Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||||||||
Titolo: | IMMIGRAZIONE IRREGOLARE E PROCEDURE DI ASILO IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO, SVEZIA E TURCHIA | ||||||||
Serie: | Materiali di legislazione comparata Numero: 13 | ||||||||
Data: | 19/11/2015 | ||||||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Materiali di
legislazione comparata
IMMIGRAZIONE IRREGOLARE E PROCEDURE DI ASILO IN
FRANCIA,
GERMANIA, REGNO UNITO, SVEZIA E TURCHIA
N. 13 – Novembre 2015
Servizio
responsabile:
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File:MLC17013
Indice
1. Le
condizioni di ammissione di stranieri provenienti da “paesi terzi” e di apolidi
1.1 Le
condizioni di ingresso degli stranieri provenienti da paesi terzi e degli
apolidi
1.4 Il
divieto amministrativo del territorio
1.5 Il
reato di entrata irregolare
2. Le
condizioni di mantenimento degli stranieri in “centri di identificazione” (“zones d’attente”)
3. Le
misure di allontanamento dello straniero
3.1
L’obbligo di abbandono del territorio francese e il divieto di ritorno
3.3
L’interdizione dal territorio francese
4.
L’obbligo di residenza e “i centri di permanenza amministrativa” degli
stranieri
6. Dati
statistici sull’immigrazione regolare e irregolare
1.
L’ingresso e il soggiorno irregolare di cittadini extracomunitari
2. Le
misure di allontanamento
4. La
disciplina del diritto d’asilo.
4.2. I centri di accoglienza per i rifugiati
4.3. La procedura di riconoscimento del diritto di
asilo
4.4. I contributi sociali per i richiedenti asilo
4.5. L’accesso al mercato del lavoro per i richiedenti
asilo e gli stranieri tollerati
1. La
disciplina in materia di ingresso e soggiorno dello straniero
3. La detenzione
amministrativa e l’espulsione. Garanzie giurisdizionali
4. Il
ricorso in appello e gli organi giurisdizionali preposti
5. La
condizione degli stranieri richiedenti asilo e le misure di protezione
temporanea
6. L’organizzazione
e la disciplina dei centri di trattenimento
1. Il
quadro normativo e istituzionale
1.
Quadro d’insieme e fonti normative
2. La
lotta all’immigrazione irregolare
3. Status
di rifugiato, procedure di asilo e altre forme di protezione
1. Le condizioni di ammissione di stranieri provenienti da “paesi terzi” e di apolidi
Le condizioni di
ingresso e di permanenza nel territorio di cittadini stranieri sono regolate in
Francia dal “Codice dell’entrata e
del soggiorno degli stranieri e del diritto d’asilo” (CESEDA).
Con riferimento agli
apolidi e ai cittadini stranieri provenienti da paesi diversi dai paesi
dell’Unione europea (UE), o diversi dai paesi della cosiddetta “area Schengen”, nel CESEDA sono in particolare raccolte le norme che
definiscono le condizioni di accesso al territorio nazionale, nonché le regole
per lo svolgimento delle attività di rilascio di visti e permessi di soggiorno,
e delle attività di controllo e di sorveglianza delle frontiere, nel rispetto
del diritto dell’UE e della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)
in materia.
Gli stranieri che
arrivano da paesi diversi da quelli sopra elencati sono comunemente definiti
come provenienti da “paesi terzi”.
1.1 Le condizioni di ingresso degli stranieri provenienti da paesi terzi e degli apolidi
In primo luogo, si
rileva che il cittadino straniero proveniente da paesi terzi o l’apolide debba
rispettare determinate condizioni di
ingresso in Francia, così come in ogni altro paese dell’“area Schengen”,
disciplinate dalla “Convenzione di
applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985”. La convenzione è stata firmata il 19 giugno 1990 dai governi degli Stati dell'Unione economica
del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese
ed è relativa “all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni”.
Le norme di interesse sono in particolare: quelle relative alle condizioni di circolazione degli stranieri titolari
di un visto uniforme, per il suo periodo di validità, o di un visto rilasciato da una delle Parti
contraenti della suddetta convenzione, per il periodo di validità del visto e
per una durata massima di tre mesi dalla data del primo ingresso (art. 19);
quelle sulle condizioni di circolazione degli stranieri non soggetti all’obbligo del visto, per una durata massima di tre mesi nel corso di
un periodo di sei mesi a decorrere dalla data del primo ingresso (art. 20);
quelle sulle condizioni di circolazione degli stranieri in possesso di un
titolo di soggiorno rilasciato da una delle Parti contraenti o di altro titolo
di viaggio, per un periodo massimo di tre mesi (art. 21).
Lo straniero proveniente
da paesi terzi che intende entrare in territorio francese deve anche osservare
le regole stabilite dal Regolamento CE n. 562/2006, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006
(codice frontiere Schengen). In
particolare è previsto che lo straniero sia tenuto a rispettare le seguenti
condizioni elencate all’art. 5, par. 1,
lettere a, b, c del suddetto Regolamento:
1) essere in possesso di
uno o più documenti di viaggio validi che consentano di attraversare la
frontiera;
2) essere in possesso di un
visto valido, se richiesto, o di un permesso di soggiorno valido;
3) giustificare lo scopo e
le condizioni del soggiorno previsto;
4) disporre dei mezzi di
sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il
ritorno nel paese di origine o per il transito verso un paese terzo nel quale
l’ammissione è garantita, ovvero essere in grado di ottenere legalmente detti
mezzi.
Inoltre l’ingresso dello
straniero in Francia è ritenuto irregolare se non adempie alle condizioni
stabilite all’art. 5, par. 4, lettere a,
c del Regolamento CE sopra richiamato, in base alle quali può essere
ammesso al transito in Francia il cittadino straniero in possesso di un
permesso di soggiorno o di un visto di ritorno rilasciato da uno Stato membro
dell’“area Schengen”, salvo che egli non figuri tra le persone “segnalate”
dallo Stato membro alle cui frontiere si presenti e che la segnalazione in
merito sia accompagnata da istruzioni di di respingimento
o di rifiuto del transito. Può inoltre essere ammesso all’ingresso in Francia
il cittadino straniero per motivi umanitari, o di interesse nazionale, o in
virtù di obblighi internazionali.
In secondo luogo, si
precisa che il soggiorno fino a tre mesi in Francia, come in ogni altro paese dell’area
Schengen, è consentito a tali stranieri a determinate condizioni disciplinate
dal Regolamento (CE) n. 810/2009 (codice visti). I soggiorni
di più lunga durata sono invece disciplinati da un’apposita normativa nazionale.
In terzo luogo si rileva
che, per gli stranieri provenienti da alcuni paesi terzi,
l’ingresso in Francia, così come negli altri paesi UE, è consentito solo
mediante il possesso di un visto, precedentemente rilasciato nel paese di
origine, ai sensi del Regolamento (CE), n. 539/2001 del Consiglio del 15 marzo 2001 (regolamento sui visti).
L’allegato 1 del regolamento, periodicamente aggiornato, presenta la lista dei
paesi per i quali è previsto un visto obbligatorio.
Con specifico
riferimento ai soggiorni fino ad un
massimo di tre mesi, il Codice dell’entrata e del soggiorno degli stranieri e del
diritto d’asilo “dispone che lo straniero
che si reca in Francia per tale periodo, allo scopo di compiere una “visita
familiare o privata”, debba presentare un documento nel quale è indicato il
posto in cui alloggerà e nel quale è specificato che la persona che lo ospita è
in grado di far fronte ad eventuali spese per il suo soggiorno. Tale documento,
denominato justificatif d’hébergement, deve
essere validato dal sindaco del
comune di residenza dell’ospitante o, nel caso di Parigi, Lione o Marsiglia,
dal sindaco dell’arrondissement competente
(art. L211-3 e ss. CESEDA).
Per quanto riguarda il
rilascio dei visti, il codice precisa inoltre che le eventuali decisioni di
“rifiuto del visto” di ingresso in Francia, pronunciate da autorità
diplomatiche o consolari francesi, non siano di norma motivate, salvo che in
alcuni casi (art. L211-2 CESEDA).
In relazione ai soggiorni di durata superiore ai tre mesi,
il codice dispone che ogni straniero
maggiorenne proveniente da un paese terzo debba essere munito, una volta
trascorso il primo periodo di tre mesi, di un “permesso di soggiorno” (art. L311-1 CESEDA).
Le categorie di permessi
di soggiorno sono le seguenti (art. L311-2 CESEDA):
1) carta di soggiorno temporanea, valida per non oltre 1
anno. Le condizioni di rilascio e di rinnovo di tale permesso sono
disciplinate dall’art. L313-1 e ss., nonché dall’art. L316-1 e ss. del CESEDA. Le carte di soggiorno temporanee assumono
denominazioni diverse in base alla ragione della permanenza in Francia del loro
titolare. Esempi di tali carte sono: la carte
de séjour temporeur “visiteur”, quella
“étudiant”, quella “autorisant l’excercice
d’une activité professionnelle,
quella “vie privée
et familiale”, ecc.
2) carta di residente, valida 10 anni.
Le condizioni di rilascio e di rinnovo di tale carta sono disciplinate dall’art. L314-1 e ss. del CESEDA.
3) carta di soggiorno “competenze e talenti”, valida 3 anni.
Le condizioni di rilascio e di rinnovo di tale carta sono disciplinate dall’art. L315-1 e ss. del CESEDA.
4) carta di soggiorno “pensionato”, valida dieci anni e che può essere acquisita
dallo straniero precedentemente in possesso di una carta di residente. Le
condizioni di rilascio e di rinnovo di tale carta sono disciplinate dall’art. L317-1 del CESEDA.
Se uno straniero non è
titolare di una di queste quattro tipologie di permesso di soggiorno, ma è in
possesso di una ricevuta che attesta la domanda di rilascio o di rinnovo di uno
di tali documenti, ha ugualmente diritto di circolare nel territorio francese. Il
medesimo diritto è riconosciuto allo straniero che attesta il possesso di una
ricevuta di domanda di asilo o di una ricevuta di “autorizzazione provvisoria
di soggiorno” (cfr. più avanti). Qualora non sia espressamente consentito da
norme legislative o regolamentari, queste ricevute di domanda o di rinnovo dei
titoli summenzionati non consentono
tuttavia allo straniero interessato di
esercitare un’attività lavorativa (art. L311-4 CESEDA).
Ad eccezione di alcuni
casi previsti da accordi internazionali della Francia o da specifiche
disposizioni legislative, per ottenere uno dei titoli di soggiorno sopra
elencati lo straniero interessato deve avere un prerequisito: il possesso di un visto per un soggiorno di durata superiore ai tre mesi (art. L311-7 CESEDA). La carta di soggiorno temporaneo e la carta di
soggiorno “competenze e talenti” possono essere ritirate dall’autorità pubblica
competente qualora non sussistano più le condizioni per il suo rilascio, ma con
alcune limitazioni. Inoltre le carte di soggiorno temporanee recanti le indicazioni
“salarié”, “travailleur temporaire”, “scientifique-chercheur” e “carte bleue européenne”
non possono essere ritirate se lo straniero si trova senza lavoro per cause
indipendenti dalla sua volontà (art. L311-8 CESEDA).
Lo straniero ammesso per
la prima volta a soggiornare in Francia, o entrato regolarmente nel territorio
francese, di età compresa tra i 16 e i 18 anni e che manifesti l’intenzione di
stabilirvisi in modo durevole, conclude con lo Stato un “contratto di accoglienza ed integrazione”, in base al quale si
impegna a seguire, gratuitamente, un corso di formazione civica e, se
necessario, un corso di lingua francese (art. L311-9 CESEDA). Tali corsi sono organizzati dall’“Ufficio francese
dell’immigrazione e dell’integrazione” (Office
français de l’immigration
et de l’intégration –OFII), ente pubblico operante sotto la tutela del Ministero
dell’Interno.
Qualora uno straniero
che vive in Francia intenda far entrare nel paese il suo coniuge (di età non
inferiore a 18 anni) e i suoi figli minori, ha il diritto di richiedere il loro
ingresso nel paese per “ricongiungimento
familiare”. Per beneficiare di tale diritto lo straniero deve soggiornare
regolarmente in Francia da almeno 18 mesi e possedere un titolo di soggiorno
valido che abbia la durata di almeno un anno. I requisiti necessari per la
presentazione della domanda di “ricongiungimento familiare” e le procedure per
l’esame di tale richiesta sono disciplinati dall’art. L411-1 e ss. del CESEDA. Si rileva in particolare che i membri
della famiglia dello straniero che entrano in Francia per motivi di
“ricongiungimento familiare”, hanno diritto ad una “carta di soggiorno temporanea” e possono esercitare un’attività
lavorativa (art. L431-1 CESEDA).
Qualora lo straniero che
intende entrare in Francia non possieda i documenti necessari per l’ammissione,
l’ingresso nel paese non gli è consentito.
Il “rifiuto di entrata” (refus d’entrée) può essere pronunciato nel
caso in cui lo straniero non rispetti gli obblighi stabiliti dall’art. 5 del Regolamento (CE) n. 562/2006, precedentemente richiamato (art. L213-3 CESEDA). Inoltre,
il divieto di ingresso può essere deciso nel caso in cui la presenza dello
straniero in Francia possa costituire una minaccia
per l’ordine pubblico, oppure nel caso in cui egli sia oggetto di una pena
di “divieto giudiziario del territorio”, o di un “decreto di espulsione”, o di
un “decreto di riconduzione alla frontiera”, emanati meno di tre anni prima
(per tali “misure di allontanamento del territorio” cfr. più avanti), o ancora
di un “divieto di ritorno sul territorio francese”, o di un “divieto
amministrativo del territorio” (art. L213-1 CESEDA). Il Codice dispone anche che “la decisione di
rifiuto di ingresso” debba essere scritta, motivata e stabilita dal capo del servizio di polizia o delle
dogane, incaricato del controllo delle
frontiere, o da un funzionario delegato, o dal comandante di un’unità di
gendarmeria marittima o aerea, o da un militare designato (art. L213-2 e ss.; art. R213-1 e ss. CESEDA). Nella decisione, che va notificata allo
straniero, deve essere specificato che egli ha il diritto di avvertire la
persona che lo avrebbe dovuto ospitare, il suo Consolato o un consulente di sua
scelta. Nella decisione è altresì specificato che egli può rifiutarsi di essere
rimpatriato prima che sia trascorso un giorno e che può presentare ricorso
contro una decisione di rifiuto di ingresso nel caso in cui sia un richiedente
asilo (art. L213-2 CESEDA).
Più specificatamente lo
straniero che chiede di beneficiare del “diritto
di asilo”, e al quale viene opposto un rifiuto di ingresso, può presentare richiesta di annullamento della
decisione di refus d’entrée nelle 48 ore successive alla
sua notifica. Tale misura di rifiuto non può infatti essere eseguita prima di
48 ore. La richiesta è inviata al Presidente
del tribunale amministrativo, che è tenuto a pronunciarsi entro 72 ore dal
ricevimento della domanda di annullamento. Lo straniero è ascoltato dal
magistrato che lo convoca ad un’udienza e può essere assistito da un consulente
legale di sua scelta o richiedere un consulente d’ufficio. Contro una decisione
del Tribunale amministrativo può inoltre essere presentato ricorso presso la Corte amministrativa d’appello competente
territorialmente. Se il giudice annulla in via definitiva la decisione di
rifiuto di ingresso, lo straniero è ammesso nel paese con un visto di
regolarizzazione di otto giorni. Entro tale termine l’autorità amministrativa
competente rilascia allo straniero, su sua richiesta, “un’autorizzazione provvisoria al soggiorno” che gli permette di
presentare la “domanda d’asilo” presso l’“Ufficio
francese di protezione dei rifugiati e apolidi” (Office français de protection
des réfugiés et apatrides - OFPRA-) (cfr. nel dettaglio più avanti). Se invece il giudice
conferma in via definitiva la decisione di rifiuto di ingresso, essa è eseguita
d’ufficio (art. L213-9 CESEDA).
Ai fini dell’esecuzione
della decisione di refus d’entrée e nel caso in cui lo straniero
sia entrato in Francia per via aerea o marittima, l’autorità amministrativa
competente può richiedere all’impresa di
trasporto che gestisce il mezzo con cui egli è entrato nel paese di
ricondurlo nello Stato che gli ha rilasciato il documento di viaggio o in altro
paese presso cui egli può essere ammesso. Le stesse disposizioni valgono se lo
straniero è entrato in Francia con mezzo di trasporto stradale. Con riferimento
al trasporto ferroviario, l’impresa interessata è tenuta, su richiesta
dell’autorità amministrativa, a ricondurre lo straniero al di là della
frontiera francese. Le spese di viaggio sono a carico delle imprese (da art. L213-4 a art. L213-8 CESEDA).
Con riferimento alle
relazioni con altri paesi europei, è stabilito che lo straniero entrato
illegalmente in Francia possa essere consegnato alle autorità competenti di un
paese dell’UE che abbia consentito il suo ingresso o soggiorno, o dal quale
provenga direttamente, in applicazione di convenzioni internazionali concluse
in materia (art. L531-1 e art. L531-2 CESEDA). Se uno straniero è stato oggetto di una
segnalazione al fine della “non ammissione” da parte di uno degli Stati appartenenti
all’“area Schengen”, l’autorità amministrativa francese competente può decidere
di ricondurlo alla frontiera (art. L531-3 CESEDA).
1.4 Il divieto amministrativo del territorio
Il refus d’entrée può essere inoltre opposto ad un cittadino straniero oggetto
del cosiddetto “divieto amministrativo
del territorio” (interdiction administrative du territoire), (art. L214-4 CESEDA). Tale divieto può essere disposto nei confronti di
un cittadino straniero che tenti di entrare in Francia, proveniente da un paese
non appartenente all’UE o da uno degli Stati firmatari dell’accordo sullo “Spazio economico europeo”, o dalla Confederazione svizzera, o che non sia familiare
di un cittadino dei paesi summenzionati. La decisione che impone tale divieto,
scritta e motivata, è adottata dal Ministro
dell’Interno nei confronti degli stranieri che sono ritenuti rappresentare
“una minaccia grave” per l’ordine
pubblico, la sicurezza interna o le relazioni internazionali della Francia,
nonché per la tutela di interessi fondamentali della società francese. Tale
decisione può essere notificata allo straniero che si trovi al di fuori del
territorio francese. Qualora lo straniero si trovi invece in Francia al momento
in cui gli è notificata la decisione, questi è tenuto a lasciare il paese entro
un mese, salvo casi di urgenza. Tale disposizione non è valida per i minori stranieri.
Allo scadere di tale
termine lo straniero maggiorenne può essere ricondotto d’ufficio alla
frontiera. Lo straniero può inoltre, dopo un anno dal pronunciamento di tale
divieto, presentare domanda per la sua abrogazione. Qualora l’autorità
amministrativa competente non risponda entro quattro mesi, la domanda si
considera rifiutata. I motivi di un divieto amministrativo di territorio sono
oggetto di riesame ogni cinque anni (art. L214-1 e ss. CESEDA).
1.5 Il reato di entrata irregolare
Nel CESEDA è inoltre
disciplinato il reato di “entrata irregolare” (entrée irrégulière),
punito con la reclusione fino a 1 anno
e con un’ammenda fino a 3.750 euro (art. L621-2 CESEDA). Nel codice è stabilito che si considera entrato
irregolarmente in Francia lo straniero non appartenente ad un paese dell’UE e
che non rispetti determinate condizioni di ingresso in paesi dell’“area
Schengen” stabilite dal citato Regolamento CE n. 562/2006. In particolare è previsto che lo straniero rispetti le
condizioni elencate all’art. 5, par. 1,
lettere a, b, c e par. 4, lettere a,
c del suddetto Regolamento, illustrate in precedenza.
L’art. L621-2 del CESEDA
dispone inoltre che si considera autore del reato di “entrata irregolare” in
Francia, lo straniero proveniente da paese terzo che non rispetti in
particolare gli articoli 19, 20 e 21 della “Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14
giugno 1985”, sopra richiamata.
Oltre alla pena detentiva e all’ammenda, per colui che commette tale reato può
essere stabilita la pena aggiuntiva del “divieto
di un nuovo ingresso” nel territorio francese, che non può essere superiore
ai tre anni. Se lo straniero oggetto di tale pena torna in Francia, è
riaccompagnato alla frontiera. Qualora lo straniero debba scontare una pena
detentiva, l’accompagnamento ha luogo al termine della detenzione.
2. Le condizioni di mantenimento degli stranieri in “centri di identificazione” (“zones d’attente”)
Qualora un apolide o un
cittadino straniero arrivi in Francia e non possieda i documenti per essere
regolarmente ammesso nel paese ovvero abbia presentato domanda di asilo e stia aspettando
una risposta, può essere trattenuto in una
“area di attesa” (zone d’attente),
definita dal prefetto del
dipartimento competente. Nell’area di Parigi tale ruolo è svolto dal prefetto
di polizia (e, in generale, quando nel CESEDA si fa riferimento all’autorità
amministrativa competente per l’area di Parigi, si tratta sempre del prefetto
di polizia). L’area di attesa può essere allestita in una stazione ferroviaria,
in un porto, in un aeroporto, o in una zona di confine, nei pressi di un punto
di passaggio delle frontiere (point de passage frontalier) (art. L221-1 CESEDA). In essa il cittadino straniero può essere
trattenuto per quattro giorni al
massimo, con decisione scritta e motivata, che può essere assunta dal capo del servizio di polizia o delle
dogane, incaricato del controllo delle frontiere,
o da un funzionario delegato, o dal comandante di un’unità di gendarmeria
marittima o aerea, o da un militare da questi designato (art. R221-1 CESEDA). La decisione è iscritta in un registro in cui sono
anche annotati lo stato civile dello straniero, il giorno e l’ora in cui è
stata notificata la decisione del trattenimento nell’area, dati che vengono immediatamente
comunicati al Procuratore della
Repubblica competente (art. L221-3 CESEDA). Lo straniero è poi informato dei suoi diritti.
Egli può richiedere nell’area: di ricevere l’assistenza di un interprete; di
essere sottoposto a visita medica; di comunicare con una persona; di poter
lasciare in ogni momento il territorio francese (art. L221-4 CESEDA). Nel caso dell’arrivo di “un minore straniero non accompagnato”, il Procuratore della
Repubblica designa un “funzionario ad hoc” che lo assiste durante la sua
permanenza in un’area d’attesa e lo rappresenta nelle procedure amministrative
e giudiziarie che lo riguardano (art. L221-5 CESEDA).
La decisione di
mantenimento in un’area di attesa può essere inoltre prolungata per un massimo di ulteriori otto giorni su decisione del
giudice competente (le juge des libertés
et de la détention), cui è rivolta la richiesta
dall’autorità amministrativa. Nella richiesta devono essere specificati i
motivi per cui lo straniero non abbia potuto essere rimpatriato o se questi ha
fatto domanda di asilo e il tempo previsto di permanenza nell’area. In via del
tutto eccezionale, il mantenimento nell’area oltre i dodici giorni complessivi
previsti dalla normativa (quattro più otto) può essere poi rinnovato per decisione del giudice per altri otto giorni al massimo. Se lo straniero presenta una domanda di asilo può beneficiare di sei
giorni di permanenza d’ufficio in un’area di attesa (art. L222-2 CESEDA).
Il giudice competente
decide in merito alla richiesta di prolungamento o di rinnovamento del
mantenimento dello straniero in un’area di attesa entro 48 ore al massimo da
quando è investito del caso. La decisione del giudice assume la forma di
un’ordinanza ed è presa, previa audizione dello straniero o del suo consulente
legale (art. L222-3 CESEDA). Il giudice può anche stabilire che il mantenimento
dello straniero nell’area di attesa debba cessare. L’ordinanza è notificata al
Procuratore della Repubblica (art. L222-2 CESEDA).
Lo straniero, sulla base
di tale ordinanza, è inoltre autorizzato ad entrare in Francia mediante un “visto di regolarizzazione” valido otto
giorni. Entro tale termine lo straniero dovrà aver lasciato il paese, a
meno che egli non abbia ottenuto “un’autorizzazione provvisoria al soggiorno”,
o una “ricevuta di domanda di carta di soggiorno” o una “ricevuta di domanda di
asilo” (art. L224-1 CESEDA). Qualora la partenza dello straniero dalla Francia
non possa avvenire dalla stazione ferroviaria, dal porto o dall’aeroporto
presso cui si trova l’area di attesa in cui è ospitato, o qualora non possa
restarvi dopo un’ordinanza di prolungamento o di rinnovamento, l’autorità
amministrativa può disporre il trasferimento dello stesso in un’altra area (art. L224-2 e ss. CESEDA). Il Procuratore della Repubblica e il giudice
competenti possono visitare le zones d’attente ogni
volta che lo reputino necessario (art. L223-1 CESEDA).
3. Le misure di allontanamento dello straniero
3.1 L’obbligo di abbandono del territorio francese e il divieto di ritorno
Il cittadino straniero
proveniente da un paese diverso dagli Stati membri dell’Unione europea, o dai
paesi firmatari dell’accordo sullo “Spazio economico europeo”, o dalla
Confederazione svizzera, o che non sia familiare di un cittadino appartenente
ai paesi sopra menzionati, e che tenti di soggiornare in Francia in maniera
irregolare, può essere oggetto di una decisione di “obbligo di abbandono del territorio francese”. La decisione è assunta
dal prefetto del dipartimento
competente, qualora ricorrano determinate condizioni:
1) se lo straniero non
dimostri di essere entrato regolarmente in Francia o di essere in possesso di
un titolo di soggiorno in corso di validità;
2) se il suo visto di soggiorno
è scaduto o, qualora non sia tenuto a possedere un visto, se allo scadere di un
periodo di tre mesi dal suo ingresso in Francia, non possieda un “primo titolo
di soggiorno” regolarmente rilasciato;
3) se allo straniero è
stato rifiutato il rilascio o il rinnovo di un titolo di soggiorno o se questo
gli è stato ritirato;
4) se lo straniero non ha richiesto
il rinnovo del suo titolo di soggiorno temporaneo e questo sia scaduto;
5) se allo straniero sono
state ritirate la ricevuta della domanda della carta di soggiorno o
l’autorizzazione provvisoria al soggiorno o se il rinnovo di tali documenti gli
è stato rifiutato.
Tale decisione, che deve
essere motivata dall’autorità amministrativa, dispone che lo straniero debba
lasciare “volontariamente” il territorio francese entro trenta giorni. Nella
decisione è indicato il paese verso il quale il cittadino straniero è inviato
in caso di esecuzione d’ufficio della misura.
La partenza deve invece
avvenire immediatamente nel caso
ricorrano le seguenti circostanze:
1) se il comportamento
dello straniero costituisce una minaccia per l’ordine pubblico;
2) se allo straniero è
stato rifiutato il rilascio o il rinnovo di un titolo di soggiorno o di una
ricevuta di domanda di carta di soggiorno o di un’autorizzazione provvisoria al
soggiorno poiché la sua richiesta di tali documenti era manifestamente
infondata o fraudolenta;
3) se esiste un rischio che
lo straniero non adempia all’obbligo di lasciare il territorio francese. Tale
circostanza si considera possibile, ad esempio, nel caso in cui lo straniero sia
entrato in modo irregolare in Francia, o non abbia mai effettuato richiesta di
rilascio o rinnovo di un titolo di soggiorno, o abbia contraffatto o
falsificato un titolo di soggiorno o un documento di identità o di viaggio. La
circostanza si verifica inoltre se lo straniero non ha rispettato una
precedente misura di allontanamento, o non possiede un documento di identità
valido, o ha dissimulato la sua identità, o non ha dichiarato il luogo della
sua residenza (art. L511-1 CESEDA).
Il cittadino obbligato a
lasciare il territorio francese può richiedere all’autorità amministrativa di
beneficiare di un “dispositivo di aiuto
al ritorno nel paese d’origine”. Il dispositif d’aide au retour
(art. L331-1 CESEDA) consiste in un sussidio finanziario erogato allo
straniero e, se del caso, al suo coniuge e ai suoi figli, per le spese di
viaggio ai fini del ritorno nel proprio paese, nonché nell’assistenza per
organizzare tale viaggio (cfr. scheda informativa: Dispositifs des
aides au retour et à la réinsertion).
La decisione di obbligo
di abbandono del territorio francese può essere assunta anche nei confronti
degli stranieri che non hanno rispettato le condizioni di entrata previste
dall’art. 5 del citato Regolamento CE n. 562/2006 o verso coloro i quali, provenendo
da altro paese dell’“area Schengen”, non possono dimostrare di essere in
possesso dei documenti richiesti.
Oltre ad una simile
decisione, l’autorità amministrativa può disporre “un divieto di ritorno sul territorio francese”. Tale divieto e la
sua durata sono decisi dall’autorità amministrativa tenendo conto degli anni
della presenza del cittadino straniero in Francia, della natura dei suoi legami
con il paese, della circostanza per cui sia stato già oggetto di una misura di
allontanamento e del fatto che la sua presenza possa costituire una minaccia
per l’ordine pubblico. L’autorità amministrativa può inoltre abrogare in ogni
momento tale divieto e lo straniero può presentare domanda di abrogazione (art. L511-1 CESEDA). Il CESEDA dispone poi che l’obbligo di abbandono
del territorio non possa essere stabilito nei confronti di alcuni stranieri,
tra i quali: i minori stranieri; gli stranieri che dimostrano di risiedere
abitualmente in Francia dall’età di 13 anni; quelli che risiedono regolarmente
in Francia da più di venti anni; quelli che, non vivendo in stato di poligamia,
dimostrano di essere genitori di un bambino francese minore residente in
Francia e che contribuiscono di fatto alla sua educazione; gli stranieri
coniugati con cittadini francesi da almeno tre anni; quelli residenti
abitualmente in Francia che necessitano di particolari cure mediche che non
potrebbero ricevere in altro paese (art. L511-4 CESEDA).
Nei confronti di un
cittadino straniero, la cui presenza in Francia costituisce una minaccia grave
per l’ordine pubblico, può essere emanato un “decreto di espulsione” dalla Francia. L’autorità competente in
materia è di norma il prefetto del
dipartimento (art. L521-1; art. R522-1 CESEDA).
Se ricorrono circostanze
eccezionali, in cui la misura dell’espulsione è considerata un’esigenza
immediata per la sicurezza dello Stato o per la protezione di alcuni suoi
interessi fondamentali, o se si tratta di una “urgenza assoluta”, il decreto è
emanato dal Ministro dell’Interno (art.R522-2 CESEDA). Nel codice sono anche stabilite le categorie
“protette” di stranieri che possono essere oggetto di misure di espulsione solo
in casi straordinari.
In particolare, solo qualora
una simile misura sia riconosciuta come una necessità immediata per la
sicurezza dello Stato o la sicurezza pubblica, possono essere espulsi gli
stranieri che si trovano in una delle seguenti condizioni:
1) lo straniero che, non
essendo poligamo, ha un figlio minore di nazionalità francese e residente in
Francia, a condizione che egli contribuisca in modo sostanziale al suo
sostentamento e alla sua educazione e che non sia oggetto di una sentenza
definitiva di condanna a cinque anni di reclusione;
2) lo straniero sposato da
almeno tre anni con una persona di nazionalità francese;
3) lo straniero che risiede
abitualmente in Francia da almeno dieci anni;
4) lo straniero titolare di
una rendita dovuta ad un incidente sul lavoro o ad una malattia professionale
che lo ponga in uno stato di incapacità pari almeno al 20%, tranne che non sia
oggetto di una sentenza definitiva di condanna a cinque anni di reclusione;
5) lo straniero cittadino
di un paese membro dell’UE o dello “spazio economico europeo”, o della Confederazione
svizzera (art. L521-2 CESEDA).
Inoltre, il codice
stabilisce che determinate categorie di stranieri possono essere espulse solo
nel caso in cui sia dimostrato che svolgano attività terroristica o compiano atti di incitamento all’odio, alla
discriminazione, alla violenza verso una persona o un gruppo di persone. Tali
categorie “protette” sono:
1) lo straniero che
dimostri di risiedere abitualmente in Francia dall’età di 13 anni;
2) lo straniero che risiede
regolarmente in Francia da più di venti anni;
3) lo straniero che risiede
regolarmente in Francia da più di dieci anni e che, non vivendo in poligamia, è
coniugato da almeno quattro anni con un cittadino francese o straniero che è
genitore del proprio figlio, a condizione che contribuisca al suo
sostentamento;
4) lo straniero che risiede
abitualmente in Francia e che necessita di particolari cure mediche che non
potrebbe ricevere altrove (art. L521-3 CESEDA).
I minori stranieri non possono in alcun caso essere espulsi (art. L521-4 CESEDA). I cittadini di uno Stato dell’UE o dello “spazio
economico europeo” o della Confederazione svizzera, o loro familiari possono
essere espulsi solo se il loro comportamento rappresenta una minaccia reale,
attuale e grave per un interesse fondamentale della società (art. L521-5 CESEDA).
Salvo in caso di
“urgenza assoluta”, il procedimento amministrativo ordinario in materia prevede
che allo straniero sia notificato che è stata aperta nei suoi confronti una
“procedura di espulsione” e per quali fatti. Lo straniero, nel “bollettino di
notifica”, riceve inoltre la convocazione presso una apposita commissione. Tale organo è composto dal
presidente del tribunale ordinario del capoluogo del dipartimento competente o
da un giudice da questi delegato; da un magistrato designato dall’assemblea
generale dello stesso tribunale ordinario; da un consulente legale del
tribunale amministrativo. Lo straniero è inoltre informato che può presentarsi
presso la commissione insieme ad un proprio consulente legale e richiedere un
interprete. Egli può anche richiedere un
sussidio economico per far fronte alle spese legali per la sua difesa,
denominato “aide juridictionnelle”
e può presentare ricorso contro un eventuale decreto di espulsione. La
commissione, dopo aver ascoltato lo straniero, invia all’autorità
amministrativa competente il suo parere entro un mese (art. L522-1 e ss.; art. R522-4 e ss. CESEDA). Qualora, dopo aver ricevuto il parere della
commissione, l’autorità competente decida per l’allontanamento dello straniero,
emette il “decreto di espulsione” e indica il termine entro il quale deve
essere eseguito. Salvo casi di urgenza, tale termine non può essere inferiore ad un mese. Il decreto indica anche il
paese di destinazione dello straniero che può essere o quello di cui ha la
nazionalità, o quello che gli ha rilasciato un documento di viaggio, o un paese
in cui può essere ammesso. In nessun caso lo straniero può essere inviato in un
paese in cui la sua vita o la sua libertà siano in pericolo, o in cui possa essere
sottoposto a tortura e a pene o trattamenti disumani o degradanti (art. L523-2; art.R523-1 CESEDA). Un decreto di espulsione può essere abrogato in
ogni momento dall’autorità che lo ha emanato e lo stesso straniero può
presentare domanda per l’abrogazione. I motivi che hanno determinato il decreto
di espulsione sono comunque riesaminati ogni cinque anni (art. L524-1 e ss. CESEDA).
3.3 L’interdizione dal territorio francese
Qualora uno straniero
abbia commesso un “crimine” o un “delitto”, il tribunale competente a giudicarlo può disporre la pena dell’“interdizione dal territorio francese”,
disciplinata dagli articoli L131-30, L131-30-1 e L131-30-2 del Codice penale (CP), e ripresa dall’art. L541-1 del CESEDA.
In particolare l’art. L130-30 CP stabilisce che tale divieto possa durare dieci anni al massimo. La pena comporta
inoltre che lo straniero sia ricondotto alla frontiera. Se il divieto di
territorio francese costituisce una pena aggiuntiva ad una pena detentiva, la
sua data di esecuzione inizia dopo che sia stata scontata la pena carceraria.
Ai sensi dell’art. L131-30-1 CP, un tribunale può stabilire un tale divieto solo
mediante una decisione “specialmente motivata” qualora lo straniero si trovi in
una condizione specifica “protetta”: ad esempio se questi, non vivendo in
poligamia, è genitore di un minore francese residente in Francia, a condizione
che provveda al suo sostentamento; o se è coniugato da almeno tre anni con un
cittadino francese; o in altre situazioni elencate. L’art. L131-30-2 CP specifica inoltre i casi in cui tale pena non possa
essere disposta: ad esempio, nel caso in cui lo straniero dimostri di risiedere
in Francia dall’età di 13 anni; o da più di vent’anni; o da più di dieci anni e
sia coniugato, senza essere poligamo, da almeno quattro anni con un cittadino
francese; o da più di dieci anni e sia al contempo genitore di un minore francese
che risiede in Francia, a condizione che dimostri di contribuire al suo
sostentamento; o in altre situazioni elencate.
4. L’obbligo di residenza e “i centri di permanenza amministrativa” degli stranieri
Nel caso in cui lo
straniero oggetto di un decreto di espulsione, o di altre misure di
allontanamento obbligatorio dal territorio francese, dimostri di non potersi
recare in breve tempo nel suo paese di origine o in altro paese, l’autorità
amministrativa può disporre la sua “assegnazione
ad una residenza specifica” (assignation à résidence). Ugualmente, può essere previsto tale
obbligo di residenza se lo straniero oggetto di un decreto di espulsione debba
sottoporsi a particolari cure mediche. Lo straniero cui è assegnata una
residenza specifica deve presentarsi inoltre periodicamente presso un servizio
di polizia o unità di gendarmeria. Può inoltre essere stabilito che allo
straniero venga applicato un meccanismo di sorveglianza
elettronica o che gli sia ritirato il passaporto o altro documento di
identità. La decisione di assignation à résidence può essere presa per una durata massima di
sei mesi ed essere poi rinnovata più volte (art. L561-1 e ss.; art. R561-1 e ss. CESEDA).
Lo straniero che si
trovi nelle stesse condizioni di impossibilità a lasciare il territorio
francese e non sia sottoposto ad un obbligo di residenza, può essere anche
destinato ad un “centro di permanenza
amministrativa” (centre de rétention administrative - CRA)
per una durata iniziale di cinque giorni.
La decisione di assegnazione ad uno di tali centri è assunta dal prefetto del dipartimento competente (art. L551-1 e ss. CESEDA). Trascorsi i primi cinque giorni di soggiorno
presso un CRA, può essere disposto dal giudice
competente per il territorio (juge des libertés et de la détention) il suo prolungamento
fino ad un massimo di ulteriori 40
giorni(art. L552-7 CESEDA).
Lo straniero oggetto di
tale misura è colui che si può trovare in una delle seguenti condizioni:
1) è in attesa di essere
consegnato alle autorità competenti di uno Stato membro dell’UE che lo abbia
ammesso ad entrare o dal quale proviene direttamente;
2) è oggetto di un decreto
di espulsione;
3) deve essere ricondotto
alla frontiera in esecuzione di una “interdizione giudiziaria dal territorio
francese”;
4) è oggetto di una
segnalazione ai fini della non ammissione da parte di un altro paese;
5) è oggetto di un decreto
che stabilisce il suo riaccompagnamento alla
frontiera;
6) è oggetto di una
“decisione di obbligo di lasciare il territorio francese” stabilita meno di un
anno prima e il cui termine di esecuzione è scaduto;
7) deve essere riaccompagnato
alla frontiera in esecuzione di un “divieto di ritorno” o di una “interdizione
amministrativa dal territorio”;
8) non ha adempiuto nei
termini previsti all’obbligo di lasciare il territorio francese o vi è ritornato
senza autorizzazione.
La decisione di
collocamento di uno straniero presso un CRA deve essere scritta e motivata. Il
Procuratore della Repubblica ne è inoltre immediatamente informato. Lo
straniero che arriva in un centro può domandare l’assistenza di un interprete,
di un consulente legale e di essere visitato da un medico. Egli è anche
informato che può comunicare con il proprio Consolato e con una persona di sua
scelta. Quando entra nel centro, lo straniero è in particolare informato dei
diritti che può vantare in materia di diritto d’asilo e del fatto che può
presentare, entro cinque giorni, la domanda
di asilo (art. L551-3 CESEDA). Allo straniero è inoltre comunicato che può
richiedere un sussidio economico per far fronte alle spese legali per la sua
difesa, denominato “aide juridictionnelle”
e che può presentare ricorso contro le decisioni di allontanamento che possono
essere assunte dall’autorità amministrativa o da quella giudiziaria nei suoi
confronti. Il giudice competente può inoltre stabilire che lo straniero,
trascorsi i primi cinque giorni di collocamento in un tale centro, possa essere
assegnato “ad una residenza specifica” ed essere anche oggetto di una misura di
“sorveglianza elettronica” (art. L552-4 e art. L552-4-1 CESEDA).
In deroga alla durata massima di 45 giorni di
permanenza complessiva presso un CRA, il giudice può prolungare la rétention administrative per la durata di un ulteriore mese, rinnovabile fino ad un massimo di sei mesi se lo straniero
è stato condannato ad una pena d’interdizione dal territorio per atti di terrorismo o se la sua
espulsione è legata ad “attività a carattere terroristico penalmente accertate”
(art. L552-7 CESEDA). Tenuto conto dell’interesse particolare legato
all’allontanamento di tali stranieri a causa della loro minaccia per la
sicurezza pubblica, la rétention administrative de longue durée ha lo scopo di assicurarne l’espulsione dalla Francia solo
dopo che siano state adempiute le procedure per registrarne i dati e stabilire
il paese di destinazione. Gli stranieri sottoposti ad una misura di rétention administrative de
longue durée sono collocati in uno spazio
riservato del CRA, senza possibilità di contatto con gli altri stranieri
presenti nel centro.
Il diritto d’asilo
è riconosciuto in Francia come un diritto
di rilievo costituzionale. L’art.4
del Preambolo della Costituzione del 27 ottobre 1946, cui rinvia la Costituzione del 4 ottobre 1958 attualmente in vigore, stabilisce infatti che “tout homme persécuté en raison de son action en faveur de la liberté a droit d'asile sur les
territoires de la République”.
Il Consiglio costituzionale, nella sua Decisione n. 93-325 DC del 13 agosto 1993, ha anche stabilito che esso è “un
principio a valore costituzionale” in base al quale, in modo generale, lo
straniero che lo rivendica è autorizzato a soggiornare sul territorio fino a
quando non ottenga una risposta alla sua richiesta.
Il diritto d’asilo è inoltre un diritto da tutelare in virtù
dell’adesione della Francia alla Convenzione di Ginevra
sullo statuto dei rifugiati del 28 luglio 1951. In particolare, si rammenta che l'art.
1, c. 2., della Convenzione dispone che lo stato di “rifugiato” possa essere
riconosciuto a colui che “[…] nel giustificato timore di essere perseguitato
per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo
sociale o le sue opinioni politiche, si trovi al di fuori dello Stato di
cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare
la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi
al di fuori del suo Stato di domicilio […], non può o, per il timore sopra
indicato, non vuole ritornarvi”.
Le droit d’asile è
disciplinato nello specifico da disposizioni del Libro VII del CESEDA (cfr. art. L711-1 e ss.; art. R721-1 e ss.). In particolare, l’art. L711-1 stabilisce che la
qualità di “rifugiato” possa essere
riconosciuta alla persona che è esposta ad una delle minacce sopra descritte o
ad ogni persona su cui “l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati” esercita un mandato di protezione, ai sensi degli articoli 6 e 7 del
suo Statuto.
Nell’ordinamento
francese è inoltre previsto che la persona che non si trovi nelle condizioni
per poter essere riconosciuto come “rifugiato”, possa ottenere il beneficio
della “protezione sussidiaria” (art. L712-1 CESEDA). Questa può essere richiesta qualora la persona sia
esposta ad una delle seguenti minacce nel paese in cui risiede: pena di morte;
tortura o altre pene disumane o degradanti; pericolo per la sua incolumità a
causa di un conflitto interno o internazionale. Tale dispositivo, che
costituisce il recepimento della direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004, può essere concesso per un periodo di
un anno, rinnovabile.
Viceversa, la protezione
sussidiaria non può essere riconosciuta allo straniero se esiste motivo di
credere che egli abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra
o un crimine contro l’umanità, o un grave reato di diritto comune, ovvero
azioni contrarie agli scopi e ai principi della Nazioni Unite, o infine se la
sua attività in Francia costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico e
la sicurezza dello Stato (art. L712-2 CESEDA).
Le persecuzioni e le
minacce subite da uno straniero, in ragione delle quali può ottenere il titolo
di rifugiato o la protezione sussidiaria, possono essere state compiute da: autorità
dello Stato di provenienza; organizzazioni che controllano lo Stato o parte di
esso; “attori non statali”, nel caso in cui lo Stato o le organizzazioni
internazionali e regionali non siano in grado di garantire un’adeguata
protezione all’interessato (art. L713-2 CESEDA).
L’organo competente per
il rilascio del titolo di rifugiato e per la concessione della protezione
sussidiaria è l’Ufficio francese di
protezione dei rifugiati e degli apolidi (Office français de protection
des réfugiés et apatrides - OFPRA). Si tratta di un ente pubblico, incardinato presso il
Ministero dell’interno, ma dotato di autonomia finanziaria e amministrativa (art. L721-1 e ss. CESEDA). Il suo Consiglio di amministrazione è
formato da un deputato, un senatore, un rappresentante della Francia presso il
Parlamento europeo, sei rappresentanti dello Stato, un rappresentante del
personale. L’OFPRA, organizzato al suo interno in divisioni competenti per aree
geografiche, esamina le domande di asilo e può convocare la persona interessata
per un’audizione. In caso di rigetto di una domanda di asilo, il richiedente ha
la possibilità di presentare, entro un mese, una ricorso presso la “Corte
nazionale del diritto di asilo” (CNDA), (art. L731-1 e ss.). In tal caso lo straniero ha diritto ad un
consulente legale e ad un interprete e può beneficiare del sussidio finanziario
denominato “aide juridictionnelle”.
La CNDA costituisce una giurisdizione amministrativa specializzata ed è
presieduta da un Consigliere di Stato, nominato dal Vice Presidente del
Consiglio di Stato. La Corte è organizzata in sezioni, ognuna delle quali deve
essere presieduta o da un consigliere di Stato, o da un magistrato della Corte
dei conti, o da un magistrato ordinario in servizio o onorario. Ogni sezione è
inoltre composta da: una personalità qualificata di nazionalità francese
nominata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; una
personalità qualificata nominata dal Vicepresidente del Consiglio di Stato, su
proposta di uno dei ministri rappresentati nel Consiglio di amministrazione
dell’OFPRA.
La domanda di asilo può essere presentata dallo straniero interessato
o alla frontiera oppure, ed è il caso più frequente, una volta che questi è
entrato nel territorio francese. La domanda di asilo deve essere preceduta da
una “domanda di ammissione al soggiorno
a titolo di asilo” al prefetto
del dipartimento competente. Con decreto del Ministero dell’Interno può essere
stabilito che il prefetto di un dipartimento sia competente per il ricevimento
delle domande in più dipartimenti (art. R741-1 CESEDA). Nel caso in cui lo straniero si trovi in un CRA,
la domanda di autorizzazione è indirizzata al prefetto che ne ha ordinato il
collocamento presso tale centro. Una volta ricevuta la richiesta, il prefetto
controlla alcuni suoi aspetti.
La domanda di asilo non
può essere rifiutata, a meno che non si verifichino le seguenti condizioni:
1) la domanda di asilo che
lo straniero intende presentare è di competenza di un altro Stato membro
dell’UE, in applicazione del Regolamento CE n. 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003;
2) il richiedente proviene
da un paese in cui sono cessate le condizioni per le quali poteva avere diritto
all’asilo, o da un “paese di origine
sicura”[1], giudicato tale poiché vi sono rispettati i principi di
libertà e democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani;
3) la presenza in Francia
dello straniero può costituire una
minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato;
4) la domanda è basata su
una frode deliberata o costituisce un ricorso abusivo alle procedure del
diritto d’asilo. Qualora il prefetto riscontri la sussistenza di una di queste
condizioni, può negare l’ammissione al soggiorno.
Lo Stato ha tuttavia il
diritto sovrano di concedere l’asilo allo straniero anche se si trova nelle
succitate condizioni. Qualora il richiedente asilo si trovi in una delle condizioni
sopra elencate, ad eccezione della prima, e gli venga rifiutata l’ammissione
provvisoria al soggiorno, può comunque presentare la domanda di asilo entro 15
giorni al prefetto, il quale a sua volta la trasmette all’OFPRA. Tale organo
deve quindi esaminare la richiesta con “procedura
prioritaria” entro 15 giorni dal suo ricevimento. Se la domanda è
presentata da un richiedente asilo collocato in un CRA, l’OFPRA è tenuto a
deliberare entro 96 ore (art. L742-5; art. L723-1; art. R723-1; art. R723-3 CESEDA).
In base alla procedura ordinaria, qualora dopo la
prima fase istruttoria il prefetto accolga la richiesta di autorizzazione a
titolo di asilo, lo straniero riceve un “documento
provvisorio di soggiorno” della validità di un mese, durante il quale egli
può presentare la domanda di asilo all’OFPRA entro 21 giorni (art. R723-1 CESEDA). La domanda di asilo o di riconoscimento dello
status di apolide è redatta in francese su un modulo predisposto dall’OFPRA.
Essa deve essere firmata e corredata da due fotografie, dal documento di
soggiorno ed eventualmente da un documento di viaggio dell’interessato. Una
volta accettata la domanda, lo straniero ritira una “ricevuta di deposito di una domanda di asilo” che gli permette di
soggiornare in Francia. La ricevuta può avere una validità da un minimo di tre a un massimo di sei mesi ed è stabilita con
decreto del Ministero dell’Interno. La ricevuta è rinnovabile per periodi di tre mesi, fino alla notifica della
decisione dell’OFPRA riguardo alla concessione o meno dell’asilo
(riconoscimento di “rifugiato” o della “protezione sussidiaria”) (art. L742-1 e ss.; R742-1 e ss. CESEDA). In caso di giudizio favorevole dell’OFPRA,
il richiedente asilo che ottiene il riconoscimento della qualità di “rifugiato”, ha diritto al rilascio da
parte dell’autorità amministrativa competente di una “carta di residente” che ha validità 10 anni e può essere rinnovata. Nel caso di giudizio positivo
dell’OFPRA nei confronti di un richiedente asilo che ottiene la “protezione sussidiaria”, questi ha
diritto al rilascio di una “carta di
soggiorno temporaneo” recante l’indicazione “vita privata e familiare”, che
ha validità di un anno e può essere
rinnovata. Sia la “carta di residente” che la “carta di soggiorno temporaneo”
danno diritto al coniuge e ai figli del richiedente di ottenere un simile
titolo di soggiorno. Entrambe le carte conferiscono inoltre al richiedente il
diritto ad esercitare un’attività
lavorativa (art. L314-11; art. L313-13; art. L742-6 CESEDA).
In particolare, lo
straniero che ottiene il titolo di rifugiato è tenuto a firmare “un contratto di accoglienza ed integrazione”
con lo Stato, le cui caratteristiche sono state precedentemente illustrate. Lo
straniero che ha firmato un tale contratto beneficia inoltre di un servizio di
assistenza personalizzato per la ricerca
di un impiego e di un alloggio. Al fine di garantire questo servizio lo Stato conclude
con gli enti territoriali e altri soggetti interessati una convenzione (art. L711-2; art. L311-9 CESEDA).
Qualora una domanda di
asilo sia definitivamente rifiutata
dall’OFPRA e - se adita - dalla CNDA, l’interessato, a meno che non ottenga
altro titolo per soggiornare in Francia, è obbligato a lasciare il paese,
altrimenti è oggetto di una misura di allontanamento e delle pene previste per
il reato di “entrata irregolare” nel territorio (art. L742-7 CESEDA). Dopo che una domanda di asilo è stata
definitivamente rifiutata, lo straniero può richiedere un “permesso di
soggiorno” se ha i requisiti necessari (art. L311-6 CESEDA).
Dal 2010 è stato
attivato in Francia un dispositivo di
prima accoglienza dei richiedenti asilo, coordinato dall’OFII (il già
menzionato Ufficio francese dell’immigrazione e dell’integrazione). Il
dispositivo si articola in una rete di 34 “piattaforme di accoglienza dei
richiedenti asilo” (PADA), organizzate a livello regionale. Le PADA, gestite o
direttamente dall’OFII o da associazioni (ad es. il Forum réfugiés, la Croix-Rouge Française, ecc.),
garantiscono l’assistenza agli stranieri durante l’intero svolgimento della
procedura per la presentazione delle domande di asilo e il riconoscimento dello
status di rifugiato o di protetto.
Durante lo svolgimento
di tale procedura, i richiedenti asilo possono inoltre essere ospitati presso
strutture specifiche denominate “Centres d’accueil
pour demandeurs d’asile”
(CADA). Al dicembre 2014 risultavano in Francia: 270 CADA; un centro
specializzato per i minori non accompagnati richiedenti asilo; due centri di
transito. Tale dispositivo nazionale di accoglienza garantisce oltre 25.000 posti letto. Per i
richiedenti asilo non ospitati in tali strutture è previsto il versamento di un
sussidio giornaliero denominato “allocation temporaire
d’attente” che è di 11, 45 euro. Il sussidio è versato per
l’intero periodo di svolgimento della procedura per il riconoscimento dello
status di rifugiato. In Francia è inoltre attivo un dispositivo di accoglienza
d’urgenza (dispositif d’hébergement d’urgence) per i richiedenti asilo che non possono essere
ospitati presso i CADA. Le capacità di accoglienza di tali centri di urgenza
varia a seconda delle necessità (cfr. la scheda dedicata a “La demande d’asile” sul sito dell’OFII e la scheda “L’accueil
et l’hebergement des demandeurs d’asile” sul sito del Ministero dell’interno).
Il 29 luglio 2015 è stata promulgata in Francia la nuova riforma del
diritto di asilo (Loi n. 2015-925 du 29 juillet relatif
à la reforme du droit d’asile), al termine di un iter durato circa un anno (il progetto
di legge era stato presentato dal Governo all’Assemblea nazionale il 23 luglio
2014). La legge recepisce nell’ordinamento interno due direttive: la Direttiva 2013/32/UE e la Direttiva 2013/33/UE, approvate entrambe dal Parlamento europeo e dal Consiglio
il 26 giugno 2013. Il legislatore ha inteso raggiungere, in particolare, due
obiettivi: migliorare le garanzie per gli stranieri richiedenti asilo;
velocizzare le procedure per l’esame delle domande di asilo.
Il provvedimento in questione, che reca diverse modifiche al
CESEDA, si articola in sette capitoli. Il capitolo I verte sulle procedure di rilascio del titolo di rifugiato e della
protezione sussidiaria. Il capitolo II
contiene le disposizioni relative allo status di apolide. Il capitolo III riguarda le procedure di esame
delle domande di asilo. In particolare, in quest’ultimo capitolo, l’art. 9 mira ad introdurre nuove regole
per l’elaborazione della lista dei “paesi
di origine sicura”, riconosciuti tali dall’OFPRA a condizione che in essi
siano rispettati i principi di libertà e democrazia, lo stato di diritto e i
diritti umani. La legge stabilisce, inoltre, che essi possano essere
considerati “sicuri” se, più precisamente, “sulla base della situazione legale,
dell’applicazione del diritto nel quadro di un regime democratico e delle
circostanze politiche generali, può essere dimostrato, in modo uniforme per gli
uomini e per le donne, che non si sia mai fatto ricorso alla persecuzione, né
alla tortura, né a pene o trattamenti disumani o degradanti”, o sia accertato
che non vi siano minacce di violenze verso persone in situazioni di conflitto
armato internazionale o interno. Inoltre l’art. 6 prevede che il Consiglio di
amministrazione dell’OFPRA monitori regolarmente i paesi considerati sicuri per
modificare eventualmente la lista in materia. L’art. 11 introduce poi il ricorso ad una “procedura accelerata” da parte dell’OFPRA per l’analisi di alcune domande di asilo: tale procedura diviene
obbligatoria nel caso in cui il
richiedente provenga da un paese classificato nella lista dei “paesi sicuri” o
qualora questi abbia presentato una domanda di riesame; la procedura è invece facoltativa qualora il richiedente esibisca
documenti di identità o di viaggio giudicati falsi, o abbia presentato più
domande di asilo con identità differenti, o abbia rilasciato dichiarazioni
incoerenti, o in altre circostanze previste dalla legge; tale procedura
potrebbe inoltre essere attivata su richiesta dell’autorità amministrativa nel
caso in cui il richiedente opponga un rifiuto all’obbligo di rilevazione delle
proprie impronte digitali,
conformemente al Regolamento (UE) n. 603/2013 del 26 giugno 2013, o se al momento della registrazione
della domanda presenti documenti di identità o di viaggio falsi, o nasconda la
propria nazionalità o il modo in cui è entrato in Francia, o in altri casi
elencati. Il capitolo IV concerne la
Corte nazionale del diritto di asilo. Il capitolo V riguarda l’accesso alla procedura d’asilo e l’accoglienza dei
richiedenti asilo, prevedendo in particolare che nel CESEDA sia introdotto un
nuovo capitolo relativo alle regole stabilite a livello europeo di
registrazione delle domande di asilo degli stranieri. In particolare è
stabilito che l’autorità amministrativa competente proceda alla registrazione
della domanda di asilo e alla determinazione
dello “Stato responsabile” per la procedura di asilo, in applicazione del Regolamento (UE) n. 604/2013 (c.d. Dublino III) del 26 giugno 2013. Inoltre tale
capitolo prevede un “dispositivo nazionale di accoglienza” dei richiedenti
asilo che domandano di beneficiare della protezione
internazionale, organizzato in conformità alle disposizioni della Direttiva 2013/33/UE del 26 giugno 2013. Il capitolo VI è relativo ad alcuni diritti riconosciuti a coloro che ottengono
il titolo di rifugiato o la protezione sussidiaria, prevedendo in particolare,
per i primi, di estendere il diritto alla “carta residente” anche al
convivente, mentre per i secondi la possibilità di avere una “carta di soggiorno
temporaneo” di validità biennale dopo il primo rinnovo. Il Capitolo VII è relativo ad alcune misure per
favorire l’integrazione dei rifugiati. Il capitolo VIII riguarda le disposizioni da applicare nei “territori
d’Oltremare”. Il capitolo IX
contiene alcune disposizioni finali.
6. Dati statistici sull’immigrazione regolare e irregolare
Tabella 1: Il rilascio di “primi titoli di
soggiorno”
Motivi di ammissione |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 (dato
provvisorio) |
economico |
21.352 |
20.185 |
18.280 |
17.834 |
16.013 |
17.800 |
19.071 |
familiare |
83.465 |
85.715 |
83.182 |
81.172 |
87.170 |
93.714 |
91.997 |
studio |
52.163 |
58.586 |
65.281 |
64.928 |
58.857 |
62.815 |
65.199 |
diversi |
9.667 |
11.343 |
11.572 |
11.633 |
12.624 |
13.148 |
13.647 |
umanitario |
17.246 |
18.581 |
18.220 |
17.487 |
18.456 |
17.916 |
19.868 |
Totale |
183.893 |
194.410 |
196.535 |
193.054 |
193.120 |
205.393 |
209.782 |
Fonte: L’admission au séjour - les
titres de séjour: scheda informativa pubblicata sul sito del Ministero degli Interni francese (9 luglio 2015).
Tabella 2: L’allontanamento di stranieri in
situazione irregolare
Modalità di allontanamento di stranieri
in situazione irregolare |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Allontanamenti forzati[2] |
13.908 |
12.034 |
12.547 |
13.386 |
14.076 |
15.161 |
Allontanamenti e partenze aiutate [3] |
11.818 |
11.700 |
13.584 |
14.981 |
6.228 |
4.477 |
Allontanamenti e partenze spontanee
alle frontiere [4] |
3.606 |
4.292 |
6.781 |
8.455 |
6.777 |
7.968 |
Fonte: L’éloignement des étrangers en situation irrégulière: scheda informativa pubblicata sul sito del Ministero degli Interni francese (15
gennaio 2015).
Tabella
3: Le procedure di asilo
Le
procedure di asilo presso l’OFPRA e la CNDA
[5] |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
Evoluzione 2013-2014 |
Totale
delle domande presentate |
42.599 |
47.686 |
52.762 |
57.337 |
61.468 |
66.251 |
64.811 |
-2,2% |
Decisioni
dell’OFPRA |
32.017 |
35.490 |
37.789 |
42.377 |
46.267 |
46.987 |
52.053 |
+ 10,8% |
di
cui concessione dell’asilo (A) (1+ 2) |
5.153 |
5.048 |
5.096 |
4.630 |
4.348 |
5.978 |
8.763 |
+ 46,6% |
(1: di cui riconoscimento dello
stato di “rifugiato”) |
4.480 |
3.907 |
4.081 |
3.355 |
3.163 |
4.872 |
6.823 |
|
(2:
di cui riconoscimento della “protezione sussidiaria”) |
673 |
1.141 |
1.015 |
1.275 |
1.185 |
1.106 |
1.940 |
|
Ricorsi
presso la CNDA |
21.636 |
25.134 |
27.445 |
31.983 |
36.362 |
34.752 |
37.345 |
+ 7,5% |
Decisioni
della CNDA |
25.067 |
20.343 |
23.868 |
34.595 |
37.350 |
38.540 |
39.162 |
+ 1,6% |
di
cui annullamenti (B) |
6.331 |
5.353 |
5.281 |
6.125 |
5.680 |
5.450 |
5.826 |
+ 6,9% |
Totale
concessione dell’asilo (A+B) |
11.484 |
10.401 |
10.377 |
10.755 |
10.028 |
11.428 |
14.589 |
+ 27,7% |
Fonte: Les demandes d’asiles: scheda
informativa pubblicata sul sito del
Ministero degli Interni francese (9
aprile 2015).
1. L’ingresso e il soggiorno irregolare di cittadini extracomunitari
Le
disposizioni relative all’ingresso e al soggiorno di stranieri non appartenenti
ai paesi dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo sono contenute
nella Legge in materia di soggiorno,
lavoro e integrazione degli stranieri nel territorio federale (Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet
– Aufenthaltsgesetz, AufenthG) del 30 luglio 2004, entrata in
vigore il 1° gennaio 2005. Tale legge, che costituisce la principale base giuridica in materia di ingresso, allontanamento e
soggiorno di cittadini stranieri in Germania, è applicabile anche ai
rifugiati e ai richiedenti asilo nella misura in cui la normativa sul
procedimento di asilo non preveda norme speciali. Il § 60 AufenthG stabilisce, peraltro,
il divieto di espulsione o di allontanamento dei richiedenti asilo e dei
rifugiati cui sia stato riconosciuto il diritto al soggiorno.
Secondo
le previsioni del § 14 dell’AufenthG è ritenuto illegale l’ingresso dello straniero non
in possesso di un passaporto o di altro documento sostitutivo valido per
l’ingresso nel territorio della Repubblica federale, né di alcun tipo di
permesso di soggiorno, e che non sia altrimenti autorizzato ad entrare in
territorio tedesco o sia stato destinatario di un provvedimento di
allontanamento. Pertanto, se lo straniero non presenta i requisiti previsti
dalla legge per l’ingresso, allora anche il suo soggiorno e la sua permanenza
in territorio tedesco non sono consentiti. Parimenti lo straniero è obbligato a
uscire dal territorio federale (c.d. Ausreisepflicht) nei casi in cui non siano più soddisfatte
le condizioni necessarie per il soggiorno (§ 50 AufenthG) o non sia più in
possesso di un titolo di soggiorno valido[6].
Per ottenere il rilascio di qualsiasi tipo di permesso di soggiorno lo straniero
deve dimostrare di essere in regola con il passaporto o con altro documento di
ingresso e di possedere adeguati mezzi di sussistenza; devono inoltre essere
note le sue generalità; infine, la nazionalità e la sua presenza non devono
rappresentare un pericolo per gli interessi della Repubblica federale (§ 5 AufenthG).
2. Le misure di allontanamento
L’ingresso
di uno straniero in Germania può essere vietato nei seguenti casi:
1. se non vi sono i
presupposti per l’adozione di una misura di espulsione;
2. se vi sono fondate
ragioni per ritenere che gli effettivi motivi del soggiorno siano diversi da
quelli dichiarati;
3. se non ricorrono le
condizioni di ingresso specificamente previste dalla Convenzione di Schengen.
La
legge prevede infatti, ai §§ 15 e 50-62°
della AufenthG, una disciplina dettagliata in materia di
allontanamento e di espulsione in via amministrativa, non solo di
irregolari ma anche di stranieri regolari, in presenza di determinate condotte
o condizioni. Si tratta in sostanza di misure
di polizia e di sicurezza volte ad impedire e a prevenire pericoli che
rientrano nella sfera di competenza delle autorità amministrative e non di
quelle giudiziarie. Il § 71 AufenthG, comma 1, attribuisce
ai Länder la facoltà di determinare quale o quali
autorità all’interno del Land siano
competenti per le misure previste nell’Aufenthaltsgesetz.
Il
primo strumento mediante il quale uno straniero può essere allontanato è il respingimento coatto (Zurückweisung) di
chi tenti di varcare illegalmente la frontiera (§ 15, comma 1, AufenthG)
Un secondo strumento è rappresentato dall’allontanamento coatto (Zurückschiebung)
dello straniero già entrato illegalmente: ai sensi del § 57,comma 1, AufenthG, tale misura è
immediatamente esecutiva e va posta in essere senza preavviso, salvo
circostanze eccezionali che giustifichino la permanenza dello straniero, come
ad esempio il riconoscimento dello stato di “tolleranza” (Duldung) o le disposizioni
particolari previste per i richiedenti asilo che, di regola, non possono essere
allontanati.
Il
terzo strumento è la espulsione forzata
(Abschiebung),
prevista dal § 58 AufenthG, nei confronti degli
stranieri soggetti all’obbligo di espatrio (Ausreisepflicht) ai sensi del già
citato § 50 AufenthG,
poiché non in possesso del necessario permesso di soggiorno o non più in
possesso in quanto scaduto. Lo straniero sprovvisto del titolo di soggiorno
deve lasciare il territorio tedesco immediatamente o entro il termine fissato
dall’autorità competente. Se l’obbligo di lasciare il territorio è esecutivo[7]
e se sussiste il concreto pericolo di non ottemperanza a tale obbligo, oppure
se una sorveglianza dell’espatrio appare necessaria per motivi di sicurezza e
di ordine pubblico (ad esempio, perché è presumibile che lo straniero commetta
un reato), si procede all’espulsione forzata, mediante la quale lo straniero
viene consegnato al posto di controllo di frontiera che esegue
l’allontanamento, salvo nei casi in cui sussistono divieti o impedimenti a tale
misura. In particolare, prima dell’espulsione di un minore straniero non
accompagnato, l’autorità competente deve accertarsi che nello stato di
rimpatrio questi venga consegnato ad un membro della sua famiglia, ad una
persona autorizzata alla sua custodia oppure ad un idoneo istituto di
accoglienza (§ 58, comma 1a). Lo straniero in possesso di un permesso di
soggiorno europeo a lungo termine, o di una posizione giuridica corrispondente
in un altro Stato membro dell’Unione europea, e che abbia diritto alla
protezione internazionale in un altro Stato membro può essere espulso soltanto
nel Paese membro che gli garantisce protezione (§ 58, comma 1b).
L’obbligo di espatrio è previsto per
legge nel momento in cui il permesso di soggiorno scade o viene meno[8].
Nella prassi, però, le autorità competenti emanano un provvedimento che informa
su tale obbligo con la previsione di un termine entro il quale lo stesso deve
essere adempiuto. Nel caso in cui lo straniero non ottemperi volontariamente
all’obbligo di espatrio, si può procedere con l’espulsione coatta, che però,
come si è detto, presuppone l’eseguibilità dell’obbligo stesso.
L’ordine di espulsione (Ausweisung) di
cui ai §§ 53-56 AufenthG
riguarda invece gli stranieri regolari, la cui condotta mette in pericolo la
sicurezza e l’ordine pubblico o altri interessi rilevanti della Repubblica
federale. A seguito dell’ordine di espulsione tali stranieri, originariamente
regolari, devono considerarsi “irregolari” e, pertanto, sono obbligati a
lasciare il territorio tedesco. I motivi che giustificano un ordine di
espulsione possono essere di varia natura.
L’espulsione
è obbligatoria (zwingende Ausweisung) nel caso di condanne penali
definitive ad almeno tre anni di reclusione (oppure a due anni per traffico di
droga o atti di grave turbamento dell’ordine pubblico compiuti nel corso di
manifestazioni e cortei) e di condanne per traffico clandestino di stranieri (§ 53 AufenthG).
Di
regola (Ausweisung im Regelfall) l’espulsione è poi prevista nei seguenti
casi, elencati nel § 54 AufenthG:
1) condanna penale
definitiva alla reclusione (di almeno due anni per i minori) senza sospensione
condizionale;
2) comprovata
partecipazione al traffico clandestino di persone; produzione, importazione e
spaccio di sostanze stupefacenti;
3) partecipazione ad atti
di violenza commessi durante manifestazioni pubbliche non autorizzate che
abbiano comunque messo a repentaglio la sicurezza pubblica;
4) comprovata appartenenza,
presente o passata, come membro attivo, ad organizzazioni fiancheggiatrici del
terrorismo;
5) svolgimento di attività
volte a mettere in pericolo le basi della convivenza democratica nella Repubblica
federale;
6) partecipazione ad atti
violenti o incitamento o minaccia di ricorrere alla violenza per fini politici;
7) rilascio di false
dichiarazioni a pubbliche autorità in merito a precedenti periodi di permanenza
in Germania ovvero rilascio di informazioni false e incomplete su aspetti
rilevanti circa i rapporti con persone implicate in atti di terrorismo;
8) comando di
organizzazioni dichiarate illegali per finalità in contrasto con la legge
penale, con l’ordinamento costituzionale dello Stato o con l’ordinamento
internazionale.
Il
§ 55 AufenthG rappresenta una
clausola generale per regolare i (numerosi) casi in cui l’autorità
amministrativa può discrezionalmente (Ermessensausweisung) adottare un provvedimento di espulsione, laddove la permanenza di un
cittadino straniero possa comportare un pregiudizio per l’ordine pubblico o
comunque per rilevanti interessi della Repubblica federale.
Il quarto ed ultimo strumento per allontanare uno
straniero irregolare dal territorio federale è l’ordine immediato di
allontanamento (Abschiebungsanordnung)
previsto dal § 58a AufenthG: si tratta di una competenza affidata ai Länder per la sicurezza e la difesa da particolari pericoli per la
Federazione e in caso di minaccia terroristica. In tali casi la legge prevede
infatti che le autorità del Land territorialmente
competente possano ordinare l’espulsione coatta di uno straniero con effetto
immediato, senza dunque che vi sia un precedente ordine di espulsione e senza
preavviso. Il Ministro federale dell’Interno può assumere la diretta
responsabilità dell’ordine di espulsione in caso di interesse speciale della
Federazione. Di ciò sono avvertite le autorità del Land e il provvedimento viene eseguito dalla polizia federale. Dopo
l’ordine di espulsione, lo straniero ha comunque la possibilità di contattare
un legale di fiducia e ha diritto ad essere informato sul provvedimento, sulle
sue conseguenze e sulle possibilità di ricorso. Anche in caso di ordine
immediato di allontanamento è possibile presentare, entro sette giorni, un
ricorso secondo quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di
procedimenti amministrativi. Non si procede quindi all’esecuzione
dell’espulsione entro il termine di sette giorni e, in caso di presentazione
del ricorso, fino alla decisione sullo stesso.
L’ordine di espulsione, l’allontanamento coatto e
l’espulsione forzata comportano, ai sensi del § 11 AufenthG, il divieto di reingresso e soggiorno nel territorio tedesco (Einreise- und Aufenthaltsverbot).
Allo straniero espulso o allontanato non viene più concesso un permesso di
soggiorno, neanche in presenza degli altri presupposti di legge. Su richiesta,
tali effetti possono essere limitati nel tempo, salvo nei casi in cui lo
straniero sia stato espulso dal territorio federale per reati che riguardano la
pace, crimini di guerra o contro l’umanità, oppure sulla base di un ordine di
allontanamento ai sensi del § 58 AufenthG. In caso di accoglimento della richiesta, il limite
di tempo fissato per il reingresso è fissato tenendo conto delle circostanze
del caso e può superare la durata di cinque anni soltanto se lo straniero sia
stato espulso a causa di una condanna penale o perché può comportare una grave
pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico. Nello stabilire la durata del
limite si tiene conto se lo straniero abbia lasciato la Germania nel rispetto
dei tempi stabiliti e volontariamente. I termini cominciano a decorrere dal
momento della sua uscita dal territorio federale. Ulteriori eccezioni possono
tuttavia essere concesse dalle supreme autorità dei Länder.
Al
fine di garantire l’esecuzione delle misure di allontanamento e di espulsione
coatta può essere disposta la c.d. detenzione propedeutica all’allontanamento (Abschiebungshaft), che può essere
di due tipi: la detenzione preparatoria (Vorbereitungshaft)
e la detenzione cautelare (Sicherungshaft),
entrambe disciplinate dal § 62 AufenthG. La detenzione dello
straniero cui è stato notificato l’ordine di espulsione è, come regola
generale, una misura prevista solo quando si prevede che la persona interessata
non partirà volontariamente e non risulti possibile adottare misure più
attenuate. La messa in stato di arresto deve essere limitata al più breve tempo
possibile. I minori e le famiglie con minori possono essere presi in custodia
in attesa dell’espulsione solo in casi eccezionali e per un tempo ragionevole
in considerazione del benessere del minore (§ 62, comma 1).
La detenzione preparatoria può protrarsi fino a sei settimane (tempo massimo stabilito dalla
legge) e si applica nei casi in cui non sia possibile assumere una decisione
immediata riguardo all’espulsione forzata o all’allontanamento e, al contempo,
l’esecuzione dell’allontanamento possa risultare compromessa in mancanza di
misure restrittive della libertà personale (§ 62, comma 2).
La detenzione cautelare ovvero l’arresto per motivi di
sicurezza è previsto qualora ricorra una delle seguenti condizioni:
1)
che lo straniero sia sottoposto all’obbligo di
lasciare il territorio federale in quanto clandestino;
2)
che il termine massimo per l’allontanamento
volontario sia trascorso senza che la persona abbia obbedito all’ordine;
3)
che lo straniero non sia stato trovato nel luogo e
nel giorno previsto per l’espulsione;
4)
che lo straniero abbia evaso l’obbligo in qualche
modo;
5) che sussistano fondati sospetti che lo straniero cerchi di eludere il
provvedimento e intenda sottrarsi all’allontanamento (§ 62, comma 3).
La detenzione cautelare può essere
disposta fino a sei mesi, ma nei casi in cui lo straniero irregolare
ostacoli la sua espulsione, essa può essere prolungata per un massimo di
ulteriori 12 mesi (§ 62, comma 3).
Ai sensi del § 62a AufenthG, introdotto ex
novo dalla legge del 22 novembre 2011, con la quale sono state recepite una
serie di direttive comunitarie in materia di soggiorno degli stranieri, la
detenzione finalizzata all’espulsione avviene di regola in specifici centri di detenzione degli stranieri (spezielle Hafteinrichtungen). Se nel Land interessato non sono presenti tali
centri, l’esecuzione della misura detentiva ha luogo nelle normali carceri, ma
in spazi destinati esclusivamente agli stranieri irregolari in modo da
garantire loro un adeguato livello di privacy.
Ai detenuti in attesa di espulsione è concesso di entrare in contatto con i
rappresentanti legali, i familiari e le autorità consolari competenti. Ai
minori è garantita l’applicazione dell’art. 17[9]
della Direttiva 2008/115/CE del 16
dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri
al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Previa
richiesta, ai collaboratori di organizzazioni impegnate nell’assistenza e
sostegno agli stranieri, deve essere consentito far loro visita nei centri di
detenzione. La legge prevede infine che gli stranieri in attesa di espulsione
siano informati in merito ai loro diritti e doveri e sulle norme vigenti
all’interno del centro di detenzione.
Il più grande centro di detenzione
degli stranieri in Europa è stato l’Istituto di pena di Büren,
vicino Paderborn (Renania Settentrionale-Vestfalia), dove erano detenuti circa
530 migranti in attesa di espulsione. Successivamente
chiuso, è stato riaperto da maggio 2015 come specifico centro di detenzione per
stranieri in attesa di espulsione (Abschiebehaftanstalt) con una capienza di 100 posti. Altri
centri di detenzione in territorio tedesco si trovano a Berlino-Köpenick (160 posti), Eisenhüttenstadt (Brandeburgo, 108
posti), Mühldorf am Inn (Baviera, 68 posti per gli uomini, 14 posti per le
donne), Langenhagen (Bassa Sassonia, da 15 a 30
posti), Ingelheim (Renania –Palatinato, 70 posti). In
precedenza esistevano altri centri di detenzione per immigrati a Rendsburg, (Schleswig-Holstein),
a Mannheim (Baden-Württemberg) e a Volkstedt (Sassonia-Anhalt).
La detenzione ai fini
dell’allontanamento ha posto e pone alcuni problemi di costituzionalità, in
quanto, pur non essendo configurata alla stregua di una pena, viene in pratica
attuata allo stesso modo di una detenzione penale. In alcune sue decisioni la
Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht) ha imposto la massima
accelerazione delle procedure e, in virtù del principio di proporzionalità, la
rinuncia alla detenzione se l’allontanamento non sia comunque attuabile.
Il 17 luglio 2014 una sentenza
della Corte di giustizia dell’Unione europea (C-473/13, C-474/13, 514/13) ha stabilito che la
Germania e gli altri Stati membri dell’UE non possono far valere la mancanza di
specifici centri di detenzione in una parte del loro territorio, al fine di
sistemare gli stranieri irregolari in carceri comuni. La Corte ha infatti accolto
la richiesta dell’Avvocato generale Yves Bot, che aveva fortemente criticato il
ricorso alle carceri come lesione della dignità umana degli immigrati. La
privazione della libertà nei loro confronti non è da ritenersi una pena e
pertanto tali persone devono essere alloggiate in centri speciali che tengano
conto anche dei particolari bisogni delle famiglie e dei loro figli minori. La
Corte europea ha inoltre deciso che gli stranieri in attesa di espulsione non
possono essere ospitati in normali istituti di pena anche nel caso in cui vi
sia il consenso della persona interessata.
4. La disciplina del diritto d’asilo
L’art. 16a della Legge
fondamentale
(Grundgesetz
- GG) garantisce ai perseguitati
politici un diritto fondamentale
individuale all’asilo. La procedura per il riconoscimento di tale diritto è
disciplinata in un’apposita legge, l’Asylverfahrensgesetz (Legge
sul procedimento d’asilo), che attribuisce ad un’autorità federale, l’Ufficio federale per l’immigrazione e i
rifugiati (Bundesamt für Migration und
Flüchtlinge - BAMF), la competenza per l’esame
delle domande di asilo. Dal 1° dicembre 2013, con l’entrata in vigore della
legge (del 28 agosto 2013) di recepimento della Direttiva 2011/95/UE “recante norme sull’attribuzione, a cittadini
di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione
internazionale, su uno status uniforme
per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione
sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta”, ogni domanda
d’asilo comprende sia la verifica dei presupposti del diritto d’asilo ai sensi
dell’art. 16a, comma 1, GG, sia la
valutazione delle esigenze di protezione internazionale (§ 1, comma 1, n. 2 AsylVfG). Nella fattispecie
della protezione internazionale rientrano la protezione dei rifugiati sulla
base della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 (§ 3, comma 1 AsylVfG) e la c.d. protezione
sussidiaria (§ 4, comma 1 AsylVfG).
Non può appellarsi al diritto d’asilo lo straniero che entra nel
territorio della Repubblica federale provenendo da uno Stato membro dell’Unione
europea o da un altro Stato terzo sicuro, nel quale cioè è garantita
l’applicazione della Convenzione di Ginevra sullo stato dei rifugiati e della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali. Mediante una legge federale bicamerale, che cioè necessita
dell’assenso del Bundesrat,
possono essere individuati quegli Stati, al di fuori dell’Unione europea[10], nei
quali per effetto della situazione giuridica, dell’applicazione del diritto e
dei generali rapporti politici, appare garantito che non si verificano né
persecuzioni politiche, né pene o trattamenti degradanti o contrari al senso
d’umanità. Si presume pertanto, così come stabilisce lo stesso § 16a, comma 3
GG, che uno straniero non venga perseguitato in uno di questi Stati finché non
adduca situazioni di fatto tali da dare fondamento al dubbio che egli, contrariamente
a questa presunzione, sia perseguitato politicamente.
In base al §
3, comma 1 AsylVfG ad uno straniero è riconosciuto lo stato
di rifugiato (Flüchtlingseigenschaft)
se egli, per il fondato timore di essere perseguitato a causa della
razza, della religione e della nazionalità, per le sue convinzioni politiche o
la sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale si trova fuori dal paese
di origine, della cui protezione egli non può o non vuole avvalersi a motivo di
tale timore. Il già citato § 60, comma 3 dell’Aufenthaltsgesetz chiarisce
esplicitamente che una persecuzione per l’appartenenza ad un determinato gruppo
sociale può verificarsi anche se la minaccia è basata solo sul sesso
(persecuzione specifica di genere). Benché l’ambito di applicazione per il
riconoscimento dello stato di rifugiato sia più ampio di quello per il
riconoscimento di perseguitato politico, le conseguenze giuridiche di entrambe
le decisioni sono invece le stesse: sia gli aventi diritto all’asilo, sia gli
stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo stato di rifugiato ricevono
dapprima un permesso di soggiorno a tempo determinato (befristete Aufenthaltserlaubnis)
che li autorizza all’esercizio di un’attività lavorativa retribuita. Dopo tre
anni viene loro rilasciato un permesso di soggiorno di durata illimitata (unbefristete Niederlassungserlaubnis),
purché non sussistano i presupposti per la revoca o il ritiro del
riconoscimento (§ 26, comma 3 AufenthG).
Uno straniero in cerca di protezione, che non soddisfa i requisiti per il
riconoscimento di avente diritto all’asilo o di rifugiato, può ottenere la protezione
sussidiaria (subsidiärer Schutz),
quando sussistono fondati motivi di ritenere che nel suo Paese di origine sia
minacciato da un grave danno (§ 4, comma 1 AsylVfG). Per grave danno si
intende l’imposizione o l’esecuzione della pena di morte, la tortura o un
trattamento disumano o degradante, una punizione o una minaccia individuale
della vita o dell’incolumità della persona a seguito della violenza
indiscriminata nell’ambito di un conflitto armato interno o internazionale.
Allo straniero cui è riconosciuta la protezione sussidiaria è concesso un permesso
di soggiorno di un anno, prorogabile di due anni, che lo autorizza a
svolgere un’attività lavorativa retribuita. Dopo sette anni egli può ottenere
un permesso di soggiorno di durata indeterminata, senza che sia necessaria una
verifica, da parte dell’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati, della
persistenza dei motivi di protezione. Peraltro è anche possibile, dopo cinque
anni di soggiorno nel territorio federale, l’attribuzione di un permesso di
soggiorno comunitario per soggiornanti di lungo periodo: questo titolo di
soggiorno è rilasciato dalla Germania in qualità Stato membro della UE ai sensi
del § 9a, comma 2 AufenthG con riferimento alla Direttiva 2003/109/CE.
In caso di respingimento della domanda d’asilo e della richiesta di
protezione internazionale, l’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati
verifica se sussistono divieti all’espulsione (Abschiebungsverbote) ai sensi dei
commi 5 o 7 del § 60 AufenthG.
Questa tutela nazionale dall’espulsione – in quanto non regolata nella già
citata direttiva europea delle qualifiche (2011/95/UE) – si applica
esclusivamente in caso di pericoli che minaccino lo straniero richiedente nel
paese in cui deve essere espulso. Un ulteriore divieto di espulsione, ai sensi
del § 60, comma 7 AufenthG,
può verificarsi quando una malattia in corso peggiorerebbe notevolmente con il
ritorno nel paese d’origine. L’autorità competente deve inoltre tener conto dei
pericoli connessi con l’abbandono del territorio federale, come ad esempio l’incapacità
di viaggiare dovuta a una malattia. Allo straniero, nei cui confronti è stato
accertato un divieto di espulsione, deve essere rilasciato un permesso di
soggiorno per almeno un anno (§ 26, comma 1 AufenthG). Tale permesso, in base
al § 25, comma 3 AufenthG, non è concesso se è possibile e ragionevole l’espatrio in un altro
Stato, se lo straniero viola ripetutamente o gravemente i corrispondenti
obblighi di cooperazione o se vi sono motivi per supporre: che egli abbia
commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro
l’umanità; che abbia commesso un reato di notevole importanza; che si sia reso
colpevole di azioni contrarie agli obiettivi e ai principi delle Nazioni Unite;
o infine che rappresenti un pericolo per la comunità o un rischio per la
sicurezza della Repubblica federale.
La domanda di asilo può essere presentata soltanto presso
l’autorità federale competente, ossia l’Ufficio federale per l’immigrazione
e i rifugiati. Tuttavia, lo straniero che non sia in possesso dei documenti
d’ingresso necessari[11]
e che cerchi asilo presso l’autorità di frontiera incaricata del controllo di
polizia del traffico transfrontaliero, deve essere immediatamente condotto per
la registrazione al centro di accoglienza competente e, se questo non è noto, a
quello più vicino. Le autorità e la polizia devono prendere le impronte
digitali e raccogliere altri dati biometrici a fini identificativi. Lo
straniero entrato illegalmente nel territorio federale da un terzo Stato
sicuro, può essere lì respinto senza essere precedentemente condotto in un
centro di accoglienza in base alle disposizioni del § 57, commi 1 e 2 AufenthG. In
questo caso l’autorità competente dispone il respingimento forzato una volta
stabilito che tale misura possa essere eseguita.
Nella procedura per il
riconoscimento del diritto di asilo si distinguono due tipi di domande: una prima
richiesta di asilo (Asylerstantrag),
che lo straniero presenta per la prima volta, e una richiesta successiva di asilo (Asylfolgeantrag), presentata
nuovamente dopo il ritiro o il rifiuto inappellabile di una precedente domanda (§ 71 AsylVfG)[12].
Generalmente la prima domanda di asilo è presentata dopo l’ingresso nel
territorio federale, mentre quella successiva riguarda quegli stranieri che,
dopo il completamento di una prima procedura, hanno continuato a soggiornare in
Germania. Il numero delle prime richieste di asilo corrisponde perciò
approssimativamente al numero delle persone immigrate. Dalla liberalizzazione
dei visti per i cittadini dei paesi dei Balcani occidentali nel biennio
2009/2010 continuano tuttavia ad aumentare le richieste successive di asilo da
parte di persone che, dopo una prima procedura infruttuosa, sono tornate nei
loro paesi di origine (in particolare Serbia e Macedonia) per poi rientrare
nuovamente in Germania.
Nell’accordo di coalizione dell’attuale Governo
federale è stata prevista una sorta di sanatoria[13]
per gli stranieri “tollerati” residenti nella Repubblica federale da più di
otto anni (sei per le famiglie con minori), concedendo loro un permesso di
soggiorno (rinnovabile) di 2 anni, a condizione che conoscano sufficientemente
la lingua tedesca e siano in grado di provvedere al proprio sostentamento.
4.2. I centri di accoglienza per i rifugiati
Appena giunti in
Germania, i richiedenti asilo hanno l’obbligo di alloggiare fino a sei settimane, e per un massimo di tre mesi, in uno dei c.d centri di prima
accoglienza (Erstaufnahmeeinrichtungen).
Per tutta la durata della sua permanenza nel centro, lo straniero è obbligato a
rendersi reperibile per le autorità e gli organi giudiziari competenti. Entro
15 giorni dalla presentazione della domanda di asilo, il centro di prima
accoglienza lo informa, possibilmente per iscritto e in una lingua ad esso
comprensibile, circa i suoi diritti e i suoi obblighi in base alla legge sui benefici per i richiedenti asilo (Asylbewerberleistungsgesetz).
Nelle sue indicazioni il centro di accoglienza designa anche chi può
garantirgli assistenza legale e quali associazioni possono aiutarlo per
l’alloggio e le cure mediche.
L’Ufficio federale apre
un fascicolo elettronico in cui registra
i dati dei richiedenti asilo. Coloro che hanno compiuto i 14 anni di età sono
sottoposti ad un trattamento finalizzato
al riconoscimento (erkennungsdienstliche Behandlung)
mediante fotografie e rilevamento di impronte digitali. Tali misure servono ad
appurare se lo straniero, eventualmente con un altro nome, abbia in precedenza
già soggiornato in Germania o se un altro Stato europeo possa essere competente
per svolgere la procedura di asilo. Viene quindi emesso un documento identificativo, ovvero un’autorizzazione al soggiorno (Aufenthaltsgestattung), che lo
straniero deve sempre portare con sé e mostrare in caso di controlli da parte
della polizia. Successivamente (dopo al massimo tre mesi), i richiedenti asilo
vengono trasferiti in uno dei centri di
seconda accoglienza (Anschlussunterbringungen),
sparsi nel territorio federale secondo un sistema di ripartizione di quote di
accoglienza tra i Länder[14].
In base alle disposizioni del § 44 AsylVfG, i Länder hanno l’obbligo di fornire
le strutture di accoglienza necessarie per ospitare e mantenere i richiedenti
asilo e, in conformità alla propria quota di accoglienza, di mettere a
disposizione il numero di posti letto necessari in relazione agli arrivi e ai
fabbisogni comunicati mensilmente dal Ministero federale dell’Interno.
A seguito del forte
aumento del numero di stranieri in cerca di asilo nel 2013 e anche nel 2014,
alcuni Länder
hanno iniziato ad ampliare e potenziare la capacità delle strutture di
accoglienza. In alternativa si è ricorsi a sistemazioni
di emergenza come caserme, alberghi e ostelli, container e accampamenti.
Per facilitare e accelerare i progetti di costruzione da parte dei Länder, è stata
approvata una legge di iniziativa del Bundesrat (specificamente
dei Länder
di Amburgo, Brema e Baden-Württemberg) recante misure
nella normativa di progettazione edilizia al fine di agevolare la sistemazione
dei rifugiati (Gesetz über Maßnahmen im Bauplanungsrecht zur Erleichterung der Unterbringung von Flüchtlingen), in vigore dal 26
novembre 2014.
4.3. La procedura di riconoscimento del diritto di asilo
4.4. I contributi sociali per i richiedenti asilo
4.5. L’accesso al mercato del lavoro per i richiedenti asilo e gli stranieri tollerati
1. La disciplina in materia di ingresso e soggiorno dello straniero
3. La detenzione amministrativa e l’espulsione. Garanzie giurisdizionali
4. Il ricorso in appello e gli organi giurisdizionali preposti
5. La condizione degli stranieri richiedenti asilo e le misure di protezione temporanea
6. L’organizzazione e la disciplina dei centri di trattenimento
1. Il quadro normativo e istituzionale
Altri
Ministeri coinvolti in materia di immigrazione, con le relative agenzie
governative, sono:
1) il Ministero
della Difesa e la Guardia costiera svedese;
2) il Ministero
delle Finanze e la Dogana;
3) il Ministero
dell’Economia, Energia e Comunicazioni e l’Agenzia per i trasporti;
4) il Ministero degli
Affari esteri e le Ambasciate.
1) la summenzionata Agenzia svedese
per l’immigrazione;
2) la Corte per l’immigrazione (The Migration Courts);
3) la Corte di appello per
l’immigrazione (The Migration Court of
Appeal - Migrationsöverdomstolen).
·
espulsione con o senza scorta;
La Svezia
garantisce il permesso di residenza a tre tipologie di soggetti:
1) provengano
da un paese ritenuto sicuro;
Le domande di
asilo possono essere esaminate sulla base di due procedure:
1) non sia certa
l’identità del richiedente;
1) 24 corone svedesi
(2,55 euro[24])
al giorno per singolo adulto;
2) 19 corone (2
euro circa) al giorno per adulto in caso di condivisione delle spese
domestiche;
Per le
sistemazioni che non includono i pasti, l’indennità giornaliera è la seguente:
1) 71 corone (7,55
euro) al giorno per singolo adulto;
2) 61 corone (6,48
euro) al giorno per adulto in caso di condivisione delle spese domestiche;
3) 37 corone (3,93
euro) al giorno per bambino di età compresa tra 0 e 3 anni;
4) 43 corone
(quasi 5 euro) al giorno per bambino di età compresa tra 4 e 10 anni;
1. Quadro d’insieme e fonti normative
·
Passport
Law n. 5682 del 1950;
·
Law on
Work Permits of Aliens n. 4817 del 2003,
con relativo regolamento di attuazione;
·
Turkish Citizenship Law n. 5901 del 2009;
·
effettuare attività e intraprendere azioni relative
alla migrazione;
·
identificare le persone apolidi in Turchia e gestire
le relative procedure;
·
gestire attività e azioni relative ai processi di
armonizzazione;
·
gestire attività e azioni relative alla protezione
temporanea;
·
determinazione dei metodi e delle misure da applicare
in caso di afflusso massiccio;
2. La lotta all’immigrazione irregolare
I flussi di immigrazione clandestina
verso la Turchia si dividono in tre
gruppi principali:
L’art. 30
della legge enumera i tipi di permesso di soggiorno:
a) permesso
di soggiorno di breve durata;
b) permesso
di soggiorno a titolo familiare;
c) permesso
di soggiorno degli studenti;
d) permesso
di soggiorno a lungo termine;
e) permesso
di soggiorno umanitario;
f) permesso
di soggiorno alle vittime della tratta di esseri umani.
3. Status di rifugiato, procedure di asilo e altre forme di protezione
a)
essere condannato a morte o ricevere una sentenza di
morte;
b) essere
esposto a torture, pene o trattamenti inumani o degradanti;
L’art. 64 enumera
le cause di esclusione della protezione
internazionale:
a) quando si
tratta degli interessi superiori del bambino;
c) in assenza
di un provvedimento di espulsione per lo straniero;
d) in
presenza di un ricorso giudiziario nei confronti delle operazioni effettuate;
g) in
circostanze eccezionali.
d) se la
persona costituisce una minaccia per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza.
[1] La lista dei “paesi di origine sicura” è
redatta dal Consiglio di amministrazione dell’OFPRA. Il Consiglio di Stato
esercita un controllo sulla decisione di iscrivere un paese nella lista.
Qualora lo ritenga necessario, il Consiglio di Stato può infatti annullare la
decisione dell’OFPRA di iscrivere un determinato paese nella lista. Cfr. la lista dei paesi di origine sicura sul sito dell’OFPRA. Cfr. la decisione del Consiglio di Stato del 10 ottobre 2014 con cui è stata
convalidata la decisione dell’OFPRA di iscrizione nella lista dell’Albania e
della Georgia e con cui è stata annullata la decisione dell’OFPRA di iscrizione
della Repubblica del Kosovo.
[2] “Allontanamenti forzati” sono quelli
eseguiti da pubblico ufficiale previa decisione di allontanamento di autorità
amministrativa o giudiziaria.
[3] “Allontanamenti e partenze aiutate” sono
quelli decisi da autorità amministrativa o partenze volontarie, realizzati con
utilizzo del dispositivo dell’aide au retour.
[4] “Allontanamenti e partenze spontanee”:
fino al 1° luglio 2014 gli stranieri in posizione irregolare che erano respinti
alle frontiere erano considerati oggetto di “allontanamenti spontanei”; dal 1°
luglio 2014 tali stranieri sono classificati come autori di “partenze
spontanee”.
[5]
L’OFPRA è l’Office français de
protection des réfugiés et apatrides.
LA CNDA è la Cour national du droit d’asile.
[6] Nel § 51 AufenthG, comma 1, sono elencati i casi in cui
non sia più valido un permesso di soggiorno: scadenza della durata di validità;
subentro di una condizione di annullamento; ritiro e revoca del titolo di
soggiorno; espulsione dello straniero; notifica di un ordine di espulsione;
mancato rientro in Germania dello straniero entro sei mesi o un periodo più
lungo determinato dalle autorità competenti; presentazione di una richiesta di
asilo.
[7] L’obbligo di espatrio è eseguibile per
legge nel caso di ingresso illegale o nel caso in cui lo straniero non abbia
richiesto il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno oppure in presenza
di una decisione di rimpatrio da parte di un altro Stato membro dell’Unione
europea ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/40/CE relativa al riconoscimento reciproco delle
decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi. Negli altri
casi, tale obbligo diventa eseguibile solo quando il permesso di soggiorno sia
stato rifiutato o se un altro provvedimento amministrativo (revoca, ritiro del
permesso, ordine di espulsione) sia diventato eseguibile, quindi non più
impugnabile ed immediatamente esecutivo.
[8] Il permesso di soggiorno può venir meno
per legge (qualora non venga rinnovato oppure nel caso in cui lo straniero
abbia lasciato il Paese) ovvero a seguito di un provvedimento amministrativo
come l’ordine di espulsione, la revoca o il ritiro del permesso, o la notifica
di un ordine di allontanamento.
[9] Tale articolo, relativo
al trattamento di minori e famiglie, stabilisce che: 1) i minori non
accompagnati e le famiglie con minori sono trattenuti solo in mancanza di altra
soluzione e per un periodo adeguato il più breve possibile; 2) le famiglie
trattenute in attesa di allontanamento usufruiscono di una sistemazione
separata che assicuri loro un adeguato rispetto della vita privata; 3) ai
minori trattenuti è offerta la possibilità di svolgere attività di svago, tra
cui attività di gioco e ricreative consone alla loro età e, in funzione della
durata della permanenza, è dato accesso all'istruzione; 4) ai minori non
accompagnati è fornita, per quanto possibile, una sistemazione in istituti
dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone
della loro età; 5) l’interesse superiore del bambino costituisce un
criterio fondamentale per il trattenimento dei minori in attesa di
allontanamento.
[10] Questi Stati sono Norvegia e Svezia
(Allegato I alla legge sul procedimento di asilo), Ghana, Senegal,
Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Serbia (Allegato II, da ultimo modificato dalla
legge del 31 ottobre 2014).
[11] Il § 18, comma 2 AsylVfG stabilisce che allo straniero deve
essere negato l’ingresso nel territorio nazionale se: proviene da un terzo
Stato sicuro; vi siano indizi che, sulla base delle disposizioni dell’Unione
europea o di un altro trattato internazionale, un altro Stato risulti
competente per l’attuazione della procedura d’asilo; che egli rappresenti un
pericolo per la comunità, in quanto condannato in Germania per un reato
particolarmente grave ad una pena detentiva di almeno tre anni e il suo
espatrio risalga a non più di tre anni.
[12] Dopo il rifiuto inappellabile di una
richiesta di asilo, lo straniero può presentare un'altra domanda se è in grado
di dimostrare che, ad esempio, nel suo paese d'origine si sono verificati nuovi
eventi o che, per altre ragioni recenti, egli si trova in una posizione di
pericolo nuova. Dal momento della presentazione di questa successiva domanda di
asilo, lo straniero non può più essere espulso finché l’Ufficio federale per
l’immigrazione non decida se avviare o meno un nuovo procedimento di
accertamento (fanno eccezione i casi in cui la richiesta successiva è
evidentemente inconsistente o l’espulsione viene eseguita verso un paese di
transito considerato sicuro).
[13] Tale previsione, come nuovo § 25b AufenthG, è stata
introdotta dalla legge del 27 luglio 2015 sulla ridefinizione del diritto di
permanenza e della cessazione del soggiorno (Gesetz zur Neubestimmung des Bleiberechts und der Aufenthaltsbeendigung), pubblicata
sulla Gazzetta ufficiale federale del 31 luglio 2015.