti, tra l’altro, che entro il 31 dicembre di ogni anno, a decorrere dal 2013, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare presenta alle Camere una relazione recante l'aggiornamento del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti e contenente anche l'indicazione dei risultati raggiunti e delle eventuali criticità registrate nel perseguimento degli obiettivi di prevenzione dei rifiuti.
La disposizione testé menzionata (art. 180) è incardinata nella parte quarta del Codice dell’ambiente che contiene la normativa nazionale in materia di gestione dei rifiuti, a cui si affianca il D.Lgs. 36/2003 che contiene la disciplina in materia di discariche.
Nella citata parte quarta del D.Lgs. 152/2006 sono contenuti, in attuazione della disciplina dell'UE, diversi obiettivi quantitativi relativi alla gestione dei rifiuti.
L'art. 181 prevede infatti che le autorità competenti adottino le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:
a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;
b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso.
L'art. 205 del medesimo decreto ha previsto inoltre il raggiungimento, in ogni ambito territoriale ottimale, entro il 31 dicembre 2012, di una percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari almeno al 65% dei rifiuti prodotti (nel 2014, come evidenziato in precedenza, il dato nazionale si è attestato al 45,2%).
Disposizioni per incrementare e incentivare la raccolta differenziata, il riciclaggio, il compostaggio e le attività di prevenzione sono contenute nella legge n. 221/2015 (c.d. collegato ambientale), approvato in via definitiva dalla Camera, in particolare negli articoli 32, 36, 37-38, 45, 47 e 66.
Si ricorda inoltre che è in corso d’esame presso l’VIII Commissione (Ambiente) la proposta di legge di iniziativa popolare “Legge Rifiuti Zero: per una vera società sostenibile" (Atto Camera n. 1647) che persegue finalità analoghe a quelle perseguite dal pacchetto di misure sull'economia circolare adottato dalla Commissione europea.
Il "sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti" (SISTRI), istituito con il D.M. 17 dicembre 2009 in attuazione dell'art. 14-bis del decreto-legge 78/2009, risponde alla necessità, come indicato a livello europeo, attraverso anche la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, di introdurre strumenti che garantiscono la tracciabilità dei rifiuti, dalla produzione alla destinazione finale. Con il meccanismo di tracciabilità informatizzato, la cui operatività sarebbe dovuta già iniziare dal 13 luglio 2010, vengono cambiati i sistemi informativi cartacei finora in uso, con il duplice obiettivo di controllare l'intero sistema di gestione dei rifiuti e ridurne i costi.
Dopo che la scorsa legislatura si era chiusa con la sospensione del SISTRI fino al 30 giugno 2013, l'attuale legislatura si è aperta con il D.M. 20 marzo 2013 che ha stabilito i termini di riavvio progressivo del SISTRI per consentirne la messa a regime da marzo 2014. Prima di tale data però è intervenuto l'art. 11 del D.L. 101/2013, che ha apportato una serie di modifiche alla disciplina del SISTRI, circoscrivendo la platea dei soggetti obbligati ad aderire al sistema e fissando le norme per la specificazione dei soggetti e l'individuazione di ulteriori categorie cui applicare il sistema medesimo. L'articolo ha fissato, inoltre, i nuovi termini per l'operatività del SISTRI, dettato norme per l'applicazione delle sanzioni (comma 3-bis), per la semplificazione del sistema medesimo, nonché norme relative ai rapporti con la società concessionaria del sistema e per l'istituzione di un tavolo tecnico di monitoraggio.
Successivamente sono state dettate norme volte a prorogare la durata del periodo (da ultimo è intervenuto l’art. 8, comma 1, del D.L. 210/2015, che prevede la proroga fino al 31 dicembre 2016) durante il quale i soggetti obbligati al controllo telematico devono continuare ad effettuare anche il tracciamento tradizionale dei rifiuti (cd. "doppio binario"), nonché a sospendere le sanzioni fino alla medesima data.
[1] Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa e che modifica il regolamento (UE) n. 913/2010 e che abroga i regolamenti (CE) n. 680/2007 e (CE) n. 67/2010.
[2] Si veda al riguardo la Comunicazione "Raggiungere l'obiettivo del 10% di interconnessione elettrica. Una rete elettrica europea pronta per il 2020" COM(2015)82 final. La Comunicazione è accompagnata da due Allegati relativi rispettivamente ai progetti cofinanziati dal Programma energetico europeo per la ripresa e ai PIC.
[3] C(20159)8052, disponibile in lingua inglese. Si veda al riguardo anche l'apposita pagina sul sito della Commissione europea.
[4] Si veda il Comunicato stampa della Commissione europea del 16 febbraio 2016.
[5] COM(2016)52 e allegati La proposta è accompagnata da una valutazione di impatto, in lingua inglese, e da una sintesi in lingua italiana.
[6] COM(2016)53. La proposta è accompagnata da una valutazione di impatto, in lingua inglese, e da un documento di sintesi in italiano.
[7] COM(2016)49. La Strategia è accompagnata da un documento di lavoro della Commissione, SWD(2016)23.
[8] Le cinque dimensioni dell'Unione dell'energia sono: Sicurezza energetica, solidarietà e fiducia; piena integrazione del mercato europeo dell'energia; efficienza energetica per contenere la domanda; decarbonizzazione dell'economia; ricerca, innovazione e competitività. Il Pacchetto "Unione dell'energia". Si veda al riguardo "Una strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici" COM(2015)80 final. La Strategia fa parte del pacchetto Unione dell'energia varato nel febbraio 2014, che comprende anche le due seguenti comunicazioni: "Il Protocollo di Parigi - Piano per la lotta ai cambiamenti climatici mondiali dopo il 2020" COM(2015)81 final; "Raggiungere l'obiettivo del 10% di interconnessione elettrica. Una rete elettrica europea pronta per il 2020" COM(2015)82 final.
[9] COM(2015)572. Per maggiori dettagli sulla Comunicazione si veda il Dossier a cura del Servizio Studi del Senato e dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati.
[10] Tra essi Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia.
[11] Energy dependancy in the EU, Eurostat 28/2016.
[12] Si veda al riguardo il COM(2014)654 e il relativo allegato. Gli stress test fanno seguito alla Strategia europea di sicurezza energetica, adottata nel maggio 2014, che ha definito un piano dettagliato su come garantire un approvvigionamento energetico sicuro per l'Europa.
[13] In esito agli stress test, la Commissione europea ha formulato alcune raccomandazioni agli Stati membri, tra cui: completare i progetti di infrastrutture, ad esempio in Polonia e tra Slovacchia ed Ungheria; potenziare il passaggio ad altri combustibili; assicurare assistenza agli Stati in difficoltà da parte degli Stati con un surplus di gas.
[14] La decisione, che prevede anche l'estensione delle reti energetiche ai nuovi Stati membri e la garanzia dell'accesso alle TEN-E per le regioni insulari, prive di sbocchi al mare e periferiche. ha aggiornato gli orientamenti precedentemente stabiliti nel 1996 e nel 2003.
[15] Si vedano gli Allegati I, II e III.
[16] Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013 , che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa e che modifica il regolamento (UE) n. 913/2010 e che abroga i regolamenti (CE) n. 680/2007 e (CE) n. 67/2010.
[17] Si veda al riguardo la Comunicazione "Raggiungere l'obiettivo del 10% di interconnessione elettrica. Una rete elettrica europea pronta per il 2020" COM(2015)82 final. La Comunicazione è accompagnata da due Allegati relativi rispettivamente ai progetti cofinanziati dal Programma energetico europeo per la ripresa e ai PIC.
[18] C(20159)8052, disponibile in lingua inglese. Si veda al riguardo anche l'apposita pagina sul sito della Commissione europea.
[19] Si veda il Comunicato stampa della Commissione europea del 16 febbraio 2016.
[20] La Strategia è illustrata nel capitolo “Efficienza energetica – le città che risparmiano energia”.
[21] COM(2016)52 e allegati La proposta è accompagnata da una valutazione di impatto, in lingua inglese, e da una sintesi in lingua italiana.
[22] Tali modelli sono contenuti degli allegati IV e V della proposta.
[23] La configurazione è contenuta nell'Allegato I della proposta. Essa risponde all'esigenza di disporre di un numero limitato di Stati per regione al fine di elaborare piani di valutazione dei rischi e piani d'azione e di emergenza più efficaci. Le regioni proposte rappresentano pertanto una serie di sottogruppi della configurazione attualmente in vigore, definita dal regolamento sulle infrastrutture energetiche transeuropee, Regolamento (ue) n. 347/2013.
[24] Le misure non di mercato sono previste nell'Allegato VII alla proposta.
[25] La procedura è stabilita nell'Allegato III della proposta.
[26] COM(2016)53. La proposta è accompagnata da una valutazione di impatto, in lingua inglese, e da un documento di sintesi in italiano.
[27] Ciò è stato sottolineato anche dal Consiglio europeo nel marzo 2015 che ha auspicato una maggiore trasparenza degli accordi e una loro maggiore compatibilità con le disposizioni UE in materia di sicurezza energetica.
[29]Dei 124 accordi notificati, il 40% riguardava l'approvvigionamento, l'importazione o il transito di prodotti energetici. Per 17 accordi (circa un terzo) la Commissione europea ha manifestato dubbi circa la compatibilità con le disposizioni in materia di energia e di concorrenza, invitando 9 Stati membri interessati a modificare o annullare gli accordi per sanare tali incompatibilità.
[30] COM(2016)49. La Strategia è accompagnata da un documento di lavoro della Commissione, SWD(2016)23.
[31] Il 20% rispetto ad una media complessiva del 33%. Si veda al riguardo il documento di lavoro che accompagna la Strategia, SWD (2013)23.
[32] Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE e Direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE.
[33] Con decreto direttoriale del MISE del 2 marzo 2016 è stato costituito un nuovo gruppo di lavoro per la redazione della prossima "Relazione sulla situazione energetica nazionale nel 2015”.
[34] Situazione energetica nazionale nel 2014, pagg. 13 e ss.
[35] In particolare la direttiva 2009/125/CE sulla progettazione ecocompatibile e le relative misure di esecuzione; e la direttiva 2010/30/UE sull'etichettatura energetica e le relative misure di attuazione.
[36] L'efficienza energetica e il suo contributo a favore della sicurezza energetica e del quadro 2030 in materia di clima ed energia (COM(2014) 520).
[37] Il PAEE 2014 descrive gli obiettivi di efficienza energetica fissati dall’Italia al 2020, le misure di policy attivate per il loro raggiungimento e i risultati raggiunti al 2012. In particolare il Piano, coerentemente con le linee guida per la compilazione della Commissione Europea e in accordo con quanto espresso nella Strategia Energetica Nazionale (SEN), riporta nel secondo capitolo gli obiettivi nazionali di riduzione dei consumi di energia primaria e finale, e specifica i risparmi negli usi finali di energia attesi al 2020 per singolo settore economico e per principale strumento di promozione dell’efficienza energetica.
[38] “Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE”.
[39] Il 1° ottobre 2015 sono infatti entrati in vigore:
· Decreto MISE sull'applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici volto alla definizione delle nuove modalità di calcolo della prestazione energetica e i nuovi requisiti minimi di efficienza per i nuovi edifici e quelli sottoposti a ristrutturazione.
· Decreto MISE recante schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell'applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica negli edifici. Tale provvedimento adegua gli schemi di relazione tecnica di progetto al nuovo quadro normativo, in funzione delle diverse tipologie di opere (nuove costruzioni, ristrutturazioni importanti, riqualificazioni energetiche);
· Decreto MISE sull'adeguamento delle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, che aggiorna le linee guida per la certificazione della prestazione energetica degli edifici. Il nuovo modello di attestato di prestazione energetica (APE) sarà valido su tutto il territorio nazionale.
[40] I certificati bianchi, anche noti come "Titoli di Efficienza Energetica" (TEE), sono titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia attraverso interventi di incremento di efficienza energetica. Il sistema dei certificati bianchi è stato introdotto nel 2004 nella legislazione italiana dai decreti ministeriali del 20 luglio 2004. Tale meccanismo, molto innovativo anche nel panorama internazionale, prevede che i distributori di energia elettrica e di gas naturale raggiungano annualmente determinati obiettivi quantitativi di risparmio di energia primaria, espressi in Tonnellate Equivalenti di Petrolio risparmiate (TEP). Un certificato equivale al risparmio di una tonnellata equivalente di petrolio (TEP).Le aziende distributrici di energia elettrica e gas possono assolvere al proprio obbligo realizzando progetti di efficienza energetica che diano diritto ai certificati bianchi oppure acquistandoli da altri soggetti sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica organizzato dal Gestore del mercato elettrico (GME).Le unità di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR) possono accedere al sistema dei certificati bianchi secondo le condizioni e le procedure stabilite dal Decreto ministeriale 5 settembre 2011. Il quadro normativo nazionale in quest'ambito è stato modificato con la pubblicazione del decreto 28 dicembre 2012, che definisce degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico – crescenti nel tempo - per le imprese di distribuzione di energia elettrica e gas per gli anni dal 2013 al 2016 e introduce nuovi soggetti ammessi alla presentazione di progetti per il rilascio dei certificati bianchi.
[41] Il pacchetto comprende una serie di strumenti vincolanti posti in essere dall'Unione europea per garantire il raggiungimento di 3 obiettivi, noti come "obiettivi 20-20-20", ossia la riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al livello del 1990, il miglioramento dell'efficienza energetica del 20% e l'aumento della quota di energie da fonti rinnovabili del 20% entro il 2020. Questi stessi obiettivi rientrano anche nell'ambito della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, adottata nel 2010 per far fronte alla crisi finanziaria che prevede cinque obiettivi che riguardano l’occupazione, la ricerca e sviluppo, il clima e l'energia, l'istruzione, l'integrazione sociale e la riduzione della povertà.
[42] Si vedano al riguardo le Conclusioni del Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014.
[43] COM(2015)593, disponibile in lingua inglese.
[44] Si tratta di un dato stimato.
[45] Si veda al riguardo la Scheda informativa sull'Italia, allegata alla Comunicazione.
[46] Audizione svolta il 1° aprile 2015 presso la 10a Commissione (industria, commercio e turismo).
[47] Si veda al riguardo anche The European Union leading in renewables, a cura della Commissione europea.
[48] Il pacchetto comprende una serie di strumenti vincolanti posti in essere dall'Unione europea per garantire il raggiungimento di 3 obiettivi, noti come "obiettivi 20-20-20", ossia la riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al livello del 1990, il miglioramento dell'efficienza energetica del 20% e l'aumento della quota di energie da fonti rinnovabili del 20% entro il 2020. Questi stessi obiettivi rientrano anche nell'ambito della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, adottata nel 2010 per far fronte alla crisi finanziaria che prevede cinque obiettivi che riguardano l’occupazione, la ricerca e sviluppo, il clima e l'energia, l'istruzione, l'integrazione sociale e la riduzione della povertà.
[49] Si vedano al riguardo le Conclusioni del Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014.
[50] La direttiva è stata recepita dall'Italia con Decreto legislativo 28/2011.
[51] Per i piani d'azione presentati dagli Stati membri si rimanda all'apposita pagina sul sito della Commissione europea. Si veda anche il Piano d'azione dell'Italia.
[52] COM(2015)593, disponibile in lingua inglese.
[53] Si tratta di un dato stimato.
[54] La figura non tiene conto delle politiche nazionali dopo il 2013 e degli ulteriori sforzi compiuti dagli Stati membri per raggiungere gli obiettivi.
[55] Si veda al riguardo la Scheda informativa sull'Italia, allegata alla Comunicazione.
[56] Audizione svolta il 1° aprile 2015 presso la 10a Commissione (industria, commercio e turismo).
[57] La contabilizzazione Eurostat dei consumi diverge dalla contabilizzazione dei consumi secondo il Bilancio energetico nazionale. In particolare, per la contabilizzazione in sede europea, si procede – come rileva il MISE - ad una normalizzazione delle produzioni idroelettriche ed eolica, alla contabilizzazione dei soli bioliquidi sostenibili e dell’energia fornita dalle pompe di calore.
Nel BEN, invece, le produzioni elettriche dalle fonti eolica, fotovoltaica e idraulica, nonché l’energia elettrica importata, vengono valutate in energia primaria applicando il coefficiente 2200 kcal/kWh anziché il coefficiente 860 kcal/kWh utilizzato da Eurostat; nel settore Termico, invece, si riscontrano differenze nella contabilizzazione del calore derivato, dell’energia prodotta da collettori solari termici (non considerata dal BEN) e dei rifiuti industriali non rinnovabili (non considerati dal BEN). Infine, il BEN conteggia tra i consumi nazionali i bunkeraggi marini, esclusi dalle convenzioni Eurostat. Seguendo tali criteri, il consumo interno lordo di rinnovabili nel BEN si attesta nel 2013 poco sotto i 34 Mtep, con un’incidenza sui consumi totali del 19,5% ampiamente superiore alla quota ricavabile nel bilancio Eurostat per la medesima grandezza. Mentre, sempre secondo il BEN, nel 2014 il consumo finale di energia si attesta a 34,7 Mtep.
[58] Dati GSE Rapporto Statistico “Energia da fonti rinnovabili -Anno 2014”, pubblicato a dicembre 2015. Il GSE fornisce il quadro statistico completo sulla diffusione e sugli impieghi delle fonti rinnovabili di energia (FER) in Italia. Tale quadro è stato trasmesso dall’Italia a Eurostat, IEA e Commissione UE: si tratta della “Terza Relazione dell’Italia in merito ai progressi ai sensi della direttiva 2009/28/CE” (cd. Progress Report).
[59] Secondo il GSE, a partire dal 2011 i CFL risultano nettamente inferiori alle attese, per effetto principalmente della crisi economica, che ha determinato una contrazione rilevante della domanda e dei consumi, e solo secondariamente per effetto delle politiche sull’efficienza energetica. Nel 2015 si registra nuovamente un aumento dei consumi.
[60] Cfr., anche, sul punto, MISE “La situazione energetica nazionale nel 2014”, pagg. 15 e ss.
[61] Come evidenzia il GSE (Rapporto attività 2015, pag. 68 e ss.), agli operatori è stata, in particolare, la possibilità di optare per l’estensione del periodo di incentivazione di 7 anni, a fronte di una riduzione dell’incentivo, determinata al fine di redistribuire l’incentivo spettante nel periodo residuo in un nuovo periodo esteso di ulteriori 7 anni, con un tasso interesse tra il 2% e il 3,2%, specifico per tecnologia; alternativamente, gli operatori hanno potuto optare per il mantenimento dell’incentivo spettante per il periodo residuo nel qual caso però, per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine dell’incentivazione, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non possono accedere ad altri incentivi né al Ritiro Dedicato o allo Scambio sul Posto.
[62] Si tratta delle seguenti opzioni:
· l'estensione da 20 a 24 anni del periodo di incentivazione, a fronte di una rimodulazione del valore unitario dell'incentivo di entità (tra il 17% ed il 25%) dipendente dalla durata del periodo incentivante residuo;
· il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione dell'incentivo per un primo periodo secondo percentuali definite dal MiSE (tra il 10% ed il 26%), e di un corrispondente aumento dello stesso per un secondo periodo;
· il mantenimento del periodo di erogazione ventennale, a fronte di una riduzione percentuale fissata dal decreto (tra il 6% e l’8%), crescente a seconda della taglia degli impianti, cioè della classe di potenza (tale opzione è quella applicata in assenza di comunicazioni da parte dell'operatore). Per quanto riguarda l’attuazione delle norme sopra indicate si ricorda che:
· lo spalma-incentivi volontario è stato attuato con il DM 6 novembre 2014, il quale stabilisce le modalità di ridefinizione volontaria degli incentivi per gli impianti da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. Il decreto riguarda in particolare i produttori da fonti rinnovabili interessati a operazioni di rifacimento o ripotenziamento del sito, e porta ad un prolungamento di sette anni del periodo di diritto agli incentivi, con una conseguente riduzione dell'erogazione annua
· lo spalma-incentivi obbligatorio per i grandi impianti fotovoltaici (previsto dall'articolo 26, comma 3, del DL 91/2014), che regolamenta la rimodulazione degli incentivi agli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW nell'arco dei venti anni, è stato attuato con il DM 17 ottobre 2014;
· il DM 16 ottobre 2014 , sulle modalità di erogazione degli incentivi al fotovoltaico da parte del Gestore dei servizi energetici – GSE Spa, ha attuato l'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 91/2014. Sulla base del provvedimento, ai produttori è riconosciuto, ogni anno, un acconto pari al 90%, calcolato sulla base della produzione effettiva dell'anno precedente, con saldo entro 60 giorni dall'invio delle misure sulla produzione effettiva e comunque entro il 30 giugno dell'anno successivo.
Si noti che il cd. “spalma incentivi obbligatorio” interviene sulle tariffe incentivanti già godute: dalla metà dell’anno 2013, si sono esauriti i fondi del Quinto Conto Energia per l’incentivazione del fotovoltaico, essendo stata raggiunta la soglia dei 6,7 miliardi di euro.
[63]Direttiva quadro sui Rifiuti 2008/98/EC – proposta COM(2015) 595; direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio 1994/62/EC – proposta COM(2015) 596; direttiva sui rifiuti da apparecchiature elettriche e ed elettroniche (Direttive 2000/53/EC (relativa ai veicoli fuori uso), 2006/66/EC (relativa a pile e accumulatori) e 2012/19/EU (sui rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche (RAAE)) – proposta COM(2015) 593; direttiva sulle discariche 1999/31/EC – proposta COM(2015) 594.
[64] McKinsey&Company, Report settembre 2015, Europe’s circular-economy opportunity. Cfr. anche il comunicato stampa del Parlamento europeo del dicembre 2014 in materia di economia circolare.
[67] Adottato con il D.M. 7 ottobre 2013 e rivisto, da ultimo, con la relazione Doc. CCXXIV, n. 2