Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||||
Titolo: | A. C. 925 La diffamazione a mezzo stampa nel Regno Unito e in Spagna | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Note informative sintetiche Numero: 1 Progressivo: 2 | ||||
Data: | 03/06/2013 | ||||
Descrittori: |
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A. C. 925 La diffamazione a mezzo stampa nel Regno Unito e in Spagna
3 giugno 2013
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Indice |
Regno Unito|Spagna| |
Regno UnitoNel sistema giuridico del Regno Unito, la disciplina applicabile alla diffamazione (law of defamation) è formata in parte dal diritto di matrice giurisprudenziale (common law) e in parte dal diritto legislativo; essa è, nel complesso, tradizionalmente propensa a privilegiare un'impostazione fondata sull'illecito civile e sul conseguente risarcimento del danno rispetto all'approccio penalistico. La fattispecie della diffamazione, infatti, costituisce essenzialmente un illecito civile (tort) che dà origine ad un'azione di risarcimento, e soltanto in modo residuale un reato (offence). Il carattere diffamatorio della publication è materia rimessa all'apprezzamento del giudice, come anche la sussistenza di esimenti (privileges), relative o assolute, corrispondenti ad una complessa casistica di situazioni, nonché al grado di diffusione delle affermazioni diffamatorie (che ricorrono, ad esempio, nel caso di affermazioni contenute in atti parlamentari oppure formulate nel corso di procedimenti giudiziari e nei relativi resoconti giornalistici); sul piano probatorio, inoltre, hanno rilievo e determinano conseguenze la falsità e la malafede (falsity and malice) del contenuto di tali affermazioni. L'onere di provare, in sede di contenzioso civile, la veridicità delle affermazioni ritenute diffamatorie grava interamente sul convenuto, quale logica conseguenza della loro presunta falsità; l'operatività di questa regola probatoria comporta che, nella prassi, per non esporsi ad azioni di risarcimento i media usino particolare cautela nel pubblicare notizie di cui non sia certa la veridicità. Sul versante penale, il reato si articola nelle due figure del libel e dello slander, a seconda che la lesione alla reputazione e all'onore venga perpetrata mediante lo scritto, la stampa o (in base alla interpretazione evolutiva del concetto di publication) la diffusione radiotelevisiva, oppure oralmente, mediante epiteti ingiuriosi od offensivi. Nel primo caso, il libel – assimilabile alla diffamazione a mezzo stampa nel diritto italiano – è integrato da una condotta idonea a ledere l'altrui reputazione, indipendentemente dal fatto che l'autore della diffamazione abbia certezza della falsità di quanto dichiarato; la prova che le dichiarazioni di cui si asserisce il carattere diffamatorio siano corrispondenti a verità non è infatti elemento di per sé idoneo a far cadere l'accusa, a differenza di quanto avviene in sede civile (cosiddetta defence of justification). Il libel così perpetrato legittima la parte lesa ad agire in giudizio per ottenere provvedimenti inibitori (injunction) idonei ad interrompere il comportamento lesivo e per richiedere il risarcimento del danno, che può essere liquidato in misura assai ingente qualora non si limitino a compensare la lesione patita, ma assumano anche, nei casi più gravi, una funzione di deterrenza (exemplary damages). Nel secondo caso, lo slander può dar luogo ad un'azione di risarcimento soltanto se la diffamazione o ingiuria consistano nell'attribuzione di un fatto delittuoso, o se la vittima provi di aver subito un danno materiale. Portata del tutto residuale, nel sistema penale della defamation law, è assegnata al tema della responsabilità vicaria, che ha invece rilievo in sede di tutela civile poiché può esservi affermata la responsabilità, oltre che del giornalista, dell'editore e dello stampatore. L'entità delle sanzioni penali previste per il reato di diffamazione dipende sostanzialmente dalla consapevolezza del reo (mens rea) circa la falsità delle affermazioni lesive della altrui reputazione. Tali sanzioni variano, per il libel, dall'ammenda alla pena detentiva fino a un anno; qualora il reo sia stato a conoscenza della falsità delle affermazioni, la pena detentiva può essere elevata a due anni. Alla disciplina penale delineata dal common law, e sostanzialmente recepita dalle leggi in materia di criminal libel adottate nel XIX secolo, si sono aggiunti successivi interventi legislativi perlopiù concernenti i profili civilistici della materia ed orientati ad introdurre temperamenti in un sistema talvolta considerato, per la sua tradizionale rigidità, sbilanciato sul versante della tutela dell'onore rispetto alla garanzia del diritto di cronaca e di critica. Con il Defamation Act approvato nel 1952, il legislatore ha dapprima mitigato il rigore di tali norme (applicabili quando l'affermazione diffamatoria configuri un "breach of peace" e abbia perciò rilevanza per l'interesse pubblico), introducendo attenuanti per il reo qualora questi abbia adottato comportamenti riparatori o si sia adoperato per rettificare le proprie affermazioni diffamatorie. Successivamente, nella prospettiva di un riequilibrio delle posizioni soggettive suscettibili di essere incise dall'esercizio di libertà fondamentali, il Defamation Act 1996 ha ridotto il termine di prescrizione per promuovere azioni legali per diffamazione, e ha previsto quale esimente di responsabilità la rettifica delle notizie pubblicate ("offer to make amends"). Un'ulteriore difesa giudiziale è stata prevista dalla legge per il caso in cui la parte che ha contribuito alla divulgazione della notizia non abbia avuto conoscenza del suo contenuto diffamatorio ("innocent dissamination", applicabile, ad esempio, con riguardo alla distribuzione libraria o agli Internet service providers). Da ultimo, il 25 aprile 2013 il Parlamento di Westminster ha approvato una nuova riforma della disciplina della diffamazione (Defamation Act 2013) che, pur non intendendo conseguire una codificazione della law of defamation, la cui disciplina generale resta ampiamente rimessa – come si è detto – al diritto giurisprudenziale, ne aggiorna gli istituti e contempla l'introduzione di alcune cause di non punibilità, nel segno di un più adeguato bilanciamento tra la tutela dell'onore e della reputazione e la libertà di espressione. Il testo appena varato prevede, in particolare, l'onere per la parte lesa di provare l'effettivo pregiudizio subito ("serious harm") in conseguenza delle dichiarazioni diffamatorie; prevede altresì l'esimente costituita dall'interesse pubblico alla notizia, purché riportata in modo responsabile; rafforza la tutela degli Internet service providers rispetto ai contenuti pubblicati dagli utenti, ponendo a loro carico la predisposizione di procedure di conciliazione tra gli autori dei contenuti diffusi e quanti se ne ritengono lesi nell'onore; introduce infine, per i mezzi di informazione, l'esimente della veridicità e correttezza delle notizie e dei commenti riportati ("truth and onest opinion"). Sul piano processuale, infine, è da segnalare l'operatività di un protocollo predisposto dal Ministero della Giustizia e dal Lord Chancellor (Pre-action Protocol for Defamation) per introdurre regole di buona condotta destinate alle parti in un procedimento per diffamazione e ad agevolare la risoluzione stragiudiziale della lite. |
SpagnaIn Spagna la diffamazione a mezzo stampa rientra tra i "reati contro l'onore" (delitos contra el honor), disciplinati dal Codice penale del 1995, libro II, titolo XI, artt. 205-216. Sono previste due fattispecie: la calunnia (calumnia) e l'ingiuria (injuria). La calunnia, secondo l'articolo 205 del codice, consiste nell'attribuire falsamente (o con temerario disprezzo della verità) a qualcuno la commissione di un reato; quando ciò avviene pubblicamente (con publicidad), cioè attraverso la stampa, la radiodiffusione o mediante un altro mezzo di comunicazione similare (art. 211), il codice prevede una pena detentiva compresa tra i sei mesi e i due anni oppure, in alternativa, una sanzione pecuniaria[1] tra i 12 e i 24 mesi[2] (art. 206). L'ingiuria, in base all'articolo 208 del codice, consiste in un'azione o un'espressione che lede la dignità di un'altra persona, sminuendo la sua fama o attentando alla sua considerazione; anche in tale fattispecie l'ipotesi di reato scatta allorché è evidente la falsità o la temerarietà dell'accusa e se, inoltre, le espressioni ingiuriose - per la loro natura, gli effetti prodotti e le circostanze - sono ritenute gravi secondo il giudizio corrente. Per l'ingiuria grave pronunciata pubblicamente è prevista una pena pecuniaria, per l'esattezza una multa da 6 a 14 mesi[3] (art. 209). In entrambe le circostanze il reato non sussiste solo nel caso in cui l'accusato provi, nel caso della calunnia, il fatto oggetto delle sue affermazioni (art. 207) o, nel caso dell'ingiuria, la verità delle sue espressioni offensive rivolte a funzionari pubblici, in relazione a fatti concernenti l'esercizio delle loro funzioni o riferiti alla commissione di contravvenzioni penali o di infrazioni amministrative (art. 210). In base all'articolo 212 del codice, è prevista anche la responsabilità civile dei proprietari dei mezzi d'informazione, attraverso i quali è stata messa in circolazione la calunnia o l'ingiuria. Il codice prevede, inoltre, una circostanza aggravante, cioè la commissione della calunnia o dell'ingiuria a seguito dell'ottenimento di un compenso economico, di un altro tipo di ricompensa o, comunque, di una promessa di un vantaggio (art. 213); in tal caso è prevista una pena accessoria, consistente nell'inabilitazione speciale all'esercizio dell'ufficio o carica pubblica o della propria professione, ufficio, industria o commercio, per un periodo che va dai sei mesi ai due anni. Nel caso in cui l'accusato di calunnia o ingiuria riconosca davanti all'autorità giudiziaria la falsità o l'incertezza delle imputazioni e le ritratti, il giudice o tribunale irroga la pena immediatamente inferiore di grado e può decidere di non imporre l'inabilitazione di cui all'art. 213. Il giudice ordinerà che il diffamatore consegni la testimonianza della ritrattazione all'offeso e, se quest'ultimo ne fa richiesta, la pubblicazione con lo stesso mezzo di diffusione con cui fu realizzata la calunnia o l'ingiuria, nello spazio identico o similare a quello con cui fu prodotta la diffusione (art. 214). La procedibilità per la calunnia e l'ingiuria è su querela della parte offesa o del suo rappresentante legale, tranne il caso in cui l'offesa sia rivolta a un funzionario pubblico, un'autorità o un agente della stessa su fatti concernenti l'esercizio delle loro funzioni, allorché si può procedere d'ufficio. Nessuno può promuovere l'azione nel caso di ingiuria vertente in giudizio senza la previa autorizzazione del giudice o tribunale che conosce o ha conosciuto la vicenda. Il perdono dell'offeso o del suo rappresentante estingue l'azione penale (art. 215). Per i reati di calunnia e ingiuria la riparazione del danno comprende anche la pubblicazione o divulgazione della sentenza di condanna, a spese del condannato, nel tempo e nella forma che il giudice o tribunale ritenga maggiormente adeguati, udite le parti (art. 216). [1] Con il codice penale del 1995 è stato introdotto il sistema dei "giorni di multa" (días-multa): ogni giorno di multa può variare da un ammontare minimo di 2 a un massimo di 400 euroe l'estensione della pena può oscillare da un minimo di 10 giorni a un massimo di 2 anni; ciascun "mese" di multa si intende composto di 30 giorni e un "anno" si considera formato da 360 giorni. Spetta al giudice fissare l'importo giornaliero all'interno dei limiti indicati, tenendo conto della situazione economica del condannato, nonché determinare tempi e modi di pagamento (art. 50 del codice penale).
[2] Negli altri casi è prevista una sanzione pecuniaria da 6 a 12 mesi.
[3] Negli altri casi è prevista una sanzione pecuniaria da 3 a 7 mesi. |