Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||||
Titolo: | Riunione dei Presidenti della commissioni Produzione, Commercio e Affari marittimi - Atene, 16-17 marzo 2014 | ||||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 25 | ||||||
Data: | 13/03/2014 | ||||||
Descrittori: |
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Senato della Repubblica
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Camera dei deputati
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XVII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
riunioni interparlamentari
Riunione dei Presidenti delle Commissioni Produzione, Commercio e Affari marittimi
Atene, 16 - 17 marzo 2014
Senato della Repubblica n. 31/AP |
Camera dei deputati n. 25 |
13 marzo 2014
Il dossier è stato curato dall’Ufficio dei rapporti con le Istituzioni dell’Unione europea (' 06 6706.2891 - * affeuropei@senato.it) del Senato della Repubblica, che ha redatto i capitoli relativi alle Sessioni I e III.
Il capitolo relativo alla Sessione II è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it) e dal Servizio Studi - Dipartimento trasporti, poste e telecomunicazioni (' 06 6760.2614) della Camera dei deputati.
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I dossier dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari.
Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati declinano ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
I N D I C E
Schede di lettura |
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Prima sessione - Crescita blu: costruire l’economia blu (a cura dell’Ufficio dei rapporti con le Istituzioni dell’Unione europea del Senato della Repubblica) |
1 |
· La comunicazione “Crescita blu” |
1 |
· Le comunicazioni sullo sviluppo sostenibile nel settore dell’acquacoltura, sulle energie marine rinnovabili e sul turismo marittimo |
5 |
· La posizione del Parlamento europeo |
7 |
Seconda sessione - Collegare l’Europa - La politica europea dei trasporti: un veicolo per la crescita e l’occupazione (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea e del Servizio Studi della Camera dei deputati) |
11 |
· La politica UE dei trasporti |
11 |
· Le reti transeuropee dei trasporti (Reti TEN-T) |
11 |
· Il finanziamento del progetto TEN-T |
12 |
· Nuove linee guida per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti |
12 |
· Il Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility, CEF) |
13 |
· Iniziativa Prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti |
16 |
· Il documento della IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati sulle proposte di regolamento COM (2011) 650 e COM (2011) 665 |
17 |
· I corridoi di interesse dell’Italia |
17 |
· Lo stato di attuazione dei corridoi in Italia: alcuni elementi |
17 |
Terza sessione - Piccole e medie imprese (PMI): Facilitare l’accesso ai finanziamenti (a cura dell’Ufficio dei rapporti con le Istituzioni dell’Unione europea del Senato della Repubblica) |
19 |
· Small Business Act (SBA) |
19 |
· Specifiche esigenze di finanziamento delle PMI nel contesto della crisi economica |
21 |
· La semplificazione per le PMI |
24 |
· Priorità del Governo italiano per il 2014 |
24 |
Prima sessione
Crescita blu: costruire l’economia blu[1]
La comunicazione “Crescita blu”
Presentata il 13 settembre 2012, la Comunicazione della Commissione “Crescita blu: Opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo” (Com (2012) 494) si propone l’obiettivo generale di valorizzare il potenziale inutilizzato degli oceani, dei mari e delle coste in termini di crescita e occupazione. L’iniziativa “Crescita blu” rappresenta la dimensione marittima della strategia “Europa 2020” e intende dare un nuovo impulso alla politica marittima integrata della Commissione, avviando un processo che dovrebbe integrare durevolmente l’economia blu “nei programmi di lavoro degli Stati membri, delle regioni, delle imprese e della società civile”.
L’iniziativa della Commissione nasce da una riflessione di base: se si considerano tutte le attività economiche che dipendono dal mare, escluse le attività militari, l’economia blu dell’UE rappresenta 5,4 milioni di posti di lavoro e un valore aggiunto lordo pari a quasi 500 miliardi di euro l’anno. A tale quadro già rilevante e significativo si aggiungono, ad avviso della Commissione, tre nuovi elementi:
Il rapido progresso tecnologico, che consente di realizzare attività offshore in acque sempre più profonde;
L’accresciuta consapevolezza che terre e acque dolci sono risorse limitate, e che è pertanto necessario studiare in che modo la parte del pianeta coperta da oceani, che rappresenta il 71% della sua superficie, possa sopperire in modo più sostenibile a necessità umane quali l’alimentazione e l’energia;
La necessità di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, che oltre a determinare l’installazione di impianti di energia rinnovabile offshore ha fornito un ulteriore impulso al risparmio energetico e un motivo supplementare per favorire i trasporti marittimi rispetto a quelli terrestri, tenuto conto delle minori emissioni per tonnellata/chilometro.
L’economia blu include al suo interno una pletora di settori interdipendenti, che si basano sovente su competenze comuni e infrastrutture condivise come i porti e le reti di distribuzione dell’energia elettrica, e che includono, in ordine di incidenza sull’economia dell’UE: il turismo costiero, l’estrazione offshore di petrolio e gas, il trasporto marittimo a lungo e corto raggio, la nautica da diporto e i porti turistici, i servizi di traghetto passeggeri, il turismo da crociera, la pesca, il trasporto per vie navigabili interne, la protezione costiera, la produzione eolica offshore, il monitoraggio e la sorveglianza, la biotecnologia blu, la desalinizzazione, le attività estrattive aggregate, i prodotti acquatici marini, l’estrazione di minerali marini e le energie oceaniche rinnovabili. In quest’ambito estremamente variegato di attività, considerata la natura estremamente fragile dell’ambiente marino, l’economia blu deve divenire nei prossimi anni sempre più sostenibile. In particolare, sarà necessario “impegnarsi per ridurre l’impatto ambientale delle attività marittime, come l’emissione di sostanze inquinanti e lo scarico di sostanze nocive”.
Elencate una serie di iniziative degli Stati membri volte a rendere disponibile il potenziale dell’economia blu (come il programma irlandese INFOMAR, volto alla mappatura delle risorse marine, o il progetto MOSE, destinato a proteggere Venezia dalle inondazioni e dal degrado morfologico), e segnalati nella mancanza di accesso ai finanziamenti e nella penuria di manodopera adeguatamente qualificata i maggiori ostacoli alla crescita in quasi tutti i settori dell’economia blu, la Commissione procede a indicare le principali iniziative UE tese a rafforzare gli sforzi degli Stati membri e delle regioni e a fornire basi comuni che garantiscano il successo dell’economia blu:
Un’iniziativa della Commissione sulla pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere (formalizzata nella relativa proposta di direttiva, COM (2013) 133);
L’iniziativa “Conoscenze oceanografiche 2020” (COM (2012) 473), intesa a creare un’infrastruttura integrata delle conoscenze basata sui sistemi nazionali di raccolta delle informazioni;
Un sistema comune per la condivisione delle informazioni (CISE) ai fini della sorveglianza del settore marittimo dell’UE (COM (2010) 584), che dovrebbe consentire alle autorità competenti in settori quali la sicurezza della navigazione o il controllo della pesca di condividere informazioni sui rischi e le minacce esistenti;
La direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (2008/56/CE), volta a garantire che la pressione collettiva esercitata dalle attività umane sull’ambiente sia mantenuta entro livelli compatibili con il conseguimento di un buono stato ecologico entro il 2020;
Lo spazio europeo per il trasporto marittimo senza frontiere, che mira a semplificare le procedure amministrative per il trasporto marittimo (COM (2009) 10);
Un piano d’azione volto ad agevolare l’accesso ai finanziamenti per 23 milioni di PMI europee, adottato dalla Commissione nel dicembre 2011 (COM (2011) 870) e una proposta di nuovo quadro dell’UE che consenta di creare un vero mercato unico per i fondi di capitale di rischio (COM (2011) 860, approvata definitivamente come Regolamento n. 345/2013);
Azioni nel settore dell’istruzione e della formazione, da finanziare nell’ambito del programma “Erasmus per tutti”, come le “Alleanze della conoscenza” e le “Alleanze delle abilità settoriali”, nonché strumenti volti a facilitare il reciproco riconoscimento delle competenze e delle qualifiche;
I programmi UE per la ricerca marina e marittima e l’innovazione (COM (2008) 534) finanziati tramite il Settimo programma quadro. A questo proposito, la Commissione sottolinea come il nuovo programma “Orizzonte 2020” includerà tra i suoi obiettivi primari la ricerca e l’innovazione in materia di sicurezza alimentare, energia pulita, trasporti ecologici, azione per il clima ed efficienza delle risorse, nonché la ricerca interdisciplinare nel settore marino e marittimo;
L’iniziativa LeaderSHIP 2015, che ha l’obiettivo di affrontare meglio le nuove sfide che attendono il settore cantieristico dell’UE.
La Commissione sottolinea come gli sforzi per potenziare l’economia blu dell’UE dovrebbero essere ulteriormente rafforzati attraverso un utilizzo “trasversale” dei fondi stanziati con il nuovo Quadro finanziario pluriennale 2014-2020. A tal fine, un ruolo importante potrà essere svolto dalle strategie relative ai bacini marini, come quelle per il Baltico, l’Atlantico e la regione adriatico-ionica, che “integrano i preparativi per il nuovo quadro finanziario individuando problemi, soluzioni e interventi comuni”, offrendo così agli Stati membri “una piattaforma che consente loro di impegnarsi in una fase precoce nella definizione delle priorità”.
La comunicazione procede quindi a individuare i settori di intervento prioritario della “Crescita blu”: cinque catene di valore che potrebbero rappresentare altrettante fonti di crescita sostenibile e di occupazione.
Energia blu. La Commissione rileva come grazie agli obiettivi UE in materia di energie rinnovabili e ad incentivi per gli investimenti come le tariffe di riacquisto e le certificazioni ambientali, la produzione di energia eolica offshore abbia iniziato a espandersi, raggiungendo nel 2011 la percentuale del 10% della capacità installata e dando lavoro direttamente o indirettamente a 35.000 persone in tutta Europa. L’eolico offshore potrebbe assorbire il 4% della domanda di elettricità nell’UE entro il 2020 e il 14% entro il 2030. Esso andrebbe tuttavia affiancato da tecnologie che offrano un approvvigionamento di elettricità di base più prevedibile, che compensi il carattere fluttuante dell’approvvigionamento di origine eolica, quali le centrali mareomotrici (strutture simili a dighe utilizzate per catturare energia da masse d’acqua in entrata e in uscita da una baia o da un estuario), i dispositivi di produzione di energia dal moto ondoso e quelli di conversione dell’energia talassotermica, che sfruttano la differenza di temperatura tra le acque più fredde dei fondi oceanici e quelle più calde delle acque di superficie. Questi sforzi nel settore delle nuove tecnologie andrebbero mantenuti anche grazie a un utilizzo ad hoc dei Fondi strutturali, e al contempo andrebbero esplorate possibili sinergie con il settore offshore delle energie convenzionali, ad esempio cercando una soluzione comune alle sfide in materia di sicurezza e di infrastrutture (si veda, in proposito, la proposta della Commissione intesa ad armonizzare verso l’alto, a livello dell’UE, le norme di sicurezza nel settore offshore degli idrocarburi, tradotta nella direttiva 2013/30/UE).
Acquacoltura. I prodotti ittici rappresentano all’incirca il 15% delle proteine animali consumate a livello mondiale, e metà di essi proviene dall’acquacoltura: una percentuale che salirà al 65% entro il 2030 e che già oggi, nel territorio UE, è quantificabile in un 25%. Il tasso di crescita annuo del 6,6% fa dell’acquacoltura il settore a crescita più rapida tra quelli legati alla produzione di alimenti di origine animale, e oltre il 90% delle imprese acquicole dell’Unione è costituito da PMI, che forniscono circa 80.000 posti di lavoro. La mancanza di spazi marittimi disponibili per le attività di acquacoltura, la concorrenza sul mercato globale (specie dei paesi asiatici) e i vincoli amministrativi, in particolare per quanto riguarda le procedure per il rilascio delle licenze, costituiscono altrettanti ostacoli alla crescita. Nel quadro della riforma della politica comune della pesca, la Commissione ha proposto di promuovere l’acquacoltura tramite un “metodo aperto di coordinamento” basato su orientamenti strategici non vincolanti, piani strategici nazionali pluriennali e scambio di buone pratiche. Gli Stati membri andranno sensibilizzati su metodi di incremento della produzione che risultino sostenibili e rispondano alle preoccupazioni di altri utilizzatori dello spazio costiero o marittimo - ad esempio costruendo gabbie lungo i parchi eolici offshore. Tali misure riceveranno un sostegno finanziario dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e ulteriori forme di finanziamento dovrebbero essere reperite all’interno del programma Orizzonte 2020, per l’allevamento di nuove specie o l’ulteriore allontanamento dalle coste degli impianti.
Turismo marittimo, costiero e di crociera. Si tratta di un sottosettore che rappresenta attualmente la principale attività economica marittima e occupa 2,3 milioni di persone, pari all’1,1% dell’occupazione totale dell’UE. Anche in questo caso, le relative attività sono gestite quasi esclusivamente da PMI. Benché la maggior parte dei turisti non si allontanino dalle coste, le attività in mare aperto sono in aumento, con una crescita prevista del 2-3% annuo per la nautica e un sensibile incremento anche per il settore delle crociere, che in Europa occupa circa 150.000 persone e genera un fatturato diretto superiore ai 14 miliardi di euro. Il buono stato dell’ambiente, a partire dalla qualità delle acque di balneazione e dalla presenza di habitat costieri e marini incontaminati, è fondamentale per ogni forma di turismo “blu” e favorisce il potenziale di crescita di nuove forme di turismo. D’altro canto, la specificità dei singoli bacini marittimi europei richiede approcci su misura, adeguati alle sfide e alle opportunità che ciascuno di essi propone. Data l’immensa portata delle attività, la precarietà e il basso livello di qualifiche della maggior parte degli addetti attuali, nonché l’impatto dominante del turismo su molti ambienti costieri e marini, l’applicazione di misure a livello di bacino marino o a livello dell’UE potrebbe avere un significativo impatto positivo, anche attraverso le forme di coordinamento transfrontaliero che da esse deriverebbero.
Risorse minerali marine. Tra il 2000 e il 2010 si è registrato un incremento annuo del 15% circa nei prezzi di molte materie prime non energetiche, strettamente connesso a un aumento della domanda e a un conseguente rischio di difficoltà nell’approvvigionamento. Tali fattori, uniti ai rilevanti progressi nelle tecnologie estrattive, hanno indotto le società minerarie a prendere in considerazione le risorse del mare. Entro il 2020, il 5% delle riserve mondiali di minerali, compresi cobalto, rame e zinco, potrebbe provenire dai fondali oceanici, e tale percentuale potrebbe salire al 10% entro il 2030, con un fatturato rispettivamente di 5 e 10 miliardi di euro. Se l’attività estrattiva di minerali dai fondali marini dovesse espandersi, le imprese europee, con la loro esperienza in materia di navi specializzate e movimentazione subacquea, sarebbero ben posizionate per fornire prodotti e servizi di alta qualità. L’impegno in ambito UE dovrebbe pertanto includere misure volte a garantire che le imprese europee non vengano escluse dalla catena di valore per i minerali marini da concorrenti che ricevono sussidi statali. A tal fine si potrebbe ipotizzare un’azione pilota nel quadro del partenariato europeo per l’innovazione sulle materie prime (COM (2012) 82), accompagnata da uno sforzo di ricerca strutturato dell’UE relativo alle principali sfide a livello tecnologico.
Biotecnologia blu. Benché il mondo subacqueo resti ancora in larga parte inesplorato, le nuove tecniche di sequenziamento genetico hanno fatto sì che la capacità di organismi viventi diversi da pesci e molluschi di fornire un contributo all’economia blu cominciasse a essere apprezzata. L’esplorazione della biodiversità sta contribuendo a comprendere come organismi in grado di resistere a condizioni di temperatura e pressione estreme e di crescere senza luce potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo di nuovi enzimi industriali o prodotti farmaceutici. Allo stesso tempo, le preoccupazioni relative all’impatto sull’utilizzo del suolo e al fabbisogno idrico delle colture terrestri destinate alla produzione di biocarburanti stanno orientando gli sforzi volti a sperimentare l’uso di alghe come fonti di biocarburanti. Nel breve periodo, il settore delle biotecnologie blu dovrebbe emergere come mercato di nicchia concentrato su prodotti ad alto valore nei settori della salute, dei cosmetici e dei biomateriali industriali. Entro il 2020 potrebbe trasformarsi in un mercato di medie dimensioni, interessando anche le industrie alimentari, quelle di produzione di mangimi e le industrie chimiche. In una terza fase, infine, poco prima del 2030 e in funzione delle possibili innovazioni tecnologiche, da sostenere attraverso appositi finanziamenti, specie nel quadro del programma Orizzonte 2020, il settore delle biotecnologie marine potrebbe rifornire i mercati di massa, oltre a offrire una serie di prodotti specializzati ad alto valore aggiunto.
In conclusione, per ciascuno dei cinque settori individuati come prioritari, la Commissione intende analizzare le opzioni politiche esistenti e prendere in considerazione ulteriori iniziative. A tal fine ritiene necessario:
Valutare le opzioni possibili per offrire all’industria le garanzie necessarie per investire nelle energie marine rinnovabili;
Collaborare con gli Stati membri al fine di sviluppare buone pratiche e concordare gli orientamenti strategici per l’acquacoltura nell’UE;
Valutare in che modo il turismo marittimo e costiero possa contribuire ulteriormente alla crescita economica e fornire un’occupazione meno precaria, migliorando nel contempo la sostenibilità ambientale;
Valutare in che modo l’industria europea possa diventare competitiva nell’estrazione di minerali dai fondali marini e come ciò debba essere fatto, onde garantire che tale attività non impedisca alle generazioni future di beneficiare di ecosistemi finora incontaminati;
Esaminare in che modo la biotecnologia blu possa sfruttare la diversità della vita marina.
Le comunicazioni sullo sviluppo sostenibile nel settore dell’acquacoltura, sulle energie marine rinnovabili e sul turismo marittimo
Le conclusioni della Commissione si sono tradotte in tre comunicazioni, incentrate rispettivamente sullo sviluppo sostenibile nel settore dell’acquacoltura (COM (2013) 229), sulle energie marine rinnovabili (COM (2014) 8) e sul turismo marittimo (COM (2014) 86).
Nella comunicazione sullo sviluppo sostenibile nel settore dell’acquacoltura, la Commissione rileva come, nell’ambito della riforma della politica comune della pesca (PCP), la promozione del settore acquicolo sia stata affidata a un metodo di coordinamento aperto: un processo di cooperazione volontaria sulla base di orientamenti strategici e piani strategici nazionali pluriennali che definiscano obiettivi comuni e, se possibile, indicatori per misurare i progressi compiuti verso il loro conseguimento.
Gli elementi su cui puntare per uno sviluppo sostenibile e un potenziamento del settore sono:
la semplificazione delle procedure di rilascio delle licenze (in diversi Stati membri, la loro durata si aggira sui 2-3 anni), attraverso l’identificazione, da parte della Commissione in collaborazione con gli Stati membri, di buone pratiche e margini di miglioramento;
la pianificazione coordinata dello spazio attraverso piani regolatori che individuino i siti più adatti per l’acquacoltura, dal momento che le attività acquicole sembrano per ora occupare una porzione limitata del territorio e dei litorali;
la promozione della competitività dell’acquacoltura nell’UE, attraverso piani di produzione e commercializzazione che, insieme all’osservatorio europeo dei mercati, dovrebbero aiutare i produttori acquicoli a individuare opportunità commerciali e adeguare le loro strategie di marketing, nonché attraverso un’azione coordinata a livello locale tra imprenditori, autorità pubbliche, associazioni, organismi di ricerca, istruzione e formazione, e una diversificazione delle attività (ad esempio, la combinazione tra acquacoltura e pesca alla lenza e turismo);
la promozione di condizioni di parità per gli operatori dell’UE, sfruttandone i vantaggi concorrenziali - a partire dal rigore delle norme in materia di ambiente, salute degli animali e tutela dei consumatori - attraverso lo sviluppo di organizzazioni di produttori e di organizzazioni interprofessionali, anche a livello transnazionale, e la piena attuazione delle norme in materia di etichettatura, in particolare per quanto riguarda la freschezza, l’origine e la denominazione commerciale del prodotto.
Per quanto concerne la governance nel settore dell’acquacoltura, essa si esplicherà attraverso l’adozione da parte degli Stati membri, e sulla base degli orientamenti strategici individuati dalla Commissione, di piani nazionali pluriennali che coprano il periodo 2014-2020, in piena coerenza e integrazione con i programmi operativi (PO) previsti nell’ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).
Nella comunicazione sulle energie marine rinnovabili, la Commissione rileva come, per fare in modo che il settore dell’energia oceanica dispieghi a pieno il proprio potenziale all’interno della Strategia Crescita Blu, sia necessario raggiungere al più presto alcuni obiettivi fondamentali, in termini di:
Progressivo contenimento dei costi tecnologici, che rimangono molto elevati, e misure di facilitazione dell’accesso ai finanziamenti, anche attraverso una graduale, maggiore uniformazione delle tecnologie stesse;
Estensione e rafforzamento della rete di trasporto energetico dell’UE, sia offshore che sulla terraferma e come infrastruttura transfrontaliera;
Semplificazione delle procedure di autorizzazione e concessione delle licenze, attraverso l’integrazione dell’energia oceanica nei programmi nazionali di gestione dello spazio marittimo;
Intensificazione della ricerca e dello scambio di informazioni sugli impatti ambientali, per comprendere e attenuare eventuali effetti negativi sugli ecosistemi marini degli impianti per lo sfruttamento dell’energia oceanica;
Rilancio di un sistema di sovvenzioni e sostegno al reddito da parte degli Stati membri, dopo la forte riduzione registratasi negli ultimi anni a seguito della crisi economica.
Onde realizzare tali obiettivi, la Commissione ha deciso di optare per un piano d’azione da attuarsi in due fasi, che dovrebbe consentire di riunire una massa critica di operatori e di mettere a punto una risposta comune alle questioni in gioco.
Nella Prima fase (2014-2016) si prevede la creazione di un Forum sull’energia oceanica, che riunisca le parti interessate in una serie di seminari al fine di giungere a una comprensione comune dei problemi esistenti e di elaborare collettivamente soluzioni realistiche. Il Forum sarà organizzato secondo tre linee d’intervento:
Tecnologia e risorse, al fine di migliorare l’accessibilità, l’affidabilità, la capacità di sopravvivenza, il funzionamento e la stabilità dei dispositivi connessi all’energia oceanica, di individuare le possibilità di collaborazione per un uso più efficiente delle risorse e di una maggiore convergenza tecnologica, di valutare nel dettaglio le risorse energetiche oceaniche e le infrastrutture marittime e di migliorare l’integrazione del sistema energetico delle energie rinnovabili offshore;
Questioni amministrative e finanziamento, al fine di definire un catalogo di buone pratiche per quanto attiene alle procedure amministrative connesse agli impianti per lo sfruttamento dell’energia oceanica e di coinvolgere le autorità nazionali, le banche di sviluppo, i finanziatori privati e i promotori di progetti onde discutere le modalità più efficaci per stimolare gli investimenti nel settore;
Ambiente, al fine di promuovere la collaborazione sul monitoraggio degli impatti ambientali degli impianti esistenti e previsti, nonché l’elaborazione di metodi innovativi per attenuare l’impatto dello sfruttamento dell’energia oceanica sull’ambiente marino.
Sulla base degli esiti del Forum sarà quindi elaborata una tabella di marcia strategica, recante obiettivi chiari per lo sviluppo industriale del settore, nonché un calendario per la loro realizzazione.
Nella Seconda fase (2017-2020) potrebbe essere avviata una iniziativa industriale europea, vale a dire, un partenariato pubblico-privato che riunisca industria, ricercatori, Stati membri e Commissione per definire e realizzare obiettivi chiari e condivisi nell’arco di un periodo specifico, garantendo una condivisione dei rischi e una moltiplicazione degli investimenti privati.
Sulla base dell’esperienza acquisita nell’ambito della linea di intervento sulle questioni amministrative e il finanziamento e di quella sull’ambiente potrebbero essere messi a punto orientamenti settoriali specifici, volti a semplificare e facilitare l’attuazione delle direttive Habitat e Uccelli e dell’art. 13 della direttiva sulle energie rinnovabili, nonché a sostenere il processo di pianificazione dello spazio marittimo.
La Commissione procederà a una prima valutazione dei progressi compiuti nel 2017, e a una valutazione più completa dello stato di sviluppo dell’energia oceanica al massimo entro il 2020.
La comunicazione sulla strategia europea per il turismo costiero e marittimo, infine, individua le seguenti linee d’azione per un rafforzamento del settore nel breve come nel medio e lungo periodo:
Stimolare efficienza e competitività del settore, reagendo alla volatilità della domanda, superando la frammentazione e rafforzando le sinergie (come già ricordato nella “Strategia blu”, il turismo costiero è gestito quasi interamente da PMI). La Commissione si impegna a colmare le lacune nella disponibilità dei dati sul turismo, a inserire, ove appropriato, un filone costiero-marittimo nelle iniziative turistiche dell’UE, a promuovere un dialogo paneuropeo tra operatori del comparto crocieristico, porti e portatori d’interesse nel turismo costiero, e a sostenere lo sviluppo di partenariati, reti e raggruppamenti e di strategie di specializzazione intelligenti a dimensione transnazionale e interregionale. Invita altresì gli Stati membri, gli enti regionali e locali e l’industria turistica a partecipare attivamente alla creazione di reti e raggruppamenti e ad approntare pacchetti turistici maggiormente mirati a mercati specifici quali la terza età e le persone con disabilità;
Promuovere competenze e innovazione. La Commissione intende valutare se sia necessario un intervento dell’UE sulle qualifiche richieste per l’esercizio della professione di skipper e per il diportismo in genere, nonché per regolamentare le dotazioni di sicurezza nella navigazione turistica da diporto. Intende altresì stimolare formule innovative di gestione attraverso il portale “Iniziativa ICT e turismo”. Invita gli Stati membri e gli enti regionali e locali a incoraggiare la connettività via internet e promuovere gli strumenti di commercializzazione per via elettronica, nonché a promuovere servizi di traduzione delle cartine, degli opuscoli e delle informazioni logistiche. Quanto all’industria turistica, essa dovrebbe partecipare attivamente a iniziative di promozione delle competenze e della formazione professionale, investire in iniziative di controllo della qualità dei prodotti turistici e del personale che opera nel settore, e allestire o promuovere corsi pubblici in linea per migliorare o riorientare le competenze nel settore costiero-marittimo;
Rafforzare la sostenibilità. Per un rilancio e un rafforzamento del turismo è necessario in primo luogo affrontare le pressioni sull’ambiente, promuovendo l’ecoturismo, l’attuazione del protocollo della Convenzione di Barcellona sulla gestione integrata delle zone costiere e le strategie in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti e di scarico di rifiuti in mare. Va inoltre promossa un’offerta innovativa, sostenibile e di qualità e vanno trasformati i vincoli geografici delle isole e delle regioni periferiche in opportunità, incoraggiando la diversificazione e l’integrazione dei poli di attrattiva costieri con quelli situati all’interno, e commissionando studi sul modo in cui migliorare la connettività delle isole e su possibili pratiche innovative di sviluppo dei porti turistici;
Trarre il massimo dai finanziamenti UE disponibili, attingendo, all’interno del QFP 2014-2020, ai fondi strutturali e di investimento, ai programmi quadro Orizzonte 2020 per la ricerca, COSME per la competitività della piccola e media impresa, Europa creativa per istruzione, formazione e cultura, LIFE+ per l’ambiente;
Integrare l’aspetto del turismo costiero e marittimo in altre politiche dell’UE, a partire dalle strategie macroregionali del Baltico, dell’Atlantico e dell’Adriatico-Ionio.
La posizione del Parlamento europeo
Il 2 luglio 2013, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla “Crescita blu”, che contiene una serie di valutazioni e proposte, così sintetizzabili:
In linea generale, il Parlamento europeo accoglie con favore tanto la comunicazione sulla crescita blu quanto la relazione della Commissione sui progressi della politica marittima integrata; invita le autorità locali, regionali, nazionali ed europee a creare le condizioni necessarie a una crescita sostenibile dell’economia marina e marittima attraverso la definizione di sistemi di pianificazione dello spazio marittimo, il miglioramento delle infrastrutture, la creazione di un accesso alle competenze professionali e la garanzia dei finanziamenti; sottolinea il ruolo svolto dalle strategie per i bacini marini nella prospettiva di stimolare uno sviluppo regionale e incoraggiare una crescita blu inclusiva; prende atto con soddisfazione dei progressi ottenuti nell’attuazione delle strategie dell’Unione per le regioni del Mar Baltico e dell’Oceano Atlantico e ribadisce il suo invito alla Commissione a elaborare una strategia UE per la regione del Mar Nero; rileva con preoccupazione l’impatto ambientale dei rifiuti marini in tutti i bacini marittimi europei e invita la Commissione e gli Stati membri a concentrare l’attenzione sulla piena attuazione e sul rispetto delle pertinenti direttive, quali la direttiva relativa alla gestione dei rifiuti, la direttiva relativa agli ambienti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi, nonché della strategia sulla qualità dell’acqua e l’ambiente marino; sottolinea come tutte le attività marittime debbano essere condotte conformemente alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS); evidenzia la necessità di adottare un approccio comune a livello UE in materia di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali del mare, che garantisca la delimitazione efficace e sicura delle zone economiche esclusive (ZEE) fra gli Stati membri e i paesi terzi in conformità del diritto internazionale;
In tema di pianificazione dello spazio marittimo e gestione integrata delle zone costiere, ritiene necessario rafforzare l’interfaccia terra-mare nella pianificazione dello spazio, onde garantire la continuità delle attività umane e della catena logistica, nonché l’interconnessione fra le coste e i relativi entroterra; esorta la Commissione ad assistere gli Stati membri nel varo di piani di inventariazione e mappatura dei relitti navali e dei siti archeologici sommersi, in quanto parte del patrimonio storico e culturale dell’Unione;
Per quanto attiene alle competenze marittime e all’occupazione, ritiene che l’occupazione nell’economia blu possa superare la cifra stimata di 7 milioni di posti di lavoro entro il 2020, laddove sia sostenuta da politiche di formazione tese a garantire la presenza di una forza lavoro mobile con sufficienti competenze ed esperienza; invita la Commissione a monitorare da vicino e a sostenere gli sforzi a livello regionale per valutare le competenze e le professioni che saranno richieste nei settori dell’economia blu e a garantire che iniziative quali il “panorama europeo delle competenze” riflettano le esigenze dell’economia blu; ritiene altresì importante che la Commissione, insieme agli Stati membri, elabori un piano d’azione per la promozione, diretta o indiretta, delle professioni legate all’economia blu al fine di attrarre i cittadini; invita infine la Commissione a promuovere iniziative per la mobilità dei lavoratori tra settori economici e Stati membri, nonché del personale di ricerca;
In materia di ricerca e innovazione, fa osservare l’altissimo livello della capacità di ricerca dell’UE in ambito marino e la sua importanza ai fini dell’elaborazione di politiche convalidate e di attività commerciali improntate all’innovazione, ma anche le difficoltà incontrate dalle aziende nel commercializzare i risultati delle ricerche; invita la Commissione ad aggiornare la propria strategia europea per la ricerca marina e marittima entro il 2014, proponendo misure concrete per migliorare le sinergie e la divulgazione di conoscenze tra i ricercatori dell’UE;
Per ciò che riguarda i trasporti marittimi e la cantieristica navale, esprime soddisfazione per il successo del programma pilota “Cintura blu” e invita la Commissione ad avanzare le proposte legislative necessarie alle creazione della Cintura blu, compresa la necessaria revisione del codice doganale dell’UE entro il 2013; sottolinea la necessità di estendere il ruolo delle autostrade marittime quali principali corridoi europei, sviluppando al contempo catene intermodali integrate per il trasporto di passeggeri e merci; si sofferma sull’attuazione del terzo pacchetto sulla sicurezza marittima, che migliora la qualità delle navi che battono bandiera europea, il lavoro svolto dalle società di classificazione, le ispezioni portuali, il controllo del traffico marittimo, le indagini sugli incidenti e la protezione delle vittime; invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare gli sforzi per raggiungere un accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dal trasporto marittimo; sottolinea la necessità di sostenere lo sviluppo di servizi e infrastrutture portuali efficaci e sostenibili, in grado di far fronte alle sfide del previsto aumento del traffico marittimo, della riduzione dei danni ambientali e acustici, del trasferimento modale dalla terra al mare e della fluidità e intermodalità del trasporto di persone e merci; rileva come la cantieristica navale nell’UE abbia le potenzialità per aumentare il suo contributo alla crescita e all’occupazione sfruttando le opportunità che derivano dalla richiesta di “navi pulite” nonché di imbarcazioni e strutture adatte alla costruzione, installazione e gestione di parchi eolici offshore; esorta il Consiglio a trovare un accordo con il Parlamento europeo affinché venga adottato un regolamento che contempli la demolizione di pescherecci nel rispetto dell’ambiente e delle condizioni di lavoro e dei lavoratori, consentendo così all’industria navale dell’Unione di rendere più competitivo il riciclaggio;
In tema di turismo marittimo e costiero, chiede agli Stati membri, con il coinvolgimento diretto delle autorità locali e regionali nonché delle organizzazioni della società civile, di sostenere iniziative per lo sviluppo e il miglioramento delle infrastrutture turistiche sostenibili; rileva l’importanza di creare o migliorare gli istituti scolastici specializzati di alto livello, nonché di migliorare le offerte formative destinate a potenziare la qualità dei prodotti e dei servizi turistici; invita la Commissione a intensificare gli sforzi per promuovere la competitività dei porti europei, attraverso il sostegno e il coordinamento delle capacità di infrastrutture portuali e il miglioramento dei servizi forniti; ribadisce l’importanza del turismo balneare come peculiarità di alcune regioni costiere europee e invita la Commissione a effettuare una valutazione di impatto per verificare se la direttiva “servizi nel mercato interno” abbia ripercussioni negative sulle PMI di questo settore e, se lo ritiene necessario, a proporre misure per attenuare tale impatto;
Per quanto concerne l’energia blu, invita la Commissione a sostenere attivamente la leadership globale dell’UE in questo settore attraverso lo sviluppo di una strategia industriale europea per l’energia blu, come ha fatto in passato per altri settori, e ad adottare, nella futura comunicazione relativa a questo settore, un approccio integrato in merito allo sviluppo delle risorse energetiche marittime, sfruttando le sinergie tra energia eolica offshore e le altre forme di energia marina rinnovabile; invita gli Stati membri a collaborare per facilitare la costruzione sostenibile della rete di trasmissione off shore del Mare del Nord per l’energia sostenibile, e la Commissione a proporre il corrispondente quadro normativo;
In tema di pesca e acquacoltura, sottolinea l’importanza di sviluppare un’acquacoltura sostenibile per ridurre la pesca eccessiva degli stock ittici europei e la dipendenza dalle importazioni di pesce dai paesi terzi, che rappresentano oltre il 60% dei prodotti ittici consumati nell’UE; invita la Commissione a promuovere l’acquacoltura off shore, che può essere combinata con strutture per l’energia blu al fine di ridurre la pressione dell’acquacoltura troppo intensiva sugli ecosistemi costieri e su altre attività; riconosce che la protezione delle frontiere marittime europee costituisce una sfida per gli Stati membri, e ritiene che un’economia blu di successo necessiti di frontiere marittime sicure al fine di garantire la protezione dell’ambiente marino, i controlli sulla pesca, la lotta alla pesca illegale e l’applicazione della legge; sottolinea a tale proposito l’importanza di istituire un corpo europeo di guardie costiere al fine di coordinare le attività e la sorveglianza in mare;
Per quanto attiene all’estrazione di minerali marini, invita la Commissione a prestare particolare attenzione alle conseguenze ambientali delle attività estrattive sui fondali marini, soprattutto negli ambienti marini molto sensibili, a sostenere i progetti di ricerca pertinenti, ad applicare il “principio di precauzione” e a collaborare con le autorità dei paesi terzi competenti nel settore; riconosce peraltro che un uso più efficiente delle risorse, accompagnato da migliori politiche in materia di riciclaggio, offrirebbe un approccio molto più conveniente sotto il profilo economico e sostenibile rispetto allo sfruttamento intensivo delle risorse sottomarine per soddisfare il fabbisogno di minerali;
Infine, in tema di biotecnologia blu, riconosce come essa abbia le potenzialità per creare posti di lavoro altamente qualificati e possa offrire molto in ambiti critici quali la salute, la nutrizione e l’innovazione; accoglie con favore l’intenzione della Commissione di sostenere la ricerca e l’innovazione necessarie a promuovere tale attività a livello imprenditoriale; sottolinea il potenziale offerto dalla biodiversità marina, in particolare a profondità ancora largamente inesplorate, ma evidenzia la necessità di un’esplorazione cauta di tali ecosistemi, in quanto altamente sensibili; invita la Commissione a definire chiaramente i problemi e le sfide relativi alla biotecnologia blu (per esempio la bio-nanotecnologia, i biomateriali e l’introduzione di pesci, molluschi e microrganismi geneticamente modificati) e ad adottare un approccio scientifico basato sul principio di precauzione al fine di individuare, valutare e gestire i rischi ambientali e sanitari connessi.
Seconda sessione
Collegare l’Europa – La politica europea dei trasporti:
un veicolo per la crescita e l’occupazione[2]
Il settore dei trasporti ha un’importanza prioritaria nell’azione dell’Unione europea, quale presupposto necessario per lo sviluppo del mercato interno, la coesione economica, sociale e territoriale, la crescita e l’occupazione, se si considera che esso impiega più di 11 milioni di persone e contribuisce al PIL dell’Unione per il 5%.
La politica UE per i trasporti persegue i seguenti obiettivi:
ridurre la congestione, che incide sul traffico sia stradale che aereo. Secondo le stime della Commissione, all’Europa costa l’1% circa del PIL lordo e le previsioni indicano un aumento del traffico merci e passeggeri costante;
ridurre la dipendenza dal petrolio. I trasporti sono diventati più efficienti in termini di consumi energetici, ma continuano a dipendere dal petrolio per il 96% del loro fabbisogno di energia;
ridurre le emissioni di gas serra: per contenere l’aumento globale della temperatura al di sotto di 2 gradi, entro il 2050 l’UE deve ridurre le emissioni prodotte dai trasporti del 60% (e quelle complessive dell’80-95%) rispetto ai livelli del 1990;
ammodernare le infrastrutture: non presentano uno sviluppo uniforme nel territorio dell’UE. Per esempio, in quasi tutti i paesi dell’Europa orientale mancano linee ferroviarie per l’alta velocità, mentre quelle convenzionali sono spesso in cattive condizioni;
sostenere la concorrenza: i trasporti europei si trovano ad affrontare una concorrenza sempre più forte sui mercati mondiali in rapido sviluppo.
Le reti transeuropee dei trasporti (Reti TEN-T)
Al fine di stabilire un’unica rete multimodale per integrare trasporto terrestre, marittimo e aereo, in vista di un mercato unico europeo, l’Unione europea ha deciso di sviluppare il progetto Ten-T riguardante la rete transeuropea dei trasporti, consentendo a merci e persone di circolare rapidamente e facilmente tra gli Stati membri e garantendo connessioni internazionali.
il progetto Ten-T ha come principali obiettivi:
Stabilire e sviluppare le connessioni e le interconnessioni necessarie per eliminare i colli di bottiglia
Completare le principali infrastrutture con particolare riferimento a quelle transfrontaliere ed a quelle che attraversano le barriere naturali (con riferimento alle isole e alle altre zone periferiche)
Promuovere investimenti per l’intermodalità e la riduzione del traffico su gomma (autostrade del mare e trasporto fluviale)
Integrare le esigenze ambientali e quelle di sicurezza e sviluppare una mobilità sostenibile delle persone e delle merci, coerentemente con gli obiettivi dell’Unione sullo sviluppo sostenibile.
Il finanziamento del progetto TEN-T
Il fabbisogno finanziario per la realizzazione integrale delle reti Ten-T è stimato in 500 miliardi di euro, di cui 270 miliardi per l’asse prioritario e i progetti annessi. Le risorse disponibili risultano tuttavia di ammontare nettamente inferiore.
Fonte: Commissione europea 2010
Dal momento che le stime parlano di un raddoppio del traffico entro il 2020, è stato necessario dare un ordine prioritario ai singoli progetti, tenendo presenti le necessità dei governi nazionali. Nel momento della necessaria revisione sul periodo 2007-2013 sono stati quindi selezionati 30 progetti in relazione al valore aggiunto e al loro contributo alla sostenibilità dei sistema di trasporto. Di questi, 18 riguardano il trasporto ferroviario, 3 sono i progetti misti ferrovia-strada e 2 riguardano il trasporto per vie navigabili interne, con particolare riferimento alle “autostrade” del mare (i restanti riguardano il settore energetico).
Nuove linee guida per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti
L’11 dicembre 2013 è stato pubblicato in G.U. il regolamento sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, facente parte del pacchetto di misure infrastrutturali presentato dalla Commissione europea ad ottobre 2011, insieme al nuovo strumento di bilancio, il Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility, CEF).
I nuovi orientamenti prospettano la creazione di una rete TEN-T articolata in due livelli:
una rete centrale a livello UE (da realizzarsi entro il 2030) basata su un “approccio per corridoi”;
una rete globale (da realizzarsi entro il 2050) che comprenderà infrastrutture a livello nazionale e regionale.
La rete centrale è articolata intorno a 9 corridoi principali: 2 corridoi nord-sud, 3 corridoi est-ovest e 4 corridoi diagonali. Ogni corridoio deve includere tre modalità di trasporto, tre Stati membri e due sezioni transfrontaliere.
La rete centrale collegherà:
94 grandi porti europei con linee ferroviarie e stradali;
38 grandi aeroporti con linee ferroviarie che portano alle città principali;
15 000 km di linee ferroviarie convertite ad alta velocità;
35 progetti transfrontalieri destinati a ridurre le strozzature.
La rete globale è costituita da tutte le infrastrutture esistenti e programmate che soddisfano i requisiti degli orientamenti e dovrà essere realizzata entro e non oltre il 31 dicembre 2050.
Per quanto riguarda l’Italia, essa sarà interessata da quattro corridoi:
- corridoio Helsinki-La Valletta (attraversa il Mar Baltico dalla Finlandia e dalla Svezia e, passando attraverso la Germania, le Alpi e l’Italia, collega i principali centri urbani e porti della Scandinavia e della Germania settentrionale con i centri industrializzati della Germania meridionale, dell’Austria e del norditalia e quindi i porti italiani e della Valletta),
- corridoio Mediterraneo (collegherà la Penisola iberica con il confine ungaro-ucraino, costeggiando il litorale mediterraneo della Spagna e della Francia per poi attraversare le Alpi nell’Italia settentrionale in direzione est, toccando la costa adriatica in Slovenia e Croazia, e proseguire verso l’Ungheria; a parte il Po e qualche altro canale nel norditalia, è un corridoio essenzialmente stradale e ferroviario; fa parte del progetto il collegamento Lione-Torino);
- corridoio Baltico-Adriatico (è uno dei più importanti assi stradali e ferroviari transeuropei che collega il Mar Baltico al Mare Adriatico attraversando la Polonia meridionale, Vienna e Bratislava, la Regione delle Alpi orientali e l’Italia settentrionale);
- corridoio Reno-Alpi (collegherà Rotterdam e Anversa con Genova, attraversando la Svizzera).
Il Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility, CEF)
In conseguenza del fatto che le risorse disponibili non sono sufficienti per realizzare integralmente i progetti inclusi nelle reti Ten-T, il Meccanismo per collegare l’Europa - istituito dal regolamento (UE) N. 1316/2013 dell’11 dicembre 2013 - delinea un piano di investimenti destinato a migliorare le reti europee di trasporto (oltre alle reti di energia e telecomunicazioni), contribuendo a creare posti di lavoro e a rafforzare la competitività dell’Europa, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020.
Lo scopo del meccanismo è razionalizzare ed agevolare la concessione del sostegno dell’UE a favore delle infrastrutture, ottimizzando gli strumenti disponibili, uniformando le norme operative per il loro uso e mettendo a frutto le possibili sinergie tra i tre settori considerati. Esso sarà coordinato con gli altri interventi finanziati dal bilancio dell’Unione, come “Horizon 2020”, il fondo di coesione e i fondi strutturali. Per la realizzazione del progetto delle reti Ten-T, infatti l’Unione europea fa riferimento a varie fonti di finanziamento, tra cui: il bilancio di trasporto per le reti transeuropee; il Fondo di coesione (nei paesi ammissibili per il suo intervento); il Fondo europeo di sviluppo regionale; la Banca europea degli investimenti (Bei).
La dotazione finanziaria per il Connecting Europe Facility per il periodo 2014-2020, a prezzi costanti 2011, è pari a 29,3 miliardi di euro, di cui 23,2 miliardi sono destinati al settore dei trasporti; tra questi 10 miliardi di euro sono riservati ai paesi dell’obiettivo di coesione (agli Stati con PIL pro capite inferiore al 90% della media UE-27; l’Italia quindi non potrà beneficiarne).
Nell’elenco di progetti individuati in via preliminare per la rete centrale, allegato al regolamento che istituisce il CEF, si segnalano i seguenti progetti riguardanti l’Italia:
Corridoio |
Trieste, Venezia, Ravenna, Capodistria |
Porti |
Interconnessioni con i porti, (ulteriore) sviluppo delle piattaforme multimodali |
Corridoio Mediterraneo |
Lione - Torino |
Ferrovia |
Sezione transfrontaliera, lavori sulla galleria di base; studi e lavori sulle vie di accesso |
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Milano - Brescia |
Ferrovia |
Parziale adeguamento della linea ad alta velocità e linea ad alta velocità parzialmente nuova |
|
Brescia - Venezia - Trieste |
Ferrovia |
Lavori da avviare entro il 2014 su diverse sezioni in sinergia con i lavori di adeguamento intrapresi sulle tratte comuni come nel corridoio Baltico – Adriatico |
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Milano – Cremona- Mantova – Porto Levante / Venezia – Ravenna / Trieste |
Vie navigabili interne |
Studi e lavori |
|
Cremona, Mantova, Venezia, Ravenna, Trieste |
Porti di navigazione interna |
Interconnessioni con i porti, (ulteriore) sviluppo delle piattaforme multimodali |
Corridoio Scandinavo-Mediterraneo |
Galleria di base del Brennero |
Ferrovia |
Studi e lavori |
|
Fortezza -Verona |
Ferrovia |
Studi e lavori |
|
Napoli - Bari |
Ferrovia |
Studi e lavori |
|
Napoli - Reggio Calabria |
Ferrovia |
Adeguamento |
|
Verona - Bologna |
Ferrovia |
Adeguamento in corso |
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Ancona, Napoli, Bari, La Spezia, Livorno |
Porti |
Interconnessioni con i porti, (ulteriore) sviluppo delle piattaforme multimodali |
|
Messina - Catania – Augusta / Palermo |
Ferrovia |
Adeguamento |
|
Palermo - Taranto – Valletta / Marsa Scirocco |
Porti, autostrade del mare |
Interconnessioni con i porti |
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Bologna - Ancona |
Ferrovia |
Adeguamento |
Corridoio |
Genova |
Porto |
Interconnessioni con i porti |
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Genova - Milano / Novara - frontiera CH |
Ferrovia |
Studi; inizio dei lavori entro il 2020 |
Altre sezioni della rete centrale
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Barcellona - Valencia - Livorno |
Autostrade del mare |
Adeguamento |
I 23,2 miliardi di euro stanziati per i trasporti agiranno come “capitale di avviamento” per stimolare ulteriori investimenti da parte degli Stati membri. Tali finanziamenti infatti esercitano generalmente un forte “effetto leva”. L’esperienza degli ultimi anni dimostra che ogni milione di euro speso a livello europeo genererà 5 milioni dai governi degli Stati membri e 20 milioni dal settore privato.
La creazione di posti di lavoro, ad avviso della Commissione, deriverà direttamente dalla realizzazione delle opere (ingegneria meccanica, costruzioni, servizi alle imprese). L’occupazione sarà inoltre indirettamente incentivata dagli effetti economici che deriveranno dell’utilizzo delle nuove infrastrutture.
La Commissione ha calcolato che gli investimenti nelle infrastrutture relative ai trasporti per 200 miliardi di euro possono generare, di qui al 2020, almeno 650.000 nuovi posti di lavoro.
Più in generale, gli investimenti previsti nel CEF avranno un significativo impatto economico dal momento che accresceranno l’accessibilità al mercato e miglioreranno l’efficienza delle industrie di rete. I costi relativi ai trasporti, ad esempio, oggi rappresentano dal 2 al 10 % dei costi totali dei servizi e le famiglie europee spendono circa il 13% del loro reddito per beni e servizi collegati ai trasporti. Migliori collegamenti infrastrutturali contribuiranno a far scendere questi costi, oltre ad avere un significativo effetto sulla competitività e sulla salute dei cittadini.
Secondo i dati riportati dalla Commissione europea, nel 2010 il settore dei servizi di trasporto e magazzinaggio (comprese le attività postali e di corriere) nell’UE a 27 impiegava circa 11,1 milioni di persone, il 5% della forza lavoro totale: circa il 54% di loro nel trasporto terrestre (trasporto su strada, trasporto ferroviario, trasporto sulle vie navigabili interne, oleodotti e gasdotti), il 2% nel trasporto marittimo, il 4% nel trasporto aereo, il 24% in attività quali movimentazione merci, stoccaggio, deposito e magazzinaggio e il restante 16% in attività postali e di corriere.
Per quanto riguarda l’industria del settore (gestione, manutenzione, costruzione veicoli), essa genera il 6,3% del PIL dell’Unione, con 13,5 milioni di occupati, pari al 6,2% del totale.
Secondo il rapporto dell’OCSE “Crescita verde nei centri urbani” del maggio 2013, la ristrutturazione in chiave ecologica delle aree urbane mondiali potrebbe portare ad un aumento dei posti di lavoro del 13,03% nel 2030.
Solo il settore dell’aviazione fornisce 5,1 milioni di posti di lavoro, direttamente e indirettamente e contribuisce per 1 miliardo di euro al PIL europeo ogni giorno, trainando il commercio e il turismo. Dal 1992 ad oggi il numero di voli all’interno dell’UE è più che raddoppiato e l’Associazione internazionale per il trasporto aereo (International Air Transport Association – IATA) prevede che tra il 2012 e il 2017 il numero di passeggeri aumenterà del 31%. Gli aeroporti e le linee aeree dell’UE impiegano attualmente 670.000 lavoratori, mentre altri 3,2 milioni di persone dipendono in modo diretto o indiretto dal settore del trasporto aereo.
Tasso di occupazione per modalità di trasporto (EU-27) – 2009
Iniziativa Prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti
Allo scopo di facilitare l’accesso a finanziamenti privati mediante strumenti finanziari innovativi, come i prestiti obbligazionari per il finanziamento dei progetti (project bonds), la Commissione europea ha presentato, insieme al Meccanismo per collegare l’Europa, l’iniziativa sui project bond, che intende rilanciare il mercato delle obbligazioni e al contempo supportare i promotori dei singoli progetti infrastrutturali ad attrarre finanziamenti obbligazionari privati di lunga durata.
L’iniziativa è stata definitivamente approvata con la firma dell’Accordo di cooperazione tra la Commissione europea e la Banca europea degli investimenti (BEI), che definisce i criteri per la ripartizione dei rischi.
La fase pilota, gestita dalla BEI, beneficia di un finanziamento di 230 milioni di euro e incoraggerà interventi privati fino a 4 miliardi di euro per investimenti nelle infrastrutture nei settori dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni. La fase pilota si pone due obiettivi da realizzare:
• creare un mercato di capitali di debito come fonte addizionale di finanziamento di progetti infrastrutturali;
• stimolare gli investimenti nelle infrastrutture nel settore dei transporti, dell’energia e della tecnologia.
Nel dicembre 2013 la Commissione ha pubblicato la relazione intermedia sulla fase pilota dell’iniziativa, in cui si evidenzia che dopo solo 12 mesi, l’iniziativa sta rispondendo alle aspettative ed è un successo per quanto riguarda l’erogazione di finanziamenti a favore dei progetti. La Commissione rileva come il mercato abbia mostrato interesse per l’iniziativa e abbia trasmesso riscontri positivi, dando un contributo fondamentale alla promozione dei prestiti obbligazionari fra gli investitori. Per intensificare il ricorso ai prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti, occorre tuttavia sviluppare ulteriormente un mercato obbligazionario attivo. Inoltre, i governi dovrebbero impegnarsi a effettuare una programmazione a lungo termine, in modo da garantire una riserva di progetti infrastrutturali più stabile e trasparente.
Il documento della IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati sulle proposte di regolamento COM(2011) 650 e COM(2011) 665
Sul contenuto delle proposte di regolamento COM(2011)650 e COM(2011)665, poi approvate e divenute i regolamenti (UE) n. 1315/2013 e n. 1316/2013, la IX Commissione Trasporti della Camera si è pronunciata con il documento approvato nella seduta dell’11 luglio 2012, rilevando, tra le altre cose, l’opportunità di:
1) aumentare le risorse disponibili anche attraverso un maggiore ricorso ai Project Bond e la realizzazione del previsto aumento di capitale della Banca Europea degli Investimenti;
2) valorizzare il ruolo dell’Italia come piattaforma ideale per le connessioni mediterranee e trasversali in Europa, con una particolare attenzione, nell’ambito del Corridoio Mediterraneo, alle realtà portuali ed ai collegamenti con le Isole;
3) considerare il ruolo strategico, nell’ambito della rete centrale, che potrebbero assumere la realizzazione di un asse multimodale in grado di raccordare i porti dell’Alto Tirreno con quelli dell’Adriatico e lo sviluppo delle opere collegate al corridoio Baltico-Adriatico, lungo la dorsale Adriatica.
I corridoi di interesse dell’Italia
Nell’ambito della rete centrale sono stati individuati dieci corridoi, di cui quattro di diretto interesse per l’Italia:
1) il corridoio 1 Baltico-Adriatico che collegherà Helsinki a Ravenna, nell’ambito del quale sono previsti i collegamenti ferroviari Vienna-Udine-Venezia-Ravenna e Trieste-Venezia-Ravenna;
2) il corridoio 3 Mediterraneo da Algeciras (Spagna) fino alla frontiera ungherese che comprenderà, tra l’altro, i collegamenti ferroviari Lione-Torino, Milano-Brescia, Brescia-Venezia-Trieste, Milano-Mantova-Venezia-Trieste e Trieste-Diva;
3) il corridoio 5 Helsinki-La Valletta che comprenderà il tunnel di base del Brennero nonché i collegamenti ferroviari Fortezza-Verona, Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina-Palermo e Palermo-La Valletta;
4) il corridoio 9 Genova-Rotterdam che comprenderà i collegamenti ferroviari Genova-Milano-Novara (cosiddetto “terzo valico appenninico”).
Lo stato di attuazione dei corridoi in Italia: alcuni elementi
In base ai dati contenuti nell’ottavo rapporto sul monitoraggio delle infrastrutture strategiche (gennaio 2014), coordinato dal Servizio Studi della Camera, lo stato di attuazione di alcune delle principali opere contenute nella parte italiana dei corridoi di interesse dell’Italia è il seguente:
- per quanto concerne il corridoio 1 Baltico-Adriatico, l’intervento sulla linea ferroviaria Venezia-Udine-Tarvisio-Vienna risulta allo stadio di progetto preliminare, l’ultimazione dei lavori è prevista successivamente al 2020 e l’onere stimato al 31 ottobre 2013 è di 875 milioni di euro ancora totalmente da finanziare;
- per quanto concerne il corridoio 3 Mediterraneo: 1) il collegamento ferroviario transalpino Torino-Lione risulta allo stadio di progetto preliminare; l’ultimazione dei lavori è prevista successivamente all’anno 2020 e l’onere stimato al 31 ottobre 2013 è di 4.563.500.000 euro, ancora da finanziare per 3.494.399.000 euro; 2) l’asse ferroviario Torino-Trieste, per il quale non risultano disponibili informazioni sullo stato di attuazione e sull’ultimazione dei lavori, ha un onere stimato al 31 ottobre 2013 di 28.723.100.000 euro, ancora da finanziare per 17.993.987.000 euro.
- per quanto concerne il corridoio 5 Helsinki-La Valletta: 1) l’intervento sul valico del Brennero e sulla linea Fortezza-Verona vede i lavori già in corso per quel che riguarda la galleria di base del Brennero; l’ultimazione dei lavori è prevista successivamente al 2020, l’onere stimato al 31 ottobre 2013 è di 4.865.000.000 euro, ancora da finanziare per 4.027.740.000 euro; 2) la linea ferroviaria Napoli-Bari risulta allo stadio di progetto preliminare; l’ultimazione dei lavori è prevista successivamente al 2015; l’onere stimato al 31 ottobre 2013 è di 6.055.000.000 euro, ancora da finanziare per 3.433.750.000 euro; 3) l’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria-Palermo-Catania, per il quale non risultano disponibili informazioni sullo stato di attuazione e sull’ultimazione dei lavori, ha un onere stimato al 31 ottobre 2013 di 38.306.720.000 euro, ancora da finanziare per 34.484.770.000 euro.
- per quanto concerne il corridoio 9 Genova-Rotterdam, l’intervento relativo alla linea alta velocità/alta capacità Milano-Genova (c.d. “terzo valico dei Giovi”), per il quale i lavori risultano già in corso, ha un termine di ultimazione dei lavori individuato nel 2020 e un onere stimato, al 31 ottobre 2013, di 6.278.600.000 euro, ancora da finanziare per 4.661.000.000 euro.
Terza sessione
Piccole e medie imprese (PMI): Facilitare l’accesso ai finanziamenti[3][4]
L’azione europea in materia di piccole e medie imprese mira ad assicurare che le politiche dell’Unione siano idonee a sostenere questa peculiare categoria di operatori economici che:
- costituisce il 99 per cento di tutte le imprese UE, come ricostruisce il Parlamento europeo in una propria nota;
- produce il 67 per cento dell’occupazione e crea l’85 per cento di nuovi posti di lavoro, come riporta una pubblicazione dell’Unione europea risalente al maggio 2013 (“Le politiche dell’Unione europea. Imprese”[5]).
Il fine perseguito è quello di creare condizioni tali da favorire l’avvio di aziende e di attività commerciali.
A partire dal 2010 la politica per le PMI è confluita in gran parte nell’ambito di “Europa 2020”, strategia per la creazione di una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva[6].
Ai sensi degli artt. 6 e 173 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, quella relativa all’industria è una competenza di sostegno (“L’Unione e gli Stati membri provvedono affinché siano assicurate le condizioni necessarie alla competitività dell’industria dell’Unione”), finalizzata a “promuovere un ambiente favorevole all’iniziativa ed allo sviluppo delle imprese di tutta l’Unione, segnatamente delle piccole e medie imprese” (par. 1, c. 2, alinea 2). In quest’ambito “gli Stati membri si consultano reciprocamente in collegamento con la Commissione e, per quanto è necessario, coordinano le loro azioni. La Commissione può prendere ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento, in particolare iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all’organizzazione di scambi di migliori pratiche e alla preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici. Il Parlamento europeo è pienamente informato” (par. 2).
L’unione contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di politica industriale - specifica il TFUE - “attraverso politiche ed azioni (...) attuate ai sensi di altre disposizioni dei Trattati” (art. 173, par. 3). E in effetti, indipendentemente dal loro ambito operativo, l’attività delle PMI è interessata dalla legislazione UE in vari campi (fiscale, artt. 110-113 del TFUE; concorrenza, artt. 101-109 del TFUE; diritto di stabilimento, artt. 49-55 del TFUE). L’operato di queste imprese è, quindi, in vari modi condizionato dalle decisioni assunte al livello dell’Unione.
Small Business Act (SBA)
Il sostegno alle piccole e medie imprese è stato al centro dell’azione europea sin dal 2008, data a cui risale lo “Small business act” (COM(2008) 394), in cui si afferma chiaramente che “per la futura prosperità dell’UE, sarà (...) essenziale essere capaci di approfittare del potenziale di crescita e di innovazione delle piccole e medie imprese”. In quest’ottica, il documento proponeva 10 principi - successivamente approvati dal Consiglio europeo nel dicembre 2008[7] - per guidare la formulazione e l’attuazione delle relative politiche, sia al livello dell’Unione che degli Stati membri. Uno di tali principi (il n. 6) prevedeva l’adozione di misure che agevolassero l’accesso al credito per le PMI (in particolare ai capitali di rischio, al microcredito e al finanziamento mezzanino[8]), nonché lo sviluppo di un contesto giuridico ed economico che favorisse la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali[9].
In generale, lo SBA ha introdotto nella legislazione europea il principio “pensare anzitutto in piccolo” (“Think small first”), che fornisce il sottotitolo del documento.
Dello SBA è stato effettuato un riesame a inizio 2011 (COM(2011) 78). Il documento contiene una rassegna dei progressi compiuti e propone alcune soluzioni per una più efficace attuazione dei principi posti dallo SBA, anche alla luce della crisi economica nel frattempo conflagrata. Con particolare riferimento alle possibilità di finanziamento delle PMI, si descrivono i progressi effettuati sia ad opera della Commissione europea (par. 2.1) che degli Stati membri (nelle mani dei quali, a giudizio della Commissione, risiede la soluzione del problema, par. 2.2). Si segnala la necessità di ulteriori azioni (par. 2.3), tra le quali proprio una particolare attenzione alle necessità di finanziamento delle PMI.
In quest’ottica si suggerisce (par. 3.2) che gli Stati membri prevedano incentivi al reinvestimento degli utili nel capitale e sociale e potenzino i sistemi pubblici di finanziamento delle PMI. Analogo potenziamento dovrebbe avere luogo in ambito europeo, mentre la Commissione preannuncia semplificazioni degli strumenti finanziari innovativi e agevolazioni per l’accesso delle PMI ai programmi di investimento dell’Unione.
Il par. 4 prevede la pubblicazione di “relazioni annuali sulla competitività degli Stati membri dell’Unione europea sulla base dell’art. 173 del trattato di Lisbona”, al fine di valutare i progressi compiuti e scambiare buone prassi[10]. Istituisce inoltre la rete di rappresentanti delle piccole e medie imprese: un rappresentante al livello dell’Unione e uno per ogni Stato membro[11], che avranno il compito di “monitorare i progressi degli Stati membri nell’attuazione dello SBA e inform(are) regolarmente l’assemblea delle PMI” (par. 5).
In allegato al COM(2011) 78 sono pubblicati esempi di buone prassi adottate dagli Stati membri[12].
La riflessione ed il dibattito in tema di piccola e media impresa sono stati ripresi dalla recente Comunicazione “Per una rinascita industriale europea” (COM(2014) 14). Vi si ipotizza, infatti[13]:
di realizzare un ulteriore aggiornamento dello “Small Business Act”, tramite il quale “creare maggiori sinergie con il processo di riforma nell’ambito del Semestre europeo, aiutando le PMI a crescere e a creare lavoro” (par. 4). In proposito la relazione programmatica 2014 sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea conferma che “sui temi della competitività, dell’industria e delle PMI, l’attività europea sarà incentrata sui seguiti del Consiglio Europeo di febbraio 2014, con l’obiettivo di strutturare il dibattito sulla politica industriale come elemento imprescindibile del Semestre europeo” (pag. 50). L’ordine del giorno provvisorio della prossima riunione del Consiglio europeo, convocata per il 21 marzo 2014, prevede effettivamente (punto B) che si discuta di competitività industriale;
di contemplare possibili misure legislative per “assicurare che sia possibile avviare in qualsiasi Stato membro un’impresa in non più di tre giorni e a un costo massimo di 100 euro”, con “l’obiettivo di un mese per ottenere le necessarie licenze”;
lo studio di misure per ridurre la durata dei contenziosi giudiziari in materia di recupero crediti, nonché di norme minime di ristrutturazione del debito e per scongiurare l’insolvenza.
A livello nazionale il 4 maggio 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri ha adottato una raccomandazione per l’attuazione dello Small Business Act, che ha istituito un gruppo di lavoro permanente. Lo stesso documento (par. n. 6) ha incaricato il Ministero dello sviluppo economico di monitorare gli effetti dello SBA mediante relazioni periodiche alla Presidenza del Consiglio dei ministri. I rapporti annuali sulle iniziative a sostegno delle micro, piccole e medie imprese adottate in Italia (primo anno utile: 2009; è disponibile anche la relazione relativa all’anno 2013) sono disponibili per il download o la consultazione sul sito del Ministero. Vi si ritrova un’analisi comparata delle iniziative che l’Italia ed i singoli Paesi europei hanno intrapreso a favore delle Pmi, sia in relazione all’attuazione degli obiettivi fissati dallo SBA, che in risposta alla crisi economica.
Specifiche esigenze di finanziamento delle PMI nel contesto della crisi economica
Le difficoltà specifiche, cicliche e strutturali, incontrate dalle piccole e medie imprese nel reperire finanziamenti sono state analizzate dalla Commissione europea nella Comunicazione “Un piano d’azione per migliorare l’accesso delle PMI ai finanziameni” (COM(2011) 870). In questo documento si prende atto della larga dipendenza delle PMI dai prestiti bancari e della necessità di mettere a loro disposizione idonee alternative. A questo fine si preannuncia un intervento triplice (par. 2):
sfruttare la regolamentazione per accrescere la visibilità delle PMI tra gli investitori, come illustrato nel par. 3;
agevolare l’accesso ai finanziamenti tramite il bilancio UE (si veda il par. 4);
incentivare il coordinamento UE-Stati membri per favorire lo scambio di buone prassi e lo sviluppo di sinergie tra il livello nazionale e quello unionale (cfr. par. 5).
In conclusione, la Comunicazione (par. 6) pone alcuni obiettivi di breve termine (stabilizzazione dei mercati finanziari e rafforzamento delle banche, “assicurando al tempo stesso un flusso di credito ininterrotto verso le PMI”) ed altri di medio periodo (miglioramento del quadro regolamentare applicabile, “favorendo la creazione di un mercato unico per il capitale di rischio, potenziando i mercati dei capitali e riducendo i costi e gli oneri che gravano sulle PMI”).
Nel 2013 il Libro verde “Il finanziamento a lungo termine dell’economia europea” (COM(2013) 150) ha confermato che le piccole e medie imprese hanno risentito in maniera significativa della crisi economica, soprattutto in virtù della minore disponibilità di finanziamenti bancari e della conseguente carenza di liquidità[14]. La situazione di debolezza macroeconomica ha, infatti, determinato un clima di incertezza e di avversione al rischio mentre la crisi finanziaria ha compromesso la capacità delle banche di concedere presti a lunga scadenza.
Proprio al fine di individuare possibili, ulteriori modi di finanziamento il Libro verde ha avviato una consultazione, che si è svolta tra il 25 marzo ed il 25 giugno 2013. I quesiti relativi alle PMI (par. 3.4) riguardano i possibili interventi per favorire l’accesso a fonti alternative di finanziamento (quesito n. 26); la formulazione di eventuali strumenti di cartolarizzazione per le PMI (quesito n. 27) e l’approccio da seguire per un mercato a loro specificamente dedicato (art. 28); la definizione di un quadro regolamentare dell’Unione per lo sviluppo di questa forma di finanziamento non bancario (art. 29). Per una panoramica delle risposte fornite dai 292 partecipanti si rinvia al documento di sintesi, disponibile in lingua inglese, pubblicato sul sito Internet della Commissione. I suggerimenti pervenuti in risposta alle domande 26-29 risultano molto eterogenei ma tra questi si segnalano, in estrema sintesi, le risposte fornite da:
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, secondo il quale l’accesso a forme alternative di finanziamento può avere luogo tramite “fondi strategici” per le PMI e che ritiene auspicabile incrementare l’accesso ai canali bancari ordinari di finanziamento in quanto “un mercato del capitale segmentato non sarebbe utile ad alcuno, nemmeno alle PMI”;
ABI, la quale avverte che “queste scelte (...) hanno implicazioni anche sul ruolo attribuito alle ditte di investimento e alle banche, che non possono essere stabilite in linea teorica ma devono essere soppesate attraverso un’attenta analisi dello scenario economico del mercato potenziale al livello europeo” e suggerisce una maggiore trasparenza del mercato delle cartolarizzazioni;
Federazione banche assicurazione finanza[15], che anche sulla base dell’esperienza italiana del “fondo di garanzia per le PMI” ritiene auspicabile estendere l’esperienza delle garanzie congiunte a favore del credito delle piccole e medie imprese. In termini più generali, si esprime favorevolmente al ricorso a canali finanziari alternativi e complementari.
Altri enti italiani che hanno partecipato alla consultazione e si sono occupati di PMI sono stati l’Associazione nazionale promotori finanziari ed Assogestioni.
Nella Comunicazione “Per una rinascita industriale europea” (COM(2014) 14) la Commissione preannuncia che l’analisi dei contributi pervenuti nell’ambito della consultazione “sfocerà (...) in proposte di misure volte a diversificare le fonti di finanziamento per le PMI e a facilitare gli investimenti nel lungo periodo” (par. 3.2 a), pag. 14).
Possibilità concrete di finanziamento offerte nel contesto del quadro finanziario pluriennale in vigore
L’interesse ed il supporto dimostrato dalle istituzioni europee per le PMI ha preso la forma anche di specifiche forme di finanziamento rese loro disponibili.
Già il programma quadro per la competitività e l’innovazione, esauritosi a fine 2013, ha contribuito ad erogare circa 30 miliardi di euro di nuovi finanziamenti a più di 315.000 PMI, creando (o mantenendo stabilmente) circa 380.000 posti di lavoro. Nello stesso periodo i fondi strutturali hanno erogato circa 70 miliardi a beneficio di imprese, molte delle quali PMI[16].
In virtù della peculiare situazione congiunturale si è ritenuto opportuno, nel nuovo quadro finanziario pluriennale (2014-2020), reperire risorse per nuovi strumenti, auspicabilmente più efficaci, a sostegno dell’imprenditorialità e delle PMI. Si tratta, in particolare, dei programmi:
Horizon 2020, programma quadro di ricerca e innovazione, con un bilancio di 80 milioni di euro. Un apposito strumento del programma è dedicato alle PMI, erogando finanziamenti specifici alle attività di ricerca ed innovazione in fase iniziale e ad alto rischio condotte da piccole e medie imprese e da microimprese. Maggiori dettagli sull’iniziativa sono disponibili sul sito della Commissione europea, la quale ha messo a disposizione dei potenziali partecipanti un intero portale;
Cosme, programma specialmente concepito per la promozione delle piccole e medie imprese, dotato di un bilancio di 2,3 miliardi di euro. COSME opererà tramite due diversi strumenti:
loan guarantee facility, che fornirà agli intermediari finanziari (es. banche) garanzie sui prestiti delle piccole e medie imprese, come anche cartolarizzazione sui loro debiti. Tale condivisione del rischio permetterà, auspicabilmente, di espandere la gamma di imprese finanziabili;
equity facility for growth, che fornirà capitale di rischio e “finanza mezzanina”[17] a PMI in crescita ed in espansione, con particolare attenzione a quelle che operano in ambito transnazionale[18]. La gestione avrà luogo su una base commerciale, al fine di assicurare che gli investimenti intervengano su realtà con il più ampio potenziale di crescita.
È la stessa Commissione europea, tuttavia, ad affermare che “nonostante queste misure, ci si attende che l’accesso ai finanziamenti rimarrà problematico (... in quanto ...) un mercato interno dei capitali in cui le PMI possano avere un accesso transfrontaliero ai finanziamenti rimane ancora un obiettivo irrealizzato” (COM(2014) 14, pag. 13). In quest’ottica è possibile che della questione si discuta anche in sede di Consiglio europeo di primavera (20 e 21 marzo 2014).
Si segnala che la Commissione europea si propone di perseguire un approccio finalizzato a “creare ecosistemi favorevoli all’innovazione”, promuovendo il rafforzamento reciproco tra gruppi di PMI. In quest’ottica assumono rilevanza, tra l’altro (COM(2014) 14, pag. 20):
“l’abbinamento delle PMI che desiderano inserirsi in cluster di rilevanza mondiale nella ricerca dell’eccellenza e dell’accesso a catene di valore trans-europee”, mediante un approccio finalizzato a promuovere la collaborazione trans-settoriale e trans-frontaliera;
le cosiddette “catene a valore aggiunto”, dall’approvvigionamento di materie prime ai servizi alle imprese e alle distribuzione;
i legami con il mondo della ricerca, dell’istruzione e della formazione.
Si segnala infine che, sempre nel COM(2014) 14, la Commissione europea preannuncia la propria intenzione di rafforzare la rete “Enterprise europe” per dare maggiore sostegno alle PMI sul mercato interno in termini di accesso ai finanziamenti, miglioramento dell’efficienza energetica e della capacità di gestione dell’innovazione (par. 2.2, pag. 7).
Attività della Banca europea degli investimenti
La Banca europea degli investimenti mette a disposizione delle piccole e medie imprese una gamma piuttosto ampia di strumenti di supporto, descritti nel dettaglio in lingua inglese nel sito Internet della BEI. Tra questi si citano:
prestiti a condizioni favorevoli per gran parte degli investimenti - tangibili ed intangibili - necessari per lo sviluppo di una piccola impresa;
opzioni di finanza innovativa, quali strumenti di garanzia, di finanza strutturata (caratterizzati da un grado di rischio superiore a quello usualmente assunto dalla BEI) e di supporto al commercio (inaugurati specificamente a sostegno della Grecia e di Cipro);
iniezioni di capitale e consulenza per lo sviluppo;
investimenti in efficienza energetica, in collaborazione con la Commissione europea.
La semplificazione per le PMI
Si ricorda che la Commissione europea ha altresì perseguito un approccio di semplificazione e adattamento alle specifiche esigenze delle PMI. Si vedano, in questo senso:
la relazione “Ridurre al minimo indispensabile gli oneri normativi che gravano sulle PMI” (COM(2011) 803);
la Comunicazione “Legiferare con intelligenza: rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese” (COM(2013) 122).
Questi interventi non sono, però, stati risolutivi se di recente il COM(2014) 14 rileva come “la scarsa flessibilità dei meccanismi amministrativi e normativi, le rigidità di certi mercati del lavoro ed un’integrazione subottimale sul mercato interno continuino a frenare il potenziale di crescita delle imprese, soprattutto delle PMI”[19]. Per questo nel documento medesimo la Commissione europea “chiede vibratamente agli Stati membri di introdurre nel loro processo decisionale un test PMI o un sistema equivalente e di ridurre gli oneri amministrativi”[20].
Priorità del Governo italiano per il 2014
La relazione programmatica 2014 sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea riporta l’intenzione di “affiancare all’accordo raggiunto in sede di Consiglio Europeo nel giugno 2012 in materia di crescita e occupazione (cosiddetto Compact for growth and jobs) un ‘Industrial Compact’ che sia in grado di stimolare un nuovo radicamento sul territorio europeo di un tessuto industriale competitivo, raccogliendo formalmente il testimone del Consiglio Europeo di febbraio una volta insediati il nuovo Parlamento Europeo e la nuova Commissione”. In questo contesto si prevede che “il ruolo dell’Italia andrà ben oltre la responsabilità di presidenza semestrale nel 2014, assumendo una funzione di guida per il Trio delle presidenze (che termina nel 2015), in particolare con riferimento al ruolo del Consiglio Competitività nell’ambito della procedura del Semestre europeo e dei temi legati alla governance economica dell’UE, nonché agli aspetti settoriali della politica industriale e alle politiche di sostegno per le PMI” (pag. 50).
Si segnala che dal 29 settembre al 5 ottobre, durante il semestre di Presidenza italiano, avrà luogo la “Settimana europea delle PMI“, una campagna - coordinata dalla Commissione europea - che mira a promuovere le imprese in tutta l’Europa in linea con lo “Small Business Act for Europe”. L’evento principale avrà luogo a Napoli dal 1° al 3 ottobre 2014, in concomitanza con l’Assemblea delle PMI e la cerimonia di assegnazione dei premi europei per la promozione d’impresa.
Bibliografia essenziale on-line
- Commissione europea: 2013 SMEs’Access to finance survey, analytical report
- Resoconto delle assise europee del finanziamento delle PMI (Bercy, giugno 2013), in lingua francese
- Brochure della Banca europea per gli investimenti su attività a favore delle piccole e medie imprese
Institute of International Finance, Restoring financing and growth to Europe’s SMEs, 2013.
[1] La presente sezione è a cura dell’Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’UE del Senato della Repubblica.
[2] La presente sezione è a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea e del Servizio Studi della Camera dei deputati.
[3] La presente sezione è a cura dell’Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’UE del Senato della Repubblica.
[4] La raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (C(2003) 1422) contiene la definizione di “PMI” rilevante per il diritto dell’Unione.
[5] A pag. 4.
[6] Per un approfondimento in questo senso, si rinvia allo studio “The SMEs in the frame of the “Europe 2020 strategy”, pubblicato in lingua inglese sul sito della Commissione europea.
[7] Par. 11, pag. 6.
[8] Con il termine “finanza mezzanina” si intende, sulla base della definizione offerta dal sito “IATE - Interactive terminology for Europe”, un “istituto sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni ottanta del secolo scorso (...) diventato col tempo un importante strumento ibrido di finanziamento che, combinando elementi del capitale di rischio con quelli del capitale di credito, risulta particolarmente versatile per le imprese che sono alla ricerca di risorse idonee a finanziare progetti di crescita interna, di espansione aziendale e di ristrutturazione”.
[9] Gli altri nove principi enunciati dallo SBA riguardavano: dar vita ad un contesto in cui imprenditori e imprese familiari possano prosperare e che sia gratificante per lo spirito imprenditoriale; far sì che imprenditori onesti, che abbiano sperimentato l’insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilità; formulare regole conformi al principio “pensare anzitutto in piccolo”; rendere le pubbliche amministrazioni permeabili alle esigenze delle PMI; adeguare l’intervento politico pubblico alle esigenze delle PMI; aiutare le PMI a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico; promuovere l’aggiornamento delle competenze e ogni forma di innovazione; permettere alle PMI di trasformare le sfide ambientali in opportunità; incoraggiarle e sostenerle perché beneficino della crescita dei mercati all’esterno dell’UE.
[10] Sono disponibili, sul sito Internet della Commissione europea, le schede informative SBA sull’Italia relative agli anni 2012 e 2013, con la descrizione dello status quo anche dell’accesso ai finanziamenti (cap. VI).
[11] Rappresentante per l’Italia è il Capo dipartimento per le imprese e l’internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico (si veda la lista dei rappresentanti nazionali sul sito dell’Unione europea).
[12] Proprio in relazione all’obiettivo di facilitazione dell’accesso al credito l’esperienza italiana è citata come esempio di “buone prassi” grazie al sostegno pubblico ai sistemi di garanzia delle piccole e medie imprese (pag. 23, COM(2011) 78). Il riferimento è al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Destinato agli operatori di ogni settore, per qualunque operazione finanziaria nell’ambito dell’attività imprenditoriale, l’intervento del Fondo - assistito dalla garanzia dello Stato - abbatte il rischio sull’importo garantito fino a 2,5 milioni di euro, facilitando l’accesso al credito. Per maggiori informazioni si rinvia al sito Internet dell’iniziativa, curato dal Ministero per lo sviluppo economico.
[13] A pagg. 20-21.
[14] Statistiche e studi comparativi sull’accesso al credito bancario da parte delle piccole e medie imprese in Europa sono riportate nel SWD(2014) 14 (“Stato dell’industria, visione settoriale e attuazione della politica industriale dell’Unione”, documento di lavoro dei servizi della Commissione di accompagnamento del COM(2014) 14), pagg. 11-12, disponibile in lingua inglese
[15] Intervento elaborato per conto di ABI, ANIA, AIFI, Assogestioni, Assoprevidenza e MEFOP.
[16] Dati aggiornati a fine 2013, contenuti nella Comunicazione “Per una rinascita industriale europea” (COM(2014) 14), pag. 19.
[17] Su cui si rinvia alla nota 5.
[18] Per quanto, secondo la ricostruzione del Parlamento europeo contenuta in uno studio del giugno 2013, “le piccole e medie imprese operano soprattutto a livello nazionale; sono infatti relativamente poche le PMI impegnate in attività transfrontaliere all’interno dell’UE”.
[19] Par. 1, pag. 2.
[20] Par. 4, pag. 21.
Per “test PMI” si intende un’analisi attenta finalizzata a “far sì che gli impatti sulle piccole e medie imprese siano accuratamente analizzati e presi in considerazione in tutte le pertinenti proposte legislative e politiche, con una chiara indicazione di effetti quantificati per le PMI, ogni volta che ciò sia possibile e proporzionato” (COM(2011) 78, par. 3.1).