Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di politica energetica sul tema "Il mercato interno dell'energia per il XXI secolo" - Bruxelles, 17 dicembre 2013
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 20
Data: 12/12/2013
Descrittori:
ENERGIA   UNIONE EUROPEA


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

riunioni interparlamentari

 

 

 

 

 

 

Riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di politica energetica sul tema "Il mercato interno dell’energia per il XXI secolo"

 

Bruxelles, 17 dicembre 2013

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 20

 

12 dicembre 2013

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

I paragrafi ‘I mercati energetici in Italia” e “La green economy” sono stati curati dal Servizio Studi, Dipartimento Attività produttive (' 066760.9574)

 

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Schede di lettura



Il Mercato interno dell’energia UE per il ventunesimo secolo

 

In base al programma, la riunione si articolerà in due sessioni riguardanti, rispettivamente:

·       la politica energetica europea – sfide, conquiste e prospettive;

·       una politica energetica europea per la crescita sostenibile e la competitività.

 

Il quadro normativo

Nel 2007 il Consiglio europeo ha definito gli obiettivi in materia di energia e cambiamenti climatici per il 2020:

·       ridurre le emissioni di gas serra del 20%;

·       portare la quota delle energie rinnovabili al 20%;

·       raggiungere il 20% dell'efficienza energetica[1].

La strategia Europa 2020[2], che si basa su stime per il fabbisogno di investimenti necessari nel settore energetico ammontanti a mille miliardi di euro entro il 2020, di cui 540 miliardi per la produzione di energia e 210 miliardi per le reti elettriche e del gas di importanza europea, riconferma gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo. La tabella che segue evidenzia, insieme agli obiettivi da raggiungere entro il 2020 relativamente al settore dei cambiamenti climatici e dell’energia, anche i risultati intermedi già raggiunti:

 

Indicatori

2005

2009

2011

Obiettivo 2020

Emissioni di gas serra (indice:1990=100)

93,2

83,7

83,0

80,0

Quota di energie rinnovabili sul totale di energia consumata (%)

8,5

11,6

13,0

20,0

Consumo primario di energia (milioni di tonnellate di petrolio equivalente)

1.703

1.592

1.583

1.474

Fonte: Eurostat

 

Con riferimento al settore dell’energia, i tre pilastri della politica dell’UE sono sostenibilità, competitività e sicurezza dell'approvvigionamento, da realizzare anche attraverso la diversificazione delle fonti, in modo da non determinare situazioni di dipendenza. Le linee guida a lungo termine sono tracciate nella Comunicazione della Commissione “Tabella di marcia per l’energia 2050 (COM(2011)885), in cui, analizzando i possibili scenari della politica energetica futura, sono individuate le sfide per il raggiungimento dell’obiettivo della decarbonizzazione del sistema energetico europeo (cioè la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell’80-95 per cento rispetto ai livelli del 1990). In particolare gli obiettivi che l’UE intende assicurare sono, tra l’altro, l’efficienza energetica; l’aumento della quota di energie rinnovabili; la valorizzazione del gas nella fase di transizione dal petrolio nel breve e medio termine; il miglioramento nelle tecniche di sfruttamento dell’energia nucleare. La tabella di marcia, inoltre, sottolinea come la piena integrazione delle reti energetiche europee e l'apertura dei mercati siano fondamentali per la conservazione di un equilibrio tra la sicurezza energetica, la competitività, l'efficienza sotto il profilo dei costi, un'economia sostenibile e gli interessi del consumatore.


Sessione I: il mercato interno dell’energia – Sfide, successi e prospettive

Il mercato interno dell’energia è disciplinato, nella sua architettura e nel suo funzionamento, dal terzo pacchetto dell’energia[3] e dalla normativa che lo integra[4]. La sua piena realizzazione, prevista nel 2014, è, anche ad avviso della Commissione, uno snodo fondamentale per la realizzazione dell’intera strategia energetica europea. Nella ComunicazioneRendere efficace il mercato interno dell’energia” (COM(2012)663), presentata nel novembre 2012 e sulla quale il Consiglio europeo ha adottato conclusioni (22 maggio 2013; 6-10 giugno 2013), è fatto il punto sullo stato di attuazione e sono individuati gli ostacoli che ancora occorre superare per la sua piena realizzazione.

Stato di attuazione: i risultati raggiunti

Il percorso di realizzazione del mercato, sia pure non completato, è comunque a buon punto. Nella Comunicazione, la Commissione presenta i risultati positivi già raggiunti alla data di presentazione della Comunicazione:

·       più scelta per il consumatore, grazie alla presenza nei mercati nazionali di più operatori e ai sistemi di raffronto delle tariffe;

·       tariffe più competitive, anche se ancora, ad avviso della Commissione, l’effetto sul prezzo della bolletta a carico del consumatore non è apprezzabile.

Le tabelle che seguono illustrano l’andamento dei prezzi di elettricità e di gas per i consumatori domestici nel biennio 2011-2012:

elettricità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


gas

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Con riferimento, in particolare all’Italia, dalle tabelle risulta, in particolare, che i prezzi dell’energia elettrica per i consumatori domestici italiani risultano inferiori ai prezzi mediamente praticati nell’Unione europea per le prime due classi di consumo (comprendenti consumi annui inferiori a 1.000 kWh e fino a2.500 kWh), sia al netto sia al lordo delle imposte e oneri, mentre risultano superiori per le restanti classi di consumo.  Per quanto riguarda il gas, viceversa, i prezzi medi del gas per i consumatori domestici sono mediamente superiori a quelli dell’Unione europea, per tutte le classi di consumo.

Per quanto riguarda, invece, i consumatori non domestici, i prezzi dell’energia elettrica per le imprese italiane risultano nel 2012 più alti della media europea per tutte le classi di consumo, come risulta dalla tabella che segue che si riferisce alle variazioni nel biennio 2011-2012:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Invece, per quanto riguarda il gas, nel 2012 i prezzi del gas naturale al lordo delle imposte per le imprese italiane sono risultati inferiori ai rispettivi prezzi medi praticati dall’Unione europea.

La tabella che segue evidenzia la variazione percentuale dei prezzi al lordo delle imposte nel periodo 2011-2012:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


·       migliore liquidità e trasparenza dei mercati all’ingrosso, grazie all’accoppiamento di mercato[5] tra gli Stati membri; ciò ha comportato un aumento del commercio transfrontaliero e una maggiore convergenza dei prezzi;

 

I prezzi denotano una tendenza alla stabilizzazione, come risulta dalla seguente tabella che confronta i prezzi del gas naturale a livello internazionale:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Autorità per l’energia elettrica e per il gas, Relazione annuale, marzo 2013.

 

 

La tabella che segue, che confronta il prezzo del gas naturale negli hub europei e alle frontiere, sembrerebbe evidenziare la convenienza allo sviluppo degli hub nell’UE in quanto contribuirebbero a tenere i prezzi più bassi:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Autorità per l’energia elettrica e per il gas, Relazione annuale, marzo 2013.

 

·       miglioramento della sicurezza dell’approvvigionamento, grazie ad un più ampio numero di fornitori (da 14 a 23 tra il 2000 e il 2010);

·       maggiore coordinamento in campo energetico del’UE con i Paesi terzi (la Commissione ricorda l’istituzione, nel 2005, della Comunità dell’energia di cui fanno parte i paesi dei Balcani occidentali, l’Ucraina e la Moldova).

 

I risultati da conseguire

La Commissione, al momento della pubblicazione della Comunicazione vedeva buone possibilità di raggiungere risultati positivi anche ulteriori punti, su alcuni dei quali, nel corso del 2013, sono stati comunque fatti passi avanti:

Controlli sui consumi e sulla bolletta energetica

Con riferimento a tali punti, la Commissione evidenzia che la piena realizzazione del mercato interno dell’energia consentirà, in primo luogo, il controllo del consumatore sulla bolletta energetica, incentivando investimenti improntati alla massima efficienza in termini di costi che, facendo pressione sui fornitori in termini di competitività, possono mantenere sotto controllo i costi al netto delle imposte per le famiglie e le aziende. Strettamente correlato a tale aspetto, è il maggiore controllo sui consumi energetici (e quindi, maggiori risparmi) attraverso nuovi servizi energetici aperti a nuovi operatori e incentivi di mercato.

A tale proposito, la Commissione fa riferimento, tra l’altro, ai sistemi intelligenti di misurazione dei consumi (c.d. contatori intelligenti) che, oltre a favorire il risparmio per le famiglie[6], possono aiutare l’adeguamento in tempo reale del consumo di energia elettrica alle fluttuazioni dei prezzi sul mercato).

Finalizzata al raggiungimento anche di tali obiettivi, nel novembre 2012 è entrata in vigore la direttiva sull’efficienza energetica (2012/27/UE), il cui termine per il recepimento per gli Stati membri è fissato al 5 giugno 2014. Lo scorso 6 novembre, la Commissione europea ha pubblicato i suoi orientamenti per l’attuazione di tale direttiva (COM(2013)762), allo scopo di fornire agli Stati membri linee guida utili per l’attuazione. In tale documento, in particolare, la Commissione sottolinea le grandi potenzialità di risparmio energetico derivanti da una maggiore efficienza, cui deve essere correlata la disponibilità delle informazioni sul consumo di energia. Infatti, la direttiva contiene norme dettagliate sulla misurazione e la fatturazione per i clienti finali per metterli in condizioni di prendere decisioni con cognizione di causa sull'approvvigionamento e l'utilizzo dell'energia.

Maggiore concorrenza

Al raggiungimento dell’obiettivo maggiore concorrenza contribuisce il migliore accesso ai mezzi di trasporto dell’energia: a tale proposito, la Commissione sottolinea il ruolo delle reti europee dei gestori dei sistemi di trasporto (ENTSO-E e ENTSOG) e dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER) nell’assicurare un uso più efficiente dell’infrastruttura esistente, permettendone l’accesso ad una pluralità di operatori. Per quanto riguarda, invece, le nuove infrastrutture, ad avviso della Commissione, occorre un impegno nella pianificazione ispirata a una prospettiva europea piuttosto che aziendale e basata sulle migliori tecnologie disponibili.

Si segnala che la politica infrastrutturale a lungo termine è stata delineata innanzi tutto nella comunicazione dal titolo "Priorità per le infrastrutture energetiche per il 2020 e oltre - Piano per una rete energetica europea integrata"[7] e successivamente accolta nel regolamento di recente adozione sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee[8] (orientamenti RTE-E) che individua nove corridoi prioritari per le infrastrutture energetiche strategiche a livello geografico nel campo dell'elettricità, del gas e del petrolio e tre aree prioritarie delle infrastrutture dell'Unione ossia le autostrade elettriche, le reti intelligenti e il trasporto di biossido di carbonio, la cui realizzazione costituisce la priorità comune dell'Unione nel breve e nel lungo termine. Nel corso del 2013, la Commissione europea è più volte intervenuta in materia di infrastrutture energetiche. In particolare, la proposta di regolamento in materia di progetti di investimento nelle infrastrutture per l'energia nell'Unione europea (COM(2013)153), presentata lo scorso marzo, riguarda gli investimenti da notificare alla Commissione e riferiti a progetti programmati e in fase di realizzazione, alle trasformazioni delle infrastrutture esistenti ed ai progetti di disattivazione di una certa dimensione su un orizzonte quinquennale, nel territorio degli Stati membri, comprese le interconnessioni con i paesi terzi.

Lo scorso ottobre, la Commissione, sulla base di quanto disposto dal citato regolamento[9], ha presentato una Comunicazione (COM(2013)711) dedicata alle prospettive a lungo termine dello sviluppo delle infrastrutture energetiche paneuropee. Essa reca un primo insieme di progetti di interesse comune (PIC) per il miglioramento dell'integrazione delle reti degli Stati membri. Tali progetti mirano a facilitare l'integrazione delle energie rinnovabili in tutta l'Unione, a diversificare le fonti di approvvigionamento di gas aprendo nuovi corridoi del gas[10] e a offrire soluzioni alternative agli Stati membri che dipendono da un'unica fonte di approvvigionamento di petrolio o di gas.

Tuttavia, come si legge nella Relazione annuale dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (2013), le infrastrutture di importazione appena realizzate o proposte (North Stream, South Stream, TAP, Nabucco,Galsi e diversi terminali di rigassificazione) sono state progettate per un mercato in rapida espansione. Negli ultimi anni, la recessione accompagnata dalla promozione di politiche di risparmio energetico, nonché dalla sostituzione del gas naturale per la generazione elettrica con carbone e fonti rinnovabili, ha invece portato a scarsa crescita, stagnazione e poi calo del fabbisogno. Pertanto, se la capacità di importazione venisse pienamente realizzata, ad avviso dell’Autorità, si determinerebbe un eccesso di offerta che, in un mercato libero ed efficiente, si risolverebbe in un calo significativo dei prezzi. Nella pratica, sempre ad avviso dell’Autorità, in vista di tale evoluzione, molti progetti vengono rallentati o cancellati.

Sviluppo e uso delle reti

Ad avviso della Commissione, il mercato unico dell’energia, una volta pienamente operante, potrà assicurare una maggiore efficienza nello sviluppo e nell’uso delle reti, mediante l’elaborazione di norme tecniche paneuropee (orientamenti e codici vincolanti). In particolare, lo sviluppo di codici di rete comprendenti norme solide, non discriminatorie ed equilibrate, deve portare all'armonizzazione della gestione delle reti e della configurazione del mercato nonché all'interoperatività.

 

Le sfide

Ad avviso della Commissione, la prima sfida è proprio quella della piena attuazione del mercato interno dell’energia, attraverso l’applicazione integrale del terzo pacchetto energia. A tale scopo, la Commissione intende spingere gli Stati membri a superare l’inerzia, ricorrendo allo scambio delle migliori pratiche e, se è il caso, anche all’apertura di procedure di infrazione.

Le ulteriori sfide individuate dalla Commissione riguardano:

Le imprese

La realizzazione del mercato interno dell’energia intende assicurare:

·       la parità di trattamento per tutte le imprese presenti sul mercato e l’istituzione e il mantenimento di pari condizioni di concorrenza; l’eliminazione dei vantaggi degli oligopoli e la parità di concorrenza deve essere perseguita non solo tra le imprese UE ma anche tra queste e le imprese dei Paesi terzi;

·       la riduzione del divario tra gli Stati membri, anche attraverso la promozione di iniziative regionali che concorrano alla creazione di altri hub del gas[11] e borse elettriche a livello regionale e, per l’energia elettrica, al raggiungimento, in tempi il più possibile brevi, dell’obiettivo del pieno accoppiamento di mercato in tutta l’UE. Agli Stati membri, la Commissione richiede di stimolare la concorrenza sviluppando le infrastrutture, in particolare a sostegno dell’attività transfrontaliera, ed eliminando gli ostacoli all’ingresso sul mercato.

Il raggiungimento di tali obiettivi potrebbe consentire all'UE e agli Stati membri una possibilità concreta di definire i propri prezzi dell'energia, anche a livello regionale e locale, in un contesto, tra l’altro, in cui si protrarrà la tendenza all'aumento dei prezzi dell'energia, in considerazione del fatto che, nel caso del gas, i prezzi sono indicizzati al barile di petrolio, e, nel caso dell'elettricità, ai prezzi volatili del combustibile e dalla dipendenza dell'Europa dalle importazioni di petrolio e di gas.

I consumatori

Anche con riferimento al ruolo dei consumatori, la Commissione individua le future sfide che possono essere affrontate con un mercato unico dell’energia efficiente e funzionante. Tali sfide riguardano, in particolare, la necessità che il consumatore (soprattutto, le famiglie e le PMI) assuma un ruolo attivo nel mercato, orientandone, in certa misura, anche l’andamento. Funzionali a tale scopo sono i servizi diversificati ed innovativi (per esempio, possibilità di cambiare fornitore; scelta di formule tariffarie che premiano l’uso efficiente dell’energia o favoriscono la microproduzione; diffusione in tempi rapidi dei contatori intelligenti).

Da parte loro, gli Stati membri dovrebbero abbandonare la pratica di vincolare le tariffe dell’energia elettrica e del gas ed indurre i fornitori ad indicare chiaramente le diverse componenti di costo della bolletta finale del cliente.

In molti Stati membri i vincoli tariffari impediscono ai fornitori di offrire servizi interessanti e piani tariffari personalizzati, scoraggiando inoltre l’ingresso di nuovi operatori[12]. Sebbene vari Stati membri[13] abbiano già liberalizzato le tariffe dell’energia elettrica e del gas, anche per la clientela al dettaglio, e diversi altri[14] abbiano concordato con la Commissione la soppressione graduale, in tempi rapidi, delle tariffe vincolate, la maggior parte degli Stati membri interviene ancora, in una qualche misura, nella formazione delle tariffe al dettaglio.

Gli investimenti

Particolare rilevanza, nel completamento del mercato unico, rivestono gli investimenti nelle infrastrutture. Essi devono indirizzarsi verso sistemi con efficacia maggiore e a costo minore. Fondamentale, pertanto, è lasciare il mercato libero da condizionamenti.

Se lasciato libero di funzionare, il mercato indicherà sempre il valore economico dell’energia in un dato momento: un repentino aumento dell’offerta (ad es., in caso di elevata disponibilità di energia eolica o solare) determinerà prezzi bassi, la scarsità li farà aumentare. Questa dinamicità dei segnali di prezzo è essenziale per spronare i consumatori e i prestatori di servizi sul versante della domanda a ridurre i consumi nei periodi di picco della domanda. Ma è essenziale anche sul lato dell’offerta per spronare i fornitori a rispondere, al minor costo, alla domanda dei consumatori.

Le sfide individuate dalla Commissione per gli investimenti, pertanto, riguardano:

·       l’ulteriore sviluppo di mercati all’ingrosso transfrontalieri efficienti in ogni momento tramite l’elaborazione di codici di rete, che fisseranno norme comuni per permettere a gestori di rete, produttori, fornitori e consumatori di operare con maggiore efficienza sul mercato;

·       l’integrazione dello stoccaggio e della produzione flessibile;

·       l’orientamento degli investimenti verso il mix energetico che riduca le emissioni di CO2, premiando quelli nei combustibili a basse emissioni di CO2 rispetto a quelli ad alta intensità di CO2. Per evitare distorsioni nel mercato ed ottimizzare il sostegno statale, la Commissione auspica la revisione periodica degli attuali meccanismi di sovvenzione, per adeguarli ai mutamenti, anche temporanei, della richiesta e ai progressi tecnologici. Ciò favorirebbe anche l’omogeneità del mercato europeo, eliminando le frammentazioni interne e gli ostacoli all’accesso;

·       una migliore integrazione e un migliore uso delle reti: sono necessari investimenti ingenti nelle reti energetiche per superare l’isolamento di alcune zone del’UE, per ovviare ai picchi di domanda non programmata senza ricorrere a procedure di emergenza. Fondamentale è il miglioramento delle reti intelligenti, diffuse a livello europeo, regionale e locale. L’efficienza della loro diffusione implica lo sfruttamento, a livello di infrastruttura e di servizi, delle sinergie tra operatori delle telecomunicazioni e operatori energetici. Correlato a tale aspetto è l’incentivo alla diffusione dei contatori intelligenti che, insieme alle tecnologie di microproduzione, alle apparecchiature intelligenti e alla domotica, consentirà al consumatore di modulare la domanda di energia in funzione della situazione reale dei mercati dell’energia, permettendo risparmi sempre crescenti.

Funzionale al raggiungimento degli obiettivi è la costruzione di un quadro normativo unionale stabile, aperto all'innovazione e prevedibile che non ostacoli il funzionamento del mercato interno. Un quadro normativo stabile – per produttori, autorità di regolamentazione, operatori di rete, fornitori di energia, fornitori di servizi legati alla domanda e, soprattutto, consumatori finali e utenti produttori – è fondamentale ai fini di un efficace funzionamento del mercato interno e per attirare investimenti a lungo termine nello sviluppo delle infrastrutture.

Dal canto loro, gli Stati membri sono chiamati alla razionalizzazione delle procedure di autorizzazione per contribuire a sviluppare le reti infrastrutturali e a sbloccare gli investimenti.

 

I mercati energetici in Italia

Cenni storici

I due mercati energetici principali sono, nel nostro Paese, quelli dell'elettricità e del gas. Sin dalla metà degli anni '90 i Governi che si sono succeduti alla guida del Paese hanno assunto iniziative per attuare gli indirizzi comunitari in materia di apertura del mercato interno dell'energia elettrica e del gas, nella consapevolezza che un'effettiva politica energetica comunitaria possa realizzarsi appieno solo in un contesto di regole armonizzate e, soprattutto, di eliminazione delle asimmetrie nei processi di apertura dei singoli mercati nazionali.

Le basi per la progressiva apertura dei mercati energetici sono state poste, alla fine degli anni novanta, con l'adozione dei decreti legislativi n. 79/1999 (per il settore elettrico, recettivo della direttiva 1996/92/CE) e n. 164/2000 (per il settore del gas, recettivo della direttiva 1998/30/CE). In particolare, con l'obiettivo di fondo di ridurre i differenziali di prezzo rispetto agli altri Paesi europei, i provvedimenti erano volti a promuovere il superamento, quand'anche con modalità e tempi tali da assicurare la necessaria gradualità dei processi, delle situazioni di monopolio pubblico che caratterizzavano gli assetti dei mercati energetici in Italia.

Per quanto riguarda il settore elettrico sono state, innanzitutto, sostanzialmente liberalizzate le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia. Successivamente è stata avviata la ristrutturazione dell'ENEL, con la separazione della proprietà della rete nazionale dalla sua gestione e l'affidamento dell'attività di trasmissione e dispacciamento a un ente di gestione di diritto pubblico chiamato ad operare secondo principi di neutralità e imparzialità. Quanto alla posizione dominante dell'operatore pubblico, a fronte dell'introduzione del divieto di controllo di più del 50% della capacità complessiva di importazione e produzione nazionale, l'ENEL è stata chiamata a cedere, entro il 1° gennaio 2003, almeno 15.000 Kw della propria capacità.

Per quanto concerne il settore del gas, gli interventi più significativi hanno riguardato la sostanziale liberalizzazione delle attività di importazione, esportazione, trasporto e vendita, nonché l'introduzione del principio dell'affidamento soltanto mediante gara, e per periodi limitati, dei servizi di distribuzione del gas a livello locale. Come per il settore elettrico, inoltre, è stata prevista la progressiva apertura del mercato e il ridimensionamento dell'operatore dominante (con la progressiva riduzione dei limiti di vendita e immissione nella rete al di sopra dei quali si configura l'abuso di posizione dominante).

Il processo di liberalizzazione ha poi ricevuto un nuovo impulso nel primo decennio del XXI secolo, grazie ad interventi legislativi rivolti a promuovere un assetto concorrenziale del mercato dell'energia.

La legge di riordino del settore dell'energia (L. 239/2004), oltre a precisare le competenze di Stato e Regioni in materia energetica, ha stimolato soprattutto l'ulteriore progresso della liberalizzazione del mercato elettrico a favore dei clienti finali, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La concessione delle attività di trasporto e di dispacciamento, con l'obbligo di connessione di terzi secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, dapprima affidata al Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN), è stata successivamente trasferita alla società Terna Spa, proprietaria della rete di trasporto nazionale (per effetto del DPCM 11 maggio 2004), con la previsione della riduzione da parte di ENEL della propria partecipazione in detta società ad una quota non superiore al 20%. L'attività di distribuzione continua ad essere svolta dalle imprese distributrici titolari di concessioni, rilasciate dal Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) nel maggio 2001, ed aventi scadenza il 31 dicembre 2030.

All'interno di questo sistema allo Stato sono rimasti affidati i compiti di assumere le determinazioni inerenti l'importazione e l'esportazione dell'energia, di definire il quadro settoriale di programmazione (anche con riferimento alla ricerca scientifica), di definire i principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell'Unione europea. Sono inoltre rimasti di competenza dello Stato i compiti relativi all'adozione di misure finalizzate a garantire l'effettiva concorrenzialità del mercato dell'energia elettrica, alla definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica termica superiore ai 300 MW.

Nell'aprile del 2004 si è aperta una nuova fase del processo di liberalizzazione con l'avvio del mercato elettrico (IPEX - Italian Power Exchange), luogo virtuale in cui ogni giorno produttori e acquirenti si incontrano per vendere e comprare energia e affidato al Gestore del Mercato (GME), creato in risposta alle esigenze di stimolare la concorrenza nelle attività di produzione e vendita e di favorire la massima efficienza nella gestione del dispacciamento dell'energia elettrica.

A questo medesimo soggetto - trasformato perciò da Gestore del mercato elettrico a Gestore del mercato dell'energia - è stata affidata, dalla L. 99/2009, anche la gestione economica del mercato del gas naturale (art. 30), che dovrà essere organizzato secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e concorrenza. Il D.M. 18 marzo 2010 e il D.M. 6 agosto 2010 hanno danno avvio in maniera graduale alla Borsa del gas affidata al GME. La stessa norma del 2009 ha assegnato ad un soggetto denominato Acquirente Unico, quale fornitore di ultima istanza, il compito di garantire la fornitura di gas ai clienti finali domestici in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio.

Il Terzo pacchetto energia

Un insieme organico di innovazioni al settore è stato apportato nel 2011 con il D.Lgs. 93/2011 che, attuando la delega conferita dalla legge 96/2010 (legge comunitaria 2009) ha recepito e attuato il cosiddetto "Terzo pacchetto energia della UE".

 

Si tratta, in particolare, di:

  • Direttiva 2009/72/CE sul mercato interno dell'energia elettrica;
  • Direttiva 2009/73/CE sul mercato interno del gas;
  • Direttiva 2008/92/CE sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas ed energia elettrica;
  • Regolamento 2009/713/CE sull'Agenzia UE per la cooperazione tra Regolatori nazionali per l'energia;
  • Regolamento 2009/714/CE sugli scambi transfrontalieri di energia elettrica;
  • Regolamento 2009/715/CE sulle reti di trasporto e stoccaggio gas;
  • Regolamento 2010/994/UE sulla sicurezza di approvvigionamento di gas.

 

Gli obiettivi perseguiti sono quelli di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti, di aumentare la concorrenza nel mercato interno dell'elettricità e del gas, di assicurare un'efficace separazione tra imprese del gas che sono proprietarie e che gestiscono reti di trasporto e imprese che utilizzano le reti di trasporto medesime per l'importazione e la vendita di gas, di tutelare maggiormente i consumatori e in particolare i clienti "vulnerabili".

In tale prospettiva, il D.Lgs. 93/2011 ha in particolare profondamente innovato la legislazione del 2000 sul settore del gas (stimolando anche in questo settore la distinzione di ruoli fra diversi soggetti della filiera che va dalla produzione/approvvigionamento alla distribuzione retail) ed ha aggiornato ulteriormente la legislazione del 2004 sull'energia elettrica.

Stato attuale di apertura dei mercati energetici

In Italia nei due principali mercati energetici si riscontra, di fatto, un diverso livello di concorrenza, risultante da una serie di asimmetrie esistenti sia in termini di peso dell'operatore dominante che di proprietà e gestione delle reti di trasporto e delle attività necessarie allo sviluppo dei mercati. La liberalizzazione, che a livello normativo è andata di pari passo, nella realtà ha viaggiato a due velocità: con efficacia nel settore elettrico, già positivamente aperto alla concorrenza; con molte resistenze e difficoltà invece nel settore del gas, penalizzato dalla scarsa concorrenzialità.

In particolare, con riferimento al settore elettrico, il peso del maggior operatore (ENEL) si è progressivamente ridotto a meno di un terzo del totale della produzione. L'Acquirente Unico Spa, società interamente pubblica che acquista l'energia per soddisfare la domanda dei clienti tutelati che ancora non hanno scelto di passare al mercato libero, costituisce il più grande grossista (30% circa della domanda nazionale), ma agisce in piena concorrenza con gli altri operatori, senza vantaggi di natura normativa. A seguito del parere emesso dalla Commissione europea ai sensi del Terzo pacchetto, è stato portato a conclusione il processo di certificazione di Terna in qualità di gestore del sistema di trasmissione dell'energia elettrica in regime di separazione proprietaria, come previsto dal decreto legislativo 93/11 di recepimento della direttiva comunitaria 2009/72/CE.

La concorrenza nel mercato del gas naturale risente molto di più del peso del maggior operatore (l'ENI). Con l'articolo 15 del D.L. 1/2012 è stata accelerata la separazione proprietaria di Snam Rete gas, che gestisce la rete di trasporto, dall'ENI. Il DPCM 25 maggio 2012 ha dato attuazione a tale norma, al fine di adottare il modello di separazione proprietaria, di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 93/2011. Nell'ottobre 2012, Snam S.p.A. ha comunicato la cessione da parte di ENI S.p.A. del 30% meno un'azione del capitale votante di Snam S.p.A. e quindi del relativo controllo. Nel corso del 2012 l'Autorità per l'energia elettrica e il gas aveva già portato a compimento il processo di certificazione di Snam Rete Gas quale operatore indipendente del trasporto, aderendo così alla forma dell'Independent Transmission Operator (ITO) prevista dalla direttiva 2009/73/CE. L'avvenuta separazione verticale di Snam dal gruppo Eni ha permesso l'adesione dell'Italia al modello di gestore di sistema di trasporto del gas in regime di separazione proprietaria. Per quanto riguarda lo sviluppo del gas naturale in Italia, si segnala infine che la Strategia energetica nazionale (SEN), che contiene le linee programmatorie dei prossimi decenni riguardo al settore energetico, punta a far diventare l'Italia il principale hub sud-europeo.

Aspetti quantitativi

Nel 2012 la domanda di energia elettrica è diminuita del 2,8% rispetto all'anno precedente. In particolare, la domanda è risultata pari a 305 TWh, in calo di poco meno di 9 TWh rispetto al 2011. La produzione lorda totale di energia elettrica si è attestata a circa 295 TWh, in diminuzione del 2,4% rispetto al livello registrato nel 2011. Il saldo estero per il 2012, in base ai dati provvisori di esercizio di Terna, è ammontato a 43 TWh, quale differenza tra le importazioni, pari a 45.369 GWh (-4,5% sul 2011), e le esportazioni, pari a 2.281 GWh (+27,6% sul 2011).

In termini di energia elettrica netta generata, la quota di mercato del gruppo Enel risulta ancora in diminuzione attestandosi al 25% nel 2012 contro il 26% del 2011 e il 27,5% del 2010.

La massima capacità di generazione netta installata al 31 dicembre 2012 risulta pari a 124,2 GW, mentre la capacità netta disponibile (per almeno il 50% delle ore) risulta pari a 106 GW. Con riferimento alla capacità netta installata, gli operatori con una quota di mercato superiore al 5% sono tre: Enel (31,1%), Edipower (6,5%), Edison (5,5).

Per quanto riguarda la capacità netta disponibile (per almeno il 50% delle ore), gli operatori con una quota di mercato superiore al 5% sono cinque: Enel (35,2%), Edipower (7%), Edison (6,6%), Eni (5,4%) ed E.On (5%).

Sulla base di questi dati, la percentuale di capacità detenuta dai primi tre operatori risulta pari al 48,7%.

In Italia la negoziazione dell'energia elettrica, finalizzata alla programmazione delle unità di produzione e di consumo, può essere svolta mediante la conclusione di contratti di compravendita a pronti o a termine su mercati regolati e organizzati dal Gestore dei mercati energetici (GME). Nel 2012 la domanda di energia elettrica nel Mercato del giorno prima (MGP), che ha per oggetto la contrattazione di energia tramite offerte di vendita e di acquisto per il giorno successivo, è stata pari a 298,7 TWh, in diminuzione del 4,1% rispetto al 2011.

La Borsa elettrica ha registrato per il 2012 un prezzo medio di acquisto dell'energia pari a 75,53 ?/MWh, in aumento del 4,6% rispetto all'anno precedente.

Anche per quanto concerne il consumo di gas naturale, il 2012 è stato un anno negativo. Il consumo interno lordo si è fermato a 74,9 G(m3), registrando così una diminuzione del 3,9% rispetto all'anno precedente.

I consumi finali sono scesi a 72,9 G(m3), 3 miliardi sotto al valore del 2011, il più basso valore dall'anno della liberalizzazione del settore.

La produzione nazionale nel 2012 si conferma costante e intorno agli 8 G(m3)/anno.

Continua anche per il 2012 la diminuzione delle importazioni nette di gas in Italia, ridotte di ulteriori 2,6 G(m3) e passate dai 70.245 M(m3) del 2011 a 67.586 M(m3). Il 4,6% del gas complessivamente importato è stato acquistato presso le Borse europee. Il grado di dipendenza dell'Italia dalle forniture estere è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2011 e pari al 90%.

Come negli anni scorsi i gruppi che hanno una quota superiore al 5% rispetto al gas complessivamente approvvigionato (cioè prodotto o importato) sono Eni, Edison ed Enel che insieme coprono il 78,2% del totale, in aumento rispetto al 2011 in cui la stessa quota era pari al 74,3%. I medesimi tre gruppi possiedono anche più del 5% del gas disponibile, con una quota analoga a quella del gas approvvigionato.

Con 29 G(m3) di gas importato e una quota pari al 42,8%, Eni si conferma il soggetto principale nell'importazione, così come nella produzione nazionale. La sua quota, in effetti, resta preponderante e ancora di 25 punti percentuali superiore a quella del primo concorrente; essa inoltre è in crescita dal 2011, al contrario di quando avveniva negli anni precedenti, quando tale quota si riduceva costantemente nel rispetto dei tetti antitrust stabiliti dal decreto legislativo 23 maggio 2000, n.164 e non più operativi proprio dal 2011.

I contratti di importazione di lungo periodo hanno tuttora una grande importanza: il 65% delle importazioni avviene, in effetti, in base a contratti la cui durata complessiva supera i venti anni, mentre un altro 25% avviene in virtù di contratti con una durata intera compresa tra cinque e venti anni.

Nel 2012 la domanda totale del settore gas, intesa come somma dei volumi di gas venduti sul mercato all'ingrosso e al dettaglio più gli autoconsumi, è stata pari a 176,1 G(m3). Il mercato all'ingrosso ha movimentato 101,1 G(m3), 62,4 G(m3) ne ha movimentati il mercato al dettaglio, mentre gli autoconsumi 12,6 G(m3). Il numero dei grossisti è leggermente aumentato, salendo a 152 unità contro le 143 dell'anno precedente. Negli ultimi anni il livello di concentrazione su tale mercato è costantemente diminuito e dal 2011 è sceso sotto la soglia del 30%. Nel 2012 la quota delle prime tre società, Eni, Edison ed Enel Trade, ha raggiunto il 27,9% dal 28,1% del 2011 (era al 31,1% nel 2010); quella delle prime cinque, che include anche Sinergie Italiane e GdF Suez Energia Italia, è invece salita al 40,1% dal 38,8% del 2011 (era al 40,5% nel 2010).

Il prezzo mediamente praticato dalle società che operano prevalentemente nel mercato all'ingrosso nel 2012 è risultato pari a 34,31 c?/m³.

Anche il mercato della vendita finale resta concentrato: i primi 3 gruppi controllano il 47,7% (comunque in diminuzione rispetto al 2011 in cui era 49,5%). Come è accaduto nell' anno precedente, anche nel 2012 l'incidenza di Eni si è accresciuta, essendo passata dal 26,6% del 2011 all'attuale 28,1%. Eni, peraltro, si conferma il gruppo prevalente, ancora ben distanziato dal secondo operatore, il gruppo Enel, che possiede solo il 10,9%.

 

 



Sessione II: una politica energetica europea per la crescita sostenibile e la competitività

 

Lo scorso marzo, la Commissione, volendo fornire una prospettiva a medio termine per le politiche in materia ambientale ed energetica, ha presentato il Libro verde (COM(2013)169) “Un quadro per le politiche dell’energia e del clima all’orizzonte 2030, che, attraverso l’effettuazione di una consultazione pubblica, rappresenta il primo passo verso l’istituzione di un quadro strategico unionale per le politiche in materia di cambiamenti climatici e energia da oggi al 2030, in coerenza con gli obiettivi di decarbonizzazione dell’economia della Road Map sull’energia al 2050 e con quelli del Libro bianco sui trasporti (COM(2011)144).

La necessità di approntare un quadro stabile e di individuare obiettivi precisi per l’orientamento delle politiche fino al 2030 è ricondotto dalla Commissione a tre ragioni principali:

·       la necessità di dare certezze agli investitori e stabilità del quadro regolamentare;

·       la promozione di un’economia competitiva e un sistema energetico sicuro: la creazione di una maggiore domanda di tecnologie efficienti e a bassa intensità di carbonio, incentivando lavori di ricerca, sviluppo e innovazione, può creare nuove opportunità di lavoro e di crescita;

·       il rafforzamento della posizione dell’UE in vista dei futuri negoziati internazionali per un accordo vincolante sulla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Rispetto ai contenuti di precedenti comunicazioni sul medesimo tema, il Libro verde presenta alcune novità. In primo luogo, la presa d’atto della perdurante crisi economica, dei vincoli di bilancio che condizionano le scelte politiche dei singoli Stati membri, le difficoltà dei privati nel farsi finanziare investimenti a lungo termine e, infine, le preoccupazioni dei consumatori domestici e delle imprese per i costi dell’energia. Inoltre, sono tenuti presenti anche l’evoluzione dei mercati energetici, in particolare per le rinnovabili, il nucleare, il petrolio e il gas non convenzionali nonché il divario fra la politica europea per la riduzione dei gas serra e quelle praticate fuori dall’UE.

Tali discriminanti, tuttavia, non inficiano la possibilità di raggiungere gli obiettivi già fissati, in relazione ai quali la Commissione fa il punto della situazione.

 

Riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2020

L’obiettivo di riduzione rispetto ai livelli del 1990 si iscrive nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione (EU ETS).

Tale sistema, creato nel 2005 con la direttiva 2003/87/CE e sue successive modificazioni, stabilisce un massimale complessivo di emissioni di anidride carbonica permesse, gradualmente ridotto nel lungo termine. Entro il 2020, le emissioni permesse dei settori coperti dal sistema ETS dovranno essere del 21 per cento inferiori rispetto al livello del 2005.

Le aziende ricevono o acquistano i crediti messi all'asta dagli Stati membri. Un credito corrisponde a una tonnellata di emissioni di CO2. Le aziende possono anche vendere i crediti non utilizzati. Nelle intenzioni dell’UE, la limitazione della fornitura di crediti ne garantisce il valore e ricompensa le aziende che investono per limitare le emissioni.

A livello europeo, l’EU ETS coinvolge circa 16.000 operatori, tra impianti termoelettrici, industriali nel campo della produzione di energia e della produzione manifatturiera (attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, cemento, ceramica e laterizi, vetro, carta) e operatori aerei. Dal 2012, il sistema p stato ampliato anche a circa 4.000 operatori del settore aereo e, dal 2013, è stato esteso ulteriormente alle attività di produzione di alluminio, calce viva, acido nitrico, idrogeno, carbonato e bicarbonato di sodio, nonché agli impianti che si occupano della cattura e dello stoccaggio di CO2.

Nel 2012, la Commissione ha registrato un ulteriore calo, rispetto al 2011, delle emissioni gas serra provenienti da impianti che aderiscono al sistema ETS del 2 per cento, arrivando a 1 867 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Dal 2012 rientrano nel sistema anche le emissioni provenienti dalle compagnie aeree che operano da e verso aeroporti in questi paesi e nelle aree strettamente collegate, emissioni che sono state pari nel 2012 a circa 84 milioni di tonnellate.

In particolare, l’andamento delle emissioni è stato stimato da Eurostat come segue, con riferimento alla zona EU-27 e all’Italia:

Emissioni di CO2 da uso energetico (2011-2012)

 

 

in 1.000 tonnelate CO2

differenza 2012/2011

2011

2012

valori assoluti*

%

EU27

3.489.868

3.417.382

-72.486

-2,1

Italia

385.365

365.688

-19.676

-5,1

*1.000 tonnellate di CO2

Fonte: Eurostat, maggio 2013

 

Ad avviso di Eurostat, tale andamento è stato influenzato da molteplici fattori, quali le condizioni climatiche, la bassa crescita economica, la popolazioni, i trasporti e le attività industriali. Alla riduzione hanno comunque contribuito anche le politiche mirate dell’UE.

Si registra l’aumento dello squilibrio tra offerta e domanda, con un’eccedenza di quasi due miliardi di quote. Alla fine del 2011, le quote in eccedenza erano pari a circa 950 milioni. Alla fine del 2012 è stata registrata un’eccedenza cumulata di quote pari a quasi due miliardi. Anche per questo motivo, la Commissione ha proposto il congelamento di una quota di crediti inutilizzati, da rimettere sul mercato in un secondo momento (il cosiddetto backloading).

Si tratta di una proposta di decisione (COM(2012)416), il cui iter di approvazione vede in questo momento impegnate le istituzioni in sede di trilogo, che differisce le aste delle quote di emissioni in programma, congelando temporaneamente 900 milioni di quote in eccesso sul mercato del carbonio nel periodo 2013-2015 per reintrodurle gradualmente sul mercato tra il 2016 e il 2020.

Ad avviso della Commissione, il prezzo del carbonio determinato dal sistema ETS, pur facendo parte ormai degli elementi presi in considerazione nelle decisioni operative e di investimento delle imprese europee, non ha tuttavia avuto un impatto sugli investimenti a lungo termine a favore della decarbonizzazione. Infatti, anche se il massimale delle emissioni ETS diminuirà di circa il 21% nel 2020 (rispetto ai valori del 2005) e continuerà a calare dopo il 2020, le notevoli eccedenze di quote, dovute in parte alla crisi economica, fanno sì che questa diminuzione non si ripercuota sul prezzo del carbonio. In alte parole, se il prezzo del carbonio rimane basso, le imprese non hanno interesse a investire nella decarbonizzazione, mettendo a rischio gli obiettivi fissati.

 

Anche con riferimento ai settori cui non si applica il sistema ETS, sono stati fissati obiettivi a livello unionale e a livello nazionale per la riduzione delle emissioni: l’obiettivo aggregato è una riduzione delle emissioni pari al 10 per cento delle emissioni a livello dell'UE rispetto ai valori del 2005. Molte politiche dell'UE hanno contribuito a ridurre le emissioni in questi settori. Si tratta di misure destinate a migliorare l’efficienza energetica e a ridurre le emissioni di CO2 delle automobili, del settore residenziale e delle apparecchiature a forte consumo di energia, ma anche di misure relative a tipi specifici di rifiuti e alle politiche ambientale, dell’agricoltura e di destinazione dei suoli. L’attuazione di misure per conseguire l’obiettivo in termini di energie rinnovabili e efficienza energetica contribuisce all'ulteriore riduzione delle emissioni.

Gli obiettivi nazionali sono assegnati agli Stati membri in funzione della loro capacità economica. Alcuni devono ridurre le emissioni rispetto ai valori del 2005, mentre altri possono permettersi dei piccoli aumenti.

 

 

 

 

 

 

La tabella che segue evidenzia le tendenze e le proiezioni delle emissioni di gas serra nell’area UE, nel periodo 1990-2030:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Agenzia europea per l’ambiente, Report n. 10/2013

 

 

La tabella che segue espone le medesime tendenze, ma per il periodo 2005-2030, distinguendo le emissioni tra quelle coperte dal sistema ETS e quelle non coperte:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Agenzia europea per l’ambiente, Report n. 10/2013

 

Energie rinnovabili

L’UE si è posta come obiettivo il raggiungimento del 20 per cento di energie rinnovabili nel consumo lordo finale di energia entro il 2020. L’utilità di fissare obiettivi comuni è confermata dalla diversa progressione della quota di energie rinnovabili utilizzate registrata in assenza un quadro regolamentare e in costanza di essa: infatti, se nel periodo 1995-2000 la quota delle energie rinnovabili è aumentata dell'1,9 per cento l'anno, successivamente all’adozione di obiettivi indicativi (2001-2010), la quota delle energie rinnovabili è aumentata del 4,5 per cento l'anno. Ma, per il conseguimento dell’obiettivo del 20 per cento entro il 2020, la media annua di aumento della quota deve essere del 6,3 per cento. Pertanto, la Commissione richiede un maggiore sforzo da parte degli Stati membri.

 

La tabella che segue evidenzia gli obiettivi, intermedi e finali, assegnati ad alcuni degli Stati membri:

 

Stato membro

Quota delle ER nel 2005

Quota delle ER nel 2010

1o obiettivo provvisorio

Obiettivo delle ER per il 2020

UE

8,5%

12,7%

10,7%

20%

Germania

5,8%

11,0%

8,2%

18%

Spagna

8,7%

13,8%

10,9%

20%

Francia

10,3%

13,5%

12,8%

23%

Italia

5,2%

10,4%

7,6%

17%

Regno Unito

1,3%

3,3%

4,0%

15%

 

Nel marzo 2013, la Commissione ha presentato una relazione sui progressi realizzati nel campo delle energie rinnovabili (COM(2013)175), in attuazione della direttiva n. 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. In tale sede, la Commissione sottolinea il fatto che a livello europeo, dopo una fase iniziale generalmente positiva, l’eliminazione delle barriere fondamentali che ostacolano la crescita delle energie rinnovabili procede più lentamente del previsto, rendendo così necessari ulteriori sforzi da parte di alcuni Stati membri. L’ulteriore sforzo richiesto dalla Commissione riguarda, in particolare, un impegno per la semplificazione amministrativa e una maggiore trasparenza delle procedure di autorizzazione e pianificazione, nonché per lo sviluppo e il funzionamento delle infrastrutture. Altri aspetti di importanza essenziale sono lo sviluppo delle tecnologie e la riduzione dei costi, come evidenziato nella comunicazione della Commissione sulle tecnologie energetiche e l’innovazione presentata nel maggio 2013 (COM(2013)253).

 

 

 

La tabella che segue evidenzia la crescita settoriale e complessiva delle energie rinnovabili nell’UE nel periodo 2005-2012:

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Eurostat

 

Nonostante tale progressione positiva, gli scenari utilizzati dalla Commissione per il periodo fino al 2020 evidenziano l’incidenza negativa della crisi economica, delle persistenti barriere amministrative e infrastrutturali nonché dei tagli alle politiche e ai regimi di sostegno, che potrebbero causare riduzioni o rinvii degli investimenti qualora gli Stati membri non adottassero altre misure per conseguire i propri obiettivi.

Tendenza pianificata (linea blu) e tendenza stimata (linea rossa/tratteggiata) delle energie rinnovabili nell’UE

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Commissione europea

Questa conclusione è confermata dall’andamento nei settori dell’elettricità, del riscaldamento e raffreddamento e dei trasporti. Quindici Stati membri non hanno raggiunto gli obiettivi indicativi fissati per il 2010 per quanto riguarda la quota di energia da fonti rinnovabili nel mix di elettricità[15]. Nel settore dei trasporti, ventidue Stati membri non hanno raggiunto l’obiettivo indicativo fissato per il 2010, pari al 5,75 per cento[16].

Quanto alle fonti energetiche rinnovabili, la mancata attuazione dei piani nazionali è più evidente nel settore dell’energia eolica, in cui gli obiettivi sono ancora lontani a causa soprattutto a causa di un ridotto impegno a livello nazionale e di difficoltà infrastrutturali. Anche per tutte le biomasse la tendenza è negativa, ma non in misura così drastica come per l’energia eolica, anche se la quantità di energia prodotta è molto maggiore rispetto all’energia eolica o solare. Per quanto riguarda il fotovoltaico, la forte crescita registrata negli scorsi anni ha portato a un’eccedenza di produzione che persisterà ancora per qualche tempo. Il conseguente eccesso di capacità ha ridotto notevolmente i costi di produzione e ha aumentato i profitti; ciò, a causa dei regimi nazionali di sostegno, non sufficientemente flessibili, ha portato, in alcuni paesi, alla creazione di impianti a un ritmo e in quantità quasi eccessiva, vista la crisi economica generale. In conseguenza di ciò, alcuni regimi nazionali di sostegno hanno subito cambiamenti improvvisi e imprevisti che, a loro volta, determineranno tagli degli investimenti; ad avviso della Commissione, vi è pertanto il rischio che l’attuale eccedenza di capacità fotovoltaiche rispetto ai livelli pianificati si riduca e si trasformi, entro il 2020, in una carenza. Per quanto riguarda i biocarburanti (biomasse utilizzate nel settore dei trasporti), si prevede che l’attuale leggera eccedenza rispetto agli obiettivi tenderà a diminuire e, in assenza di ulteriori misure, si tradurrà in un deficit. La Commissione ha proposto inoltre di modificare l’obiettivo del 10 per cento di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti nel senso che tale obiettivo va conseguito ricorrendo a una quantità maggiore di materie prime di origine non alimentare.

Nel campo delle energie rinnovabili, particolare importanza riveste il dibattito attualmente in corso sui regimi di sostegno attuati dagli Stati membri. Esistono regimi di vario genere, con caratteristiche e impatti sia positivi che negativi. Considerato l’attuale ruolo preponderante dei regimi di sostegno finanziario nello sviluppo delle energie rinnovabili, e vista la crescente importanza (e i costi crescenti) dell’utilizzo delle energie rinnovabili nel settore dell’elettricità, la Commissione ritiene necessari sforzi urgenti per riformare tali regimi, al fine di garantire che siano progettati in modo orientato al mercato ed efficace in termini di costi. Tuttavia, molte riforme nazionali hanno avuto un impatto negativo sul clima degli investimenti. Particolarmente negativi sono stati i cambiamenti che riducono gli utili degli investimenti già effettuati, perché incidono sulle legittime aspettative delle imprese e chiaramente scoraggiano gli investimenti in un periodo in cui, invece, ne occorrerebbero molti di più.

 

Risparmio energetico

L’obiettivo per il 2020 di una riduzione del 20 per cento del consumo di energia primaria (rispetto alle proiezioni del 2007) non è giuridicamente vincolante per gli Stati membri; tuttavia sono stati registrati progressi significativi.

Dopo anni di costante aumento, il consumo di energia primaria ha raggiunto il massimo livello nel 2005/2006 (circa 1825 Mtep), mentre dal 2007 è in leggera diminuzione (per raggiungere 1730 Mtep nel 2011). Questa tendenza è dovuta in parte alla crisi economica e in parte all’efficacia delle politiche vigenti, ma è riconducibile anche alla riduzione dell’intensità energetica dell’industria dell’UE, che era 149 Mtep nel 2010, rispetto a 174 nel 2000 e 167 nel 2005.

La tabella che segue evidenzia la progressione nel periodo 2005-2011 nel percorso di avvicinamento all’obiettivo di risparmio energetico (%):

 

 

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Target 2020

EU-27

0.00

0.35

2.03

2.66

8.01

5.69

9.53

20.20

Fonte: Eurostat, 2013

 

Da quando è stata adottata la direttiva sull’efficienza energetica (DEE) nel 2012, l’UE dispone di un quadro legislativo completo che deve essere integralmente attuato dagli Stati membri. La DEE contribuirà a determinare progressi in questo settore, anche se l’analisi preliminare della Commissione indica che con le politiche attuali l’obiettivo del 2020 non sarà conseguito. Le cause sono da identificarsi, ad avviso della Commissione, nella mancanza di strumenti adeguati per il monitoraggio dei progressi e la valutazione degli impatti a livello di Stati membri e nella insoddisfacente mobilitazione dei fondi necessari per garantire progressi costanti.

Con riferimento ai singoli settori, a livello di UE dal 2009-2010 sono state adottate misure di attuazione nell’ambito delle direttive sull’ecoprogettazione e l’etichettatura energetica dei prodotti connessi all’energia. Queste misure riducono la domanda di energia dei prodotti industriali e dei prodotti per la casa. Sono state adottate misure per una serie di apparecchi elettronici per uso domestico, tra cui lavastoviglie, frigoriferi, lavatrici, televisori e pneumatici, ma anche per prodotti industriali tra cui motori, ventilatori e pompe. Si prevede che le misure adottate in materia di ecoprogettazione e etichettatura determineranno risparmi energetici dell’ordine di 30 Mtep nel 2020. Per quanto riguarda l’energia consumata nel parco immobiliare, soprattutto per il riscaldamento e il raffreddamento, l’UE nel 2010 ha adottato la revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD). In tale settore. Gli Stati membri sono in forte ritardo, nonostante gli obblighi di applicare requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici nuovi ed esistenti e quello di provvedere affinché, entro il 2021, tutti i nuovi edifici siano "edifici a energia quasi zero". Nel settore dei trasporti, i regolamenti che istituiscono norme di prestazione per i veicoli utilitari leggeri hanno portato a riduzioni significative delle emissioni di gas serra, come dimostra l’evoluzione delle emissioni medie di CO2 del parco dei veicoli nuovi, passate da 172 g. al kilometro nel 2000 a 135,7 g. al kilometro nel 2011.

 

Obiettivi al 2030

Ad avviso della Commissione, la sfida che l’UE si trova ad affrontare è quella di stabilire obiettivi che possano, nel modo migliore e più efficace rispetto ai costi, orientare le politiche in materia di clima ed energia da qui al 2030, e valutare la possibilità di semplificare l’approccio attuale, in particolare per quanto riguarda la necessità di vari sotto-obiettivi come quelli fissati per i trasporti. Gli obiettivi attuali delle politiche in materia di energia e clima per la riduzione delle emissioni di gas serra, l’aumento della quota delle fonti di energia rinnovabili e i risparmi energetici sono stati concepiti in modo da favorirsi reciprocamente e si osservano effettivamente delle interazioni tra loro.

Una percentuale più elevata di energie rinnovabili può determinare una riduzione delle emissioni di gas serra a condizione che le fonti di energia rinnovabili non vadano a sostituire altre fonti a bassa intensità di carbonio, e il miglioramento dell’efficienza energetica può contribuire a ridurre le emissioni di gas serra ed agevolare il conseguimento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili.

Ma si registrano anche potenziali compensazioni.

Ad esempio, i risparmi energetici e una produzione energetica di origine rinnovabile più elevati del previsto possono determinare una diminuzione del prezzo del carbonio per via della riduzione della domanda di quote di emissione nell’ambito del sistema ETS. A sua volta ciò può indebolire il segnale di prezzo dell’ETS a favore dell’innovazione e degli investimenti nell’efficienza e lo sviluppo di tecnologie a bassa intensità di carbonio, senza tuttavia incidere sul conseguimento dell'obiettivo generale di riduzione delle emissioni di gas serra.

Tali effetti di interazione e compensazione dovranno essere alla base anche dei nuovi obiettivi che, si ricorda, sono intermedi rispetto a quelli individuati nella roadmap per l’energia al 2050.

 

Competitività

Uno degli obiettivi principali della politica energetica dell’UE è garantire un sistema energetico che contribuisca alla competitività dell’economia dell’UE, grazie a mercati competitivi a livello nazionale e internazionale e a prezzi in linea con la concorrenza internazionale, nonché assicurare che l'approvvigionamento energetico sia alla portata dei consumatori finali. Poiché si prevede che l'elettricità assumerà maggiore importanza nel periodo di transizione del sistema energetico, la prospettiva dei costi nel 2030 è particolarmente rilevante. Le politiche energetiche e climatiche possono sostenere la domanda e la crescita in un’economia a basse emissioni di carbonio. L’UE, con le sue politiche integrate, è all'avanguardia nelle tecnologie, nei prodotti e nei servizi ecologici e più efficienti nonché nelle ecotecnologie, che secondo le stime entro il 2020 genereranno complessivamente circa 5 milioni nuovi di posti di lavoro. Inoltre, diverse politiche nel settore contribuiscono a ridurre l'inquinamento atmosferico e a migliorare la salute umana.

La prima sfida sul piano della competitività è quella dei prezzi. A questo proposito, da un lato, nell’UE l’aumento dei prezzi all’ingrosso dell'energia è stato moderato, dall’altro, nell’ultimo decennio i prezzi finali dell’elettricità in termini reali per diversi settori e per le famiglie sono aumentati in maniera più significativa. Le previsioni vedono il protrarsi di tale tendenza anche in futuro. Gli sviluppi nei mercati internazionali e lo sfruttamento degli idrocarburi non convenzionali potrebbe condurre a un crescente divario dei prezzi tra l'UE e altre importanti economie industriali, come gli Stati Uniti, dove è in aumento l’impiego di gas di scisto come fonte energetica.

La Commissione individua diverse cause che influiscono sull’allargamento del divario e che esulano dalle politiche climatiche ed energetiche dell'UE: in primo luogo l’influenza ancora esercitata dal prezzo dei combustibili fossili sui prezzi all'ingrosso dell'elettricità nell'Unione. Ma anche le decisioni degli Stati membri in materia di tariffe, prelievi e imposte hanno un impatto considerevole sui prezzi sostenuti dagli utenti finali.

Per mantenere sotto controllo i prezzi, ad avviso della Commissione, oltre alla piena attuazione del mercato interno dell’energia (cfr. supra), sarà anche necessario consentire lo sfruttamento ecocompatibile di risorse interne convenzionali e non convenzionali di petrolio e gas: ciò, infatti, potrebbe contribuire a ridurre i prezzi dell'energia nell'UE e la dipendenza dalle importazioni. Inoltre, una maggiore diversificazione delle vie dell’approvvigionamento energetico potrebbe giovare alla concorrenza sui mercati energetici, mentre con investimenti nell'efficienza energetica si potrebbero conseguire importanti risparmi a lungo termine. Gli ulteriori sviluppi nella produzione di energia rinnovabile richiederanno una migliore gestione delle reti, una riduzione dei costi e maggiori prestazioni delle tecnologie, nonché un costante sostegno dell'innovazione.

Nella prospettiva della Commissione, assume particolare importanza la necessità di assumere ulteriori impegni con paesi terzi e la necessità che la piattaforma di Durban dia luogo a un accordo entro il 2015 per il post 2020. Infine, la Commissione giudica importante una revisione del sistema ETS, anche con riferimento alla possibilità di utilizzare usare le entrate legate al sistema per incentivare ulteriormente l'innovazione nei vari settori.

 

Finanziamenti e strumenti finanziari

Oltre agli strumenti di natura regolamentare, l’UE fornisce anche un considerevole sostegno finanziario correlato ai cambiamenti climatici e all'energia sostenibile, in particolare tramite la politica di coesione, i programmi di ricerca dell'UE.

Si segnala, a tale proposito, che nell’ambito del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, approvato lo scorso novembre, è previsto uno specifico strumento per gli investimenti in infrastrutture strategiche a livello europeo (Connecting Europe Facility - CEF), nell’ambito del quale, 5,9 miliardi di euro sono espressamente dedicati al settore energetico.

Inoltre, sempre nell’ambito del QFP 2014-2020, il 20 per cento delle risorse complessive è destinato ai progetti e alle politiche sul clima. Si tratta di un aumento significativo (che triplica la quota del 6-8 per cento del precedente QFP) che, ad avviso della Commissione, potrà attrarre circa 180 miliardi di euro in finanziamenti da destinare alla lotta contro i cambiamenti climatici nei principali settori di spesa, tra cui fondi strutturali, ricerca, agricoltura, politica marittima e della pesca e sviluppo.

Nel corso del tempo, sono stati introdotti strumenti finanziari specifici volti a facilitare gli investimenti, pubblici e privati, nel settore dell’energia. Si segnalano, in particolare, il programma energetico europeo e il Fondo europeo per l’efficienza energetica.

Programma energetico europeo per l’energia (EEPR)

Il Regolamento (CE) n. 663/2009 istituisce un programma per favorire la ripresa economica tramite la concessione di un sostegno finanziario comunitario a favore di progetti nel settore dell'energia.

Il Programma energetico europeo per l’energia (EEPR) fornisce sostegno finanziario a progetti altamente strategici selezionati in tre aree del settore energetico: connessioni per il gas e per l'energia elettrica, energia eolica in mare e cattura e stoccaggio del carbonio. La relazione sullo stato di attuazione del programma è stata presentata dalla Commissione lo scorso novembre (COM(2013)791). Rispetto all'ultima relazione annuale (COM(2012)445), l'attuazione dell'EEPR ha continuato a registrare progressi. Numerosi progetti sono infatti stati conclusi, mentre altri avanzano speditamente e saranno presto operativi.

Nel complesso, entro la fine del 2010 erano state concluse decisioni e convenzioni di sovvenzione per un ammontare totale di 3.833 milioni di euro, vale a dire il 96,3 per cento di tutto il bilancio dell'EEPR. Un importo di 146,3 milioni di euro, che non era stato possibile destinare a progetti in questi settori entro la scadenza del 31 dicembre 2010, è stato riassegnato a un altro meccanismo finanziario, il Fondo europeo per l'efficienza energetica (EEEF), per gli investimenti nel campo delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. Alla fine del 2012, 20 dei 61 progetti erano già stati ultimati a livello tecnico. Ai beneficiari sono stati versati 1.416.970.178,64 euro (giugno 2013).

L'EEPR è il primo esempio di sostegno su larga scala previsto dal bilancio dell'UE per il settore energetico gestito attraverso sovvenzioni dirette alle imprese. Ad avviso della Commissione, l'EEPR contribuisce concretamente a migliorare il funzionamento del mercato interno, realizzando interconnessioni tra le parti occidentale e orientale dell'UE e incrementando la sicurezza di approvvigionamento delle regioni e dei paesi interessati. Sono stati compiuti alcuni importanti passi avanti: i progetti di flusso inverso di gas sono completati e hanno evitato una crisi nell'approvvigionamento durante la recente ondata di freddo del febbraio 2012.

Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, il settore ha dovuto far fronte a ostacoli strutturali in fase di attuazione. In generale, gli Stati membri non si sono adoperati abbastanza per attuare correttamente l'EEPR. In alcuni casi, l'insufficiente cooperazione tra le autorità nazionali di regolamentazione ha generato notevoli incertezze tra i promotori. Un problema comune riguarda la complessità e la lentezza delle procedure di rilascio dei permessi. Il regolamento contiene disposizioni finalizzate ad accelerare l'iter di rilascio dei permessi, istituendo un termine di tre anni e mezzo per la decisione di rilascio e aumentando la trasparenza e la partecipazione dei cittadini. Esso prevede altresì iniziative volte a elaborare misure regolamentari di incentivazione e a concedere assistenza finanziaria, qualora sia necessario.

Inoltre, si sono riscontrate difficoltà per i progetti infrastrutturali in termini di competitività per l'accesso ai finanziamenti a lungo termine, un aspetto che continua a rivestire grande importanza.

Fondo europeo per l’efficienza energetica (EEEF)

Il Fondo europeo per l’efficienza energetica è una partnership pubblico-privato indirizzata all'attenuazione dei cambiamenti climatici attraverso misure di efficienza energetica e mediante l'utilizzo di energia rinnovabile negli stati membri dell'Unione Europea. Prevede il finanziamento (a tassi di mercato) di efficienza energetica, energia rinnovabile di scala ridotta e progetti di trasporto urbano pulito in progetti di enti municipali, locali e regionali e di società pubbliche e private operanti per conto dei suddetti enti.

Uno degli obiettivi alla base della creazione del Fondo è, in primo luogo, la creazione di un fondo di investimento specifico finalizzato a riassegnare gli stanziamenti dell'EEPR non impegnati per incentivare ulteriori contributi. Ciò è stato possibile grazie al sostegno della Banca europea per gli investimenti, cui è stata delegata la creazione del fondo e la gestione del contributo dell'UE.

Il secondo obiettivo dell'EEEF l'agevolazione del finanziamento degli investimenti nell'efficienza energetica (obiettivo del portafoglio del 70 per cento), nelle energie rinnovabili (20 per cento) e nei trasporti urbani puliti (10 per cento). Il fondo è mirato principalmente a eliminare le barriere specifiche, finanziarie e no, che ostacolano l'efficienza energetica, quali gli elevati costi delle transazioni, gli investimenti frammentati e di piccola entità, l'accesso limitato al credito, la complessa strutturazione degli accordi, la scarsa fiducia degli investitori e la mancanza di capacità dei promotori di progetti.

Ad avviso della Commissione, l'esperienza acquisita con l'EEEF ha contribuito a comprendere le dinamiche del mercato dell'efficienza energetica e ha evidenziato che:

·       gli strumenti finanziari per l'energia sostenibile devono essere flessibili, allineandosi alle esigenze del mercato locale;

·       l’assistenza per l'elaborazione dei progetti è utile a dare fiducia agli investitori;

·       gli strumenti a livello dell'UE devono integrare i regimi nazionali o regionali esistenti, evitando le sovrapposizioni e l'esclusione di investimenti privati;

·       l’integrazione di singoli progetti in progetti di portata maggiore è necessaria per superare la frammentazione del mercato.

 


Green economy

La green economy nella Strategia Energetica Nazionale

Negli ultimi anni il concetto di green economy si è sempre più diffuso, nei mass media, nel lessico comune, nelle agende e strategie politiche.

L'accezione terminologica è diventata progressivamente più ampia: mentre inizialmente veniva identificata come una piccola parte dell'economia riferita alla cosiddetta industria ambientale e in particolare al settore delle energie rinnovabili, attualmente la green economy è concepita come strumento di sviluppo sostenibile basato sulle tre dimensioni, economia, società e ambiente, ai fini di una transizione verso un nuovo modello di sviluppo in grado di garantire un migliore e più equo benessere per tutto il genere umano nell'ambito dei limiti del pianeta.

Numerosi e autorevoli studi anche internazionali hanno affrontato e analizzato le opportunità di un'economia verde. Basti pensare sul piano internazionale al Rapporto UNEP 2011 «Towards a Green Economy: Pathways to Sustainable development and Poverty Eradication», al Rapporto OCSE 2012 «Towards Green Growth» o alle Comunicazioni europee «Rio+20: verso un'economia verde e una migliore governance» e «Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050».

I citati documenti nel panorama internazionale hanno fatto riferimento a diverse definizioni di «economia verde»: a partire dalla definizione di green economy dell'UNEP, volta al miglioramento del benessere sociale, alla riduzione dei rischi ambientali e a un uso efficiente delle risorse, fino a quella di « crescita verde » coniata dall'OCSE, che promuove un modello di sviluppo in grado di garantire alle nuove generazioni le risorse e i servizi ambientali su cui si basa il benessere, e a quelle concernenti lo sviluppo sostenibile e l'utilizzo efficiente delle risorse a livello delle istituzioni europee.

Alle diverse definizioni, comunque, corrisponde ormai una visione centrata sulla green economy come strategia di sviluppo basata sulla valorizzazione del capitale economico, naturale e sociale. L'importanza di puntare sulla green economy nelle strategie europee di sviluppo è stata, inoltre, recentemente ribadita dal commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik che, nel discorso di chiusura della Green Week svoltasi nel mese di giugno 2013, ha annunciato che il 2014 sarà l'anno della green economy.

La green economy non è solo il modello di sviluppo ormai convintamene indicato a livello internazionale ed europeo, ma - secondo le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati che stanno svolgendo un'indagine conoscitiva sul tema - rappresenta anche il modello più aderente alle caratteristiche dell'Italia, più in grado di tenere insieme e di rinvigorire gli elementi fondamentali dell'identità italiana: la bellezza del patrimonio storico-naturalistico e la qualità delle produzioni, la creatività e l'operosità degli imprenditori e dei lavoratori, la coesione sociale e il rapporto stretto fra economia, territorio e comunità.

Restringendo il campo al settore energetico, risulta chiaro che in questo contesto giocano un ruolo fondamentale le politiche governative di aumento degli investimenti e di incentivi a sostegno delle fonti rinnovabili, congiuntamente ai vari accordi internazionali sui limiti alle emissioni, e dell'efficienza energetica.

La Strategia energetica nazionale (SEN) - documento di programmazione energetica a livello nazionale adottato con il decreto 8 marzo 2013 - indica tra i suoi obiettivi principali il superamento di tutti gli obiettivi ambientali europei (riduzione delle emissioni di CO2, penetrazione delle rinnovabili, riduzione del consumo di energia). Questi includono la riduzione delle emissioni di gas serra del 21% rispetto al 2005 (obiettivo europeo: 18%), riduzione del 24% dei consumi primari rispetto all'andamento inerziale (obiettivo europeo: 20%) e raggiungimento del 19-20% di incidenza dell'energia rinnovabile sui consumi finali lordi (obiettivo europeo: 17%). In particolare, ci si attende che le rinnovabili diventino la prima fonte nel settore elettrico al pari del gas con un'incidenza del 35-38%. Le rinnovabili rappresentano infatti un segmento centrale della green economy, che viene considerata anche un'opportunità per la ripresa economica.

La SEN, infatti, punta a dare un impulso positivo alla crescita economica, con il settore energetico a fare da traino. Si prevedono infatti circa 170-180 miliardi di euro di investimenti di qui al 2020, sia nella green e white economy (rinnovabili e efficienza energetica), sia nei settori tradizionali (reti elettriche e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi). Si tratta di investimenti privati, solo in parte supportati da incentivi, e con notevole impatto in termini di competitività e sostenibilità del sistema.

Energie rinnovabili

Nell'ambito della Strategia energetica nazionale il concetto chiave in materia di fonti rinnovabili è quello di un loro "sviluppo sostenibile".

L'Italia intende superare gli obiettivi di produzione rinnovabile europei (?20-20-20'), contribuendo in modo significativo alla riduzione di emissioni e all'obiettivo di sicurezza energetica, ma contemporaneamente vuole realizzare lo scopo di contribuire alla ripresa economica, e dunque:

  • si impone il vincolo di contenere la spesa in bolletta che grava su imprese e famiglie, allineando il livello degli incentivi ai valori europei e spingendo lo sviluppo dell'energia rinnovabile termica, che ha un buon potenziale di crescita e costi specifici inferiori a quella elettrica;
  • la spesa sarà inoltre direzionata verso le tecnologie e i settori più virtuosi e sulla filiera economica nazionale, dal momento che le rinnovabili rappresentano infatti un segmento centrale di quella green economy che è sempre più considerata a livello internazionale un'opportunità per la ripresa economica.

L'Italia ha prezzi dell'energia mediamente superiori ai suoi concorrenti europei, e ancor più rispetto ad altri paesi come gli Stati Uniti. Questa situazione rappresenta un fattore di grave appesantimento per la competitività del sistema economico italiano.

Una delle cause di questa situazione è dovuta al peso sui costi energetici degli incentivi alla produzione rinnovabile elettrica in Italia. Tali incentivi sono storicamente i più elevati d'Europa (ad esempio, gli incentivi unitari alla produzione fotovoltaica sono circa il doppio di quelli tedeschi), con un forte impatto sul costo dell'energia: circa il 20% circa della bolletta elettrica italiana (escluse imposte) è destinato a incentivi alla produzione tramite fonti rinnovabili.

In termini di obiettivi quantitativi, ci si propone di raggiungere il 19-20% dei consumi finali lordi (rispetto all'obiettivo europeo del 17%), pari a 23-24 Mtep di energia finale l'anno. Questo consentirà una riduzione di emissioni fino a 50 milioni di tonnellate di CO2.

In particolare, per quanto riguarda il settore elettrico, l'obiettivo è quello di sviluppare le rinnovabili fino al 35-38% dei consumi finali al 2020, pari a circa 120-130 TWh/anno o 10-11 Mtep. Con tale contributo, la produzione rinnovabile diventerà la prima componente del mix di generazione elettrica in Italia, al pari del gas. Nel far questo, è necessario e possibile contenere i costi incrementali in bolletta per i consumatori, accompagnando la crescita dei volumi di energia rinnovabile con incentivi progressivamente ridotti e commisurati al costo (decrescente) della tecnologia e in linea con altri paesi leader in Europa. Complessivamente, per il raggiungimento degli obiettivi al 2020, vengono messi a disposizione fino a circa 11,5-12,5 miliardi l'anno per 20 anni, assegnando le residue risorse in base a criteri di priorità che favoriscano l'efficienza, l'innovazione tecnologia, un minore impatto ambientale e la filiera industriale nazionale.

Si consideri che la produzione di energia rinnovabile elettrica negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo fortissimo, guidato da incentivi generosi che hanno generato costi significativi per il sistema. Nel settore elettrico, l'obiettivo 20-20-20 è stato già praticamente raggiunto, con quasi 8 anni di anticipo: 93 TWh prodotti nel 2012 rispetto ad un obiettivo 2020 di 100 TWh. Questo è dovuto ad una forte crescita delle installazioni negli ultimi anni, in particolare degli impianti fotovoltaici: dal 2010 l'Italia ha incrementato la capacità installata di circa 13 GW, raggiungendo quasi 17 GW complessivi (nel mondo siamo secondi solo alla Germania). Il sistema incentivante molto generoso in vigore negli ultimi anni, che non ha tenuto sempre conto della rapida diminuzione dei costi legati alle tecnologie (la tecnologia fotovoltaica ha abbattuto i suoi costi di circa il 70% dal 2008 al 2012). Si segnala peraltro che, dalla metà dell'anno in corso, sono esauriti i fondi del Quinto Conto Energia per l'incentivazione del fotovoltaico, in quanto è stata raggiunta la soglia dei 6,7 miliardi di euro.

La crescente produzione da fonti intermittenti e non programmabili rappresenta inoltre sempre più una sfida per l'infrastruttura di rete e per il mercato, per i problemi di dispacciamento che essa comporta. La produzione rinnovabile discontinua è ad esempio concentrata (e probabilmente destinata a concentrarsi ancor più) al Sud, Centro-Sud e nelle isole, con una potenza attesa già al 2016 superiore alla domanda di punta di quest'area (25.000 MW contro i 21.000 MW), mentre la domanda è maggiore in Nord Italia. Sono necessari, quindi, interventi di rafforzamento della rete sulle principali sezioni critiche tra zone di mercato. Inoltre, per quanto riguarda gli oneri da sbilanciamento, sarà importante adottare un approccio che stimoli i produttori da fonti rinnovabili a programmare la propria produzione tenendo conto delle, possibilità effettive di previsione delle diverse tecnologie, e che favorisca una gestione aggregata degli impianti e dei carichi. Molto importanti saranno gli sviluppi circa la riduzione dei costi ed il miglioramento delle prestazioni della capacità di accumulo elettrico per garantire lo sviluppo in sicurezza delle energie rinnovabili elettriche.

Per quanto riguarda il settore termico, l'obiettivo è quello di sviluppare la produzione di rinnovabili fino al 20% dei consumi finali al 2020 (dal 17% dell'obiettivo 20-20-20), pari a circa 11 Mtep/anno. Il raggiungimento dell'obiettivo è legato alla sostituzione di una parte degli impianti esistenti alimentati a combustibili convenzionali, alle nuove installazioni, all'evoluzione degli obblighi di integrazione delle rinnovabili nell'edilizia. Le dimensioni proposte implicano anche lo sviluppo o l'ampliamento, ove economicamente conveniente, di infrastrutture di rete per la diffusione del calore rinnovabile, attraverso l'attivazione di un Fondo di garanzia, e la costituzione di un sistema statistico, con la diffusione di sistemi di misura e contabilizzazione del calore. Nei prossimi anni, le azioni saranno dunque volte ad un'ampia crescita di tecnologie quali caldaie a biomassa, pompe di calore, solare termico, ecc. Per razionalizzare e garantire continuità dei meccanismi di supporto, è stato introdotto un Conto Termico per l'incentivazione degli interventi di più piccole dimensioni, con a disposizione fino a circa 900 milioni di euro l'anno. Saranno inoltre attivati i previsti strumenti a sostegno delle reti di teleriscaldamento.

Le fonti rinnovabili termiche rappresentano un elemento fondamentale della strategia italiana di raggiungimento degli obiettivi '20-20-20', grazie alla loro efficienza di costo e alla facilità di installazione diffusa. Fino ad oggi, queste tecnologie sono state piuttosto trascurate dalle politiche energetiche del Paese e dalla regolazione; nonostante ciò, hanno visto uno sviluppo spontaneo importante. I consumi termici rappresentano la quota più importante dei nostri consumi energetici, sia nei settori civili che industriali (circa il 45% dei consumi finali complessivi). Rispetto alle rinnovabili elettriche, quelle termiche risultano in generale più efficienti e meno costose per il raggiungimento degli obiettivi europei (in termini di costo per tonnellata di CO2 evitata o di costo per KWh di energia finale prodotta), e comportano benefici significativi di risparmio combustibile per il consumatore finale (ad esempio attraverso il riscaldamento a biomassa), e per il Paese nel suo complesso (riduzione import di combustibili fossili). Lo sviluppo delle rinnovabili termiche negli ultimi 5 anni è avvenuto in assenza di un quadro di incentivazione stabile e dedicato, in grado di orientare il consumatore verso le tecnologie più "virtuose". Prevalentemente, le misure a supporto sono state sovrapponibili a quelle per l'efficienza energetica ? detrazioni fiscali e certificati bianchi ? in assenza di iniziative dedicate. Il Paese è ben posizionato nel segmento industriale delle rinnovabili termiche, in particolare nell'ambito delle biomasse, in cui circa il 65% della tecnologia è di produzione italiana.

Per lo stimolo delle rinnovabili termiche di piccola taglia (destinato prevalentemente al settore civile), è stato recentemente varato un decreto ministeriale che incentiva direttamente l'installazione di impianti dedicati, il cosiddetto "Conto Termico" (DM 28 dicembre 2012).

Tale meccanismo:

-     garantisce l'accesso al regime incentivante alle tecnologie più virtuose, con criteri minimi stabiliti per ciascuna tipologia di intervento e requisiti che integrano, ove possibile, l'efficienza energetica;

-     assegna incentivi a copertura di una quota dei costi di investimento iniziale, variabili in base alla taglia e alla zona climatica, corrisposti in 2 anni (per piccoli interventi domestici) o 5 anni (per gli altri) e con premialità addizionali per le tecnologie più efficienti. Dalle interazioni avute con le associazioni di consumatori e produttori, si ritiene che questa formula possa avere un elevato tasso di gradimento e dunque di adesione, con tutta probabilità superiore allo strumento delle detrazioni fiscali.

Al 2020, il Conto Termico da solo consentirà di raggiungere il target PAN per le rinnovabili termiche, pari al 17% dei consumi finali lordi, ovvero 10 Mtep.

Per quanto riguarda il settore trasporti, la SEN conferma l'obiettivo europeo al 2020 di un contributo da biocarburanti pari a circa il 10% dei consumi, ovvero circa 2,5 Mtep/anno. Ci si propone di spingere quanto possibile l'adozione di biocarburanti di seconda generazione, preservando tuttavia gli investimenti già effettuati sulla produzione di biocarburanti di prima generazione. In termini di costi per il sistema, dato il differenziale di prezzo per la quota di biocarburanti, l'impatto al 2020 potrebbe ammontare a circa 1 miliardo di euro l'anno.

Promozione del risparmio e dell'efficienza energetici

La Strategia Energetica Nazionale indica nella promozione dell'efficienza energetica la prima priorità d'azione, in quanto contribuisce contemporaneamente al raggiungimento di tutti gli obiettivi della stessa SEN: riduzione dei costi energetici, riduzione delle emissioni e dell'impatto ambientale, miglioramento della sicurezza ed indipendenza di approvvigionamento e sviluppo della crescita economica. All'efficienza energetica la SEN destina investimenti, da parte dello Stato, pari a circa 15 miliardi nei prossimi 8 anni.

In termini di efficienza energetica, l'Italia parte già da un buon livello medio: siamo infatti uno dei primi Paesi per intensità energetica in Europa, con un livello inferiore alla media di circa il 14%, nonostante una struttura economica in cui l'industria manifatturiera ha un peso superiore alla media europea (anche se, negli ultimi due decenni, altri Paesi europei hanno mediamente migliorato tale indicatore in maniera più forte rispetto a quanto fatto dall'Italia). L'Italia vanta inoltre una consolidata tradizione industriale in molti settori strettamente correlati all'efficienza energetica (caldaie, motori inverter, smart grid, edilizia). Rimane tuttavia un "potenziale di miglioramento importante, che può essere catturato attraverso interventi che hanno un ritorno economico positivo.

A livello di programmazione, già da un quinquennio l'Italia si muove nell'ambito dei Piani d'azione nazionali. Il più recente è stato predisposto nel giugno 2011 (secondo Piano d'Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica - PAEE 2011), che dà seguito alle azioni ed iniziative già previste nel PAEE2007 e presenta proposte di medio-lungo termine.

Grazie a questi Piani, negli ultimi anni già molto è stato fatto. Sono stati attivati numerosi interventi (ad esempio Certificati Bianchi, detrazioni fiscali al 55%, incentivi, requisiti prestazionali minimi, certificazione energetica) che hanno permesso già un risparmio di circa 4 Mtep/anno di energia finale al 2010 (e circa 6 di primaria), superando gli obiettivi prefissati per tale data pari a circa 3,5 Mtep. Questi risultati sono stati calcolati al netto della riduzione dei consumi energetici verificatasi come conseguenza della crisi economica che ha colpito il Paese. Gli obiettivi al 2020 richiedono un risparmio di ulteriori 15 Mtep di energia finale e circa 20 di primaria, per i quali sono necessari ulteriori sforzi.

Un aspetto fondamentale, nel contenimento dei consumi energetici, è rappresentato dalla riqualificazione energetica degli edifici.

Per migliorare la qualità prestazionale del patrimonio immobiliare pubblico e privato, l'Italia si è mossa su due versanti:

-     da un lato si sono introdotti incentivi economici (solitamente detrazioni fiscali) per agevolare interventi di riqualificazione energetica;

-     dall'altro lato, in accordo con la normativa europea in materia, sono stati imposti parametri di efficienza e di risparmio negli interventi di ristrutturazione o di nuove costruzioni, per adeguare il patrimonio edilizio a standard prestazionali più elevati.

Il decreto-legge 63/2013 si è mosso su entrambi i filoni normativi, recependo la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia, e potenziando il regime di detrazioni fiscali, passato dal 55% per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici al 65%.

Per le spese documentate sostenute a partire dal 1° luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013 o fino al 30 giugno 2014 (per le ristrutturazioni importanti dell'intero edificio), spetterà la detrazione dell'imposta lorda per una quota pari al 65% degli importi rimasti a carico del contribuente, ripartita in 10 quote annuali di pari importo. E' stata inoltre decisa la proroga, fino al 31 dicembre 2013, delle detrazioni IRPEF del 50 per cento, dall'ordinario 36 per cento, per spese di ristrutturazioni edilizie fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro (48.000 euro nel regime ordinario). Tale proroga è stata estesa anche all'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un massimo di 10 mila euro (in pratica si concede un bonus di 5.000 euro. Le detrazioni riguarderanno anche gli interventi di ristrutturazione relativi all'adozione di misure antisismiche, nonché all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica delle parti strutturali degli edifici.

Con il disegno di legge di stabilità per il 2014 (A.C. 1865), si prevede all'articolo 6, comma 7 una proroga delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie e riqualificazione energetica.

Per quanto concerne la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015. Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali si proroga di un anno la misura della detrazione al 65 per cento (attualmente prevista sino al 30 giugno 2014), prevedendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento nei 12 mesi successivi. Con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento per l'anno 2015. Con riferimento agli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015. Con riferimento alle spese per l'acquisto di mobili per l'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione viene specificato il termine finale (31 dicembre 2014) entro cui devono essere sostenute le spese ai fini della detrazione prevista.

Il decreto 63/2013 è intervenuto anche in materia di certificazione energetica degli edifici, introducendo nel D.Lgs. 192/2005 nuove regole per l'efficienza del patrimonio edilizio e rendendo obbligatorio l'attestato di prestazione energetica (APE), che sostituisce il tradizionale attestato di certificazione energetica (ACE). In tal modo si è recepita anche la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia.

Per quanto riguarda il recepimento della normativa UE sull'efficienza energetica, si segnala che, a causa della situazione preesistente al D.L. 63/2013, il recepimento della direttiva 2010/31/CE in materia di certificazione energetica degli edifici non è stato considerato adeguato dalla Corte europea, che ha condannato l'Italia (con sentenza del 13 giugno 2013 ) per non aver rispettato l'obbligo di dotare dell'attestato di prestazione energetica gli edifici nuovi e quelli esistenti in caso di vendita o nuova locazione.

Certificati bianchi

Nel gennaio 2005 (D.M. 20/07/04) ha preso avvio un meccanismo incentivante del risparmio energetico detto dei "certificati bianchi" o "titoli di Efficienza Energetica". Questo strumento di mercato serve promuovere l'efficienza energetica negli usi finali. In particolare, i certificati bianchi servono per attestare il raggiungimento degli obiettivi di risparmio che le imprese distributrici di energia elettrica e gas devono conseguire, attraverso interventi e progetti per accrescere l'efficienza energetica negli usi finali di energia.

La valutazione ed il controllo dei risparmi è affidata all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) che certifica i risparmi energetici ottenuti e autorizza poi il Gestore del mercato elettrico (GME) ad emettere i "certificati bianchi" in quantità pari ai risparmi certificati, a favore dei distributori, delle società controllate dagli stessi distributori o a favore di società operanti nel settore dei servizi energetici (ESCO). Per dimostrare di aver raggiunto gli obblighi di risparmio energetico e non incorrere in sanzioni dell'Autorità, i distributori devono consegnare annualmente all'Autorità un numero di 'titoli' equivalente all'obiettivo obbligatorio.

Con il D.M. 28 dicembre 2012 sono stati determinati gli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere perseguiti dalle imprese di distribuzione dell'energia elettrica e il gas per gli anni dal 2013 al 2016 e per il potenziamento del meccanismo dei certificati bianchi previsto dal decreto legislativo 28/2011. Si mira a raggiungere una riduzione di energia primaria di circa 25 Mtep, nel quadriennio 2013-2016, e un contenimento delle emissioni di CO2 pari a 15 milioni di tonnellate l'anno, introducendo un pacchetto di misure finalizzate a facilitare la realizzazione di nuovi progetti di efficienza energetica. Tra queste la semplificazione dell'iter di accesso al meccanismo, l'approvazione di nuove schede per la valutazione dei risparmi nei settori industriale,civile e trasporti, la semplificazione del processo di predisposizione di nuove schede, l'inclusione di nuove aree di intervento, l'ampliamento dei soggetti che possono presentare progetti. Al fine di stimolare la realizzazione di grandi progetti, industriali e infrastrutturali, in grado di generare significativi volumi di risparmi, sono previsti maggiori incentivi per gli investimenti effettuati. Ulteriori innovazioni del meccanismo, che sarà gestito dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), riguardano un maggior ruolo affidato al mercato (attraverso la piattaforma di scambio gestita dal GME) nella determinazione del valore del risparmio ed il rafforzamento dei controlli, a complemento delle semplificazioni, con un programma di verifiche ex post accompagnate da un sistema sanzionatorio efficace. Confermato il ruolo dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas negli interventi di regolazione economica del sistema.

La nuova direttiva europea

La nuova direttiva sull'efficienza energetica (direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/CE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE) contiene le indicazioni per gli Stati Membri per raggiungere l'obiettivo del 20% di risparmio energetico al 2020.

Tra le altre misure, ciascun Paese dovrà istituire un regime nazionale obbligatorio di efficienza energetica per garantire che i distributori di energia e/o le società di vendita di energia al dettaglio conseguano, tra il primo gennaio 2014 e la fine del 2020, un obiettivo di risparmio sugli usi finali dell'energia dell'1,5% l'anno sulla media dei volumi complessivi di vendita annuali.

Quanto all'efficienza nell'edilizia, gli Stati membri dovranno garantire dal 1° gennaio 2014 la riqualificazione del 3% della superficie totale degli edifici riscaldati e/o raffrescati posseduti e occupati dal loro Governo centrale con una metratura utile totale superiore a 500 mq. Da luglio 2015 l''obbligo riguarderà anche quelli fino a 250 mq. Le nuove norme dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 5 giugno 2014.

L'indagine conoscitiva sulla green economy

Di fronte ad una crisi economica che prosegue senza soluzione di continuità da cinque anni e

ha riportato l'Italia ai livelli di ricchezza dei primi anni duemila, creando emergenze sociali drammatiche quale l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati hanno ritenuto di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla green economy, che può rappresentare un'importante occasione per contrastare la crisi e per dare slancio all'economia.

Le problematiche ambientali costituiscono, insieme alla necessità di un utilizzo sostenibile delle risorse naturali, un criterio guida essenziale per il rinnovamento dei modelli produttivi.

Occorre quindi - secondo le Commissioni - puntare su una nuova visione del sistema economico fondata su maggiore condivisione, che passa necessariamente attraverso la sostenibilità dello sviluppo. In questa prospettiva occorrerà puntare su nuove tecnologie, sulle fonti rinnovabili, sull'efficienza energetica, sulla ricerca e sull'innovazione, sulla tutela e sulla promozione del patrimonio naturale e culturale, per riprendere un cammino di sviluppo durevole e sostenibile.

L'indagine vuole porsi come contributo concreto alla formazione di una nuova agenda politica nella quale l'ambiente da vincolo possa diventare opportunità economica immediata e la green economy sia posta come orizzonte strategico delle scelte di fondo dell'azione del Governo, nelle politiche di bilancio e in quelle fiscali, nelle politiche per la ricerca e per l'innovazione e in quelle per l'occupazione e la formazione, nelle politiche per la difesa del territorio e in quelle per la promozione produzioni agroalimentari, nelle politiche per la competitività del sistema industriale e in quelle per gli investimenti infrastrutturali.


 

 



[1]  Contrariamente agli altri due obiettivi, quest'ultimo non è stato tradotto in uno strumento giuridicamente vincolante.

[2]  COM(2010) 2020 definitivo.

[3]   Direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE e regolamenti (CE) n. 713/2009, 714/2009 e 715/2009.

[4]   In particolare: regolamento (UE) n. 994/2010 concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas e che abroga la direttiva 2004/67/CE del Consiglio, REMIT e regolamento n. 347/2013 sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee.

[5] L’accoppiamento di mercato ottimizza la capacità d’interconnessione e permette il flusso dell’energia elettrica dalle zone in cui il prezzo è basso a quelle in cui è alto collegando automaticamente acquirenti e venditori al di qua e al di là della frontiera.

[6] Stimato dalla Commissione in circa il 13 per cento della spesa sostenuta.

[7] COM(2010)677.

[8] Regolamento (UE) n. 347/2013.

[9] Il regolamento prevede un nuovo metodo di pianificazione strategica delle infrastrutture, destinato a sostituire il TEN-E, che si concentra su un numero limitato di priorità e di “progetti di interesse comune” (PIC) da attuare entro il 2020.

[10] Si ricorda a tale proposito l’adozione del progetto di gasdotto per il trasporto del gas azero attraverso la Grecia e l’Italia (TAP), approvata nel corso del 2013 che si prevede inizierà a funzionare nel 2018.

[11] Si segnala che l’Italia è, in particolare, interessata a candidarsi come hub dell’area del Mediterraneo.

[12] In alcuni Stati membri le tariffe sono addirittura vincolate dallo Stato al di sotto dei costi di mercato, per alcune o per tutte le categorie di consumatori. Ciò impedisce la corretta trasmissione sul mercato dei meccanismi di prezzo.

[13] Austria, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica ceca, Slovenia, Svezia.

[14] Grecia, Portogallo, Romania.

[15] Austria, Cipro, Repubblica ceca, Grecia, Finlandia, Francia, Italia, Lussemburgo, Malta, Polonia, Romania, Svezia, Slovenia, Slovacchia, Regno Unito.

[16] Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Spagna, Finlandia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Regno Unito.