Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti per l'occupazione, le imprese, l'innovazione e gli affari sociali - Dublino, 28.29 aprile 2013
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 4
Data: 23/04/2013
Descrittori:
COMMISSIONE DELL' UNIONE EUROPEA   IMPRESE
INNOVAZIONE TECNOLOGICA   MISURE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE
PRESIDENTI E VICE PRESIDENTI   SICUREZZA SOCIALE


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

riunioni interparlamentari

 

 

 

 

 

 

Riunione dei Presidenti delle Commissioni competenti per l’occupazione, le imprese, l’innovazione e gli affari sociali

 

Dublino, 28 – 29 aprile 2013

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 4

 

23 aprile 2013

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

Alla redazione del dossier hanno partecipato il Dipartimento Attività Produttive (' 066760.9574), il Dipartimento Lavoro (' 066760.4884) e il Dipartimento Cultura (' 066760.3255) del Servizio Studi

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I N D I C E

 

Schede di lettura   1

Sessione I: le iniziative dell’UE per la lotta alla disoccupazione giovanile   3

·         La Strategia Europa 2020  3

·         Semestre europeo 2013  4

·         Il Programma nazionale di riforma 2013 dell’Italia  6

·         Il pacchetto occupazione e le iniziative per l’occupazione giovanile della Commissione europea  7

·         L’iniziativa del Consiglio europeo a favore dell’occupazione giovanile nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020  9

·         La situazione italiana: dati e recenti misure per favorire l’occupazione giovanile (a cura del Servizio Studi) 10

Sessione II: Sfruttamento del potenziale delle PMI europee e sviluppo di un Europa imprenditoriale   19

·         Semestre europeo 2013  20

·         Small Business Act (SBA) 21

·         Le azioni dell’UE per favorire lo sviluppo imprenditoriale  22

·         Il Piano di azione Imprenditorialità 2020  24

·         Interventi a favore delle Piccole e medie imprese in Italia (a cura del Servizio Studi) 26

Sessione III: impresa attraverso l’innovazione   37

·         L’iniziativa faro “Unione dell’innovazione” 37

·         Il Programma “Horizon 2020” 39

·         Attuazione del programma Horizon 2020 in Italia (a cura del Servizio Studi) 40

·         Programma per la competitività delle imprese e PMI 2014-2020 (COSME) 43

·         La politica industriale nell’UE   44

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Schede di lettura


 
Sessione I: le iniziative dell’UE per la lotta alla disoccupazione giovanile

 

La disoccupazione giovanile in Europa rappresenta un fenomeno in forte crescita nell’attuale periodo di crisi economica, con una incidenza doppia rispetto al fenomeno della disoccupazione in generale. In particolare, a fronte di un tasso di disoccupazione generale che nella UE a 27 Stati membri si colloca per il 2012 al 10.5 %, il tasso di disoccupazione giovanile nella UE-27 è pari a piu del doppio al 22.8%. Per L’Italia, in particolare, mentre il tasso di disoccupazione generale è pari al 10,7% per il 2012, il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 35,3% (cfr. tabella 1 e tabella 2).

 

Le azioni a livello europeo contro la disoccupazione giovanile sono condotte nella cornice della Strategia Europa 2020, inaugurata dal Consiglio europeo nel 2010, e disciplinate a livello europeo anche attraverso la procedura di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE, attraverso il cosiddetto “semestre europeo”.

La Commissione europea nel corso del 2012 ha poi presentato un pacchetto di interventi a favore dell’occupazione e un’ ulteriore serie di iniziative  finalizzate ad affrontare il problema della disoccupazione giovanile.

Nell’ambito dei negoziati sul Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 per l’UE, il Consiglio europeo ha poi deciso l’istituzione di una misura di intervento finanziario ad hoc espressamente dedicata alla disoccupazione giovanile.

 

La Strategia Europa 2020 

La Strategia Europa 2020 s'impernia su cinque obiettivi riguardanti l'occupazione, la ricerca, l'istruzione, la riduzione della povertà e i cambiamenti climatici/l'energia, che sono poi tradotti in obiettivi nazionali per riflettere la situazione e le circostanze specifiche di ogni paese.

Per quanto riguarda in particolare l’occupazione, la Strategia Europa 2020  fissa gli obiettivi dell’innalzamento al 75% del tasso di occupazione per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni[1].

In particolare, per l’Italia l’obiettivo nazionale per il tasso di occupazione al 2020 è pari al 67-69%.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, diffusi il 10 aprile 2013 e riferiti al 2012, il tasso di occupazione ha raggiunto il 68,5% nell’UE a 27; i Paesi con le migliori performances risultano essere la Svezia (79,4), i Paesi Bassi (77,2%) e la Danimarca (75,4%) e, tra i Paesi di maggiori dimensioni economiche e demografiche, nel Regno Unito si è registrato un tasso del 74,2% di occupati, in Germania il 76,7%, in Francia il 69,3%, in Spagna il 59,3%, in Italia il 61,0% (soltanto Spagna e Grecia registrano una percentuale più bassa).

 

In materia di disoccupazione giovanile, la Strategia Europa 2020 prevede  alcune iniziative prioritarie:

·       "Youth on the move", che mira ad aumentare le opportunità di lavoro dei giovani, aiutando studenti e apprendisti ad acquisire un'esperienza professionale in altri paesi e migliorando qualità e attrattiva dell'istruzione e della formazione in Europa;

·       Youth Opportunities Initiative” volta a promuovere l’apprendistato e i tirocini per i giovani e ad aiutare coloro che hanno abbandonato la scuola o un percorso formativo senza aver conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore a riprendere gli studi o una formazione professionale, per acquisire le competenze necessarie a trovare un lavoro.

 

Come accennato, la Strategia UE 2020 viene attuata nell’ambito del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche (c.d. Semestre europeo) che si articola secondo una scansione temporale volta a garantire la coerenza delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri.

In particolare, nell’ambito del semestre europeo le Istituzioni dell’UE fissano, anche con riferimento agli obiettivi della Strategia, le priorità di politica economica e di bilancio da perseguire per ciascun anno di riferimento che gli Stati membri traducono nei rispettivi programmi nazionali di riforma e di stabilità. In esito all’esame dei programmi, il Consiglio rivolge agli Stati membri raccomandazioni specifiche che devono essere tradotte, in autunno, nelle decisioni nazionali di bilancio.

Semestre europeo 2013

Nell’ambito della procedura per il Semestre europeo 2013, il Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013, accogliendo le indicazioni formulate dalla Commissione europea nell’Analisi annuale della crescita per il 2013, ha stabilito, tra le altre, le seguenti priorità:

Ø      Promuovere la ripresa dell’occupazione

        ridurre l’onere fiscale sull’occupazione, in particolare per le persone con basse retribuzioni;

        continuare a modernizzare i mercati del lavoro;

        valutare l’incidenza dei sistemi di fissazione dei salari, in particolare i meccanismi di indicizzazione, modificandoli se necessario, affinchè rispecchino meglio l’andamento della produttività e favoriscano la creazione di posti di lavoro;

        sfruttare il potenziale dei settori in espansione, come l’economia verde, la sanità e le tecnologie dell’informazione.

Ø      Occupazione giovanile

        potenziare i servizi pubblici di collocamento e le misure attive per il mercato del lavoro;

        lottare contro l’abbandono scolastico e facilitare il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro;

        sviluppare e attuare regimi di garanzie per i giovani che assicurino a tutti i giovani di meno di 25 anni un’offerta di lavoro, formazione continua, apprendistato o tirocinio entro quattro mesi dal termine dell’istruzione formale o dall’inizio della disoccupazione;

        agevolare la partecipazione al mercato del lavoro e l’accesso all’occupazione per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare;

        agevolare l’accesso ai sistemi di formazione permanente, anche per i lavoratori più anziani;

        favorire la mobilità professionale transfrontaliera.

 

Prima del Consiglio europeo, il Presidente del Consiglio Monti aveva inviato una lettera al Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy in cui si prospettava la necessità di ampliare i margini di manovra nelle politiche di bilancio, senza tuttavia pregiudicare il percorso di risanamento delle finanze pubbliche.

In particolare, il Presidente del Consiglio Monti ha richiesto di:

·       disporre di strumenti più efficaci per affrontare i costi sociali della crisi: l’alto tasso di disoccupazione giovanile di lunga durata e l’insufficiente livello di investimenti produttivi pubblici e privati;

Nella sua lettera il Presidente del Consiglio aveva sottolineato che l’Italia dovrebbe “poter utilizzare ogni possibile e ulteriore margine consentito dal Patto” al fine di:

·       adottare immediatamente un piano di sostegno alla creazione di posti di lavoro stabili;

·       alleggerire il cuneo fiscale sulla nuova occupazione;

·       favorire l’apprendistato dei giovani e rafforzare i servizi per l’infanzia;

·       mobilitare la quota di cofinanziamento nazionale per i fondi strutturali.

Il Programma nazionale di riforma 2013 dell’Italia

Nel Programma nazionale di riforma (PNR), allegato al Documento di economia e finanza, approvato dal Consiglio dei ministri l’11 aprile 2013, il Governo italiano indica le azioni intraprese per combattere le disoccupazione giovanile attraverso il miglioramento della formazione. L’obiettivo dell’azione di governo è stato favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, valorizzando l’apprendistato e contrastando l’uso improprio di alcune tipologie contrattuali.

Per quanto riguarda, in particolare, l’obiettivo della Strategia UE 2020 relativo all’occupazione nel PNR si ricorda che il livello corrente di occupazione è pari al 61% (61,2% nel 2011), contro l’obiettivo nazionale del 67-69% e l’obiettivo a medio termine del 63% (per quanto riguarda la disoccupazione il PNR prevede per il 2013 un tasso di disoccupazione pari al 11,6% (10,7% nel 2012).

 

Secondo quanto riportato nel PNR, per il 2013 il Governo, per quanto riguarda, in particolare, il mercato del lavoro, intende:

·       rafforzare e monitorare l’attuale sistema di tutele introdotte con l’istituzione dell’ Assicurazione Sociale per l’impiego (Aspl);

·       favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, integrando gli strumenti di conciliazione esistenti.

Per quanto riguarda, invece, la disoccupazione giovanile, il Governo intende:

·       proseguire la diffusione e l’ incentivazione del contratto di apprendistato. Sarà inoltre rafforzata la semplificazione degli oneri amministrativi e dei servizi alle imprese;

·       adottare misure per rafforzare la capacità di collocamento dei servizi per l’impiego pubblici e privati;

·       proseguire il monitoraggio degli effetti della riforma del lavoro. Una particolare attenzione sarà rivolta agli aspetti della flessibilità di ingresso nel mercato del lavoro;

·       rafforzare le misure di contrasto agli abbandoni scolastici;

·       contrastare l’insuccesso formativo, soprattutto nelle regioni del Sud, con un miglior utilizzo dei fondi dell’Ue;

·       adottare misure per rafforzare la formazione permanente degli insegnanti e promuovere un loro ricambio generazionale.

Per quanto riguarda le politiche sociali e di lotta alla povertà, il Governo indica le seguenti priorità:

·       accompagnare il percorso di ripresa con politiche attente all’investimento sociale. Si dovrà affrontare, in particolare, la questione del finanziamento della spesa per la rete degli interventi e servizi sociali territoriali, favorendo i servizi socio-educativi per la prima infanzia, i servizi per la cura delle persone con disabilità e degli anziani non autosufficienti, gli strumenti locali di contrasto alla povertà e i servizi residenziali per le fragilità;

·       definire le modalità per estendere la sperimentazione della nuova social card dal punto di vista territoriale e per tipologia dei beneficiari, anche con il sostegno dei fondi strutturali dell’UE.

 

Il pacchetto occupazione e le iniziative per l’occupazione giovanile della Commissione europea

Il pacchetto occupazione

La Commissione europea ha presentato il 18 aprile 2012 una comunicazione intitolata “Verso una ripresa fonte di occupazione” (COM (2012)173) nella quale delinea una strategia complessiva volta a rilanciare l’occupazione in Europea attraverso un serie di azioni basate su tre assi:

·         promuovere la creazione di posti di lavoro;

·         riformare i mercati del lavoro;

·         migliorare la governance dell’UE nel settore dell’occupazione.

Le iniziative per la disoccupazione giovanile

La Commissione europea ha presentato il 6 dicembre 2012 un pacchetto di iniziative destinate a fronteggiare la disoccupazione giovanile.

Il pacchetto è composto da:

·         una comunicazione sulla promozione dell’occupazione dei giovani (COM(2012)727), nella quale si esamina lo stato dell’occupazione giovanile in Europa; 

La Commissione rileva come il tasso medio di disoccupazione giovanile sia più del doppio di quello degli adulti (22,7% contro il 9,2%); sono ulteriormente diminuite le possibilità per i giovani di trovare un impiego; che peraltro tende ad essere di natura temporanea o part-time; i giovani che abbandono la scuola precocemente sono la categoria a più alto rischi di disoccupazione; è in aumento il livello di rinuncia alla ricerca di un impiego da parte dei giovani disoccupati; si registrano discrepanze tra domanda ed offerta nel mondo del lavoro dovute a mancanza dei requisiti professionali richiesti dal mondo delle imprese.

·         una proposta di raccomandazione del Consiglio dell’UE sull’introduzione di una “Garanzia per i giovani” che assicuri che tutti i giovani di età fino a 25 anni ricevano - entro 4 mesi dal termine di un ciclo d’istruzione formale o dall’inizio di un periodo di disoccupazione - un’offerta di lavoro, di prosecuzione dell’istruzione scolastica, di apprendistato o di tirocinio di qualità elevata (COM(2012)729);

In particolare, la proposta di raccomandazione invita gli Stati membri a: promuovere con le parti interessate l’istituzione dello strumento “Garanzia per la gioventù”; promuovere il tempestivo coinvolgimento dei servizi di collocamento e altri partner interessati; utilizzare il Fondo sociale europeo e altri fondi strutturali; a valutare e a migliorare costantemente lo strumento della Garanzia per la gioventù e ad attuarne rapidamente i vari elementi. La Commissione chiede al Consiglio dell’UE di adottare la proposta di raccomandazione quanto prima e agli Stati membri di attivare tale garanzia entro il 2013. La definizione del quadro istituzionale entro il quale dovrà essere istituita la Garanzia per i giovani sarà lasciato ai singoli Stati membri, nel rispetto dei rispettivi ordinamenti nazionali. La Commissione ritiene che i costi di tale iniziativa saranno compensati dai risparmi ottenibili a lungo termine sulle spese di disoccupazione, inattività e perdita di produttività (secondo dati riportati dalla Commissione, il costo annuo in europea per i giovani non occupati, né iscritti ad un ciclo di istruzione o formazione corrisponde a 1,2 % del Pil a livello europeo, pari a circa 153 miliardi di euro[2]);

Il Consiglio dell’UE ha raggiunto il 28 febbraio 2013 un accordo sulla raccomandazione, che dovrebbe essere definitivamente adottata prossimamente. Il Consiglio ha inviato gli Stati membri ad attuare la garanzia per i giovani dal 2014, prevedendo che gli Stati membri con maggiori difficoltà in materia di bilancio e livelli elevati di disoccupazione giovanile possano prendere procedere ad un’attuazione graduale.

·         una comunicazione relativa all’avvio di una consultazione su un quadro di qualità per tirocini (COM(2012) 728).

La Commissione europea aveva già avviato una consultazione sulle principali problematiche connesse ai tirocini nell’ambito delle iniziative avviate con la presentazione del pacchetto per l’occupazione del 18 aprile 2012. Con questa ulteriore consultazione la Commissione intende acquisire l’avviso delle parti sociali sulla possibilità di sottoporre una eventuale proposta di raccomandazione del Consiglio agli Stati membri dell’UE[3] volta ad instaurare una cornice di qualità per i tirocini in Europa che dovrebbe contenere i seguenti elementi: il contratto di tirocinio; trasparenza ed informazione; durata, contenuto ed obiettivi del tirocinio; disposizioni per la protezione sociale (assicurazione malattia ed incidenti sul luogo di lavoro); remunerazione ed altre forme di compensazione. Opzioni ulteriori ed alternative rispetto alla raccomandazione del Consiglio potrebbero essere la creazione di un marchio di qualità per i tirocini oppure un sito internet per l’informazione sui differenti tirocini disponibili negli Stati membri dell’UE.

 

Oltre alle sopracitate iniziative, la Commissione europea ha annunciato che nel corso del 2013 intende promuovere: a) un’ iniziativa volta ad istituire una Alleanza europea per l’apprendistato, per migliorarne la qualità e promuovere la cooperazione tra gli Stati membri. L’Alleanza riunirà le parti interessate a livello di autorità, imprese, parti sociali, ricercatori e professionisti del settore IFP e rappresentanti delle organizzazioni giovanili; b) una consultazione sulle modalità con le quali sviluppare, nell’ambito del Programma di lavoro per il cambiamento e l’innovazione sociale (vedi paragrafo successivo), le azioni previste dal programma EURES, volto a promuovere la mobilità lavorativa dei giovani in Europa.

 

In occasione del Consiglio europeo informale del gennaio 2012 la Commissione europea ha varato un’iniziativa per aiutare gli otto Stati membri con i livelli più elevati di disoccupazione giovanile. Nel febbraio 2012 sono stati istituiti gruppi di intervento per l’occupazione giovanile (action team), composti da funzionari nazionali e della Commissione, per Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Portogallo, Slovacchia e Spagna. Il lavoro dei gruppi ha permesso di riassegnare e accelerare i finanziamenti UE per promuovere le opportunità di lavoro a favore dei giovani e agevolare l’accesso delle PMI ai finanziamenti.

In Italia è stata varata un’operazione di definizione delle priorità, che è già entrata nella terza fase, è sostenuta dal gruppo di intervento  e comprende il finanziamento di un piano di occupabilità in Sicilia di cui dovrebbero beneficiare circa 50.000 giovani, nuove attività didattiche per 65.300 studenti del sud e 13.000 nuove possibilità di mobilità (attraverso i programmi dell’UE Erasmus e Leonardo), un regime di “credito d’imposta” per promuovere l’occupazione delle persone svantaggiate, inclusi i giovani, e 620 milioni di EUR per attività a sostegno di giovani imprenditori, ricercatori, apprendistati o NEET (ossia giovani da 15 a 29 anni che non lavorano e non studiano).

 

L’iniziativa del Consiglio europeo a favore dell’occupazione giovanile nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020

Il Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013, riconoscendo la situazione particolarmente difficile dei giovani in determinate regioni, nell’ambito dell’accordo raggiunto sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020 ha deciso di avviare un'iniziativa specifica a favore dell'occupazione giovanile in aggiunta e a rafforzamento del sostegno già fornito attraverso i fondi strutturali dell'UE. L'iniziativa sarà aperta a tutte le regioni con livelli di disoccupazione giovanile superiori al 25% ed interverrà a sostegno di misure esposte nel pacchetto sull'occupazione giovanile proposto dalla Commissione nel dicembre 2012 in particolare per sostenere la garanzia per i giovani successivamente alla sua adozione. Per l'iniziativa saranno disponibili 6000 milioni di EUR per il periodo 2014-2020.

 

La situazione italiana: dati e recenti misure per favorire l’occupazione giovanile

Il livello di disoccupazione in Italia si attesta, a febbraio 2013, all’11,6% (dall’8,4% registrato nel 2011), di cui 10,8% maschile e 12,6% femminile, mentre il tasso di disoccupazione giovanile si attesta al 37,8% (ISTAT – comunicato 2 aprile 2013). Il tasso di inattività è pari al 36,1%, di cui 26% maschile e 46,1% femminile. Anche i giovani NEET (ossia giovani da 15 a 29 anni che non lavorano e non studiano) sono in aumento da alcuni anni (20,5% nel 2009; 22,1% nel 2010 e 22,7% nel 2011).

L’ISTAT (“Disoccupati, inattivi, sottoccupati – anno 2012 - Indicatori complementari al tasso di disoccupazione” dell’11 aprile 2013), ha rilevato che nel 2012 gli inattivi disponibili a lavorare raggiungono il livello più elevato dal 2004, pari a 2.975.000 unità (+2,7%, 78.000 unità in più su base annua). In percentuale delle forze di lavoro si passa dall’8,9% del 2004 all’11,6% del 2011 e del 2012: la crescita di questo segmento di inattivi (cioè i soggetti disponibili che non cercano lavoro) ha riguardato gli adulti di 35-54 anni e i 55-74enni, sebbene la quota più elevata sia costituita dai giovani 15-24enni (il 32,2% delle forze lavoro giovanili nel 2012). A livello totale essi rappresentano l’11,6% (in pratica il triplo della media europea, pari al 3,6%). Allo stesso tempo, gli inattivi che cercano attivamente un impiego ma non sono subito disponibili a lavorare, gruppo storicamente di scarsa numerosità (per un totale di 111.000 unità), presenta una componente giovanile pari a 22.000 unità (1,3%). Inoltre, i sottoccupati part-time, pari a 605.000 unità, che risultano in forte crescita rispetto a un anno prima (+34,1% pari a +154.000 unità e che rappresentano il 2,4% delle forze di lavoro) presentano una componente di 15-64enni pari al 3%.

 

Apprendistato

L’apprendistato è da tempo ritenuto, da parte di tutte le forze politiche, lo strumento principale sul quale puntare per promuovere l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro (sull’esempio delle esperienze positive registrate in altri Paesi europei: es. Germania e Austria). I tentativi di rilancio dell’apprendistato sono passati attraverso il complessivo riordino dell’istituto operato con il decreto legislativo n.167/2011 e, da ultimo, con la legge di riforma del mercato del lavoro (Legge Fornero). Nonostante tali interventi, dai dati più recenti (XIII Rapporto sull’apprendistato del Ministero del lavoro – dicembre 2012) emerge che il ricorso a tale istituto continua a declinare (594 mila contratti nel 2009; 541 mila nel 2010; 504 mila nel 2011, con decrementi più marcati nel Mezzogiorno). Le principali ragioni di tale andamento, a giudizio di imprese ed esperti risiedono (oltre che nel perdurare della crisi economica) nella frammentarietà delle competenze amministrative (che vede coinvolte, a vario titolo, le regioni), nell’aggravio dei costi (+1,61% di contribuzione prevista dalla legge di riforma del mercato del lavoro per il finanziamento dell’ASpI), la presenza di rilevanti vincoli di stabilizzazione per procedere a nuove assunzioni, gli ingenti costi di formazione a carico delle imprese.

 

La L. 183/2010 (cd. "collegato lavoro") ha riaperto (articolo 46) il termine per l'esercizio della delega volta al riordino della disciplina dell’apprendistato (delega già contenuta nella L. 247/2007 e non esercitata a causa della scadenza della legislatura).

Con una disposizione immediatamente precettiva, invece, è stato previsto che l'obbligo di istruzione si intende assolto anche nei percorsi di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (articolo 48, comma 8).

In attuazione della delega è stato adottato il D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167. Il provvedimento definisce l’apprendistato come un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani, ribadendo l’articolazione dell’istituto in tre diverse tipologie contrattuali (che vengono peraltro ridenominate). Tra i principali elementi di novità vi è, innanzitutto, l'unificazione della regolamentazione normativa, economica e previdenziale del contratto (applicabile a tutti i settori pubblici e privati), in precedenza strutturata per ciascuna delle tre tipologie contrattuali, garantendo la semplificazione dell’istituto e l’uniformità di disciplina a livello nazionale. Inoltre, si afferma il coinvolgimento pieno delle parti sociali, attraverso il rinvio alla disciplina attuativa recata da appositi accordi interconfederali o da contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. La disciplina pattizia deve muoversi nel rispetto di una serie di principi, in parte mutuati dalla legislazione vigente e in parte nuovi. In particolare, tra gli elementi di novità si segnala l’estensione della forma scritta al piano formativo individuale, che deve essere definito (anche su appositi formulari elaborati contrattualmente) entro 30 giorni (non più quindi contestualmente) dalla stipulazione del contratto. Per quanto riguarda la retribuzione dell’apprendista, si specifica invece che i due sistemi previsti (sottoinquadramento o percentualizzazione) devono intendersi alternativi tra loro.

Di grande rilievo sono anche il rafforzamento dell’apparato ispettivo e sanzionatorio (al fine di evitare usi distorti e abusi del contratto di apprendistato); la possibilità di assumere come apprendisti i lavoratori in mobilità; il mantenimento dei benefici contributivi per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.

Gli standard formativi sono stati definiti con il D.M. 26 settembre 2012. Gli standard professionali sono definiti nei contratti collettivi nazionali di categoria o, in mancanza, attraverso intese specifiche da sottoscrivere a livello nazionale o interconfederale. Viene altresì specificato che ai fini della verifica dei percorsi formativi in apprendistato professionalizzante e in apprendistato di ricerca, i profili di riferimento debbano essere legati a quelli definiti nei contratti collettivi.

Restano confermate, infine, le norme vigenti riguardanti il referente aziendale, la registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo, la possibilità di riconoscere all’apprendista una qualifica professionale ai fini contrattuali e le competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi, i limiti quantitativi per le assunzioni di apprendisti e la tutela previdenziale e assicurativa.

 

La L. 92/2012 di riforma del mercato del lavoro (articolo 1, commi 16-19) è intervenuta a modificare la disciplina generale dell'apprendistato. Le modifiche dispongono, in particolare, che la disciplina posta dagli accordi interconfederali o dai contratti collettivi nazionali preveda una durata minima del rapporto di apprendistato non inferiore a sei mesi (fatte salve le attività stagionali); con riferimento alle assunzioni a decorrere dal 1° gennaio 2013, si incrementa il numero massimo di apprendisti che possono essere (contemporaneamente) alle dipendenze di un medesimo datore di lavoro (direttamente o mediante ricorso alla somministrazione di lavoro), passando dal precedente limite del 100% (ossia un rapporto di 1 a 1), a un rapporto di 3 a 2 nelle imprese con più di 10 dipendenti; per i datori di lavoro che occupano almeno 10 dipendenti, l'assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro (la percentuale è tuttavia stabilita al 30% nei primi 36 mesi successivi all'entrata in vigore della legge).

La legge riforma del mercato del lavoro definisce un sistema permanente di monitoraggio e valutazione (basato su dati forniti dall'Istat) e da altri soggetti del Sistema statistico nazionale - Sistan), volto a verificare lo stato di attuazione degli interventi e a valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego.

Al sistema di monitoraggio e valutazione, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in collaborazione con le altre Istituzioni competenti, concorrono le parti sociali (attraverso le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei lavoratori e dei datori di lavoro), nonché l’INPS e l’ISTAT, chiamati ad organizzare banche dati informatizzate anonime aperte ad enti di ricerca e università.

 

La legge riconosce numerosi incentivi a chi assume apprendisti. Dal punto di vista contributivo, se il datore di lavoro ha un numero di dipendenti non superiore a 9, i contributi previdenziali sono sostanzialmente azzerati (salvo il contributo dell'1,61%), mentre se il numero di dipendenti è superiore alle 9 unità, i contributi si pagano nella misura dell'11,61 per cento. Vi sono poi altri incentivi, di carattere non economico volti a promuovere l’assunzione di giovani con contratto di apprendistato.

 


 

Allegati statistici[4]

 

Tabella 1 - tasso di disoccupazione giovanile (youth unemployment rate) e rapporto tra numero di disoccupati giovanili e numero totale della File:Youth unemployment, 2012Q4 (%).pngpopolazione (youth unemployment ratio) per Stato membro dell’UE

 


 

 

Tabella 2 - Tasso di disoccupazione (dato generale)

File:Unemployment rate, 2001-2012 (%).png

 

 


Tabella 3 – tasso di disoccupazione per genere e per età

File:Unemployment rate by gender and age, 2007-2012 (%).png

 


Tabella 4 - evoluzione dei tassi di disoccupazione giovanile (al settembre 2011 – marzo 2012 – settembre 2012)


Tabella 5 – percentuale della popolazione giovanile (15 – 24 anni) senza impiego e non coinvolta in attività di istruzione o formazione (NEET)


Sessione II: Sfruttamento del potenziale delle PMI europee e sviluppo di un Europa imprenditoriale

 

Come emerge dal Rapporto annuale della Commissione sulle PMI, relativo agli anni 2011 e 2012, le piccole e medie imprese nell’UE rappresentano oltre il 98 per cento delle imprese (circa 20,7 milioni, il 92 per cento delle quali microimprese con meno di dieci dipendenti) e garantiscono il 67 per cento dell’occupazione totale (oltre 87 milioni di dipendenti) e il 58 per cento del valore aggiunto lordo (VAL). In Italia le PMI rappresentano il 99,9% del totale delle imprese (circa 3,8 milioni, delle quali 3,6 milioni micro-imprese con meno di 10 dipendenti), garantendo l’80,3% dell'occupazione nel settore privato non finanziario e il 68.3% del valore aggiunto lordo.

Dal Rapporto emerge come la dinamicità della crescita delle PMI non sia distribuita uniformemente nei diversi settori e come la crescita della produttività registri un andamento positivo soprattutto nei settori della produzione high-tech e di media tecnologia nonché nel settore dei servizi ad alta intensità di conoscenze, grazie a migliori tassi di investimento e di esportazione.

Il Rapporto precisa che il numero degli interventi a livello nazionale a favore delle PMI è cresciuto costantemente e fortemente negli ultimi anni, con 38% di interventi in più nel 2011 rispetto al 2010. Essi hanno riguardato soprattutto la promozione dello spirito imprenditoriale e dell’aggiornamento delle competenze e il rafforzamento dell’innovazione nelle PMI, il miglioramento dell’accesso al credito.

 

Commissione europea, Rapporto annuale sulle piccole e medie imprese nella UE, 2011/2012 - Numero di PMI, occupazione nelle PMI e valore aggiunto delle PMI (2005=100). Le cifre per il 2011 e il 2012, sono stimate.

 

Una media impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 250 persone e il cui fatturato non superi 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuale non sia superiore a 43 milioni di euro.Una piccola impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro. Una microimpresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.

 

Semestre europeo 2013

Nell’ambito della procedura per il Semestre europeo 2013, il Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013, accogliendo le indicazioni formulate dalla Commissione europea nell’Analisi annuale della crescita per il 2013 (COM(2012)250), ha confermato la validità delle priorità individuate nell’analisi dell’anno precedente:

·         risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita;

·         ripristino della normale erogazione di prestiti all’economia;

·         promozione della crescita e della competitività nell’immediato e per il futuro;

·         lotta contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi;

·         modernizzazione della pubblica amministrazione.

A questo proposito, oltre ad interventi sollecitati ai Governo nazionali, la Commissione giudica importante utilizzare appieno gli strumenti finanziari già esistenti o nuovi dell’UE per mobilitare investimenti mirati, in particolare nelle infrastrutture chiave:

·         la Banca europea per gli investimenti (BEI) riceverà altri 10 miliardi di euro e potrà quindi fornire finanziamenti supplementari per 60 miliardi di euro nei prossimi tre o quattro anni, mobilitando inoltre un importo tre volte superiore presso altre fonti di finanziamento;

·         i project bond, nuovi strumenti di condivisione del rischio che permettono di sbloccare finanziamenti privati, provenienti ad esempio da imprese di assicurazione e fondi pensione, a integrazione dei prestiti bancari tradizionali. Diversi progetti sono giunti a uno stadio avanzato di preparazione da parte della BEI;

·         nell’ambito del Patto per la crescita e l’occupazione, la Commissione continua a lavorare con gli Stati membri per riprogrammare e accelerare l’uso dei fondi strutturali UE a sostegno della crescita, soprattutto per le PMI. Gli Stati membri sono inoltre invitati a indicare nei programmi nazionali di riforma come intendono utilizzare i fondi strutturali per promuovere priorità favorevoli alla crescita per la prossima serie di programmi (2014-2020).

La Commissione elenca le tipologie di riforme da adottare, alcune con effetti dilazionati nel tempo, altre con effetti più immediati:

·         promozione dell’innovazione e delle nuove tecnologie e aumento degli investimenti pubblici e privati nella R&S;

·         miglioramento dell’efficienza dei sistemi di istruzione e formazione e del livello generale delle competenze, collegando più strettamente il mondo del lavoro e l’istruzione;

·         miglioramento del contesto imprenditoriale semplificando le formalità necessarie per creare un’impresa nonché le procedure di concessione delle autorizzazioni e delle licenze e di adempimento fiscale e riducendo gli oneri amministrativi globali per le imprese;

·         sfruttamento del potenziale dell’economia verde creando un quadro normativo prevedibile e favorendo l’affermarsi di nuovi mercati e tecnologie.

 

Sulla base di tali premesse, l’Ue ha elaborato precise strategie che hanno il comune obiettivo di sostenere e valorizzare le PMI. Si tratta, in particolare, dello Small Business Act (SBA) e della Strategia Europa 2020 (vedi paragrafo “L’iniziativa faro Unione dell’innovazione” della scheda per la sessione III).

 

Small Business Act (SBA)

Il quadro normativo entro cui si collocano le azione europee riguardanti le PMI è costituito principalmente dallo Small Business Act per l’Europa (SBA) (COM(2008)394), che stabilisce principi programmatici per l’UE e gli Stati membri come l’accesso al credito e ai mercati (mercato unico, mercati internazionali, appalti pubblici) e una migliore qualità della normazione.

L’attuazione dello SBA è stata oggetto di un primo monitoraggio da parte della Commissione con la comunicazione (COM(2011)78) presentata il 23 febbraio 2011, nella quale si evidenzia come tutte le iniziative legislative previste dallo SBA sono state presentate o adottate, tra cui si ricordano tra le altre, la direttiva 2010/45/UE, adottata dal Consiglio nel 2010, che aggiorna, semplifica e armonizza ulteriromente le norme vigenti equiparando la fatturazione IVA elettronica a quella cartacea; e la direttiva 2011/7/UE, adottata dal Consiglio nel gennaio 2011, relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Con riferimento agli strumenti e alle azioni concrete, la Commissione sottolinea come:

·      il test PMI è stato incluso tra gli aspetti metodologici da considerare ai fini di una corretta predisposizione di una valutazione d’impatto;

·      il programma Competitività e innovazione (PCI) nel periodo 2007-2013 ha fornito e fornirà garanzie per prestiti a un totale di circa 300.000 PMI (il 90 per cento microimprese) e favorirà gli investimenti dei capitali di rischio;

·      secondo un’indagine richiamata dalla Commissione l’accesso agli appalti pubblici da parte delle PMI risulta meno oneroso dal punto di vista amministrativo e con maggiori possibilità di presentare offerte congiunte;

·      è stato istituito un Forum permanente sul finanziamento delle PMI;

·      il quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, relativo al periodo successivo al 1° luglio 2008 e prorogato a tutto il 2011 prevedeva: una riduzione fino al 25% per le PMI del premio annuale dovuto per le nuove garanzie concesse per l’accesso al credito; considera compatibili i tassi di interesse agevolati riferiti a prestiti per investimenti in progetti relativi alla protezione ambientale con una riduzione del tasso di interesse del 25% per le PMI; nel quadro degli aiuti al capitale di rischio è possibile finanziarie con denaro pubblico investimenti a favore di PMI fino a 2,5 milioni di euro annui (il limite “normale” è di 1,5 milioni di euro annui);

·      la politica dell'innovazione e della ricerca dell’UE dedica attenzione ai finanziamenti per consentire agli imprenditori di portare le loro "idee al mercato" e, in particolare, l’iniziativa faro Europa 2020 “l’Unione dell’innovazione” (COM(2010)546) attribuisce un ruolo significativo alla crescita alle PMI innovative nel ciclo dell’innovazione nell’ambito del programma quadro per la ricerca;

·      l’apertura di un centro per le PMI in Cina ben rappresenta l’interesse UE verso misure per favorire l’accesso da parte delle PMI europee ai mercati stranieri;

·      la politica di coesione e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)  rappresentano strumenti importanti al fine di trasformare le priorità dello SBA in azioni concrete.

 

Nel Riesame dello SBA (COM(2011)78), la Commissione ha ribadito gli obiettivi principali: garantire l'accesso al finanziamento, sfruttare pienamente i benefici offerti dal mercato unico e legiferare con intelligenza, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi per le PMI.

L’UE, pertanto, ha introdotto, nel corso degli ultimi due anni, modifiche normative indirizzate proprio alle PMI.

 

Le azioni dell’UE per favorire lo sviluppo imprenditoriale

Nel quadro della cornice normativa tracciata dallo SBA le azioni della Ue per favorire lo sviluppo imprenditoriale e, in particolare, delle PMI si muovono lungo precise direttrici: la semplificazione del quadro normativo e l’accesso al credito e al mercato finanziario.

 

Semplificazione del quadro normativo

Con l’introduzione dello SBA, l’obiettivo dell’UE è stato quello di ridurre al minimo gli oneri amministrativi a carico delle piccole imprese e semplificare al massimo il contesto normativo. Nella Comunicazione sulla politica industriale (COM(2012)582) dell’ottobre 2012, la Commissione ha sottolineato l’importanza di un quadro normativo di lungo termine per investire in nuove tecnologie e innovazione, caratterizzato da semplicità, stabilità e prevedibilità. Infine, con il nuovo programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (Regulatory Fitness and Performance Programme - REFIT) (COM(2012)746) del dicembre 2012, tali indirizzi sono stati definiti come parte integrante e permanente del processo di elaborazione e programmazione delle politiche.

Da ultimo, nella Comunicazione della Commissione “Legiferare con intelligenza – Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese” (COM(2013)122), del marzo 2013, sono stati esaminati i progressi nell’applicazione della legislazione vigente sotto i profili dell’applicazione delle esenzioni per le micro-imprese; dell’introduzione di regimi semplificati per le PMI; dell’introduzione della tabella di valutazione per le PMI; della garanzia di adeguatezza della regolamentazione. In tale sede, sono stati individuati anche gli ulteriori interventi che saranno effettuati a favore delle PMI nell'elaborazione e programmazione delle politiche.

Tra le esenzioni proposte dalla Commissione e attualmente oggetto di procedura legislativa a livello dell’Unione si segnalano l’esenzione per le imprese con meno di 250 dipendenti dall’obbligo di designare un responsabile della protezione dei dati (COM(2012)11) e da quello di conformarsi all’obbligo previsto dalla proposta della Commissione sulla presenza delle donne nei consigli d'amministrazione (COM(2012)614).

Nella medesima Comunicazione, inoltre, sono elencati esempi di regimi semplificati per le PMI proposti dalla Commissione e attualmente oggetto dell'iter legislativo dell'UE, tra cui si ricorda quella per facilitare la partecipazione delle PMI alle gare di appalto pubbliche (COM(2011)896).

Infine, come precisato nella relazione “Ridurre al minimo indispensabile gli oneri normativi che gravano sulle PMI - Adeguare la normativa dell'UE alle esigenze delle microimprese” (COM(2011)803), la Commissione ha condotto una consultazione, conclusasi nel dicembre 2012, per individuare i dieci atti legislativi dell'UE ritenuti più gravosi per le microimprese e le PMI. Sulla base dei risultati di tale consultazione, denominata “TOP 10”, la Commissione ha proposto concreti interventi di revisione (COM(2013)122), tra cui si segnalano le modifiche al Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (Direttiva 2006/112/CE), alle procedure d’aggiudicazione di appalti pubblici, forniture e servizi (Direttiva 2004/118/CE) e alla normativa Ue in materia di rifiuti.

 

Interventi per facilitare l’accesso al credito e al mercato finanziario

La facilitazione dell’accesso al credito per le PMI è una delle priorità individuate da “Europa 2020” nonché dall'Atto per il mercato unico della Commissione (COM(2011)206) e dal già citato "Small Business Act". Nel Piano di azione per migliorare l’accesso delle PMI ai finanziamenti (COM(2011)870), la Commissione ha presentato le politiche che intende attuare per raggiungere tale obiettivo. Esse si possono ricondurre alle seguenti linee di intervento:

·         modifiche al quadro regolamentare del capitale di rischio;

·         modifiche alla normativa in materia di aiuti di Stato per rispondere alle esigenze delle PMI;

·         miglioramento dell’accesso delle PMI ai mercati dei capitali, grazie all’aumento della loro visibilità.

Nel Piano di azione, inoltre, la Commissione propone nuovi strumenti finanziari per agevolare l’accesso delle PMI ai finanziamenti per il periodo 2014-2020. In particolare, per favorire i prestiti alle PMI, la Commissione propone uno strumento finanziario di debito dell'UE, mentre, per migliorare l'accesso al capitale di rischio, la Commissione propone la creazione di uno strumento finanziario di capitale proprio dell'UE, finanziato dal programma per la competitività delle imprese e le PMI (COSME) (COM(2011)834) e dal programma Horizon 2020 (COM(2011)809)[5].

Infine, tra le altre misure proposte dalla Commissione nel citato Piano di azione per migliorare il contesto imprenditoriale per le PMI, si segnalano:

·         il miglioramento della qualità e della quantità delle informazioni delle PMI, attraverso il potenziamento del ruolo consultivo in ambito finanziario della rete Enterprise Europe e la creazione di un unico portale multilingue di informazioni sui finanziamenti dell’UE;

·         il miglioramento del monitoraggio del credito;

·         la promozione di diverse forme di coinvestimento con i business angel e il miglioramento dell'abbinamento della domanda e dell'offerta di capitale di rischio all'interno della rete Enterprise Europe.

 

Il Piano di azione Imprenditorialità 2020

Il persistere della crisi economica, tuttavia, ha messo in luce la necessità di ulteriori azioni che conducano ad una ristrutturazione di fondo del mercato, valorizzando l’imprenditorialità, in particolare le PMI, non sufficientemente considerate da un numero sostanziale di Stati membri all’atto della progettazione della legislazione.

La Commissione, nel gennaio 2013, ha presentato il Piano d’azione Imprenditorialità 2020 (COM(2012)795) che indica una serie di azioni articolate su tre direttrici: lo sviluppo dell’istruzione e la formazione dell’imprenditorialità; il rafforzamento delle condizioni quadro degli imprenditori; la dinamizzazione della cultura dell’imprenditorialità.

·         Linea di azione 1: istruzione e formazione all’imprenditorialità

La Commissione sottolinea la necessità di avvicinare l’istruzione alla vita reale attraverso modelli di apprendimento ancorati nella pratica, sviluppando forme di collaborazione stabile tra le istituzioni di istruzione e il mondo del lavoro. La Commissione, inoltre, incoraggia le istituzioni d’istruzione, comprese le università, a diventare più imprenditoriali.

In particolare, nel Piano di Azione, la Commissione anticipa, tra gli altri, lo sviluppo di un’iniziativa paneuropea di apprendimento per l’imprenditoria, il rafforzamento della cooperazione con gli Stati membri e la definizione, in collaborazione con l’OCSE di un quadro orientativo per incoraggiare lo sviluppo delle scuole di imprenditoria e delle istituzioni IFP (istruzione e formazione professionali).

·         Linea di azione 2: creazione del contesto favorevole allo sviluppo della imprenditorialità

La Commissione identifica sei ambiti chiave in cui occorre intervenire:

-          accesso ai finanziamenti

-          sostegno agli imprenditori nelle fasi cruciali della vita dell’impresa

-          valorizzazione delle nuove opportunità imprenditoriali nell’era digitale

-          trasferimento di impresa

-          procedure fallimentari

-          riduzione dell’onere normativo

Quanto alla necessità di sostenere gli imprenditori nelle diverse fasi di vita dell’impresa, la Commissione auspica la riduzione da parte degli Stati membri dei costi legati agli adempimenti fiscali per migliorare il contesto imprenditoriale, in particolare per le piccole imprese, per esempio, semplificando le procedure di registrazione dell’IVA. Il sostegno alle PMI si potrebbe concretizzare anche nella lotta alle pratiche commerciali ingannevoli, come precisato dalla Commissione anche nella apposita strategia (COM(2012)702)[6], nella rimozione degli ostacoli al funzionamento del mercato unico, come proposto dall’Atto per il mercato unico II (COM(2012)573), creando condizioni eque per lo sviluppo delle attività trasnfrontaliere. La Commissione, inoltre, sostiene la cooperazione tra cluster e reti di imprese per favorire un aumento della competitività.

Per incoraggiare nuove opportunità imprenditoriali nell’era digitale, nel quadro tracciato dall’Agenda digitale e dalle Iniziative faro in tema di politica industriale, la Commissione si propone di stimolare lo scambio delle conoscenze sensibilizzando gli imprenditori e le PMI sui vantaggi derivanti dalle nuove evoluzioni del digitale, agevolando la costituzione di reti e avviando azioni specifiche per gli imprenditori web. Anche con riferimento alle problematiche legate al trasferimento di impresa (affrontate specificamente anche dallo SBA e dal Riesame dello SBA) ed alle procedure fallimentari, la Commissione si propone di agire mediante lo sviluppo di apposite linee guida ed promuovendo una consultazione pubblica.

·         Linea di azione 3: sviluppo della cultura dell’imprenditorialità

La Commissione auspica un cambiamento della percezione del ruolo degli imprenditori attraverso una comunicazione pratica e positiva dei risultati da questi raggiunti, del loro valore nella società. A tale fine, nel quadro della Settimana europea delle PMI, sarà istituite una Giornata europea dell’imprenditoria rivolta agli studenti dell’ultimo anno di istruzione secondaria.

Lo sviluppo della cultura dell’imprenditorialità si ottiene anche, ad avviso della Commissione, attraverso il coinvolgimento di settori che, finora, sono stati al margine del mercato, i giovani, le donne, gli anziani, gli immigrati e che, invece, costituiscono risorse preziose per l’imprenditoria.

 

Interventi a favore delle Piccole e medie imprese in Italia

Le politiche per le piccole e medie imprese

Secondo le rilevazioni dell’Istat, le Pmi (circa 3,7 milioni di imprese) danno occupazione al 47% dei lavoratori del settore (in totale circa 17,5 milioni). Il 23% degli addetti è impiegato nel settore manifatturiero, il 20% nel commercio all’ingrosso e al dettaglio e l’11% nelle costruzioni.

Il 65,2% di queste sono imprese senza dipendenti e 2/3 sono ditte individuali, capaci di dare un impiego al 25% degli occupati, il 18% sono società di persone, il 17% società di capitali e l’1,1% società cooperative.

Le condizioni finanziarie delle imprese italiane sono rese fragili dalla lunga recessione e dal difficile accesso alle fonti di finanziamento esterno. Nell’attuale fase congiunturale di recessione economica promuovere lo spirito imprenditoriale ed incoraggiare la crescita delle piccole e medie imprese rappresentano pertanto condizioni essenziali per contribuire allo sviluppo economico ed alla creazione di nuova occupazione.

Il futuro delle imprese medie e piccole dipende dalla possibilità di accedere ad adeguati livelli di finanziamento, dalla capacità di ingresso e permanenza nei mercati internazionali e dalle capacità di sfruttamento delle nuove tecnologie, oltre alla capacità di difendere e promuovere le capacità distintive di ciascuna. Gli interventi adottati negli ultimi anni hanno dunque cercato di fornire sostegno al tessuto imprenditoriale italiano sia mediante iniziative di tipo esclusivamente legislativo, sia mediante sinergie ed accordi con gli esponenti delle istituzioni creditizie.

Lo Statuto delle imprese

Sulla scorta di quanto previsto dallo Small Business Act , è stata approvata la legge recante norme per la tutela della libertà d'impresa e per lo statuto delle imprese .

La legge 180/2011 ha, in particolare, definito lo statuto giuridico delle micro, piccole e medie imprese (nel seguito indicate con l'acronimo MPMI), recependo le indicazioni contenute nello Small Business Act adottato a livello comunitario e attuato con la direttiva del Presidente del Consiglio del 4 maggio 2010, che individua le proposte di intervento in relazione ai dieci principi informatori del documento.

Tra le finalità è previsto: il sostegno per l'avvio di nuove imprese, in particolare da parte dei giovani e delle donne; la valorizzazione del potenziale di crescita, di produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferimento alle MPMI; e, infine, l'adeguamento dell'intervento pubblico alle esigenze delle MPMI.

Tra i principi che concorrono a definire lo statuto sono elencati, tra l'altro: la libertà di iniziativa economica e concorrenza; la semplificazione burocratica; la progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese; il diritto delle imprese all'accesso al credito informato, corretto e non vessatorio; e, infine, misure di semplificazione amministrativa. Tali principi sono volti prevalentemente a garantire alle imprese condizioni di equità funzionale, operando interventi di tipo perequativo per le aree sottoutilizzate, nel rispetto dei principi fissati dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'UE. Si enuncia anche il principio della libertà di associazione tra imprese.

Si interviene, quindi a rendere più trasparente l'informazione relativa agli appalti pubblici d'importo inferiore alle soglie stabilite dall'Unione europea e ai bandi per l'accesso agli incentivi da parte delle MPMI, nonché a favorire l'accesso delle MPMI agli appalti pubblici.

Il provvedimento reca varie disposizioni sulle politiche pubbliche riguardanti le MPMI.

Sono previste diverse misure per favorire la ricerca, l'innovazione, l'internazionalizzazione e la capitalizzazione. Viene poi istituito il Garante per le MPMI, con la finalità, fra l'altro, di monitorare l'impatto dell'attività normativa, anche del Governo e delle regioni, e dei provvedimenti amministrativi sulle MPMI, prevedendo un interscambio tra il Garante e gli enti e le istituzioni interessate, fra cui, principalmente, Parlamento, Governo ed enti territoriali.

Si prevede, quindi, l'emanazione di una "Legge annuale per le MPMI", al fine di attuare lo Small Business Act. Il provvedimento, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno, è volto a definire gli interventi in materia per l'anno successivo e reca, oltre a una o più deleghe, norme di immediata applicazione per favorire e promuovere le MPMI. Al disegno di legge dovrà essere allegata, oltre a quelle previste dalle disposizioni vigenti, una relazione sullo: stato di conformità della normativa vigente in materia di imprese rispetto ai principi ed obiettivi dello Small Business Act; sull'attuazione degli interventi programmati; sulle ulteriori specifiche misure da adottare per favorire la competitività delle MPMI, al fine di garantire l'equo sviluppo delle aree sottoutilizzate.

 

Il rifinanziamento fondo di garanzia per le PMI

Il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI è uno strumento istituito con Legge n. 662/96 (art. 2, comma 100, lettera a) e operativo dal 2000. La sua finalità è quella di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali portate dalle imprese. Rivolgendosi al Fondo centrale di Garanzia, pertanto, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive sugli importi garantiti dal Fondo.

Recentemente il Fondo è stato oggetto di numerosi interventi tra i quali si ricordano:

·       incremento della dotazione per circa due miliardi di euro stanziati per il periodo 2008-2012 e di 1,2 miliardi di euro per il triennio 2012-2014.

·       estensione dell'operatività ad imprese prima escluse (artigiani, cooperative, autotrasporti).

·       innalzamento dell'importo massimo garantito (disposto con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 9 aprile 2009) a 1,5 milioni di euro.

·       garanzia di ultima istanza dello Stato, che opera in caso di inadempimento da parte del Fondo per tutti gli impegni assunti a titolo di garante, controgarante e cogarante, attivando il meccanismo della ponderazione zero che permette alle banche di ridurre l'importo degli accantonamenti a titolo di rischio.

·       costituzione della Sezione Speciale dedicata alle imprese di autotrasporto merci, mediante l’assegnazione di 50 milioni di euro a titolo di dotazione e la previsione di criteri di valutazione che tengano conto della specificità delle aziende del settore.

·       revisione dei criteri di accesso al Fondo per le PMI (novembre 2009/gennaio 2010) e per l'autorizzazione dei Confidi a certificare il merito di credito (marzo 2011).

·       concessione della garanzia anche per i crediti certificati vantati dalle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione (ottobre 2012).

 

Nel 2012 al Fondo sono state presentate oltre 62.000 domande (+ 3,5% rispetto al 2011), di cui 61.408 accolte (+11,2%), a beneficio di 41.210 imprese. Il Fondo ha concesso 4 miliardi di euro di garanzie, che hanno a loro volta attivato circa 8,2 miliardi di credito a favore delle imprese: il 99,5% delle imprese è stato ammesso anche in assenza della presentazione di garanzie reali; gli interventi del Fondo sono stati estesi anche alle imprese artigiane e sono assistiti dalla garanzia dello Stato.

 

Per ciò che specificamente concerne l’intervento del Fondo a sostegno delle imprese creditrici delle pubbliche amministrazioni[7], l’articolo 4 del D.M. sviluppo economico 26 giugno 2012, attuativo dall’articolo 39 del D.L. 201/2011 (cd. Salva Italia), stabilisce che:

 

Il Fondo per la crescita sostenibile

Il legislatore si è posto anche l'obiettivo di promuovere e sviluppare la competitività delle imprese italiane cercando di incentivare gli investimenti in ricerca , sviluppo e innovazione, al fine di ridurre il divario rispetto agli principali paesi europei. A tal fine è stata approvata una complessiva riforma del sistema degli incentivi alle imprese, attraverso l'istituzione del Fondo per la crescita sostenibile, chiamato a promuovere i progetti di ricerca strategica, il rafforzamento della struttura produttiva e la presenza internazionale delle imprese(DL 83/2012), che ha riservato il 60% delle risorse (pari a 630 milioni di euro) a imprese piccole, micro o in rete[8].

Le Start-up innovative

Sono state, poi, ridefinite le tipologie, gli strumenti di intervento nonchè i soggetti ammessi ai contributi per la ricerca scientifica e tecnologica. Particolarmente rilevante è stata poi la definizione del quadro normativo relativo alle imprese c.d. start up innovative, che devono caratterizzarsi per lo svolgimento di attività qualificata in materia di ricerca e sviluppo.

Il decreto legge 179/2012 ha introdotto per la prima volta nel panorama legislativo italiano un quadro di riferimento organico per favorire la nascita e la crescita di nuove imprese innovative (startup). Si tratta di imprese caratterizzate da un forte ancoraggio all’innovazione tecnologica determinata da una forte incidenza delle spese in ricerca e sviluppo ovvero dall’impiego di personale dotato di dottorato di ricerca o comunque altamente qualificato, ovvero ancora dallo sfruttamento di una privativa su un brevetto. La creazione di questo ecosistema rappresenta, quindi, un preciso strumento di politica economica teso a favorire la crescita, la creazione di occupazione, in particolare quella giovanile, l’attrazione di talenti e capitali dall’estero, e a rendere più dinamico il tessuto produttivo e tutta la società italiana, promuovendo una cultura del merito e dell’assunzione di rischio. Tale tipologia di start-up beneficerà, per i primi 4 anni di attività, di particolari agevolazioni, che ne renderanno più semplice e meno onerosa la costituzione e il successivo sviluppo.

Più in particolare il comma 2 dell’articolo 25, del decreto legge 179/2012, prevede che  per “start-up innovativa” si intenda una società di capitali non quotata, costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano, ovvero una Societas Europaea residente in Italia ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, cioè soggetta a tassazione in Italia, che:

 

Distretti produttivi e tecnologici

Se alla singola Pmi manca la massa critica per conquistare i mercati internazionali e per realizzare innovazioni di prodotto e di processo, tali limiti possono essere superati implementando strategie di collaborazione tra imprese, che caratterizzano le imprese localizzate nei distretti industriali, soprattutto quelli più dinamici e caratterizzati da governance efficiente. Il distretto si identifica essenzialmente in un’area territoriale con un’alta concentrazione di piccole e medie imprese industriali (dove la concentrazione è misurata dal rapporto tra numero delle imprese e popolazione residente) ad elevata specializzazione produttiva, generalmente caratterizzate da un’intensa interdipendenza dei loro cicli produttivi e fortemente integrate con l’ambiente socioeconomico locale che le ospita.

Vanno al riguardo segnalati gli interventi legislativi su distretti produttivi, reti delle imprese e contratti di rete, al fine di agevolare sul piano fiscale, amministrativo e finanziario tali forme di integrazione e collaborazione tra imprese prevalentemente di piccola e media dimensione (DL 112/2008 e 78/2010, legge 99/2009); 

 

A questo proposito merita di essere segnalata l'evoluzione del fenomeno dei distretti che ha condotto all'istituzione dei "distretti tecnologici", destinati a rafforzare settori tecnologicamente avanzati, quali, ad esempio, il distretto "Torino Wireless" per l'ICT (Information and Communication Technology), il distretto veneto per le nanotecnologie e quello campano per l'ingegneria dei materiali. Tali distretti, promossi dall'azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), Imprese, Fondazioni ed Istituzioni Finanziarie, nascono con l'obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l'innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l'ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio. Si tratta di iniziative in fase di avvio, il cui aspetto peculiare è rinvenibile nel fatto che i distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell'innovazione tecnologica i vantaggi, della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari, già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca.

L'iniziativa per la costituzione di distretti tecnologici spetta alle Regioni, che presentano un progetto al MIUR che provvede, qualora lo ritenga opportuno, al riconoscimento ufficiale della nuova realtà territoriale.

 

La semplificazione degli adempimenti burocratici

L'obiettivo di una maggiore competitività delle imprese passa anche per una semplificazione degli adempimenti burocratici per avviare e svolgere le attività produttive. In tale direzione è stato previsto il riordino della disciplina dello Sportello unico delle attivita' produttive. Lo Sportello unico dovrà essere l'unico punto di accesso in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti l'attività produttiva del richiedente, con il compito di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento. 

In tema di liberalizzazioni, sono state approvate talune modifiche alla normativa nazionale attuativa della direttiva servizi. Tra le novità più significative l'introduzione della Segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA), che consente di avviare immediatamente l'attività d'impresa depositando una serie di certificazioni sostitutive di provvedimenti autorizzativi. Inoltre sono state recentemente introdotte disposizioni per l'abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese ai fini dell'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o di partecipazione a procedure di evidenza pubblica.

 

Esposizione sui mercati esteri e tutela del Made in Italy

Numerose misure sono state, poi, rivolte, a modificare il contesto ordinamentale di aiuto ed assistenza alle imprese italiane che vogliono aumentare la loro esposizione sui mercati esteri, incrementando le esportazioni dei prodotti, pur mantendendo la sede produttiva in Italia (v. internazionalizzazione delle imprese). A tal fine, oltre alla soppressione dell'Ice e alla creazione del nuovo organismo denominato ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l' internazionalizzazione delle imprese italiane , al quale è stato attribuito il compito di aiutare le imprese italiane a commercializzare i propri prodotti sui mercati internazionali e di promuovere l'immagine del prodotto italiano nel mondo, sono state delineate le linee per la riforma dei consorzi per l'internazionalizzazione, la cui attività consiste nell'importazione di materie prime e di prodotti semilavorati, nella formazione specialistica per l'internazionalizzazione, nella tutela dei prodotti e dei servizi commercializzati all'estero. E' stato, poi, istituito il Desk Italia- Sportello attrazione investimenti esteri- come punto di riferimento per l'investitore estero in relazione a tutte le vicende amministrative relative al progetto di investimento. E' stata, poi, data attuazione al nuovo sistema integrato di finanziamento ed assicurazione - denominato export banca- volto a promuovere l'internazionalizzazione delle imprese attraverso l'attivazione delle risorse finanziarie gestite dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.

Al sostegno del sistema produttivo, a maggior ragione in un periodo di crisi economica, sono rivolte le norme che mirano a rafforzare la tutela della proprieta' industriale e gli strumenti di lotta alla contraffazione, anche sotto il profilo penale. A tutela del made in Italy , sono state rafforzate le sanzioni in caso di fallace indicazione sull'origine o provenienza dei prodotti e introdotte sanzioni per l'uso di indicazioni di vendita atte ad indurre la fallace convinzione che il prodotto sia interamente realizzato in Italia.

Accesso al credito delle PMI

Nel febbraio del 2012 è stata sottoscritta l’intesa tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dello Sviluppo Economico, l’ABI e le altre Associazioni di rappresentanza delle imprese, denominata “Nuove misure per il credito alle PMI” volta alla sospensione dei pagamenti da parte di talune imprese e all’allungamento dei piani di finanziamento. L’intesa ricalca quanto previsto dal cd. “Avviso comune”, varato sin dal 2009: esso prevedeva la sospensione per dodici mesi dei rimborsi della quota di capitale relativa ad alcune forme di debito delle piccole e medie imprese.

 

Nel solco dell’innesto di liquidità al sistema si collocano le norme che hanno ampliato le competenze della Cassa depositi e prestiti (D.L. 185 del 2008) consentendo di fatto di utilizzare la provvista rinveniente dal risparmio postale anche allo scopo di concedere finanziamenti, rilasciare garanzie, assumere capitale di rischio o di debito anche a favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia. In particolare, le operazioni a favore delle piccole e medie imprese possono essere effettuate esclusivamente attraverso l’intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito, nonché attraverso la sottoscrizione di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione collettiva del risparmio il cui oggetto sociale realizza uno o più fini istituzionali della Cassa depositi e prestiti Spa.

Le convenzioni sottoscritte nel tempo tra l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e la Cdp hanno consentito all’Istituto di strutturare, attraverso apposite convenzioni, specifici plafond di risorse, finalizzati a favorire l’accesso al credito delle PMI. Inoltre, l'ABI e la Cdp hanno sottoscritto, il 1° marzo 2012, una nuova convenzione che disciplina le modalità con cui le banche potranno utilizzare il nuovo plafond di 10 miliardi di euro per il finanziamento delle piccole e medie imprese, messo a disposizione dalla stessa Cdp a seguito del sostanziale esaurimento della provvista  di 8 miliardi attivata a fine 2009. E’ stato inoltre accentrato presso Cdp il sistema del supporto finanziario all’internazionalizzazione delle imprese con il conferimento di Sace e Simest.

Si ricordano, da ultimo, le modifiche normative intervenute in materia di partenariato pubblico-privato, che hanno inciso in modo particolare sulla disciplina delle infrastrutture strategiche mediante la defiscalizzazione degli interventi (L. 183/2011) e il credito d’imposta a valere sull’IRES e sull’IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell’opera (D.L. 179/2012). E’ stata altresì introdotta la possibilità per le imprese di assicurazione di utilizzare, a copertura delle riserve tecniche, anche attivi costituiti da investimenti nel settore delle infrastrutture (art. 42, commi 6 e 7, del D.L. 201 del 2011) e l'emissione di obbligazioni "di scopo”, vale a dire finalizzate al finanziamento di specifiche opere pubbliche, da parte degli enti locali (art. 54 del D.L. 1/2012).

 

 

 

 

 


Commissione europea, comunicato stampa 15.10.2012

 

 



Sessione III: impresa attraverso l’innovazione

 

L’iniziativa faro “Unione dell’innovazione”

La strategia Europa 2020, avviata dal Consiglio europeo nel 2010, definisce le priorità di una crescita che sia: intelligente, grazie a investimenti più efficaci nell'istruzione, la ricerca e l'innovazione; sostenibile, grazie alla decisa scelta a favore di un'economia a basse emissioni di CO2 e della competitività dell'industria; e solidale, ossia focalizzata sulla creazione di posti di lavoro e la riduzione della povertà.

Per quanto riguarda in particolare la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la Strategia fissa l’obiettivo di un aumento degli investimenti in tale settore al 3% del PIL dell'UE entro il 2020.

Nel Programma nazionale di riforma (PNR) - allegato al Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri l’11 aprile 2013 - il Governo italiano, per quanto riguarda, in particolare, l’obiettivo della Strategia UE 2020 relativo agli investimenti nel settore della ricerca e sviluppo tecnologico ricorda che il livello corrente di investimenti in tale settore nel 2011 è pari al 1,25% del PIL (1,26%% nel 2010), contro l’obiettivo nazionale al 2020 del 1,53% e l’obiettivo a medio termine del 1,40%.

Nel quadro della strategia Europa 2020 figurano una serie di grandi iniziative prioritarie, denominate iniziative faro, tra le quali in particolare una iniziativa intitolata "Unione dell'innovazione", articolata nei seguenti obiettivi:

·       rafforzare la base di conoscenze dell'Europa e ridurre la frammentazione, promuovendo l'eccellenza nell'istruzione e lo sviluppo delle competenze, completando lo Spazio europeo della ricerca e sostenendo l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia;

·       commercializzare le buone idee, aumentando l'accesso ai finanziamenti per le imprese innovative, creando un mercato unico dell'innovazione, promuovendo l'apertura e facendo leva sul potenziale creativo dell'Europa.

·       eliminare le disuguaglianze sociali e geografiche, diffondendo i benefici dell'innovazione in tutta l'UE, con una specializzazione intelligente e prestazioni sociali migliori;

·       unire le forze per realizzare importanti progressi, avviando iniziative specifiche, denominate "partenariati europei per l'innovazione”, per tentare di eliminare simultaneamente tutti gli ostacoli, sul lato della domanda e dell'offerta, e far beneficiare dell'innovazione i cittadini europei nel più breve tempo possibile.

 

Nella comunicazione “Stato dell’Unione dell’Innovazione 2012 – Accelerare il cambiamento (COM(2013)149), presentata il 21 marzo del 2013, la Commissione illustra lo stato dell’iniziativa faro Unione dell’innovazione.

La Commissione rileva come gli investimenti pubblici e privati in R&S siano aumentati fino al 2011. Fino a tale data gli investimenti pubblici nella maggior parte degli Stati membri si sono mantenuti stabili o sono aumentati, nonostante i vincoli di bilancio e nel 2011 la spesa pubblica destinata al settore ha inciso sul PIL per il 2,03 per cento (a fronte dell’1,85 per cento del 2007). La spesa privata per investimenti nell’ambito dell’Ue nel settore è aumentata, in percentuale del PIL, dall’1,18 per cento del 2007 all’1,27 per cento del 2011. A partire dal 2011, con l’aggravarsi della crisi economica, la Commissione rileva come la spesa pubblica destinata alla ricerca e allo sviluppo abbia subito un calo.

La situazione presenta differenze tra gli Stati membri: mentre i paesi più innovativi hanno ulteriormente migliorato la loro resa, altri registrano un'assenza di progressione. La classifica complessiva nell'ambito dell'UE rimane relativamente stabile: la Svezia si situa al primo posto seguita da Germania, Danimarca e Finlandia. Estonia, Lituania e Lettonia sono i paesi che hanno registrato i maggiori miglioramenti dall'anno scorso.

La Commissione europea classifica gli Stati membri nei seguenti quattro gruppi:

·       leader dell'innovazione: Svezia, Germania, Danimarca e Finlandia, sono caratterizzati tutti da una resa significativamente al di sopra della media UE;

·       paesi che tengono il passo: Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Regno Unito, Austria, Irlanda, Francia, Slovenia, Cipro ed Estonia, con risultati superiori alla media UE;

·       innovatori moderati: Spagna, Portogallo, Italia, Repubblica ceca, Grecia, Slovacchia, Ungheria, Malta e Lituania, che hanno risultati inferiori alla media UE;

·       paesi in ritardo: Il rendimento di Polonia, Lettonia, Romania e Bulgaria è nettamente al di sotto della media UE.

La Commissione rileva come i paesi più innovativi nell'UE condividano una serie di punti di forza nell'ambito dei rispettivi sistemi di ricerca e innovazione, tra cui un importante ruolo delle iniziative d’innovazione delle imprese e del settore dell'istruzione superiore. Le imprese di tutti i leader dell'innovazione hanno buoni risultati in termini di spesa per la ricerca e lo sviluppo e di domande di brevetti. Essi hanno anche in comune un settore dell'istruzione superiore altamente sviluppato e forti legami tra il mondo industriale e quello della scienza.

Ad avviso della Commissione è necessario favorire l’innovazione poichè è dimostrato che i tassi di occupazione sono più elevati nelle economie in cui è stato maggiore l’impatto dell’innovazione.

La Commissione identifica gli aspetti essenziali sui quali dovrebbero concentrarsi le iniziative politiche degli Stati membri:

·         modernizzazione della normativa;

·         promozione dell’accesso al debito ed ai capitali propri, soprattutto per le PMI e delle start-up;

·         definizioni degli strumenti della politica di ricerca e innovazione, per esempio basati su trattamenti fiscali specifici e più favorevoli;

·         collegamento tra le politiche di sostegno all’innovazione e dell’internazionalizzazione, per esempio promuovendo il ricorso ai cluster;

·         modifiche alla normativa in materia dei diritti di proprietà intellettuale;

·         miglioramento dei collegamenti tra il settore della ricerca scientifica e le imprese;

·         promozione di una cultura specifica dell’innovazione e dell’imprenditorialità anche attraverso i sistemi di istruzione.

 

Il Programma “Horizon 2020”

Nell'ambito delle azioni previste nel prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, la Commissione europea ha presentato il 30 novembre 2011 un pacchetto di proposte relative all'istituzione di un nuovo strumento di finanziamento per la ricerca e l'innovazione nell'UE (programma Orizzonte 2020 - Horizon 2020)[9].

Il nuovo strumento è destinato a riunire in un unico programma i finanziamenti erogati dall’UE - nell'attuale periodo di programmazione finanziaria 2007-2013 - a sostegno dell'intera catena dell'innovazione nell’ambito del VII Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico, del Programma per la Competitività e l'Innovazione (CIP) e dei finanziamenti per l'Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (EIT).

Il totale dei finanziamenti previsti dalla Commissione europea è pari a 80 miliardi di euro per il periodo dal 2014 al 2020, 26 miliardi in più rispetto al periodo di programmazione finanziaria 2007-2013 (l’entità dello stanziamento dovrà essere confermata alla luce dell’accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 7 ed 8 febbraio 2013 sul quadro finanziario pluriennale dell’UE per il periodo 2014-2020).

La proposta della Commissione individua tre priorità o settori di intervento:

Ciascuna delle suddette priorità è articolata in una serie di obiettivi specifici.

 

Il Consiglio dell’UE nella riunione del 10 e 11 dicembre 2012 ha raggiunto un accordo su un orientamento generale parziale relativo al progetto di decisione che stabilisce il programma specifico recante attuazione di Orizzonte 2020. In attesa del completamento del negoziato sul Quadro finanziario pluriennale dell’UE 2014-2020, che dovrà assegnare le risorse finanziarie per l’intero periodo, il Parlamento europeo si deve ancora esprimere in prima lettura sulle proposte del pacchetto.

 

Attuazione del programma Horizon 2020 in Italia

Il 19 marzo 2013 il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha presentato il documento Horizon 2020 Italia (HIT 2020) finalizzato a formulare una base per un Programma Quadro nazionale sulla ricerca e sull'innovazione coerente con quello europeo (Horizon 2020) per durata e impostazione. Esso tiene conto anche dei risultati di una consultazione pubblica condotta dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca dall'11 ottobre al 16 novembre 2012 che ha coinvolto circa 6.000 soggetti, pubblici e privati. HIT 2020 consente all'Italia di essere il primo Stato membro dell'UE a dotarsi di un documento di programmazione settennale riguardante la ricerca e l'innovazione, che ha l'obiettivo di superare la frammentazione e la duplicazione dei progetti in tali campi, essenzialmente al fine di un miglior uso delle risorse disponibili e di un maggiore incentivo alla competizione internazionale.

Contenuti

Il programma HIT 2020 parte da un' analisi degli investimenti in Ricerca e Innovazione (R&I) in Italia, sottolineando la forte concentrazione di questi investimenti soprattutto nelle regioni del centro-nord e la ridotta quota attribuibile al settore privato rispetto agli altri Paesi europei. La bassa proponsione di quest'ultimo ad investire in R&I è attribuibile, tra gli altri fattori, ad una struttura produttiva sbilanciata dal lato delle piccole e medie imprese. Nel panorama produttivo italiano, inoltre, risultano bassi gli indicatori della performance brevettuale rispetto alla media dei paesi OCSE e il grado di internalizzazione del sistema innovativo delle imprese (Fonte: VII ed. della Community Innovation Survey), mentre bassa è la quota di esportazioni ad alto contenuto tecnologico e costante l'incremento della produttività del lavoro.

Più in generale, nel documento si evidenzia che la ricerca volta al progresso della conoscenza (knowledge driven) dovrebbe essere considerata in modo non separato da quella più vicina ai bisogni dei cittadini (technology driven) e che il sistema della ricerca pubblica, orientato alla conoscenza e alla competenza, dovrebbe maggiormente interfacciarsi con quello privato, orientato al prodotto.

Date queste premesse, HIT 2020, partendo dai recenti i bandi per i Cluster Tecnologici (decreto direttoriale 257/2012) e per le Smart Cities & Communities (decreto direttoriale 391/2012) volti a rimuovere i principali ostacoli tra ricerca e produzione, è finalizzato a introdurre una sostanziale innovazione nel metodo finora utilizzato per la definizione delle priorità nazionali e territoriali nel campo della ricerca, per la caratterizzazione delle istituzioni di ricerca e ad alta formazione e per la valutazione dei programmi.

L'obiettivo è fornire un quadro unitario e completo del sistema nazionale della ricerca, valorizzando la partecipazione del settore privato e la condivisione del metodo con le amministrazioni regionali, in modo da porre la base metodologica per i futuri Programmi nazionali di ricerca (PNR) che ne costituiscono l'implementazione.

Si forniscono inoltre gli strumenti di indirizzo per la definizione delle linee di azione principali da attuare per avvicinare alle prassi europee la programmazione nazionale e regionale in materia di ricerca e innovazione; per tale motivo l'  orizzonte temporale della programmazione degli interventi viene esteso al settennio di programmazione 2014-2020, mentre i PNR si svolgono nell'arco di un triennio.

Si indicano politiche di sostegno della ricerca e innovazione più semplici e rapide, in linea con i principi comunitari del "through a single set of rules" e del "timer to grant", per l'attuazione di un sistema comune di regole e strumenti di selezione entro cui riportare tutti gli interventi. Si sottolinea, infine, la necessità di un maggior raccordo tra l'attività formativa universitaria e il fabbisogno delle imprese, oltre che di una più ampia integrazione delle responsabilità dei livelli di governo regionali con riferimento alle priorità delle azioni da intraprendere, secondo il principio comunitario della smart specialisation. Riguardo alla cooperazione interistituzionale, HIT 2000 prevede di coinvolgere non solo i Ministeri dell'istruzione e dello sviluppo economico, ma anche altri dicasteri e enti con competenze e deleghe che riguardano ambiti più specifici di ricerca, come ad esempio il settore agroalimentare e quello delle telecomunicazioni.

 

Ambito di intervento

Rispetto agli ambiti produttivi e tecnologici su cui è stato finora orientato l'investimento pubblico in ricerca e innovazione, la strategia HIT 2020 definisce l'obiettivo della selezione di un numero limitato di progetti, specialmente a carattere comunitario che identifichino altresì possibili partnership e opportunità collaborative di tipo trans-territoriale e trans-settoriale.

Al riguardo si sottolinea che, al processo di identificazione delle priorità, viene affiancata un'attività c.d. di foresight che combina il contributo degli esperti del settore della ricerca e dell'industria con dati empirici e indicazioni emerse dall'interazione con attori sociali e politici, riposizionando di volta in volta le opportunità di innovazione dei sistemi di ricerca in un quadro evolutivo di sviluppo dei processi e di domanda di prodotti.

Per tale motivo in HIT 2020 viene individuato il duplice obiettivo della concentrazione e specializzazione delle risorse su pochi temi strategici e dell'individuazione, a livello settoriale e territoriale, di un sistema chiaro di grandi aggregati di competenze, attraverso il quale condurre il riposizionamento del Paese sulla frontiera tecnologica europea e internazionale. I primi esperimenti nell'applicazione di questo nuovo modello si sono realizzati attraverso il processo di selezione delle alleanze territoriali alla base dei sopra citati bandi per i distretti e i Cluster tecnologici e delle Smart Cities and Communities .

Nel caso dei Cluster, in particolare, i finanziamenti messi a disposizione dal Governo hanno puntano ad aggregare le diverse iniziative dei distretti tecnologici esistenti concentrando le risorse su chimica verde, tecnologie per gli ambienti di vita, aerospazio, sistemi di trasporto, scienze della vita, food industry, tecnologie per le smart communities, energie rinnovabili e tecnologie per la fabbrica intelligente.

I predetti bandi, inoltre, non si limitano alla identificazione e selezione delle vocazioni tecnologiche strategiche, ma puntano al potenziamento dell'efficacia delle politiche di innovazione, mediante una maggiore accountability dell'azione politica e la valorizzazione del patrimonio informativo del settore pubblico e dei dati relativi alle proposte progettuali presentate.

 

Obiettivi e risorse finanziarie

Attuando i principali contenuti di Horizon Italia 2020 (allineamento degli strumenti finanziari nazionali con quelli comunitari, concentrazione delle risorse su settori strategicamente rilevanti, integrazione tra interventi centrali e regionali e tra attori pubblici e privati, semplificazione e rapidità delle procedure) l'obiettivo è di arrivare al pareggio tra l'investimento nazionale nel programma europeo Horizon 2020 e il ritorno finanziario sul sistema nazionale . Si stima infatti che, a conclusione del precedente periodo di programmazione comunitario (c.d. VII Programma Quadro, nel quale sono state stanziate risorse per circa 50 miliardi di euro nel settennio 2007-2013) il sistema italiano della ricerca avrà ottenuto finanziamenti per circa 4,2 miliardi di euro (l'8,4%), a fronte del quale l'Italia ha contribuito per circa il 14% (ca. 7 miliardi di euro).

Nell'ipotesi in cui Horizon 2020 manterrà il budget complessivo di 80 miliardi di euro, si pone l'obiettivo di immettere nel sistema nazionale della ricerca un ammontare di circa 1,6 miliardi di euro l'anno, vale a dire 2,7 volte in più di quanto ottenuto per l'Italia nell'ambito del VII Programma Quadro europeo (circa 600 milioni annui).

L'obiettivo di Horizon Italia per il nuovo periodo di programmazione 2014-2020 è puntare all'incremento del 50% delle risorse annuali che ad oggi il sistema pubblico investe (circa 5,2 miliardi di euro all'anno) ai quali si aggiungerebbero 1,6 miliardi del programma europeo Horizon 2020 e 3,5 miliardi provenienti dai Fondi di Coesione (per il settennio 2007-2013 la stima è di 1,1 miliardi annui) per un totale di circa 5,1 miliardi di euro di risorse comunitarie in aggiunta a quelle nazionali.

 

Programma per la competitività delle imprese e PMI 2014-2020 (COSME)

La Commissione europea ha presentato il 30 novembre 2011 una proposta di regolamento che istituisce il programma per la competitività delle imprese e le PMI per il periodo 2014-2020 (COSME) (COM(2011)834).

In particolare, le attività finanziate dal programma saranno volte:

·      al miglioramento delle condizioni quadro che assicurino la competitività e la sostenibilità delle imprese dell’Unione, anche nel settore del turismo. Con rifermento alle PMI, le politiche saranno elaborate in linea con gli obiettivi dello Small Business Act (COM(2008)394) e della strategia Europa 2020 (COM(2010)2020), in particolare nei settori, quali il manifatturiero e i servizi, caratterizzati da un’alta percentuale di PMI;

·      alla promozione dell’imprenditorialità anche tra gruppi di destinatari specifici, come i nuovi imprenditori, i giovani e le donne;

·      al miglioramento dell’accesso delle PMI ai finanziamenti sotto forma di capitale proprio e di debito. In particolare, nel quadro di una dotazione complessiva di 2,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 (di cui, 1,4 miliardi di euro sono destinati proprio agli strumenti finanziari), il programma prevede l’istituzione di due strumenti finanziari, uno di capitale proprio e uno di garanzia dei prestiti, destinati a supplire alle difficoltà delle PMI ad accedere ai finanziamenti, difficoltà aggravatesi con il perdurare della crisi economico-finanziaria;

·      al miglioramento dell’accesso ai mercati nell’Unione e su scala mondiale, per mezzo di servizi di sostegno alle imprese, anche attraverso la rete Enterprise Europe.

 

Il Consiglio dell’UE nella riunione del 30 maggio 2012 ha raggiunto un accordo su un orientamento generale parziale relativo alla proposta di regolamento. In attesa del completamento del negoziato sul Quadro finanziario pluriennale dell’UE 2014-2020, che dovrà assegnare le risorse finanziarie per l’intero periodo, il Parlamento europeo si deve ancora esprimere in prima lettura sulla proposta, nell’ambito della procedura di codecisione.

 

La politica industriale nell’UE

Nell’ottobre del 2012, la Commissione europea ha presentato la comunicazioneUn’industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica” (COM(2012)582) con la quale ha aggiornato gli indirizzi di politica industriale dell’UE già delineati nella comunicazione sulla politica industriale (COM(2010)614) presentata nel 2010.

La Commissione, in particolare, rileva che il persistere della crisi economico-finanziaria sta mettendo sotto pressione l’industria europea che costituisce il volano per la ripresa della crescita economica e dell’occupazione. La Commissione europea indica la necessità di indirizzare la politica industriale europea nella direzione dell’energia verde, di trasporti puliti, di nuovi metodi di produzione, nuovi materiali e sistemi di comunicazioni intelligenti.

A tal fine, la Commissione ritiene che necessari nuovi investimenti industriali, concentrati su sei linee di azione prioritarie:

·       tecnologie di fabbricazione avanzate,

·       tecnologie chiave,

·       bioprodotti,

·       politica industriale sostenibile,

·       edilizia e materie prime,

·       veicoli puliti

·       reti intelligenti.

La Commissione ritiene, peraltro, necessario accompagnare il rilancio della politica industriale dell’UE attraverso la realizzazione di un mercato interno dell’energia che, attraverso maggiori investimenti nell’infrastruttura energetica, maggiore diversificazione delle fonti energetiche e maggiore efficienza energetica, consenta alle industrie europee di accedere all’energia e alle materie prime a prezzi più contenuti ed essere concorrenziali rispetto alle industrie di altri paesi sviluppati.

La Commissione propone un partenariato tra l’UE, gli Stati membri e l’industria in grado di favorire gli investimenti in nuove tecnologie, secondo un approccio basato su quattro elementi principali:

·         facilitare gli investimenti nelle nuove tecnologie e nell’innovazione. La Commissione considera le politiche di R&S una priorità. Tuttavia, ciò che frena gli investimenti nel settore è l’incertezza dell’evoluzione futura dei nuovi mercati. E’ essenziale, pertanto, creare un quadro a lungo termine semplice, stabile e prevedibile di regole tecniche, standard e disposizioni normative relative al mercato interno.

La Commissione individua sei settori prioritari, strettamente correlati con i settori di investimento della politica di coesione per il periodo 2014-2020. Si tratta, in primo luogo, dei mercati delle tecnologie di fabbricazione avanzate per la produzione “pulita”, il settore delle tecnologie chiave, il settore della bioeconomia, quello dell’edilizia e delle materie prime, il settore dei mercati di veicoli puliti e di navi pulite e, infine, il settore delle reti intelligenti. Nell’ambito di tali settori, specifici organismi di coordinamento o, se opportuno, task force di specialisti dovranno coordinare le loro azioni con l’industria e gli Stati membri secondo una precisa scansione degli interventi: in primo luogo, l’elaborazione di un quadro normativo semplificato, prevedibile e stabile del mercato interno, in particolare per supportare le PMI; quindi, il coordinamento tra lo sviluppo delle infrastrutture e gli aumenti della capacità produttiva. Infine, il coordinamento all’interno della UE degli sforzi di innovazione e di R&S;

·         migliorare l’accesso ai mercati. La Commissione propone, tra l’altro, l’adozione di un pacchetto sulla sicurezza dei prodotti e la vigilanza del mercato, preannuncia la valutazione della situazione dell’acquis nel settore dei prodotti industriali, in vista dell’elaborazione di una tabella di marcia per la riforma del mercato interno dei prodotti industriali e, infine, l’elaborazione di specifiche strategie nei settori della difesa, della sicurezza e dello spazio. Per rendere più dinamico il mercato interno, la Commissione si propone di promuovere l’imprenditorialità attraverso uno specifico piano d’azione e con azioni mirate a sostegno degli imprenditori del web nell’Ue. La Commissione intende agire anche nei settori del mercato interno della tecnologia, del brevetto unitario e della protezione dei diritti di proprietà intellettuale, attraverso una semplificazione un’accresciuta trasparenza della normativa. Infine, per quanto riguarda i mercati internazionali, la Commissione intende sostenere soprattutto le PMI, con particolare riferimento alla strategia di internazionalizzazione, che intende attuare integralmente, e l’estensione degli strumenti per tutelare i diritti di proprietà intellettuale;

·         accesso ai finanziamenti e ai mercati dei capitali. La Commissione intende agire in primo luogo sviluppando il sostegno del settore pubblico per facilitare l’accesso delle imprese al capitale.

In particolare, la Commissione intende collaborare con la BEI e il FEI per l’adozione di strumenti finanziari per l’investimento delle risorse assegnate nell’ambito dei programmi Horizon 2020 e COSME e, nello stesso tempo, esorta gli Stati membri ad usare più efficacemente i Fondi strutturali e di coesione. Infine, intende creare un portale unico che offra informazioni sulle modalità di accesso ai finanziamenti dei diversi programmi dell’Ue in ciascun Paese. Inoltre, si prevede anche l’aumento di 10 miliardi di euro del capitale della BEI. Per agevolare l’accesso al mercato dei capitali da parte delle PMI, la Commissione ha presentato un Libro verde (COM(2013)150) sul finanziamento degli investimenti a lungo termine nell’Ue e promuovere lo scambio tra gli Stati membri di buone pratiche sui mezzi alternativi di finanziamento delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione;

·         valorizzazione del capitale umano. Allo scopo di creare nuovi posti di lavoro, la Commissione propone la trasformazione dei servizi europei per l’impiego (EURES) in uno strumento di collocamento e di assunzione, facilitando la messa in relazione di offerta e domanda di lavoro; esorta gli Stati membri ad attuare riforme della legislazione sulla protezione del lavoro ed a migliorare la qualità della formazione. La Commissione propone di investire in competenze e formazione, sviluppando, in primo luogo, strumenti che permettano di monitorare e anticipare le necessità e le discrasie in fatto di competenze professionali. Infine, per anticipare i fabbisogni di lavoro e di competenze e gestire la ristrutturazione nelle imprese, la Commissione intende promuovere la creazione di consigli europei delle competenze settoriale, favorire lo sviluppo di partenariati multi-stakeholders nel settore delle TIC (tecnologie dell’informazione e della telecomunicazione).


 

Allegati statistici

 

Tabella 1 – Spesa per ricerca e sviluppo in percentuale del PIL


Tabella 2 - spesa per ricerca e sviluppo in percentuale del PIL nel settore delle imprese, nel settore governativo e nell’istruzione superiore

 

 

Tabella 3 – persone impiegate nel settore della ricerca e sviluppo in proporzione alle persone impiegate nei settori dell’economia non finanziaria


Tabella 4 – percentuale delle imprese innovative sul totale delle imprese



[1] Per gli altri settori, vale a dire la ricerca e lo sviluppo, i cambiamenti climatici/energia, l’istruzione e la riduzione della povertà, la Strategia Europa 2020 fissa i seguenti obiettivi: aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del PIL dell'UE; riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o del 30%, se le condizioni lo permettono) rispetto al 1990; 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili ed aumento del 20% dell'efficienza energetica; riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%; aumento al 40% dei 30-34enni con un'istruzione universitaria; riduzione di almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione entro il 2020.

[2]   Cfr. Euro Cfr. Eurofound (2012), NEETs – Young people not in employment, education, or training: Characteristics, costs and policy responses in Europe, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo.

[3]   Ai sensi dell’articolo 154 del TFUE la Commissione consulta le parti sociali prima di presentare proposte legislative in materia di politica sociale. Tale consultazione è intesa a orientare l'azione dell’UE e, se la Commissione lo ritiene necessario, a valutare il contenuto della legislazione.

 

[4]   Le tabelle sono a cura dell’Ufficio Statistico dell’UE  (Eurostat)

[5] Cfr. infra.

[6] “Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme. Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa”.

[7] Al fine di ridurre i ritardi nei pagamenti dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione sono stati adottati quattro decreti ministeriali, tre dei quali in tema di certificazione e compensazione di tali crediti, ed uno volto a favorire l'accesso ai finanziamenti da parte delle imprese. E' stato inoltre emanato il decreto legislativo di recepimento della direttiva UE per il contrasto ai ritardi dei pagamenti. Si ricorda infine che il D.L. 35/2013 Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli enti locali, è in corso di conversione presso la Camera dei deputati.

 

[8] Una piccola impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro. Una microimpresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro. Le reti di imprese sono forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, soprattutto di piccola e media dimensione, che vogliono aumentare la forza sul mercato senza doversi fondere o unire sotto il controllo di un unico soggetto

[9] Il pacchetto di misure proposte, illustrate in una comunicazione della Commissione del 30 novembre 2011, comprendono: la proposta di regolamento relativa all’istituzione di un nuovo strumento di finanziamento per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020; la proposta di regolamento che ne stabilisce le regole di partecipazione; la proposta di decisione che stabilisce il programma specifico d’esecuzione del programma quadro “Horizon 2020”; la proposta di regolamento per le parti di "Horizon 2020" relative alla ricerca nucleare corrispondenti al trattato Euratom.  Nel contesto della proposta relativa a Orizzonte 2020 la Commissione ha inoltre presentato:la proposta di regolamento che prevede di potenziare le attività dell'Istituto europeo per la tecnologia (EIT) attraverso un contributo finanziario di circa 3,2 miliardi di euro;la proposta di decisione sull’agenda strategica per l'innovazione dell'EIT.