

N. 19 – 28 maggio 2015
A.C. n. 241
La disciplina del
“commercio equo e solidale” in
Francia, Germania, Regno
Unito e Spagna
In Francia, il commercio equo e solidale (commerce équitable) è stato formalmente
riconosciuto dallo Stato come una specifica attività commerciale nel 2005, con la
Legge n. 2005-882 del 2 agosto 2005. In particolare, l’art. 60 della legge ha posto una prima definizione del commercio equo e solidale e ha disposto che esso si iscrive nella
“strategia nazionale di sviluppo sostenibile”. Di recente, le disposizioni in
materia sono state modificate dalla Legge n. 2014-856 del 31 luglio 2014 relativa all’economia
sociale e solidale. Il nuovo art. 60 della legge n. 2005-882 stabilisce che il commercio equo e
solidale mira ad assicurare il progresso economico e sociale dei lavoratori che
si trovano, per cause diverse, in situazioni di “svantaggio economico” (désavantage économique) e
che operano in strutture democraticamente organizzate. Tale progresso è
ottenuto mediante l’instaurazione di relazioni commerciali con un acquirente
realizzate nel rispetto di specifiche condizioni: 1) il contratto tra
l’acquirente e la struttura presso cui operano tali lavoratori deve avere una
durata minima di tre anni, in modo tale da limitare i rischi economici per i
lavoratori; 2) il contratto deve inoltre prevedere che la retribuzione (prix rémunerateur)
dei lavoratori sia definita sulla base di un’identificazione dei costi di
produzione e di una contrattazione equilibrata tra le parti; 3) nel contratto
deve anche essere stabilito che l’acquirente assegni alla struttura dei
lavoratori un premio aggiuntivo obbligatorio da utilizzare per la realizzazione
di progetti collettivi e volto a rafforzare le capacità e l’autonomia dei
lavoratori e della loro organizzazione.
Le imprese che intendono
stipulare tali contratti ed essere quindi annoverate come imprese che
promuovono il commercio equo e solidale devono produrre le informazioni
necessarie alla tracciabilità dei prodotti in tutte le fasi della filiera. Tali
imprese partecipano inoltre ad azioni di sensibilizzazione e di educazione sui
sistemi di produzione e consumo socialmente ed ecologicamente sostenibili.
L’art. 60 prevede inoltre
che una commissione, attualmente la “Commission nationale du commerce équitable”
(CNCE), si occupi di
riconoscere ufficialmente gli organismi che si occupano di commercio equo e
solidale. Si rileva tuttavia che il Governo ha recentemente annunciato di voler
sopprimere la CNCE, in vista dell’istituzione di una nuova commissione (Commission de concertation du commerce) che dovrebbe
occuparsi anche del commerce équitable
(cfr. emendamento del Governo al “disegno di legge per la
crescita e l’attività” (n. 2765), attualmente all’esame del Parlamento, presso
la “commissione mista paritetica” di deputati e senatori – cfr. iter del testo- ).
In Francia la principale
associazione che rilascia la certificazione che un prodotto sia realizzato nel
rispetto dei principi del commercio equo e solidale è l’associazione senza
scopo di lucro “Max Havelaar France”. Tale associazione, che riunisce
produttori di paesi in via di sviluppo, organizzazioni non governative ed
associazioni francesi, è stata costituita nel 1992 sul modello della prima
associazione “Max Havelaar” per
il sostegno del commercio equo e solidale, creata nei Paesi Bassi nel 1988. L’associazione
francese si occupa di rilasciare ai produttori e distributori di prodotti del
commercio equo e solidale il marchio “Fairtrade Max Havelaar France”. Il
marchio può essere apposto sui prodotti, che sono generalmente alimentari,
qualora questi siano stati realizzati nel rispetto di specifici principi
economici, sociali ed ambientali, che si ispirano a standards internazionali. Al
proposito si rileva che l’associazione Max Havelaar France
è membro dell’associazione internazionale “Fairtrade Labelling Organization” (FLO) che
definisce gli standards
internazionali necessari per certificare i prodotti del commercio equo e
solidale e rilasciare il marchio International
Fairtrade Certification
Mark. Nel 2003 la sezione della FLO che si occupa del rilascio del marchio Fairtrade si è
costituita come organismo autonomo, la FLO-Cert. Un’altra organizzazione internazionale
che opera nell’ambito del commercio equo e solidale è la “World Fair Trade Organization”(WFTO). La WFTO può attestare, sulla base di
uno specifico sistema di controllo denominato “World Fair Trade Guarantee
Systeme” (WFTO GS), che determinati produttori e distributori operano nel
rispetto di alcuni principi del commercio equo e solidale. Generalmente i
produttori e gli importatori che richiedono il logo WFTO operano nel settore
dell’artigianato.
Le imprese e le
associazioni che operano nel campo del commercio equo e solidale hanno
costituito nel 1997 un’organizzazione nazionale denominata “Plate-Forme
pour le Commerce Equitable” (PFCE), che è anche membro della WFTO. Sono
attualmente membri della PFCE 32 organizzazioni. La PFCE ha inoltre redatto
una “Carta per il commercio equo e
solidale” (Charte pour le Commerce Équitable), in cui ha affermato i principi che i
suoi membri intendono applicare e promuovere: 1) equità e solidarietà nelle
relazioni commerciali; 2) autonomia dei produttori; 3) rispetto della dignità
dei lavoratori; 4) rispetto dell’ambiente; 5) trasparenza; 6) impegno a
promuovere uno sviluppo del commercio internazionale che risponda a principi di
maggiore equità e solidarietà e a favorire un consumo responsabile.
In Germania il commercio equo e solidale (Fairer Handel) ha
cominciato a diffondersi a partire dalla fine degli anni ’60 e oggi si presenta
con molteplici sfaccettature coinvolgendo diverse realtà: le organizzazioni di
controllo, gli importatori, le attività formative e informative, la
distribuzione, la presenza sul territorio e le relazioni con i consumatori. Nel
1992 la TransFair e.V. (TransFair Verein zur Förderung des
Fairen Handels mit der “Dritten
Welt”), ovvero l’Associazione a sostegno del commercio
equo e solidale con il “Terzo mondo”, ha iniziato la propria attività con lo
scopo di sostenere famiglie di produttori in Africa, Asia e America latina e
migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro. Attualmente sono membri
della TransFair, che ha sede a Colonia, 33 organizzazioni attive in vari settori
sociali (associazioni di cooperazione allo sviluppo, associazioni
ecclesiali, cooperative sociali, associazioni di difesa dei consumatori e altre
associazioni che si occupano di formazione e di tutela dell’ambiente). Almeno
una volta all’anno si svolge un’assemblea di tutti i membri in cui viene eletto
un consiglio direttivo. Le organizzazioni aderenti sostengono la TransFair con azioni e campagne finalizzate a diffondere il
commercio equo e solidale nelle loro reti. Nel 1997 la TransFair
è stata tra i soci fondatori della FLO
(Fairtrade Labelling
Organization), che a livello internazionale si occupa di elaborare criteri
unitari tra le varie associazioni responsabili di attribuire il sigillo ai prodotti
certificati del commercio equo e solidale. La TransFair
conferisce agli importatori, alle imprese di trasformazione e ai distributori
che soddisfano determinati standard, il diritto di utilizzare il marchio del commercio equo (Fair-Trade-Siegel) per i loro prodotti. Nei paesi esportatori
ispettori locali sottopongono a regolare controllo i produttori verificando il
rispetto dei criteri della FLO e l’impiego del surplus nel pagamento delle
materie prime per attività conformi alle regole del commercio equo e solidale.
Dal 1999 la TransFair è anche responsabile in
Germania dell’attribuzione del sigillo internazionale Rugmark,
un’iniziativa indipendente caratterizzata dall’impegno nella lotta contro il
lavoro minorile nell’industria dei tappeti in India.
Sul versante degli importatori, un
ruolo significativo è svolto dalla Gepa (Gesellschaft zur Förderung der Partnerschaft mit der dritten Welt), la Società per la promozione di
rapporti di cooperazione con il terzo mondo, che dal 1975 (anno di fondazione)
si occupa di commercio equo e solidale e sostenibile dal punto di vista
ambientale ed è una delle maggiori organizzazioni a livello europeo con un
volume di affari di circa 68 milioni di euro, di cui annualmente una parte
considerevole ritorna alle cooperative sociali di produttori in America Latina,
Africa e Asia. Il miglioramento delle condizioni di vita di artigiani e
contadini ottenuto pagando un prezzo equo e fornendo consulenza nella
produzione rimane ancora oggi il principale scopo della Gepa,
che mira a sostenere la trasformazione delle coltivazioni in senso biologico e
ad assicurare contratti a lungo termine e prefinanziamenti. In qualità di
membro attivo della rete internazionale di associazioni promotrici del
commercio equo e solidale, la Gepa si impegna a
rispettare i criteri stabiliti, come il prezzo equo e la trasparenza.
Nel settore della distribuzione l’Associazione tedesca delle botteghe del
mondo (Weltladen –Dachverband)
ha eleborato nel 1998 una Convenzione sui criteri del commercio equo e solidale (Konvention der Weltläden - Kriterien für den Fairen Handel der Weltläden). La seconda
versione del 2010 è stata poi sostituita da quella approvata dall’Assemblea dei
membri il 29 giugno 2014, con alcuni adattamenti
ai principi dell’Organizzazione mondiale del commercio equo e solidale (WFTO).
I punti salienti della Convenzione consistono nel: migliorare l’immagine delle
botteghe del mondo in quanto negozi specializzati di commercio equo e solidale:
rappresentare gli interessi delle botteghe nei confronti degli importatori del
commercio alternativo; preparare e avviare le campagne informative.
Per
coordinare le attività del commercio equo e solidale nel novembre 2002 è stato
fondato a Colonia un Forum (Forum Fairer Handel) da 15
organizzazioni che si occupano esclusivamente di commercio equo e solidale
oppure che considerano il commercio equo e solidale un punto fondamentale della
loro missione. D’intesa con l’Organizzazione mondiale del commercio equo e
solidale e la FLO, nel gennaio 2009, è stata formulata una Carta dei principi del
commercio equo e solidale (Eine Grundsatz-Charta für den Fairen Handel), nella
quale è stata concordata una definizione di commercio equo e solidale.
Nell’ordinamento
giuridico tedesco non sono previste specifiche norme che riguardano il settore
del commercio equo e solidale. Sono però in crescita sia il mercato sia
l’interesse dei cittadini tedeschi nei confronti di tali prodotti. Circa l’80%
delle organizzazioni di commercio equo e solidale sono associazioni di
coltivatori diretti. La modalità della produzione è a basso impatto ambientale,
la tecnologia genetica è vietata, mentre sono favorite le colture biologiche. I
produttori del commercio equo e solidale utilizzano solo il 10% di prodotti
chimici, per lo più in piantagioni di uso tradizionale. È inoltre proibito il
lavoro minorile e quello forzato. Il Governo federale sostiene il commercio
equo e solidale con progetti e campagne di informazione dei consumatori per
incentivare l’acquisto dei prodotti contrassegnati dall’apposito marchio Fairtrade che,
come si è detto, è assegnato dalla TransFair secondo
criteri molto severi. Una volta l’anno si svolge la c.d. settimana equa e solidale (Faire Woche) organizzata
dal Forum Fairer
Handel e sostenuta in particolare dal Ministero federale per la cooperazione e lo
sviluppo (Bundesministerium für wirtschaftliche Zusammenarbeit
und Entwicklung). Tale manifestazione è volta a
sensibilizzare i consumatori motivandoli all’acquisto di prodotti del commercio
equo e solidale. La prossima Faire Woche avrà
luogo su tutto il territorio federale dall’11 al 25 settembre 2015: botteghe
del mondo, scuole, comunità ecclesiali, supermercati, gestori gastronomici,
privati e istituzioni sono stati invitati a diffondere l’idea di commercio equo
e solidale con eventi e manifestazioni creative nell’ottica del motto scelto
per questa quattordicesima edizione, ossia “il commercio equo e solidale crea
trasparenza” (Fairer Handel schafft Transparenz).
Il Ministero federale per la
cooperazione economica e lo sviluppo ha anche sviluppato altri strumenti per
promuovere il commercio equo e solidale direttamente nei paesi in via di
sviluppo, ad esempio mettendo più fondi a disposizione di organizzazioni non
governative impegnate in loco. Lo
stesso Ministero aderisce al Fairtrade
Access Fond della Banca di sviluppo dell’Istituto
di credito per la ricostruzione (KfW Entwicklunsbank). Nel 2013/2014 sono state finanziate
18 cooperative di commercio equo e solidale in America latina con crediti di
12,5 milioni di dollari. È in programmazione un ampliamento delle attività del Fondo
nei paesi africani. Il Governo federale ha inoltre istituito un portale internet (Siegelklarheit.de) che mira ad
orientare le scelte dei consumatori analizzando, valutando e confrontando i
marchi di prodotti tessili, alimentari, cartacei e dell’industria del legname.
Il portale è frutto di un progetto avviato e finanziato dal Ministero federale
per la cooperazione economica e lo sviluppo, che è stato poi affidato per la
realizzazione alla Società per la cooperazione internazionale (Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit
– GIZ). Nel gruppo alla guida del progetto, il cui scopo è quello di rafforzare
il commercio sostenibile, sono rappresentati, oltre al già citato Ministero per
la cooperazione economica e lo sviluppo in qualità di gestore del portale,
anche il Ministero federale dell’ambiente, il Ministero della giustizia e per
la tutela del consumatore, il Ministero federale del lavoro e degli affari
sociali.
Nel Regno Unito le pratiche di commercio equo e solidale non sono
oggetto di una specifica disciplina normativa. La loro qualificazione riposa
sulle certificazioni rilasciate da un ente senza scopo di lucro, la Fairtrade Foundation, costituita nel 1992 quale
articolazione nazionale di Fairtrade International, organizzazione presente in diversi
Stati e stabilita con sede centrale in Germania; tra le associazioni britanniche
che hanno dato vita alla fondazione è da segnalare, per l’attività che tuttora
svolge in questo ambito, Traidcraft, istituita
nel 1979 con lo scopo di promuovere il “consumo etico” di prodotti e materiali.
I requisiti necessari per il rilascio
di tali certificazioni e per l’uso autorizzato del relativo marchio commerciale
(Fairtrade mark) sono individuati
dall’apposito organismo (Fairtrade Labelling Organisations International, noto come FLO-Cert)
operante in seno a Fairtrade International; il certificato attesta
la conformità del prodotto a determinati indicatori di sviluppo sociale e di
tutela ambientale, e garantisce che i soggetti coinvolti nella catena
produttiva siano immuni da pratiche di sfruttamento e ricevano eque
remunerazioni. Gli standard applicati a livello nazionale per
connotare il commercio equo e solidale (condizioni di lavoro dei produttori,
modalità di sfruttamento delle risorse naturali, lotta alla povertà e sviluppo
economico nelle aree depresse) costituiscono, pertanto, il risultato di
elaborazioni effettuate in ambito internazionale e destinate, nei propositi, ad
avere applicazione globale.
Sebbene il
sistema di certificazione abbia fonte privatistica e le pratiche di commercio
equo e solidale non siano espressamente trattate nella legislazione vigente (che
disciplina principalmente le materie della sicurezza alimentare, della
correttezza commerciale e della tutela dei consumatori), si è ritenuto, di
recente, che talune innovazioni normative possano agevolare il fair trade di
determinati prodotti intervenendo sulla loro catena distributiva. A questo
riguardo, è di esempio la posizione adottata nel 2014 dalla Fairtrade Foundation, che al fine di promuovere la sostenibilità
dell’industria bananifera e di adeguare i criteri di
formazione dei prezzi in questo settore, ha sollecitato, tra
l’altro, una modifica del Groceries Supply Code of Practice (codice di
condotta sul commercio di prodotti alimentari), al fine di estenderne
l’applicazione ai produttori stranieri di banane che riforniscono le maggiori
reti di distribuzione commerciale nel Regno Unito.
In Spagna sono poche le disposizioni
legislative riguardanti il commercio equo e solidale (comercio justo). La prima di queste è costituita dall’art. 13 della Ley 23/1998, de 7 de julio,
de Cooperación Internacional
para el Desarrollo, che
definisce l’educazione allo sviluppo e alla sensibilizzazione sociale come l’insieme
delle azioni che promuovono le pubbliche amministrazioni, direttamente o in
collaborazione con le organizzazioni non governative per lo sviluppo, al fine
di sostenere attività che favoriscano una migliore percezione della società nei
confronti dei problemi che interessano i Paesi in via di sviluppo e che stimolino
la solidarietà e la cooperazione attive con gli stessi, mediante campagne di
divulgazione, servizi di informazione, programmi formativi, sostegno alle
iniziative in favore di un commercio equo
e di un consumo responsabile dei prodotti provenienti dai Paesi in via di
sviluppo.
La quarta disposizione aggiuntiva del Real Decreto Legislativo 3/2011, de 14 de noviembre, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley de Contratos del Sector Público, relativa alla contrattazione con imprese che
abbiano nella pianta organica persone con disabilità o in situazione di
esclusione sociale e con enti senza scopo di lucro (ma tale norma era già
presente, quale comma 4 della sesta disposizione aggiuntiva, nella Ley 30/2007 de Contratos
en el Sector Público),
prevede, al comma 5, che gli organi di contrattazione possano indicare, nelle
clausole amministrative specifiche, la preferenza nell’aggiudicazione dei
contratti aventi come oggetto prodotti per i quali esista un’alternativa di commercio equo (Comercio Justo) per le proposte presentate da
quegli enti riconosciuti come organizzazioni
di commercio equo (Organizaciones de Comercio Justo), a condizione che tali proposte eguaglino nei
loro termini le più vantaggiose dal punto di vista dei criteri base per
l’aggiudicazione.
Il Plan Director de la Cooperación
Española 2005-2008 ha
riconosciuto l’importanza del commercio equo come strumento di sviluppo,
introducendo come settore strategico il sostegno alle cooperative produttrici e
la realizzazione di azioni di sensibilizzazione e di educazione allo sviluppo.
Fairtrade Ibérica è un’associazione senza scopo di lucro che ha come
missione di mettere in comunicazione i produttori svantaggiati ed i lavoratori
dei Paesi in via di sviluppo con la popolazione dei consumatori, promuovere
relazioni commerciali più eque e rafforzare le associazioni di produttori al
fine di combattere la povertà. Essa fa parte di Fairtrade International. Per quanto concerne il “marchio di certificazione
internazionale di commercio equo e solidale” (sello de comercio
justo), Fairtrade Ibérica concede la licenza per l’uso del
marchio e opera affinché i consumatori lo conoscano e scelgano i prodotti Fairtrade.