Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: LIV Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari dell'Unione dei Parlamenti dell'Unione europea (COSAC) Lussemburgo, 29 novembre ' 1° dicembre 2015
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 49
Data: 27/11/2015
Descrittori:
PARLAMENTO   UNIONE EUROPEA
Nota: Questo dossier contiene materiale protetto dalla legge sul diritto d'autore, pertanto la versione html è parziale. La versione integrale in formato pdf può essere consultata solo dalle postazioni della rete Intranet della Camera dei deputati (ad es. presso la Biblioteca)


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

riunioni interparlamentari

 

 

 

 

 

LIV Conferenza degli organi parlamentari specializzati negli affari dell'Unione dei Parlamenti dell'Unione europea (COSAC)

 

Lussemburgo, 29 novembre – 1° dicembre 2015

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 49

 

27 novembre 2015


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

________________________________________________________________

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 


I N D I C E

 

Programma della Riunione

Abstract del 24° Rapporto Semestrale Cosac

Schede di lettura   1

Sessione I - Agenda europea in materia di migrazione   3

·         Premessa  3

·         Politica di asilo comune e politica di migrazione regolare  5

·         Contrasto alla migrazione irregolare e sicurezza delle frontiere esterne  16

·         Sicurezza delle frontiere esterne  23

Sessione informale - Proposte del Regno Unito per la riforma dell’UE   35

Sessione II - Il mercato unico digitale   39

·         Il monitoraggio dell’Agenda digitale  39

·         La situazione italiana  40

·         L'Agenda Digitale Italiana e lo sviluppo della banda ultralarga  42

·         Contenuti della Strategia per il mercato unico digitale in Europa  43

Sessione III - Allargamento dell’Unione europea   45

·         Il Pacchetto allargamento della Commissione europea  45

·         Assistenza finanziaria  50

·         La procedure per l’adesione di nuovi Stati all’UE   51

Documenti 53

·         Draft conclusions of the LIV COSAC   57

·         Draft contribution of the LIV COSAC   59

Biografie   65

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Schede di lettura



 

Sessione I - Agenda europea in materia di migrazione

Premessa

Il fenomeno dei crescenti flussi migratori verso l’Unione europea sta assumendo dimensioni finora mai registrate. Secondo i dati Frontex, solo nei primi nove mesi del 2015, 700 mila persone hanno irregolarmente attraversato le frontiere dell’UE. Si tratta di persone costrette alla fuga da regioni ove persistono condizioni di instabilità politica, conflitti (spesso di natura civile), miseria e cambiamenti climatici.

L’impressionante flusso di migranti ha indotto le Istituzioni europee ad affrontare il problema con misure straordinarie, considerato, tra l’altro, che molte di queste persone hanno diritto al riconoscimento di una qualche forma di protezione internazionale, diritto garantito dai principi nei Trattati costitutivi dell’UE e dalla normativa europea in materia di asilo.

In particolare, nel maggio 2015 la Commissione europea ha presentato un’Agenda europea sulla migrazione che include una serie di misure a breve, medio e lungo termine, volte ad affrontare le sfide attinenti alla migrazione. L’agenda segna un approccio olistico alla materia, che secondo la Commissione deve essere affrontata da una pluralità di punti di vista.

Si tratta in sostanza di fondare una politica migratoria e dell’asilo sui principi di solidarietà e responsabilità: solidarietà da parte di tutti gli Stati membri, che dovrebbero intervenire in soccorso dei Paesi dell’Unione europea più esposti ai flussi migratori mediante la condivisione dei relativi oneri; responsabilità da parte degli Stati in prima linea rispetto ai lussi, e che in tal senso hanno l’obbligo di rispettare le norme europee in materia di immigrazione, asilo, e di gestione delle frontiere esterne dell’UE.

È sulla base di tali principi che l’Unione europea ha proposto (misura senza precedenti) sistemi di ricollocazione dei richiedenti asilo, ovvero di redistribuzione di questi ultimi tra tutti gli Stati membri al fine di alleggerire il peso dei rifugiati sugli Stati membri più esposti.

Si tratta di meccanismi che per ora interessano 160 mila richiedenti asilo in evidente stato di bisogno di protezione, e che operano a favore di Italia, Grecia e di eventuali altri Stati membri che in futuro dovessero confrontarsi con ingenti flussi di rifugiati.

Contestualmente ai meccanismi di ricollocamento la Commissione europea ha altresì previsto l’istituzione, nei Paesi i cui sistemi di asilo e di accoglienza sono più gravati (per ora Italia e Grecia), dei cosiddetti hotspots (punti di crisi) ovvero centri di identificazione, registrazione e smistamento dei richiedenti asilo.

Tali centri sono supportati dal sostegno di funzionari degli altri Stati membri e delle Agenzie europee più coinvolte (Frontex, EASO- Ufficio europeo per l’asilo e Europol); si tratta di un modulo organizzativo volto a individuare rapidamente le persone effettivamente bisognose di protezione internazionale nonché a provvedere invece al rapido rimpatrio dei migranti irregolari non aventi diritto all’asilo.

Nonostante la rapida approvazione a livello UE dei citati meccanismi di relocation, allo stato attuale gli Stati membri non stanno provvedendo all’integrale applicazione di tali misure, considerato che solo poche centinaia di profughi sono state effettivamente redistribuite e che solo un limitato numero di Stati membri si è di fatto reso disponibile ad accogliere i richiedenti asilo.

La Commissione europea ha ribadito l’impegno dell’Unione europea ad assistere gli Stati membri che in prima battuta fronteggiano i flussi migratori presentando una proposta volta all’istituzione di un meccanismo permanente di ricollocamento dei richiedenti asilo per quote obbligatorie. Tale meccanismo, a differenza dei precedenti, ha natura stabile e non temporanea e potrà intervenire ogni qualvolta uno Stato membro si trovi ad affrontare un flusso imprevedibile di richiedenti asilo.

Il principio di solidarietà richiamato si è inoltre tradotto nella proposta presentata dalla Commissione europea di reinsediare negli Stati membri 20 mila profughi individuati dall’UNHCR nei campi attualmente organizzati in Stati terzi. Gli Stati membri hanno offerto una disponibilità superiore a quanto richiesto dalla Commissione mettendo a disposizione circa 22 mila posti per i rifugiati.

Tale misura dovrebbe alleviare il peso dei profughi su alcuni Stati terzi come Turchia, Giordania e Libano, che stanno registrando un vertiginoso aumento di profughi, in particolare provenienti dalla Siria, Paese fortemente destabilizzato e da tempo scenario di una guerra civile di cui realisticamente non si intravede ancora il termine.

Si pensi alla sola Turchia, che nell’ultimo anno ha accolto 2 milioni di profughi siriani. È in tale contesto che la Commissione europea ha stipulato preliminarmente un accordo UE - Turchia per sostenere tale Paese nella gestione dei profughi nonché per cooperare con lo stesso al fine di rallentare i flussi di migranti verso l’Europa attraverso la rotta del Mediterraneo orientale e dei Balcani occidentali. Tra le misure dell’accordo, di particolare rilievo il contributo dell’Unione europea alla Turchia di circa tre miliardi di euro volto a migliorare l’accoglienza dei profughi e la cooperazione diretta a frenare i flussi migratori verso l’Europa.

Il flusso senza precedenti di richiedenti protezione internazionale in Europa ha indotto le Istituzioni europee e molti Stati membri a ragionare sulla idoneità del regolamento cosiddetto Dublino, in materia di competenza degli Stati membri a trattare le domande di asilo; a tal proposito la Commissione ha annunciato l’intenzione di presentare nel marzo del 2016 una proposta di riforma del sistema Dublino. Appare opportuno che in tale processo di revisione siano coinvolte le Agenzie europee che più da vicino hanno a che fare con la questione dei miranti e dei richiedenti asilo: Frontex, l’Ufficio europea per l’asilo (EASO) e l’Agenzia peri diritti fondamentali (FRA).

L’Unione europea ha inoltre avviato una serie di iniziative volte a smantellare la rete dei trafficanti di persone e la tratta degli esseri umani .

In primo luogo è stata istituita la missione EUNAVFOR MED (poi ribattezzata operazione EUNAVFOR MED Sophia) con lo scopo di intercettare, sequestrare, dirottare, e mettere fuori uso le imbarcazioni usate dalle reti criminali per il traffico dei migranti provenienti in particolare dalla Libia verso l’Unione europea.

La Commissione europea ha inoltre presentato un Piano d’azione in 2015-2020 contro i trafficanti di migranti. Le misure inserite in tale piano sono dirette a potenziare le indagini e il perseguimento delle reti criminali di trafficanti, contribuire a smantellarle, consegnare i colpevoli alla giustizia e sequestrarne i beni.

L’Unione europea ha altresì preso alcune iniziative nel settore dei rapporti internazionali volte a cooperare con gli Stati terzi al fine di affrontare le cause profonde della migrazione e rallentare in tal modo i flussi migratori. Oltre al richiamato piano di azione con la Turchia devono ricordarsi l’iniziativa di politica estera che ha coinvolto gli Stati membri e i Paesi extra europei interessati alla rotta dei Balcani occidentali, nonché il Vertice di La Valletta con i Paesi africani interessati.

Si tratta soprattutto di potenziare le politiche volte a stabilizzare i Paesi dai quali i migranti fuggono, nonché quelle nel settore cosiddetto della cooperazione allo sviluppo in modo da offrire ai migranti una alternativa dal punto di vista socioeconomico alla fuga attraverso migliori condizioni di vita nei paesi di origine e di transito.

Politica di asilo comune e politica di migrazione regolare

L’asilo nelle disposizioni del Trattato

L’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispone che l’Unione europea sviluppi una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento, e Detta politica deve essere conforme alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status di rifugiati e agli altri trattati pertinenti. A tal fine, il Parlamento. e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:

·         uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l'Unione;

·     uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell'asilo europeo, necessitano di protezione internazionale;

·     un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio;

·     procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria;

·     criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria;

·     norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria;

·     il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea.

Il paragrafo 3 dell’articolo 78 prevede inoltre che qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo.

L’articolo 79 del citato Trattato dispone, tra l’altro, che l'Unione sviluppi una politica comune dell'immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori e l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri.

A tal fine, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure, tra l’altro nei seguenti settori:

·     condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare;

·     definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri.

Secondo il medesimo articolo del Trattato Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire misure volte a incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri al fine di favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nel loro territorio, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

Tale complesso di disposizioni infine non incide sul diritto degli Stati membri di determinare il volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi, provenienti da paesi terzi, allo scopo di cercarvi un lavoro dipendente o autonomo.

Infine l’articolo articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispone che le politiche dell'Unione in materia di migrazione ed asilo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario; ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in tale settore contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale principio.

Il sistema comune europeo di asilo – CEAS

Il diritto all’asilo, concesso a persone in fuga da persecuzioni o minacce di gravi danni nel loro Paese, quindi bisognose di protezione internazionale, è un principio inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; la concessione della protezione, ove riconosciuti i presupposti, è un obbligo internazionalmente riconosciuto, in primo luogo grazie alla Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati . Trattandosi l’Unione europea di una superficie (per lo più) caratterizzata da frontiere aperte e dalla libertà di movimento, gli Stati membri devono condividere gli stessi valori fondamentali dunque disporre anche di un approccio comune per garantire elevati standard di protezione per i rifugiati.

Nel giugno 2013 le Istituzioni europee hanno definitivamente approvato il pacchetto di proposte relativo al cosiddetto nuovo Sistema comune europeo di asilo – CEAS. Si tratta in particolare:

·     della nuova direttiva “procedure” (2013/32/UE): procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale;

·     della nuova direttiva “accoglienza” (2013/33/UE): norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.

·     del nuovo regolamento (604/2013) circa i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale) (sistema cosiddetto Dublino);

·     del nuovo regolamento sul sistema Eurodac (603/2013): sistema di confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del nuovo regolamento Dublino, e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto.

Appartiene a tale Sistema anche la direttiva “qualifiche” (2011/95/UE): norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (rifusione) approvata il 13 dicembre 2011

Procedure di asilo comune (nuova direttiva “procedure”)

Rispetto al regime precedente le nuove regole applicano scadenze comuni per la gestione delle domande di asilo (un termine generale di sei mesi, derogabile in un numero limitato di casi); sono altresì previste norme più rigorose in materia di formazione del personale che si occupa dei richiedenti (in particolare, del personale dell’autorità competente per l’esame delle domande), nonché nuove disposizioni per le esigenze particolari dei minori non accompagnati e di altre persone vulnerabili.

Condizioni minime di accoglienza (nuova direttiva “accoglienza”)

Tra i principali miglioramenti alla direttiva del 2003 sull'accoglienza, figurano le disposizioni relative a detenzione e condizioni di vita dignitose, a una valutazione medica e psicologica tempestiva delle esigenze dei richiedenti asilo e a un accesso più rapido al mercato del lavoro (nove mesi dopo la presentazione di una domanda d'asilo). In linea generale, se i richiedenti asilo sono detenuti, dovranno essere ospitati in appositi centri di detenzione.

Criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo (nuovo regolamento sistema Dublino)

Il regolamento di Dublino stabilisce quale paese sia responsabile dell'esame di una domanda di asilo (di solito quello attraverso il quale il richiedente asilo è entrato nell'UE). Secondo le nuove regole, i richiedenti asilo non potranno essere trasferiti verso Paesi dell'Unione europea in cui sussista il rischio di trattamenti inumani o degradanti. È previsto inoltre un meccanismo di allarme rapido per far fronte ai problemi nei sistemi nazionali d'asilo prima che si trasformino in crisi.

In particolare, gli elementi chiave del nuovo regolamento sono:

·         l’introduzione di un meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi in caso di rischio di speciale pressione sul sistema di asilo di un Paese e/o in caso di problemi nel funzionamento dello stesso;

·         una serie di disposizioni in materia di protezione dei richiedenti, come il colloquio obbligatorio, garanzie per i minori (una descrizione dettagliata dei fattori che dovrebbero essere alla base della valutazione nell'interesse di un minore), compresa la possibilità di una loro riunificazione con i parenti;

·         la possibilità di sospendere l'esecuzione della decisione di trasferimento, da uno Stato membro all’altro, in caso di ricorso e per tutto il tempo del relativo giudizio, e la garanzia del diritto di rimanere sul territorio in attesa della decisione di un tribunale sulla sospensione del trasferimento in attesa dell’appello.

·         l'obbligo di garantire l'assistenza legale gratuita su richiesta.

·         un unico motivo del fermo, in caso di rischio di fuga, e la rigorosa limitazione della durata della detenzione.

·         la possibilità per i richiedenti asilo, che in certi casi potrebbero essere considerati migranti irregolari (quindi rimpatriati ai sensi della direttiva rimpatri), di essere trattati nel quadro della procedura di Dublino offrendo a tali persone maggiore protezione rispetto alla direttiva sul rimpatri.

·         l'obbligo di garantire il diritto di ricorso contro la decisione di trasferimento.

·         norme più chiare per quanto riguarda le procedure Dublino tra gli Stati membri ad esempio in materia di termini: l'intera procedura di Dublino non può durare più di 11 mesi per la presa in carico di una persona, o 9 mesi per la ripresa in carico (escluso il caso di fuga o di imprigionamento della persona interessata).

Merita rilevare che la Commissione europea ha recentemente a più riprese annunciato l’intenzione di riesaminare il regolamento Dublino considerato inadeguato rispetto alla crisi dei rifugiati verificatasi in alcuni Stati membri per lo straordinario flusso di migranti

Nuovo regolamento sistema Eurodac

Il Sistema Eurodac permette alle autorità nazionali di verificare, tramite una banca dati delle impronte digitali, se una domanda di protezione internazionale è già stata presentata in un altro Paese membro o se il richiedente e' entrato illegalmente nell'Ue in passato. Il nuovo regolamento mira a semplificare le procedure esistenti e a permettere agli Stati membri di determinare in modo rapido lo Stato membro responsabile dell'esame di una domanda d'asilo. La nuova disciplina, d’altra parte, consente (in casi determinati e a condizioni limitate) anche la consultazione della banca dati a fini di prevenzione e per indagare su reati di terrorismo; il Parlamento europeo ha introdotto disposizioni più rigorose di protezione dei dati e nuove garanzie per assicurare che i dati non siano utilizzati per altri fini.

Documenti all’esame delle Istituzioni europee

Il 24 giugno 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica del regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. regolamento “Dublino) per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro.

Alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea C-648/11, la Commissione propone di chiarire qual è lo Stato membro competente per l'esame di una domanda presentata da un minore non accompagnato.

La modifica proposta contempla due possibili casi:

·         quella del minore che non ha familiari, fratelli o parenti nel territorio dell'UE e che ha presentato più domande, tra cui una nello Stato membro in cui si trova attualmente. In tal caso, lo Stato membro competente è quello in cui il minore ha presentato una domanda e si trova attualmente. Questa norma mira a garantire che la procedura per determinare lo Stato membro competente non sia prolungata inutilmente e che i minori non accompagnati accedano rapidamente alle procedure volte al riconoscimento dello status di protezione internazionale;

·         il caso in cui il minore che chiede protezione internazionale si trova in uno Stato membro in cui non ha presentato domanda. La proposta prevede che lo Stato membro garantisca al minore la possibilità di presentare domanda nel suo territorio, dopo averlo informato di tale diritto e delle relative conseguenze. In tal caso:

-        se decide di presentare domanda in quello Stato membro, il minore resterà in tale Stato membro, che sarà competente per l'esame della domanda (a condizione che ciò corrisponda all'interesse superiore del minore);

-        se il minore decide di non presentare domanda nello Stato membro in cui si trova, sarà competente lo Stato membro in cui il minore ha presentato l'ultima domanda (a meno che ciò sia in contrasto con l'interesse superiore del minore).

La proposta è tuttora all’esame del Consiglio dell’UE e del Parlamento europeo secondo la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione).

Recenti misure di emergenza per affrontare la crisi dei rifugiati

Nel 2015 l’enorme flusso di richiedenti asilo presso alcuni Stati membri ha indotto le Istituzioni europee a prendere misure straordinarie volte ad alleggerire il carico di richiedenti asilo a favore di alcuni Stati membri nonché a far rispettare gli obblighi a carico degli stessi derivanti dal sistema comune europeo di asilo.

Secondo l’EASO, l’Ufficio europeo per l’asilo, nell’Unione europea nei primi nove mesi del 2015 sono state presentate 892 mila domande di asilo; si tratta di un volume di richieste che ha già superato il dato complessivo del 2014 (650 mila). L’EASO ha anche rilevato che le domande di asilo presentate nell’UE entro la fine di ottobre dovrebbero essere circa un milione.

Di seguito una rassegna delle più importanti decisioni in materia di asilo:

·          il 13 maggio 2015 la Commissione europea presentava l'Agenda europea sulla migrazione;

·         il 27 maggio 2015 la Commissione europea presentava un primo pacchetto di misure attuative dell'Agenda europea sulla migrazione. Si prevedeva anzitutto la ricollocazione, in due anni, dall’Italia e dalla Grecia agli altri Stati membri di 40 mila richiedenti asilo in evidente stato di bisogno di protezione internazionale.

 

La cifra di 40 mila persone corrisponde all’incirca al 40% del totale di richiedenti con evidente bisogno di protezione internazionale entrati irregolarmente nei due paesi nel 2014.

La Commissione prevedeva altresì il sostegno, da parte delle Agenzie europee (in particolare di EASO e Frontex) e di funzionari degli altri Stati membri, all’Italia e alla Grecia per l’effettuazione delle operazioni di registrazione, identificazione e rilevamento delle impronte digitali dei richiedenti asilo (hotspots). Contestualmente, Grecia e Italia erano chiamate a definire una roadmap relativa alle medesime operazioni. In caso di mancato adempimento di tali obblighi, era prevista la sanzione della sospensione dal programma di ricollocazione.

Nel pacchetto si prevedeva anche il reinsediamento negli Stati membri di 20 mila persone individuate dall’UNHCR tra soggetti in evidente stato di bisogno di protezione internazionale ospitati temporaneamente nelle zone di crisi (nei campi profughi di Stati terzi come Libano e Turchia);

·         il 20 luglio 2015 il Consiglio si accordava sul reinsediamento di 22.504 sfollati (più di quanti previsti dalla Commissione europea) in evidente bisogno di protezione internazionale provenienti da paesi extra-UE;

·         il 9 settembre 2015 la Commissione europea presentava un secondo pacchetto di attuazione dell’Agenda europea sulla migrazione recante, in particolare, un piano di ricollocazione di ulteriori 120 mila richiedenti asilo da Grecia, Italia e Ungheria agli altri Stati membri. Secondo la proposta, sarebbero stati ricollocati 15.600 richiedenti asilo dall’Italia, 50.400 dalla Grecia e 54.000 dall’Ungheria (quest’ultimo Stato esposto a particolare pressione migratoria lungo la rotta dei Balcani occidentali). La proposta prevedeva, inoltre, l’assegnazione agli Stati membri destinatari del ricollocamento di 6 mila euro per richiedente asilo accolto, nonché di 500 euro agli Stati beneficiari per persona ricollocata per gli oneri relativi al trasferimento. La Commissione prevedeva inoltre la sanzione fino allo 0,002 per cento del PIL nazionale nei confronti degli Stati membri che si dichiarassero, per giustificati motivi, nell’impossibilità di ricevere richiedenti asilo. La Commissione europea presentava altresì una proposta di regolamento volta ad istituire un meccanismo permanente di ricollocazione in deroga al regolamento Dublino (che in linea di principio prevede che sia il Paese di primo approdo lo Stato membro competente a trattare la domanda di asilo) da attivarsi in tutti i casi in cui uno Stato membro si trovi ad affrontare situazioni di crisi per quanto riguarda la gestione di ingenti flussi migratori e di uno straordinario numero di richieste di asilo. La Commissione presentava altresì una proposta di regolamento istitutiva di una lista europea di Paesi terzi definiti sicuri in quanto rispettano determinati standard in materia di rispetto di diritti umani: ai richiedenti asilo appartenenti ad uno Stato incluso in tale lista dovrebbe essere rifiutato dagli Stati membri lo status di protezione internazionale. La Commissione europea presentava infine un Piano d’azione dell’UE sul rimpatrio. Il piano d'azione contiene misure immediate e a medio termine che gli Stati membri devono adottare per favorire il rimpatrio volontario, rafforzare l'attuazione della direttiva rimpatri, migliorare la condivisione delle informazioni; il piano prevede anche il rafforzamento del ruolo e del mandato di Frontex nelle operazioni di rimpatrio e crea un regime integrato di gestione dei rimpatri.

·         il 14 settembre 2015 (previo parere positivo del Parlamento europeo) il Consiglio giustizia e affari interni adottava la decisione recante il citato primo meccanismo di ricollocazione di 40 mila richiedenti asilo . In tale occasione il Consiglio trovava l’accordo sulla ricollocazione di 24 mila persone dall’Italia e di 16 mila dalla Grecia;

·         il 22 settembre 2015 (previo parere positivo del Parlamento europeo) il Consiglio giustizia e affari interni straordinario adottava una decisione recante il secondo meccanismo citato di ricollocazione (120 mila persone): in base alla decisione, 66.000 persone venivano ricollocate dall'Italia e dalla Grecia (15.600 dall'Italia e 50.400 dalla Grecia) negli altri Stati membri. Rispetto alla proposta originaria della Commissione europea, dal novero degli Stati membri beneficiari della ricollocazione veniva esclusa l’Ungheria in quanto contraria al meccanismo (la decisione veniva adottata a maggioranza qualificata e non per consenso). Conseguentemente le restanti 54.000 persone saranno soggette al ricollocamento dopo un anno dall'Italia e dalla Grecia oppure da altri Stati membri che si trovino ad affrontare situazioni di crisi per i propri sistemi di asilo e di accoglienza. Il Consiglio non ha invece accolto la proposta di sanzione economica sopracitata per gli Stati che abbiano dichiarato di non poter partecipare al programma di ricollocamento: uno Stato membro può notificare al Consiglio e alla Commissione la propria incapacità temporanea a partecipare al meccanismo di ricollocazione fino al 30% dei richiedenti ad esso assegnati per motivi debitamente giustificati e compatibili con i valori fondamentali dell'Unione; la Commissione valuta i motivi addotti e presenta proposte al Consiglio in merito alla temporanea sospensione della ricollocazione fino al 30% dei richiedenti assegnati allo Stato membro interessato e giustificato, la Commissione può proporre di prorogare il termine per ricollocare richiedenti nella quota restante fino a 12 mesi. Su tali proposte entro un mese decide il Consiglio;

·         il 23 settembre 2015 la Commissione europea presentava una comunicazione recante una serie di azioni prioritarie per i prossimi sei mesi. In particolare venivano indicate le seguenti misure operative: il pieno avvio del meccanismo di ricollocazione e delle squadre di sostegno per la gestione della migrazione in azione presso i punti di crisi (hotspot); l’attivazione del meccanismo di protezione civile e di squadre Frontex di intervento rapido; la normalizzazione dello Spazio Schengen e l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne (temporaneamente reintrodotti da alcuni Stati membri); il rafforzamento dell’offensiva diplomatica e l’intensificazione della cooperazione con i paesi terzi per quanto riguarda i temi della migrazione. La Commissione europea presentava inoltre una serie di iniziative finanziarie.

Si tratta in particolare della proposta di aumentare: i finanziamenti per: gli aiuti alimentari tramite il Programma alimentare mondiale; gli aiuti umanitari; il sostegno per i rifugiati siriani aumentando il fondo fiduciario regionale dell’UE in risposta alla crisi siriana; la collaborazione con i Paesi di vicinato diretto, con particolare riferimento ad un miliardo a favore della Turchia e 17 milioni per Serbia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia per la gestione della pressione migratoria; l’istituzione di un fondo fiduciario di emergenza per aiutare l’Africa.

Nella Comunicazione la Commissione europea ha inoltre sottolineato l’esigenza di attuare pienamente la legislazione europea in materia di asilo. Inoltre la Commissione ha preannunciato di voler presentare a dicembre 2015 proposte volte a rafforzare Frontex e ad istituire una guardia di frontiera e di una guardia costiera europee. Infine, secondo la Comunicazione, nel marzo del 2016 la Commissione europea dovrebbe presentare: una proposta su un meccanismo permanente di reinsediamento; una riforma del sistema Dublino; un pacchetto sulla migrazione legale comprendente la direttiva sulla Carta blu.

·         l’8-9 ottobre 2015, il Consiglio giustizia e affari interni, tra l’altro, approvava un finanziamento aggiuntivo mediante bilancio rettificativo del budget per fare fronte alla crisi dei rifugiati. Tale bilancio rettificativo (n. 7 del 2015) rafforza il sostegno UE all’attuazione dell’Agenda europea sulla migrazione mediante 401,3 milioni di euro in impegno e 57 milioni in pagamenti. Nella stessa occasione il Consiglio approvava conclusioni circa il futuro della politica di rimpatrio.

·         Il 15-16 ottobre il Consiglio europeo ha stabilito una serie di orientamenti nei seguenti settori: cooperazione con i paesi terzi per contenere i flussi; rafforzamento della protezione delle frontiere esterne dell’Ue sulla base dell’acquis di Schengen; risposta all’afflusso di rifugiati in Europa e politica efficace di rimpatri.

La politica sulla migrazione regolare

Premessa

Secondo i dati in possesso della Commissione europea:

·         al 1° gennaio 2012, i cittadini non-UE legalmente residenti nell'UE sono 20,7 milioni (4,1% del totale della popolazione);

La migrazione regolare nei Trattati

L’articolo 79 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede tra l’altro che l’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare in ogni fase la gestione efficace dei flussi migratori e l’equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri. Inoltre il medesimo articolo prevede che le istituzioni legislative dell’Unione europea legiferino, tra l’altro, nei seguenti settori:

·         condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare;

·         definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri

Principale legislazione UE in materia di immigrazione regolare

Le misure dell’Unione europea in materia di immigrazione legale riguardano le condizioni di ingresso e soggiorno per determinate categorie di immigrati.

Il quadro normativo include principalmente:

Tale disciplina mira a garantire a lavoratori altamente qualificati (ove sussistano determinate condizioni: tra l’altro, un contratto/offerta di lavoro vincolante che preveda la remunerazione oltre una certa soglia; il rispetto dei requisiti nazionali per le professioni regolamentate/l’attestazione di qualifica professionale superiore per quelle non regolamentate; l’assicurazione sanitaria completa; nessuna minaccia alla pubblica sicurezza), tra l’altro: procedure semplificate di ammissione, mobilità intra - UE facilitata, uguaglianza di trattamento.

·         le direttive 2005/71/CE e 2004/114/CE, concernenti rispettivamente l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca, nonché quella dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato.

Al riguardo, si ricorda che è all’esame delle Istituzioni europee una proposta di direttiva COM (2013)151 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio scolastico, tirocinio (remunerato e non), attività di volontariato e alla pari. Si tratta di una proposta di refusione delle direttive sopracitate che pertanto, in caso di approvazione, risulteranno modificate e sostituite. La Commissione mira, in particolare, ad ottimizzare alcuni aspetti delle procedure burocratiche vigenti negli Stati membri per quanto riguarda le richieste di soggiorno inoltrate dalle categorie indicate, con l’obiettivo di attrarre talenti nello studio e nella ricerca da Paesi terzi. Le nuove norme prevedono, tra l’altro: la fissazione di un tempo limite di 60 giorni entro il quale le autorità degli Stati sono obbligate a dare risposta nei confronti della richiesta di visto o di permesso di soggiorno; maggiore flessibilità per quanto riguarda gli spostamenti interni, con specifico riferimento agli studenti e ricercatori coinvolti in programmi congiunti; una serie limitata di diritti alla mobilità anche per i familiari dei ricercatori; la possibilità per gli studenti di lavorare per un minimo di 20 ore settimanali; la facoltà - In determinate circostanze – per ricercatori e studenti di rimanere sul territorio anche nei 12 mesi successivi al completamento degli studi o della ricerca, senza che ciò comporti automaticamente un diritto al lavoro (il rilascio del permesso di lavoro rimarrebbe comunque di competenza nazionale); una tutela generale per persone alla pari, studenti del ciclo secondario e tirocinanti remunerati (categorie, allo stato, non contemplate dal diritto UE vigente). 

Tale disciplina prevede, tra l’altro, disposizioni in materia di condizioni di lavoro (retribuzione, licenziamento, salute e sicurezza); regola inoltre aspetti relativi alla libertà di associazione e affiliazione sindacale, all’istruzione/vocazione professionale, al riconoscimento dei diplomi.

Tale disciplina è intesa a stabilire norme comuni dirette a consentire ai familiari dei cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio dell’Unione europea (UE) di raggiungerli nello Stato membro dove risiedono;

La direttiva prevede una procedura comune d'ingresso semplificata, oltre a norme comuni su condizioni lavorative e diritti (ivi comprese disposizioni atte a garantire un alloggio adeguato) e un meccanismo di sanzioni e ispezioni per evitare lo sfruttamento di tali lavoratori.

La disciplina riguarda le necessità di sostituzioni temporanee di personale nelle multinazionali (managers, specialisti), prevedendo al tal fine procedure rapide d’ingresso (trenta giorni), condizioni di soggiorno attrattive per la famiglia dei lavoratori interessati e un sistema di mobilità intra Ue facilitato.

 

Contrasto alla migrazione irregolare e sicurezza delle frontiere esterne

Contrasto alla migrazione irregolare

L’immigrazione irregolare nei Trattati

Ai sensi dell’articolo 79 del Trattato sull’Unione europea, quest’ultima sviluppa tra l’altro una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare in ogni fase la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani.

In particolare le istituzioni legislative europee possono adottare misure nel settore dell’immigrazione clandestina e del soggiorno irregolare, compresi l’allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare, nonché della lotta contro la tratta degli esseri umani in particolare di donne e minori.

La direttiva rimpatri

La direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio prevede norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Secondo la direttiva un paese dell'UE deve emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino non comunitario il cui soggiorno nel suo territorio sia irregolare. Se il cittadino non comunitario è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un’autorizzazione equivalente rilasciati da un altro paese dell'UE deve recarsi immediatamente nel territorio di quest’ultimo. È inoltre previsto che la decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, per il cittadino non comunitario il cui soggiorno è irregolare. I paesi dell'UE possono prevedere che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino interessato. In particolari circostanze, il periodo per la partenza volontaria può essere prorogato. Per la durata di tale periodo i paesi dell'UE possono inoltre imporre obblighi al cittadino non comunitario, diretti a evitare il rischio di fuga. Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, i paesi dell'UE possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni.

Le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto di ingresso qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria o il cittadino non abbia ottemperato all’obbligo di rimpatrio. La durata del divieto di ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i 5 anni, a meno che il cittadino non costituisca una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.

In casi specifici, e quando misure meno coercitive risultano insufficienti, i paesi dell'UE possono trattenere il cittadino non comunitario sottoposto a procedure di rimpatrio quando sussiste un rischio di fuga o il cittadino evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento.

La direttiva stabilisce infine delle garanzie per proteggere i diritti dei rimpatriati e provvede affinché il rimpatrio sia condotto in maniera umana e ragionevole.

Piano di azione dell’UE sul rimpatrio

Secondo la Commissione europea nel 2014 meno del 40 per cento degli immigrati irregolari a cui era stato ingiunto di lasciare l’UE sono effettivamente partiti.

La Commissione europea ritiene che il rimpatrio sistematico è uno dei modi più efficaci per ridurre l’immigrazione irregolare costituendo da disincentivo alle partenze dai Paesi extra UE.

Si ricorda che il Fondo asilo, migrazione e integrazione AMIF sostiene le attività di rimpatrio degli Stati membri con 800 milioni di euro da destinare al rimpatrio nei programmi nazionali per il periodo 2014-2020.

Il 9 settembre 2015, su invito del Consiglio europeo che aveva chiesto la presentazione di un programma europeo sul rimpatrio, la Commissione europea ha presentato un piano d’azione dell’UE sul rimpatrio che contiene misure a breve e a medio termine volte a rendere più efficace il sistema dell'UE per rimpatriare i migranti irregolari.

Una prima serie di azioni mirano a facilitare i rimpatri volontari, considerati dalla Commissione europea come l’opzione preferita di rimpatrio. Si tratta in particolare di finanziare programmi di rimpatrio volontario tramite risorse provenienti dal Fondo AMIF, nonché di promuovere le migliori prassi per i programmi di rimpatrio volontario e reintegrazione tramite la Rete europea sulle migrazioni. Il Piano prevede poi misure tese a rafforzare l’esecuzione delle norme in materia di rimpatri, segnatamente la direttiva cosiddetta rimpatri.

In tale ambito secondo la comunicazione, per adempiere all’obbligo di eseguire i rimpatri, gli Stati membri dovrebbero ricorrere al trattenimento come misura legittima in ultima istanza nonché esplorare nuove misure alternative al trattenimento e ricorrere se del caso a misure meno coercitive quali la sorveglianza elettronica dei migranti irregolari o l’uso di strutture parzialmente chiuse.

La Commissione europea intende inoltre avviare procedure d’infrazione nei confronti degli Stati membri che non rispettano pienamente tutte le disposizioni della direttiva rimpatri compreso l’obbligo di emettere ed eseguire le decisioni di rimpatrio.

È inoltre in programma un’eventuale revisione della direttiva rimpatri basata sulla seconda relazione di attuazione (al più tardi nel 2017).

Il piano include altresì alcune misure volte al miglioramento della condivisione tra Stati membri di informazioni essenziali ai rimpatri come l’emissione di decisioni di divieto di ingresso e di rimpatrio, in particolare: tramite la registrazione di tali provvedimenti nel Sistema informativo Schengen; mediaste, la costituzione di una rete di punti di contatto nazionali per lo scambio di informazioni sulla revoca del permesso di soggiorno in particolare peri migranti con precedenti penali, nonché mediante l’estensione del campo di applicazione del regolamento Eurodac.

Il piano prevede inoltre proposte legislative volte al rafforzamento del mandato di Frontex nel settore del rimpatrio. A tal fine è previsto in particolare l’istituzione di un apposito ufficio rimpatri di Frontex, la creazione di squadre Frontex di intervento rapido per i rimpatri che seguendo il metodo basato sui punti di crisi possano offrire sostegno agli Stati membri per l’identificazione, la cooperazione consolare con i paesi terzi e l’organizzazione di operazioni di rimpatrio. La Commissione intende infine valutare l’opportunità di permettere all’Agenzia di avviare operazioni di rimpatrio che attualmente sono solo nella disponibilità degli Stati membri.

Nel piano si considera essenziale al fine di aumentare la percentuale di rimpatri (così scoraggiando ulteriormente la migrazione irregolare) il rafforzamento della cooperazione di rimpatrio e di riammissione con i principali paesi di origine e di transito.

Si tratta in particolare di far rispettare ai Paesi terzi l’obbligo internazionalmente riconosciuto (e anche previsto da taluni accordi internazionali come per esempio l’accordo di Cotonou) di riammettere i propri cittadini.

È previsto il rafforzamento delle politiche UE volte a far eseguire gli accordi di riammissione esistenti e a stringerne nuovi.

Gli accordi di riammissione regolano le modalità di rimpatrio ed eventualmente di reintegro dello straniero nel Paese terzo. Di norma implicano per ogni parte l’obbligo di riammissione nel proprio territorio senza formalità.

A livello UE sono stati stipulati accordi di riammissione con Hong Kong, Macao, Sri Lanka, Russia, Ucraina, Albania, Bosnia Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia, Moldova, Pakistan, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Turchia, e Capo Verde. Sono in corso negoziati con il Marocco, l’Algeria, la Cina, la Tunisia e la Bielorussia.

L’accordo di Cotonou è stato stipulato il 23 giugno 2000 con i Paesi dell’Africa, dei Caraibi, e del Pacifico (ACP), ed ha come obiettivi principali la riduzione e, in prospettiva, l'eliminazione della povertà in tale paesi e la progressiva integrazione degli stessi nell'economia mondiale, nel rispetto degli obiettivi dello sviluppo sostenibile

Nell’ambito dell’accordo è stato inserito un obbligo reciproco di riammissione dei rispettivi cittadini presenti illegalmente nel territorio della controparte.

Il vertice sulla migrazione di La Vallletta

Il Vertice sulla migrazione di La Valletta, che si è svolto l’11 e il 12 novembre 2015, ha riunito i Capi di Stato e di Governo europei e africani nello sforzo di rafforzare la cooperazione in materia di migrazione.

I leader che hanno partecipato al vertice hanno adottato una dichiarazione politica e un piano d'azione teso a:

·         affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e dello spostamento obbligato;

·         migliorare la cooperazione sulla migrazione legale e la mobilità;

·         rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo;

·         prevenire e combattere la migrazione irregolare, il traffico dei migranti e la tratta di esseri umani;

·          collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio, riammissione e reinserimento.

In esito al Vertice è stato inoltre lanciato un Fondo fiduciario d’emergenza dell’Unione europea per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa. Il Fondo ammonta ad 1,8 miliardi di euro ed è alimentato da risorse del bilancio UE nonché da contributi degli Stati membri e di altri donatori.

Tali risorse sono destinate principalmente ai Paesi interessati dalle rotte migratorie: gli Stati della regione del Sahel e del lago Ciad; ii Paesi del Corno d’Africa; gli Stati dell’Africa del nord.

Scopo del Fondo è, tra l’altro finanziare progetti diretti allo sviluppo socioeconomico, alla sicurezza alimentare, al miglioramento della governance e alla prevenzione dei conflitti in tali Paesi.

Infine, durante il Vertice particolare attenzione è stata dedicata ai rimpatri e agli accordi di riammissione dei cittadini dei paesi africani; a tal fine nella dichiarazione è stata accordata particolare preferenza ai rimpatri volontari, nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana

Piano d’azione contro il traffico di migranti

Il l 27 maggio 2015, in esecuzione di uno dei punti dell’Agenda europea sulla migrazione, la Commissione europea ha presentato un piano di azione contro il traffico di migranti (2015 – 2020). Le misure inserite in tale piano sono dirette a potenziare le indagini e il perseguimento delle reti criminali di trafficanti, contribuire a smantellarle, consegnare i colpevoli alla giustizia e sequestrarne i beni.

Il piano prevede, tra l’altro:

·         la presentazione nel 2016 di proposte volte a migliorare il quadro giuridico di contrasto al traffico dei migranti, in particolare laddove definisce il reato di facilitazione ad entrare e risiedere irregolarmente in Europa;

·         l'istituzione di un elenco delle navi sospette;

·         la collaborazione con fornitori di servizi Internet e social media al fine di assicurare che i contenuti Internet utilizzati dai trafficanti per pubblicizzare le loro attività siano rapidamente individuati e rimossi;

·         il sostegno alle indagini finanziarie attraverso una maggiore collaborazione con unità di informazione finanziaria, e con istituti finanziari quali banche, servizi internazionali di trasferimento di denaro ed emittenti di carte di credito;

·         l'intensificazione della cooperazione con i paesi terzi, per consentire il monitoraggio e la confisca dei proventi derivanti dal traffico di migranti, e per mettere in atto campagne di informazione e di prevenzione.

Contrasto alle reti criminali dei trafficanti

In esito al Consiglio affari esteri del 18 maggio 2015, si è stabilito di attivare una missione navale militare (EUNAVFOR MED) con base operativa a Roma, il cui raggio d’azione risiede nel Mediterraneo centro-meridionale.

La missione si articola in tre fasi successive:

a)    in una prima fase, sostiene l'individuazione e il monitoraggio delle reti di migrazione attraverso la raccolta d'informazioni e il pattugliamento in alto mare conformemente al diritto internazionale;

b)    in una seconda fase:

·         procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste dal diritto internazionale applicabile, in particolare UNCLOS e protocollo per combattere il traffico di migranti;

·         conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, procede a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti, in alto mare o nelle acque territoriali e interne di tale Stato, di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico e la tratta di esseri umani, alle condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso;

c)    in una terza fase, conformemente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite applicabili o al consenso dello Stato costiero interessato, adotta tutte le misure necessarie nei confronti di un'imbarcazione e relativi mezzi che sono sospettati di essere usati per il traffico e la tratta di esseri umani, anche mettendoli fuori uso o rendendoli inutilizzabili, nel territorio di tale Stato, alle condizioni previste da detta risoluzione o detto consenso.

Il 22 giugno 2015 è stata avviata la prima fase, cosiddetta di intelligence, volta a raccogliere le informazioni relative alle rotte e alle imbarcazioni utilizzate dai trafficanti di migranti. Successivamente il Consiglio dell’Unione europea affari generali del 14 settembre 2015 ha convenuto sulla sussistenza delle condizioni per il passaggio al primo passo della fase due concernente operazioni di fermo, ispezione, sequestro e dirottamento in alto mare delle imbarcazioni sospettate di essere utilizzate per il traffico dei migranti. Il 7 ottobre 2015 è sta avviata formalmente la fase due dell’operazione, ribattezzata EUNAVFOR MED Sophia; sono state altresì approvate le corrispondenti regole di ingaggio.

Il 9 ottobre 2015 Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione n.° 2240/2015/S, autorizzando gli Stati a porre in atto poteri eccezionali nei confronti di imbarcazioni sospettate di essere impegnate nel traffico di esseri umani e nella tratta di migranti clandestini in alto mare al largo delle coste libiche.

L'operazione navale dell'UE contro i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo potrà procedere, nel rispetto del diritto internazionale, a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in alto mare di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico o la tratta di esseri umani.

Cooperazione con i paesi terzi per contenere i flussi

Il 15 ottobre 2015 la Commissione europea e la Turchia hanno trovato un accordo preliminare su un piano d’azione comune nel quadro di un programma di cooperazione globale basato su condivisione di responsabilità, impegni reciproci e conseguimento di risultati.

Il Piano si articola in due sezioni: sostegno ai rifugiati e alle comunità che li ospitano in Turchia; rafforzamento della cooperazione al fine di prevenire i flussi migratori irregolari verso l’Unione europea.

Circa il sostegno UE alla Turchia nella gestione dei migranti, si ricorda che la Turchia attualmente sta accogliendo circa 2,2 milioni di profughi, provenienti in massima parte dalla Siria e dall’Afghanistan. In tale ambito dell’accordo spiccano le seguenti misure: la proposta di mobilitare un finanziamento straordinario da parte dell’UE a favore della Turchia (secondo fonti informali circa tre miliardi di euro) per il periodo 2015-2016, tra l’altro, per l’assistenza umanitaria, il supporto legale amministrativo e psicologico ai rifugiati e la creazione di nuovi campi profughi in Turchia. Tale sezione dell’accordo prevede, inoltre, che l’Unione europea supporti i programmi e gli schemi esistenti di reinsediamento in modo tale che il flusso dei rifugiati che si trovano in Turchia verso l’Unione europea si svolga in maniera ordinato.

La Turchia sarà, d’altra parte, tenuta a migliorare il proprio sistema di asilo ad esempio garantendo la registrazione dei profughi, la fornitura di adeguati documenti; è inoltre previsto che la Turchia avvii politiche volte a migliorare l’integrazione dei rifugiati nella società e nell’economia turca.

Circa la prevenzione dei flussi irregolari, il Piano reca tra l’altro: il rafforzamento da parte dell’UE della capacità di contrastare i trafficanti di migranti; la previsione di operazioni congiunte UE-Turchia di rimpatrio; lo scambio di informazioni con la Turchia per quanto riguarda le reti criminali del traffico di migranti; il miglioramento della capacità della Turchia di intercettare i trafficanti; la cooperazione delle autorità turche con quelle greche e bulgare per prevenire la migrazione irregolare.

Il 25 ottobre 2015 presso la Commissione europea si è tenuta una riunione sui flussi migratori che interessano la cosiddetta rotta dei Balcani occidentali. Alla riunione hanno partecipato, oltre al Presidente della Commissione europea Juncker, i leader di Albania, Austria, Bulgaria, Croazia, Macedonia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania, Serbia e Slovenia. In esito alla riunione i leader hanno convenuto un piano di azione in 17 punti che si articola nei seguenti settori: scambiare in modo permanente le informazioni; limitare i movimenti secondari; sostenere i rifugiati e fornire loro protezione e riparo; gestire collettivamente i flussi migratori; gestire le frontiere; affrontare il traffico dei migranti e la tratta degli esseri umani; informare i rifugiati e i migranti dei loro obblighi e diritti. Il piano prevede, tra l’altro:

·         la nomina entro 24 ore di punti nazionali di contatto che consentano scambi quotidiani di informazioni e il coordinamento tra i Paesi firmatari dell’accordo, al fine di ottenere un movimento graduale, controllato e ordinato di persone lungo il percorso dei Balcani occidentali e di monitorare l'attuazione del piano stesso;

·         aumentare la capacità di fornire protezione temporanea, cibo, salute, acqua e servizi igienici ai bisognosi di protezione internazionale, innescando se del caso il meccanismo di protezione civile dell'UE: è prevista inoltre la messa a disposizione di 100 mila posti per i rifugiati; in particolare la Grecia dovrà aumentare la capacità ricettiva di 30 mila posti entro la fine dell’anno e sostenere l’UNHCR per quanto riguarda l’impegno a fornire programmi per almeno altri 20 mila rifugiati nello Stato ellenico; secondo l’accordo inoltre l’UNHCR fornirà ulteriori 50 mila posti lungo la rotta dei Balcani occidentali;

Il Meccanismo Europeo di Protezione Civile è uno strumento dell’Unione Europea nato per rispondere tempestivamente ed in maniera efficace alle emergenze che si verificano su un territorio interno o esterno all’Unione, attraverso la condivisione delle risorse di tutti gli Stati membri. Fanno parte del Meccanismo Europeo di Protezione Civile i 28 Paesi membri dell’Unione Europea e i 3 Paesi appartenenti all’Area Economica Europea, Norvegia, Islanda e Liechtenstein. A partire dal 31 gennaio 2012 con la ratifica del Memorandum of Understanding, la Ex Repubblica Yugoslava di Macedonia (FYROM) è il 32° Stato partecipante al Meccanismo Europeo di Protezione Civile. Il meccanismo è stato recentemente attivato da Ungheria e Serbia (settembre 2015) e da Slovenia e Croazia (ottobre 2015) per la gestione dei massicci flussi migratori.

Per quanto riguarda la disponibilità di posti per i rifugiati lungo la rotta dei Balcani occidentali (l’accordo, come detto, prevede 50 mila posti da parte dei Paesi che si trovano lungo la citata rotta) secondo i comunicati della Commissione europea del 29 ottobre e 5 novembre 2015 hanno già offerto la propria disponibilità i seguenti Stati: Austria (5.000 posti), Serbia (6.000), Croazia (5.000) e Slovenia (2.000).

·         la piena capacità di registrare gli arrivi con il massimo utilizzo dei dati biometrici;

·         la finalizzazione e l’attuazione del Piano UE Turchia;

·         l’attuazione integrale dell’accordo di riammissione UE –Turchia e della roadmap in materia di liberalizzazione dei visti;

·         il potenziamento della missione Frontex Poseidon in Grecia;

·         il rafforzamento del sostegno di Frontex ai confini tra Bulgaria e Turchia;

·         il rafforzamento della cooperazione alle frontiere tra Grecia e Macedonia, con un maggior impegno dell’UNHCR;

·         l’invio in Slovenia di 400 ufficiali di polizia e di equipaggiamenti essenziali tramite il sostegno bilaterale;

·         l’uso della squadre di intervento rapido RABIT;

·         la conferma del principio per cui non si ammettono cittadini di Paesi terzi che non confermino la volontà di richiedere protezione internazionale.

Sicurezza delle frontiere esterne

Le frontiere nei Trattati

L’articolo 77 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che l’Unione sviluppi tra l’altro, una politica volta a garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell’attraversamento delle frontiere esterne e a instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne. Il Trattato attribuisce alle istituzioni legislative dell’Unione il potere di adottare misure secondo la procedura legislativa ordinaria per la realizzazione di tali obiettivi.

Lo Spazio Schengen

Premessa

Lo spazio Schengen rappresenta un territorio dove è garantita la libera circolazione delle persone; la realizzazione di tale spazio è avvenuta attraverso l’abolizione di tutte le frontiere interne e la loro sostituzione con un'unica frontiera esterna, nonché mediante l’applicazione di regole e procedure comuni in materia di visti, soggiorni brevi, richieste d'asilo e controlli alle frontiere. Contestualmente, associando al principio di libertà quello di sicurezza dello spazio Schengen, è stata potenziata la cooperazione e il coordinamento tra i servizi di polizia e le autorità giudiziarie.

Lo sviluppo e l’estensione della cooperazione

Nel corso degli anni Ottanta si è aperto un dibattito sul significato di libera circolazione delle persone. Per alcuni Stati membri, il concetto di libera circolazione doveva applicarsi esclusivamente ai cittadini europei (mantenendo dunque i controlli alle frontiere per distinguere i cittadini europei da quelli dei paesi terzi); per altri era auspicabile invece una libera circolazione per tutti, con la conseguente abolizione di detti controlli alle frontiere.

Il 14 giugno 1985 alcuni Stati europei (Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi), superando lo stallo determinato da tale diversità di vedute, hanno deciso di creare fra di essi un territorio senza frontiere, il cosiddetto «spazio Schengen» (città lussemburghese nella quale sono stati firmati i primi accordi). All’accordo di Schengen è quindi seguita la Convenzione di applicazione di Schengen, firmata il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore nel 1995 (la Convenzione contiene le modalità della soppressione del controllo delle persone); sono state altresì adottate norme comuni in materia di visti, diritto si asilo e controllo delle frontiere esterne.

Successivamente, in virtù del Trattato di Amsterdam, le decisioni adottate dal 1985 dai membri dello spazio Schengen e le relative strutture operative sono state integrate nell’Unione europea il 1° maggio 1999. In particolare, il Protocollo allegato al medesimo Trattato ha individuato in modo puntuale gli atti che costituiscono l’acquis di Schengen. I progressi compiuti dall’UE grazie a Schengen sono stati integrati nel trattato di Amsterdam mediante un protocollo addizionale. La cooperazione è stata pertanto rafforzata, come dimostra l’inserimento dello spazio Schengen nel quadro giuridico e istituzionale dell’UE, nel cui ambito beneficia di un controllo parlamentare e istituzionale.

In particolare oltre alla libera circolazione delle persone, che già figurava tra gli obiettivi dell’Atto unico europeo del 1986, si assicura un controllo parlamentare democratico e si dà ai cittadini, i cui diritti vengono contestati, la possibilità di adire le istituzioni giudiziarie competenti (Corte di giustizia e/o giurisdizioni nazionali, a seconda dei settori).

 

L’integrazione dell'acquis di Schengen nel quadro dell'UE

Il Consiglio dell’UE ha dovuto prendere un certo numero di decisioni per realizzare l’integrazione dell’acquis di Schengen nel quadro dell’Ue; anzitutto è subentrato, in conformità del trattato di Amsterdam, al comitato esecutivo istituito dagli accordi di Schengen. Inoltre, mediante la decisione 1999/307/CE del 1° maggio 1999, il Consiglio ha stabilito le modalità dell’integrazione del segretariato di Schengen, segnatamente le persone che lo componevano, nel segretariato generale del Consiglio. Successivamente, sono stati creati nuovi gruppi di lavoro per aiutare il Consiglio a gestire i lavori.

È stato infine necessario selezionare le misure che costituivano un vero e proprio acquis, ossia un insieme di atti da conservare ad ogni costo se si voleva proseguire la cooperazione. Con le decisioni 1999/435/CE e 1999/436/CE del 20 maggio 1999 è stato adottato l’elenco degli elementi che compongono l’acquis definendo, per ciascuno di essi, la base giuridica corrispondente nei trattati europei (trattato CE o trattato sull'UE). Da allora la legislazione di Schengen si è ulteriormente sviluppata. Ad esempio alcuni articoli della convenzione di Schengen sono stati sostituiti dalla nuova legislazione comunitaria (ad es. il Codice frontiere Schengen).

In particolare il cosiddetto Codice frontiere Schengen consiste nel Regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, e nei suoi atti modificativi; tale regolamento ha operato una rifusione dell’acquis esistente relativo ai controlli di frontiera sulle persone, ciò al fine di consolidare e sviluppare la componente legislativa della politica di gestione integrata delle frontiere, precisando le norme che disciplinano l’attraversamento delle frontiere esterne.

 

Lo spazio Schengen si è esteso progressivamente a quasi tutti gli Stati membri. Gli accordi sono stati firmati dall’Italia il 27 novembre 1990, dalla Spagna e dal Portogallo il 25 giugno 1991, dalla Grecia il 6 novembre 1992, dall’Austria il 28 aprile 1995, e da Danimarca, Finlandia e Svezia il 19 dicembre 1996. Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia si sono unite il 21 dicembre 2007.

Attualmente l’area Schengen garantisce la libera circolazione senza controlli alle frontiere tra 26 Stati, interessando più di 400 milioni di persone: si tratta di 22 Stati membri UE (sono ancora esclusi Cipro, Romania, Bulgaria, e la neoacquisita Croazia; Regno Unito e Irlanda non partecipano all’area Schengen e pertanto non aderiscono alla cooperazione in materia di visti e non hanno abolito i controlli alle loro frontiere interne) e di 4 paesi associati (Norvegia, Islanda, Svizzera e, da ultimo, il Liechtenstein).

 

Il processo di adesione di Bulgaria e Romania all’area Schengen è tuttora in fase di stallo: gli ultimi Consigli giustizia e affari interni (ottobre 2012 e marzo 2013 e, da ultimo, dicembre 2013) che hanno esaminato il tema si sono infatti conclusi con un nulla di fatto ed un rinvio della questione alla prima occasione utile, salvo la reiterazione dell’accordo sull’approccio in due fasi da seguire nel processo di adesione.

Secondo tale approccio in una prima fase sarebbero aboliti i controlli sulle persone alle frontiere marittime e aeree interne con e tra la Bulgaria e la Romania; al tempo stesso, i due paesi entrerebbero pienamente a far parte del Sistema di informazione Schengen (SIS); in una seconda fase sarebbero soppressi i controlli sulle persone alle frontiere terrestri interne.

 

Le norme principali adottate nel quadro di Schengen prevedono tra l'altro:

·         l'abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere interne;

·         un insieme di norme comuni da applicare alle persone che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri UE;

·         l'armonizzazione delle condizioni di ingresso e delle concessioni dei visti per i soggiorni brevi;

·         il rafforzamento della cooperazione tra la polizia (compresi i diritti di osservazione e di inseguimento transfrontaliero);

·         il rafforzamento della cooperazione giudiziaria mediante un sistema di estradizione più rapido e una migliore trasmissione dell’esecuzione delle sentenze penali;

·         la creazione e lo sviluppo del sistema d’informazione Schengen (SIS).

 

Il SIS e il SIS II

Il Sistema d’informazione Schengen (SIS), è un meccanismo di interscambio dei dati relativi all’identità di determinate categorie di persone e di beni. Si tratta di una banca dati comune dell’Unione europea in materia di mantenimento della sicurezza pubblica, di sostegno alla cooperazione giudiziaria e di polizia e di gestione dei controlli alle frontiere esterne. Gli Stati partecipanti inseriscono le segnalazioni concernenti i dati su persone ricercate o scomparse, oggetti smarriti o rubati e divieti di ingresso. Il SIS è accessibile ai funzionari di polizia sul campo e ad altre autorità competenti per la tutela dell'ordine pubblico e la lotta alla criminalità. Copre quasi tutta l'Unione Europea, comprese la Norvegia, l'Islanda e la Svizzera. Il SIS rispetta severe disposizioni in materia di protezione dati personali.

A seguito delle decisioni adottate dal Consiglio dell’Unione europea Giustizia e affari interni nella sessione del 7-8 marzo 2013, dal mese di aprile è in vigore il sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Si tratta di una versione avanzata del precedente sistema, dotata di funzionalità potenziate: il nuovo sistema prevede, tra l’altro, l’utilizzazione di dati biometrici, ulteriori categorie di segnalazioni (nonché la possibilità di collegamenti tra di esse), la semplificazione del meccanismo di interrogazione della banca dati, il rafforzamento delle tutele in materia di protezione dei dati personali.

Regimi particolari di alcuni Stati Ue

La Danimarca, già firmataria della Convenzione di Schengen, può optare se applicare o meno ogni nuova misura basata sul titolo IV del trattato CE, sebbene tale misura costituisca uno sviluppo dell’acquis di Schengenù; è in ogni caso vincolata da alcune misure in materia di politica comune dei visti.

L’Irlanda e il Regno Unito, conformemente al protocollo allegato al trattato di Amsterdam, possono avvalersi, in tutto o in parte, delle disposizioni dell’acquis di Schengen dopo una decisione del Consiglio votata all’unanimità dagli Stati firmatari e dal rappresentante del Governo dello Stato interessato.

Nel marzo del 1999 il Regno Unito ha chiesto di partecipare ad alcuni aspetti della cooperazione basata su Schengen: la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, la lotta contro il narcotraffico e il SIS. La domanda del Regno Unito è stata approvata con la decisione del Consiglio 2000/365/CE del 29 maggio del 2000.

Nel giugno del 2000 anche l’Irlanda ha chiesto di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen, le stesse disposizioni (ad eccezione di una) di quelle della domanda del Regno Unito. Il Consiglio ha approvato tale domanda con la decisione 2002/192/CE del 28 febbraio del 2002.

Dopo aver valutato le condizioni preliminari relative all’applicazione delle disposizioni in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia, il 22 dicembre 2004 il Consiglio ha adottato la decisione 2004/926/CE riguardante l’applicazione di queste parti dell’acquis di Schengen da parte del Regno Unito.

Relazioni con Paesi terzi

Alcuni Stati, pur non essendo membri Ue, partecipano alla cooperazione Schengen (in particolare, Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera). Ciò consente loro di:

·         essere inclusi nello spazio costituito per l'assenza di controlli alle frontiere interne;

·         applicare le disposizioni dell’acquis di Schengen e tutti i testi adottati riguardanti i principi ispiratori (testi "Schengen relevant");

·         essere associati al processo decisionale riguardante i testi "Schengen relevant".

Tale partecipazione si svolge mediante Comitati misti (composti da rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell'UE, della Commissione e dei Governi dei Paesi terzi), che si riuniscono a margine dei gruppi di lavoro del Consiglio dell'UE. In tali sedi i Paesi associati possono partecipare alle discussioni (ma non alle votazioni) sullo sviluppo dell'acquis di Schengen. Sono altresì previste procedure per la notifica e l'accettazione di misure o di atti futuri.

Si ricorda che l’Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca partecipano all’Unione nordica dei passaporti, i cui membri hanno abolito i controlli alle frontiere comuni. L’Islanda e la Norvegia sono associate allo sviluppo del trattato di Schengen dal 19 dicembre 1996. Pur non disponendo di un diritto di voto nel comitato esecutivo di Schengen, questi paesi potevano esprimere pareri e formulare proposte. Per prorogare tale associazione, il 18 maggio 1999 è stato sottoscritto l'accordo sull'associazione di Islanda e Norvegia all'attuazione, l'applicazione e lo sviluppo dell'acquis di Schengen, in base alla decisione del Consiglio 1999/439/CE del 17 maggio 1999, tra Islanda, Norvegia e Unione europea.

La decisione del Consiglio 2000/777/CE del 1° dicembre 2000 stabilisce le modalità di applicazione dell'acquis di Schengen nei cinque paesi dell'Unione nordica dei passaporti a decorrere dal 25 marzo 2001.

Ultimi interventi Ue in materia di Spazio Schengen

Il sistema di valutazione Schengen e le procedure di ripristino dei controlli alle frontiere

I rivolgimenti sociopolitici accaduti nel Sud del Mediterraneo a partire dalla primavera del 2011 (e il conseguente ingente afflusso di migranti verso alcuni Stati membri dell'Unione europea) hanno spinto le Istituzioni europee ad adottare i seguenti nuovi strumenti normativi, volti a migliorare la capacità dello Spazio Schengen di reagire alle situazioni eccezionali:

 

·         il Regolamento (UE) n. 1053/2013, del 7 ottobre 2013, che istituisce un meccanismo di valutazione e di controllo per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen e che abroga la decisione del comitato esecutivo del 16 settembre 1998 che istituisce una Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen;

·         il Regolamento (UE) n. 1051/2013, del 22 ottobre 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 al fine di introdurre norme comuni sul ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne in circostanze eccezionali;

·         il Regolamento (UE) n. 610/2013, del 26 giugno 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, i regolamenti (CE) n. 1683/95 e (CE) n. 539/2001 del Consiglio e i regolamenti (CE) n. 767/2008 e (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Il primo dei tre regolamenti citati mira a potenziare il sistema di valutazione Schengen finora impiegato.

Tale sistema prevedeva l’istituzione di un gruppo di lavoro “Valutazione di Schengen” (SCH-EVAL) del Consiglio (pertanto a carattere intergovernativo). Il gruppo aveva sostituito la precedente Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen. Il mandato del gruppo (SCH-EVAL) consisteva in due diversi compiti:

·      verificare se gli Stati membri che intendono aderire a Schengen soddisfano tutte le condizioni richieste per la messa in applicazione dell’acquis di Schengen (cioè l’eliminazione dei controlli alle frontiere);

·      vigilare sulla corretta applicazione dell’acquis di Schengen da parte degli Stati membri che già lo applicano.

 

La riforma determina il passaggio da un sistema prettamente intergovernativo (incentrato su valutazioni inter pares svolte dagli Stati membri aderenti) ad un meccanismo che prevede il coinvolgimento di esperti designati sia dagli Stati membri sia dalla Commissione, nonché il rafforzamento del ruolo di FRONTEX (ed eventualmente anche delle altre Agenzie in relazione a particolari aspetti dell’applicazione di Schengen). La Commissione assume la responsabilità del coordinamento generale nel contesto del processo di valutazione e di monitoraggio ed è inoltre competente per la maggior parte delle decisioni riguardanti la valutazione (il programma annuale e pluriennale), la preparazione e la realizzazione di visite in loco e l'elaborazione delle relazioni di valutazione e raccomandazioni. Di particolare rilievo il regime delle visite in loco da parte delle equipe di esperti, che possono avvenire anche senza preavviso. Spetta infine alla Commissione approvare la relazione e proporre raccomandazioni riguardanti azioni di rettifica intese a colmare la lacune riscontrate, che andranno poi approvate dal Consiglio.

 Il Regolamento (UE) n. 1051/2013 prevede una nuova disciplina per l’ipotesi di reintroduzione dei controlli alle frontiere interne: in particolare tale ipotesi deve costituire un’eccezione e può avvenire solo come extrema ratio, per un periodo limitato, e in base a criteri oggettivi e a una valutazione monitorata a livello di Unione; il controllo può essere reintrodotto per un periodo massimo di trenta giorni, termine prorogabile per un massimo di sei mesi. È inoltre prevista una procedura specifica nei casi che richiedono un’azione immediata: in tal caso gli Stati membri possono reintrodurre unilateralmente i controlli alle frontiere interne per un massimo di dieci giorni (prorogabili per periodi non superiori a venti giorni e per un massimo di due mesi: l’eventuale prolungamento deve essere monitorato a livello UE).

Viene infine introdotta una procedura specifica in caso di circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio senza controlli alle frontiere interne: in sintesi, in tal caso il Consiglio può raccomandare a uno o a più Stati membri di decidere di ripristinare i controlli di frontiera. Nel caso in cui la raccomandazione non si stata attuata, lo Stato membro deve comunicarne per iscritto e senza indugio alla Commissione le ragioni. In tal caso, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio che valuta tali motivazioni e le conseguenze per quanto riguarda la tutela degli interessi comuni nello spazio senza controlli alle frontiere interne.

Il Regolamento (UE) n. 610/2013 contiene disposizioni, di natura prevalentemente tecnica, volte tra l’altro a: ridurre la possibilità di interpretazioni divergenti del codice vigente in materia di calcolo della durata del soggiorno, validità dei documenti di viaggio; migliorare la formazione delle guardie di frontiera; introdurre possibilità di deroghe relative all'ingresso e all'uscita per alcune categorie di persone (ad ed esempio, i membri di servizi di soccorso, polizia e vigili del fuoco); modificare la disciplina in materia di dichiarazione di presenza dei cittadino di paesi terzi; fornire un quadro giuridico per gli accordi bilaterali in materia di verifiche di frontiera comuni sul traffico stradale; modificare le disposizioni relative all’allestimento di corsie separate alle frontiere esterne.

Eurosur

Il 22 ottobre 2013 è stato adottato il Regolamento (UE) n. 1052/2013, che istituisce il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur).

Tale sistema consiste in una rete di comunicazione volta a migliorare la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea, intensificando lo scambio di informazioni tra i Paesi europei e con l'Agenzia europea per la gestione delle frontiere Frontex. Il sistema consente la condivisione di dati, immagini e d'intelligence di varie autorità in tempo reale, compresi strumenti di sorveglianza, come satelliti o sistemi di notifica delle navi, tramite una rete di comunicazione protetta. Il regolamento prevede che Eurosur sia utilizzato anche per contribuire a salvare la vita dei migranti qualora si trovino in pericolo; è inoltre stabilito che, ai fini dell’utilizzazione di Eurosur, i Paesi UE debbano rispettare i diritti umani, in particolare il principio recante il divieto di respingimento che non permette il rimpatrio di persone minacciate di vita o private della libertà, e il diritto alla protezione dei dati personali.

Frontiere intelligenti

Il 28 febbraio 2013 la Commissione ha presentato il pacchetto "Frontiere intelligenti", un complesso di proposte normative volte ad accelerare, facilitare e rafforzare le procedure di controllo dei viaggiatori di paesi terzi alle frontiere esterne dell’Unione europea. Il pacchetto ricomprende:

·         una proposta di regolamento COM(2013)95 che istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e uscita dei cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (sistema EES);

 

Il programma per viaggiatori registrati (RTP) prevede controlli semplificati per i “viaggiatori frequenti” (ad esempio, imprenditori, lavoratori con contratti a breve termine, ricercatori e studenti, cittadini di paesi terzi che hanno stretti legami di parentela con cittadini dell’UE o che vivono nelle regioni confinanti) che entrano nell’UE, resi possibili da un insieme di esami preventivi e controlli di sicurezza preliminari, ed attraverso meccanismi di controllo automatizzato alle frontiere ("porte automatiche") presso i principali valichi di frontiera, quali gli aeroporti che dispongono di questa moderna tecnologia.

 

Il nuovo sistema UE di ingressi/uscite (EES) sostituisce l’attuale procedura basata in linea di massima sull’apposizione di timbri nel documento di viaggio; mediante tale sistema è possibile: registrare data e luogo di ingresso (e di uscita) dei cittadini di paesi terzi che viaggiano nell’Unione europea; calcolare elettronicamente la durata del soggiorno breve autorizzato; inviare una segnalazione alle autorità nazionali qualora alla scadenza del periodo autorizzato non sia stata registrata l’uscita del viaggiatore dal territorio dell'UE.

Il pacchetto ricomprende altresì una proposta regolamentare COM(2013)96, che contiene modifiche necessarie all’adeguamento del vigente Codice Schengen alle misure introdotte con le nuove proposte.

Frontex

L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea – Frontex, con sede a Varsavia, è attiva dal 2005.

Frontex è stata istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio del 26 ottobre 2004. Il quadro giuridico è stato modificato (ai fini del potenziamento dell’Agenzia) attraverso i successivi regolamenti n.863/2007 dell’11 luglio 2007 e n. 1168/2011 del 25 ottobre 2011.

Secondo il vigente assetto, Frontex ha il compito di:

·         coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne;

·         assistere gli Stati membri in materia di formazione del corpo nazionale delle guardie di confine, anche per quanto riguarda la definizione di standard comuni di formazione;

·         effettuare analisi dei rischi, compresa la verifica della capacità degli Stati membri di far fronte a minacce e pressioni alle frontiere esterne;

·         partecipare agli sviluppi della ricerca pertinenti al controllo e alla sorveglianza delle frontiere esterne;

·         assistere gli Stati membri in circostanze che richiedono una maggiore assistenza tecnica e operativa alle frontiere esterne, tenendo conto del fatto che alcune situazioni possono comportare emergenze umanitarie e il soccorso in mare;

·         assistere gli Stati membri in circostanze che richiedono una maggiore assistenza tecnica e operativa alle frontiere esterne, in particolare quelli che fanno fronte a pressioni specifiche o sproporzionate;

·         istituire squadre europee di guardie di frontiera da impiegare durante le operazioni congiunte, i progetti pilota e gli interventi rapidi;

·         offrire agli Stati membri il supporto necessario e, se richiesto, il coordinamento o l'organizzazione di operazioni congiunte di rimpatrio;

·         inviare guardie di frontiera appartenenti alle squadre europee di guardie di frontiera negli Stati membri per operazioni congiunte, progetti pilota o interventi rapidi in conformità del regolamento (CE) n. 863/2007;

·         sviluppare e gestire, in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001, sistemi informativi che consentano scambi rapidi e affidabili di informazioni sui rischi emergenti alle frontiere esterne, compresa la rete di informazione e coordinamento creata con decisione 2005/267/CE del Consiglio;

·         prestare la necessaria assistenza per sviluppare e gestire un sistema europeo di sorveglianza di frontiera e, ove opportuno, per creare un ambiente comune di condivisione delle informazioni, compresa l'interoperabilità dei sistemi.

 

 

 

 

 

Ultime missioni Frontex

La missione Triton consiste in un’operazione congiunta coordinata da Frontex, richiesta dal Governo italiano, iniziata il 1° novembre 2015 e tuttora in corso al fine di supportare l’Italia per quanto riguarda i flussi migratori che attraversano il Mediterraneo centrale

I dettagli dell’operazione e l’entità dei mezzi necessari ad attuarla sono state concordate tra Frontex e l’Italia che figura come Paese ospite sulla base delle richieste delle autorità italiane Triton si avvale delle risorse umane e tecniche messe a disposizione dagli Stati membri partecipanti.  

Ad oggi 21 Stati membri hanno offerto la loro disponibilità a partecipare con risorse umane

Il budget mensile inizialmente stimato in 2.9 milioni di euro al mese con decisione del Consilgio europeo del 23 aprile 2015 è stato triplicato ed esteso a tutto il 2016.

Inoltre il raggio di azione inizialmente limitato alle acque costiere mediterranee dell’Unione europea è stato esteso alle acque internazionali per affrontare l’emergenza dei naufragi dei migranti lungo la rotta del Mediterrano centromeridionale, provenienti in particolare dalla Libia. 

La missione Poseidon, avviata nel 2013 e più volte prorogata (è previsto che duri per tutto il 2016) è un’operazione congiunta Frontex avente ad oggetto i flussi del Mediterraneo orientale, provenienti da Turchia ed Egitto, e diretti in particolare in Grecia. Anche questa missione è stata potenziata a seguito della decisione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015 di triplicarne il budget inziale, portandolo a nove milioni al mese.

Nuovo regolamento in materia di sorveglianza delle frontiere marittime

Il 15 maggio 2014, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato un regolamento recante norme per quanto riguarda la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel contesto della cooperazione operativa coordinata dall'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex).

Si tratta di regole d'ingaggio comuni a tutti gli Stati membri affinché le operazioni di soccorso in mare dei migranti si svolgano secondo procedure condivise, indipendentemente dalla nazionalità delle unità impiegate.

La disciplina tiene conto sia degli aggiornamenti del quadro giuridico di Frontex, sia dei principi contenuti in una recente sentenza della Corte europea dei diritto dell’uomo (causa Hirsi Jamaa e altri contro Italia) relativi alla necessità di chiarire i concetti di intercettazione e di soccorso. In particolare, la decisione della Corte di Strasburgo ribadisce l’esigenza di tutelare i diritti fondamentali dei soggetti intercettati in mare e il principio di non respingimento nelle operazioni marittime.

Tale principio ha trovato accoglimento in particolare nell’articolo 4 del regolamento ai sensi del quale, tra l’altro, nessuno può, in violazione del principio di non respingimento, essere sbarcato, costretto a entrare, condotto o altrimenti consegnato alle autorità di un paese in cui esista, tra l'altro, un rischio grave di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura, alla persecuzione o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, o in cui la vita o la libertà dell'interessato sarebbero minacciate a causa della razza, della religione, della cittadinanza, dell'orientamento sessuale, dell'appartenenza a un particolare gruppo sociale o delle opinioni politiche dell'interessato stesso, o nel quale sussista un reale rischio di espulsione, rimpatrio o estradizione verso un altro paese in violazione del principio di non respingimento.

Il testo definitivo è frutto dell’accordo di compromesso raggiunto l’11 febbraio 2014 tra Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea, che prevede un particolare rafforzamento della tutela dei diritti umani di migranti e richiedenti asilo.

Si segnalano in particolare i seguenti elementi chiave:

-     le operazioni di sorveglianza coordinate da Frontex dovranno comprendere procedure per garantire che le persone che necessitano di protezione internazionale, le vittime della tratta di esseri umani, i minori non accompagnati, e altre persone vulnerabili, siano identificati e adeguatamente aiutati;

-     solo a seguito dell’identificazione sarà possibile adottare eventuali misure coercitive; le disposizioni UE sull’identificazione avranno inoltre natura obbligatoria, mentre quelle relative alle misure coercitive saranno facoltative;

-      saranno rafforzate le disposizioni volte a garantire il rispetto del principio del non respingimento, in particolare l’obbligo per le guardie di frontiera che decidano di sbarcare persone intercettate o soccorse in un paese terzo di seguire determinate procedure (ad esempio, l'identificazione, la valutazione personale, le informazioni sul luogo dello sbarco, ecc.), nonché la possibilità che il loro operato sia oggetto di ispezione;

-     l’eliminazione dal testo originariamente proposto dalla Commissione di una disposizione che avrebbe potuto consentire operazioni di respingimento in alto mare; rimane come unica possibilità quella di "mettere in guardia e ordinare" alla la nave di non entrare nelle acque territoriali di uno Stato membro;

-     la previsione del divieto di sanzioni penali comminate a capitani e ad equipaggi per il solo motivo di avere prestato soccorso a persone in difficoltà e di averle portate in un luogo di sicuro.

Il Consiglio giustizia e affari interni straordinario del 20 novembre 2015

Nella riunione straordinaria del Consiglio giustizia e affari interni del 20 novembre 2015 gli Stati membri si sono tra l’altro impegnati ad attuare immediatamente le necessarie verifiche sistematiche e coordinate alle frontiere esterne anche su persone che godono del diritto di libera circolazione (in sostanza i cittadini UE).

Gli Stati membri hanno inoltre invitato la Commissione europea a presentare una proposta per una revisione mirata del Codice frontiere Schengen al fine di prevedere controlli sistematici dei cittadini dell’UE compresa la verifica delle informazioni biometriche nelle pertinenti banche dati presso le frontiere esterne dello Spazio Schengen sfruttando appieno le soluzioni tecniche al fine di non ostacolare la fluidità degli spostamenti.


 

Sessione informale - Proposte del Regno Unito per la riforma dell’UE

A seguito delle elezioni politiche che si sono svolte nel 2015, il Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron, ha confermato che entro il 2017 si svolgerà un referendum sulla permanenza del Regno Unito nella UE, a seguito di un avvio di negoziati con gli Stati membri dell’UE per rivedere la posizione del Regno Unito nella UE.

Il 10 novembre 2015 il Primo Ministro inglese, David Cameron ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk (e, per conoscenza, al Presidente della Commissione europea, del Parlamento europeo e a tutti i Capi di Stato e di Governo dell’UE) nella quale sollecita alcune riforme dell’UE per rispondere alle preoccupazioni dell’opinione pubblica britannica sull’appartenenza all’UE.

Le proposte possono essere così sintetizzate:

·         per quanto riguarda la governance economica, nel ricordare che il Regno Unito gode già della clausola di opting out che la esonera dalla partecipazione all’euro[1], e dopo aver sottolineato che il suo Paese non intende rivendicare diritti di veto sulle scelte che potranno riguardare l’eurozona, Cameron chiede tuttavia che siano garantiti su un piano legale e in termini vincolanti i seguenti principi:

-        l'Unione europea ha più di una valuta: in sostanza, le altre monete in uso nell’UE verrebbero equiparate all’euro mentre attualmente l’articolo 119 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea individua l’euro come moneta unica;

-        non devono esserci discriminazioni o penalizzazioni per le attività economiche basate sulla valuta utilizzata;

-        deve essere preservata l'integrità del mercato unico;

-        l’adesione alle modifiche che nell’ambito dell'Eurozona dovessero essere introdotte, come ad esempio la creazione dell’unione bancaria, dovrà avere carattere volontario per i Paesi non-euro;

-        i contribuenti nei Paesi non-euro non dovrebbero mai essere chiamati a farsi carico di interventi finanziari a sostegno della moneta unica (già attualmente la Gran Bretagna non partecipa all’ESM, il cd fondo salva Stati a carico del quale sono stati finanziati gli interventi a sostegno della Grecia);

-        occorre preservare le competenze delle banche centrali dei Paesi non euro per quanto riguarda la stabilità dei mercati finanziari;

-        in questo ambito non si potranno in ogni caso adottare decisioni che investano gli Stati membri senza il loro consenso;

·         per quanto concerne la crescita e la competitività, il Regno Unito, pur apprezzando alcune iniziative recentemente assunte dall’UE (creazione di un mercato unico digitale e l'Unione dei mercati dei capitali, la stipula di accordi per il rafforzamento degli scambi commerciali con gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e l'ASEAN, ritiene ancora eccessivo l'onere regolamentare, e necessario un maggiore impegno per promuovere la libera circolazione di capitali, beni e servizi;

·         in tema di sovranità, il Governo inglese chiede di sottrarre definitivamente la Gran Bretagna alla clausola prevista dall’art. 1 del Trattato sull’Unione europea, che fa esplicito riferimento alla prospettiva di un'Unione “sempre più stretta”. Inoltre, rivendica un ruolo maggiore dei parlamenti nazionali, che agendo in gruppo (con una soglia minima da definire nel corso dei negoziati), dovrebbero avere la possibilità di bloccare proposte legislative europee non condivise. Viene poi sollecitata un’effettiva applicazione del principio di sussidiarietà (“L’Europa dove necessario, gli Stati nazionali dove possibile”).

In base alla disciplina vigente, un terzo dei parlamenti nazionali può chiedere il riesame di un progetto di testo legislativo qualora ritenga che il principio di sussidiarietà non sia rispettato. L’iniziativa non blocca il progetto; la Commissione europea, infatti, è tenuta soltanto a valutare se ritirare, modificare o mantenere il progetto stesso, motivando la sua scelta. Se la Commissione decide di mantenerlo, quando il progetto è contestato a maggioranza semplice dei parlamenti nazionali, il Consiglio e il Parlamento europeo decidono in ultima istanza. Fino ad oggi, la procedura di riesame è stata tuttavia attivata due volte, e in un solo caso la Commissione ha ritenuto opportuno ritirare la proposta (relativa all'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi).

Da ultimo, il Governo britannico chiede di garantire il rispetto della sovranità nazionale in tutte le questione afferenti al settore della giustizia e degli affari interni (per le quali già gode di un regime di opting-out, così come relativamente agli accordi di Schengen, alla Carta dei diritti fondamentali e alla cooperazione giudiziaria e di polizia). Inoltre, propone che la sicurezza nazionale rimanga competenza esclusiva degli Stati membri.

 

·         in tema di immigrazione, il Governo inglese sottolinea che, a differenza di alcuni altri Stati membri, l’andamento demografico della Gran Bretagna è in espansione al punto che secondo le previsioni, il Regno Unito potrebbe diventare il Paese più popoloso nell'Unione europea entro il 2050. Allo stesso tempo, il saldo migratorio ha un surplus di 300.000 unità all'anno. Il Governo britannico ritiene dunque opportuno esercitare un maggiore controllo sull’immigrazione proveniente non solo dai Paesi terzi, ma anche dagli altri Paesi dell'Unione europea. A tal fine, si chiede che ai Paesi di nuova adesione non venga applicato il principio di libera circolazione delle persone fino a quando le loro economie non registrino una effettiva convergenza con gli attuali Stati membri. Viene inoltre richiesto di reprimere gli abusi e le frodi connesse alla libertà di circolazione, impedendo l’ingresso ai truffatori e alle persone che organizzano matrimoni fittizi. Al fine di ridurre il numero di immigrati, il Regno Unito richiede infine una sospensione di quattro anni prima del pieno accesso ai benefici e sussidi dello stato sociale per i cittadini non inglesi residenti nel Regno Unito.

Secondo quanto riportate dal quotidiano The Times lo scorso 25 novembre, il Primo Ministro del Regno unito, Cameron, a seguito dell’obiezioni formulate nell’ambito delle consultazioni con i Governi degli Stati membri, starebbe valutando l’ipotesi di ritirare o riformulare la richiesta relativa al periodo di sospensione per l’accesso ai benefici e sussidi sociali per i cittadini non inglesi residenti nel Regno Unito.

 

Le proposte, che saranno esaminate e discusse in occasione della prossima riunione del Consiglio europeo (17-18 dicembre), ad avviso del Governo britannico potrebbero rispondere alle preoccupazioni del Regno Unito e definire un quadro duraturo dell’adesione della Gran Bretagna all'Unione europea.

In caso di esito positivo del negoziato con i partners, il Governo inglese si impegna a sostenere le ragioni del “sì” nella campagna che precederà il referendum sull'adesione del Regno Unito all'Unione europea, che dovrebbe tenersi tra giugno e dicembre del 2016.

 

 


 


 

Sessione II - Il mercato unico digitale

Lo scorso 6 maggio la Commissione europea ha presentato la comunicazione (COM(2015)192), recante la “Strategia per il mercato unico digitale in Europa”. La comunicazione delinea la strategia per la realizzazione del mercato unico digitale, che viene definito come un mercato in cui è garantita la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali e in cui, indipendentemente dalla cittadinanza o dal luogo di residenza, persone e imprese non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività online, in condizioni di concorrenza leale e con un livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali.

La strategia si propone l’abbattimento delle barriere e della frammentazione esistenti all’interno dell’Unione europea e dalla sua realizzazione, nelle previsioni della Commissione, potrebbe derivare un aumento del PIL europeo di 415 miliardi di euro. Secondo le stime della Commissione, il mercato unico digitale potrebbe, inoltre, creare opportunità per nuove start-up e consentire alle imprese esistenti di crescere grazie alle opportunità offerte da un mercato di oltre 500 milioni di persone.

La comunicazione si inserisce nell’ambito della Strategia Europa 2020 “Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” (COM(2010)2020), che ha introdotto l'Agenda digitale europea (COM/2010/0245) come una delle sette iniziative faro. L'obiettivo è trarre vantaggi sostenibili da un mercato unico del digitale basato sull'Internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili, garantendo a tutti l'accesso alla banda larga entro il 2013 e l'accesso a velocità di Internet superiori (30 Mbps o più) entro il 2020, assicurando che almeno il 50% delle famiglie europee acceda a connessioni Internet di oltre 100 Mbps, tramite reti di accesso di nuova generazione (NGA).

 

Il monitoraggio dell’Agenda digitale

La Commissione europea monitora con cadenza annuale lo stato di attuazione dell’Agenda digitale. La seguente tabella evidenzia la situazione nei Paesi membri assumendo a riferimento cinque parametri: la connettività (l’impiego della banda larga e la relativa qualità); il capitale umano (le abilità necessarie per sfruttare le possibilità offerte dalla società digitale); l’uso di Internet (il numero delle attività svolte online); l’integrazione della tecnologia digitale (digitalizzazione delle imprese e l’utilizzo del canale di vendita online); la digitalizzazione dei servizi pubblici. (fonte Commissione europea – Digital agenda for Europe).

https://ec.europa.eu/digital-agenda/sites/digital-agenda/files/20150608-desi-2015a-main-rank.png

I dati riferiti al 2015 mostrano che l’evoluzione digitale non procede di pari passo nell’Unione europea. Il risultato del Paese con la performance peggiore (Romania: 0.3) è pari a meno della metà del risultato dello Stato con la migliore performance (Danimarca: 0.68).

La digitalizzazione dei servizi pubblici è la dimensione in cui la performance è più frammentata (con un gap di 0.6 tra il peggiore e il miglior performer). In base ai risultati, i Paesi sono stati suddivisi in tre gruppi, di alta, media e bassa performance. L’Italia è inserita nel gruppo dei low performers insieme a Repubblica Ceca, Lettonia, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Cipro, Polonia, Croazia, Grecia, Bulgaria and Romania.

La situazione italiana

L’Italia ha un risultato complessivo di 0.37 ed è al venticinquesimo posto tra i 28 Stati membri. Nel 2014 l’Italia ha registrato progressi nell’ambito dell’integrazione delle tecnologie digitali delle imprese (soprattutto soluzioni per l’e-business); tuttavia, le imprese italiane sono ancora largamente non digitali e potrebbero trarre benefici dall’uso dell’e-commerce (solo il 5,1% delle piccole e medie imprese vende online, ed il fatturato dell’e-commerce per le imprese italiane è pari a solo il 4,9% del fatturato totale). L’Italia risulta indietro anche sul piano della connettività (a dicembre 2014 una connessione veloce ad Internet era disponibile solo nel 36% delle abitazioni, la seconda peggiore copertura nell’Unione; tra questi solo il 51% sottoscrive contratti per banda larga fissa, la percentuale più bassa nell’UE e solo il 3,8% delle sottoscrizioni per la banda larga sono per velocità superiori a 30 Mbps). Infine, l’Italia, secondo il rapporto, ha bisogno di fare progressi sul lato della domanda, dove bassi livelli di abilità digitali (l’Italia ha una delle percentuali più basse di utenti Internet regolari nell’UE, pari al 59%, e il 31% della popolazione italiana non ha mai usato Internet) e la carenza di fiducia (solo il 42% degli utenti di Internet fa uso di online banking e solo il 35% acquista online) appaiono trattenere lo sviluppo dell’economia digitale. L’Italia è, invece, vicina alla media europea per quanto riguarda la digitalizzazione dei servizi pubblici; tuttavia l’uso dell’e-government è ancora basso, in parte a causa di servizi pubblici online non sufficientemente sviluppati e, in parte, per questioni connesse alla carenza di abilità digitali.

Secondo i dati contenuti nell’ultima relazione annuale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, In Italia la diffusione sul territorio degli accessi broadband, presenta valori pari al 23,65% della popolazione e al 55,7% delle famiglie. Il quadro risulta notevolmente differenziato su base provinciale, con un sostanziale ritardo del meridione rispetto al centro sud. A livello internazionale l’Italia registra un ritardo consistente rispetto ai principali Paesi europei sia sul piano quantitativo che qualitativo (solo il 3,6% delle linee ha una velocità pari o superiore a 30 Mbit/s, a fronte di una media pari al 20% di Germania, Francia e Regno Unito).

Per quanto riguarda la gestione dello spettro radio, in Italia, a differenza di altri Paesi, come Francia e Germania, la banda a 700 MHz è ad oggi completamente utilizzata per la televisione digitale terrestre. I diritti d’uso assegnati ai canali nazionali hanno durata ventennale e scadranno, quindi, nel 2032. Il passaggio di queste frequenze ad altri utilizzi potrà avvenire, quindi, solo dopo la liberazione della banda dai servizi televisivi. La Commissione europea ha fissato la scadenza per il cosiddetto refarming dei 700 Mhz al 2020. In passato anche la liberazione della banda degli 800 Mhz è stata soggetta ad una scadenza (fine 2013), che l’Italia ha rispettato, procedendo anche all’assegnazione delle relative licenze d’uso (vedi deliberazione AGCOM 18/5/2011).

 

L'Agenda Digitale Italiana e lo sviluppo della banda ultralarga

Per lo sviluppo della banda larga e ultralarga, a partire dal 2011, sono state poste in essere una serie di iniziative, che hanno visto l'istituzione il 1° marzo 2012 dell'Agenda Digitale Italiana (ADI, successivamente divenuta AGID), contestualmente ad un'apposita Cabina di regia (organo operativo dell'ADI) con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana. Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 3 marzo 2015, ha approvato la Strategia per la crescita digitale e la Strategia italiana per la banda ultralarga.

La strategia per la crescita digitale prevede una roadmap per la digitalizzazione del Paese, progettando la digitalizzazione della pubblica amministrazione e la diffusione di una cultura digitale fra i cittadini che generi nuova offerta capace di competere sui mercati globali.

La strategia italiana per la banda ultralarga prevede alcuni interventi e definisce linee di azione concrete. I principali interventi delineati possono essere ricondotti a tre ambiti:

La Commissione europea ha sottolineato che i finanziamenti pubblici e gli aiuti di Stato sono destinati a svolgere un ruolo importante per estendere la banda larga e la copertura delle reti di accesso di nuova generazione ultraveloce ad aree geografiche dove difficilmente gli operatori di mercato faranno investimenti. Si tratta delle cosiddette aree bianche, ossia quelle in cui, in ragione della scarsa densità della popolazione e di attività economiche, è improbabile che i privati investano le risorse necessarie per assicurare la disponibilità di infrastrutture di nuova generazione.

La strategia definita dal Governo prevede il ricorso a diverse misure di incentivazione sia sul versante dell’offerta che sul versante della domanda. Si tratta in particolare della concessione di:

·         contributi in conto capitale per gli investimenti realizzati da soggetti privati;

·         contributi in forma di voucher a beneficio degli utenti finali per promuovere l’accesso a servizi su reti a banda larga ultraveloci;

·         crediti di imposta per gli interventi infrastrutturali;

·         garanzia dello Stato su mutui stipulati o su obbligazioni emesse per il finanziamento di investimenti;

·         intervento pubblico diretto limitatamente alle aree in cui gli operatori privati non sono interessati a investire;

·         ricorso al partenariato pubblico-privato per la condivisione degli oneri relativi alla realizzazione di investimenti.

 

Contenuti della Strategia per il mercato unico digitale in Europa

La strategia ha dimensione pluriennale e verte su una serie di azioni chiave interdipendenti. Essa poggia su tre pilastri:

·         migliorare l’accesso online ai beni e servizi in tutta l’Unione per i consumatori e le imprese, eliminando le barriere frontaliere;

·         creare un contesto favorevole in cui le reti e i servizi digitali possano svilupparsi, caratterizzato da infrastrutture e servizi ad alta velocità protetti e affidabili, in cui siano garantite la concorrenza leale e la parità di condizioni;

·         massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale europea, attraverso investimenti in infrastrutture e tecnologie.

Per il conseguimento degli obiettivi del primo pilastro, si ritiene necessaria un’azione immediata per abbattere le barriere che bloccano l’attività online transfrontaliera, tra cui le differenze normative tra gli Stati membri in materia di contratti e di diritto d’autore, nonché la diversa incidenza dell’onere dell’IVA.

La strategia, nell’ambito del secondo pilastro, sottolinea la necessità che il mercato digitale abbia a disposizione reti ad alta velocità efficienti, affidabili ed economicamente accessibili, che al contempo tutelino il consumatore sul piano del rispetto della vita privata e della protezione dei dati personali. A tal fine, risulta necessario un settore delle telecomunicazioni forte, competitivo ed innovativo.

Il terzo pilastro della strategia, infine, si propone di ottimizzare il valore aggiunto dell’economia digitale. Ad oggi, secondo i dati forniti dalla Commissione, solo l’11,7 per cento delle imprese dell’UE utilizza le tecnologie digitali avanzate in tutte le loro possibilità, mentre il 41 per cento non le usa affatto.

La digitalizzazione, inoltre, secondo la strategia, offre grandi possibilità anche ai comparti del trasporto (sistemi di trasporto intelligenti) e dell’energia (reti intelligenti, contatori intelligenti) e può rendere più inclusiva la società, rendendo accessibili ai cittadini tutti i benefici dei servizi digitali, in particolare nei rapporti con la pubblica amministrazione.

 

 


 


 

Sessione III - Allargamento dell’Unione europea

La politica dell’UE per l’allargamento coinvolge attualmente i paesi dei Balcani occidentali, nonché la Turchia.

Hanno status di paese candidato i seguenti paesi: Albania (da giugno 2014), ex Repubblica iugoslava di Macedonia (da dicembre 2005), Montenegro (da giugno 2012), Serbia (da marzo 2012) e Turchia (da dicembre 2004).

Al momento negoziati di adesione sono stati già avviati per Montenegro e Turchia. Entro la fine del 2015 potrebbero essere avviati i negoziati con la Serbia.

La Bosnia-Erzegovina e il Kosovo hanno lo status di potenziali candidati.

Si ricorda che il Presidente della Commissione europea Juncker, ad inizio del suo mandato, ha espressamente indicato di escludere la possibilità di nuove adesioni all’UE nel breve e nel medio periodo.

Il 18 novembre 2015, il Presidente Juncker, in relazione alla discussione sulle prospettive della partecipazione del Regno Unito alla UE, ha dichiarato che in futuro, nella prospettiva di una UE allargata, occorrerà riconsiderare l’idea di una Europa a due velocità, prevedendo che alcuni Stati possano procedere con una maggiore velocità nel processo di integrazione europea rispetto ad altri.

 

Il Pacchetto allargamento della Commissione europea

Il 10 novembre 2015 la Commissione europea ha presentato la comunicazione annuale relativa al pacchetto allargamento - la prima presentata dall’attuale Commissione europea insediatasi nel novembre 2014 - con il quale delinea la strategia a medio termine dell’UE per la politica di allargamento e presenta le raccomandazioni per i paesi coinvolti nel processo di allargamento.

La Commissione indica che, considerato le sfide che i paesi dell'allargamento devono affrontare, nessuno di loro sarà pronto ad aderire all'Unione europea nel corso del mandato dell'attuale Commissione europea (il cui mandato scade nel 2019).

La Commissione considera prioritario che i paesi coinvolti dal processo di adesione si concentrino sulle riforme in materia di stato di diritto e in particolare:

·         le riforme del sistema giudiziario;

·         la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione;

·         la tutela dei i diritti fondamentali, compresa la libertà di espressione e la lotta contro la discriminazione, in particolare contro il comunità LGBTI e Rom. In particolare, la Commissione rileva come le disposizioni in materia di protezione dei diritti fondamentali, pur se adottate nei rispettivi ordinamenti, rimangono non applicate;

·         il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche;

·         la riforma della pubblica amministrazione.

 

La Commissione ritiene, inoltre, che i paesi dell’allargamento promuovano maggiormente lo sviluppo economico e rafforzino la competitività. In particolare, la Commissione fornirà il massimo sostengo alla agenda per la connettività nell’ambito del processo di Berlino, con particolare riferimento ai progetti di infrastrutture di trasporto e di energia.

Il Processo di Berlino è una iniziativa di cooperazione regionale con i paesi dei Balcani volto a promuoverne la crescita economica, fortemente voluto dalla Germania e inaugurato con il Vertice tenutosi a Berlino il 28 agosto 2014. In occasione della seconda riunione, svoltasi a Vienna nell’agosto 2015[2] sono stati approvati 10 progetti infrastrutturali per energia e trasporti per 615 milioni di euro, di cui un terzo da fondi europei di pre-adesione (IPA), e il resto tramite prestiti delle banche europee (la banca europea per la ricostruzione e sviluppo e la banca per gli investimenti) e della banca tedesca d’investimento KfW.

La Commissione rileva, inoltre, che i paesi dei Balcani e la Turchia sono fortemente coinvolti nella crisi dei rifugiati in provenienza dalla Siria e dall’Iraq e considera necessario stabilire una maggiore cooperazione volta, in particolare, a identificare le persone che necessitano protezione, fornire assistenza, rendere sicure le frontiere esterne dell’UE e smantellare le reti criminali dedite al traffico di esseri umani.

La Commissione rileva, infine, che i paesi coinvolti nel processo dell’allargamento si trovano ad affrontare sfide significative in termini di governance economica e della competitività, con bassi livelli di investimento e alti livelli di disoccupazione. I livelli di reddito restano molto bassi rispetto a quelli della UE e il processo di convergenza verso l'Unione europea appare lento. A tal fine la Commissione rileva che le riforme economiche sono fondamentali per la creazione di occupazione e la crescita e aumentare l'interesse degli investitori.

La Commissione prevede che nel corso del 2015 i paesi dei Balcani raggiungano un tasso di crescita economica pari al 2,5%. Per la Turchia si prevede un tasso di crescita pari a circa il 3%. Il livello di disoccupazione è particolarmente alto nei paesi dei Balcani con una media del 22%; in Turchia è di circa il 10%.

Secondo i dati Eurostat relativi al 2015, rispetto al Pil pro capite medio dell’UE, i paesi dell’allargamento hanno fatto registrare le seguenti percentuali di PIL pro capite: Albania, 29%; Bosnia – Erzegovina, 28%; Montenegro, 39%; Kosovo, non disponibile; Ex Repubblica iugoslava di Macedonia, 36%; Serbia, 35%;Turchia, 53%.

Albania

La Commissione rileva che l’Albania ha compiuto dei progressi ai fini dell’apertura di negoziati di adesione.

La Commissione europea formula le seguenti raccomandazioni:

·         adottare una strategia per una riforma complessiva del sistema giudiziario, che in particolare garantisca l’indipendenza dei giudici e dei procuratori e velocizzi l’iter della giustizia;

·         migliorare l’imparzialità e professionalità delle autorità responsabili delle procedure elettorali e assicurare un dialogo più costruttivo tra le diverse forze politiche;

·         rendere la pubblica amministrazione più professionale e meno soggetta a pressioni politiche;

·         rendere più efficace la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, rafforzando l’indipendenza degli organi e istituzioni coinvolti, troppo vulnerabili a pressioni politiche;

·         attivare procedure investigative di natura finanziaria, misure contro il riciclaggio dei capitali e misure di confisca dei beni;

·         dare effettiva applicazione della legislazione in materia di protezione dei diritti umani (considerata in linea con gli standard europei). Permangono episodi di esclusione sociale nei confronti delle comunità rom.

·         promuovere investimenti per migliorare la competitività, in particolare nei seguenti settori: istruzione e formazione professionale; infrastrutture di trasporto e reti dell'energia.

Bosnia-Erzegovina

La Commissione rileva che la Bosnia-Erzegovina ha ripreso il cammino di riforme, volte a promuovere il processo di avvicinamento all’UE.

La Commissione europea formula le seguenti raccomandazioni:

·         gli impegni formalmente assunti attraverso il programma di riforme approvato dal Governo a luglio 2015 devono essere tradotti in pratica, in particolare per quanto riguarda le riforme nell’ambito dello stato di diritto, di lotta alla corruzione ed alla criminalità organizzata;

·         la cornice istituzionale e legale per la protezione dei diritti fondamentali necessita degli adeguamenti sostanziali e la legislazione adottata deve essere pienamente applicata, in particolare per quanto riguarda la non discriminazione per quanto riguarda le comunità LGBTI e le minoranze;

·         completare le riforme nel sistema giudiziario;

·         occorre rafforzare la pubblica amministrazione e istituire un meccanismo di coordinamento per gli affari europei in vista dei futuri negoziati di adesione;

·         in ambito economico, occorre ridurre le rigidità del mercato del lavoro al fine di aumentare l’occupazione.

 

Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

La Commissione rileva che il processo di adesione dell’ ex Repubblica iugoslava di Macedonia al momento è in una situazione di stallo. Recenti scandali hanno evidenziato forti interferenze della politica nella sfera giudiziaria, nei media e nelle procedure elettorali.

La Commissione europea formula le seguenti raccomandazioni:

·         gli attori politici devono concentrarsi su un piano complessivo di riforme prioritarie volte a superare l’attuale crisi politica;

·         le risorse di bilancio devono essere meglio indirizzate verso iniziative volte a stimolare la crescita economica e aumentare l’occupazione. La procedura di bilancio deve nel suo complesso essere resa più trasparente;

·         rimane essenziale prendere iniziative volte a risolvere il contenzioso disputa sulla denominazione ufficiale del paese.

 

Kosovo

La Commissione europea ricorda i progressi raggiunti dal Kosovo, attraverso la firma dell’accordo di stabilizzazione e associazione con l’UE nell’ottobre 2015; la decisione di istituire corti specializzate per il giudizio sui crimini compiuti nell’ambito del conflitto in Kosovo; gli accordi raggiunti con la Serbia per la normalizzazione delle loro relazioni.

La Commissione europea formula le seguenti raccomandazioni:

·         mantenere l’attuale positivo slancio riformista, proseguendo le riforme nell’ambito dello stato di diritto e in particolare la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata;

·         provvedere senza ulteriori ritardi alle nomine vacanti presso numerose istituzioni e autorità indipendenti, sulla base del merito;

·         consentire al Parlamento lo svolgimento di liberi dibattiti su tutte le questioni relative al Kosovo, senza consentire forme di ostruzionismo e di violenza politica.

 

Montenegro

La Commissione rileva che il Montenegro ha fatto dei progressi nell’ottemperare ai criteri politici ed economici per l’avvio dei negoziati di adesione

La Commissione europea formula le seguenti raccomandazioni:

·         per il proseguimento dei negoziati di adesione, è fondamentale che le riforme in materia di stato di diritto trovino piena applicazione, in particolare per quanto riguarda:

-           lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata;

-           la nuova legislazione in materia elettorale;

·         tutte le parti politiche devono impegnarsi in un dialogo costruttivo, in particolare nella sede parlamentare;

·         occorre ridurre il debito pubblico e migliorare la competitività dei prodotti agricoli e industriali

 

Serbia

La Commissione europea rileva che la Serbia ha fatto sostanziali progressi, in particolare nel settore dello stato di diritto e nella normalizzazione delle relazioni con il Kosovo che potrebbero nel breve determinare la decisione dell’apertura dei primi capitoli di negoziato con la UE entro la fine del 2015.

La in formula le seguenti raccomandazioni:

·         proseguire le riforme nel settore dello stato di diritto, in particolare per quanto riguarda la riforma del sistema giudiziario e la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata;

·         migliorare il suo sistema di asilo e le capacità di accoglienza in relazione al flusso di migranti in provenienza da Siria e Iraq, a cui il paese è particolarmente esposto per la sua collocazione geografica;

·         promuove in modo sistematico iniziative per la tutela dei diritti delle comunità più vulnerabili, come le comunità LGBTI e la minoranza Rom.

·         proseguire le riforme economiche, con particolare attenzione al processo di ristrutturazione di imprese controllate dallo Stato e di pubblica utilità.

 

Turchia

La Commissione rileva che la Turchia è un partner chiave dell’UE, con il quale è cruciale aumentare il dialogo politico e la cooperazione, anche in considerazione del fatto che la Turchia è uno dei paesi più esposti al flusso dei migranti in provenienza della Siria e dall’Iraq.

La Commissione rileva che il percorso riformatore intrapreso dalla Turchia ha subito un arresto per lo svolgimento di ripetute procedure elettorali, un forte confronto tra le forze politiche e il deterioramento della situazione della sicurezza complessiva del paese.

In particolare, la Commissione evidenza delle lacune nel sistema giudiziario; nell’esercizio della libertà di espressione e riunione, che ha continuato a deteriorarsi. La risoluzione della questione curda è al momento sospesa.

 La Commissione rileva che, per quanto riguarda l’acquis comunitario la Turchia ha nel complesso raggiunto un buon grado di allineamento con la legislazione dell’UE in molti settori.

La Commissione europea formula le seguenti raccomandazioni:

·         occorre ridare slancio alle riforme nel settore dello stato di diritto e della tutela dei diritti fondamentali;

·         la Turchia ha una economica di mercato funzionante con una crescita moderata, ma deve comunque affrontare squilibri macroeconomici e realizzare ulteriori riforme di natura strutturale;

·         progredire ulteriormente nel processo di normalizzazione delle relazioni con Cipro.

Allo Stato attuale sono stati aperti negoziati su 14 capitoli su 33 previsti. La Commissione europea dichiara di avere proposto l’apertura dei negoziati sul capitolo 17 dei negoziati di adesione (economia e politica monetaria) e intende rilanciare la discussione sull’apertura dei capitoli 23 e 24 dei negoziati di adesione (relativi rispettivamente a sistema giudiziario e diritti fondamentali e giustizia, libertà e sicurezza), che potrebbero fornire alla Turchia una guida alla riforme da realizzare in tali ambiti.

 

Assistenza finanziaria

A partire dal 1° gennaio 2007 l’assistenza finanziaria ai paesi dei Balcani occidentali viene fornita attraverso lo strumento di preadesione, denominato IPA, che sostituisce i precedenti programmi.

Nell'ambito del quadro finanziario pluriennale dell’UE per il periodo 2014-2020, l’importo totale destinato allo strumento di preadesione – che si rivolge ai paesi dei Balcani ed alla Turchia - è di circa 11,7 miliardi di euro, che saranno cosi suddivisi:

·         Albania: 649,5 milioni di euro;

·         Bosnia-Erzegovina: 165,8 milioni di euro (al momento risultano stanziati solo i fondi relativi al periodo 2014-2017);

·         ex Repubblica iugoslava di Macedonia: 664,2 milioni di euro;

·         Kosovo: 645.5 milioni di euro;

·         Montenegro: 270,5 milioni di euro;

·         Serbia: 1,508 milioni di euro;

·         Turchia: 4,453 milioni di euro;

·         Iniziative multi paese: 2,958 milioni di euro;

 

 

La procedure per l’adesione di nuovi Stati all’UE

In base all'articolo 49 del trattato sull'UE (TUE) ogni Stato europeo può chiedere di diventare membro dell’Unione purché rispetti i principi e i valori comuni agli Stati membri e sui quali si fonda l'UE.

Il Paese interessato presenta la propria candidatura al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo pronuncia alla maggioranza assoluta dei membri che lo compongono. Il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali sono informati delle domande di adesione. Il riconoscimento al paese richiedente dello status di candidato non implica tuttavia l’automatica ed immediata apertura delle trattative per l'adesione che è subordinata ad una decisione del Consiglio europeo sulla base di un parere della Commissione che verifichi il rispetto, da parte del candidato, dei c.d. criteri di adesione, o criteri di Copenhagen (definiti nel corso del Consiglio europeo di Copenhagen nel 1993 e completati durante il Consiglio europeo di Madrid nel 1995). Tali criteri si articolano in:

-           criteri politici: stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell'uomo nonché il rispetto e la tutela delle minoranze;

-           criteri economici: esistenza di un' economia di mercato valida, una capacità di far fronte alla pressione della concorrenza e alle forze del mercato all'interno dell'UE;

-           capacità di assumere gli obblighi di membro derivanti dal diritto e dalle politiche dell'UE (o acquis), compresa l'adesione agli obiettivi dell'Unione politica, economica e monetaria;

-           adeguamento delle proprie strutture amministrative ai fini dell’integrazione.

Le trattative d'adesione si fondano su un quadro negoziale, stabilito dal Consiglio su proposta della Commissione, e sono suddivise in capitoli, corrispondenti a un settore specifico dell’acquis dell’UE. Il Consiglio decide sull'apertura di un capitolo in base a raccomandazioni della Commissione. I negoziati su ciascun capitolo sono conclusi quando il paese candidato soddisfa i criteri di riferimento (« benchmarks ») definiti a tale scopo.

Una volta concluse le trattative dell'insieme dei capitoli, le condizioni dell'adesione e gli adeguamenti dei trattati e delle istituzioni inerenti all'adesione formano oggetto di un trattato tra gli Stati membri e il paese candidato, sottoposto alla ratifica di tutti gli Stati contraenti.

 

 


 


Documenti


 

 


 

Progetto di Conclusioni

 

Nel progetto di conclusioni della LIV COSAC si fa riferimento ai seguenti punti:

·         approvazione del 24° rapporto semestrale COSAC predisposto dal Segretariato;

·         procedura per il cosiddetto “Cartellino giallo”, per il quale la COSAC propone che i pareri motivati adottati dai Parlamenti nazionali nell’ambito del controllo del principio di sussidiarietà dovrebbero menzionare la proposta legislativa cui si riferiscono, essere chiaramente denominati come “Parere motivato”, includere una traduzioni in inglese o francese o in alternativa un abstract, che includa anche una sintesi delle argomentazioni e l’indicazione delle basi giuridiche coinvolte. A tali fine, si invitano i Parlamenti nazionali - nel rispetto delle rispettive prassi interne – a considerare i sopracitati elementi nell’elaborazione di pareri motivati;

·         segretariato COSAC, per la quale la COSAC accoglie con favore la decisione assunta in occasione della riunione dei Presidenti della COSAC di rinnovare il mandato del membro permanentate del segretariato COSAC, Christiana Fryda, per il 2016 e 2017, si indica che allo stato attuale 25 camere di 28 Parlamenti nazionali hanno comunicato l’intenzione di partecipare ai costi di cofinanziamento e si invitano i rimanenti Parlamenti a rinnovare i propri impegni relativi ai costi per il cofinanziamento del membro permanente del segretariato e del sito web della COSAC per tale periodo.

Le Amministrazioni di Camera e Senato hanno inviato alla Presidenza lussemburghese il 15 ottobre 2015 la lettera di intenti che conferma l’intenzione di continuare a partecipare al cofinanziamento del membro permanente del segretariato e del sito web della COSAC per il periodo 2016-2016. Il costo complessivo per la quota delle spese per il membro permanente e del sito della COSAC ammonta ad un massimo di 80.000 euro annui, da ripartire per il numero dei Parlamenti che partecipano al cofinanziamento. L’impegno al cofinanziamento è valido solo se viene raggiunta la soglia di 14 Parlamenti di Stati membri che vi partecipano.


 


Draft as of 16 November 2015

 

Draft conclusions of the LIV COSAC

Luxembourg, 29 November - 1 December 2015

 

1. 24th Bi-annual Report of COSAC

 

COSAC welcomes the 24th Bi-annual Report of COSAC prepared by the COSAC Secretariat and warmly thanks the Secretariat for its excellent work.

 

2. “Yellow card”

 

2.1. COSAC notes that the working group on Strengthening the political dialogue by introducing a "green card" and improving the reasoned opinion procedure ("yellow card") suggests that a reasoned opinion should mention the legislative proposal it refers to, indicate clearly that the text is a reasoned opinion, include a translation or a summary of the text in English and French, as well as a summary of the argumentation, the legal basis and the motivation.

 

2.2. While respecting their established internal practices, COSAC encourages national Parliaments to consider these elements while drafting a reasoned opinion.

 

3. COSAC Secretariat

 

3.1. COSAC notes that the term in office of the Permanent Member of COSAC Secretariat will end on 31 December 2015.

 

COSAC welcomes the decision taken by the Chairpersons of COSAC held in Luxembourg on 1 December 2015 to renew Ms Christiana FRYDA’s appointment as Permanent Member of the COSAC Secretariat for 2016 - 2017.

 

COSAC expresses its gratitude to the House of Representatives of Cyprus for having seconded Ms Christiana FRYDA as Permanent Member for 2014 - 2015 and for continuing to second her for 2016 - 2017. COSAC is convinced that Ms FRYDA will smoothly continue to coordinate the work of the COSAC Secretariat.

 

3.2. COSAC recalls that the co-financing of the current Permanent Member and the office of the COSAC Secretariat and website maintenance costs ends on 31 December 2015. The Luxembourg Presidency invited Parliaments to renew their commitment to the co-financing agreement for the period from 1 January 2016 to 31 December 2017.

 

COSAC notes that so far 25 Chambers of 28 national Parliaments have signed and sent their letters of intent indicating that they are willing to participate in the co-financing for the above stated period.

 

COSAC welcomes the fact that this number is above the minimum threshold, therefore the co-financing of the Permanent Member and the office of the COSAC Secretariat and the costs of website maintenance will continue.

 

COSAC invites the remaining few Parliaments / Chambers to submit letters of intent as soon as possible.

 

3.3. COSAC thanks the European Parliament for hosting the COSAC Secretariat on its premises in Brussels and for providing it with appropriate office facilities.

 


 

 

Draft as of 16 November 2015

 

Draft contribution of the LIV COSAC

Luxembourg, 29 November 2015 - 1 December 2015

 

COSAC strongly condemns the barbaric attacks perpetrated on 13 November 2015 in Paris and shares the grief of the families of the victims and of the French people. COSAC calls for a united Europe in the fight against terrorism.

 

 

1. European Agenda on Migration

 

1.1. COSAC reaffirms the importance of providing an urgent solution to the tragic humanitarian situation of the refugee crisis and of offering assistance to partner countries to address the root causes of migration. COSAC welcomes the increased funding for the most affected Member States and for Frontex, EASO and Europol.

 

1.2. COSAC considers that the adoption of an effective, humanitarian and safe European migration policy has become one of the most urgent objectives of the European Union and supports the Member States to continue working on the implementation of the European agenda presented by the European Commission, which proposes concrete measures to respond to the refugee crisis and to prepare for future challenges.

 

1.3. COSAC underlines that in the European Union, an area of open borders and freedom of movement, Member States need to have a joint approach to guarantee high standards of protection for refugees by establishing a Common European Asylum System and a more effective EU return policy through a common Return Handbook and an EU Action Plan on Return.

 

1.4. COSAC recognises the need to offer solidarity to Member States facing an unprecedented flow of refugees and welcomes in this context the operational measures taken by the European Commission and the Member States which allowed the first relocations of asylum seekers to take place, and the resettlement of migrants from third countries to EU Member States.

 

1.5. COSAC welcomes the European Commission’s proposal for a permanent relocation mechanism of refugees and looks forward to the European Commission’s proposal for a permanent resettlement scheme and to the reform of the Dublin Regulation in March 2016.

 

1.6. COSAC is concerned about the increased irregular migration and human smuggling and trafficking into the EU and the significant number of migrants entering the EU from and through the Central and Eastern Mediterranean and the Balkans and sees a clear need to enforce the fight against illegal migration, human smuggling and trafficking, as well as to solve the problems in the countries of origin and to have better cooperation with countries of origin and transit countries. In this context, COSAC strongly supports the agreement on an EU-Turkey joint action plan.

 

1.7. COSAC welcomes the 17-point plan of action, agreed on 25 October 2015 at the Meeting on the Western Balkans migration route, to improve cooperation between countries along the Western Balkans migration route to tackle the refugee crisis in the region.

 

1.8. COSAC supports the Action Plan decided at the EU-Africa Summit held in Valletta on 11-12 November 2015, which is a true effort to strengthen cooperation in the area of migration and address the current challenges and opportunities.

 

1.9. COSAC takes note of the inter-related issues of migration and development and welcomes the decision of the EU to strengthen development cooperation with third countries to address the common challenges.

 

1.10. COSAC stresses the need to open legal channels for migration, in order to decrease the attempt of people who risk their lives trying to enter the EU in an illegal way and to meet the increasing demand for skills and talents in the EU. COSAC looks forward to the European Commission’s proposal to revise the Blue Card in March 2016.

 

1.11. COSAC considers that the EU needs a better border protection and management of its external borders by strengthening controls, including through additional resources for Frontex, EASO and Europol, and with personnel and equipment from Member States. However border security must not affect the application of the Schengen acquis, a re-introduction of border controls never being more than a short-term measure.

 

1.12. COSAC stresses that the EU must continue working closely with key international organisations such as the UNHCR, the United Nations Development Programme and, the International Organisation for Migration (IOM) and the International Red Cross and Red Crescent Movement to help tackling the refugee crisis at a global level.

2. A Digital Single Market Strategy for Europe

 

2.1. COSAC considers that the EU has to play a more prominent role in the global digital revolution in order to better exploit the significant growth potential it bears for the continent and deplores the lack of integration in this field, which undermines the access of EU consumers to online goods and services at competitive prices, and which impairs the development of digital cross-border networks and services.

 

2.2. COSAC welcomes the European Commission ’s communication on a Digital Single Market Strategy for Europe, which follows-up the commitment towards a Connected Digital Single Market of the European Commission ’s President, and looks forward to the European Commission ’s proposals for implementation of the Digital Single Market, especially on cross-border contract rules, geo-blocking and the reform of copyright regime.

 

2.3. COSAC welcomes the agreement on the regulation on a European single market for electronic communications, which marks a significant step towards the implementation of the Digital Single Market by allowing for the abolition of roaming charges by mid-2017 and protecting the open internet.

 

2.4. Beyond the technical and economic aspects of the Digital Single Market, COSAC calls on the European Commission to formulate suggestions in its upcoming New Skills Agenda for Europe on how to improve e-skills so that the digital revolution can better favour employment and asserts in this respect the importance of the European Social Fund and the Grand Coalition for Digital Jobs.

 

2.5. COSAC acknowledges the necessity of EU tax systems to adapt to the challenges raised by the digital economy and calls on the European Commission to formulate proposals to this respect relying on the work accomplished by EU Parliaments.

 

 

3. Enlargement policy

 

3.1. COSAC emphasises the historic success of the EU enlargement process, which has reunited the European continent and ensured stability, security, prosperity and the respect of fundamental rights to millions of Europeans.

 

3.2. COSAC takes note of the political guidelines of the President of the European Commission, which exclude further enlargement during the current European Commission’s mandate and supports the efforts of the European Commission in continuing EU accession negotiations and assisting pre-accession countries in implementing reforms; welcomes the European Commission’s 2015 enlargement package.

 

3.3. COSAC underlines that conditionality is an absolute requirement of accession negotiations and that the European Commission should thoroughly assess the compliance of candidate countries with the Copenhagen criteria, especially in the fields of rule of law, fundamental rights and public administration reform.

 

3.4. COSAC recalls the European perspective of the Western Balkans and welcomes the progress made in accession negotiations, and the Stabilisation and Association Process.

 

3.5. COSAC welcomes the resumption of membership negotiations with Turkey.

 

4. Improving the« yellow card » procedure

 

4.1. COSAC reiterates that the «yellow card » procedure needs improvement without Treaty change.

 

4.2. COSAC informs the European Commission that a vast majority of Parliaments whose views are presented in the 24th Bi-annual Report consider that the mid-December to New Year break should be excluded from the 8-week deadline provided by the treaties for a subsidiarity check and that a majority also stated that the recess periods in the EU institutions should be excluded as well. These periods should be announced annually by the European Commission.

 

4.3. COSAC invites the European Commission to consider excluding these periods from the 8-week deadline and invites the future Dutch Presidency to present a follow-up on this matter to COSAC.

 

4.4. COSAC furthermore reiterates its call upon the European Commission to strengthen efforts to ensure better quality and more timely responses to reasoned opinions.

 

5. Introducing « green cards » (enhanced political dialogue)

 

5.1. COSAC notes a wide support concerning the scope of the « green card » as well as a clear willingness of chambers whose views are presented in the 24th Bi-annual Report to proceed in a flexible way concerning procedural issues.

 

5.2. COSAC stresses that a « green card » could suggest introducing new EU legislation, as well as amending and repealing existing EU legislation.

 

5.3. COSAC supports the idea of introducing a minimum threshold, a deadline and a timeframe for participation in a « green card ». This minimum threshold should always be the same and, in case it is not reached, the text can be sent to the European Commission as a joint text by participating Parliaments/Chambers without considering it as a « green card ».

 

5.4. COSAC recognises the possibility to introduce amendments to the initial text following a deadline decided by the initiating Parliament/Chamber and supports the idea of allowing withdrawal from a « green card » at any stage.

 

5.5. COSAC underlines that the means of consulting interested Parliaments/Chambers should be left to the initiating Parliament's/Chamber’s choice.

 

5.6. COSAC invites the future Dutch Presidency to present a follow-up on this matter to COSAC.


 

 


 

 

Biografie


 


 

Mars Di Bartolomeo      Mars Di Bartolomeo

Speaker of the Chamber of Deputies of Luxembourg

 

Membre de la Chambre des Députés (Historique)

·         Président depuis le 05/12/2013

·         Député du 13/07/2004 au 30/07/2004

·         Député du 13/07/1999 au 05/06/2004

·         Député du 18/07/1994 au 08/06/1999

·         Député du 18/07/1989 au 05/06/1994

 

Fonctions

·         Membre du Parti ouvrier socialiste luxembourgeois 

·         Membre du groupe politique socialiste depuis le 05/12/2013

·         Président du Bureau depuis le 05/12/2013

·         Président de la Conférence des Présidents depuis le 05/12/2013

·         Membre effectif de la Délégation luxembourgeoise à l'Assemblée parlementaire de l'Organisation pour la Sécurité et la Coopération en Europe (OSCE) (Président de la Chambre des Députés, membre d'office) depuis le 05/12/2013

·         Membre effectif de la Délégation luxembourgeoise auprès du Conseil Parlementaire Interrégional (CPI) (Président de la Chambre des Députés, membre d'office) depuis le 05/12/2013

 

Fonctions antérieures

·         Ministre de la Santé de 2004 à 2013

·         Ministre de la Sécurité sociale de 2004 à 2013

·         Vice-Président de la Commission de la Santé et de la Sécurité sociale du 09/10/2001 au 05/06/2004

·         Membre suppléant de la Délégation à l'Assemblée Parlementaire de l'OTAN du 12/08/1999 au 05/06/2004

·         Président de la Délégation à l'Assemblée Parlementaire de l'OTAN du 27/07/1994 au 12/08/1999

·         Membre effectif de la Délégation luxembourgeoise auprès du Conseil Parlementaire Interrégional (CPI) du 12/10/1989 au 13/10/1992

·         Membre de la Commission spéciale "Immigration" du 12/06/2001 au 09/03/2004

·         Membre de la Commission spéciale "Plan d'action national en faveur de l'emploi" du 12/08/1999 au 05/06/2004

·         Membre de la Commission des Affaires intérieures (volet Police) du 10/10/2000 au 05/06/2004

·         Vice-Président de la Commission de la Fonction publique et de la Réforme administrative du 10/10/2000 au 05/06/2004

·         Vice-Président de la Commission de la Famille, de la Solidarité sociale et de la Jeunesse du 10/10/2000 au 05/06/2004

·         Membre de la Commission des Comptes du 12/08/1999 au 05/06/2004


 

Marc Angel      Mr Marc Angel

 

Chairman of the Committee on Foreign and European Affairs, Defence, Cooperation and Immigration of the Chamber of Deputies

 

Membre de la Chambre des Députés

·         Député depuis le 03/08/2004

·         Membre du Bureau

 

Fonctions

·         Président de la Commission des Affaires étrangères et européennes, de la Défense, de la Coopération et de l'Immigration

·         Vice-Président du groupe politique socialiste

·         Membre de la Commission juridique

·         Membre de la Commission de la Force publique

·         Membre de la Commission de la Culture

·         Membre de la Commission des Pétitions

·         Membre de la Commission de la Santé, de l'Egalité des chances et des Sports (pour le volet Égalité des chances)

·         Membre du Groupe interparlementaire du scoutisme

 

Fonctions internationales

·         Membre de la Délégation auprès de la Conférence des Organes Spécialisés dans les Affaires Communautaires (COSAC), (Président de la délégation)

·         Trésorier de l'Assemblée parlementaire de l'OTAN

·         Membre effectif de la Délégation auprès de l'Assemblée parlementaire de l'OTAN (Vice-Président de la délégation)

·         Membre effectif de la Délégation auprès de l'Union Interparlementaire (UIP)

 


 

Gaston Stronck        Mr. Gaston Stronk

Director of the International Economic Relations and European Affairs, Ministry of the Foreign and European Affairs, Luxembourg

Experience

Director for International Economic Relations and European Affairs

the Ministry of Foreign Affairs, Luxembourg

July 2014 – Present (1 year 5 months)Luxembourg

Ambassador

the Luxembourg Embassy in New Delhi

September 2011 – June 2014 (2 years 10 months)New Delhi

Ambassador

the Luxembourg Embassy in Moscow

September 2007 – August 2011 (4 years)

Ambassador

the Luxembourg Embassy in Copenhagen

August 2003 – August 2007 (4 years 1 month)


 

 

Laura FERRARA    Ms Laura Ferrara

Member of the civil Liberties, Justice and home Affairs Committee of the European Parliament

Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta

Gruppo Italia: Movimento 5 Stelle

Data di nascita: 11 settembre 1983, Napoli

Membro:

·         JURI Commissione giuridica

·         LIBE Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni

·         D-CL Delegazione alla commissione parlamentare mista UE-Cile

·         DACP Delegazione all'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE

·         DLAT Delegazione all'Assemblea parlamentare euro-latinoamericana

 

Membro sostituto

·         DEVE Commissione per lo sviluppo

·         DROI Sottocommissione per i diritti dell'uomo

 

Formazione (titoli e diplomi)

03/2009-05/2014 : University, Law: University of Florence – Doctorate in the theory and history of human rights

01/2005-12/2008 : University, Law: University of Bologna – Master's degree

09/2000-12/2004 : University, Law: University of Calabria – Honours degree

 

Carriera professionale

10/2012-...: Admitted as a solicitor (Public service/Government (other areas))


 

https://media.licdn.com/mpr/mpr/shrinknp_200_200/p/5/005/099/172/04d4131.jpg  Jean-Pierre Schembri

Spokesperson, European Asylum Support Office

Visiting Lecturer

University of Malta

2005 – Present (10 years) Malta

chef de cabinet and technical attaché

PREU

2007 – 2012 (5 years) Brussels Area, Belgium

EU Funds Manager

Office of the Prime Minister

2007 – 2007 (less than a year) Malta

Policy Officer

Ministry for Foreign Affairs of Malta

2005 – 2007 (2 years)VallettaVisiting Lecturer University of Malta 2005 – Present (10 years) Malta

chef de cabinet and technical attaché 

PREU 2007 – 2012 (5 years) Brussels Area, Belgium

EU Funds Manager Office of the Prime Minister 2007 – 2007 (less than a year) Malta

Policy Officer Ministry for Foreign Affairs of Malta 2005 – 2007 (2 years) Valletta


 

  Hervé Bléjean

 

Deputy Commander of EUNAVFOR MED

 

RADM Hervé Bléjean was born on the 11th of December 1963 in Toulon.

In 1993, he was assigned as the Commanding officer of the navigation training flotilla and training ship LEOPARD. This was followed by an appointment as the Aide-de-Camp to the Chief of Naval Staff, Admiral Lefebvre. He was later assigned to the ASW destroyer GEORGES LEYGUES as the Operations Officer.

He became a Sea Rider (training officer) at the training department of the French Force d’Action Navale in 1998. One year later, he attended the staff course at the Joint Service Defence College in Paris.

Having held the position of official representative of the Chief of the Military Branch and Civilian Personnel, he was appointed as the Commanding Officer of the surveillance frigate VENDÉMIAIRE. During this period he participated in the operation “Enduring Freedom” and deployments to the Gulf of Aden and Gulf of Oman.

Between 2003 and 2005, he assumed the responsibility of assistant to the Head of Human Resources Policy in the Navy Headquarters and worked on the renewal of the military status.

Promoted to the rank of Captain in 2005, he was appointed as the Head of the Naval Operations department at the CPCO (Centre of Operations management and planning) in the Defence headquarters.

In August 2007 RADM Hervé Bléjean took command of the helicopter carrier JEANNE D’ARC and French training squadron for naval officers.

From the 1st of September 2009, he was posted as an auditor of the 59th promotion of the Military Centre for Higher Studies and of the 62nd promotion of the National Defence Institute.

Upon completion of this course, he was appointed Deputy Chief of the Prime Minister’s military cabinet.

In September 2013, he was promoted Rear Admiral and appointed DCOM FRMARFOR in the Headquarters in Toulon.

RADM Hervé Bléjean is Chevalier of the Legion d’Honneur and Officer of the National Order of Merit.

He is married with two daughters and a son.

Andrus Ansip  Andrus Ansip

 

Vice-President of the European Commission for the Digital Single Market

 

Estonian nationality. Married with three children.

Commission Vice-President for the Digital Single Market 2014-present

Member of the European Parliament, Vice-President for the ALDE group 2014

Member of the Estonian parliament 2014

Prime Minister of Estonia 2005-14

Minister of Economic Affairs and Communications 2004-05

Mayor of Tartu 1998-2004

Deputy Head of Tartu Department of North Estonian Bank 1994-95

Member of the Board of Directors, Rahvapank 1993-94

Senior engineer, Institute of General and Molecular Pathology, Tartu State University 1983-86


 

Jean-Paul Zens

 

Premier Conseiller de Gouvernement, Service des medias et des communications, Ministère d’Etat de Luxembourg

 

Mr. Jean-Paul Zens is a Director-Media & Communications Department at Luxembourg Ministry of State.


He is on the Board of Directors at SES SA, SES ASTRA SA, and Entreprise des Postes & Télécommunications Luxembourg.

Mr. Zens also served on the board at SES Astra Services Europe SA.

He received his undergraduate degree from the University of Strasbourg and a graduate degree from the University of Strasbourg.


 

RE Kalle Palling.jpg    Kalle Palling

 

Chairman of the European Affairs Committee of the Riigikogu of Estonia

Born 27 February 1985 in Käru, is an Estonian politician, representing the Reform Party. Palling was first elected to the Riigikogu in 2007.

In 2015 parliamentary election, Palling got elected for his third term. 

In Riigikogu (Estonian Parliament) he became the Chairman of the Parliament's European Union Affairs Committee.

In May 2015, was elected to the executive board of the Estonian Reform Party.

 


 

Angelika MLINAR        Angelika Mlinar

 

Member of the European Parliament

 

Nata il 29 giugno 1970 ad Altendorf (Austria).

Formazione (titoli e diplomi)

Carriera professionale

Carriera politica


 

Simon Mordue

 

Director « Strategy and Turkey », DG NEAR, European Commission

 

In the Barroso II Commission he was Head of Cabinet for Štefan Füle, European Commissioner for Enlargement and Neighbourhood Policy.

In the Barroso I Commission, Simon he was deputy Head of Cabinet to Vice President Verheugen covering a broad range of areas in the VP's team including responsibility for driving forward the better regulation agenda and the relations of the VP with the EP and Council.  This latter involved overseeing, for the VP, complex inter-institutional negotiations on issues such as REACH, the single market for goods package, the defence package etc. 

He had also been part of Commissioner Verheugen's team for the last part of the Prodi Commission where he oversaw preparations for the new financial perspectives and also dealt with relations with the EP.

At other times in his career in the Commission, he has been head of Unit for the maritime sector in DG Transport and Energy (TREN); Head of the Financial Instruments Unit in Dg Enlargement and served also as Head of the Operational Sections of the EC's delegations in Romania and Turkey.

 


 

http://www.dz-rs.si/wps/PA_DZ-LN-Osebe/CommonRes?idOseba=P283  Kamal Izidor Shaker

 

Chairman of the Committee on EU Affairs of the Drzavni zbor of Slvoenia

 

 

Born on 5 October 1982

Education:

2001 Baccalaureate, Rudolf Maister Grammar and Secondary School Kamnik


Work experience:
2014–Deputy of the National Assembly
2013–2014 Project Coordinator, Youth Network MaMa
2010 Member of Municipal Council, Municipality of Domžale
2008–2013 President, National Youth Council of Slovenia
2006–2008 President, Association of Student Clubs of Slovenia–ŠKIS Association
2004–2008 President, Association of Student Clubs of Slovenia–ŠKIS Association
2001–2006 Project Coordinator, Domžale Student Club


 

Gunther Krichbaum       Gunther Krichbaum

 

Chairman of the Committeeon EU Affairs of the German Bundestag

 

Profession: Business lawyer
Date and place of birth: 4 May 1964, Korntal
Family status: married, three children
Place of residence: Pforzheim

Political career

·       Member of the “Junge Union” (youth section of the CDU/CSU) since 1979, Member of the Christian Democratic Union (CDU) since 1983.

·       Member of the Economic Council and the Small and Medium Enterprises and Business Organization of the CDU/CSU.

·       Chairman of the Pforzheim North/East local association of the CDU 1998-2009.

·       Deputy Chairman of the Pforzheim city association of the CDU from 2000 to 2009.

·       Chairman of the regional association of the CDU Pforzheim/Enzkreis since 2009.

·       Member of the German Bundestag since the beginning of the 15th electoral term in 2002 (directly elected member representing Pforzheim/Enzkreis constituency), re-elected twice, in 2005, 2009 and 2013 (with a 49,5% share of the vote).

·         Since 2007 Chairman of the Bundestag’s Committee on the Affairs of the European Union, substitute member of the Budget Committee.



[1] Attualmente sono 9 su 28 gli Stati membri dell’UE che non fanno parte dell’area dell’euro: Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Ungheria, Polonia, Romania, Svezia e Regno Unito. La Danimarca e il Regno Unito hanno negoziato una deroga permanente (clausola di opting-out) e non saranno quindi soggetti alla valutazione di convergenza ai fini dell’adesione alla moneta unica fino a quando non lo chiederanno.

[2] Vi hanno partecipato i Capi di Governo, i Ministri degli Esteri ed i Ministri dello Sviluppo Economico dei 6 Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia), di Germania, Austria, Francia, Italia, Croazia e Slovenia, ed inoltre il Presidente della Commissione UE, l'Alto Rappresentante UE per gli Affari Esteri e il Commissario UE per l’Allargamento.